Poesie di Antonio Iraci


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A Nelson Mandela
Un gran lutto ha sconvolto
tutto il mondo civile.
Ci ha lasciato un eroe,
un eroe come pochi,
che, con immani dolori,
ha donato la vita
al riscatto degli oppressi
dalle leggi razziste:
Nelson Mandela.
Ventisei anni
in una squallida cella,
i lavori forzati,
isolato dal mondo,
isolato dai suoi cari.
Ma una forza possente
lo teneva ancorato
ai suoi grandi ideali,
il sorriso sulle labbra,
la poesia nella mente,
il perdono nel cuore.
Ed ha vinto!
Tutto il mondo l'ha applaudito,
tutto il mondo l'ha premiato.
Or ci lascia.
La notizia m'ha colpito,
ma non posso far altro
che un inchino dolente,
un inchino profondo
con le lacrime agli occhi,
come estremo saluto
a colui che ha scritto
una pagina eroica
nella storia del mondo.

Mi sei saltata addosso
Una festa fra amici,
un incontro come tanti
per segnare un evento
fra di noi familiare.
Siamo in tanti:
il vocìo copre tutto,
mentre il tavolo è colmo
di delizie invitanti.
Ci affolliamo,
ci scambiamo pareri
fra un sorso e un assaggio.
L'allegria dilaga,
fra le note assordanti.
Tu sei nuova:
un'amica comune
t'ha condotta al locale,
presentandoti al gruppo.
Mi guardi,
uno sguardo profondo,
delizioso e invitante.
M'avvicino....
un sorriso impacciato
ed un passo dubbioso.
E poi, in un attimo,
mi sei saltata addosso,
aggrappandoti a me.
Una stretta fatale
che ha cambiato per sempre
la mia vita e la tua.

Un'ombra che cammina
Il mantello fino ai piedi,
uno scialle sui capelli
ed il velo sul volto.
Solo gli occhi scoperti:
occhi tristi, sfuggenti
che osservan la strada
fra la nostra indifferenza.
Son tra noi, in Europa,
han lasciato in oriente
fame e guerra,
sofferenze e paura,
ma han portato un bagaglio
a dir poco agghiacciante.
Ho letto il diario
di una donna yemenita
e non trovo le parole
per descriver lo sgomento.
Prigioniere dei maschi
e di leggi tribali
d'inaudita barbarie.
A dieci anni
vendute e sposate,
stuprate e picchiate,
sfruttate e umiliate.
E nessuno le vede,
e nessuno le sente:
sono ombre, solo ombre
che non lasciano traccia.
E così fan da noi,
rassegnate, impaurite
dai mariti-padroni.
Ma è sbagliato:
nessun volto coperto
è permesso per legge!
Via il burqa, la paura,
sofferenze ed affanni;
aiutiamole, finalmente,
ad alzare la testa.

Rivedo il mare
E' gennaio, s'avvicina il tramonto,
si diradan le nubi
ed un raggio m'abbaglia.
Sto guidando, ma rallento,
c'è qualcosa che attira
la mia mente distratta
dalla fretta del rientro.
Ho lasciato alle spalle
la bellissima Sila
e il Tirreno compare
dietro il verde e i tornanti
di scoscese colline.
Sono proprio i ricordi
a condurmi per mano,
e li seguo commosso.
C'è Tropea, che stupendo!
Le sue vie, i locali,
il suo albergo,
ove vissi le estati
dei miei anni più belli;
la sua buona cucina,
la piscina, coi miei tuffi.
M'avvicino al belvedere,
e l'azzurro del mare
m'assale, m'inonda.
Scendo il viale,
sono in spiaggia.
Chiudo gli occhi
e rivedo il mio lido,
le nuotate con lei,
gli ombrelloni e i bagnini.
Li riapro, e mi appare il deserto,
onde alte, e una brezza gelata.
E riparto. Un pensiero potente:
tornerò questa estate,
e sarà tanto bella.

