Poesie di Nino Castelperla



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Versi e Versacci
 

Votare
Ogni qualvolta che m'invitano a votare
mi sento venir la pelle d'oca,
perché in cabina non so mai che fare
dato che di voglia, ce n'ho poca.
Perché confesso, non son proprio patito
di politica, o d'alchimie strane,
e perciò credo, che l'eletto d'un partito
non sa proporre che leggi assai balzane.
Da per tutto impera il qualunquismo,
pensa ogni eletto agl'interessi suoi,
prevale in ogni campo l'egoismo
e ci aggiogan come tanti buoi.
Divenuto onorevole l'eletto
e fiducioso a lui ti volgi ognora,
non t'ammette mai al suo cospetto
e spesso e volentieri lui t'ignora.
Finchè dura dunque quest'andazzo
e subire leggi tanto amare
è meglio non sottostare al lazzo,
per godersi poi, quel giorno al mare.  

Incubo
Minuta la pioggerella cade
e sui vetri ne sento il ticchettio,
uno strano torpor allor m'invade
quando rifuggo da questo mondo rio.
Ascendo sui viali lentamente
e parmi notar fra tanti visi noti
un deforme animale repellente
tra un nugolo di serpi, immoti.
Ad un tratto si destan sibilando
si contorcon, poi si ergon minacciosi
e lentamente si avviano arrancando
per sparire fra i flutti limacciosi.
La bestia inizia poi a scorporarsi
in tanti esseri dalle mille mani
allorchè sull'arido terreno, sparsi
giacean amorfi, tanti corpi umani.
Svanisce l'incubo di quegli enti tetri
mentre una Luce illumina le strade
e sento allora il ticchettio sui vetri,
della pioggerella che lentamente cade.   

Rossi e Neri
Sessant'anni son passati e sembra ieri
a quell ricordo ancor sanguina il core
quando si pugnavan Rossi e Neri
e nel Paese, l'odio prevaleva sull'amore.
Tristi ricordi di tempi ormai andati
quando il sangue scorreva con orrore,
tra macerie di muri diroccati
dove profondo s'annidava un gran dolore.
Gli uni contro gli altri, eran fratelli,
che si trovaron, per una triste sorte,
avvolti nei lugubri mantelli
che spiegati per loro, avea la morte.
Terminata è la guerra fra colossi
ed il Paese ,tolto che s'è l'impaccio,
esorta tanto i Neri quanto i Rossi
obliare tutto, in un fraterno abbraccio!    

Pippo
Boccheggia, sanguinante, sull'asfalto
e della vita, sente ormai lo scippo
allorché vedo sorvolare in alto
l'aereo dell'aborrito Pippo.
Semina terrore e dove passa
senza pietà e senza alcun avviso
lascia lutti e tutt'intorno scassa
dalla fortuna, quasi sempre arriso.
Da allora tant'anni son trascorsi
e rivedo la scena tale e quale
si passeggiava e affatto non m'accorsi
e di quel che succedeva di letale.
Sibilavan i proiettili tutt'intorno,
noi si chiacchierava allegramente,
e per disgrazia in quel maledetto giorno
fu ferito l'amico, mortalmente.
Mi volsi e agonizzante mi guardava
cogli occhi velati dalla morte
reclinò il capo e l'alma s'involava
ponendo fine alla sua triste sorte. 

E' Natale!
Aleggia la neve in bianchi fiocchi
ammantando la terra di candor
illanguidito chiudo allora gli occhi
per ritrovarmi in un mondo pien d'amor.
Giunge l'eco di un gioioso scampanare
e nella culla vagisce il buon Gesù
è Natale e la gente vuol sognare
un universo di pace, e nulla più.
E nel mondo gioisce all'impazzata
chi è baciato dalla buona sorte
mentre c'è gente spossata ed affamata
che all'addiaccio giace, stroncata dalla morte.
Lungi dai cuori i sentimenti insani
che la gente avvelenano nel mondo
ma esultiamo stringendoci le mani
in un festoso e felice girotondo.
Mi sorprendo a stropicciarmi gli occhi
al dolce tepore del camino
quando la neve, che continua a fiocchi
continua ad ammantar la terra, pian pianino!

Pane e formaggio
Non è la miseria che disonora
nemmeno la ricchezza fa felici
ma è l'umile virtù che ognora
nell'alma affonda le candide radici.
Così i sette peccati capitali
intossicare il mondo non potranno
e le coscienze rimanendo tali e quali
procurare non potrebbero alcun danno.
Superbia, avarizia, lussuria ed ira
l'invidia, l'accidia e pur la gola
arse verranno da un' immane pira
e non saranno che il ricordo d'una fola.
Così un pensiero, nasce in fondo al core,
all'onestà fare un bell'omaggio,
e piuttosto ch'esser peccatore
è meglio mangiar pane e formaggio!

Sete di potere
Ammazza ammazza so tutt'una razza
così recita un nostro vecchio detto
e nei partiti fra gl'iscritti c'è ch' impazza
dandosi da fare, per esser poi eletto.
:"Concretizzare gl'impegni noi sapremo!"
promesse e programmi a mille senti:
di migliorie però, non ne vedremo
parole son, gettate ai quattro venti.
E giureranno da furbi imbonitori:
"Vivrete in un mondo tutto rosa
e farete una vita da signori!"
ma non è altro, che una risorsa ascosa
E questa farsa ci serva da lezione
non si scollan la poltrona dal sedere
e non si sforzan per ben della Nazione
perché la loro, è sete di potere!   

Mascherone
Una simpatica signora attempatella
solea sovente diminuirsi gli anni
e per mostrarsi più giovane e più bella,
facea ricorso al trucco e a tant'inganni.
Marcati gli occhi con del nero bistro
e gli zigomi imbrattati di rossetto
parea guardarti con fare un po' sinistro
e ridicolo il viso, sporcato di belletto.
La bocca sua infin s'era allungata
fra le orecchie, in modo smisurato,
e dava l'impression della risata
d'un essere alquanto rintronato.
Del volto, la pelle sua, stirata
dava piuttosto una comica espressione
tanto da sembrare inamidata
quella faccia da bizzarro mascherone.     

L'elefante e la zanzara
Si vantava con tutti un elefante
"Io son l'eletto d'una razza pura
le mie battaglie l'ho vinte tutte quante
e nessuno mi può far paura.
E' a tutti nota la mia possente forza
la mia enorme mole, mette soggezione,
è spessa e corazzata la mia scorza
e d'attaccarmi, nessuno ha l'intenzione".
Indispettita per quella tiritera
una zanzara ronzò con fare scaltro
- "La tua solfa non è affatto veritiera
perché tutti abbiam bisogno, l'un dell'altro.
E con l'enorme tua vitalità
nulla puoi contro la debolezza mia
e ti dimostro che è pura verità
quanto affermo con tanta vigoria".
E in così dire cominciò a ferire
lo smisurato orecchio di quel gran bestione
che avvilito cominciò a barrire
ritenendo ormai chiusa la questione.
Goffamente allora verso la foresta
filò via con un gran magone
e dondolando la sua enorme testa,
mostrò d'aver capito la lezione!         

Serenata
Scritte le rime per Andrea e Marcella
approfittando della mia buona lena,
dedico quest'ode gaia e bella
ai tanto cari Gianni e Marilena.
E di quel giorno, un ricordo solo
dalla mia mente vien ora a galla,
quando sembravi spiccare il volo
inguantato con cravatta a farfalla.
Ricordo commosso, che stavo a rimirare,
di tutta la scena, solo una cosa,
tu genuflesso dinanzi all'altare
mentre guardavi la tua dolce sposa.
E tra l'attenzione dei presenti
che affollavan la chiesa in quel dì
voi sussurraste felici e contenti
il vostro sommosso e dolce…"si,!
Negli anni seguenti, dalle sue gerle
giocò il tempo un tiro birbone,
prelevando due splendide perle
raffiguranti Andrea e Simone.
Affetto e gioia da quel momento
regnaron sempre nel vostro futuro
ed or festeggiamo le Nozze d'Argento
con un augurio sincero e sicuro.
Tra trilli di gioia e battimani
brindiamo insieme, augurando di cuore
alla coppia felice, mille domani,
fatti di pace, di gioie ed amore.
Alziamo allor nella notte stellata
la voce canora di tutti i presenti,
per fare un po' brilli, la serenata
e tornarcene a casa, felici e contenti!       

Pagine
Ai piedi di una quercia secolare
esausto si pone il corpo mio
e il gorgogliar sommesso del ruscello
mi spinge fra le braccia di Morfeo.
Pria che il sopor lento m'assalga,
latente odo il cinguettìo festoso
degli uccelletti che saltellano fra i rami,
fra lo stormire delle foglie al vento.
Allora col declinar del sole,
sospinte dalla brezza vespertina,
veggo il fluttuar di alcune pagine
che vagano su e già per ogni dove.
Gridìo di voci allor parmi d'udire
ed il mio sogno, come per incanto,
s'infoltisce d'un nugolo di bimbi
che plaudono felici all'ondeggiar dei fogli.      

Tramonto
Per mitigar dell'estate la calura
se ne stava un vegliardo in riva al mare
quando i ricordi gli dettero la stura
delle visioni a lui tanto care.
Scosso dal tremor degli anni,
che son sfilati via, lasciando il segno,
di poche gioie e di tutti quegli affanni
che han marcato il corso del suo regno.
Benvoluto monarca riverito
troneggiava dall'alto del suo soglio
fama, onore e gloria, tutto invertito
in una sterpaglia disseminata a loglio.
E vagar vedeva in quella landa
dei potenti l'ombra, macilenta e stanca,
in una vorticosa giostra assai nefanda,
dove l'umana vanagloria, invano arranca.
Sfuma quell'allegoria d'incanto
e nei suoi alluci, nel tremolìo dell'onda,
intravede due occhioni lucidi di pianto
che del passato, tutto tosto monda
S'avvede allora che non esiste sconto
che quel ch'è stato, purtroppo non è più
e dei ricordi nel riflesso del tramonto,
rimpiange tristemente, l'andata gioventù.       

Zio Bastiano!
Avevi un dolce nome: Sebastiano,
e matrigna ti fu l'ingrata sorte,
eri bello, aitante, infine sano
ma un triste dì, ti raccattò la Morte.
Disperazione cupa, ci lasciò di gelo
il Fato volle allor, vestirci in lutto
e mentre l'alma tua volava il celo
ci accorgemmo d'aver perso tutto.
Disdicesti l'amor di chi t'amava.
dopo che orbato fosti tu, del padre…
…Bastiano mio, la tempra t'aiutava
e continuasti ad aiutar tua madre.
Il fardello dei tuoi cinque fratellini
fece di te, un martire del lavoro
prodigandoti per loro, poverini,
ignorasti la pace ed il ristoro.
Ora il Tuo ricordo non è vano
i nipoti ti rammentan con colore,
fra le lacrime sussurran - "Zio Bastiano,
possa tu godere, la pace del Signore"!   

Uccia
Una sera sognai, che in solitudine,
oravo prono ai piedi d'un altare
quando di volti, una moltitudine
scorsi, di persone che mi furon care.
Che turbamento m'invase allora il core,
quando in essi, rivissi il mio passato
e l'alma mia trafitta, dal dolore,
rimembrò un tempo ormai dimenticato.
Cercavo una sembianza assai carina,
il cui ricordo l'alma ognor mi cruccia,
e di essa, confesso, poverina,
rammento solo che si chiamava Uccia.
Illibata ti presentasti a Dio
Che ti accolse con amor filiale,
per aver pagato tu, l' iniquo fio
della sorte avversa, che ti fu fatale.
Allorché svanita dalla mente
fu l'immagine Tua, gioia mia infinita,
sappi che la nostalgia dolente,
m'ha lasciato il tuo ricordo per la vita.     

Armonia
Di rugiada è rorida l'erbetta
del manto, chiazzato dai color dei fiori,
che si stende sinuoso fino a valle
dove mormora un ruscello la sua nenia
ai garruli uccelletti che saltellano fra i rami
d'una maestosa quercia centenaria
e cinguettano gioiosi e spensierati
in un coro dalle note allegre.
Il nitrito d'un cavallo in lontananza,
fa eco al latrar d'un cane
che festoso abbaia al contadino
che s'accinge a lavorar nel campo,
mentre dardeggia il sole su nel cielo
dove s'infiamma qualche nube solitaria
in un colore d'oro luccicante
che va sbiadendo in un diafano giallo.
Armonia!
Concerto d'uno spettacolo divino
che raffigura nella vivida luce adamantina
la maestosa figura del buon Dio
nell'atto in cui paternamente
benedice le genti d'ogni dove
per infondere concordia e pace
nell'alme loro sofferenti,
dove inaridisce ogni umano sentimento.    

Tressette…
Quattro amici nel Bar del paesello
si ritrovan per la loro partitella
il gioco, da decenni è sempre quello
un tresette e bevute a garganella.
Tra l'acre fumo delle sigarette
che ristagna greve nei locali
s'intravede il via vai delle servette
che del buon rosso, ne mescono a boccali.
Fra il confuso vociar dei giocatori
si percepiscon frasi irriverenti
e le risate allor dei vincitori
dileggian l'amarezza dei perdenti.
E gli amici continuano a giocare
quando un astante, non a torto,
mentr'un di loro viene poi a mancare:
grida: - "E' nato il tresette con il morto"!    

Un poetuncolo ricorre alle sue rime
che immortala estasiato sulla carta
e le idee che gli vengono per prime
gli danno l'aire per partire in quarta
Rammenta mesto tutti gli anni persi
che purtroppo, vede sciatti come stracci,
e si dispera per gli squallidi suoi versi
che tutti leggono facendo dei versacci.
Sarebbe stato bello emergere
con l'ode sue veramente strambe
che fan irridere chi le vuole leggère
e per celar lo scherno, se la danno a gambe.
E lui credendo d'essere un genietto
sfornava senza posa le sue carme
quando un giorno s'accorse, poveretto,
che finivan mangiate dalle tarme.

Sconvolgimento
Regna sovrana la quiete intorno
non un cenno di vita allor s'avverte
pare assopita l'esistenza tutta
in uno strano letargo senza fine.
E' un'illusione veramente effimera
perché tosto, il gorgoglio d'un ruscelletto
tramezzato dal muggito d'un torello
si percepiscon da distanza immensa.
Mi ritrovo.a un tratto in un deserto
con ai piedi grossi tomi malandati,
dalle pagine ingiallite dal tempo,
che l'impetuosità del vento, sfoglia
Da quelle pagine che si vanno lacerando
cadono i lemmi e si disperdono lontani,
allorché la mano del legislatore
li rimpiazza per lassismo, con leggi strampalate.
Della morale è lo sconvolgimento
sguazza nel male, chi pagar deve il fio,
ed i probi del tutto sfiduciati,
pagano per quella legge astrusa.
Così s'evince della realtà;
l'onesto sbaglia e in cella si ritrova,
e chi in carcere doveva invece andare
si scopre in liberà, a passeggiare!

La legge è uguale per tutti!
"La legge è uguale per tutti,,!
è questo il motto che la Giustizia lancia
e si rivolge tanto ai belli quanto ai brutti,
mostrandosi con la classica bilancia.
Da noi, diciamola papale papale,
tante cose non vanno per il loro verso
par di vivere in un mondo irreale
dove tutto il bene sembra perso.
Di malefatte ce n'è sono tante:
stupri, omicidi, rapine e droga,
che si susseguono così ad ogn'istante
e la paura il popolo soggioga.
S'aggiunge, per l'opra completare,
il flagello dei tanti clandestini
che disperati arrivan d'oltremare
e dei banditi, diventano i postini.
La gente è stanca e invoca dal governo
leggi drastiche, da fare rispettare,
e sfiduciata si volge al Padreterno
perché illumini chi non sa che fare!

Castori
Nella nazione dei grandi roditori
numeroso un clan, di lavorar mai pago,
viveva nella piana dei pastori
sulle rive, proprio dell' immenso lago.
In quella invidiabile nazione
la concordia, fra i sudditi sovrana,
regnava in ogni ceto e posizione,
tanto da sembrare cosa strana.
Ma un giorno famiglie d'ogni sorta
affluirono, da lidi assai lontani,
divenne allor, la pace cosa morta,
per interessi sorti, alquanto insani.
Liti, ruberie e abusi vari,
si succedettero in ogni singolo rione
e la concordia e il lavor, ricordi cari,
rimasero un desìo per la nazione.
Si stava bene quando si stava peggio
dicevano i castori in quantità
e cominciaron a bistrattare per dileggio,
quella strana legge sull'ospitalità.
Strana, non per razziali pregiudizi
ma perché accolto ha, castori d'ogni risma
senza curarsi d'annotar gl'indizi
che in ogni dove, han generato il sisma.
Col tempo, presi i provvedimenti,
rimarrà di certo, un ricordo vago
quell'invasione di tanti delinquenti
che distrutto avean la pace di quel lago.

Cinque Stelle
Nella notte, della speranza la luce,
rischiara il percorso accidentato,
che al viandante la fiducia induce
di proseguire il cammin, rasserenato
Così fra l'alternar di alti e bassi,
ognor splende, nelle notti belle,
nel Reparto dializzati del Grassi,
l' intenso splendor di Cinque Stelle.
Con amor, dalla sera alla mattina
l'alma lor, nel bene altrui, si sazia
e stanca la giovane Cristina
ma prodigarsi sa, con la collega Grazia
Per render la vita tanto bella
sa prestarsi la stoica Michela
e coadiuvata dall' instancabile Mirella
far del bene, è quel che sempre anela.
E con loro emerge pur Rossana
ch'è indaffarata con sublime ardore
per regalare un'esistenza sana
a chi subisce i morsi del dolore.
Sfumano del male le procelle
che vanno amareggiando il core,
quando il chiaror delle cinque Stelle
riluce di bontà, dolcezza e amore.

Felicità
A volte il caso nella vita crea
qualche vicenda commovente e bella
come la storia d'amor, che ha fatto Andrea,
impalmar l'amata sposa sua, Marcella.
Mistica nella chiesa, lento sale,
tra il tremolante luccichio di mille ceri,
il caloroso inno della Marcia Nuziale,
che dall'alme sgorgar fa, sentimenti seri.
Ora, sfila il tempo lemme lemme,
mentre si sono susseguiti gli anni,
che sbocciare han visto due superbe gemme
dalle fattezze di Maurizio e Gianni.
Riuniti in convivio beviam in quantità
e festeggiamo le vostre Nozze d'Oro
augurandovi di cuor, felicità
con voci estese, che inneggian tutte in coro.
E per concluder questa festa assai serena,
che spensierata si presenta in godimento
brindiam pure per Gianni e Marilena,
per le loro felici Nozze d'Argento!

Il ghiro e la talpa
Scavava un dì la talpa alacremente
con il suo fare sempre allegro e amabile
la sua lunga galleria, allorché sente
lo sbadiglio del ghiro, interminabile.
Sorpresa per quel sospiro largo
gli chiese incuriosita, perché dormiva sempre
e lui rispose: - Q Lo sai vado in letargo
perché son queste le mie vere tempre".
Soddisfatto poi della risposta
a sua volta domandò alla talpa:
- Q Perché tu scavi sempre senza sosta
questa terra che nessuno palpa"?
- Q Sai ben, - fu la risposta repentina -
che io scavo cercando nello scibile
quella sola verità genuina
che l'esistenza rende assai vivibile".
Suffragando così le sue parole
gli rivolse di nuovo una preghiera,
volea saper da lui, senza fole
il perché dormicchia da mattina a sera.
Senza esitazion fu la risposta
che alla talpa diede chiaro e tondo:
- "Io dormo veramente senza sosta
e le sozzure, ignorar del mondo"!

Marco!
Piango in chiesa sulla Tua sorte amara,
allorché plaude la folla il suo "Pirata,, invitto
mentre gli amici escon la Tua bara
per intraprendere il mesto tuo tragitto.
Ai genitori Tuo, Marco io voglio
esprimere, afflitto e desolato,
il sincero immenso mio cordoglio
per il Loro Figlio che in pace se n'è andato.
Narra la stampa, nell'ora del rimpianto
le imprese Tue, che han stupito il mondo
mentre ascende l'alma Tua frattanto,
dagli angeli accolta, con un gaio girotondo.
Ti vedo correre con immenso ardore
per l'aspra erta che ti sta d'innanzi
quando possente Tu, qual locomotore,
i Tuoi rivali tutti, sempre più distanzi.
Adesso la Tua corsa ormai è finita
e al traguardo della vita sei arrivato
mentre il mondo la Tua trista dipartita
annuncia con un pianto accorato.
Noi auguriamo che il Signor Ti renda
l'eterna pace che noi tutti ambiamo
ed or ch'entrato sei nella leggenda
ai posteri le imprese Tue, additiamo.
Intanto che il tempo se ne scappa,
per continuare il ciclo della vita,
si conclude con l'ultima Tua tappa
la tua Tua fulgida gara, di beltà infinita!

Addio Carmelo
Che tristezza per me, sono quest'ore
che sentenzian la tua triste sorte,
stroncato giaci, nel letto del dolore
mentre s'appressa il profilo della morte.
A nulla per te è valso l'orar mio,
cocenti lacrime m'irrigan tosto il viso,
mentre prostrato supplico il buon Dio,
che T'accolga fra i Santi, in Paradiso!
Rabbiosa l'alma si ribella al Fato,
perché lenire il tuo male brama,
ma nulla posso, fratello tanto amato,
per sollevarti dall'egra vita grama.
Meschino, di fronte a tal iattura,
perché vorrei, e purtroppo nulla posso,
per ovviare a simile sventura,
che fulminea t'è piombata addosso.
E mille occhi si velano di pianto
nel vederti supino nella bara,
mentre nell'alme avvertiam lo schianto,
perché svanisce la tua fattezza cara.
Ladra ti fu, la perfida natura
che volle toglierti dal mondo dei viventi,
decretando la fine tua, immatura,
e anticipare il corso degli eventi.
Ora appartato con il mio dolore,
s'ammanta l'alma mia d'un tenebroso velo
mentre accorato dal profondo core,
sussurro mestamente - "Addio Carmelo"!

