Racconti di Fabrizio Lama


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Parlare
Ero sulle colline in fiore ed il vento, come sempre, mi accarezzava lentamente. Il cielo sembrava essere stato dipinto da una fata che si trovava lì per caso, forse perché era rimasta delusa da qualcuno, per l'ennesima volta. Chissà perché, ma anche io provavo le sue sensazioni… mi sentivo vicino a lei. Lentamente passai la mano sul mio viso, forse per coccolarmi, forse per difendermi… e stranamente iniziai a vedere qualcosa dinanzi a me. All'inizio pensavo che fosse soltanto il sole che si affacciava all'orizzonte, poi mi resi conto che era qualcosa di ben diverso da una semplice luce. Inizialmente non volevo crederci, ma man mano che i miei occhi si abituavano a quella fortissima ed accecante luminosità, iniziai a vedere il volto di un uomo. Distinsi i capelli lunghi che terminavano in bellissimi boccoli castani sulle sue spalle ricoperte da una candidissima tunica bianca, gli occhi lucenti, enormi, profondi, la barba curata, folta, il viso pieno di gioia e di una speranza disegnata su tutta la sua pelle. Era così bello che non credevo ai miei occhi; non troverei parole per definire cos'era per me. Il silenzio regnava sovrano intorno a noi; chissà come mai, ma iniziai a sentire una dolcissima musica… ed ecco che Lui iniziò a parlare " Figlio mio…" e le sue parole risuonarono dentro di me " Gesù… cosa posso dirti? C'è forse qualcosa che Tu non sai?" " Dimmi ciò che desideri. Non c'è raggio di sole che non si posi sui miei occhi e non c'è stata mai una sera in tutta la vostra vita in cui non vi ho cullato accarezzandovi" disse Gesù " Lo so. Ogni sera guardo il cielo e fisso l'ultima stella all'orizzonte, mentre spero con tutto me stesso che il dolore dell'umanità sia il frutto più bello davanti a Te" risposi abbassando gli occhi… ma le mie lacrime non arrivarono a toccare l'erba " Io sono l'acqua che si asciuga sulle tue labbra al mattino, sono la luce che ti abbraccia al crepuscolo, i sorrisi di tua madre, gli sguardi dei ragazzi… e i tramonti sulle rive del mare sono i riflessi del Mio amore per te" disse Lui, mentre le Sue parole iniziarono a colorarsi dell'infinito, ed incominciai a vedere il cielo scendere su di me, le colline e le montagne fondersi al tutto… fino al punto che non seppi più distinguere cosa fossi " Le tue lacrime sono gioia dinanzi a Me. I tuoi occhi sono i laghi in cui Io mi specchio e dove Mi fondo con Te" " Gesù… Ti amo" dissi io " Era quello che volevo sentire" rispose… ricordo che l'unica cosa che riuscii a vedere furono le mie mani sul Suo viso.

Insieme
Ero sulla riva del mare e, come sempre, fin da quando ero piccolo, osservavo le onde infrangersi sulla riva, e mi divertivo a vedere i colori variopinti del mare. Il vento mi accarezzava lentamente… mi ricordava tanto mia madre, quando la sera mi veniva ad aggiustare le coperte e mi sorrideva, e nei suoi occhi vedevo il mare. Cercavo di ricordare qualcosa che non dovevo, forse per non far del male a me stesso… eppure più pensavo al mare e più stavo meglio. Non mi accorsi neanche del passare delle ore, che ormai mi sembravano minuti… poi ad un tratto vidi uno stormo di uccelli poco distante da me; forse volavano verso i loro pensieri, verso i loro figli, chi può dirlo… fatto sta che ad un certo punto iniziai a vedere un viso, e solo dopo alcuni istanti mi resi conto che si trattava di lei. Iniziai a sospirare lentamente, come se volessi fuggire e come se volessi restare lì per sempre. Avrei tanto voluto che iniziasse a parlare… ma chissà perché il rumore del mare si sostituiva perfettamente alla sua voce. Non conosco il motivo, ma ricordavo perfettamente il suo nome e non il suo viso. E così iniziai a cercare nella mia mente qualcosa che le somigliasse vagamente… e mi vennero in mente i sentieri della mia vita, i marciapiedi dove ci incontravamo tempo fa, quegli sguardi assorti, sfuggenti. Ma non riuscivo a trovare nulla che le somigliasse. Le distanze non avrebbero mai potuto slegarmi da quegli occhi, che ancora non ricordavo. Poi, chissà perché, chissà come mai, ma chiusi gli occhi poiché una goccia d'acqua mi cadde sul viso, e iniziai a cercare un pretesto per ricordare ancora una volta il suo profilo. Eccola. La vedevo perfettamente. I suoi lunghi capelli castani che terminavano in bellissimi boccoli sulle spalle, che nascondevano le sue bianche gote, le sue piccole labbra sempre pronte a sfoggiare un bellissimo sorriso fra il malinconico ed il gioioso, la sua pelle che si arrossiva appena mi vedeva arrivare… l'avrei riconosciuta fra tutte le persone del mondo. Qualcosa mi diceva che sarei cambiato dentro. Forse mi sbagliavo. Ero lì, davanti a lei… non sapevo cosa dirle. Forse stavo dimenticando che avevo il mare davanti a me… mi sentivo più protetto sapendo che la sabbia mi ricordava tanto le sue mani. Il mio sguardo andava al di là delle palpebre, e si mischiava all'azzurro del mare. Lì incontravo il suo viso. Distrattamente, non so come, ma iniziai a muovere le mani per andarle incontro, impaurito ma emozionantissimo allo stesso tempo. Sapevo benissimo che avrei dovuto stringerla a me. Non ne avevo la forza. Eravamo vittima dei pregiudizi, dell'invidia delle persone, dell'incomprensione, di qualcosa che neanche io riuscivo a spiegare e a capire. Lei arrossiva e il tramonto iniziava ad arrivare, mi sorrideva ed il cielo mi accarezzava… poi iniziai a tremare, e lei mi fissò dritto negli occhi. Non c'era più nulla intorno a me e a lei. Forse dovevo ricordare che davanti a me avevo il mare. Poi posi i miei occhi sul suo volto e in quel momento diventammo il mare e la spiaggia. In quell'istante aprii gli occhi e mi resi conto che lei era lì. Di nuovo. Mi stesi sulla sabbia e l'accarezzai con le mie mani, sentendo le sue sotto le mie. Mi resi conto che lei era il mare, e che ogni volta che avrei voluto incontrarla sarei dovuto andare lì.