Il mio telefonino
(Dedicato ad un mio caro amico
ed a tutte le altre vittime di questa
dipendenza che io chiamo "telefonite",
ai quali rivolgo un accorato appello:
cercate di guarire!
)

E' passato un minuto
dal tuo ultimo squillo
e continui a tacere.
Mai successo.
La mia vita e la tua,
come un solo respiro
son rimaste legate.
Il mio umile orecchio
t'ha scaldato e ascoltato,
la mia voce sicura
t'ha da sempre parlato,
la mia mano pietosa
t'ha da sempre carezzato.
Fino ad ora.
Due minuti.
Lo sconcerto mi prende,
la paura mi assale,
mentre chiedo, desolato:
o mio telefonino,
come mai così muto?
Tre minuti.
Il silenzio prosegue,
lo sconforto va avanti;
una lacrima riga il mio viso,
poi un'altra, e ancora.
Il mio pianto dilaga,
mentre un tremito
forte mi prende.
Quattro minuti!
Questo è troppo, m'ammazzo!
Poi uno squillo,
uno squillo cercato,
atteso, agognato,
e il mio urlo dilaga,
potente, gioioso,
mentre salto di gioia,
calpestando le lacrime
fino ad ora versate.

Dolci ricordi
Quando la sera scendea lentamente
m'appisolavo fra le braccia tue,
e il mio cuor s'acquietava.
Dubbi e tristezze
svanivano d'incanto,
per fare spazio
ad un mondo sereno
ove tutto avveniva:
prati in fiore,
stormi d'uccelli
volteggianti nel cielo
e animali gioiosi
che giravano intorno.
Ed io correvo,
correvo insieme a loro,
spensierato, felice.
Poi mi svegliavo,
e il sogno mio svaniva.
Ma i tuoi occhi sinceri
mi ridavan la pace,
e tornavo a dormire.
Dolci ricordi
d'un tempo passato!
Or non ci sei, o madre,
ma il tuo sguardo mi segue
dall'immenso del cielo.
Sei triste. I dolori terreni
han segnato il tuo sguardo,
ma io son certo:
un dì ci rivedremo,
e sarà festa grande
al cospetto del Padre.

La siepe
E' buio.
Rimembranze lontane
annuncian l'esistenza
della meta vicina.
Io vago,
inciampando qua e là
fra sterpaglie ed arbusti,
sotto un cielo affollato
da un groviglio di nubi.
Ma procedo:
il mio passo è sicuro
e il cammino veloce.
L'obiettivo è vicino,
già lo vedo, lo sento,
e il viottolo stretto
che serpeggia davanti
mi conduce alla siepe.
La cara siepe
della mia giovinezza,
della nostra giovinezza,
dove un muro di foglie
separava dal mondo
i nostri baci
ed i nostri sospiri.
Chiudo gli occhi
e rivedo quei giorni,
il tuo volto felice,
la tua voce squillante.
Ci abbracciamo,
e il presente svanisce,
per fare posto
ad un sogno infinito

Ho lottato ed ho perso
Ho lottato.
Come un bravo soldato,
ho servito le idee
che credevo più giuste.
Una lotta sfociata
dal profondo del cuore;
una lotta condotta
con le unghie e coi denti.
Il partito era tutto:
assemblee, propaganda,
comizi e cortei.
E le spese:
la sede, la luce, la stampa,
rinnovo iscrizione.
Sacrifici continui
accettati nel nome
d'ideali puri e sacri.
Poi, un giorno, la sorpresa,
un'amara sorpresa:
ai signori onorevoli
privilegi, vitalizi,
stipendi da sogno,
portaborse, viaggi,
auto e aerei
per loro e gli amici.
Alla faccia della crisi!
Alla faccia di noi tutti!
Lo stupore fu grande,
lo sconcerto tremendo
e stentai a capire.
Ma alla fine mi arresi
all'amara realtà
e, fra rabbia e furore,
gridai: "Sporca casta,
ed io così stupido
da sprecare una vita!"
Ho ripreso le forze
per aprire un cassetto
e ridurre in brandelli
trent'anni di tessere.

All'amore perduto
Non ti vedrò mai più,
perduto amore,
non vedrò le tue chiome,
le chiome care
che un giorno accarezzai;
nè vedrò il tuo sorriso,
nè i tuoi occhi.
Eppure sembra ieri!
Vedo il tuo volto,
il tuo radioso volto
che ride ancora,
felice della vita
e ignaro del destino,
del destino crudele.
Vedo l'artiglio
della funerea morte
scendere su di te,
freddo, gelido,
e lasciare
l'incancellabil marchio.
Ed il pallore,
il pallor mortale
ti segnò il volto,
le care rosee guance,
e un freddo glaciale
aggredì le tue membra:
rigido marmo gelato
in balia della morte.
Cos'è la vita,
perchè si nasce
se poi si deve morir
nel fior degli anni?
E tu, crudel destino,
non hai pietà di chi ama?
Ora vedo il tuo nome
su una pietra,
fra tante croci;
e un cumulo di terra,
misero, ti ricopre.
Ed io guardo una foto,
ed ogni volta piango
le lacrime più amare.