L'Angelo
Consunto dal mal che l'avvelena
così s'avvia il corpo lentamente
verso il bivio che al sonno eterno mena
senza nemmeno quell' addio struggente
che all'atto della mesta dipartita
si congeda per sempre dai suoi cari
mentre incalza il mal in quel momento
dove i rimpianti si' cocenti e amari
mentre incalza il mal in quel momento
pare che sfumi nel nulla l'esistenza
e le visioni si succedono ´ rilento
di memorie, dileguate in apparenza
Al crocevia dell'esistenza umana
dove si dilegua la strada all'infinito
l'alma dal corpo, con galoppata strana,
parea soggiacere a un mesto invito
quando l'Angelo apparso all'improvviso
verso di lui protese la sua mano
e l'invitò col mesto suo sorriso
a desistere dal suo cammino insano
così le cure, prodigate senza posa,
furon per quel corpo buona sorte
perchè in tal modo la dottoressa Rosa
lo sottrasse alle grinfie della morte!

Idea geniale
Un giorno un avo, d'un tempo assai lontano,
consumato avea la sua cenetta,
quando per caso, invero tanto strano,
testimone fu, d'una insolita scenetta.

Un animale al sol si crogiolava
accanto a lui vivace il cuccioletto
con la sua coda a ciuffo, si beava
nel sentirsela passare sul musetto.

Quello strofinamento, bene o male
anche se questa storia non vi garba
gli fece nascere un'idea geniale
inventando il pennello per la barba.

Adamo ed Eva
Dio, che un giorno Adamo ebbe creato,
pensò di dargli una bella mogliettina
e lui purtroppo, beato e spensierato
si ritrovò accasato, una mattina.

E così, una costola gli leva
ideando senza pene e affanni
la mitica figura d'una dolce Eva
che al pover'uomo procurò malanni.

Divenne cavalier servente
e per la gioia al mondo niente anela
ma ella, sedotta dal serpente,
lo rovinò per mezzo d'una mela.

Ignoro s'era mela o cannolicchio
ma sta di fatto, e nessun lo disse mai,
che per mezzo di quello strano ticchio,
incominciaron, per il mondo, i guai!

Landa desolata
In una fredda landa desolata
vaga un'alma cercando chissà, cosa…
…e si trascina misera dannata
spaziando in lungo e in largo, senza posa.
S'invola nello spazio siderale
fluttuando fra dirupi d'ogni sorta,
quando sopraffatta da un oscuro male,
s'accascia al suolo come cosa morta.
Ma nella fibra sua possente e forte
malgrado la natura del suo male
non potè compiersi l'opra della morte
per cui pareva, fosse lei immortale.

Svolazzando fra le rime

Visione Veritiera
Spazia lo sguardo nell' infinito azzurro
rincorrendo il volo degli uccelli
quando sento commosso quel sussurro
che mi rimembra i giorni tanto belli.
In un quadro dal tempo ormai sbiadito
mi rivedo fanciullo coi miei cari
in una vita, d'amore infinito
che presagire non facea tempi amari.
Trascorrono i giorni, i mesi e gli anni
e nel mondo si scombussola la pace
della guerra si sopportano i malanni
mentre dell'Eroe, l'alma stroncata giace.
Il rimpatrio dall' umiliante prigionia
rinvigorì le nostre larve umane
ed il ricordo dell'Italia pia
nei nostri cuor indelebile rimane.
Un mesto vel s'è steso sul passato
il tempo proseguito ha il suo corso
e mi sorprende che il destino ingrato
m' avvelenato l'alma, ha col suo morso.
Orbato dei miei cari genitori
ansioso erra lo sguardo mio dolente
e veggo il ciel risplender di nitori
ove l'alma ascende lentamente.
E si ritrova nell'Empireo, tra gli Angeli
che coi Serafini, a Dio fanno corona
si diradano allor eburnei veli
e umilmente ai piedi Suoi, si prona.
Rimane in estasi così nella preghiera
e Lui, che dei mali elimina ogni scoria
le mostra la visione veritiera
della dolce compagna sua, Vittoria.  

Un fruscio d'ali
S'adombra il cel di nerastri nubi
e l'Etna ribolle di lava incandescente
mentre un oscuro manto par che rubi
del dì, il vivido chiaror nascente.
Tristo un boato la quiete rompe
e dal fumante cratere, verso l'alto,
uno sbruffo incandescente incombe
per avanzare minaccioso, per lo spalto.
Trema il suolo, serpeggia lo sgomento
quando tutta la terra molisana
tremenda sussulta e in tal momento
la furia sismica, tutto quanto spiana.
Vaga atterrito l'occhio della gente
fra le fumanti macerie del paese
e dei paesani l'urlo allor si sente
mentre gemono, le persone lese.
Di San Giuliano di Puglia, la scuola,
ove i bambini seguivan le lezioni,
s'è sbricciolata per una scossa sola
mentre altre, crollavan nei rioni.
Scattano gli aiuti in un istante
e la mano dei soccorritori
per la ricerca, rattrappita e sanguinante,
dalle macerie, i bimbi porta fuori.
Ma non tutti rispondono all'appello
e dopo ore di ricerche vane
vengon tratti da sotto quell'avello
ventisette amate spoglie umane.
Ventisei bambini e un'insegnante
che ascendon a Dio, tra un fruscio d'ali
mentre il pianto sommesso d'ogni astante
sgorga copioso su quei resti mortali!  

Schiavitù
Quando penso alla vita che ho trascorso
tra inganni e sotterfugi vari
sento nell'alma, del pentimento il morso,
che viver mi fa, giorni tanto amari.
Schiavo…dei vizi tutti, er'io lo schiavo
che gioivo per l'altrui malanni
e del prossimo, il male suo bramavo
irretendolo con subdoli inganni.
Alcool, fumo, donne, droga e gioco,
succube ero di queste corruzioni
che l'urlo del'alma rendean talmente fioco
tanto da soffocar l'ottime intenzioni.
La malìa poi, del dolce tuo sorriso
e il sentimento che m'ha pervaso l'alma
il mio passato han reso tanto inviso
da vederlo svanire in una salma.
E' vero, non son più schiavo d'alcun vizio
m'hai assoggettato, con l'amore tu,
e questo non è che il dolce inizio
di una gradevole perenne schiavitù!  

Zio Tom al ristorante
Si chiama Tommaso, tipo alquanto strano
non soffre d'esterofilia per caso
si sente in cuore tutto americano
tanto che al suo nome ha tolto "maso".
Era andato con l'amico al ristorante,
e al cameriere che attendea l'ordinazione
gli rispose con fare un po' esitante
che di carne, voleva una porzione.
Sorpreso il cameriere un tantino
restò in attesa con la penna in mano
sentì dirsi una bistecca ed un brodino
ed in cucina si recò pian piano.
Tornato dopo un po' dagli avventori
e vedendo ch'eran rimasti in secca,
propose loro un vino d'amatori,
ma riordinaron un brodino e una bistecca.
Per l' egual ordinazione ripetuta
Il cameriere con far sbalorditivo
a lor chiese, a ragion veduta,
Il motivo di quell'ordinativo.
La sola ragione veritiera
disse Zio Tom, se lo vuoi sapè
e che purtroppo l'unica dentiera
serve tanto a lui, quanto a me.  

Halloween
Nella notte d'Halloween con fervore
evocate eran, dei defunti l'alme,
da Samhain, delle tenebre il signore,
che le destava dalle loro salme.
Prosciolte allora dall'atroci pene
e vaganti nella tenebra regnante,
rientravan nelle lor case terrene
interrompendo quel vagare errante.
La leggenda, risaputa poi da tutti
narra che la notte d'Halloween, incorona
la patrona degli alberi e dei frutti,
la venerata dolce, Dea Pomòna.
Antiche saghe rimembrano tutt'ora
grandi battaglie ov'ebbero a pugnare
eroi e re le cui prodezze ancora
dai vegliardi si sente raccontare.
Ma le credenze son ormai scemate
e Halloween si festeggia ai giorni nostri,
non con le fedi Celtiche praticate,
ma col travestirsi da fantasmi e mostri.
Tra balli, canti, e risa del momento
si conclude all'alba quella festa
col premiare il miglior travestimento
che col voto, la maggioranza attesta.  

Esorcista
Correva voce che un uomo alquanto strano
dell'esorcismo conoscesse l'arte
e che leggendo da un librone un brano,
il demonio, metter sapea da parte.
Avvenne che un bel giorno fu chiamato
per un caso invero assai curioso
un uomo dal demonio era invasato
e si torceva in modo assai furioso.
Strabuzzava gli occhi inorridito
rabbiosamente digrignava i denti
mentre dal labbro suo inaridito
la schiuma uscir, vedevano i presenti.
Tremolava come un fuscello al vento
ed il sudore imperlavagli la fronte
lo strano uomo allora in quel momento
sulle sue tempie, gli lasciò l'impronte.
Nel contempo si vide l'invasato
distendere le membra lentamente
e l'esorcista come fulminato
a terra si trovò istantaneamente.
Ed il demonio allor dall'invasato
imboccò veloce un'altra pista
e per paura d'essere sfrattato
nel corpo, andò dell'esorcista.  

Madrigale
Quanto mi piacerebbe poetare
per dedicarti un componimento
col quale finalmente dichiarare
l'immensa passione che per te io sento.
Nel dolce delirio che il mio cor inonda
le labbra riarse sul collo delicato
vorrei posarti o mia dolce bionda
per gustare quel nettare desiato.
E nella foga di questo sentimento
sento annebbiarmi e non so che dire
e bramo fortemente in quel momento
d'averti, e poter così gioire.
Con questa fissa a volte micidiale
spesso m'illudo d'averti conquistata
e anche se ti sento ognor glaciale
rimani per sempre la mia dolce amata.
E se di sete non sarò satollo
finalmente mi sentirò beato
quando stringendo le mani sul tuo collo
t' ingollerò o birra, in un sol fiato!  

Quando….
Quando penso a quel che accadere possa
in un futuro dove i miei parenti
m' adageranno dolenti nella fossa
con occhi lucidi di lacrime silenti.
Quando in quel giorno si sarà compiuto
il lungo corso dell'esistenza mia
nessuno potrà darmi quell'aiuto
per ridestarmi l'alma, come per magìa.
Quando orbato della vita sarò stato
malgrado la mia foto alla parete
certamente verrò dimenticato
e nessuno di me avrà più sete.
Quando sulla mia lapide la glossa
rimembrerà chi è stato ed ora non è più
l'alma allora, senz'alcuna mossa,
riposerà in grembo al buon Gesù.
Quando infine per sempre sarò ito
e di me non resterà più niente
dal volto di mia moglie, ormai sfinito
scenderà una lacrima silente.  

Comari focosette
Nella piazza prospiciente il mercatino
si bisticcian due comari focosette
per una lite sorta nel mattino
fra le due reciproche bimbette.
Sembrava un litigio assai normale
dovuto a un qualunque malinteso
ma la faccenda si metteva male
per le frasi che aumentavano di peso
Non era infatti la solita sfuriata
perché d'offese ne volavan tante
e l'una all'altra ormai avvinghiate
si rotolavano per terra tutte quante.
Tra graffi e tiratine di capelli
tra pugni e sberle dati in quantità
hanno sfogato istinti assai ribelli
che han scatenato una vera ilarità.
La gente tutta faceva capannello
deridendo le due contendenti
che infine esauste sopra uno sgabello
ristettero in attesa degli eventi.
Notarono che s'un banco del mercato,
con le bambole le loro figliolette
giocavan in un clima assai beato
irridendo le comari focosette.  

Acque placide
Sull'acque placide del mar silente,
pigra una barca si lascia cullare,
dallo sciabordar dell'onde lente
che lo scafo, sembran vezzeggiare.
A bordo una coppietta innamorata
rapita ascolta un canto che da lontano
si sente nella notte illuminata
dal raggio della luna, assai diafano.
Amabil frasi sussurrate al vento
dallo schioccar d'un bacio intercalate
si disperdon nell'aria in un momento
ognor sospinte dalle sue folate.
Avvinti nell'ardente amplesso
l'alma si senton in alto trasportare
e s'estranea da tutto molto spesso
per continuare a coniugar, il verbo amare.
Acque placide dove spesso la luna
si rispecchia con aria sorridente
mentre sul terso mar della laguna
la barca s'avanza lentamente.  

L'inquilino
Conduceva una vita spensierata
il giovane inquilino solitario
di debiti non avea nessuna rata,
messa in lista, sul suo calendario.

Come gli avi viveva senza luce
e non si occupava mai di niente
sempre calmo, lo sguardo suo mai truce
e coll'espression pensosa da onnisciente.

La dispensa era sempre ben fornita
ci viveva senza abbandonarla
non aveva mai avuto lunga vita
e non pensava certamente di lasciarla.

Successe però che un orso
vedendo sulla mela un fuco
spalancò la bocca e con un morso
addentò anche il solitario bruco.  

L'alluvione
Sono due giorni che piove a dirotto
l'acqua s'abbatte con sempre più violenza
alle saette seguito fa il botto
e della luce la città rimane senza.
Nel ciel grigiastro s'accumulan le nubi
che s'arrossan al zig zagar dei lampi
mentre lamentoso l'ulular dei lupi
minaccioso si propaga per i campi.
Le cateratte del cel si sono aperte
e sempre più dilaga il temporale
quando scrosciando per le vie deserte
impetuoso sferza il fortunale.
Abbatte il vento diversi cornicioni
all'intorno gli alberi divelti,
mentre inondate son le piantagioni,
spinti dall'acque, rotolano svelti
Trascinate dal torrente limaccioso
galleggian le carcasse d'animali
e il nubifragio sempre più furioso
di acqua e limo invade i cascinali.
Trombe d'aria diroccano le mura
e l'alluvione fa straripar il fiume
si ribella all'uomo la natura
che reso ha la terra un gran marciume.  

L'appuntamento
Nel libro del destino della gente
si leggono ogni tanto storie varie
che a narrarle pare che uno mente
per quanto a volte, son straordinarie.
Il telefono nella nostra storia
è, quel che ha combinato nel momento
ciò che m'accingo a narrare senza boria,
l'evolversi di questo appuntamento.
Un telefonista nell'ora di lavoro
viene chiamato da una signorina
gli dice: - "ciao mio tesoro",.
con espression alquanto birichina.
Sorpreso da quella voce deliziosa
rimane perplesso e non sa che dire
poi con una frase assai scherzosa
modera l'espressione del suo ardire.
Avvinto da quel tono suo squillante
la spiegazione il giovane fornisce
ammettendo che, non è lui l'amante
ma che il parlar con lei lo gioisce.
E' stato un error la sua chiamata
confessa lei e gli chiede scusa
ma lui con l'alma già infiammata
di conoscerla certo non ricusa.
E così, dopo tante chiacchierate
s'approfondisce fra i due la conoscenza
e sentendosi l'alme conquistate
vedersi voglion perciò, di presenza.
L'amicizia nasce in quel momento
e lui allora, dall'ardore preso
tosto le chiede un appuntamento
che la donna non sembra aver sorpreso.
Giunta dunque l'ora tanto bella,
lei passeggiando pareva claudicare
lui s'accorse ch'era zoppa e grassottella
e s'allontanò, lasciandola aspettare.  

Pan per focaccia
Una donna bella e affascinante
che trascurata era dal marito
volle del consorte, rintracciar l'amante
per la quale il senno, egli avea smarrito.
Dopo avere per giorni meditato
un segugio convocò all'istante
per pedinare quello sposo ingrato
che preferiva da lei, stare distante.
Successe allora, che dopo oltre un mese
giorno dopo giorno del pedinamento
il segugio si trovò alle prese
di una cotta presa in un momento.
Un giorno nei calzoni del marito
la donna trovò un foglietto spiegazzato
dove l'amante in un certo sito
appuntamento dava all'innamorato.
La donna allora, decise la vendetta
e in preda all'ira quel foglietto straccia
lontan da lei quei pezzettini getta
e rendergli vuole allor, pan per focaccia.
E il giorno dell'appuntamento al sito
alla donna, un'agitazion la coglie
s'accorge che l'amante del marito
del segugio purtroppo, era la moglie!   

La mangusta
Presso un casolare di campagna
mentre la mamma rastrella un po' d'erbetta,
l'abbaiar furente, s'ode d'una cagna
quando ignara giocava una bimbetta.
Irritata dallo strano abbaiamento
curiosa la mamma, la figliola scruta
e accertata la calma del momento,
continua nel suo lavoro, muta..
Infida, quella calma apparente
celava invece sotto una fascina
un grave pericolo imminente
per la vita della piccola bambina.
E in quell'attimo un fruscio silente
quando la sorte parea ormai impietosa
percepiva l'avanzare d'un serpente
dalla lingua biforcuta e velenosa.
Terminato il suo lavoro fra l'erbetta
la mamma s'accorge allor della minaccia
accorre e lungi spinge la bimbetta
quando il serpente scatta per la caccia.
La scena che s'immagina disgusta,
preda parea la donna, del serpente
ma dagli arbusti balza una mangusta
e l'addenta poi con forza sorprendente.  

Resurrezione
Regna nell'aria quell'allegria di festa
è la vigilia della Resurrezione
e la gente si prepara ad esser desta
per assister alla Messa nel rione.
Fuori il vento imperversa follemente
dondolando i palloncini colorati
che i paesani assai gioiosamente
ai lati delle vie, han collocati.
La Sacra Funzione è terminata
perciò la gente frettolosamente
a casa s'è di corsa ritirata
al calduccio d'un caminetto ardente.
E' mezzanotte e tutte le campane
i gioiosi rintocchi, nel rione
fanno sentir alle genti più lontane
ch'è festa, della Resurrezione.
Un uomo lento s'attarda pel vialone
quando scorge nei pressi del macello,
addormentato un povero barbone
e pietosamente lo copre col mantello.
Dopo una notte trascorsa all'aperto
qualcuno il corpo suo ha ritrovato
rattrappito e dal mantel coperto
giaceva il barbone, assiderato.  

Cercasi
Un trafiletto apparso sul giornale,
"A.A. Cercasi per cuore solitario
signora dal carattere gioviale
e dall'animo dolce e umanitario,,.
Completa l'inserzion con l'indicare
notizie varie che riguardano il mittente
e potersi facilmente rintracciare
fra il via-vai di numerosa gente.
Il giorno appresso, nel quotidian locale,
altro "Cercasi" d'un cuore abbandonato
che offre un amor sentimentale
a colui ch'è di passion dotato.
Anche in quest'inserzion, naturalmente,
son state date quelle indicazioni
per incontrasi alquanto facilmente
senza rischio di complicazioni.
Avvenne che all'orario stabilito
per togliersi ambedue le voglie
lei si trovò innanzi suo marito
e così lui, si ritrovò la moglie.  

Invidia
Non è astio quello che io sento
nell'osservare l'altrui felicità
e nemmeno gioia del momento
per chi dolori ne ha in quantità.

La mia invidia non è di questa fatta
perché degli altri non me ne curo tanto
ma è un sentimento che in me scatta
e m'avvolge in un nero manto.

Soggiace l'alma alle cose belle:
all'amore di un essere amato,
al tremulo chiarore delle stelle
o alla libertà, che Dio ci ha dato.

Come gli uccelli, sfrecciar nel celo terso,
o correre felice com'un capriolo…
quante cose in questa vita ho perso
nel vedermi infelicemente solo.

Oh invidia che dal core parti
perché non godo delle cose belle
e derelitto mi vedo senza gli arti
immoto in questa sedia a rotelle!  

Un Barone
Conoscevo un tizio facoltoso
che frequentava l'alta società,
con le donne, galante e premuroso
facea vedere che ci sapeva fa'
Era veramente un signorone
e le persone che usava frequentare
con rispetto lo chiamavano il Barone
perché la nobiltà potea vantare.
Sempre elegante sorrideva poco
con tutti usava tatto e gentilezza
profondamente patito per il gioco
ingannava i suoi rivali con destrezza.
Non c'era trucco che non conoscesse
sembrava saper leggere il pensiero
manteneva sempre le promesse
e le vincite dispensava per intero.
Non s'ammantava mai d'arcani veli
per lui il gioco era un affarone
quando poi finì a Regina Celi
tutti lo ricordavano come… un barone.  

Spione
Attendeva un signore alla fermata
la corriera che avanzava senza fretta
quando un ragazzo dall'aria trasognata
gli si accosta avanzando in bicicletta.
Lo fissa e gli e sorride in modo astuto
poi con l'indice e il mignolino tesi
gli grida a voce alta, sei cornuto
e continua questa storia, già da mesi.
Questa volta però con la consorte
si lamenta con voce un po' strozzata
e la moglie che fa la voce forte
lo rassicura, è una ragazzata.
Il giorno dopo, la solita scenetta
si ripete poi con concisione
e gli grida con la voce netta
sei cornuto e in più, anche spione!  

Disperazione
Viveva in una casa comunale
fra stenti e sacrifici d'ogni sorta
la famiglia d'un modesto manovale
al quale ogni cosa andava storta.
Lei, smilza donnetta affaticata
dagli occhi spenti e guance infossate
sul lettino stava abbandonata
mentre l'ore sue parean contate.
L'accudiva sovente una vicina
che si offriva alla donna giornalmente
mentre il padre dalla sera alla mattina
s'arrabattava per un posto solamente.
Disoccupato già da qualche mese
preda era, della disperazione,
nella vita non avea altre pretese
se non veder la moglie in guarigione.
Ma del tempo il monotono sfilare
aggravar vedea di più, la situazione;
in casa niente c'era da mangiare
e in vista non v'era, alcuna soluzione.
E' sera…scialbo il chiarore d'un lumino
rischiara lo scarno braccio della moglie
che si protende per un salutino
quando silente, la morte la raccoglie.
Sommesso il pianto di un'alma rattristata
ad un tratto s'ode nella notte atroce
è il saluto per colei che se n'è andata
accompagnata da un segno della croce.
Fa seguito alla sciagura immane
il penoso lamento della figlia:
- "Papà…" - chiede sfinita - "..un po' di pane"
mentre un tremendo dolore la scompiglia.
Si sente un trambusto nel rione
mentre il padre piuttosto riluttante
alla figliola porge la pozione
che avea sorseggiata da un istante
I vicini ignorando la ria sorte
di Natale volean far l'augurio
ma rattristati s'avvedon che la morte
li aveva preceduti nel tugurio.  