In fondo al cuore
I primi raggi del sole svegliarono Rosa che, muovendosi sinuosamente fra le coperte, quasi dovesse sembrare una nuotatrice, aprì delicatamente le sue palpebre le quali celavano al loro interno due bellissime sfere color cielo, di un azzurro come se ne vedono pochi in giro. Ancora intontita dal sonno, la giovane si sfilò le coperte e appoggiò i suoi bianchi piedi di velluto a terra, accarezzando le sue candide gambe ripetutamente. Lentamente si alzò e si diresse verso lo specchio della sua camera, posizionato vicino alla finestra, e a lei piaceva quando al mattino, appena svegliata, si specchiava teneramente. Rosa era di una bellezza sfolgorante; gli occhi color cielo affascinavano anche le donne, e i capelli pieni di boccoli vellutati terminavano quel quadro di soave bellezza con grande maestria, sfiorandole il bianco viso che qualsiasi uomo avrebbe voluto scalare, fermandosi sulle montagne delle sue fattezze, accampandosi anche di notte, per poi risalire la vetta, più volte; sembrava che anche i muri l'ammirassero e che i pavimenti la ringraziassero per le dolci carezze che faceva loro camminando a piedi scalzi; si specchiò, avvicinandosi lentamente al vetro come se dovesse, ogni giorno, riscoprire una nuova persona, quasi come se non avesse mai visto il suo viso; ed era bello, ogni volta, rivedersi e far volare la fantasia. Si sistemò con cura i capelli neri che, lisci alla radice, si riempivano di dolci riccioli neri che le accarezzavano le spalle… qualsiasi uomo avrebbe voluto scalare quelle gambe per poi lasciarsi andare ad un mare di pensieri erotici, naufragando sulle sue labbra, ricongiungendosi al suo cuore pieno di pulsanti desideri… la donna si toccò il viso e si diresse in bagno per lavarsi. Il paesaggio, fuori dalla finestra, era di una rara bellezza; verdi colline che ospitavano fiori di tutti i colori si stanziavano all'orizzonte, come due amanti in una lunga notte d'amore, le nuvole scherzavano con il sole quasi a volerlo nascondere, per poi mostrarlo in tutta la sua bellezza; piccoli uccelli danzavano nell'aria come ad un concerto di sfavillii d'argento, per poi precipitare e rialzarsi in volo, in sincronia, insieme; e poi alberi dalle alte cime, case pittoresche dagli alti tetti, comignoli, erba, strade e tante altre piccole cose, tutte baciate dai raggi del sole che lasciava, in lontananza, una fitta foschia gialla piacevole a vedersi. Dopo essersi sistemata, Rosa mise indosso un bellissimo vestito azzurro che le cingeva le gambe e che le donava un che di ammirevole, misterioso; si ammirò di nuovo e, prese le chiavi di casa, si avviò verso la porta per iniziare la nuova giornata che si preannunciava molto romantica e piena di mistero. Chiusa la porta, si mise in macchina e si diresse verso casa di sua nipote. Com'era bello guidare… Il volante era sempre misterioso per lei; le piaceva pensare che un così piccolo oggetto potesse manovrare un così grande mezzo come la macchina, che lei ammirava fin da piccola, come il timone di una nave del passato, grande, maestosa, possente, imperiosa, mentre solcava i mari con il vento nei capelli, come un'avventuriera o come un soldato, pronto ad accettare il suo destino, coraggioso, sprezzante, fiero e valoroso, per poi dimenticarsi di tutto il resto ed abbandonarsi fra le sfaccettature di legno del ponte del vascello, come se fosse stata naufraga dello stesso, come se dormisse in una notte stellata senza fine, ammirando lo scintillio delle stelle mentre, con le sue mani, toccarle per poi farle definitivamente sue. Era bellissimo poter ricordare qualche viso del passato, un amore infinito, sconfinato, un bellissimo viso visto e mai ritrovato… Il cambio era sempre lì, al suo posto, senza nessun problema, sempre pronto a cambiare le marce; la lancetta del contachilometri sembrava stesse scandendo un qualcosa, non solo i chilometri; sembrava scandire la vita, gli attimi e gli istanti che non tornano più indietro, o forse il cammino delle nuvole, o forse ancora il sospirare del vento, chi lo sa. Ma lei era sicura che un giorno, forse, l'avrebbe capito. Dopo più di un quarto d'ora di tragitto, finalmente, giunse a casa di sua sorella, che viveva con la figlia. Parcheggiò, scese dalla macchina e, a passo veloce, come era solito fare, bussò alla porta " Ciao Giovanna! Come stai?" disse Rosa non appena vide l'amata sorella " Ciao Rosa! Io bene, e tu? Dai vieni entra, forse Elena è già pronta" " E' mattiniera oggi" " Lo sai che quando deve uscire con te è sempre mattiniera" " Sarà, ma a me non sembra molto contenta" rispose Rosa " Lo sai che è una ragazza molto difficile…" " Lo so" disse lei. Giovanna aveva gli stessi occhi di sua sorella, e anche lei aveva i suoi stessi capelli, ma non era bella come lei; certo, le sue guance rosse e le sue mani perfette facevano di lei una bella donna, ma non come la sorella, che, in cuor suo, l'aveva sempre saputo. Aveva un'aria oscura; nelle sue parole sembrava sempre celarsi un segreto, qualcosa di non detto, ma allo stesso tempo sapeva essere amabile " Che bella giornata. Siete fortunate" " Sì, è piacevole. Anche se ci sono molte nuvole in cielo" " Non importa" dibatté Giovanna che, con un gesto amichevole, tentò di mostrare, pazientemente, la sua casa alla sorella, che conosceva benissimo. Era incredibile quell'abitazione; era fatta quasi tutta di legno, con le pareti bianche, con un misto di verde foglia che si propagava per la casa, insieme al suo odore e, cosa ancora più incredibile, è che era piena di misteriosissimi meandri bui, illuminati da un'insolita luce che mostrava le sue segrete, dipanandosi nell'aria, quasi a dimostrare, a poco a poco, quanto era brava nel suo compito. Ed ecco che, pian piano, iniziando dal basso, mostrava una miriade di sfaccettature color arcobaleno, immerse nella loro bellezza; mentre Rosa era impegnata ad ammirare quelle meraviglie, quasi come se non le avesse mai viste prima d'ora, ecco arrivare Elena, sempre con quel suo viso imbronciato e malizioso. Il rumore della sua sedia a rotelle era, tuttavia, molto