Un volto
Rovistando in un vecchio cassetto
ho trovato una foto.
Una foto consunta dal tempo,
strappata e sbiadita,
ma che ha riaperto
rimembranze lontane.
E' passato:
tutto è passato
senza lasciare traccia,
ma nel mio cuore
quanto è rimasto!
Quel volto ridente è passato:
un volto che sogna
di fronte a un tramonto,
un volto che piange
guardando una rosa.
E la vedo:
portatrice di pianto,
lei ritorna insistente
nei miei sogni.
E la vedo, di fronte:
gigantesca chimera,
col suo volto che brilla
nella notte più nera.
Ma forse è meglio
vivere al buio.

Vivi la tua vita
Lo specchio riflette
due lunghe trecce bionde,
due occhi azzurro mare,
due grosse rondini
per orecchini.
E' il tuo amico.
L'amico fidato
a cui confidi
i tuoi dolci segreti,
mentre maneggi con grazia
pennelli, ciprie e rossetti.
Sei bella, così bella
da togliere il fiato,
ma il tuo animo è triste,
e una lacrima scivola via
rigandoti il viso.
Ami con tutta te stessa;
un amore totale,
un amore fatale,
ma un amore
non corrisposto,
che riporta alla mente
un pensiero opprimente:
donna, vera donna,
prigioniera in un corpo maschile
in cui non trovi requie,
perchè vedi non tuo.
E piangi, piangi
all'amore mancato,
al tuo sogno svanito.
Ma, poi, un gesto d'orgoglio
ti fa sussultare
e sorridi, sorridi,
ti asciughi gli occhi
e riprendi a truccarti:
un arcobaleno
dopo la tempesta.
Brava, sei giovane e bella,
non lasciarti andare,
vivi la tua vita,
e schiva ogni dubbio.
Sii dolce, sii dolce
e leggiadra;
e l'amore, quello vero,
vedrai, arriverà.

Sei tornata
E' sera.
Il cielo d'estate
si tinge di rosso,
mentre il sole si eclissa
e frammenti di raggi
m'accecan lo sguardo.
Venere splende,
più stupenda che mai,
e ne segue il tramonto,
mentre il buio
si fa strada.
Ecco, allor, che ti vedo,
in penombra,
che procedi indecisa.
T'aspettavo.
Il mio cuore sussulta
ed un tremito assale
le mie povere membra.
Sono incerto, confuso:
si risveglian ricordi
ora dolci, ora amari,
fino all'ultimo addio,
che ha lasciato il mio cuor
nel dolor più cocente.
Anche tu sei confusa.
Ti fermi,
e una lacrima sgorga
dai tuoi occhi agitati.
Ci abbracciamo,
ed il mondo si ferma,
coprendo d'oblìo
dolori ed affanni.

Mia nonna
Quella tenue ombra
seduta in un angolo buio
era mia nonna:
i capelli candidi
come la neve,
le rughe sulla fronte,
gli occhi tristi,
come se vedessero
già l'aldilà
e avessero paura
di chiudersi per sempre.
Eppure com'era dolce
il tempo quando
mi sedevo, fanciullo,
sulle tue ginocchia
e giocavo, felice,
col filo di lana
su cui lavoravi!
Quando, grande,
ti raccontavo
i miei piccoli problemi,
e il tuo sguardo paziente
mi dava coraggio!
Adesso guardo quell'angolo
e col ricordo
la vedo come allora,
ma se la chiamo
non mi risponde
e quell'ombra svanisce,
perchè un mucchio di terra
la ricopre da tempo.

Povero mondo
Volo.
Qual nuovo Icaro
sorvolo mari e monti.
Nel buio
un bagliore irreale
attira il mio sguardo:
brucia tutto.
Mi fermo di scatto
e il mio sguardo appannato
si riempie d'orrore.
Che squallore!
Nulla resta
del mio bosco adorato,
tranne cenere
e il lamento straziante
delle sue creature.
Mi sposto, veloce,
e la terra africana
mi compare d'innanzi.
Elefanti, giraffe
gazzelle gioiose
che brucano l'erba.
E leoni, acquattati,
in attesa di prede.
Stupendo, ma per poco!
Uno sparo fende l'aria,
poi altri, e altri ancora.
Cacciatori di frodo fan strage.
Son confuso, guardo oltre,
ma che triste visione!
La fame,
la fame assassina
segna il volto
di esseri inermi,
ridotti ad ossa
ricoperte di pelle.
Devio lo sguardo,
ma l'orrore non cessa:
montagne di rifiuti,
rifiuti speciali
che il mondo "civile"
spedisce, al posto di aiuti.
L'orrore mi sommerge,
volo più in alto,
ma lo scempio non cessa:
gas mortali mi avvolgono
ed annunciano
il disastro vicino.
Mi sveglio dal mio incubo,
confuso, agitato,
ed urlo con ira:
uomo, erede di Adamo,
com'hai potuto così tanto?