Un cliente facoltoso
All'interno di un calzaturificio
dove del cuoio si sente ancora il lezzo
il cliente trae immenso beneficio
per la merce che trova a metà prezzo.
Predisposte in bella vista le vetrine
mostrano scarpe d'ogni tipo e foggia
dove fra luci psicadeliche e trine
tutta la mercanzia il proprio lusso sfoggia.
Fra il via-vai dei clienti in atto
uno, dà agli articoli una scorsa,
indi al padrone s'accosta quatto quatto
e gli affida in custodia, una borsa.
Lo prega di reggerla un momento
perché dentro, assieme agli altri atti
vi si trova un importante documento
che ratifica una legge sugli sfratti.
Così dicendo s'avvia e prende posto
per misurarsi qualche calzatura
molto elegante e dall'alto costo
che la commessa gli serve con premura.
Il padrone la soddisfazion trattiene
per la costosa scelta appena fatta
da quel cliente simpatico e perbene
che il cuore simpatia, raccatta.
Fa per prova qualche passettino
il cliente con le scarpe addosso
ma verso l'uscio s'avvia pian pianino
e a correre comincia a più non posso.
S'accorge allor il padrone in quel momento,
e la sorpresa gli si legge in faccia,
che nella borsa non c'è quel documento
perchè contiene soltanto carta straccia.  

Il gattino
Dal cassonetto della spazzatura
s'odon da un po' dei miagolii strazianti
ma nessuno dei passanti se ne cura
sarà perché da lì, procedono distanti.
Si guarda il gattino trasognato
con il musetto volto all'insù
mentre velati cogli occhi suoi di pianto
vede i rifiuti che copiosi vengon giù.
E sovrastato dalla spazzatura
corre il rischio di perire soffocato
ed al pensier della fine sua, immatura,
s'azzittisce ormai terrorizzato
Pensa a quei bambin che per diletto
fra scoppi di risa e urla esilaranti
l'han scagliato giù nel cassonetto
per fuggir poi, gioiosi tutti quanti.
Sommerso dai rifiuti assai copiosi
di miagolar non se la sentiva più
mentre stremato da pensieri timorosi
la spazzatura, ancor sentiva, venir giù.
Vinto poi dallo scoramento
nel tentativo di gridar aiuto
miagolò nel suo ultimo lamento
quando della morte ne sentì il fiuto.
Riprese i sensi e abbozzò un sorriso
e col grazie, miagolato senza fretta,
a coloro che l'avean salvato, il viso
dolcemente, accarezzò con la zampetta.  

La folle corsa
Verso sera, non sapendo cosa fare
si ritrovano in piazza del paese
dei giovani pronti a disputare
la corsa che si fa ogni fin di mese.
In preda all' ebbrezza del buon vino
nell'incoscienza dell'età immatura
decidono di fare un bel provino
correndo a notevole andatura.
A bordo di due auto fiammeggianti
una color verde e l'altra rossa
brindano in bicchieri spumeggianti
prima d'iniziar la folle corsa.
Allo scoccar dell'ora convenuta
allineate sulla linea di partenza,
mentre qualcuno festoso li saluta,
prendono il via, filando con possenza.
Sfreccian entrambi per la via deserta
in lontananza un uomo in Bicicletta
procede, brillo, con aria alquanto incerta
e il bolide rosso lontano lo proietta.
Le due macchine repentinamente
l'una con l'altra s'urtan con violenza
uno schianto tremendo allor si sente
e della vita rimangon tutti senza.
In tal modo conclusa s'è la sorte
di coloro che stretti nella morsa
al traguardo han trovato quella morte
che ha concluso la loro folle corsa.  

Dormiveglia
Fonda è la notte e della luna
gli argentei raggi sulla città dormiente
si posan leggeri e la laguna
rispecchia un firmamento appariscente.
Per le deserte vie tutto tace,
la statua d'una Santa, in una nicchia
è rischiarata da una scialba face
mentre un martel sul bronzo, l' ore picchia.
Furtiva un'ombra s'avanza lentamente
e costeggiando i vari fabbricati
procede nel suo cammin silente
quando d'un cane s'odono i latrati.
Dalle stecche d'una tapparella
un po' rialzate per la gran calura
filtra una luce alquanto scialbarella
d'un lampione posto sull'altura.
E nella stanza nel sonno una fanciulla
si dibatte nella dormiveglia
in un incubo atroce che l'annulla
e con un gridolin, alfin si sveglia.
Si guarda attorno e s'accorge tosto
che per colpa di quella sua libata
avea pagato a Bacco un alto costo
perché la casa le avean svaligiata.  

La cinquina
Mai nel gioco, sono andato sotto,
a volte qualche vincita facevo
così decisi di giocare al lotto
e multimilionario mi vedevo.
Mi recai di corsa, un bel mattino,
finalmente a fare la giocata
e giunto che fui al botteghino
sulla cinquina feci una puntata.
Parve la somma talmente esorbitante
che fui oggetto di tante ammirazioni
e mi chiese l'impiegata un po' esitante
se la giocavo, con le combinazioni.
M'allettava talmente la vittoria
che la cinquina volli giocare secca
e sperare nella sorte meritoria
in un aiuto che a volte il Fato imbecca.
Mi chiesero gli astanti titubanti
se i miei numeri potevano giocare
ed io l'incoraggiai tutti quanti
la fortuna di voler tentare.
Il giorno appresso, fatta l'estrazione,
m'avvidi che dei numeri giocati
nemmeno uno ne usci…dannazione
pensai allor a quei miseri gabbati.
E con nell'alma un senso d'oppressione
da quelle parti non mi feci più vedere
perché temevo, che certo una razione
m'avrebbero dato, di calci nel sedere.  

La mia preferita
Era quella la mia preferita
dagli occhioni che parean parlare
e nel cuore s'apriva una ferita
perché non sapeva ragionare.
L'impressione dava di capirti
ma quando le chiedevi il suo parere
non sapeva davvero cosa dirti
ma lo sguardo suo mi facea piacere.
Aveva i fianchi larghi e l'andatura spiccia
che mostrava l'effettivo stato
d'un organismo che stava bene in ciccia
con un bel corpo assai bene modellato
Avevo per lei un'attrazion speciale
e nel vederla mangiare avidamente
speravo che il suo stato attuale
durasse per tant'anni veramente.
La mattina avevo pronto il latte
ch' io bevevo con piacer immenso
e la sua voce dalle note piatte
della gioia, m'acquietava il senso.
E venne il brutto giorno che infierita
s'era avventata contro un giovincello
così purtroppo la mia preferita
senza indugi, la portarono al macello.  

Pane per i gonzi
Io mi diverto, durante le elezioni
quando i candidati le promesse
tutti quanti sciorinano a milioni
ed il partito le loro doti, tesse.
Resta inteso che ridurrem le tasse
faremo in modo di bloccar gli aumenti
plaudono frenetiche le masse
e le parole lor, li fan contenti.
A tutti prometton mari e monti
e circuiscono in tal modo l'elettore
ma quel conta sempre in fin dei conti
è l'eloquenza e l'arte dell'attore.
Abbozzano un sorriso ammaliatore
ma nel cuor loro quello è risaputo
è il solito ghigno del millantatore
che non t'appaga, ma ti fa cornuto.
La garanzia loro sempr'è fittizia
della politica sono i Grandi Bonzi
tu credi a tutto e loro con malizia
propinan sempre, pane per i gonzi!  

Lacrime vane
Alla periferia d'un paesino
sulla strada che mena in campagna
ansimando s'avanza un bambino
con a fianco una piccola cagna.
Li precede una mandria belante
che s'inoltra intasando la strada
e all'intorno un odor maleodorante
fino al cielo, pare che vada.
All'improvviso dal canton della via
un auto rossa, veloce procede
e travolge, qual sorte ria,
qualcosa che il pilota non vede.
Uno stridor di freni e uno schianto
e dalla macchina esce stremato
un tizio dagli occhi di pianto
che s'inoltra con far trasognato.
Credea il poveretto d'aver travolto
il bambino con a fianco quel cane
ma le lacrime che gl'istriavan il volto
finirono, allor con l'essere vane.
Intravide stupito, oltre il pantano,
sotto i raggi cocenti del solleone,
il bambin che fuggia lontano
e sul suolo, abbattuto, un montone!  

Dio Denaro
Un tizio alquanto intraprendente
il pallino avea di poetare
ma purtroppo non conseguiva niente
perché su appoggi non potea contare.

Non possedeva alcun bene al sole
e nettampoco aveva conti in banca
da mane a sera, le numerose spole
compiva tanto a destra quanto a manca,
ma non riusciva mai a racimolare
quella data somma necessaria
per ai concorsi, poter partecipare,
e deluso facea castelli in aria.

Concluse allora col mesto suo sorriso
con un ragionamento paro paro
che non ci sono santi in Paradiso
se non t'aiuti con il Dio Denaro.    

Un salutino
Il solleone i morsi, fa sentire
pel refrigerio che c'e, andando al mare,
la gente tutta è pronta per partire
perché alle ferie nessun vuol rinunciare.
E' tempo di spiaggia e la famiglia
madre, padre e nonni, allegri vanno
a godersi il mar, lontano mille miglia
mentre in mente lor, tanti progetti fanno
Sono entusiasti e fremon d'impazienza
perché il mare non l'avean visto mai
e appena andati in acqua, l'incoscienza
purtroppo li spinse, lontano assai.
Con i piedi, sempre sul fondale
riuscirono ad accostarsi a riva
ma il nonno che galleggiava male
di nuotar oltre, non se la sentiva.
Annaspava disperatamente
gesticolando in modo tanto strano
sembrava salutar gioiosamente
qualcun che l'osserva da lontano.
Un signore ristette un momentino
e dopo averlo guardato attentamente
ricambiava festoso il salutino,
del nonno che affondava lentamente.   

Timidezza
Dirti t'amo, vorrei amore mio,
stringendoti a me con tenerezza,
ma resta questo, un desiderio pio
a causa della mia timidezza.
Ti vedo divinamente bella
eretto il corpo tuo ben modellato
m'appar sovente qual lucente stella
per il desio occulto, sol del Fato.
L'ovale vellutato del tuo viso,
s'illumina di luce che trabocca
alla dolce espressione del sorriso
che mostra quelle perle ch'hai tu in bocca.
Frasi d'amor vorrei profferire
ma l'avvenenza tua m'intimorisce,
muto il labbro mio non sa che dire
e la sembianza tua, lenta sparisce.
Amore t'amo, dirti avrei voluto,
con espressione piena di dolcezza,
ma s'infagotta nel buio più assoluto
di questa maledetta timidezza.   

Vigili del fuoco
Al prolungato suon della sirena
che delle auto precede lo sfrecciare,
accorrono con encomiabil lena
ligi, al loro periglioso oprare.
Si affrettan ad esser sempre pronti
e quando la calamità è imminente
li trovi impegnati su più fronti
per salvar la vita della gente.
Incendi, diluvi e disastri vari
li spingon spesso a sfidar la sorte
vivendo a volte giorni tanto amari
dove purtroppo, soggiacciono alla morte.
A questi eroi, stringiam loro, la mano
e grati, predisponiam nel mond' intero,
per il loro sacrificio mai invano,
una simbiosi, d'un amor sincero.
In una tavolata, finalmente,
gustate poi, le leccornie del cuoco,
brindiamo tutti, or sinceramente:
- "Lunga vita ai Vigili del Fuoco"!

La vecchia lampada
Un derelitto, alquanto malandato
ognor questuava per le vie del paese
un giorno in un campo abbandonato
una lampada trovò e se la prese.
Era acciaccata, vecchia e rugginosa
ma per lui, misero tapino
valeva più, di qualsiasi cosa
pensando fosse quella d'Aladino.
Invaso allora da un tremore strano
e guardandosi guardingo tutt'intorno
la nascose per ben, sotto il pastrano
prendendo poi, la via del ritorno.
Raggiunto finalmente il suo tugurio
in un angolo s'accovacciò impaziente
e la lampada afferrò, con l'augurio
d'udir del genio, la voce sua possente.
Prese a strofinarla con esaltazione
e con un ritmo sempre più veloce
del genio s'augurava la visione
ma sentì solo, la sua possente voce.
- "Comanda padrone!", disse al ragazzo,
e questi preso dall'agitazione
farfugliò: - "Io voglio un gran palazzo!"
e attese poi, con trepidazione.
- "Se potessi, ti cambierei la vita,
per farti vivere in quel gran palazzo
ed io, in questa lampada arrugginita
a star, continuerei?…Ma tu sei pazzo"!   

Un insolito coro
Gracida la rana nel pantano
e saltellando il rospo si avvicina,
del gallo, giunge il canto da lontano
che s'alterna al coccodè della gallina.

S'intromette con l'abbaiare il cane
quando del gatto il miagolio festante
fa tosto eco al canto delle rane
e al nitrito d'un cavallo scalpitante.

Un villico all'ombra di un bel pino
delle rondini il garrito ascolta
e confortato dal fresco ponentino
s'abbuffa di frutta appena colta.

S'aggiunge a quel complesso singolare
il prolungato muggito d' un gran toro
e la Natura s'appresta ad ascoltare
le gaie note, dell'insolito coro.

Ghirigori
Splende il sole in tutto il suo fulgore
troneggiando maestoso lui diffonde
nell'universo il suo tiepido calore
dalla pianura alle gole più profonde.

Aleggia dolcemente il ponentino
mentre riunita nella fattoria
brinda allegramente il contadino
assieme alla famiglia in euforia.

Si dondolan dolcemente i fiori
al delicato soffiare della brezza
mentre all'intorno un cinguettio di cori
nella gente diffonde contentezza.

E le rondini garrendo allegramente
mentre l'inverno cessati ha i suoi rigori
sfrecciano nel cel continuamente
arabescandolo di mille ghirigori.

Il funerale
Procedeva lentamente per la via
il mesto corteo del funerale
per la morte dell'anziana zia
dovuto ad un male tumorale.
Di mogano lucente era la bara
ricoperta da olezzanti rose
e gli astanti facean tutti a gara
nell'emetter note lamentose.
Finalmente davanti al cimitero
fra pianti e condoglianze varie
si sciolse quel corteo, triste invero,
fatto di persone milionarie.
Ad un tratto successe sul più bello
che la bara di colei ch'era spirata
prima d'esser posta nell'avello
dal nipote dovea essere baciata.
Nell'interno allora d'una stanza
apriron la bara, della poverina,
e all'irruzione della Guardia di Finanza
risultò ch'era piena d'eroina.
Fuggiron tutti allor all' impazzata
cercando scampo in una corsa mera
ma finiron meschin, nella retata
per scontar il loro fio, in galera.

Delusione
Appollaiato s'un albero frondoso
un allòcco vi stava su, appagato,
della figura sua era orgoglioso
e si specchiava nell'acque del gran lago.
Stava impalato lì per ore ed ore
infatuato della femmina rapace
con la baldanza d'un conquistatore
dal comportamento cauto e sagace.
Quasi di fronte, s'un tronco d'alto fusto
una femmina, splendido esemplare,
pareva provarci un grande gusto
a farsi da molti, corteggiare.
Fu deleteria davvero l'impressione
che provò nel vedere quella scena
e per quella cocente delusione
sentì nell'alma una profonda pena.
Scoraggiato da quel comportamento
l'allocco si mise a saltellare
per mostrare il proprio malcontento
a colei che bramava amare.
Lei continuava con altri a far l'amore
e lui s'accorse, pel colmo di disdetta,
che amareggiato, l'avea per l'orrore,
di quel suo comportamento da civetta.

L'ultima ora
La campanella della scuola esplode
per annunciare l'ultima lezione
quando ad un tratto tutt'intorno s'ode
un vociar ed un' intensa confusione.

Nel rione, un via vai di gente
e macchine che sfreccian in ogni dove
mentre nell'aria afosa già si sente
la soffocante vampata di calore.

Spensierati sciaman quei bimbetti
filando lontano mille miglia
e senza l'assistenza degli addetti
si rifugian in seno alla famiglia.

Un pizzardone ritto nella strada
dirige il traffico come fa ognora
quando scorge in fondo alla contrada
un bolide che avanza a cento all'ora

Due scolaretti uscendo dalla scuola
si rincorrono giulivi per la via
mentr'uno contro l'auto che vola
ineluttabilmente ormai s'avvia.

Echeggia dei freni lo stridore
mentre il bimbo schizza ormai lontano,
ed il Vigile che l'avea spinto con ardore
alla morte stese allor, la mano.

In una casetta cammina su e giù
la vecchia mamma che attende trepidante
il ritorno di colui che non è più,
mentre una lacrima le scende tremolante!        

Un morso letale
Era nota a tutti nel paese
per il caratteraccio ch'ella aveva
gli abitanti ne facean le spese
e nei litigi, lei succube pareva.

Nell'alma era malvagia assai,
la presenza malformata e brutta,
gioiva nel combinare guai
e nei dispetti ce la metteva tutta.

Persino gli animali molestava
e dei bambini era la bestia nera
la compagnia davvero non le andava
e si sborniava da mattino a sera.

Rovistando un giorno tra i rifiuti
una serpe d'una enorme mole
le s'avventò con dei sibili acuti
e l'addentò dove… non batte il sole.

Un doloroso morso letale
che la…guancia arrossandole un tantino
prenotarla dovea pel funerale
ma le procurò soltanto un pruritino.

Ironia della cattiva sorte
che fece la notizia sorprendente,
non fu la donna, falciata dalla morte,
poiché a morire, fu solo quel serpente.        

Il vero successo
Accade talvolta che in famiglia
si perda della pace, il suo valore
a volte sol per colpa della figlia
tal'altra, per voler del genitore;
succede così che il pianto amaro
avvelena l'alma della moglie
che svanir sente il bene caro
per l' indifferenza, che tutto toglie.
Mietea un gran successo sulla scena
quella figlia, malgrado il suo dolore
che il cor le rattristava di gran pena
pel distacco dell'amato genitore.
Ognor sua madre a notte tarda orava
perché regnasse l'armonia sovrana
e la prece allor, che verso Dio volava,
finir faceva quella triste frana.
Ravvvedutisi entrambi finalmente,
si ritrovaron avvinti in un amplesso
e la voce del sangue che non mente
il suo verdetto, indiscusso ha emesso.
E dopo tanti anni d'ime pene
sempre nutrendo quel desìo nel cor
giunsero alfin, l'ore serene
dove sovrano regna ognor l'amor,
e sulla scena della vita, per riflesso
riluce quel sentimento d'or,
che per tutti, è il vero successo!   

L'uragano
L'ulular del vento in modo strano
e il ribollir del mare spumeggiante
percepire fanno l'uragano
che inchinar d'attorno, fa le piante.
Urta rabbiosa contro la scogliera,
dell'oceano la veemente onda,
che al par di gigantesca fiera
sul creato, s'avventa furibonda.
Ruglia minaccioso il tuono
foriero d'una pioggia assai violenta
che propaga all'intorno un triste suono
mentre la gente, di fuggire tenta.
Annaspa inutilmente la natura
nel vortice che il turbine solleva
e gli abitanti folli di paura
innalzan verso Dio una preghiera.
Guardan sgomenti, saettare i lampi
mentre lo scroscio violento, si scatena
inondando senza scampo i campi
dove la morte, sadica s'arena.
Allora mulinella il vento
svellendo tutto quanto incrocia
scoperchiando i tetti a cento a cento
dove il livore implacabil sfocia.
Nella notte l'ocean burrascoso
insorge con l'onde sue giganti
e nella scogliera infrange quel maroso
i numerosi, piccoli natanti.
Onde che si scagliano violente
ed impetuose volan verso l'alto
per celare in un manto iridescente
dell'uragano, quel mortale assalto.   

Una mano d'aiuto
Era noto nel paese
per la bontà dell'alma
aiutava ognun, senza pretese
e risolveva tutto nella calma.
Metteva soggezione
pel fisico aitante
e faceva impressione
per la mole sua gigante.
In tutte le occasioni
il soccorso suo prestava
e senza provvigioni
sempre una mano dava.
S'avvide un bel mattino
che un giovane imprecava
sudando poverino
per l'auto che non andava.
Diede una spinta sola
e mentre l'auto partiva,
al ladro, gridò a squarciagola,
un signore che da casa usciva.

L'usignolo
Tra i rami d'un albero maestoso
svolazzava allegramente un usignolo
e il canto suo dal tono assai gioioso
rallegrava il cor del campagnolo.
Stava in panciolle quell'omone agreste
e sorseggiando il suo bicchier di vino
all'uccelletto faceva le sue feste
senza capirlo nemmeno un momentino
Infatti l'usignolo per la rabbia
cinguettando faceva la sua spola
dalle fronde alle stanghe della gabbia
ma il suo canto gli gelava in gola.
Dell'usignolo ei vide la compagna
che prigioniera triste pigolava
aprì la porta e allor per la campagna
vide l'usignol, che insieme a lei volava.      

Coriandoli
Quando silente sul creato
il manto nero della notte, cala,
per l'empireo lo sguardo mio beato
a volte vaga sul pensier dell'ala.
E le stelle intravedo in quei momenti
come occhi lucidi di pianto
e del passato scorgo quei frammenti
che si riflettono in quel nero manto.
Della mia vita sono quei brandelli
che scorrono tra un olezzar di fiori
e mi mostran quei volti tanto belli
dei miei adorati, cari genitori.
Pel desio, infine della sorte
come coriandoli sfarfallano leggere
e s'adagiano come foglie morte
per un sadico ineluttabile volere!