basso e silenzioso " Buongiorno" disse, con una voce seria e malinconica, sbrigativa e congedante, avviandosi verso la porta lanciando un'occhiataccia a Rosa " Bene, si è fatto tardi…" " Andate sempre al solito posto?" " Vedremo" rispose Rosa " Vedremo. Ciao Giovanna. Sarei voluta rimanere di più, ma sai, la giornata vola" " Non devi preoccuparti. A dopo allora!" " Ciao!" " Ciao, mamma…" disse Elena scocciata che, aspettando la zia, lanciò un'ultima occhiata alla casa e poi uscì fuori. La donna prese i manubri della sedia e, non appena li catturò nelle sue mani, un fremito la scosse lungo tutto il corpo, come se si dovesse aspettare un insulto o un rimprovero dalla nipote " Sappi che sono venuta solo perché lo voleva mia madre…" " Potevo immaginarlo" " Ma tu hai sempre quell' odiosissima voce provocatoria ed impertinente?" disse la ragazza " Certo" " Ti odio!" strillò lei. Ma, a quanto pare, la donna non si scompose affatto, anzi, abbozzò un sorriso e andò avanti. L'eco delle ruote sull'asfalto sconvolgeva il delicato equilibrio del loro silenzio, assecondandolo, come se fosse stato il suo amante o un suo caro amico, mentre la strada era rappresentata dalla donna gelosa che aveva un forte desiderio di vendicarsi. Rosa aveva lo sguardo altrove, puntato verso terra, come se avesse dovuto contare i suoi passi, mentre Elena, per niente pentita della sua rispostaccia, guardava avanti, fiera ed indomita. I lunghi capelli castano chiaro scendevano lungo i suoi amabili pendii che sembravano colorati di una sottile tonalità di arancione fino ai suoi seni, mentre le punte accarezzavano le sue spalle quasi ad avvinghiarla come una tenera madre; i suoi occhi, di un vivace nero, si alzavano verso l'alto, a mandorla, dandole l'aspetto di un'orientale, mentre la liscia pelle bianca sembrava le desse un che di insolito, come se la pelle fosse lì per puro caso, per adornarla. I piccoli piedi nudi risuonavano nell'aria, come se fossero stati piccoli uccelli al loro primo volo, intimoriti dal vento ma innamorati del volo, emozionantissimi; le sue mani, con lunghe unghia bianche e delicate, come se avessero sempre tentato di afferrare i suoi pensieri, senza però mai riuscirvi; il tutto la faceva sembrare una di quelle belle asiatiche come se ne vedono in giro poche, magari in una lontana epoca, forse, chissà, dimenticata. Ma la sua bellezza non combaciava affatto con il suo carattere; era antipatica, viziata, ribelle, maleducata e tantissimi altri difetti ancora, non elencabili; e Rosa lo sapeva benissimo. Arrivate alla macchina, la zia la caricò su di essa, entrò e mise in moto. Sapeva bene che alla nipote non le piaceva molto uscire per le campagne o in gita, ma lo faceva per il suo bene; aveva avuto una vita difficile, la ragazza, e questo lo sapevano tutti. E non era la prima volta che la trattava così. Dopo un lungo viaggio, ecco che, finalmente, giunsero all'ingresso di un parco, che suscitò subito la curiosità della ragazza che, scendendo dall'auto aiutata dalla donna, osservò molto attentamente l'entrata, in particolar modo il portone nero d'ingresso; si ergeva sulla via, maestoso, come un possente uomo che vigilava sulla strada, con le sue rientranze e le sue sbarre di ferro che sancivano un netto divario fra il parco e la comune strada, come se fossero stati due universi del tutto separati, distinti fra di loro, mentre suscitava in tutti i passanti che gli passavano vicino, o per scelta o per caso, un profondo senso di inferiorità; bastava che una foglia capitasse lì per caso, davanti ad una persona, che subito il cancello sembrava che dicesse, dall'alto della sua statura " Tu non sei da meno". Rosa spinse la sedia a rotelle ed entrarono nel parco; ecco, erano giunte in un altro mondo. I rumori della strada sembravano lentamente attenuarsi, dileguarsi, mentre anche l'aria era diventata più leggera, più delicata, e gli alberi accoglievano, con le loro braccia, i nuovi venuti, senza tanti preamboli, semplicemente; sullo sfondo, minacciose, c'erano schierate delle grosse nuvole nere, che sembravano però, oltre ad essere la conseguenza di un passeggero vento, destinate ad andare via. Ad un tratto però, una divertente scena incuriosì Rosa; un uccellino marrone, giunto lì per caso, inseguiva una piccola foglia tutta verde, caduta da chissà quale albero. Saltellava, e con minuziosa scrupolosità osservava con interesse la foglia, deciso più che mai ad afferrarla, ma senza però riuscire nell'impresa, ed il fatto fece scoppiare una violenta risata ad un bambino che assisteva alla scena con interesse, mentre non la smetteva di ridere, quasi come se ringraziasse il vento che spingeva quella foglia qua e là " Ho capito" pensò Rosa " Ho capito il motivo di questo vento. Si è alzato per regalare un sorriso ad un bambino…" disse fra sé e sé, sorridendo. Intanto, Elena stava incominciando ad interrogarsi su dove la stesse portando la zia, visto che imboccò una stradina secondaria del parco " Dove stiamo andando?" " Non preoccuparti. Ti piacerà" ribadì la donna " Io voglio sapere dove andiamo! Già è molto che sono venuta" disse la ragazza, senza ottenere però risposta alcuna. Ed ecco che, in lontananza, si incominciò ad intravedere un viale alberato, con delle panchine ai lati e una luce timida che penetrava fra di loro illuminando la strada con la luce del sole che si appropinquava ad entrare; il paesaggio era stupendo. Vari uccelli di tutti i colori si posavano sulle braccia degli alberi, dove avevano costruito i loro nidi, cantando in coro, sfidandosi in un concerto di melodie; le siepi si ergevano per conto loro, senza dare fastidio alcuno, ospitando però le piante presenti; la strada era liscia ed agevole, come se stesse aspettando loro tutto il giorno, e una luce, timidamente, le soggiogava entrambe. Le due fecero il loro ingresso in questo magnifico viale, non senza qualche domanda da parte della ragazza ancora incuriosita " Perché siamo venute qui?" " Tu non ti devi preoccupare" " Non ce la faccio più! Sono stanca di sentirmi sempre dire che non mi devo