Racconti di Giorgio Alessandro Bonnin


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Mi chiamo Giorgio Alessandro Bonnin, ma in rete sono conosciuto come MERLINO; vivo e lavoro a Pinerolo (TO) dove sono nato. Da qualche anno ho riscoperto l'interesse per una mia passione di gioventù: la poesìa! Ho al mio attivo premi in numerosi concorsi letterari ed è in fase di stampa un libro scritto in collaborazione con una poetessa siciliana dal titolo "Dolci inquietudini".

Un uomo semplice
Premetto che l'uomo di cui scrivo è realmente esistito, e ciò che racconto sono episodi che ho vissuto in prima persona, anche se, per ovvi motivi,dovrò talvolta usare nomi "fittizi".
In un paesino affogato nel verde, non lontano da casa mia, viveva un uomo semplice, che tutti conoscevano. Io lo chiamerò "Pinot". Pinot era un gran lavoratore; viveva solo e ad un certo punto, non riuscendo più a "mandare avanti" la campagna, decise di vendere tutto e aspettare la pensione facendosi assumere in una "grande" fabbrica di auto torinese...
Nella parrocchia di una frazione del paese c'era un vecchio prete, che io chiamerò "don Giovannino", per intenderci, una specie di Don Camillo "formato" valligiano, molto affezionato a Pinot, nonostante costui avesse due...difetti; uno era la sua "passione" per il vino,e poi aveva il brutto vezzo di bestemmiare come un turco! A volte,il Sabato sera, don Giovannino piombava all' osterìa e "ordinava" a Pinot di andare immediatamente a dormire perchè l'indomani avrebbe dovuto fare il "chierichetto". E Pinot, non senza mormorare un paio di bestemmie tra i denti, obbediva...Per la verità, come mi confessava talvolta il prete, Pinot era quasi indispensabile per l'attività della parrocchia; sempre disponibile, sempre pronto a sacrificare ore di sonno se c'era da visitare qualche ammalato, qualche anziano in difficoltà. Un morto da vestire? "...chiama Pinot a darti una mano..." mi diceva; "avvisalo che se bestemmia davanti ai parenti poi lo PETTINO io..."
Alla festa della parrocchia nell'aia di una cascina venivano imbandite le tavole per i commensali;al mattino, giochi di bocce dopo la Messa, con il prete in prima linea, e poi...la pappa! ! Dopo pranzo, su un carro allestito in mezzo al cortile un'orchestrina assolutamente " folk" avrebbe provveduto a rallegrare il numeroso pubblico con musica e danze ( ma di questo mi sarei preoccupato io!)
Il "posto d'onore" a tavola, ovviamente riservato a don Giovannino. Alla sua destra Pinot, alla sua sinistra il cognato, noto artigiano del paese e...compagno di sbornie del Pinot, nonché bravissimo chitarrista, che io chiamerò "Michel".
Poi, a "scalare" gli ospiti d'onore: vescovo, sindaco assessori, ecc.
Durante il pranzo, era un tripudio di...bestemmie!
Come sempre qualcuno faceva notare a don Giovannino il modo " fiorito" con cui si esprimeva il commensale alla sua destra, e lui, serafico:"...a volte anche gli Angeli Custodi si lasciano un po'...andare, però fanno ciò che altri DEVOTI non fanno! E poi, alla mia età sapete bene che sono già un po' sordo..."
Ora non sono più tra di noi né don Giovannino, nè Pinot; ricordo però sempre le parole di quell'anziano prete quando, disquisendo al proposito, mi disse: "...Pinot mi fa dannare, e a volte lo prenderei a schiaffi. Però poi dovrei rendere conto al Signore delle mie azioni; tutte le Domeniche entrano in Chiesa delle persone che non bestemmiano, fanno pure la comunione,vantano pubblicamente la loro professione di fede e si riempiono la bocca di citazioni sacre, ma il Lunedì mattina non esitano a denunciare il proprio fratello per un metro quadro di terreno;la mia coscienza mi dice che dovrei prendere a schiaffi anche loro, ma io sono solo un uomo. Credo che quando costoro si presenteranno al cospetto del Signore dovranno mettersi in fila...dietro a Pinot, ovviamente!"  