All'amato nipotino
La sento questa gioia assai profonda
che gongolar fa l'alma mia festosa
mentre si culla al fluttuar dell'onda
e nel mar, ondeggia assai gioiosa.
Un mare d'amore, che per la commozione
inumidisce gli occhi in questo bel mattino
quando genuflesso per la Prima Comunione
vediam, in orazion assorto, l'amato nipotino.
Con quel suo visetto simpatico e carino
vien voglia d'accostarlo dolcemente al petto
e fargli capire, sol con un bacino
quant'è immenso per lui, il nostro affetto.
Auguriamo tutti assieme, a Luca
quei vaticini che si sentono nel core
e che il Fato quei sentimenti imbuca
in una vita di felicità e amore!
Nonno Pietro  

La preghiera
Un venticello rinfresca la calura
e il ciel s'ammanta di qualche nuvoletta
e la terra ormai secca per l'arsura
non si sente da Dio, ognor protetta.
Vaga disperato il contadino
per la pianura brulla e arroventata
quando lo sguardo suo, un momentino
erra smarrito per la crosta desolata.
Guarda incupito il bene suo amato
e la disperazione gli attanaglia il core
nel vederlo asciutto e disseccato
dopo avergli profuso sofferenze e amore
Ei sente allora una strana percezione
mentre l'alma gli si gonfia di speranza
e il labbro sussurra un'orazione
che il venticello disperde in lontananza.
S'offusca il celo d'un nebuloso manto
mentre all'intorno un lampo saettante
illumina l'uomo, che piangente e affranto,
si prostra, sotto la pioggia imperversante.  

Perché?
Quando mesto rivango nel passato
nell'alma avverto il morso del dolore
e penso allora a quel che non è stato
che m'avrebbe tanto, rallegrato il core.
Emerge dal buio che mi circonda
lo sbiadito ovale vellutato
d'un volto che di lacrime s'inonda
per un desio per sempre tramontato.
Matrigna fu la sorte e tanto ria
che orbato m'ha, il sol dell'esistenza
e tu mio bene, te ne andasti via
sfumandoti nel nulla l'apparenza.
Dell'angioletto che tenevi in grembo,
la cui presenza t'illuminava il viso,
è rimasto del ricordo un lembo
mentre lo spirto ascendea in Paradiso.
Non è sepolto tutto nell'oblio
poiché il rimpianto il cor m'ha lacerato
ed in lacrime, chiedo sovente a Dio
il perchè di quel sogno tramontato!

Una lacrima
In una graziosa villa di campagna
all'ombra di un maestoso pino
parenti e amici festeggiano
il compleanno d'un vispo bambinello.
Nella cornice di quel quadro agreste
dove sovrana regna l'allegria
il candore delle margherite
chiazza all'intorno il manto erboso.
Ogni tanto all'intorno echeggia
un festoso gridio di bambini,
mentre una chioccia discosta dai pulcini
razzola tra un coro pigolante.
Nella traiettoria ricadente,
scompare il sole oltre l'orizzonte,
e il vento col suo frusciar sommesso
degli uccelli, accompagna il cinguettar.
Giunge, felpato dalla lontananza,
uno stridio di freni e l'abbaiar d'un cane
che i convenuti lasciano perplessi
mentre un urlo disperato echeggia.
Accorre una bimbetta lacrimante
e alla mamma si rivolge ansante:
- "Lello è andato… sotto la macchinaaa"
e s'aggrappa alle vesti della donna.
Con un balzo, lei s'avventa fuori
con l'atroce visione che le turba l'alma
del figlioletto sanguinante e sfigurato
irrigidito nel sonno della morte.
Ma all'esterno domina la calma
e sotto l'auto del marito, parcheggiata,
scorge allora del bambino, i piedi immoti,
s'inchina e delicatamente poi li tira a sé.
Con dolcezza stringe il figlioletto
che celato s'era, giocando a nascondino,
lui la guarda perplesso e le sorride
e alla donna una lacrima le sfugge!     

Vorrei
Vorrei potermi librar nell'infinito
per esplorare l'immensità del cielo
ed imbevermi della luce adamantina
che è la cultura dell'uman sapere.

Vorrei potermi addentrare in altri mondi
disseminati nell'estension dell'universo
per abbracciar quell'entità eteree
e capir l'acquisizioni del sapere loro.

Vorrei concretar il desio che m'assilla,
quello d' incontrar nell'empireo, Iddio
per supplicarlo d'infonder nelle genti
quell'amore e quella pace, che di sete ha il mondo!   

L'Arcano
Non scruto attentamente la mia mano
per trovarvi qualche difettuccio
ma l'esamino per cercar l'arcano
che sovente si cela in un cantuccio.
E sospinto da questo desiderio
spesso mi pongo una domanda strana,
ma al motivo che m'appare serio
ogni risposta mi risulta vana.
Lo sento che va risolto tosto
e allora affrontiamo l'argomento
cercando la risposta ad ogni costo
e rappacificarmi in un momento.
L'oggetto di questa mia apprensione
è una signora bionda e assai carina
si chiama Nella, ma ignoro la ragione
per cui sua madre la chiami ognor Nellina.
Ad ogni modo una risposta bella
m'è sovvenuta proprio stamattina
da bambina luccicava come stella
e la madre la chiamò Nellina.
Trovata finalmente la risposta
una domanda ancora mi sovviene,
e tante volte me la sono posta
ma la risposta ancora non mi viene.
Un fatto che mi sembra alquanto strano
che togliermi non posso dalla mente,
perché anche questo rasenta un po' l'arcano
che risolvere vorrei degnamente.
Chi la conosce, lo sento quel che dice,
è una lode continua e veritiera
s'è affermata quale imprenditrice
e a volte risulta un po' ciarliera.
Continuo adesso a chiedermi il motivo
per cui una donna tanto intelligente
dal temperamento dolce e volitivo
di sport non ne debba capir niente.
Infatti non lo so, se per dispetto
quest'arcano al cuor da tanto strazio
sarà perché ha in se un gran difetto
che è quello di simpatizzare per la Lazio!  

Fraternità
Più che cognato lo considero amico
e di questo ringrazio il Padreterno
perché è un sentimento, ora io dico,
che ha la purezza dell'amor fraterno.
Il suo filantropismo per la gente
lo rende a tutti simpatico ed amato
perché si prodiga senza chieder niente
grazie all'amore che ha nel cuore innato.
Nerina, la diletta mia sorella
con tutti, sempre affabile e cortese
aiuta tanto questa, quanto quella
facendone talvolta ognor le spese.
Oserei dir che questa coppia amata
sempre giuliva e sempre col sorriso,
fra un secolo, io penso, in quella data
andranno difilato in paradiso.
E allora per quell'amor fraterno
e in nome giusto della fratellanza,
farmi sognare dovrebbero un bel terno
per concretizzar così la mia speranza.
Non vorrei adesso il sogno frangere
so che rimane utopica illusione
ma non per questo sento il cuore piangere
perché sarò io, ad andar prima in pensione.
E allora mia cara sorellina
ti prometto adesso seriamente:
che dopo il mio trapasso, una cinquina
ti detterò di cuore veramente.
Ricchi allora sarete voi a milioni
ma lasciamo stare i sogni imbelli
e parliam delle stupende riunioni
che noi teniamo per gli eventi belli.
In quei convegni… possan durar cent'anni,
fra leccornie varie e squisiti astici
tutti libiamo ai nostri compleanni
o brindiamo ai nostri onomastici.
Non parliamo dei manicaretti
dove Nerina eccelle in squisitezza
allora le paure a mare getti
e t'illudi dell'antica giovinezza.
Alfin mangiamo tutti a crepapelle
e per quella bontà fatta da loro
mi sento accapponar un po' la pelle
perché cresciuto, m'è il colesterolo!     

Dolce vecchietta
Vedo benigno che il destino nostro
m'accorda la tua dolce compagnia
memore adesso il mio corpo prostro
per ringraziar Iddio e così sia.
Il pensiero mi porta assai lontano
più di mezzo secolo, mi pare
quando turbato tenendoti per mano
ti condussi ai piedi dell'altare.
Te lo ricordi amore mio adorato
come ci sentivamo, e lo rammento adesso,
quando a sera quel vel ti sei levato
e ci trovammo uniti nell'amplesso?
Tanti anni si sono avvicendati
e il gioioso corso della vita
s'e addolcito pei quattro figli nati
con una gioia immensa ed infinita.
Ormai il tempo ha sfumato la bellezza
che noi avevamo in quei tempi andati
e godiamo la seconda giovinezza
come se gli anni non fossero passati.
Rammento memorie assai lontane
inframmezzate da gioie e da dolori
che m'appaiono in mente assai diafane
intrecciate da svolazzi e ghirigori.
Insomma, son quelli i segni che ora vanno
sciorinando nella mente mia
per ricordarmi che il tuo compleanno
festeggiarlo dovremo, in allegria.
Allora Vittoria, senz' affanni
brindiamo in questo dolcissimo momento
alla festa dei tuoi dolci settant'anni
con l'augurio di raggiungere i cento!!!

Splendore
Si sono visti in una festa amica
in un'atmosfera soffusa di colori
quando Cupido senza alcun fatica
il dardo suo scoccò nei loro cuori.
Innamorato vede nella fantasia
cogli occhi velati dall'amore
la donna che vorrebbe portar via
ch'egli sente d'amare con ardore.
Mentre Simone vede che Francesca
una fanciulla sorridente e bella
dalla pelle vellutata e fresca
nel cuore gli splende come stella.
Ode Francesca nel suo batticuore
il ticchettio del dolce sentimento
e ricambia con infinito ardore
la passione che l'invade in quel momento.
Non s'avvede d'invocar in un sussurro
dopo l'amplesso dell'innamorato
il nome del suo principino azzurro
che per sempre il cor, l'avea stregato.
E nell'incanto Simone con piacere
gusta la dolcezza dell'amore
cogli occhi chiusi gli pare di vedere
la sua donna soffusa di splendore!

Al mio amato nipote Simone
ed a Francesca, la sua dolce
fatina dedico con tanto amore.
Nonno Pietro

Pepe nero
Ricordo ancora il nonno, sempre allegro
aveva sorpassato il secolo d'età
diceva spesso mi sento alquanto egro
ed il mio peso è sceso di metà.
E venne allora il giorno assai temuto
dopo tre giorni di febbre, fatti a letto,
si compì, quel che il destin avea voluto
togliendoci d'attorno, l'avo assai diletto.
Ma l'evento fu tosto repentino
per la perdita dell'esser tanto amato
che quando accorse il proprio nipotino,
lui l'avevan purtroppo già cremato.
Assecondammo poi il suo desio
mettendo le sue ceneri in boccetta
e dopo un rito commovente e pio
a casa tornammo in tutta fretta.
Da qualche mese dormiva il sonno eterno
quando la mamma di sera fece un brodo
perché aleggiava il gelo dell'inverno
e quel brodino giunse proprio a modo.
Con un po' di spezie di sapore mero
gustammo quei polli, saporiti e teneri
e non ci accorgemmo che quel pepe nero,
non e altro non era, che del nonno, le sue ceneri.  

Lui e lei
E' una coppia simpatica e carina,
lui tanto tenero e accorato,
lei invece, alquanto sbarazzina
che ama il suo lui, adorato.
S'eran visti all'ingresso d'un locale
ed a lui, di lei, tutto è piaciuto
e il loro incontro, diciamo un po' banale,
buon esito ha ottenuto pel suo fiuto.
Da quella volta l'han visti sempre assieme
camminare lieti ed appaiati
e il convivere per lui era la speme
di trascorrer con lei, giorni agognati.
Finalmente s'è avverato il sogno
coabitan d'allora, nella stesso alloggio
e stando assieme non sente più il bisogno
d'amoreggiare lontano su quel poggio.
Successe un giorno un fatto alquanto strano
videro per casa un grosso topo
per cacciarlo le diede lui una mano
e lo acciuffaron qualche oretta dopo.
Ma la storia tanto singolare
sta nel fatto che il topo catturato
la gioia a entrambi li fece miagolare
e d'amore e d'accordo venne poi mangiato

Il camaleonte
Stava in agguato, il camaleonte,
celato tra le foglie d'un arbusto,
quando vide planare a lui di fronte
un grillo che si posò sul fusto.
Immobil, con gli occhi roteanti
fissò a lungo quell'inatteso insetto
per avvinghiare veloce in pochi istanti
l'esile corpo, di quel poveretto.
Poi andando cautamente in altra sede
si mimetizzò, mutando la sua tinta
e rimase in attesa d'altre prede
e di dormire poi facea finta.
Com'è strana talvolta la natura,
ma questi rettili, non tanto meraviglian,
perché in politica si vedono ad usura,
camaleonti che in giro, gli elettori piglian!   

Lo sfratto
In una città che non esiste
viveva un ometto scalognato
la cui vicenda tutt'ora mi persiste
per rimembrarmi quell'uomo sfortunato
Non era ricco come nelle fiabe
ma di stipendio viveva solamente
nell'esistenza indelebile una labe
l'aveva annientato moralmente.
Mai commesso avea alcun inghippo
e tanto meno truffato con assegni
ma in seguito ad un dannato scippo
non potè più onorare i propri impegni.
Non possedeva neanche beni al sole
ed il disastro scattò piuttosto ratto
di debiti ne fece una gran mole
ed in ultimo gli giunse anche lo sfratto.
Pel dispiacere il corpo s'era eroso
e dopo esonerato dall'impiego
lo stato suo si fece più pietoso
e della vita gli giunse anche il diniego.
Arrivarono gli agenti della compagnia
per sfrattarlo e per iniqua sorte
s'accorsero ch'era andato via
perchè allo sfratto ci pensò la morte.      

Serenata
La miriade di stelle tremolanti
trapunta il cel di gemme rare
e s'ode per le strade circostanti
una voce nell'atto di cantare.
Della risacca da lungi giunge l'eco
mentre l'effluvio dei raggi della luna
inargenta quel profondo speco
che s'allarga come una laguna.
Nell'acque mosse s'affaccia un balconcino
dove ascolta una fanciulla innamorata
la calda voce che il suo principino
con foga canta una dolce serenata.
Ammalianti le giungono all'orecchio
quelle note di passioni ladre
mentre sull'innamorato d'acqua un secchio
si riversa, gettata giù dal padre.

La gazzella
Candida la coltre, della nivea brina
ricopriva la vallata sottostante
mentre scomposto, scendeva per la china
un gregge d'agnelli ognor belante.
Al festoso saluto del mandriano
rispondemmo felici tutti in coro
e salutandolo col gesto della mano
proseguimmo per l' ascesa del pianoro.
Radi intanto, su nel celo i nimbi,
oscuravan di tanto in tanto il sole
mentre giungeva festoso un cor di bimbi
alternato al canto delle campagnole.
Mentre l'alato rapace volteggiava
in quelle ore afose e tanto belle
noi per l'erta galoppando ci si andava
per andare a caccia di gazzelle,
e sul più bello, scorgemmo presso il bosco
una marea rossastra che brucava
mentre il tempo si faceva fosco
e un'imminente tempesta minacciava
allor, cauti scendemmo dalla sella
quando scorsi discosto da quel branco
un magnifico maschio di gazzella
che giacea sull'erba, sonnecchiando stanco.
Era proprio quella, la mia preda ambita
allor sparai, com'essere invasato
e vista la gazzella, certo senza vita,
m'appressai a lei, alquanto esagitato.
L'animale mi fissò morente
e il labbro parve muovere con calma
mentre l'occhio lacrimava lentamente,
il suo bramito mi risonò nell'alma.
Oh… dimmi tu, perché l'hai fatto?
E così quell'animale forte,
volse a un tratto la testa sua di scatto
e chiuse l'occhio, nel sonno della morte!    

Volo di farfalla
S'è desta dal sonno la natura
e sotto i tiepidi raggi del sole
respira spensierata l'aria pura
con l'aroma ch'effondono le viole.
Come volo di farfalla svolazzanti
farneticano i mille miei pensieri
che dal passato, mi portano avanti
e li percepisco come fosse ieri.
Ahimè, rimembro l'ansie e gli affanni
che si sono alternati nella vita
e il ricordo di quei tristi anni
aveva l'alma mia, incupita.
Nel repertorio, della vita mia
quella bolgia trascorsa viene a galla
e l'inferno della prigionia
ancor oggi, nella vision sfarfalla.
Nitido il ricordo or mi sciorina
quando vivevan i miei cari genitori
e rivedo la mamma, poverina,
con mio padre, far fronte ai creditori.
E della guerra, patimmo poi gli orrori
dei bombardamenti e delle distruzioni
con le mura cadenti e pien di fori
che si vedean in giro, pei rioni.
Lugubre la morte s'aggirava
tra le tante macerie ancor fumanti
e fra gli adunchi artigli s'avvinghiava
l'anime dei corpi ancora ansanti.
La coltre di polvere saliva.
salendo dai palazzi diroccati,
densa e tenebrosa che copriva
quei corpi che giacean mutilati.
Adesso con la pace viene a galla,
stinto tenuemente dalla lontananza,
quei ricordi che a volo di farfalla
fluttuano sbiaditi in una danza!  

L'ultimo vestito
Conoscevo un tipo originale
con le idee davvero molto strane
che passava per un esser anormale
per le tante sue passioni insane.
Era ricco e da tutti benvoluto
col prossimo, si mostrava assai cordiale
e a tutti, dava il suo saluto
in maniera semplice e gioviale.
Aveva però le sue ossessioni
per i diversi aspetti delle cose
e non faceva davvero concessioni
per le idee palesi, oppure ascose.
Voleva questo, pretendeva quello
ordinava e sempre disponeva
era capace di battersi a duello
pur d'ottenere quello che voleva.
Amava dell'iride i colori
e preferiva il castano molto chiaro,
dei cibi ne gustava i lor sapori
ed il caffè lo preferiva molto amaro.
Le camice sempre in tinta avana
e di velluto, i jeans un po' sdruciti
le scarpette di color banana
ed anelli di valore ai diti.
Lo colse un dolor per una tara
nel delirio volle un vestito corto
ed alla moglie portarono una bara
perché il marito purtroppo, era morto!  

Sognare
E' bello volare col pensiero
sulle ali della fantasia
e vedere così il mondo intero
e spiare dall'alto chicchessia.
Se proprio ti va di curiosare
puoi girovagare pei mondi siderali
sorvolar il cosmo, così come ti pare
e veder nell'universo, gli altrui mali.
Oppure incontrare qualche Ufo
o qualche essere nel mondo celestiale
e se t'accorgi infine d'esser stufo
sulla terra puoi tornare, bene o male.
Nel tuo ambiente, potrai infine optare
se vederti nelle vesti di un monarca
e comportarti come t'aggrada fare,
o condurre una vita molto parca.
A pensarci bene, vorrei dire,
se s'avverasse il sogno per ognuno
l'umana gente potrebbe assai patire
e sarebbero guai per ciascuno.
Nessuno vorrebbe lavorare
ma condurre tutti, una vita agiata
senza peraltro tanto faticare
e l'esistenza vedersi alfin cangiata.
Di bagordi farne senza fine,
ed i capricci tutti soddisfare
con amori di facili donnine
che l'alma potrebbero dannare.
Ed i conflitti che si scateneranno
tra bianchi, rossi, gialli e neri,
per i poteri che tutti poi vorranno
per soddisfare i propri desideri.
Della gente sarebbe l'estinzione
allora è meglio lasciar tutte le cose
così come si trovano in funzione
e spargere nel mondo, le fragranti rose!   

Laura
Laura, quale raggio del sole sorgente
che sparge il suo calore sulla terra
sei arrivata tra l'effluvio delle viole
teneramente raccolte dalla serra.
Anche il tuo volto delicato e bello
rischiarato da due vispe finestrelle
sembra miniato da un abile pennello
che vi ha infuso il colore delle stelle.
Una boccuccia che sembra disegnata
nel sorriso le sue perle mostra
e il gorgheggio della sua risata
il malumore della gente, prostra.
Ridi e nel cuor dei tuoi cari tutti
fai sentire come per incanto
l'allegro spumeggiar dei flutti
che ammalia chi ti sta accanto.
Allora figlia mia dal cuore d'oro
il tuo saluto invio assieme a mamma
a te, che sei per noi il gran tesoro
della vita, che il nostro cuore infiamma!  

Luciano
Luciano, ricordo ch'eri inaspettato,
e perciò in conto tu non c'eri
ma l'effusione col bene mio adorato
mi prospettò dei problemi veri.
Ubriaco, per la preoccupazione,
con nel cor un ticchettio fremente,
paventavo per la sua gestazione
che potea essere, ancor dolente.
Calmata l'ansia che m'agitava tanto
attesi il lieto evento, con trepidazione
e la tua nascita fu per noi l'incanto
c'infiammò di verace animazione.
Infatti eri un pupo tanto bello
robusto, gagliardo e tanto forte
m'eri sembrato davver un bel torello
capace di ben sfidar la sorte.
Avevi solamente una carenza
l'esitazione che t'intimidiva
e d'ardimento tu sembravi senza
mentre la volontà era incisiva.
Nel corso degli anni che scorrevano
tu diventasti un uomo vigoroso
e m'avvidi che i tuoi pregi avevano
quei requisiti d'un figlio generoso.
Ora nel tuo avvenire vedo
un luminoso futuro prosperoso
e fermamente nelle tue doti credo
che fan di te un essere operoso.           

Vittoria
Vittoria è il nome tuo altisonante
che alla mente rimembra vari progressi
fatti dagli avi, in tempo assai distante
che nella storia inver, ha tanti nessi.
Io ricordo d'una certa soggezione
che sembrava pervader l'alma mia
quando ti feci la mia dichiarazione
tu mi sembrasti davvero un po' restia.
Trascorsi qualche giorno in ansietà
pensando che m' avresti ricusato
ma il Fato di me, ebbe pietà
ed il mio amore, venne ricambiato.
Tanti anni d' allor sono trascorsi,
formammo una bella famigliola
e la felicità espiravo a sorsi
e vedo che con te, ratto, il tempo vola.
Ora, quattro perle sono insite
per adornare in modo assai gioioso
l' aurea catena, delle nostre vite,
in modo duraturo ed armonioso.
Ringiovanita, mi par ora l'esistenza
angustiata da memorie orrende
ormai svanite, con quella tua presenza
che nel cuor l'amore ognor m'accende.
Idilliaca è l'esistenza nostra
che conduciamo da oltre cinquant' anni,
dove l'alma d'ognuno mai si prostra
agli acciacchi causati dai malanni.
Adesso ci specchiamo entrambi
nei nostri figli, ormai grandicelli
sperando che il presente mai non cambi
e che proseguan questi tempi belli   

Pietro
Pietro è il nome che da anni porto
e mi domando chi me l'abbia imposto
perché debbo portarlo, non a torto,
senza soggiacere ad alcun costo.
Insomma me l'han dato e me lo tengo
è un nome che mi piace tanto
e devo confessare, che mantengo,
la mia gioia e il mio grande vanto.
E' un nome questo d'origine vistosa
appartenuto a santi ed a monarchi
che fa intravedere un mondo rosa
o un ambiente d'individui, parchi.
Tanto vale, d'altronde devo dire,
che non potevo davvero rifiutare
senz'alcuna possibilità d'agire
non sapendo certo, ancor, parlare.
Ricordo la risposta di mia madre,
uando di quel nome le chiesi la ragione
mi rispose: -"è il nome di suo padre:
a suo ricordo… e questa è la cagione".
Ora comprendo quell'idea pazza
che m'impose il nome che io porto
è pel prolungamento della razza
e lo perderò, quando poi sarò morto. 