preoccupare! Anche mio padre prima di morire mi ha detto così! Basta!" gridò la giovane spazientita, suscitando la collera della donna " Basta lo dico io, non tu. Adesso fammi il piacere di stare zitta e di non fare più domande" disse la zia con tono autoritario e deciso. La giovane si zittì, ma non c'era bisogno di un intenditore per capire che lo fece con estrema difficoltà. Le due, ancora arrabbiate, notarono con molta curiosità una coppia di giovani amanti seduta su di una panchina poco distante, all'ombra di un alto albero; la tentazione di guardarsi reciprocamente negli occhi era fortissima, ma nessuna delle due lo fece. Rosa, che aveva intuito tutto, si diresse verso una panchina appartata dove non c'era nessuno, e si sedette. Bastò uno sguardo per capire che Elena era ancora stizzita, e così, per sciogliere la situazione, Rosa prese a parlare " Sai qual è il tuo difetto? E' che non ti fidi degli altri" la giovane si girò con un torvo sguardo " Non mi interessa la tua analisi" " Se fai così avvalori soltanto la mia tesi" disse la donna " Comunque non mi interessa…" disse Elena con un tono molto più pacato del solito, cosa che sorprese la zia " Ne vogliamo parlare?" " E di che cosa?" " Dell'amore, per esempio. Sai che cos'è?" " Ma che domanda è mai questa? Certo che lo so" " Allora spiegamelo a parole. Premetto, però, che se saprai dirmi che cos'è l'amore avrai trovato anche un senso" affermò la donna con un tono di sfida " Ecco io… un senso?" " Tu hai solo un'idea dell'amore. Il senso, poi, è una cosa ancora più affascinante. Ne hai sentito parlare, certo, ma non sai cos'è veramente. E se non ti fidi degli altri, a maggior ragione non lo capirai mai. Te lo spiego io?" chiese la donna che non fece altro che provocare nella giovane un'espressione spazientita " Bene. La prendo come un'affermazione. Dunque. Vedi quei due innamorati?" chiese Rosa indicando i due con il suo dito " Sì. Che c'è di strano?" rispose Elena con un tono di sufficienza " Quei due sono un perfetto esempio di amore. Guarda bene. Non noti niente di particolare?" " Ma che cosa?" " Te lo spiego io. E tu che dicevi di sapere che cos'è l'amore. Guarda. Guarda come si accarezzano. Non lo fanno distrattamente, ma in sincronia. Lui sa dov'è che a lei piace essere accarezzata, e lei viceversa. Guarda bene. Lei sa che a lui non piace che qualcuno lo guardi fisso negli occhi, e di conseguenza lei evita di farlo, anche se fa fatica perché quel ragazzo ha degli occhi bellissimi. Lui invece sa che a lei non piace essere toccata in maniera eccessiva il viso, e infatti non lo fa, ma gli risulta difficile poiché quella lì ha un viso stupendo, che farebbe venire a chiunque la voglia di toccarlo" disse la zia alla giovane che sembrava ascoltare con estrema attenzione " E tu come fai a sapere queste cose?" " Eh eh eh eh… solo gli acuti osservatori che sanno cos'è l'amore possono capire certe cose…" " Perché, tu sapresti dirmi cos'è? Sembra che tu sappia tutto…" " Spetta a te capire se ho ragione o no" disse lei " Io… continuo a non capire… ma che cosa stai dicendo?" " Vedi, la ragazza tiene le gambe accavallate, perché forse sa che il suo ragazzo adora vederla così quando si appartano… e poi lui le cinge dolcemente la vita, probabilmente perché sa che a lei piace…" " E questo sarebbe amore?" " Non è tutto qui. Questa è solo una parte dell'amore" " Sei così strana…" " Vuoi forse essere spiegata qualcosa in più?" " Non so neanche il motivo per il quale ti sto ascoltando, comunque…" " Bene. Sai, io sono abbastanza giovane, ma ho avuto alcune interessanti storie d'amore… e non potrò mai dimenticare Marco…" " Chi è Marco?" " Era una specie di fidanzato, anche se non so se può chiamare tale. Ora ti racconto. Ero in procinto di partire per l'Austria, sai, ero in cerca di lavoro, dato che in Italia non se ne trovava, e mi recai in stazione per prendere il treno. Era una bella giornata, il sole splendeva limpido nel cielo, ed il treno, anche se in ritardo, arrivò di gran carriera. E fu così che lo vidi. Stavo per entrare nel varco passeggeri, quando all'improvviso… pum! Caddi a terra senza neanche sapere il perché… alzandomi lentamente, cercai con lo sguardo la causa di quel terribile scontro, quando lo vidi… " Scusami, ti sei fatta male?" mi chiese " No, figurati…" ma non ebbi neanche il tempo di parlare che ebbi, come si suol dire, un colpo di fulmine. Rimasi affascinata da quello sguardo scuro e tenebroso, la barba appena fatta e i suoi capelli lisci, scuri come una notte di tempesta " Sono spiacente, ma andavo di fretta, sai questi treni…" disse rialzandosi da terra e aiutandomi " Ma no, figurati…" " Non so proprio come sia successo, e… ops! Guarda che ti ho combinato! Ti ho fatto uno strappo sul vestito… non ci voleva…" disse, ma io non vi badai talmente concentrata sul suo viso che ero " Cosa da poco…" " Te lo ripago?" mi chiese gentilmente " Ma dai! Non importa…" " Sei gentilissima. Davvero. Scusami ancora, ma devo andare, il treno sta partendo" " Sì…" risposi io, ancora intontita " Allora ciao" " Ciao…" dissi, senza distogliere lo sguardo da lui. Ma il fischio del capostazione mi fece svegliare da quel sonno, presi i bagagli ed entrai, sedendomi, come sempre, vicino al finestrino. Il treno partì, e io persi ogni speranza di rivederlo e, per far passare il tempo e la malinconia, mi misi ad osservare lo strappo del vestito, che però non era molto evidente; fu proprio quando pensai di portarlo ad aggiustare che mi ritrovai il suo viso davanti agli occhi " Ciao!" " Ciao… ma che ci fai qui?" " Anche io sono diretto a Vienna" " Davvero?" gli chiesi io con un tono che avrebbe spaccato i vetri se non mi fossi trattenuta " Sì… comunque è inutile portarlo a cucire, non penso che si possa aggiustare" disse lui " Incredibile… come hai fatto a sapere che stavo pensando a quello?" " Forse perché so leggere negli occhi della gente…" " Sarà" dissi io, e ridemmo insieme. Sarà stato il caso, sarà stata una coincidenza, ma incominciammo a parlare come due amici di vecchia data; lui sospendeva in modo particolare le