Tre amici al bar
Tre pensionati,seduti a un tavolino in fondo al bar,sorseggiando un "bianchino" parlottano tra loro.
Dapprima a bassa voce....poi,al secondo mezzo litro, il tono si alza, ed io, seduto un po' più in là, sono pressoché costretto a seguire la "trasmissione".
Apprendo, quindi, che, a detta di uno dei tre, un omone dalla voce stentorea, la panettiera in fondo alla strada è ipertesa..."...contottanta, centodieci...", precisa il pensionato.
"...anche mia suocera...", ribatte quello che mi da le spalle,un tipo smilzo,con un vocina stridula,"...ebbe problemi di pressione...", e vengo informato circa la curache le venne prescritta, e il nome del medico al quale la suocera si rivolse a suo tempo.
Il terzo pensionato, che fin'ora era stato zitto, limitandosi a tracannare "bianchini" socchiudendo gli occhi,forse per coglierne meglio l'essenza, zittisce il suo dirimpettaio, e, abbassando il tono di voce, come se stesse per rivelare un segreto..."...io non mi lamento", dice,"...il colesterolo lo tengo buono con le pastiglie, e quel dolore alla vescica, il dottor (nome e cognome) mi ha detto che è solo infiammazione....infatti mangio in bianco e bevo meno(!?)...
Se penso a mia cognata Angiolina, poveretta, prima l'ulcera...adesso le emorroidi..."
E qui la discussione si surriscalda. Come uno scoppiettante "crescendo" rossiniano, in breve l'aria si fa satura di vocaboli come...trombosi, ictus, dialisi, colicistite, morbo di Parkinson, ecc..
Adesso i tre parlano, quasi urlando, contemporaneamente, ognuno vantando conoscenti con problemi di salute; accalorandosi, persino alzandosi dalle sedie, gettano nella "mischia"infarti, tumori, insufficienze renali...
Pròstate e cirrosi epatiche vengono brandite come clave per zittire gli altri, e, nel parapiglia, qualcuno, finite le "cartucce", furbescamente inserisce anche amputazioni, femori rotti, incidenti, arrivando a snocciolare nomi e...soprannomi di persone affette da epilessìa, fuoco di S. Antonio, anoressìa, ecc...
Intanto intorno ai tre si è fatto il vuoto, e il barista, tra il divertito e il preoccupato, osserva la scena.
A questo punto, mi alzo anch'io ed esco dal bar, "felice"di sapere che un numero incredibile di miei concittadini è tormentato da svariati malanni, e sopratutto soddisfatto per aver appreso a quali rischi vado incontro quando mi accendo una sigaretta, sorseggio un drink, bevo un...per la miseria! In quel bar ho preso un caffè, e adesso mi sembra di avvertire una lieve fitta all'inguine...o, forse,..la gamba...però potrebbe anche trattarsi del fegato...
Boh, forse farei bene a consultare il medico...   

U.S. Security
Correva l'anno 2002, e le mie vacanze messicane erano state "funestate" da incredibili perquisizioni agli aeroporti: Londra, Dallas.Al ritorno feci scalo a Los Angeles, e venni immediatamente "sequestrato" da due poliziotti per l'...ennesimo controllo bagagli.Lei era un'ispettrice di polizia, alta e bionda, un tipo che se anzichè le mie valige avesse perquisito...me avrei volentieri ceduto alla...violenza!Lui era basso, scuro, portava i gradi da sergente e parlava anche spagnolo.Riuscii a leggere sul cartellino che portava appuntato sul petto che si chiamava Pedro Garcìa!
La bionda riuscì in pochi minuti a rovinare un capolavoro fatto di tempo e "sudore", cioè la mia abilità ad assemblare nelle valigie molte più cose di quelle che possedevamo al nostro arrivo in Messico: indumenti, biancheria, bottiglie di...tequila,e orpelli vari, materiale desolatamente sparso su un freddo tavolo che sarebe stato faticoso e difficile ricomporre e richiudere in valigia.
Ad un certo punto lei estrae un vasetto di crema di quella che usa mia moglie per difendersi dal sole,dalle zanzare o da qualcos'altro.Lo apre e mi chiede "what is that"? (cos'è questo)? E io rispondo: "sghinga"! Mia moglie trasale, impallidisce e mi sussurra all'orecchio..."adesso ci arrestano,sei contento?". Perchè in effetti quella parola fa parte del glossario Piemontese e significa una certa cosa...
La bionda ne annusa il contenuto e sentenzia:"very good"! Mia moglie tira un sospiro di sollievo.
Più tardi, terminata la "cerimonia" mi allontano con le valige, ma il signor Garcia mi insegue. " me permite una prejunta senor?" (mi permette una domanda, signore?) "claro que si" (certamente!)..."cosa es...sghinga?" (cosa è...sghinga?) mi chiede, e io rispondo: MIERDA!!!
Il sergente Pedro Garcia scoppiò a ridere come un bambino!
Dopo subimmo ancora due perquisizioni, con metal detector tra le dita dei piedi e anche un po' più in su...
Fu solo quando atterrammo a Torino Caselle che mia moglie smise di preoccuparsi, e farsi una ragione che non avremmo dovuto telefonare al nostro avvocato! Un po' di "sghinga" in California: e che sarà mai?! In fondo lì ne hanno già tanta che, una più, una meno...    