Arcangelo
Arcangelo, il più grande dei fratelli
dedicarti voglio il mio sonetto
perché mi riporti ai tempi belli,
di quand'eri ancora pargoletto.
Rivedo la scena come allora
ti dimenavi in fondo alla tua culla
ed io per non sentirti uscivo fora
ma veramente non era valso a nulla.
Col prolungarsi quel tuo penoso pianto
ti cantavo allor la bella filastrocca
della ninna nanna e tu come d'incanto
nel sonno chiudevi la tua bocca.
Allora nel silenzio che regnava
pervaso da un'intensa commozione
un bacin sulla gota tua posava
e mi beavo della tua visione.
Nel lento trascorrere degli anni
t'evolvevi e divenuto grandicello
la lotta per la vita, senza inganni,
affrontavi come in un duello.
Galvanizzavi chi ti stava accanto
con quel tuo carattere gioioso
per noi sei sempre stato un vanto
ed io ne sono tutt'ora orgoglioso.
Ebbene, mezzo secolo è trascorso
sei un uomo, maturo e brizzolato
sereno è il cammino c'hai percorso
fino a farti ritrovar sposato.
La letizia t'accompagni nel futuro
che t'auguro lungo e prosperoso
è questo l'augurio mio più puro
che dal cuore emerge caloroso.
Or che son terminate le quartine
assieme alla tua mamma cara
t'offro questa rosa senza spine
d'una bellezza e una fragranza rara!

Marilena
Marilena, dal connubio dolce e caro
nascesti tu, nel mese di gennaio
fosti per noi, un gioiello raro
che il mio futuro rese tanto gaio.
Avevo gli occhi lucidi di pianto
nel vedere che il dolce tuo visetto
visione evanescente d'un incanto,
le sembianze avea d'un angioletto.
Rimasi gioioso a contemplare
rimirando la tua boccuccia bella
e gli occhietti tuoi color del mare
che rifulsero nell'alma come stella.
Iddio ringraziai genuflesso
per l'inestimabil dono ricevuto,
e fremetti, lo confesso adesso,
quando dal cor, sgorgò il mio pianto muto.
La vita s'è snodata dagli affanni
per le ansiose pene della gestazione
ed ora col trascorrere degli anni
della gioia, ne godo una razione.
Ed il ricordo della gioventù
si contrappone alla maturità
quella spensieratezza non esiste più
ma nei nostri cuori, riman la lealtà.
Noto adesso che il tempo ormai passato
ha mutato, spoglio dell'asprezza
le fattezze del volto tuo amato
senza però intaccarne la bellezza.
Adesso sei una felice donna
che si bea nell'amore dei suoi figli
e col marito, ringrazi la Madonna
alla quale offri in voto, dei bei gigli.

I miei gioielli
I miei figli or vedo grandicelli
e col pensiero a ritroso vo lontano,
mi ritrovo ai tempi tanto belli
quando a Vittoria chiesi la sua mano.
Ricordo che magnifico passato!
assieme, liete volavan le giornate…
…certo qualche tasto un po' stonato
talvolta davvero le ha steccate.
Insieme però la dolce melodia
sapemmo intonare a perfezione
e così, da quella mite sinfonia
iniziò la nostra trepida stagione.
Dopo una fase d'impaziente attesa,
sentii nell'aria un gemito d'angelo
e m'avvidi che da quella dolce intesa
era finalmente nato Arcangelo.
Ebbro di felicità esultavo
inebriandomi di quella creatura
che trepidante felice mi cullavo
in un clima di dolcezza pura.
Salpò l'alma nel mar dell 'entusiasmo
e m' indussi a replicar l'impresa
riprovando allor lo stesso spasmo
quando mi confessò, ch'era in attesa.
Con la rivelazione di mia moglie
sentii nel cuore un'infinita pena,
ma passati i patimenti delle doglie
m'allietò la vita, la dolce Marilena.
Era un fagottello assai minuto
dagli occhi azzurri lucidi di pianto
con uno strillo mi diede il suo saluto
ed io rimasi confuso per l'incanto.
Non m'aspettavo un' altra creatura
ma nel partire per venire a Roma,
salutai mia moglie con effusione pura
ed in cambio n'ebbi un'altra soma.
Zitto zitto, nacque alfin Luciano
un neonato di beltà infinita
che nella culla si stendea pian piano
per affacciarsi alla nuova vita.
Accogliemmo con emozione intensa
l'arrivo dell'ultimo angioletto
che c'infuse una gioia immensa
coi suoi occhioni e con il suo visetto
decidemmo di chiamar la pargoletta,
per soddisfar un desiderio mio,
col dolce e caro nome di Lauretta
e dei miei gioielli, ringrazio sempre Dio!

Sabotare
Sento all'intorno tanfo di putredine
che ammorba l'aria e l'alma del tifoso
perché la lotta condotta con acredine
è diventata un fatto vergognoso.
Ai tifosi tutti, di qualsiasi colore
e agli sportivi del calcio innamorati
lancio questo mio allarme, con dolore,
affinché vengano tutti eliminati
i disaccordi che turbano l'ambiente
e la bolgia finalmente possa
cessare in modo conveniente
altrimenti allo sport, scaveran la fossa.
Basta con le avversioni e coi sospetti
e volere con perfidia contrapporre
il Nord e il Sud, con diabolici dispetti
che ogni buon sportivo sempre aborre.
Obliare le diatribe odiose
nate da interessi d'ogni sorta
affinché si normalizzino le cose
e la storia la si faccia corta.
Tanto vale dimenticar l'obbrobrio
d'uno scandalo che a tutti fa del male
e addivenire ad un patto sobrio
che farebbe onor alla morale.
Avanti orsù con la buona volontà
per non aver rimorsi e pentimenti
destiam nell'alma quel senso di bontà
che affratella i nostri sentimenti.
Rabberciamo le scuciture immani
e pensiamo a un avvenire più sereno
stringiamoci con gioia allor le mani
e all'onor nostro non verremo meno.
E così il verbo sabotare
non avrà senso nel cuor dello sportivo
rimarrà un verbo solo da scordare
mentre lo sport, ne uscirà più vivo.

L'avvento dell'euro
Con l'avvento dell'euro l'usura,
una vera pacchia per gli operatori,
son lievitati i prezzi a dismisura
facendo di lor, ricchi signori.
Serpeggia il malcontento fra la gente
che sfiduciata s'accorge che il governo
di risanare tutto, non si sente
e si rivolge allora al Padreterno
Lo supplica con alla gola il pianto
affinchè cambi questa situazione
che risulta per tutti un vero schianto
e si conclude, nella disperazione.
Riducendo ci stiam, come sardelle
a forza di far buchi alle cinture
e Tu che sei sovrano fra le stelle
fa che che finiscan le dimagranti cure.
Rispose il Padreterno, questa bega
non interessa a nessun dei capoccioni
perché ognun di loro se ne frega
e non si senton di placare le tensioni
Del resto, conclude poi bonariamente
se non morrete solo per la fame,
finirete tutti certamente
di morire fritti in un tegame
.Dell'euro è questa la morale
con la fine delle lire, l'inflazione
galoppa veloce e chi sta male
continua a bucarsi la cintura…dannazione!

L'abbandono
E' triste domandarti cosa fare
quando non c'è più l'affiatamento
tanto vale allor lasciarti andare
piuttosto che viver nel tormento.
Tante volte, rammento che in estate
solevamo sovente passeggiare
e le nostre belle camminate
ci portavan sempre in riva al mare.
Il pensiero con nostalgia, or viaggia
rimembrando quando t'osservavo
sola soletta distesa sulla spiaggia
mentre discosto il piede mi bagnavo.
E quando il sol nel mare scompariva
e vedevo apparir le prime stelle
mestamente lascevam la riva
sorretto dalle solite stampelle.
Nel nostro viver, non c'era mai un lamento
sempre con me, in giro ti portavo
ma poi m'accorsi con rincrescimento
che a lungo andare, mal ti sopportavo.
Diventasti brutta e malandata
e sovente con la bocca aperta,
davi l'impression della risata
con quell'aria istupidita e incerta,
Alla fine dell'ultima stagione
t'ho dovuto, scarpa mia, abbandonare
perché sfregavi dell'aluce il durone
e m'impedivi così di camminare.

Il linguaggio della Natura
Mentre il sole scivola nel mare
perché la corsa sua è sul finire
ei cani sentiamo l'abbaiare
e dei bovini il languido muggire.
Nell'aria, allegro echeggia lo squittire
degli uccelli sui rami appollaiati
e dei cavalli, lontan s'ode il nitrire
delle mandrie che pascolan pei prati.
I polli si vedon razzolare
ruspando allegri entro il loro sito
e dei pulcini senti il pigolare
che i maiali, sovrastan col grugnito.
Degli asini, allegro un cor di ragli
s'alterna al miagolar d'un gatto,
e lontano un serpe a gai sonagli
s'avventa fulmineo sopra un ratto.
Il sole scomparso è all'orizzonte
e del cervo il bramir s'ode a un tratto
ed il ruscello che passa sotto il ponte
zigzagando scorre quatto quatto.
Zirla il tordo dall'alto d'un gran tiglio
mentre flebile s'avverte lo zigare
d'un saltellante candido coniglio
che qua e là, l'erbetta va a brucare.
Il creato di nero s'è ammantato;
lo sciacallo per la sua strada mena
quando prorompe a un tratto il suo latrato
nell'udire la risata d'una iena
Nel bosco infine, cosparso d'alte selve
vagan silenti voraci predatori
e i ruggiti possenti delle belve
echeggiano sinistri ammonitori.
Della Natura, questo è il suo linguaggio
che si propaga da sempre pel creato
e che addita sovente all'uomo saggio
di rispettare l'ambiente in cui è nato.

Gli arrampicatori
Talvolta si ammiran nelle fiere
facce di terracotta, fatte in serie
che a guardarle ti sembran proprio vere
e raffiguran del mondo, le miserie.
Facce rubiconde e grassottelle
dall'aspetto ilare e beato,
o visi da raggrinzita pelle
dallo sguardo pensoso ed accigliato.
Son volti, da diverse entità
ridenti, pensierosi o austeri,
ch'evidenzian dell'intera umanità
sentimenti fallaci, o a volte seri.
Facce simili ve ne sono a iosa
di persone, che ormai da un pezzo
cercan di sistemarsi senza posa
e brigano così, con ogni mezzo.
Sono arrivisti che senza serietà
pur di raggiunger una posizione,
la più elevata nella società,
sono disposti a qualsiasi soluzione.
Son essi, gli arrampicatori
che al popolino ingenuo e gonzo,
si mostran della patria, i salvatori,
celando così, la faccia lor, di bronzo!

La mia compagna
Alla compagna della vita mia
or che fra noi, ormai tutto è finito
dedico con tanta nostalgia
quest'ode, che con amor le cito.
Un silente addio pien di tristezza
ch'el distacco ha reso assai penoso
perché, fin dalla prima giovinezza
render m'ha saputo, assai gioioso.
Tanta strada assiem abbiamo fatto
tra gite e scampagnate d'ogni sorta
nelle salite ansavi per un tratto
e la discesa ti pareva corta.
Quanto t'amavo diletta mia compagna
anche se bevevi più d'un dito
dalla bocca, mai m'è uscita lagna,
perché davvero, non m'hai mai tradito.
Tornando dalla nostra passeggiata
procedevi con me, speditamente
ed or che la tua vita è terminata
non mi resta che un dolor cocente.
Una sera, dei freni lo stridore
mentre delle campan suonavan l'Ave,
pose fino all'immenso amore
così troncato, da un incidente grave.
Lesi così i tuoi organi vitali
m'avvidi allora con profondo orrore
che giacevi inerte fra quei pali
mentre perdevi l'olio dal motore.
Così rimase sola, abbandonata
mi portaron via e non la vidi più,
seppi poi che venne trainata
appesa al gancio, di un'autogrù.

A scuola
Nella graziosa scuola d'un paese
una maestrina tanto volitiva
con gli scolari suoi, era alle prese
perché la sua lezion, nessun seguiva,
l'aritmetica davver non era adatta
la storia poi, sembrava un po' indigesta
e tutti con l'aria assai distratta
pensavano al domani, ch'era festa.
E così tra mille esempi vari
di addizioni e sottrazioni d'ogni sorta
l'insegnante con quei fanciulli cari
si mostrava premurosa e accorta..
Chiese un giorno ad una scolaretta:
- "Se nel paniere ci sono nove mele
e tu ne mangi due, Elisabetta,
quante ne rimangon per Adele?"
Non era come l'amichette scaltre,
la bimbetta, che messa in soggezione
rispose farfugliando: - "Credo…tre",
e s'ebbe di rabbuffi una razione.
La docente, per la risposta errata,
le chiese allor: -"E il resto delle mele?"
e non essendo stata poi appagata.
riprese con fare tutto miele:
- "Allora dimmi, quante ne han mangiate?"
candidamente , la piccola rispose:
- "Non lo so, davver non l'ho contate!"
e a seder con calma, poi si pose.

La tempesta
Nella cupa notte tempestosa
del mar, il sordo brontolio sento
mentre l'onda s'avventa rabbiosa
ricadendo in una coltre d'argento
sugli scogli, allorché la risacca
col suo ritmo spumoso, crescente,
maestosa s'infrange bislacca,
con possenza paurosa, veemente.

Nel cel, minacciose e nerastre
s'accavallano, gravosi di ioni
nubi pesanti che a larghe lastre
rovinar sembrano, sopra i rioni;
all'intorno dei lampi il chiaror
lugubre avvampa tutto il creato
ed un'angoscia ti stringe il cor
nella morsa crudele del Fato.

Gemono gli alberi scossi dal vento
che sibilando attraverso le fronde
strappa rabbioso le foglie a cento
dandole in pasto al furor delle onde:
greve del tuono il boato rimbomba
e si ripercuote in un'eco tremendo
come lo scoppio d'una gran bomba
che senza scampo, va tutto struggendo.
E' la fine del mondo, mormorare si sente
per la procella che furiosa imperversa
tra lo scrosciar d'una pioggia battente,
che in mille rivoli al mar si riversa;
poi lentamente dell'alba il chiarore
rischiara il cel senza nube ribelle
mentre del sole s'effonde il calore,
silenti svaniscon, le tremule stelle.

La pagnottella
Davanti alla vetrina d'un fornaio
un monello coi pantalon sdruciti
e la camicia a guisa d'un gran saio,
si rimirava quei bocconi ambiti
che sparsi a bell'apposta tutt'intorno
sembravano invitare a colazione
chi non avea pranzato tutto il giorno
e ne bramava adesso una razione.

Del panettier, la porta si dischiuse
ed una donna brutta e livorosa
discostando il monello senza scuse,
l'umiliò in maniera ingiuriosa:
- "Vattene via brutto accattone"!,
e proseguì il cammin con passo teso,
mentre striando, andava un lacrimone,
il visetto del bambin, offeso.

Mortificato il piccolo rimase
mentre del pan, l'odore era scorso .
e attraverso l'uscio aperto, infin l'invase
e della fame, ne sentì il morso,
allorchè una vecchietta usciva
con una sporta assai capiente e bella
con passo alquanto lento scompariva
seminando per via una pagnottella.

Se ne avvide il monello bistrattato
e andò a raggiungerla di corsa
e porgendole il pane raccattato,
mormorò: - "L'è caduto dalla borsa",
lei lo ringrazia per l'azione bella
per proseguire in "Via del Podestà,,
mentre lui morde quella pagnottella
imbottita di mollica e di onestà!

Frasi d'amore
Veloce vola il tempo… scorre via
i battiti del cor che sento in petto,
son frasi d'amor, Vittoria mia,
che ti sussurro sempre, con affetto.
Trascorsi son tant'anni da quel giorno,
che ci giurammo ai piedi dell'altare
eterno amore, intanto che all'intorno,
l'Ave Maria, sentivam cantare.
E a rimembrare quel momento, adesso,
dop'oltre mezzo secolo passato,
la commozion l'alma m'invade spesso,
per il supremo bene, conquistato.
Quattro gioielli d'inestimabile valor
impreziosito hanno quell'unione
infondendo sovente quel calor
che infiammato ha, la nostra comunione..
Ancora ascolto con gioia, intensamente,
frementi nel petto i battiti del core
che ti sussurran ognor sommessamente
sincere e appassionate frasi d'amore!

Scorcio della natura
Mite zefiro all'intorno aleggia
dove brucan di cervi un branco
mentr'il sol implacabile dardeggia
con tono indifferente e stanco.
Flebile il frusciare delle fronde
pare accompagnare il cinguettio
degli uccelletti che nell'alma infonde
quell'estasi che t'avvicina a Dio,
Poco distante scorre nel suo letto
scendendo dolcemente su dai monti
l'acqua chiara del mite ruscelletto
che giunge a valle, attraversando i ponti.
Tutto è pace in quell'eremo silente
ed il bramir d'un cervo un po' distante
di tanto in tanto da lontan si sente
qual dolce invocazone d'un amante.

Abbarbicato sul pendio roccioso
si gode un ramarro il tepor del sole
mentre discosto, sul teren erboso
striscia un biscia lenta tra le viole.

Oltre il monte scompare l'astro d'oro
nell'eremo s'abbuia la giornata
dei pennuti si spegne allora il coro
e la natura giace addormentata.

La trappola
S'arrabatta una donna esasperata
per ripulir dai topi la sua casa
ma l'impresa appare disperata
perché in diversi, l'hanno ormai invasa.

Non c'è stato né verso né maniera
per sfrattare quegl'inquilin molesti
che dannazione!, da mattina a sera,
rosicchian tutto, senza lasciar resti..

Armata di coraggio e di ramazza
guerreggia con gran foga e con ardore
e finisce col rompere una tazza
d'un pregiato servizio…che dolore!

Il micione ch'errava nell'ambiente
forse perché grasso e vecchio d'anni,
ai topolini non faceva niente
impedito com'era dai malanni.

Un dì, stanca d'accorgimenti astrusi
un'idea le venne tosto in mente
per non subire oltre quei soprusi
fece ricorso ad una trappola capiente.

Nella notte, durante la sua attesa
della molla percepì lo scatto,
ed il mattino s'avvide con sorpresa,
che nella trappola era finito… il gatto!

Nevica!
Dai nimbi lividi che stagnano nel cel
scender io veggo, legger come farfalle
candidi fiocchi, che avvolgono in un vel
la terra tutta, fin in fondo a valle.
Aleggiano nell'aria assai copiose
e lievi s'adagian poi sui rami
pendendo sottili, in forme estrose
dando l'aspetto di gentil ricami.

Nevica! E come allor, lo sfarfallìo
di quei fiocchi candidi, ondeggianti,
risonar mi fan nell'alma, quel gridìo
dolce e festoso, dei miei figli ansanti
che rotolavansi felici sulla neve,
prendendosi a pallate, senza posa
sempre seguiti dallo sguardo lieve
dell'amata, mia dolce sposa.

Vaga allora lo sguardo mio estasiato
all'intorno, mesto e silenzioso
e rimembra il tempo ormai passato
vissuto in un clima assai gioioso.

Metter ai ricordi, vorrei una spranga
per non sentire il calor di quelle tempre
che la caduta mortal d'una valanga,
della vita, recisi li ha per sempre!

La politica
La politica è l'arte del raggiro
al popolo promette monti e mari
e s'avventa poi com' un vampiro
assetata di sangue sugl'ignari.
E' l'espediente dei politicanti
che abbindolare gli elettori sanno
ed incantarli, qual subdoli amanti,
con lusinghe, che verità non hanno
Con menzogna, ipocrisia e faccia tosta
ognor fan presa sulla buona fede
tanto a loro mentire non gli costa
e felici gabban, a chi li crede.
Non importa se miseria e fame
coi malanni propri degli untori
gravan minacciosi come lame
sull'esistenza dei lavoratori.
E la gente ormai, senza più amore
per questo governare con dileggio
convinta, pensa sempre con dolore,
si stava meglio, quando si stava peggio!

Un bambino curiosone
Simpatico un bambino curiosone,
in subbuglio mette la famiglia
coi suoi "perché?,, che sovente pone
e che la pace, talvolta poi scompiglia.
Mamma, perché questo?, le domanda,
papà perché quest'altro?, vuol sapere
e insoddisfatto, i suoi "perché,, rimanda
alla sorella e al nonno, ch'è un piacere.
Perché il bimbo piange dopo nato,
volle sapere un dì da nonno Pietro
e questi, dopo averci un po' pensato
rispose che tornar, vorrebbe indietro
dato che in questo brutto mondo,
dove regnan furfanti d'ogni fatta,
quel che quadro, te lo fan vedere tondo
e ognun di loro, per viver s'arrabatta.
Un'altra volta chiese ai cari amati
che non s'aspettavan certo quell'uscita,
perché rimangon gli occhi spalancati,
quando si lascia per sempre questa vita?
Rispose il nonno per tutta la famiglia
abbozzando, sornione un bel sorriso,
esprimono quegli occhi meraviglia,
perché felici, intravedon il paradiso.

L'amicizia
Diffonder io vorrei al vento
quell'amore che il cuore ci delizia
e chiamare quell'umano sentimento
con un semplice nome: Amicizia!
Questo sentimento io penso,
è quasi sconosciuto in questo mondo
mentre invece dovrebbe essere immenso
e nell'anima sentito fin in fondo.

E' come un amor che tutto unisce
per il quale tu sai sacrificare,
e per questo nessuno si stupisce,
quel che di bello, la vita ti sa dare.
E così domani, viver si potrà
in un mondo di pace e di giustizia
dove si spera, sempre trionferà
il sentimento pur, dell'amicizia.
Allor l'incomprensione e l'odio
il sospetto e pur la diffidenza
spariranno per sempre ed il buon Dio
benedirà l'umana esistenza.
Terrà lontano malanni d'ogni sorta
viver farà la gente con letizia
e quella Fede che sembrava morta,
regnerà per sempre, nel ben dell'amicizia!