frasi, cosa che avevo notato fin dall'inizio, forse sarà stato per la vergogna… ma fatto sta che parlavamo liberamente, come se fossimo stati degli intimi amici. Parlammo per tutto il viaggio, fino alla stazione di Vienna, e, una volta arrivati, non potevamo non scambiarci gli indirizzi dei nostri alberghi temporanei " E' stato un piacere parlare con te. Vienna è bellissima…" " Non so come ringraziarti. Sei un parlatore eccezionale" " Sarebbero solo queste le qualità…" e ci scambiammo gli indirizzi, poi ognuno andò nel proprio albergo. Il mio era curioso, sai perchè? Davanti all'entrata c'era un chiosco, un piccolo chiosco, dalle particolari finestre, che riuscivano, giorno o notte che fosse, a rispecchiare le luci della strada su di un monumento poco distante dall'albergo, ornato, all'entrata, da due statue. Salii con il magone alla gola, poiché pensavo di non incontrarlo più. Forse era un pensiero stupido, un'illogica conclusione, ma fatto sta che avevo un presentimento. Ma i miei presentimenti furono smentiti dal mattino seguente; appena mi svegliai, notai un fascio di luce solare che penetrava nella stanza. Mi avvicinai incuriosita e, accortami della situazione, non volevo credere ai miei occhi; il fascio di luce riflesso dalla finestra del chiosco riverberava nella stanza la scritta in nero " Ti amo Rosa". Prontamente mi affacciai alla finestra e vidi Marco che mi aspettava giù, sorridente ma molto preoccupato da una mia eventuale reazione. Scesi in fretta e furia, gli corsi incontro e lo baciai " Ma come hai fatto?" " Semplice. Ho scritto sulla brina della finestra e poi l'ho posizionata contro luce" disse, provocando in me una gioia immensa" finì Rosa, catturando totalmente l'attenzione della ragazza che, essendosi ricomposta, domandò tenebrosa " E sarebbe questo l'amore?" " Come si vede che non sai che cos'è. Non è solo questo" " E che ne è stato di Marco?" " Dopo quel giorno non l'ho mai più visto" sospirò Rosa mestamente. Elena, che aveva ascoltato attentamente la storia, fece finta di non essersi appassionata e, con tono presuntuoso, invitò la zia ad andare via da lì. Rosa prese i manici della sedia a rotelle e si incamminò " Devi scoprire tante altre cose…" " Io non ho proprio niente da imparare" rispose la ragazza stizzita " La fiducia negli altri, il rispetto, il bene verso i genitori, la tolleranza, la generosità…" " Grazie tante, ma io le cose già le so" " Eppure non mi sembra" " Sarà" disse Elena sommessamente, che pareva un po' cambiata " Volevi molto bene a tuo padre, vero?" domandò Rosa " Prova a trarne tu le conclusioni" " Era un uomo straordinario, lo so. E io sono convinta che tu non hai imparato niente dei suoi insegnamenti" " Queste sono cose private, che riguardano esclusivamente me" " Puoi dire quello che vuoi, ma resta il fatto che è vero" " I genitori… vorrei sapere a che servono. Ti scocciano solo e basta!" esclamò Elena " Guarda che sbagli. Vedi, i nostri genitori sono come questi alberi maestosi; ci proteggono con la loro possanza, e i loro rami filtrano la luce del sole, perché sanno che fa male agli occhi, ma tuttavia ce lo fanno vedere, per mostrarci la sua bellezza" disse Rosa, che riuscì, anche stavolta, a catturare l'attenzione " Magari tutti i genitori sarebbero così…" sospirò Elena che, ad un tratto sembrava cambiata " Lo so, ma…" e Rosa non ebbe neanche il tempo di finire la frase che fu interrotta da qualcosa che sembrava un pianto " Che c'è Elena? Dai non piangere…" disse la zia che le prese il viso fra le mani " E' che… io non ho mai avuto un vero padre…" sospirò Elena fra i singhiozzi " Lo so, era una persona molto chiusa… guarda, secondo me tu devi imparare a scoprire che cos'è l'amore. Te lo spiegherò io, vieni" e Rosa si alzò, si abbassò a terra, staccò delicatamente un filo d'erba e lo diede alla fanciulla " Fai penetrare in te questo filo d'erba" disse la donna a voce bassa " Che devo fare?" " Hai capito bene, fallo penetrare in te. In senso figurato…" " E come?" domandò Elena che sembrò stranamente cambiata; non aveva più quel viso contorto e imbronciato di prima, e anche il suo tono di voce sembrava sereno e rilassato " Aspetta la prima folata di vento che arriva. Se sai profondamente che cos'è l'amore, allora capirai" rispose la donna con un sorriso. E la giovane ubbidì. Si girò verso la zia, e per tutta risposta la donna le fece un cenno con la mano, come se le dicesse " Aspetta e capirai", ma la giovane, spazientita, non riusciva ancora a capire " Ma insomma! Che cosa devo fare?" " Aspetta il vento e vedrai" ripeté la donna con un sorriso. Ed ecco che, quasi per magia, si alzò una favorevole folata di vento nel parco, che fece eco ad un piacevole fruscio; Elena restò incantata ad osservare il fruscio delle foglie, ma ancora non capiva perfettamente quello che voleva intendere sua zia " Sono convinta che tu sappia che cos'è l'amore in realtà…" disse la donna " Ma io…" " Non preoccuparti. Ascolta bene" " Che cosa?" domandò la ragazza che, distrattamente, incominciò a far oscillare il filo d'erba contrariamente agli altri fili sul prato. La giovane capì, finalmente. Chiuse lentamente gli occhi e ascoltò il suo cuore; poi fece viaggiare la sua energia nelle braccia, che, conseguentemente, le giunse nelle dita. Ecco. Aveva imparato. Quando aprì gli occhi, il filo d'erba oscillava al ritmo degli altri, in sincronia, lentamente. Prontamente, si girò verso la zia che le sorrideva come ad annuire il suo successo " Brava. Lo sapevo che ce l'avresti fatta. Ne ero convinta" disse, e si avvicinò a lei " E' tutto qui l'amore?" " No. Se dovessi spiegarti che cos'è l'amore, non la finirei mai. E comunque non potrei mai dirti che cos'è in realtà questo sentimento. Anche se ti raccontassi tutta la mia esperienza, non servirebbe a molto. E poi ricorda che l'emozione non può essere spiegata" " E allora come farò a capirlo?" domandò la ragazza " Elena, non preoccuparti di capirlo o meno. Non è importante. A noi umani non è concesso saperlo. Piuttosto, impara a provare che cos'è l'amore. E' questa la nostra più