Quando io sarò morto
Quando io sarò morto
non vedrò più i tuoi occhi,
nè il tuo volto.
Il mio corpo gelato
sarà preda d'insetti,
di famelici mostri
insensibili alle urla
dell'anima mia,
soffocata dall'orrore.
Quando io sarò morto
non avrò più i miei occhi
già straziati dal pianto,
ma il mio teschio
guarderà fisso il cielo
per vederti;
le mie mani,
ossa spioventi
come artigli mostruosi,
saran tese allo spasimo;
la mia bocca
sarà aperta,
come se urla inumane
dovessero uscirne.
Ma nulla accadrà:
non c'è aiuto per chi lascia
questa vita d'affanni.
Tu vivrai
e scorderai tutto;
la mia tomba raminga
sarà presa d'oblìo.
Tu vivrai,
e il mio sonno immortale
sarà preda
d'incubi atroci,
e mai potrai udire
i lamenti strazianti
del mio povero cuore
che s'innalzano al cielo.

Chiara
Due occhi tristi ma dolci,
un viso gentile,
un tono calmo, pacato.
E' sera. La prima sera
che siamo insieme....
insieme, abbracciati
in un ballo da sogno,
mentre languide melodie
ci addolciscono il cuore.
Tu parli, io parlo:
sussurri, promesse,
pensieri appena accennati,
ma che mondo infinito
ci si schiude davanti!
L'amore, l'amore sopito,
l'amore deluso e frustrato
da mille illusioni,
si risveglia potente
e ci lascia sognare
un gioioso domani.
Un domani che non verrà,
perchè il Signore
t'ha voluta con sè.

Un nuovo giorno
Mi sveglio,
lasciando alle spalle
una notte agitata.
Il nuovo giorno
fa capolino,
il sole sbuca
fra le serrande
e la brezza notturna
lascia il posto
al nuovo tepore.
Ma il mio animo è freddo,
e il mio cuore di ghiaccio.
Mi guardo intorno:
il mio sguardo dilaga
e un deserto infinito
si frappone, imponente,
ai ricordi di un tempo.
Il suo volto,
il suo volto gioioso,
m'investe, m'invade,
e riporta alla mente
un passato felice.
Un passato felice
che mai più tornerà.
E così passa il tempo:
fra nuovi giorni,
fra nuove notti.
Fino alla fine
che non tarderà.

Ti penso
Quando sono sdraiato
sulla riva del mare,
e l'onda fluttuante
m'accarezza la pelle...
ti penso.
Quando distendo le membra
dopo un giorno di duro lavoro,
ed il sonno mi coglie
assopendo i miei sensi...
ti penso.
Quando sogno,
e tu vieni a trovarmi,
ritemprando il mio animo
coi tuoi dolci sussurri...
ti penso.
Quando la nebbia fitta
m'oscura il cammino,
e il mio passo rallenta,
più incerto che mai...
anche allora ti penso.
E tu arrivi, come sempre,
luce splendida e viva,
che accompagna i miei passi
per gli stretti sentieri.
Ma se tendo la mano tremante
io non sfioro il tuo capo,
nè il tuo volto;
perchè non ci sei,
e soltanto la tua ombra
è rimasta con me.