Lodato sia il Signore
Lo sguardo mio all'intorno spazia
e soffermandosi in quel prato in fiore
sussurra l'alma che si sente sazia,
per sempre, lodato sia il Signore.
All'intorno lo svolazzìo dell'ali
accompagna un cinguettio d'amore
ed il loro gorgheggio non ha eguali
e par che dicano, lodato sia il Signore.
Risuona dall'infinito mare
dell'onde spumose, il lor rumore
attratto mi sorprendo a orare
ognor lodato sia il Signore.
E quando lassù, dall'alta erta
la valanga che scende con fragore
l'alpino salva dalla morte certa,
ei ringrazia, lodato sia il Signore.
A sera, quando la luna silente
rischiara con l'argenteo suo chiarore
la strada di pericoli incombente,
dicono i passanti, lodato sia il Signore.
Quando infine il mondo intero
del sole gode il tiepido calore,
grata la gente dice a cuor sincero
eternamente, lodato sia il Signore!

Passa il tempo
Passa il tempo, amata mia Vittoria
passa…scorre silenzioso e lento
facendomi affiorar alla memoria
gli anni che son fuggiti in un momento.

Davanti al camin che ti rischiara,
il volto tuo m'appar illuminato
dalla dolce espressione tanto cara
che avevi fin dal giorno che t'ho amato.

Da cinquant'anni, dolce amata mia
uniti nell'amore noi viviamo
e noto con profonda nostalgia
che come allor, noi più, non siamo.

Passa il tempo gioia mia diletta,
passa…e dirti vorrei a chiare note
è ver che la beltà non ti difetta,
ma l'amore è la tua grande dote!

Lo spazzacamino
E' un ragazzo simpatico e carino
il corpo smilzo, di giunco sembra fatto
dal procedere felpato del felino
e dal guizzo veramente ratto.

Non conosce né giochi né alcun svago
lavora sempre da mattina a sera
e della vita, sembra proprio pago
pur vivendo in miseria nera.

Coi vestiti sdruciti e rattoppati,
portando seco gli arnesi del mestiere
di fuliggine gli abiti impastati
disbriga il suo lavoro ch'è un piacere.

Dopo il pasto leggero della sera,
a letto va felice il poverino
così conduce la sua vita austera
il simpatico e buon spazzacamino.

Il vento
A primavera l'alitar del vento
piacevolmente ci lambisce il viso
e in quel lieve contatto, allora sento
la frescura ideal del Paradiso.
Col trascorrere delle giornate
il venticello da moderato passa al teso
soffia in malevoli folate
che traballar le cose, fa di peso.
Poi di colpo, dal nulla par che nasca
una tremenda gelida ventata
che tosto trasformarsi va in burrasca
e come folle corre all'impazzata.
Col tempo che avanza bene o male,
il cui passar segnato è nel lunario,
si trasforma il vento in fortunale
cambiando l'esistenza in un calvario.
Nei mesi invernali è proprio un pianto
si scatena in terribile uragano
che ogni albero sradica con schianto
ed ogni aiuto uman, risulta vano.
Non c'è principio senza fine
come non c'è trapasso senza nascituro
così il vento, finalmente incline,
tornerà ad alitar dolcemente, di sicuro!

Il teatro della vita
Nel teatro della vita recitiam
la parte che il destino ci ha assegnato
interpretando da attori, qual noi siam,
il nostro ruolo più o meno ingrato.
Che sia tragedia o farsa, mai si saprà:
nell'esistenza il dramma o la commedia
ognun di noi, recitar dovrà,
anche se la trama del copione, tedia.
Nel nostro inconscio, inconsapevolmente
c'immedesimiam nella nostra parte
e recitiamo così lodevolmente,
che la bravura a volte sembra arte.
Quando termina la rappresentazione
e il sacerdote recita il rosario,
il Fato senz'alcuna esitazione
sulla vita cala giù il sipario.

A mio padre, dedico
Quando sovente si libra il mio pensier
negli alti spazi siderali
dell'infinito, veggo con piacer
del volto, i tratti irreali
d'una cara persona tanto amata
che s'involò col mesto suo sorriso
in una fulminea galoppata
per raggiungere i Santi, in Paradiso.
E commosso, assisto allor beato
alla lunga sequenza di visioni
che sfilano mostrandomi il passato
fatto di speranze ed illusoni.
Ero bambino e mi sovviene ancora
la Tua immagine, padre mio adorato
che malgrado i sacrifici, ognora
la Tua vita a noi, hai dedicato.
Una vita che i tuoi dieci figli
t'hanno ricompensato con amore
ascoltando sempre i tuoi consigli
vivendo probi e mai serbar rancore;
per noi papà sei stato Tu, il sole
che riscaldava l'esistenza nostra
ed or che non ci sei, si duole
quest'alma, che avanti a Te si prostra.

Una partita a scacchi
D'avorio una magnifica scacchiera
da tempo, sul tavolino stava
e guarda caso sol la cameriera
a spolverar ogni tanto andava.
Le Torri, il Re e la Regina
coi Cavalli gli Alfieri ed i Pedoni
attendevan da tempo, ogni mattina,
che fossero iniziate le tenzoni.
E un giorno finalmente la partita
con grande gioia dei singoli elementi,
tra lui e lei, alfin venne allestita
e cominciaron a giocare attenti
lui e l'altra, studiandosi le mosse;
ma lui che all'incontro non pensava
le man di lei ad un tratto colse,
mentre lei, intensamente lo fissava.
Allora senza tema di alcun fallo
si unirono felici in un abbraccio
e la partita, che non subì alcun stallo,
li trasse entrambi da un sicuro impaccio.
Un bacin d'amore suggellò l'intesa
che nei loro cuor, qual tacito patto,
sbocciò talmente pura ed inattesa,
che all'amore diede scacco matto.

L'incendio
Divampava furiosa la boscaglia
ed arrossava il cel di fumo acre
bruciando andava la sterpaglia
che il vasto fuoco inceneriva alacre.

Fuggivan gli animal terrorizzati
cercando scampo lontan da quell'inferno
ma finivan col morir bruciati
da quel rogo che parea eterno

Lingue ardenti avviluppavan gli alberi
i rami lor, contorti tutti quanti
parean protesi, tutti ardenti e neri
verso il ciel, con stridii strazianti.

Lenta calava acre e fluttuante
una coltre di color scarlatto
e sopra quella terra ancor fumante
concludeva alfin, l'ultimo atto.

Il re della foresta
In un grande lago d'una foresta
un leone sonnecchiando stava
e si vedea al centro d'una festa
ove ognuno a riverirlo andava
e lui, dall'alto del suo trono,
orgoglioso, in alto tenea la testa
e di fronte al popolino prono,
davver sentiasi, il re della foresta.

Qualcun mancava, s'avvide in un istante
e corrugò irato l'alta fronte
perché fra tutti, non c'era l'elefante
e assente era, il rinoceronte;
ruggì allora per intimidire
e sulla sudditanza s'avventò,
ma quei bestioni stavan per venire
e lui a morte, allor si spaventò.

Fuggì disperato per il campo
inseguito con ferocia per ore
s'avvide allor, di non avere scampo
e l'anima sua, raccomandò al Signore;
si destò con un forte mal di testa
e fra i bestioni s'accorse d'esser niente
altro che re della foresta
commentò alfine, amaramente!

La cicala canterina
Una cicala canterina
dall'alto di un vecchio seggio
a una povera formichina
si rivolse con sfacciato dileggio
per burlarla con grande impudenza
della voce che in gir si sentiva
sulla sua proverbial previdenza
mentre lei a digiuno moriva.

La formichina finalmente
apostrofò decisa la rivale
confermando quel che dicea la gente
proprio sul conto delle cicale
e in risposta la canterina
disse ridendo, amica mia
noi cantiamo da sera a mattina
perché viviamo di sol poesia.

Il ranocchio
In un pantano
gracida un ranocchio
che saltella pian piano
per cercare con occhio
bagnato di pianto
l'amata sua sposa
che attende da tanto
con l'alma penosa.
Lo scorge un bambino
che lestamente l'acchiappa
lo serra un pochino
per paura che scappa;
vorrebbe portarlo
lontano lontano
ma non osa farlo
perché dal pantano
il cra cra suo festante
dal tono gioioso
invoca all'istante
l'amato suo sposo
Intuisce il marmocchio
quel richiamo d'amore
allora il ranocchio
a gran malincuore
silente lo posa
e lui saltellante
raggiunge la sposa
e la bacia, galante.

La buona azione
Con la mamma stava un bimbetto
che da tempo assai lungo aspettava,
nella piccola sala d'aspetto
ov'era gente che sempre parlava;
s'annoiava a sentir quelle ciance
e all'intorno lo sguardo volgeva
valutando fra quelle pance
chi figliare per prima doveva.
Con fare nervoso un ometto
per la stanza andava ansimando
quando a un tratto sopra un insetto
il suo piede, si stava posando
come un fulmine lesto il bambino
raggiunge l'omino e con una finta
lo spinge da parte un tantino
e cadere lo fa, con una spinta.
Tosto lesto percorre l'insetto
per inoltrarsi pien di paura,
mentre si scusa dolente il bimbetto,
all'interno d'una fessura;
e così, con uno spintone
il ragazzetto, a parer mio,
compie felice la sua buona azione,
certamente ben vista dal buon Dio!

Suor Verdina
Era piccoletta, mingherlina,
sempre sorridente si mostrava
e la chiamavan celiando, Suor Verdina
per gli occhi verdi coi quali ti guardava.
Lo sguardo sempre vispo e intelligente
e da modi suoi gentili e accattivanti
girava fra i lettini della gente
e prodigandosi con frasi confortanti,
porgeva aiuto a quelli che dal fronte
giungevano feriti, amati soldatini,
mentre i compagni loro, su nel monte
senza vita cadevano fra i pini.
Infuriava tremenda quella guerra
che iniziò impietosa la mattina
e quando finì tutto, li per terra,
trovarono riversa Suor Verdina;
lo sguardo velato dalla morte
tristemente ella volgeva attorno
benedicendo forse quella sorte
che fin poneva all'ultimo suo giorno.
Da tutti venne pianta su alla Rocca
e nessuno venne mai a sapere
che il nemico, la lingua dalla bocca
le avea strappata, con sadico piacere!

La pena di morte
E' triste certamente quella sorte
del prigionier che in una cella langue
per la legge, che lo condanna a morte
e sdebitar si deve col suo sangue.
E' triste pensar che solamente
quella legge tanto iniqua possa
mandarlo deliberatamente,
e senza prove certe, nella fossa.
Per debellar allor questa vergogna
che il retaggio della civiltà cancella ,
questa legge mettiamola alla gogna
così nessuno al mondo si ribella.
E pei misfatti orrendi qui s'invita
a promulgar la legge che condanni
per davvero, la reclusione a vita
dei criminali, almeno per cent'anni.
Ma sia sul serio una pena dura
che il carcerato sconti veramente
e non mandarlo più in villeggiatura,
come capita invece, assai sovente!

L'Onorevole
In clima di campagna elettorale
tutto e il suo contrario, son concessi
davanti a questo caso madornale
gli elettor rimangono perplessi.

Mille promesse fatte al cittadino
che il partito strombazza ai quattro venti,
entusiasmano tanto il popolino
che conta proprio in quei miglioramenti.

Ma col tempo invero assai scorrevole
degli impegni nessun se ne ricorda
e il candidato, eletto ormai onorevole,
tradisce la sua grande sete ingorda.

Assicura così lavori ingenti
fiducioso l'elettor ci casca,
ma non s'accorge allor che le tangenti
sfacciatamente, col sorriso intasca!

La bagnante
Una bagnante carina e formosetta
va godendosi giuliva il sole estivo
sgranocchiando pian pian, la golosetta,
un can di zucchero, che parea vivo.

Si alza e di corsa, un tuffo al mare
sguazzando divertita all'impazzata
poi lentamente cominciò a nuotare
con maestria veramente innata.

Uscì dall'acqua e sentendosi osservata
cominciò ad atteggiarsi a diva
e passeggiando con aria trasognata
prese a far la spola, tra spiaggia e riva.

La gente la guardava e sorrideva
ammiccando e girandole in tondo
e dallo strappo che il costume aveva,
osservava divertita… il mappamondo!

L'ubriaco
Allegramente
trincava il vecchierello
e dopo il pieno
sulle gambe malferme
uscì all'aperto
quando inciampò sull'uscio
ed imprecando
si ritrovò per terra;
- "Accidentaccio"
poi disse allo scalino.
- "Ma tu dov'eri
quando mi so' addentrato
per bere un sorso"
e sferrandogli un calcione
truce lo guardò:
poi voltandogli le spalle
gli disse: - "Andiamo"!
e visto che stava fermo,
indispettito se n'andò ondeggiando
e zigzagando, a casa sua tornò.

Nozze d'oro
Vittoria, diletta sposa mia
quest'ode sgorgatami dal cuore
a Te dedico, o santa donna pia
che sei per me, il solo grande amore!

Cinquant'anni abbiam vissuto assieme
un'esistenza d'alti e bassi, fatta
e nel cor, spenta non s'è la speme
di viverne altrettanti, con la salute intatta.

La collana della felicità
arricchita s'è, di quattro perle accorte
e noi viviamo con tranquillità
fino a quando ci mieterà la morte.

Orsù, dammi un bacino, amata sposa
e brindiamo assieme tutt'in coro
mentre fragrante l'aroma della rosa,
profuma lievemente, le nostre NOZZE D'ORO!

- Alla dolce compagna della mia vita,  dedico con immenso affetto questo mio modesto madrigale, per ringraziarla di cuore, per l'amore e la comprensione con la quale ha sempre allietata la mia esistenza. -

La mosca
Una mosca ronzava petulante
volando sempre in giro per la casa
senza fermarsi nemmen per un istante
dava l'impression d'essere evasa
dalla tela d'un famelico ragnetto
il quale per la sua mancata presa
era rimasto senza il suo pranzetto
ed ora stava in paziente attesa.

La mosca intanto, senza interruzione
svolazzava sempre all'impazzata
tenendo sempre più in apprensione
la povera massaia disperata,
finchè stanca si posa, alfin sfinita
andando incontro ad una sorte ingrata
poiché la meschinella vien ghermita
dal ragno che di lei fa una mangiata.

La scampagnata
      Quella domenica assolata
si decise d'andare fuori porta
per la solita allegra scampagnata:
così la mamma riempì la sporta
d'ogni sorta di cibi e di bevande.
e saliti sul nostro macinino
ci avviammo presso il campo grande
alla conquista del nostro posticino.

       Passammo allegramente bei momenti
in quel campo soleggiato e vasto
e quando stanchi, sfiniti ma contenti
ci sedemmo per consumare il pasto,
vedemmo sparsi spuntare tra le ortiche
silente un esercito compatto
di tante grasse, piccole formiche
che invaso il desco, aveano d'un tratto.

       Nel cielo intanto grossi nuvoloni
addensati s'eran numerosi
e poco dopo freddi goccioloni
piovvero su noi, alquanto astiosi:
così stanchi, a digiuno ed inzuppati
concludemmo mestamente la giornata
tornando a casa piuttosto esasperati
per aver fatto quell'allegra scampagnata.

La schedina
Schedina mia dannata
son anni che ti gioco
ma la Dea Bendata
a me ha concesso poco!

Da sempre poverino
con la mia bella amata
mi reco al botteghino
per farmi la giocata.

Con queste mie illusioni
mio Fato tanto avaro
io sogno i miei milioni
ma il risveglio è sempre amaro

Allora una vocetta
per queste mie vedute
mi dice: - "Dammi retta,
pensa alla salute!,,

Il fascino della montagna
Si sveglia il creato e i raggi del sole
indoran le guglie svettanti nel cielo
e del ghiacciaio l'enorme sua mole
silente si scioglie in un lento disgelo.

E pel ripido fianco roccioso
arrancando vi sale l'alpino
giunge in vetta a un vallone nevoso
e s'abbatte per terra, supino.

Soggiacendo al silenzio regnante
volge attorno lo sguardo estasiato
e l'imponenza del luogo, all'istante
gli ascende l'alma, più in su del creato.

Avverte allora l'ardore del pio
mentre sente all'intorno, vicino,
la presenza maestosa di Dio
raggiante, in un biancore divino.

La riconoscenza del sorcetto
Nella dispensa, invero assai fornita
ogni notte un sorcetto solitario
silenzioso facea la sua sortita
scegliendo di sovente un pasto vario.
Non difettava certo di coraggio
nell'affrontare spesso quei perigli,
che con coll'inceder suo cauto e saggio,
sapea del gatto, evitar gli artigli.
Ma una volta ei vide da lontano
la tavoletta con del cacio a tocchi
cosparsa d'un impasto alquanto strano
che gli colpì piacevolmente gli occhi.
Avventarsi stava su quel pasto
e per ghermirlo allor balzò il felino
ma schivò egli la zampa e nell'impasto
s'invischiò il musetto, poverino.
Non ci credea il povero sorcetto
dover la vita al nemico tanto odiato
riconoscente allor, con un bacetto
lo ringraziò, pel pericolo scampato!

La fiamma della vita
Mi sembra di vederti mia mammina
protesa sulla culla, sorridente,
mentre leggera e cara, la tua manina,
sul volto mio si posa dolcemente;
or delle tue premur, delle carezze,
delle attenzioni e del bacin d'amor
nulla è rimasto, se non le tristezze
che invecchiato per sempre, hanno il mio cor.

Ed io mi chiedo che cos'è o mamma
la vita mia, or che mi manchi tu!
nell'alma tua non arde più la fiamma
che riscaldarmi dovea la gioventù;
la fiamma della vita, era fiamma
per me, d'amor e tenerezza rara,
la fiamma del tuo cuor o dolce mamma,
che veggo spenta per sempre, in una bara!

Il cane e il gatto
Veggo i polli che razzolan nell'aia
nel tiepido meriggio settembrino
mentre il cane festoso al gatto abbaia
che fa le fusa, celandosi nel tino;
poi si rincorrono felici pei vialetti
e stretti stretti sembran bisticciarsi
tra il dolce canto gaio, degli uccelletti,
si cercan sempre, senza mai lasciarsi

Assorto, io guardo trasognato
quella scena che m'allieta il cor
e solo per un attimo ho sognato
un mondo fatto sol, di pace e amor,
dove la gente rifugge dalle guerre
e decisa respinge ogni sopruso,
vivendo spensierata in quelle terre
ove la prepotenza non è più in uso

Che bel vivere sarebbe per davvero
ove regnano affetto e comprensione
ove sovente il bene più sincero
alberga nel cuor delle persone
e allor perché, mi chiedo esterrefatto
non prova il mondo adesso, finalmente
ad imitar per sempre il cane e il gatto
e vivere ognor gioiosamente?

Visione Fugace
Nella cupa notte silente e insonnolita
tra i radi nimbi lenta apparir vegg'io
l'argentea luna che dall'alto invita
ad ammirar divina l'opra di Dio;
sui glauchi flutti i rai diafan dell'astro
fantasmagorie riflettono, di luci un gioco
rapito il corso ammir del latteo nastro
ed il ciel, soffuso parmi, d'immane foco.
Riposi placida o Cervia mia adorata
mentre in tristi melode stormiscon le fronde;
del mar il mormorio si' bella serenata
a te sussurra e timido il risciacquio dell'onde
svelar vorria l'alone misterioso,
ma travolgente e in preda a ria demenza
in nivea spuma scagliasi il maroso
e spruzza lungi perlacea efflorescenza.
Lento nella pineta il mio vagar riprendo
di grucce, sordo rimbomba il secco tono
che m'accompagna pel pendio stupendo
di lucciole cosparso, che il mio dolor non odono;
solo proseguo, mesto e titubante
le labbra arse favellar non ponno
del fato avverso il morso stimolante
sento nell'alma che s'abbandona al sonno.
Allor per l'aere libransi meste note
pregne di passione e di tormento
e veggo del passato l'ombre immote
che dileggiano il puro sentimento;
tutto svanisce e una vision fugace
la mia visuale allieta inebetita
s'appressa a me, di leggiadria capace
una fanciulla di beltà infinita.
Sorride e avanza in un fruscio di seta
di desioso brivido che infoca l'alma mia,
ma lesta pel sentier della pineta
corre veloce, si volta e scappa via;
di Cupido il dardo è già scoccato;
oh bimba, perché mi feristi il core
se il labbro tuo sul mio non s'è posato
e languir così dovrò, per te d'amore?

La giusta via
Profondo un senso di malinconia
nella notte dall'alma par che sbocchi
in un quadro di sogno e di malìa
dove risplendon mesti i tuoi begli occhi
dall'espressione languida, piangente,
che nel muto suo linguaggio par che pone
la gioia d'un affetto, che silente
m'inonda adesso il cuore di passione
E nel tuo sguardo, legger si squarcia un vel
ed ime tinte, suggestive e belle
veggo in quegli occhi azzurri come il ciel
dove svaniscon tremule le stelle,
dove il languido baglior sfuma latente
in un riflesso turchino, conturbante
che nel fulgido chiaror evanescente
rispecchia i flutti d'un mare spumeggiante.
Ed il tuo sguardo puro che n'induce
a risvegliar quest'alma addormentata
dove di fede, ha infuso una gran luce,
che la mia triste strada ha illuminata,
dove tra macchie di roveri spinosi
stava in agguato l'ombra del dolor
i cui adunchi artigli velenosi
trafitto avean il povero mio cor.
E la luce sincera, tanto avita
che lungi il dolor ha ora fugato
sovente la giusta via m'addita
che da tempo invan, avea desiato;
quella pura fede assai verace
che stende un velo d'oblio sul mio cor
nel qual subentra il sorriso della pace.
Ora silente il tremul labbro mio
sussurra devoto una preghiera,
che lentamente sale verso Dio
tra la penombra triste della sera,
mentre lo sguardo mio, gonfi di pianto
i tuoi begli occhi bimba, han sogguardato
che dissolvansi lenti nel gran manto
col qual la notte avvolge ora, il creato.