grande conquista" affermò la donna. Infatti. Era vero. Non è tanto importante capire che cos'è l'amore in sé, l'importante è provarlo, e dare un significato a quello che si prova " Forse ho capito cosa volevi dire, prima" disse Elena che sembrava diventata leggermente più dolce " Volevo farti entrare in sincronia con la natura. E farti provare amore" disse la donna, che riprese a passeggiare " Zia, ora ti vorrei fare una domanda più particolare" " Dimmi" " Hai provato vero amore quando hai incontrato Marco?" " Eh eh… in parte. Ma non era vero amore. E' un'altra cosa" disse, notando in Elena una notevole nota di strana dolcezza " Sai, oltre all'amore ci sono tanti altri sentimenti bellissimi" " So dirti quali" " Mi sapresti dire, certo, quali sono, ma non potresti dirmi come sono" " Perché?" domandò la ragazza stupita " Da quello che ho capito non li hai mai provati. O sbaglio?" " Certo che li ho provati" " Allora dimmi quali sono e come sono" disse la donna che, dopo un lungo silenzio che non fece altro che confermare le sue ipotesi, riprese a parlare " Non mi sbaglio. Ma non preoccuparti. Te li spiegherò io" " Sei così brava che sto iniziando a fidarmi di te" " Non ti sei mai fidata di nessuno?" domandò Rosa alla ragazza, stupita " In tutta la mia vita mi sono fidata solo di una persona. E sai di chi" " Tuo padre. Sai che così non va affatto bene?" " Pensala come vuoi tu. Mi avete scocciato tutti quanti" pronunciò la fanciulla con tanta rabbia dentro " Elena, bisogna fidarsi di qualcuno, comunque. Ma te lo spiegherò più tardi" " Io non ne ho bisogno" confermò la ragazza stizzita " Certo che ne hai. Ma adesso ti voglio insegnare un'altra cosa. Il rispetto verso gli altri, che è fondamentale" " Io rispetto tutti" " A me non sembra proprio. Da come rispondi mi fai capire tutt'altra cosa" disse, e ci fu un conseguente silenzio che sembrava squarciare l'aria. Rosa voleva insegnarle quanto più poteva. Ed era sicura di riuscire nell'ardua impresa. Il tempo, intanto, era cambiato, e in meglio. Il sole aveva riportato un'importante vittoria sulle nuvole, illuminando di giallo tutto il territorio circostante, che sembrò mettere una temporanea pace fra la zia e la nipote, le quali tuttavia erano entrate in una perfetta sinfonia. L'aria si rinfrescò, portando un piacevolissimo odore di pesco che si espanse per il parco " Senti l'odore del pesco… è meraviglioso" " Sì, lo sento" " Vieni, ti faccio vedere una cosa" disse Rosa, che girò improvvisamente la sedia a rotelle cambiando direzione. Alla vista di un piccolo formicaio abitato da poche formiche, Elena si insospettì a tal punto di richiamare l'attenzione della zia " Scusami, ma quello è un formicaio?" " Esattamente" " E cosa andiamo a fare lì?" " Vedrai" " Mi sono scocciata, zia! Non mi rispondi mai…" pronunciò Elena infastidita e curiosa " Capirai il rispetto per gli altri. Ecco, siamo arrivati" disse Rosa, che si chinò a terra " Questo formicaio l'ho scoperto da non molto tempo" " Perché, ci vieni anche da sola qui?" " Certamente. Perciò ti ci ho portata" disse, e guardando per terra, fece notare alla nipote come le formiche stessero costruendo una bellissima cornice di pezzetti di pane e altra roba presa chissà dove, portandola pazientemente sulle spalle e poi depositandola delicatamente a terra " Guarda, oltre quel punto non vanno… eppure ci deve essere un motivo" notò Rosa incuriosita " Ecco perché! Guarda, non possono attraversare quel punto perché è bagnato. Se lo oltrepassassero, morirebbero" disse la zia di Elena rammaricata " Dobbiamo aiutarle. Potresti essere utile tu, Elena" " Io? E come? Non possono farcela da sole? E poi sono soltanto formiche…" " Che significa questo… anche loro hanno il diritto di vivere" " Sì, ma non sono come noi" " Questo non c'entra" disse Rosa con tono rimproverante " Elena, se non sbaglio tu hai un infezione al secondo dito del piede…" " Sì, e allora?" " Togliti la scarpa" " Cosa? E per fare che?" " Dammi ascolto… non hai detto che ti fidavi di me?" " Sì ma…" " Dammi retta. Toglitela" disse, e lei si levò pazientemente la scarpa " Bene. Ora togliti anche il calzino" " No, questo è troppo…" " Elena… devi fare fino in fondo le cose" " Va bene, zia. Ma sappi che sono molto esterrefatta del tuo comportamento" " Dopo mi ringrazierai" disse la donna convinta di quello che stava facendo. La ragazza, sempre più stupita, si chinò nuovamente verso il basso, poggiando il piede sull'erba bagnata e sentendo l'acqua in tutta la sua freschezza " Ora metti la tua mano sopra al tuo piede e aspetta" disse la donna con una nota di decisa convinzione. Quasi per magia o forse per uno strano caso, le piccole formiche iniziarono a muoversi in quella direzione, salendo, dapprima forviate ed incuriosite, sulla mano della ragazza e sulle dita del suo piede, provocando in lei un senso di profondo rilassamento ma, nel contempo, uno strano senso di guardinga attenzione " Zia… mi fanno solletico, ma è come se mi stessero facendo rilassare" " Fidati sempre di me. E poi ricorda che fidarsi di qualcuno non è mai male, eccetto qualche caso" disse, constatando con felicità che le formiche erano riuscite a passare dall'altra parte di quell'enorme sponda che poteva a loro sembrare " Sono passate tutte" " Ora sono a casa" " Com'è stato?" " E' stata una delle poche volte che in vita mia mi sono sentita gratificata. E sembra che anche l'infezione vada meglio" " Tu non volevi darmi ascolto…" disse, e dopo che la ragazza ebbe finito di rimettersi la scarpa, s'incamminarono altrove. Elena non poteva crederci. Si era sentita gratificata, e quella era una cosa strana per lei, dato che aveva provato il sentimento di gratitudine solo poche volte nella vita; ed era fantastico provarlo, come del resto dovevano essere fantastiche tutte le altre cose della vita. Ricordava, nella sua mente, i momenti più belli passati insieme a qualcuno; ma erano delle lontane voci che Rosa aveva preso l'incarico di riportarle vicino a lei " Penso che tu abbia imparato una lezione" " Una lezione…" sibilò la giovane che sembrò