Poesie di Giomiri


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L'inverno
Finirà l´inverno
sui muri sbrecciati,
erba nuova
accarezzerà
cancelli arrugginiti
e solchi profondi
la terra esaurirà.

Finirà l´inverno
della tristezza,
incatenata a ceppi
di sospiri
acerbi
e nuova vita
prometterà.

Finirà l´inverno
delle fughe
senza ritorno
del tempo
che lascia
traccia
di se
scrivendo
la sua storia
intorno
ai nostri occhi

Ho mani
Ho mani nodose
raccontano della vita
e te la mostrano nude
perché sanno del dolore.

Stringono altre mani
compagne di viaggio
si sorreggono ad esse
e cercano il coraggio.

Ho mani che frugano
nell´altrui cuore
e non si vergognano
di chiamarlo Amore.

Questo è il mio campo
A chiudere la porta
il respiro ne prende la forma
gocce di morte
brillanti di rugiada
ultimi aneliti di vita
melodia atavica del dolore.

E le dita toccano corde,
quel che resta di corpi,
uomini alla deriva,
attraversano la strada
lastricata di facce
occhi vuoti
e bocche smisurate
che gridano lapidarie
tormenti muti.

Questo è il mio campo
mi cinge la memoria
col filo spinato dei ricordi
mentre la carne mi tortura.

E intanto il forno
continua a soffiare
nuvole bianche di anime lontane

La quiete!
La sera
m´ accarezza
le ciglia
e m´invola tra i rovi
del tuo cuore.
Braccia stanche
cingono l´ignoto
e noi
come naufraghi
mai arresi
a dirimer
la quiete
attendendo
la tempesta.

Figli miei
Ho partorito
da un ventre scarno
figli senza nome
e li ho vestiti
di ogni rimpianto.

Abbandonati
e poi
dimenticati
ho svuotato il cuore
del loro inutile pianto.

Son corsa via
per non udire
il peso
del loro sguardo,
quegli occhi
così fondi
da leggervi dentro
ogni oscuro presagio.

Questo è il cammino
miei orfani senza voce,
un domani
già scagliato alle spalle.

La nascita
Mi vestirò della sabbia
che il mare ha ripudiato.

Lascerò che l´ultima
onda inesperta
lambisca
le anse cedevoli
della mia anima sciupata.

Offrirò il fianco
prima ancora
ch´egli lo reclami
docile ed arrendevole
nell´immutabile delirio.

Disporrà del mio cuore
lo lascerà pulsare
indifeso
nel palmo
della sua mano eterna
e il giorno nuovo
aderirà al tempo

Sono niente
Sono spirito digiuno
smarrisco la via del ritorno
e la ritrovo
che la notte è già calata
sul carosello
di umane solitudini.

Sono impronta
sul vetro appannato,
vita che mai mi rifletti
e mi passi accanto
guardinga.

Sono quel piede
che calca le orme
di un uomo sconfitto
che col capo chino
innanzi a me cammina
a spianarmi
quell´unico sentiero.

Sono un grido lontano
eco che torna,
voce comune
di un destino beffardo.

Tu che sei
Tu che sei
dentro e fuori di me
osservato e spiato
giudicato e offeso
da chi
ti osserva
ti spia
ti giudica
ti offende
perché mai
ha conosciuto
un´anima.

Tu che mi regali
ogni notte
un peccato nuovo
fammene dono
perpetuo
perché il mio paradiso
si schiuda
e in te
io sazi la mia
dannazione.

E non addormentarti
dimenticandomi
io non dimenticherò.
La morte busserà
e ancora
e ancora
abbracciati
unica carne
unico respiro
stupita
ci scorgerà.

La speranza
Passi malsicuri
intralciano i fili
d´argento
che il tempo
lascia pendere,
in balia del vento,
come esuli sopravvissuti
dalle nostre vite,
trama che pazientemente
scuce.
Nel nostro domani
si annidano tare
che riscrivono
la loro novella
su ciò che resta
delle nostre divise
smesse.
Giorno e poi notte
unico cristallo
di neve
non dissolverti
in poesia di vita
ma restami
sola speranza
al fianco.


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