A mia madre
Mammina mia adorata,
lungi da te e dall'Italico suol natio
come Madonna triste t'ho sognata,
invasa l'alma tua da gran desio
arrossato l'occhio, inumidito e immoto
disciolta l'argentea chioma giù per lo scialle nero
estasiato fissava la mia foto
dall'alta fronte e dal cipiglio fiero;
ed or che il rombo del cannone tace
tu attendi con immensa nostalgia
che possa ritrovare la tua pace
col mio ritorno dalla prigionia.
Canuto è il vecchio capo o santa donna
dopo tre lunghi anni c'ho mancato
invochi ringraziando la Madonna
mentr'io scarno al suol prostrato
ardentemente bacio oh mamma pia
quella terra che i natal mi diede
la terra santa dell'Italia mia.
Ed ora che per l'eter gioia risiede
quella novella pace si agognata
io veggo, illuminata dal sol morente,
mentre riposa in pace dell'Eroe l'alma stroncata,
una tremula perla, che dalla gota tua scende silente.

Ombre del passato
Tra una scia di fumo biancastro
ansimando s’avanza un gran treno
per i campi, mentre pare che l’astro
lo saluti sereno.
Veggo intorno giulivi dei visi
ridenti, di sudore imperlati,
della terra al lavoro assisi
e dal verde celati-
E lungi da lor dei pargoletti
mentre per l’aere s’eleva un canto
garruli intenti nei loro giochetti
sono…..oh che incanto!
All’intorno il lavoro fecondo
ferve spesso, fra trilli e motteggi
e il bel quadro di pace giocondo
l’alma par che dileggi.
L’alma mia che un male atroce
d’amarezza profonda l’ha invasa
s’è insinuato silente, precoce
al pensier d’una casa.!
E riandando col tempo a ritroso
vivo in essa un sol anno beato
fra l’affetto più puro e affettuoso
dai mortali desiato.
Io d’intenso lavoro vivevo
consacrandole tutto il mio cor
e confesso che in essa vedevo
il mio regno d’amor.
Con scaltrezza assai fine mentiva
ed andando per gioie sensuali
la sua sete desiosa leniva
con piaceri triviali.
S’offuscò la mia vista e alla gola
io con forza la strinsi, agognante
lasciandola in seguito sola
con la morte ghignante.
Ed ora il treno, tra il verde dei prati
sulle rotaie s’avanza pian piano
e vo’ a scontare fra i carcerati
quell’atto mio insano.
L’ombre allora del triste passato
filar lente io veggo in un nastro
che m’appare in gran parte celato
da quel fumo biancastro!   

Fantasmi
M'aggiro triste per la città deserta
ed il chiarore scialbo d'un lampione
m'illumina d'una luce incerta
mentre sperduto vago pel rione.
Nell'alma l'arsura del sapere
m'arde cocente e mi scorre nelle vene
come lava ardente che alle sere
infiamma di dolore le mie pene.
Che cerco, cosa voglio, ancor l'ignoro
angosciato m'interrogo esitante
dove trovar potrò mai, quel ristoro
al profondo dolore mio, straziante.
E l'angoscia m'assale repentina
perché l'amore non so che cosa sia
e l'alma inaridita, poverina,
nell'ignoto s'addentra per la via.
Come fantasmi, dal passato ombroso
s'ergono ubbie e strane fissazioni
e un avvenire incerto e tenebroso
s'avviluppa di rie superstizioni.
Mi dilaniava quell'angoscia immane
e mi perdevo pian pian nell'infinito
quando innanzi a me, un picciol cane
attirò la mia attenzion, col suo guaito.
Mi fissava con espressione mesta,
gioiosamente mi scondizzolava
facendo col suo fare una gran festa
che l'alma dolcemente m'allietava.
L'acquietai con tenera carezza
provando un profondo sentimento
il cuore allor s'empì di tenerezza
che mi felicitò, in quel momento.
All'intorno lo sguardo riverente
volgo titubante e senza brio
trovando poi nell'attimo fuggente,
la presenza radiosa del buon Dio!  

Lo strano desiderio
Quando la sera mi ritrovo a letto
mi sovvengon ricordi assai lontani
e rammento gioioso quel balletto
che tu facevi, tra l'abbaiar dei cani.
Eri per me simpatica e carina
per te avevo un'attrazion speciale
ti chiamavo la dolce birichina
per quel tuo fare scherzoso, abituale.
Lo confesso, a volte ero tentato
da qualche desiderio assai insistente
ma volentieri avevo rimandato
quella voglia, d'averti solamente.
Il pensiero però m'arrovellava
e mi struggevo intanto nell'attesa,
mente nel cervel mi martoriava
l'istante tanto atteso, della resa.
Ti vedevo grassottella e bella
e maggiormente s'acuiva il desiderio
ma una sera, la tua cattiva stella
pose fine al destino deleterio.
Il tuo bel corpo ognor da me desiato
finì sotto le ruote d'una Lancia
e il giorno dopo, in un vassoio dorato
mi venne servita l'anatra all'arancia!

Facce di Bronzo
Quando in vista ci sono le elezioni
c'è sempre chi promette monti e mari
t'illudi di gustar dolci bocconi
che in verità, risultan poi amari.
Infatti ci son politicanti
che pur d'esser finalmente eletti
illudon facilmente tutti quanti
cercando d'apparire probi e retti.
Ma in cuor loro, questo è risaputo,
hanno programmi, non da socialismo,
ma un progetto solo ed assoluto,
del credo, coltivare l'egoismo.
Si preoccupan del benesser nostro
ma mentono sapendo di mentire,
la loro penna, intingon nell'inchiostro
della mendacia che li fa infierire.
Di privilegi, lor ne godon tanti
son dispensati da ogni pagamento,
con questo paradiso pien d'incanti
a chi sta mal, non pensano un momento.
Il costo della vita è aumentato,
galoppa assai veloce l'inflazione,
muore di fame il disoccupato,
la mala sanità è un'ossessione?
E con questo? Promettono alle masse
d'attuar d'urgenza, un miglioramento
e allor, per bilanciar le tasse,
s'aumentano la paga, in un momento.
Stereotipato poi, un sorriso appare
in quelle facce, dall'espression di bonzo
che il pudore non sanno dimostrare
perché purtroppo, facce son, di bronzo!

La cartomante
Con le carte disposte sul tappeto
la cartomante bella e seducente
con tatto delicato, assai discreto
il futuro predicea al suo cliente.
Sciorinando per ogni carta uscita
con parole sibilline e strane
del cliente, il corso della vita,
esordiva da epoche lontane.
Dopo aver detto un po' del suo passato
s'accingeva a discuter del presente
quando all'improvviso ha ben notato
l'aitante fattezze del cliente.
Doveva confidargli il suo futuro
ma sentì nell'alma una tal dolcezza
che il pronunciarsi rese assai saturo
di balbettii e frasi d'incertezza.
Lo sguardo il cliente assai sorpreso
posò estasiato sulla cartomante
e dal suo fare aveva allor compreso
che invaghita, s'era di lui, all'istante.
A disagio e alquanto sconcertato
la fissò a lungo dolcemente
e a un tratto si trovò allacciato
in un amplesso languido e silente.
Il resto della storia a quanto pare
ebbe un finale alquanto sorprendente
e si concluse ai piedi dell'altare
con la presenza di numerosa gente.
Ma ciò che in lui, destato ha meraviglia
è il fatto ch'ella non avea predetto
che il suo futuro, distante mille miglia
si sarebbe concluso in un mesetto.     

L'ultima burla
C'era un buontempone assai spassoso
dal fare gioviale e ridanciano
che si rendeva simpatico e brioso
con le burle che aveva sottomano.
Era richiesto da parenti e amici
ed apprezzato per le sue battute,
coi giochi di prestigio assai felici
spassose, rendea le sue sedute.
Era insomma un tipo originale
dagli scherzi talvolta un po' pesanti
ed anche se appariva assai geniale
indispettiva a volte, tutti quanti.
Stavano, una mattina al mare
e lui nuotava spensieratamente
ad un tratto lo si sentì urlare
ed in riva, accorse tanta gente.
Annaspando fra i flutti spumeggianti
veniva sopraffatto dai marosi
ed i soccorritori sui natanti,
accolse con lazi spiritosi.
Durante una sera conviviale
una volta si sentì mancare,
non credette nessun che stava male
pensando che volesse ancor celiare.
Quando poi cercaron d'aiutare
il poveretto che gemea dolente,
non ci fu davver, nulla da fare
perché l'aiuto non servì a niente.
S'è conclusa così la triste sorte,
mentre echeggiavan soffocate l'urla,
di colui che spinto dalla morte
s'era esibito nell'ultima sua burla.     

La mendicante
Dimorava in una catapecchia
dalla periferia un po' distante,
una dolce signora alquanto vecchia
dal proceder lento, un po' cascante.
L'avviluppava lo scialle suo stracciato
che a malapena lasciava intravedere
un volto, di rughe assai striato
dal colore biancastro delle cere.
Un braccio storpio e scarno, sorreggeva
una mano protesa stancamente;
nel suo muto linguaggio ella chiedeva
pietà e compassione dalla gente.
E le persone colte d'ima pena
ben volentieri lasciavano l'offerta
a quella vecchierella assai serena
che questuava, con aria triste e incerta.
Per tant'anni la storia si protrasse
finchè un giorno non la si vide più,
stracca di trascinar le membra lasse
s'adagiò ansante, in grembo al buon Gesù.
La trovaron incartapecorita
da qualche mese ella s'era arresa
alla morte che l'avea ghermita
e che destò in tutti, gran sorpresa.
Stesa in un giaciglio malandato
il corpo freddo che giacea bocconi,
stava sul materasso sollevato
da uno strato spesso di milioni!     

Il pirata della strada
Leggera la brezza mattutina
che del sole mitiga il calor
l'asfalto assolve, dalla spessa brina
che rivestita, l'aveva di candor
All'intorno i palpitii dell'ali
delle farfalle multicolori
vibran nell'etra, come canti astrali
tra l'effluvio perenne dei fiori.
Una donna col figlio in passeggino
transitava per la via assolata
e soffermata s'era presso un pino
per rinfrescarsi della calura ingrata.
Indi dopo un attimo di sosta
riprese il cammin che mena al parco
e rasentando della via la costa
si accingeva a transitar pel varco.
Attraversava le strisce pedonali
sempre col passeggin, sospinto a mano
quando un bolide sfrecciando fra due pali,
la prese in pieno, correndo contro mano.
Uno schianto, un urlo disumano
e l'asfalto che si tingea di rosso
mentre il pirata fuggiva assai lontano
senza prestare il minimo soccorso.
Solitaria la strada resta muta
da una parte, deformato il passeggino
e la donna più in là, svenuta
con accanto, senza vita, il suo bambino.      

I due sordi
Con questa mia premessa ora inizio,
presentarvi vorrei di amici un paio,
il primo alto e magro a nome Tizio
e l'altro grassottello a nome Caio.
Entrambi li accomuna una passione
di gusti e preferenze sono affini
amano donne, gioco e cacciagione
e sono sordi entrambi, poverini!
Sostava Tizio all'ombra d'un gran fico
pel pendio che il bosco, al mar allaccia
quando scorse nei pressi quel suo amico
al quale urlò: -"Per caso, vai a caccia"?

Caio che non capì una parola
lo salutò con l'agitar le braccia
e gli rispose, gridando a squarciagola:
- "No no, amico mio…vado a caccia".
Tizio allora, gli sbraitò irato
dopo aver detto una parolaccia:
- "Mi spiace proprio brutto sciagurato,
ma credevo che tu, andassi a caccia".
Caio allora, che non capì un bel niente,
mentre in volo s'alzava una beccaccia
rispose piuttosto mestamente:
- "No no amico mio, vado a caccia".
Dispiaciuto per quella giornataccia,
mentre nel bosco s'addentraa l'amico,
bevve d'un fiato il vin dalla borraccia
e s'addormì all'ombra di quel fico.     

Monotonia
All'intorno un'irreale calma
ognor regna sovrana
mai un alito che ravvivi l'alma
d'una passione umana.

Della malinconia la spirale
t'avvolge lentamente
in una stretta che sarà fatale
e t'abbatte moralmente.

Non il soffiar d'un qualsiasi vento
che animi le fronde
né dell'esteso mare più non sento
il mormorio dell'onde.

Tutto tace in questa triste sorte
e pare addormentata
nel rilassante sonno della morte
quest'esistenz'ingrata.

Tutto è tedio in quest'appiattimento
che pare bonomia
ma il veleno t'inietta nel cor spento
della monotonia!    

La chiamata
Un vegliardo barbuto centenario
rimembrando i tempi suoi passati,
rivive in un nitido scenario
la gioventù trascorsa fra i suoi amati.

N'è fluita d' acqua sotto i ponti
tanta gente, purtroppo s'è ne ita
ed ora mesto solitario affronti
l'impari lotta per restare in vita.

Scorri dal libro della tua esistenza
gl'ingialliti fogli d'una gioia ascosa
e nella notte avverti la presenza
dell'amatissima tua dolce sposa.

E ovattata dalla lontananza
melodiosa tu senti la sua voce
che sussurra nel buio della stanza
quella promessa che sembrava atroce.

Quand'io sarò nel ciel volata
e tu piangerai sulle mie spoglie
sentirai sommessa la chiamata
che t'invita a raggiungere la moglie.

Dopo tant'anni ora ti sovviene
di quell'invito fatto da una fata
e stanco attendi, come si conviene,
che finalmente giunga la chiamata.     

Clown
Due orecchie a sventola, in assoluto
risaltar fanno, quel viso rubicondo
dove un gran nason bitorzoluto,
pare piantato, in quel viso tondo.

Il volto poi ad arte infarinato
contrasta col cappellino rosso
che sulle orecchie pare sia posato
ma che traballa, da un tremore scosso.

La bocca sua, dal color di muffa,
fra le due orecchie, s'allarga smisurata
donando al viso quell'espressione buffa
che inducono chiunque alla risata.

Oh dolce Clown, sei proprio commovente
quando fra i letti d'ospedal, t'aggiri
e al bimbo che là giace dolente,
a rallegrargli l'anima, tu miri!

Le smorfie e i tuoi saltelli strambi
destan così, nei piccoli degenti
quell'ilarità che spesso contraccambi
con paterne carezze, assai struggenti.

Le lor risate fatte a crepapelle
rimembran nell'alma tua dolente
quel misero sedile a rotelle
dove sedea quel figlio tuo morente.

Fra gli angeli la sua dimora ha eletto
e tu dispensi la tua comicità
perché in essi, il figlio tuo diletto
tu sorridente vedi, nell'aldilà!     

La chioccia
Una mattina estiva, là in campagna
dove andai a trascorrere le ferie
mi crogiolavo con la mia compagna
al sole caldo, lontan dalle miserie
che affliggon la gente di città
sempre, indaffarata e ansante
che vive giornalmente, lo si sa,
in un clima d'apprension costante.

Ci godevamo seduti sulla roccia,
mentre discosti sostavan dei micini
il coccodè insistente della chioccia
volto ai pigolanti suoi pulcini
che sparpagliati stavano per l'aia
ruspando ai piedi d'un ombroso fico,
mentre il cane festoso, loro abbaia
indaffarati in cerca d'un lombrico,

Quelle vision, che d'emozion son ladre,
mi fanno ricordare i tempi belli
e mi rimembran la mia cara madre
quando accudiva i nove miei fratelli
e confessar adesso non mi scoccia
nel dire che noi, vispi bambini,
siamo vissuti con la nostra chioccia,
che accuditi ci ha, come pulcini!       

La sete
Di gazzelle un branco numeroso
vagava esausto lungo la radura
e avanzava sotto un clima afoso
succube d'una bruciante arsura.
Qualche anziano della comitiva
procedeva sfiduciato e stanco
di proseguir non se la sentiva
e s'accasciava così, lontan dal branco.
La lingua gonfia che di più s'impasta
il corpo da brividi, scosso assai sovente,
s'appiattisce in quella terra vasta
nell'ultimo anelito del morente.
Il branco, prosegue l'andatura
un gazzellino si trascina stanco
quando a un tratto un senso di frescura
rinvigorisce, finalmente il branco.
Ai loro occhi, dal contorno vago
compare in fondo alla pianura
l'estensione di un azzurro lago
dall'acqua sempre fresca e pura.
Allora per un gioioso incanto,
senza l'ossessione d'altre mete
tuffano nell'acqua il loro manto,
per calmar l'arsura della sete.       

Trema la terra
Piove! Da giorni ormai le cateratte
si sono aperte e dell'acqua il dilagare
all'intorno le cose rende sfatte
e non c'è segno che possa mitigare.
Sgomenta la gente guarda il celo
regna sovrana su tutti la paura
e il morso l'alme, sentono del gelo,
allorché in giro, tutto poi s'oscura.
Detriti e fango, veementi giù dai monti,
irruenti sommergon tutto quanto,
tra il rovinoso crollar dei ponti
e il vivido saettar che squarcia il manto.
Smotta il terreno e villaggi interi
finiscon con l' avello diventare
di tanta gente, siano bianchi o neri
e ormai nessuno osa più sperare.
Si ribella all'uomo la natura
e nel suo furor struggente
solca il terreno di profonda fenditura
e di vivo, non lascia ormai più niente.
All'intorno tra uno scoppiar di fogne
dove quel mondo di orrori pare serra
dell'animali galleggian le carogne
mentre spietata ormai, trema la terra!

Solitudine
Solo m'aggiro per la casa vuota
lo sguardo mio silente vaga intorno
e s'eleva talor ad alta quota
per accostarmi a Dio, giorno per giorno.

Tremulo il labbro sussurra una preghiera
quando sento attanagliarmi l'alma
dalla solitudine, c'ogni sera
m'incupisce d'un opprimente calma.

Tu stai lontan da me, amore mio
ma so che al cel rivolgi un'orazione
e la grazia tu chiedi a Padre Pio,
affinché vada ben, l'operazione.

Dall'occhio mio, allor scende silente
un'amara lacrima furtiva
che il cuor colpisce in modo assai dolente
con una sofferenza sempre viva.

Tutte le cose ora, sembran morte
senza un'alito di fiamma che almen possa
rianimarle e per buona sorte
discostarle sempre più, dalla fossa..

Ti confesso cara Vittoria mia,
che la tristezza, salita in altitudine
m'inietta al cor quella malinconia
che gravar, mi fa la solitudine.

La speranza che mi sta attorno,
mi fa sentir, davvero assai beato
perché attendo felice il tuo ritorno
oh dolce sposa, amore mio, adorato!        

Ode alla natura
Quand'osservo da sopra la pianura
ciò che abbraccia estasiato l'occhio mio
dal labbro allor, un'ode alla natura
esce commosso, per ringraziare Iddio.

I campi d'acquerugiola bagnati
offrono una vision d'incanto,
perchè qua e là, i fiorellin chiazzati
olezzano sull'erboso manto.

Ronzante un'ape va di fiore in fiore
e le farfalle svolazzano leggere
mentre le mucche, l'erba a tutte l'ore,
brucherellano mansuete con piacere.

Di tanto in tanto un vociar di bimbi
giunge felpato dalla lontananza
e nel ciel, fra il vagar dei nimbi
il sole lentamente avanza.

E' un incanto quell'oasi di pace
ove spira un'aria fresca e pura
mentre il ruscelletto che mai tace,
sommesso mormora, un'ode alla natura.     

Amata Roma
Fin da quando a Tripoli vivevo
gravava sul dorso mio la soma
per quell'angustia che nel cuore avevo
vivere da te o amata Roma.
Ora che il mio sogno s'è avverato
ti confesso bella città mia
che il tuo dolce nome ho annoverato
fra i versi di quest'Antologia.
Tu sei l'Eterna Roma che in passato,
di civiltà, lasciato hai la tua traccia,
ma quel che il mondo non s'è mai scordato
è il martirio dei cristian, che ti rinfaccia.
Dei Cesari sei stata vanto e gloria
le mille imprese condotte fino in fondo,
registrate son state dalla storia,
perché inver, stupito hanno il mondo.
Ne è fluita d'acqua sotto i ponti
tante vicende si sono succedute
coi nemici saldati hai i tuoi conti
e il prestigio è in ottima salute.
Ti raffiguro come una matrona
cosparsa da tant'oro e da gioielli
che custodisci o Roma gelosona,
ma i veri tesori non son quelli.
I veri tesori, fra i più belli
cha ha Dio profuso a piene mani,
son veramente gli unici gioielli
e son gli amati figli tuoi, romani!       

La coppia
Modesta bella e ben fornita lei,
con lui sposata, che l'ama ormai da tanto
fin da quando cioè ad Orosei
la vide in costumino d'amaranto.
La loro unione, e qui la cosa è strana
viene turbata dalla sua condotta
perché spesso, da casa si allontana
per visitar la zia, mal ridotta.
Se pur dolente, lui l'assecondava
e lei felice, con un bacin d'amore
tutto solo a casa lo lasciava
per accudir la zia, col mal di cuore.
Ma questa storia a lui spiaceva assai
e si chiedeva, preso da sconforto,
- "Ma questa zia perché non parte mai,
finalmente, per l'ultimo suo porto"?
Ieri, ritornata la moglie dalla zia,
in città, lui con gli amici andò per svago
e così, in loro compagnia
s'accordarono per una gita al lago.
Ma per strada poi, con una scusa
con gli amici non volle più andare
e si recò in quella casa chiusa
che da giovane usava frequentare.
Entrò gioioso, ma tosto avea notato
che era quella, della zia la casa,
vide la moglie e cadde fulminato
mentre dal corpo suo, l'alma s'era evasa.
- Da Svolazzando fra le rime -           

Il Campione
I casi della vita, a volte strani,
il destino cambian della gente
e terminar ti fa quegli atti insani
ch'eran davvero obbrobrio della mente.

Infatti s'allenava nella corsa
migliorando sempre il suo primato,
un giovane, avvinto nella morsa
del morboso vizio del peccato.

Una volta, correva da due ore,
un signore lo vide e gli propose
di poter fare il suo allenatore
e a quell'offerta, lui non s'oppose.

Campione divenne dopo un anno
e mai si seppe che correva solo,
per allenarsi senza alcun danno
per diventar famoso borsaiolo.     