Messico, iguane e…polenta!
A volte, viaggiando, ti succedono cose strane. Nell'Estate del 2002 mi recavo in Messico per la seconda volta. Salvo rare eccezioni, normalmente viaggio in Agosto, perché, a differenza del sottoscritto al quale permettono di fare le ferie praticamente quando...vuole, tranne il mese di Ottobre, che precede la ricorrenza di Ognissanti, l'ufficio dove lavora mia moglie chiude solo in Agosto, e lei, ahimè, in ferie da solo non mi lascia proprio andare !!!
Poichè non amo i viaggi organizzati, viaggio sempre "in proprio", e mi organizzo la "trasferta" in modo meticoloso.
Così una sera verso le 21, ora del Pacifico, stanchini stanchini, dopo aver fatto tre scali, aver cambiato aeroporto (a Londra) ed aver subito perquisizioni e interrogatori degni del KGB, io e la mia complice giungemmo a Cabo San Lucas, una ridente cittadina nello stato messicano BCS (Baja California Sur). Il residence che ci ospitava si trova ai confini tra il Pacifico ed il Mare di Cortez, e gode di un'ottima vista su ambedue.
Ovviamente, quella sera, dopo una tonificante doccia tiepida e il consueto "rito" del...caffè ( mi porto sempre caffè e moka da casa per evitare prevedibili sorprese, e preparo il tutto la sera prima di andare a letto) decidemmo di recuperare il sonno arretrato con una buona dormita. Il mattino seguente uscii per guardarmi un po' intorno; il residence era molto verde, e nei pressi di un muretto che costeggiava la strada che porta alla cittadina, mi imbattei in una colonia di...iguane! Nere,azzurre e verdi,e molto giocherellone. Erano di taglia "media",dai 40 ai 60 cm.e fu amore a prima vista. Io lasciavo un po' di cibo sul muretto,e, come mi allontanavo, loro uscivano a mangiare. Così ebbero modo di gustare specialità "rare" da quelle parti; avreste dovuto vedere come gradivano gli spaghetti al ragù,cotti al "dente", ovviamente!
Però, evidentemente, alcune di loro erano un po' più...intraprendenti.Infatti, mi accorsi che nel residence,tra le aiuole, comparivano dei cartelli redatti in inglese e spagnolo con su scritto pressappoco così: CARO OSPITE, SE LASCI LA PORTA APERTA POTRESTI RITROVARTI UN IGUANA IN CASA. NON FARLE DEL MALE, PERCHE' STA SOLO CERCANDO UN PO' DI CIBO E AMICIZIA. GRAZIE. LA DIREZIONE.
Cabo San Lucas è una cittadina molto vivace; piena di ristoranti, posadas, cantinas, la sera risuona delle numerose "parrandas" gruppi musicali ambulanti che, armati di trombe e chitarre deliziano gli avventori dei locali con musica "mariachi" e "nortena".Il caldo incredibile, però, ne sconsiglia la frequentazione nelle prime ore del pomeriggio, per cui la spesa al supermercato la facevamo di mattino o la sera dopo le 19! Fu proprio un mattino che vidi dei "salamoni" gialli sugli scaffali con su scritto POLENTA!?In Messico!? La tentazione di assaggiarla era troppo forte, più forte del caldo.
Così una sera, complice un piatto di merluzzo con panna, un intingolo a base di funghi (messicani ovviamente, della "sierra" di San Antonio, e NON allucinogeni, per fortuna...), assaggiai la migliore polenta del mondo! Grana grossa, qualche "grumo, sapore contadino, come quella che faceva mia nonna sulla stufa a legna!Ne offrii anche un assaggio alle iguane!
La particolarità di questo piatto, è che, leggendo sull'etichetta,era "importato" dagli U.S.A., e veniva prodotto da una ditta di Seattle che si chiama...SAN GENNARO!!!
Roba da MATTI!!!!    