La sirena
Era maggio, e l'onda
lambiva la spiaggia
annunciando l'estate.
Il mare era il mio regno,
e la sua acqua,
seppur gelida,
accoglieva
le mie lunghe nuotate,
acrobatici tuffi
e profonde immersioni,
frutto del mio amore
per quel fluido mondo.
Ma poi ho visto te,
bionda sirena,
e sono vacillate
le mie tante certezze.
Non nuotavi, sfrecciavi
e saltellavi
come un delfino;
non t'immergevi,
ma vivevi sott'acqua.
Ti guardavo smarrito
quando mi sorridesti
e, con un gesto ammiccante,
m'invitasti a seguirti,
cosa che feci
con un certo timore.
E fu amore.
Baci, carezze,
sospiri ed amplessi
in un letto d'onde,
sopra e sott'acqua,
o nel nostro boschetto
fra le verdi mimose.
Ma era destino che dovea finire:
un tuffo, un tuffo come tanti,
ma non uscisti più.
Mi tuffai per cercarti,
e, nel basso fondale,
m'attirò un luccichio.
Era un ciondolo con una sirena
e sul retro era scritto:
"Adieu, mon amour".
Son passati dieci anni
e non sei più tornata;
s'è conclusa la favola,
ma io ringrazio il mare
per il dolce regalo:
ho amato una sirena.

Vago nel buio
Vago nel buio
alla ricerca
dei tuoi occhi.
Vago nel buio
alla ricerca
delle tue braccia,
quelle braccia
che m'hanno sorretto
nei miei smarrimenti.
Vago nel buio,
solo, smarrito
fra strade deserte,
fra luci tremolanti,
rumori soffusi
e voci lontane.
Ho freddo,
un brivido gelido
m'attraversa la schiena,
ma continuo a cercarti.
Poi ti vedo, sorridente,
alla fine del viale,
che mi tendi le braccia.
Corro felice,
ti chiamo,
piangendo e gridando,
ma non vedo il baratro
che mi sbarra la strada.
Cado nel vuoto,
e il mio urlo
fende l'aria,
forte, straziante.
E mi sveglio
nel mio letto.
Un altro sogno,
ma tu non ci sei.

Ti amo
Amo i tuoi occhi,
la tua bocca, il tuo viso;
amo il tuo corpo perfetto
quando si abbandona fremente
nell'oblìo di Eros,
e il sudore
scende dalla tua fronte,
caldo, bruciante.
Quando la tua bocca
geme di piacere, e un brivido
dolce scende nel tuo ventre;
quando carezzo tremante
la tua pelle liscia, rosata,
i tuoi seni, e vi sento
il battito forte del cuore;
allora ti amo, più d'ogni cosa.
Amo il tuo ventre indifeso
quando l'immoli all'amore.
Mentre tu fremi al piacere
ti amo,
mentre riposi, ti amo,
e guardo il tuo corpo
innocente, puro.
Amo l'amore,
l'amore che acceca i mortali,
che ci fa tremare,
impazzire, soffrire,
che ci fa gioire.
Amo te, perchè sei l'amore.

Quel giorno di maggio
Dolce giorno di maggio....
quando vidi un passero smarrito
là sul selciato,
e lo posai su un ramo;
quando la prima volta
io cominciai a soffrire,
svegliando nel mio cuore
dei sentimenti nuovi.
Dolce giorno di maggio....
quel giorno che nascesti,
e il nuovo sole
ti vide in fasce
mentre dormivi
fra le braccia materne.
Dolce giorno di maggio
d'un tempo passato,
quando io ti conobbi
e, parlando d'amore,
ti vedevo arrossire.
Quello era il tempo
quando nuove passioni
mi bruciavano in cuore,
ed in quel maggio,
puntai su di te
tutte le mie speranze....
e le persi.
Ora maggio ritorna,
ma mi riporta
solo dei giorni tristi,
ed io li fuggo,
e vado a rifugiarmi
nel mio mondo di sogni
ove tutto s'avvera;
e in quel mondo felice
il mio spirto riposa
e ritorna al passato:
vede allora quei giorni di maggio
che mi vider felice,
e sorride contento
nella sua illusione.

Sono un pazzo
Sono un pazzo
perchè sogno
le cose irreali,
sono un pazzo
perchè canto
gli amori perduti,
le cose sepolte
nel mar dell'oblìo.
Sono un pazzo,
ma un pazzo che sogna,
un pazzo che prende,
che afferra
i tristi sospiri
degli esseri soli
e li canta alla gente....
Alla gente come te:
che non pensa,
che non sogna,
che non ama.
Che non è pazza.