Il pizzardone
Nella sua divisa fiammeggiante
si rimirava fiero il pizzardone
mentre sotto il sole dardeggiante,
dirigeva la circolazione.
Altezzoso si pavoneggiava
ed impettito andava per la via
e dalla gente che con lui parlava,
riscuoteva la loro simpatia.
Era un fusto aitante e bello
ed al paese lo conoscean tutti
era ligio al dovere, ma il balzello
lo rifilava tanto ai belli quanto ai brutti.
A una ragazza cocente di passione
che far l'amore con lui tanto ambiva
le rifilò una contravvenzione,
perché la moto sua, la via ostruiva.
Quando la morte per un incidente
lo colse per la nota legge occulta,
all'autista investitore, rantolò dolente:
- "mi spiace, ma le debbo far la multa"!     

Gli spaghetti
Sull'ampia tavola imbandita
troneggiava fumante una zuppiera
che con tanta cura avea ammannita
la vecchia e cara cameriera.
Cosparsi gli spaghetti succulenti
di parmigian, profuso in abbondanza
ed arricchiti di vari ingredienti
era davvero un'ottima pietanza.
Invitante il profum si propagava
in modo davvero stuzzicante
e la coppia che per sedersi stava,
dovette allontanarsi all'istante
perché suonato, avevano alla porta;
con gli spaghetti il can rimase allora
senza alcun pericolo di sorta
perché dianzi, avea magnato fora.
Così rimase a chiacchierare
la coppia, con i loro vicini
e dimentichi perfino di pranzare
s'intrattennero a lungo, poverini.
Quando tornaron per consumare il pasto,
s'accorsero che più non c'era il cane
e sulla tavola solo era rimasto
il profumo della pasta e un po' di pane!     

Il ladro
Vagava per le via del paese
dimesso un uom, sdrucito nei suoi panni,
l'avean notato già da qualche mese
pareva pien d'acciacchi e di malanni.
Lo guardo assente, procedea a rilento
mormorando incomprensibili parole
con i capelli in balìa del vento
che svolazzavan come bandierole.
Nella vetrina della farmacia
si soffermava sovente a curiosare,
pensando certamente a una razzia,
scuoteva il capo e poi lasciava andare.
Ossessionato dal bisogno urgente
perché di medicine, il figlio abbisognava.
un'idea allor, gli venne in mente:
rubare, per comprar quel che gli mancava
Non è andata però come pensava
perché fu preso con le man nel sacco.
e lui, onesto e probo paventava
di subire un'umiliante smacco.
Allora, un'amabile industriale,
per obliarlo infine del disdoro,
per suo figlio comprò il medicinale
e gli offrì commosso, un ottimo lavoro.     

Il delfino
Sul mar piuttosto ondoso
filava un panfilo possente
dove un bambino ansioso
per la pesca imminente,
al parapetto stava
e smaniando per l'attesa,
del mare ammirava
l'infinita distesa.
Una sagoma scura
s'intravede finalmente
e il natante l'andatura,
moderò dolcemente;
a bordo era approntato
per fare un buon bottino,
ma l'uomo emozionato
era fin dal mattino
e ancora in preda al sonno,
scambiando quel delfino
per un enorme tonno
sparò sul poverino,
mentre dal parapetto
il bimbo sconcertato
sporgendosi un pochetto,
in mare era cascato.
Di sangue s'arrossò il mar
e pur colpito a morte,
il delfin volea salvar
il bimbo dalla sua sorte;
lo sollevò un pochetto
finchè venne issato
mentre il pesce poveretto,
frattanto era spirato.           

Il contadino
Sempre l'alba del giorno nascente
vede all'opra già dal mattino
nel faticoso lavoro avvilente
l'instancabile buon contadino
che s'affanna sempre umilmente
ed infine al tramonto inoltrato
lascia tutto per poi finalmente,
a casa tornare, prostrato.

I raggi del sole cocente,
il freddo intenso regnante
o la furia del vento battente,
non riescono mai all'istante
a piegare la sua vigoria;
quindi assiso nel suo casolare,
con nell'alma profonda allegria
soddisfatto la messe, rimane a guardare.      

Il salvataggio
Nello stabilimento balneare
come al solito regnava il buonumore
e felice la gente in mezzo al mare
trascorreva spensierata, quelle ore.
Sulla spiaggia a mo' d'avvertimento,
una bandiera rossa svolazzava
indicando che proprio in quel momento
il mare minaccioso s'ingrossava;
infatti l'onda s'infrangea schiumosa
contro gli scogli, ergendosi a muraglia
ricadendo quindi rumorosa
in un'assordante nuvolaglia.
Frattanto dall'alto suo posto
osservava allarmato il bagnino
il procedere alquanto scomposto
d'un inesperto sfinito bambino
che nuotando fra i flutti annaspava
apparendo e sparendo nell'onda
mentre il corpo la corrente affondava
nel vortice d'una gola profonda.
Sopraggiunse di corsa il bagnino
e afferratolo da sotto le ascelle
lo issò sul proprio pattino,
salvandogli gioioso la pelle.       

Il compenso
Un signore che dava spesso
appuntamento alla Dea Bendata
rimaneva sempre come un fesso
dopo controllata la giocata.
Chi la dura la vince, dicea
e continuava con la solita schedina
finchè commossa, un di la Dea
lo compensò con una vincitina.
La fortuna arriva presto o tardi
basta aspettare e quando viene
un'ingente pioggia di miliardi
sicuro ti farà, le tasche piene.
Nessuno disse niente al giocatore
che di salute davver, ne era senza
così la moglie incaricò il dottore
di dargli la notizia con prudenza.
Il dottore con cautela allor
diede la buona nuova al suo paziente
il quale in un impeto d'amor
gli promise un compenso consistente.
Il dottore allibì all'istante
si sentì talmente fortunato
nell'udire quella cifra esorbitante,
che cadde a terra, come fulminato.      

La lunga notte
Occhieggianti le stelle nel cielo
lentamente si vanno addensando
per assister mute, allo sfacelo
che il Fato avverso, stava preparando.

In una squallida cameretta,
assistita dalla figlia andicappata,
rantolando giace, poveretta,
una donna pallida, emaciata.

Tosto lo sguardo suo dolente
si posa sulla figlia minorata
ed una prece dal cor sale silente
perché non resti sola, abbandonata.

Ma la fanciulla che il pensier le legge
si avvicina prostrata al cassettone
e la pozione che fra le mani regge,
la ingerisce così, in un boccone.

In quella lunga notte di tormento
s' accosta alla madre ormai morente
le dice :"Andiamo" e in un momento
con la madre, nel ciel vola silente.     

Lo Stato
Lo Stato, si dice, è una nazione,
ma sono invece io, uno di quelli
che lo considerano Addetto all'esazione
di tante tasse e molti più balzelli.

E' un apparato pieno di vampiri
promette tanto e niente mai mantiene;
le migliorie finiscono in raggiri
e tutti quanti, ne han le tasche piene.

I pensionati più non ce la fanno
alquanto impoverito s'è il Paese
e se poi lo buschi tu, un malanno,
difficilmente potrai pagar le spese.

In fin, parliamo dei disoccupati
che mantenere devon la famiglia
con qual sussidio vengon compensati
se queste beghe nessuno se le piglia?

I senatori, del popolo amiconi
coi deputati uniti in comunella,
s'aumentan le prebende e di milioni,
si riempion felici, la scarsella!      

La valanga
Supino sull’erba molle,
di rugiada irrorata,
con lo sguardo affondato
nell’immensità dell’azzurro,
estasiato seguo il volo
delle mille rondini,
che garrendo, sfrecciano veloci
arabescandolo d’avviluppati ghirigori.
           Svolazzando di fiore in fiore,
policrome le farfalle
si posano dolcemente
per annusarne l’effluvio
allorchè all’intorno l’agitar dell’onde
cullano i natanti di pesca, traboccanti,
dove abbronzati pescatori
una dolce nenia cantano al mare
           Cedo al sonno e mi ritrovo
con la donna amata,
sull ’erta scoscesa d’un monte
quando impetuosa una valanga,
rotolando rapida e violenta,
ci colse di sorpresa
e scolpì nell’alma desolata
la dolce tua sembianza, amor.
           E così l’esuberante vita
che di noi faceva un’alma sola
in una triste apatia s’è sfumata
che m’avvelena e m’intristisce ognor,
e attraverso il velo d’amarezza
che’ogni giorno m’avvolge sempre più
fra le mille volute delle rondini,
ti rivedo nell’azzurro, sorridente e mesta.    

La giocatrice
Nel solito vecchio bar centrale
a carte, si giocava una partita
mentre frizzante la birra nel boccale
un po' sul tavolino, era finita.

Il gioco arrideva al giovanotto
in modo assai sfacciatamente
e la ragazza che sempre andava sotto
di rabbia fremea apertamente.

E le partite, una dopo l'altra,
si concludean sempre, in un sol senso
e allora lei, davver talmente scaltra,
dalla sua iella ne ricavò un compenso.

Fingendo una labile memoria
ingarbugliò il gioco del tresette
e per sperare nella sua vittoria,
gli facea intraveder le tette.     

Il pescatore
Lenta procede cullata dall'onda
una barca col motore spento
dove nel mar i remi affonda
il pescator che naviga a rilento;
assorto nei pensieri ei non s'accorse
che andavasi infuriando il maroso
mentre nell'alma sua il desio sorse
di far di pesci, un bottino generoso.
Ma col lento trascorrer delle ore
il mar divenne ancor più tempestoso
sentì allora lo stanco pescatore
della paura il morso velenoso;
lottò invano con foga battagliera
contro l'onde del mare ribollente
ma il natante finì sulla scogliera
sfasciandosi così interamente.

Albeggiava e una donna su dal ponte,
affissando lo sguardo suo dolente
scrutava disperata l'orizzonte
con al fianco un pargolo piangente
che dicea accorato: - "Papà non farci male,
ritorna fra di noi…ti aspetta il nonno"!
ma il corpo senza vita, sul fondale
giacea supino, nell'ultimo suo sonno!     

La fiamma della vita
Mi sembra di vederti mia mammina
protesa sulla culla, sorridente,
mentre leggera e cara, la tua manina,
sul volto mio si posa dolcemente;
or delle tue premur, delle carezze,
delle attenzioni e del bacin d’amor
nulla è rimasto, se non le tristezze
che invecchiato per sempre, hanno il mio cor.

              Ed io mi chiedo che cos’è o mamma
la vita mia, or che mi manchi tu!
nell’alma tua non arde più la fiamma
che riscaldarmi dovea la gioventù;
la fiamma della vita, era fiamma
per me, d’amor e tenerezza rara,
la fiamma del tuo cuor o dolce mamma,
che veggo spenta per sempre, in una bara!         

I due sordi
Con questa mia premessa ora inizio,
presentarvi vorrei di amici un paio,
il primo alto e magro a nome Tizio
e l’altro grassottello a nome Caio.
Entrambi li accomuna una passione
di gusti e preferenze sono affini
amano donne, gioco e cacciagione
e sono sordi entrambi, poverini!
Sostava Tizio all’ombra d’un gran fico
pel pendio che il bosco, al mar allaccia
quando scorse nei pressi quel suo amico
al quale urlò: -«Per caso, vai a caccia»?
Caio che non capì una parola
lo salutò con l’agitar le braccia
e gli rispose, gridando a squarciagola:
«No no, amico mio…vado a caccia».
Tizio allora, gli sbraitò irato
dopo aver detto una parolaccia:
- «Mi spiace proprio brutto sciagurato,
ma credevo che tu, andassi a caccia».
Caio allora, che non capì un bel niente,
mentre in volo s’alzava una beccaccia
rispose piuttosto mestamente:
- «No no amico mio, vado a caccia».
Dispiaciuto per quella giornataccia,
mentre nel bosco s’addentraa l’amico,
bevve d’un fiato il vin dalla borraccia
e s’addormì all’ombra di quel fico.   

Il mare
Pigro declina il sol all'orizzonte
per tuffarsi nel mare celestino
dove lo sciabordio dell'onde
le barche culla, e il ponentino,
qual lieta melodia affascinante,
sussurra dolcemente a tutte l'ore
quella romanza che l'amante
cantar sa, in un palpito d'amore.

Ma quando la procella spaventosa
infuria col suo freddo vento
allora o mar, sconvolgi tu ogni cosa
e sol qualcuno può salvarsi a stento:
sono questi gli agghiaccianti guai
che scoppian col fragore d'una bomba
mietendo crudelmente i marinai
che nei fondali tuoi, trovan la tomba!    

M a r c o !
Piango in chiesa sulla Tua sorte amara,
allorché plaude la folla il suo “Pirata,, invitto
mentre gli amici escon la Tua bara
per intraprendere il mesto tuo tragitto.
           Ai genitori Tuo, Marco io voglio
esprimere, afflitto e desolato,
il sincero immenso mio cordoglio
per il Loro Figlio che in pace se n’è andato.
           Narra la stampa, nell’ora del rimpianto
le imprese Tue, che han stupito il mondo
mentre ascende l’alma Tua frattanto,
dagli angeli accolta, con un gaio girotondo.
           Ti vedo correre con immenso ardore
per l’aspra erta che ti sta d’innanzi
quando possente Tu, qual locomotore,
i Tuoi rivali tutti, sempre più distanzi.
          Adesso la Tua corsa ormai è finita
e al traguardo della vita sei arrivato
mentre il mondo la Tua trista dipartita
annuncia con un pianto accorato.
          Noi auguriamo che il Signor Ti renda
l’eterna pace che noi tutti ambiamo
ed or ch’entrato sei nella leggenda
ai posteri le imprese Tue, additiamo.
          Intanto che il tempo se ne scappa,
per continuare il ciclo della vita,
si conclude con l’ultima Tua tappa
la tua Tua fulgida gara, di beltà infinita!   

Sotto la pioggia
Mesto vedo dalla finestra mia
fitta la pioggia che scende giù dall'alto
ed inondare la ripida via
ove score veemente sull'asfalto
mentre il cielo di vivida luce
s'avvampa ovunque di guizzi biancastri
allorché il tuono brontola truce
per minacciar spaventosi disastri.
Sparuto un bimbetto osserva accorato
la tetra via, scoscesa e deserta
ove un gattino tutto inzuppato
miagola affranto, la sorte sua incerta
e cercando affannato un sicuro riparo
volge all'intorno lo sguardo smarrito
mentre il bimbetto col cuore amaro
accorre in aiuto al micetto sfinito.
Si china ansioso e dolcemente
abbraccia il gattino con tenerezza,
lo coccola un poco con fare silente
e con il cuore colmo d'ebbrezza;
dai nimbi allor, s'effonde ad un tratto
il tiepido raggio del sole festoso
che accarezza commosso il ritratto
del bimbo che bacia, il gattino gioioso.    

Petalo di rosa
I biondi e fini tuoi capelli
qual leggera cascata risplendente
sulle spalle rifulgon così belli
ed ornano un ovale sorridente
adombrato dalle ciglia arquate
che riflettono il bagliore dei gioielli;
la tua bocca qual petalo di fiore
dei denti belli, mostra il lor candor
dal leggiadro sorriso ammaliatore
che all'alma inietta un senso di languor.

Come un essere divino tu sei bella
ed il mio cuor che sempre t'ha sognato
qual vivido baglior d'argentea stella,
in una notte d'amore t'ha bramato;
in una notte di passion verace
la tua sembiante pura, immacolata
al cuor per sempre, ha tolto la sua pace
quella pace che avea con te, sognata.

E l'alma mia, or monda dal dolor
il tuo dolce nome ha sussurrato,
un nome bello d'un fragrante fior
dal petalo soave e profumato
d'evanescente e pur tangente cosa;
un nome dolce che il mio cuor allieta
qual soave profumo d'una rosa
la cui fragranza leggera come seta
m'inebria l'esistenza, amata dolce sposa.   

L'ultimo bacio
Nella fredda notte nebulosa
dalle rievocazioni dei marosi s'erse
di beltà infinita e d'espressione ansiosa
triste il suo volto che dall'alma terse
quest'ode tormentate d'ime pene,
che sospinte dall'etra ognor olente
spoglie d'illusioni e dolci speme
giunger volean qual messagger silente.
Infra i tetri nimbi dell'erpirea,
vagan veloci da si' lungo loco,
egra la mente sembiante sue scernea
che indarno smorzar desiava un poco
ma l'alma caduca soggiacea sovente
al periglioso fio d'uno strale
che pel picciol calle del cor, cocente
d'amor, s'insinuava mortale.
Poi col niveo sudario Parca s'involse
i diafan arti dagli adunchi artigli
coi quali un'alma dalla spera colse
volando fra le fronde d'alti tigli;
allor nell'erpirea cobaltea
dei Serafini un cantico echeggiò
e Parca insulsa s'avvide che frangea
l'avello che fra i rami volteggiò.
Dei tigli ai piedi, leggiadra una fanciulla
dal crine inanellato e risplendente,
di speme invasa l'alma che la culla
all'avello s'accosta riverente;
com'ebbra di licor poi bacia calma
le fredde labbra dell'innamorato
per sempre s'accascia sulla salma
dell'uom che senza lei, se n'era andato.

Nostalgia Tripolina
Nella notte divina, stellata,
l a luna coi suoi raggi d'argento,
bacia pian la città addormentata
mentre il lieve frusciare del vento,
con il dolce stormir delle fronde,
quale voce sommessa, velata,
tra l'odore salmastro dell'onde
canta lieve la sua serenata.
Sogni d'incanto, pien di malie
Tripoli dorme tra il bianco candor
e dalle aiole delle tue vie
lieve s'innalza l'aroma dei fior;
i minareti, tra ciuffi di palme,
contro il celo occhieggiante di stelle
s'intaglian snelli tra l'ombre calme
e a lor, sussurran melode belle.
Del gran Castello l'ombra silente
scivola tremula giù verso il mar
e come cosa palpante, vivente,
placidamente si lascia baciar
mentre lentamente nel deserto
nella penombra triste della sera
vaga la carovan con passo incerto
fra un lento cor di mistica preghiera.
Dell'ombre barcolanti per la via
stanche s'aggiran pregne di dolor
e s'inginocchian con triste nostalgia
ai piedi d'una chiesa tutta d'or;
è l'ombra di povere bambine
che nella loro attesa delirante,
costrette a star lontan dalle mammine
pregano Iddio col cuore lacrimante.
Atroce un senso di malinconia
…piccole bimbe, inonda il loro cuor
e pensano sovente la loro terra pia
che han lasciato con gran dolor
dove le attende il puro e sacro amor
dell'adorato volto lacrimante
il grande amore della mamma lor
che sentono ognor, sempre più grande.
Ti sveglierai Tripoli festosa
ed in quel giorno alle bimbe stesse
tu porgerai una fragrante rosa
che in se racchiuderà mille promesse;
e l'alma loro, ingenua e bella,
che l'amor sentian mancare attorno
lo rivedranno, qual fulgente stelle,
brillare nella via del lor ritorno!  

Orecchie da mercante
Avrei voluto dire a Berlusconi
ond'evitar malumori e screzi,
e tener gl'italiani boni boni
di calmierare per lo meno i prezzi,.
Ma il governo ha fatto orecchie da mercante
non ha preso nessun provvedimento
chi la fortuna s'è fatta come amante
e chi s'è impoverito in un momento.
Insomma fra tanti capoccioni
nessuno è stato accorto e previdente
son passati i poveretti per minchioni
e s'hanno perso col cambio, non fa niente.
Che bello sarebbe se il buon Fato
invertisse per un po' le situazioni
far soffrire chi fin'ora è stato ingrato
e gioire chi ha sognato bei milioni.
Insomma la morale, dico io,
i politicanti, niente fan per niente
e pregano sovente il buon Dio
affinchè ognor, l'eleggano la gente.   

Dolce Fatina
Stasera mammina
m’appari silente
qual dolce Fatina
gioiosa, ridente,
mi stringi sognante
felice al tuo seno
e con mano tremante
il mio volto sereno
accarezzi leggera
e dagli occhi lucenti
una perla sincera
asciugare tu tenti.

    Mi culli estasiata
sul grembo mammina
e l’alma beata
si sente piccina,
la tua ninna nanna
con voce argentina
sovente inganna
quest’alma bambina
che illudersi vuole
d’averti vicina
e sembrar non si duole
mia cara mammina.

    Poi dal sonno si desta
e ti cerca, ma invano
allor non le resta
che pianger l’insano
tormento precoce
che in essa ha destata
l’angelica voce
che l’ha addormentata
e l’alma attristata
non già più piccina
si sente invecchiata
mia cara mammina.

    E la perla sincera
che asciugarmi tentavi
con mano leggera
or pare che scavi
nel volto dolente
una ruga profonda
d’amarezza cocente
che l’alma m’inonda,
e tu, mia mammina
sparisci silente
qual dolce Fatina
dal viso piangente.

   

       
                      Dedicato alla Roma


Premessa

Alla squadra del mio cuor
Nel cuor un pensier m'è nato
sperando nell'idea non vana
d'impegnar durante il Campionato
qualche oretta della settimana
e narrar in tempi assai diversi
le gesta della Squadra mia diletta
che con questi miei modesti versi
m'auguro che salga presto in vetta
e possa mantenere sempre retto
un comportamento assai leale
e vincer finalmente lo scudetto
e il sogno mio, diventar reale;
or questo augurio tanto vecchio
lo faccio alla squadra del mio cor
il cui nome legger nello specchio
potrai, perché fa rima con AMOR!

L'augurio
M' auguro che fra i partecipanti
sia la Roma a partir di getto,
per preceder sempre tutti quanti
e vincer finalmente lo scudetto!

Roma - Bologna
Con l'inizio di questo campionato
sembra che tutto sia filato bene
della partita il corso fortunato
ci ha risparmiato inver, un po' di pene.

Di gol ne avevamo tanta sete
e ringraziando di Totti l'incornata
che fin dal primo tempo è andato in rete
ha fatto ben concluder la giornata.

Allontanata abbiamo la scalogna
con un finale davver poco sincero
concludendo la partita col Bologna
col risultato di ben due gol a zero.

Domani Lupacchiotti, siate grandiosi
nel campo avverso aprite delle brecce,
così gioir potremo noi tifosi
con la limpida vittoria contro il Lecce.


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