Storiella canadese
Era un bel pomeriggio d'Agosto,e correva l'anno 1993.
Stavo passeggiando per la via principale di Orillia,una graziosa cittadina di 29.000 abitanti (così recitava il cartello di benvenuto posto all'ingresso dell'abitato), a circa 150 km. nord di Toronto, sulle rive del lago Simcoe.
Anche Orillia, come altri centri che ho avuto il piacere di visitare in quell'angolo di Canada, era costruita "a misura d'uomo", con ampi spazi verdi,giardini ben curati,larghi viali alberati.
Alla mia destra, un susseguirsi di graziose casette, con relativo giardino,e, sul lato opposto, la chiesa cattolica e l' "opera house", il teatro dell'opera.
Ad un certo punto, la mia attenzione viene attratta dal rumore di brusche frenate sull'asfalto; alzo gli occhi, ed effettivamente vedo alcune auto ferme sulla strada, benchè il semaforo indicasse il "verde".
Incuriosito, mi avvicino all'incrocio, e il...mistero è svelato; un piccolo scoiattolo, senza alcuna fretta, stava attraversando senza, ovviamente, preoccuparsi del semaforo rosso...
Non so se in seguito questo roditore venne poi "multato" da qualche solerte "giubba rossa", ma, sicuramente, capii che la sua grande fortuna era quella di essere "cittadino" del civilissimo Canada.
Francamente, non so se in altri siti e luoghi di mia conoscenza, quella bestiola avrebbe salvato...la pelliccia...   

Oft In The Stilly Nighy
Fu un'improvvisa voglia di birra a farmi varcare la soglia del "Triangle Irish pub" quella sera.
L'arredamento era in legno, e trasudava fragranze di orzo e di luppolo.
Una giovane donna dai capelli rossi, con un simpatico sorriso adagiato su un prato di lentiggini,depose sul mio tavolo un enorme, profumatissimo boccale di "Guinnes", nel quale mi tuffai con lo stesso entusiasmo di un giovane che fa l'amore per la prima volta.
Poco dopo, la donna, che, seppi più tardi,si chiamava Melody,si accostò al mio tavolo, chiedendomi se non mi fosse dispiaciuto che, di fronte a me, avesse preso posto "fratello Roddy". D'istinto, risposi affermativamente, anche perché in quel locale non conoscevo nessuno, tanto meno Roddy "the brother".
Poi lo vidi; si alzò lentamente da un'altro tavolo, e, boccale di birra in una mano,piatto di fagioli e pancetta,dall'altra,si sistemò di fronte a me.
Ad occhio e croce, cento chili di...Irlanda, sormontati da due chiazze d'azzurro intenso, in una selva di barba color grano.
-...pensavo tu fossi inglese- mi disse,-...in fondo è meglio così...anche perchè sarebbe la prima volta che un inglese mette piede qui dentro...-
Mi spiegò che lui di solito siede a questo tavolo, che gli altri non gli piacciono, ma poiché era già occupato da un sconosciuto (cioè da me!) mi fece chiedere da Melody se poteva accomodarsi. Perché, mi disse, lui si considerava persona educata, anche se faceva il macellaio, categoria che dalle sue parti (chissà perché?) non godeva di buona nomèa in fatto di educazione(!?)
Non osavo sorridere, perché "fratello" Roddy mi raccontava queste stramberie,sparandomi dritto negli occhi quel suo sguardo di fiordaliso.
Ad un certo punto, una piccola "band", posta sull'altro lato del locale, attacca "Oft in the stilly night", una dolcissima ballata popolare irlandese. Il gruppo canta in Gaelico, e, uno per uno, tutti i presenti si alzano in piedi e si mettono a cantare a loro volta.
"Fratello" Roddy mi da una gran pacca sulla spalla,e mi dice:-...canta anche per me...(come se conoscessi il Gaelico!)...io devo scappare, altrimenti mi metto a piangere...- E scomparve.
Uscendo, Melody mi chiese come stavo.-...Roddy? Non preoccuparti,fa così tutte le volte... Torna a trovarci...-
La stranezza di questo episodio non è costituita tanto dal mio balzano interlocutore, ma dal fatto che quella sera d'Estate del '94 non mi trovavo sull'"Isola di smeraldo", ma su un'altra molto lontana dall'Irlanda. Ero in una località detta "Playa del Ingles", in pieno oceano Atlantico, sull'isola di Gran Canaria...  