totalmente diversa " Sì, una lezione. Una lezione di vita" pronunciò la donna, fissando gli enormi occhi della fanciulla che non fecero altro che ripetere la loro semplice missione, cioè quella di incantare chiunque la stesse guardando. Rosa ebbe come un profondo senso di appagamento; Elena stava cambiando, e lo si poteva notare con un solo sguardo. Non c'era più sul suo viso quell'espressione truce e imbronciata di prima, e anche le sue parole erano diventate più dolci e rilassate; e, cosa alquanto incredibile, le si vedeva sul viso un accenno di sorriso che Rosa aveva preso in notevole considerazione e che era destinato a diventare molto più visibile di quanto non avesse mai fatto " Zia…" " Dimmi" " Che cos'è in realtà l'uomo?" " Mi fai una domanda difficile. Ma per chi mi hai preso?" " Tu sei così saggia…" " Io sono solo una donna umile" " Ma saggia" affermò la giovane " Non hai notato, per caso, qualcosa di strano?" " E che cosa?" " Non te ne sei accorta… ma mi stai facendo molti complimenti, cosa che prima non avresti mai sognato di fare" " E'vero" disse Elena abbassando lo sguardo " Allora zia? Mi sai dire qualcosa sull'uomo?" " Vediamo un po'… sai, i filosofi dell'antichità spaziavano su tanti campi… c'è chi riteneva che la vita sia un percorso, una strada da seguire fino in fondo, e questo è vero; c'è chi riteneva che la vita è solo una preparazione per prepararsi ad un altro tipo di vita; c'è chi pensava che la nostra esistenza fosse solo una pena da scontare; c'è anche chi diceva che l'uomo era armonia e nel contempo disarmonia… tutte teorie molto significative. Ma secondo me, tutti questi filosofi hanno trascurato un piccolo particolare, tuttavia però di vitale importanza" " E cioè?" " Non hanno considerato l'emozione" " L'emozione?" " Sì, l'emozione. E' una parte estremamente importante dell'essere umano, anzi, ne è parte vitale. Cosa sarebbe l'uomo senza?" " In effetti…" " Pensaci un po'. Non è dall'emozione che nasce l'uomo? Non è dall'emozione che viene educato l'uomo? E come potrebbe un essere umano crescere senza essere amato? Come potrebbe non amare? Cosa c'è di più forte dell'emozione? Credimi, neanche il più forte maremoto o il più terribile terremoto possono superare la potenza dell'emozione umana. E' un po' come l'amicizia, l'eguaglianza. Loro sono parte di noi e noi parte di loro. E'vero, non ti ho ancora risposto adeguatamente. Tu vorresti sapere che cos'è l'uomo in realtà. L'uomo è una strada. Una strada d'emozioni, proprio così. Siccome la mente è ragione e il cuore è emozione, l'uomo, pur senza accorgersene, tenta fin dalla sua nascita di sublimare il cuore e la mente in un'unica via, un unico sentiero, tuttavia con vari scopi. L'essere umano cerca di incanalare la sua straripante forza emotiva sublimandola e indirizzandola con la mente, fin dall'alba dei tempi. E credimi, tutti tentano di farlo, indipendentemente dalla cultura, dalla saggezza, dalle origini o dalla vita che conducono. E' naturale" disse Rosa, dalle quali labbra pendeva la nipote assorta e concentrata sulle sue parole " Scusami, tu hai detto che l'uomo è una strada e siamo d'accordo. Ma in una strada non ci sono anche le curve?" " Non ho mica escluso questo. Ma hai fatto un'ottima osservazione. Ti spiegherò subito. Anche le curve sono parte di noi, solo che sono più intense, più cariche d'emozione. Sono solo caratteristiche, non cambiamenti" " Capisco" " Elena, mi raccomando, non dubitare ma di te stessa. Segui il tuo istinto, ascolta sia il cuore che la mente, e unisci le loro voci. Non cercare false amicizie e falsi piaceri, così come non devi assolutamente cercare false soddisfazioni o illusioni più grandi di te. Certo, ti devi illudere, lo devi fare assolutamente, altrimenti non riusciresti a vivere; ma non devi illuderti eccessivamente. Sogna, sogna quanto più puoi, senza fermarti mai, poiché è l'unica cosa che, anche se fatta in maniera eccessiva, non fa mai male. Proponiti sempre nuovi obiettivi, ogni giorno che passa sii sempre più forte; e non fermarti a piangere in un angolino al buio, inerme, ma tira fuori tutta la grinta e la rabbia che c'è in te, e trasformala in passione e in determinazione. Fai sentire la tua voce, urla con tutta te stessa, e non preoccuparti se qualcuno si dovesse lamentare della tua urla o se dicesse che gridi troppo forte, grida comunque con tutta la tua voce, poiché loro farebbero lo stesso con te. Guarda, guardati intorno, e cattura ogni immagine e ogni meandro della natura che ti circonda, traine insegnamento e non dimenticarlo mai. Fallo con tutto il tuo cuore, e cerca di non dimenticarlo. Osserva bene i bei luoghi che visiti, il mare, la spiaggia, il chiosco delle bibite, l'insegna dei negozi dei paesini vacanzieri, le timide nuvole che vi si affacciano solo in quei posti, il riflesso della pelle al sole, le giornate al mare, le melodie del campeggio di fronte alla tua casa, le verdi foglie dei prati, il lungomare con i suoi lampioni, i lidi, la bellezza sfolgorante dei pomeriggi d'estate, anche la sabbia stessa, e fa che ognuna di queste cose entri nel tuo cuore e non lo abbandoni più, così che nei momenti tristi ti possano consolare e abbracciare, e che nella certezza della morte ti possano accompagnare. Certo, questi paesaggi aumenteranno il tua amore per la vita, e ti intristiranno, poiché saprai che un giorno dovrai morire e abbandonare tutto questo. E' questo il senso di cui ti parlavo prima… e questo senso cammina insieme alla felicità." disse Rosa, trovando la nipote in lacrime. Di lì in poi nacque un lunghissimo silenzio che neanche io saprei raccontare. Quel silenzio era diverso da tutti gli altri. Da quel silenzio, infatti, si poteva scaturire quale fosse la felicità; le lacrime della ragazza scendevano, quasi a tratti, lungo il suo viso, tanto che la zia avrebbe voluto fermarle per sostituirle con un bellissimo sorriso, un sorriso eterno. Da quell' immane silenzio si poteva capire la vera tristezza che vigeva nel cuore della povera ragazza, la sua fragilità, le sue notti passate a piangere in attesa di una