Al mio paese
Oggi io vado, pieno di ricordi,
verso il mio vecchio e pur caro paese,
ove con spensierata fanciullezza
vissi della mia vita i più bei giorni.
Allora io correvo per i prati
cercando in mezzo ai fiori le farfelle,
cercando fra le fronde dei ciliegi
degli uccelletti il lieto cinquettìo;
per poi andare, andare senza meta
per quel mondo fatato dei miei sogni,
senza nessun pensiero, senza affanni;
e parlare di fate, di magie:
dolci illusioni dell'età primiera!
E la casetta....quattro muri neri,
quattro tegole rotte dalla pioggia
e dagli anni, ma la dolce casa,
la mia casa di ieri, sempre viva
fra le cose più care, in fondo al cuore.
Or la vedo, la tocco, ma è senza vita:
muri rotti, vetri infranti, stanze grigie!
Ed anche grigio è il cielo, stanco il sole!
Passa un solitario carretto
con un uomo dagli abiti stracciati
che canticchia pensoso un vecchio brano;
il volto mesto, coi capelli bianchi:
"non c'è lavoro", sembra voglia dire,
specchiandosi sull'umido selciato.
Piove, e a casa sua si aspetta
un pezzetto di pane, anche se duro.
Nulla ormai resta del mio vecchio paese,
nemmeno i tanti amici di quei tempi,
che se ne sono andati, chissà dove.
Restano solo l'uomo sul carretto,
che non vorrebbe ritornare a casa
per non udire il pianto dei suoi figli;
e i miei ricordi, che mi seguiranno
finchè non tornerò alla madre terra.

Le mie speranze
Le mie speranze
le ho donate al vento
della notte.
Ho visto il sole morire
fra il buio più nero
e l'amore più bello finire.
Il tuo ricordo
l'ho donato al mare
per non pensarti più:
ma non c'è notte
che non ti pensi,
che non pensi al passato,
un passato felice
che non scorderò mai.
Or son qui, solo e triste,
senza una voce amica,
un sorriso sincero,
una mano pietosa:
una cosa fra le cose
che vaga per il mondo.

A mio padre
Gli occhi fissi nel vuoto,
insensibili alle splendide
sembianze del creato.
Le labbra aperte
nell'estremo saluto,
il volto triste
nell'immenso dolore.
E' la fine.
Il tuo corpo,
quel corpo martoriato
d'un santo,
giace inerte:
è la fine.
Il riposo,
l'agognato riposo,
t'ha colto d'improvviso,
ma un riposo diverso
da quello che cercavi.
Non sul letto,
ma sul duro giaciglio
d'un sarcofago
sei venuto a dormire....
E non ti duoli, padre,
nè l'antico lamento
del tuo grande dolore
ora odo.
Padre, ingenuo padre
che credevi nei sogni
come un bimbo!
E' la fine, la fine
che non volevi.
E svanisci dal mondo
come ogni cosa bella
che finisce.
Che finisce
prima di cominciare.

L'Angelo nero
Chi sei tu, nera ombra,
che stanotte
sei venuta a turbare
la mia quiete?
Il tuo volto
non è nuovo,
nè il tuo corpo.
Quella sagoma nera
mi riporta alla mente
ricordi sbiaditi
dal tempo,
speranze infrante,
tanta tristezza
e illusioni amare.
Ecco, la nebbia si dirada
e or rimembro:
tu, angelo nero
che irridi beffardo
le mie pene d'amore;
tu, mentre stracci con rabbia
la mia prima poesia
ch'io scrissi per te
dietro i banchi di scuola;
tu, mercenaria d'amore
che dispensi effusioni
a famelici amanti,
incurante dei gemiti
del mio povero cuore.
Va', lascia i miei sonni agitati
e fai presto ritorno
nel profondo degli inferi
da dove sei sbucata,
perchè questo tu sei:
non un angelo nero,
ma un diavolo vero.

Il tempo dell'amore
Il tempo dell'amore
è passato come passa l'estate,
portando con sè il mio cuore
e la mia gioventù.
Che resta ormai di me
che passo il miglior tempo
della mia vita ricordando
e piangendo?
Non resta niente,
solamente un nome
che sempre imploro,
ma che mai risponde.
Ore d'estate:
com'è caldo il sole
senza quella freschezza
che mi davi,
e com'è freddo il mare
senza il calore
dei tuoi verdi anni.
Chissà dove sarai,
cosa starai facendo
in quest'istante
e se mi pensi ancora!
La tristezza è come la notte:
fredda, immensa, buia,
e quando col suo velo
copre un cuore,
l'oscura sempre più,
finchè tu, pazzo,
invocherai la morte.
Ah, se potessi essere il vento!
Con le mie ali volerei da te,
ti toccherei mille e mille volte
le bionde trecce,
senza stancarmi mai.
Ma intanto è sera
e mi accorgo di esser solo;
allor ti penso ancora
e mormoro in silenzio un nome.


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