Disavventure…tropicali
In un caldo mattino d'Estate del '96, stavo passeggiando,con la famiglia, per le vie di Puerto Plata, la seconda città della Repubblica Dominicana, per fare un po' di spesa per il pranzo.
Giungemmo nei pressi di un piccolo negozio, dove già altre volte avevamo acquistato degli ottimi frutti di mare, e dissi a mia moglie e a mio figlio che li avrei aspettati fuori mentre facevano le compere.
Proprio lì vicino, in una zona d'ombra, c'era un ragazzina di colore,poco più d'una bambina, in piedi, vicino a un palo dell'illuminazione di colore verde.
Si avvicina un giovane con il motorino, parlano,poi lei sale dietro di lui, e se ne vanno...
Io resto in attesa,vicino al palo, quando mi si avvicina un nero a bordo di una "vespa", mi fa l'occhiolino, e mi dice: "...vamonos?"Al mio cenno di diniego, di allontana di un centinaio di metri, poi si ferma ad osservarmi.
Senonché, poco dopo, la scena si ripete con altri tre, a bordo di un motorino.
A questo punto, mi allontano ed entro anch'o nel negozio.
In quella zona, alcune persone provviste di mezzo di locomozione,si offrono, dietro compenso, a scarrozzare i turisti in giro per mostrare loro le cose interessanti del luogo.
Già, pensai, ma allora perché costoro, al mio cenno di diniego si sono allontanati subito, senza insistere, come fanno di solito quelle "guide" improvvisate? E perché farmi l'occhiolino?
Mentre raggiungevo il luogo dove avevo parcheggiato l'auto,mi fermai da Julio, un ragazzo con il quale avevamo fatto amicizia,che gestiva un chiosco di frutta e verdura,
e gli raccontai l'episodio.
E costui, piegato in due dalle risate, mi spiegò che il palo verde accanto al quale avevo sostato aspettando i miei familiari, da quelle parti era chiamato " el palo del amor";in buona sostanza, chiunque sostasse presso quel palo, era persona che si...prostituiva!
Giunto nel nostro appartamento di Playa Dorada, mi osservai bene allo specchio, ma, con tutta la buona volontà e fantasia, non riuscii a cogliere alcunché di "sexy" nell'immagine che lo specchio mi proponeva.
Mah, valli un po' a capire questi Dominicani...   

Gelsomino
C'è un mondo dove ogni essere che vive, che respira, ha diritto di cittadinanza e gode del rispetto dovuto ad ogni creatura.
Gelsomino era un bellissimo esemplare di ofide, lungo circa un metro e mezzo, lucido di nero con venature verdastre.Un gran bel serpentaccio, simpatico e giocherellone, che amava rifugiarsi spesso in una tomba di famiglia del Cimitero di una cittadina, vicino a un torrente. Nel Cimitero viveva un uomo,conosciuto in tutto il villaggio, che veniva definito da qualcuno "amis d'le masche"( amico degli spiriti) e costui aveva "sentito" subito che tra le piante di quella tomba c'era un "ospite", e andò a trovarlo. L'uomo era avvezzo a capire ,e farsi capire dagli animali, e quando incontrò quei due occhietti neri e immobili si rese subito conto che dietro c'era un universo da scoprire e da amare, perché se questa forma di vita esisteva, un motivo ci doveva pur essere!Così, la sera, l'uomo cominciò a recarsi spesso presso quella tomba, portando pane secco e crocchette( aveva due cani, e le crocchette in casa sua non mancavano mai),che Gelsomino gradiva tantissimo; le ingurgitava senza masticare, e poi faceva qualche capriola, e l'uomo sapeva che era il suo modo di ringraziare...
Ma un giorno qualcun'altro vide Gelsomino,e corse dall'uomo del Cimitero urlando di aver visto un essere repellente. Non contento, chiese udienza al Borgomastro della cittadina, e riferì il fatto. Immediatamente si aprì un'inchiesta.
Il comandante delle guardie, che era amico dell'uomo del Cimitero, lo informò che presto sarebbero arrivati tanti uomini armati di forconi e quant'altro per uccidere Gelsomino. Non era importante se in quel luogo giovani dediti alla droga o persone venute da lontano bazzicavano e rubavano le borse alle donne anziane, non era grave se vandali notturni compivano ogni sorta di scelleratezze, ma il vero pericolo era costituito da un innocuo biscione nero dai riflessi verdi che non chiedeva altro che poter vivere in pace!
L'uomo del Cimitero tentò di convincere Gelsomino ad andarsene, ma non ci fu verso di spostarlo; allora cosparse la tomba di benzina,e Gelsomino se la diede a gambe levate, sicuramente disturbato più dall'odore acre e insopportabile da parte di chi è abituato a vivere in mezzo alla natura che dalla consapevolezza dell' effettivo pericolo che stava correndo.
Il mattino seguente giunsero i "cacciatori"; il comandante delle guardie chiese all'uomo del Cimitero il motivo di quel puzzo di carburante. "...francamente non ne ho idea..." Il comandante sorrise sotto i baffi,e ordinò ai suoi uomini di andarsene, che lì non c'era nessun serpente...
L'uomo del Cimitero non vide più Gelsomino, ma ancora oggi, quando si reca a spasso nel bosco, porta con se un po' di pane duro e delle crocchette; non si sa mai...   

La favola
C'era una volta un bambino che viveva in un castello in cima alla collina, un castello dove vivevano anche altre persone. Era un bimbo strano, perché a volte cantava canzoni che nessuno gli aveva mai insegnato, e parlava con i gatti e qualche volta con i serpenti. A 5 anni sapeva già leggere e scrivere correttamente, anche se non sapeva fare di conto.
Le gatte,poi, sovente andavano a partorire sul suo lettino, e lui restava sveglio la notte per paura di fare male ai piccoli.
Ma la sua specialità era quella di fare dispetti atroci; sovente raccoglieva escrementi di gatto o lucertole morte, le impacchettava per benino nella carta che aveva rubato nel retrobottega del vicino negozio di alimentari, e di soppiatto "infilava" i pacchetti nelle borse della spesa delle signore. Era anche l'unico bambino del borgo che aveva l'ardire di scavalcare il recinto dell'orto del parroco per rubare la frutta,e amava spingersi fino al convento dei Salesiani,quando, nella stagione delle fragole, migliaia di frutti rossi e scarlatti sembrava stessero aspettando solo lui, con i chierici a inseguirlo per i campi, impediti e...inciampati dalle lunghe cotte nere!
A volte si spingeva nei sotterranei del castello, ignorando steccati e cartelli che ne vietavano l'ingresso, e lì incontrava voci vestite d'ombra,e ascoltava estasiato ciò che le voci raccontavano. Le voci talvolta gli rivelavano cose che sarebbero avvenute, ma quando lui lo riferiva ai "grandi" nessuno lo prendeva sul serio. Così si inventò una FAVOLA, dove si rifugiava spesso per sfuggire ai sorrisi di derisione e agli ammiccamenti dei"grandi", una favola in cui la sua verità veniva creduta e tenuta in conto.
Nel castello viveva un uomo buono ma stupido,che aveva sposato una donna di un paese lontano. Quell'uomo lavorava lontano dal castello, e sovente stava via dalle prime luci dell'alba fino a notte fonda.
Ma un'altro uomo, con una motocicletta gialla veniva nella sua casa quando lui era assente, e tutto il borgo lo sapeva; a volte la moglie saliva con lui sulla motocicletta e andavano via per ore...
Una sera di Giugno le voci raccontarono al bambino di una disgrazia; c'era una motocicletta gialla e del sangue, e il volto di una donna venuta da un paese lontano sporco di terra.
Il bimbo riconobbe quel volto, e a mezzanotte uscì in strada per avvertire il marito di quella donna di non lasciarla uscire la sera con l'uomo della motocicletta.
Il marito andò su tutte le furie, accusando il bambino di essere un visionario e un bugiardo, e lo minacciò addirittura di morte.
I genitori del bimbo vennero informati della cosa e proibirono al figlio di allontanarsi da casa la sera.
La sera seguente il bimbo non uscì di casa," sorvegliato" dalla nonna materna,l'unica persona che credeva alle sue storie.
Fu verso le 23 che il cortile del castello si riempì dapprima di brusii, poi di urla. La nonna lo guardò, e tra le lagrime gli disse: " peccato che oltre a me ti abbiano creduto solo i gatti"...

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