risposta, da qualcuno o da qualcosa; lei sapeva benissimo che la più bella corritrice del mondo era lei, anche se su una sedia a rotelle; sapeva benissimo che le sue lacrime, un giorno, sarebbero diventate lunghissimi sorrisi di cui neanche lei avrebbe potuto vedere la fine e che, anche se si fosse impegnata per tutta la vita, non sarebbe mai riuscita ad essere bella come un tramonto o un arcobaleno senza fine " Elena, non piangere…" " Scusami zia… ma è più forte di me… io non sono triste pur sapendo che devo morire…" " Vieni, ti porto in un posto speciale" disse Rosa, prendendo i manubri della sedia. A quel punto prese una strada secondaria, un sentiero poco distante dalla siepe principale, la quale sembrava offuscasse il bellissimo paesaggio che si sarebbe dovuto trovare dietro. La strada era irta di rami spezzati, ormai anziani, raggrinziti dal tempo, che ostacolavano la strada; ma Rosa sembrava trovarsi comunque a suo agio. Salirono un piccolo pendio pieno di foglie sul suolo, e si presentò, dinanzi agli occhi di Elena, il più bel paesaggio che avesse mai visto in tutta la sua vita; le file di alberi che si celavano a poco a poco dietro la siepe si svelavano in tutta la loro bellezza legnosa, abbracciando il territorio circostante con i loro rami che sembravano delle dita scolpite con minuziosa attenzione, belle quasi come quelle di Elena. L'erba era bassa, accogliente, come il pelo di un gatto disteso a terra; il cielo oscillava fra l'azzurro oltremare ed il rosa, orlato da sfumature estremamente particolari che facevano pensare subito al medioevo o ad i cavalieri corazzati di quell'epoca. I fiori si ergevano, maestosi, sul prato, come se da piccoli fossero diventati in una volta grandi e potenti, senza sottovalutare la forza degli alberi e delle colline poste poco più avanti. Di lì in poi era tutto vago ed indefinito, come un'immensa propaggine tesa ad andare in avanti, come se dovesse viaggiare senza una precisa meta. A completare l'ameno campo c'era il sorriso di Rosa, che rimirando il tutto come se l'avesse visto per la prima volta, l'avrebbe voluto portare negli occhi della nipote " Zia… potrei dirti una cosa?" " Dimmi, poiché gli istanti sono sospiri del tempo" " Non vorrei morire. Mai" " Anch'io, se potessi… se solo potessi. Ma dobbiamo accettare il destino e la vita" disse tristemente la donna, che trovava il senso della sua vita fra le foglie degli alberi di pesco e i fiori che la sera scendevano dai loro rami per andare a trovare la loro vita e la loro sorgente nelle spighe di grano e i mandorli in fiore " Vorrei tanto evitarlo" " Tutti noi vorremmo evitarlo. E' uno dei sogni dell'uomo" " Sai, in fondo… in fondo è anche stupido. La morte ci libera dalle sofferenze, portandoci ad una vita migliore… ma ci priva della cosa più cara che abbiamo" disse la ragazza, stupendo enormemente la zia per via delle sue parole " Sai… è stupido anche pensare che siamo condannati a non vedere mai più un bellissimo paesaggio o una persona meravigliosa. Forse ne incontreremo di migliori, chi può dirlo" pronunciò la donna " Zia… hai idea di che cosa ci aspetta dopo la vita?" " Non lo so. E' una domanda di una difficoltà che tu nemmeno immagini. Ma dimmi; ti sei per caso innamorata della vita?" disse Rosa, la quale non ottenne nessuna risposta dalla nipote " Ho capito. Ho capito tutto. Andiamo" disse, e prendendo la sedia a rotelle della nipote tornò sul viale principale. Il loro breve silenzio fu subito interrotto " Se solo fosse più facile…" disse la ragazza " In che senso?" " Non mi vedi, zia? Non vedi che sono su una sedia a rotelle?" " Sarebbe tutto più facile, secondo te?" " Certo che sarebbe tutto più facile" " Chi ti ha detto quest'assurdità?" " Non c'è bisogno che qualcuno me lo dica. Sarebbe tutto enormemente più semplice" " Questo perché ti fidi delle apparenze, e non vai nel profondo delle cose. Perché non rifletti un attimo?" " Su che cosa, zia?" disse Elena con un sorriso " Pensa di trovarti in un bellissimo parco, come questo. Un viale ridente, gli uccelli che cantano, le verdi siepi, il cielo… e immagina di vedere una persona che cammina lungo questa via a piedi. Cammina con le sue gambe, questo è vero; ma, intento a camminare, non apprezza le verdi siepi, i maestosi alberi e i loro rami, la freschezza dell'aria, le foglie a terra, e non ascolterebbe il canto degli uccelli, si limiterebbe soltanto a sentirlo; non osserverebbe il cielo, si limiterebbe soltanto a guardarlo. Invece tu cammineresti più lentamente, certo, però godresti della bellezza della natura nei particolari, poiché non saresti intenta a camminare frettolosamente" disse Rosa, che prese il viso di Elena fra le mani " Non intristirti. Pensa a fondo su quello che ti ho detto" " Zia, sei incredibile. Grazie" " Non devi dirmi grazie. Ma a guardarti penso che devi dirmi qualcosa. O sbaglio?" " No, non sbagli" " Di che cosa vogliamo parlare?" " Riguarda mio padre" " Lo sapevo" " Vedi… lui era tutto per me. Mi faceva da padre, da fratello… era l'amico che non ho mai avuto, o forse meglio di quei pochi che ho avuto" " Ti ascolto" " La sera, quando ero piccola, mi raccontava le favole, e mi dava il bacio della buona notte. Era incredibile… nel vero senso della parola. Lui non badava a nulla quando si trattava di qualcosa che riguardava me. Era di una generosità spaventosa. Faceva di tutto per gli altri, e pensava a lui in un secondo momento. Sai… lui era l'unico al mondo" " Che cosa vuoi dire?" " Era l'unico. L'unico che avevo al mondo. Non ho mai avuto amici. O meglio, ne ho avuti pochi, e quei pochi che ho avuto non mi mostravano tanto affetto" " Lui invece era l'unica persona al mondo che ti parlava" " Certo, mentre mia madre era troppo occupata per badare a me" " Conosco mia sorella. Effettivamente è così" " Non è tutto. Vedi, fra me e mio padre c'era un'incredibile intesa, un sentimento che ci legava in un unico cuore. Sapeva quello che mi dava fastidio, sapeva cosa mi piaceva, cosa volevo fare, quando era il momento giusto di parlare e quando non lo era. Sapeva anche cosa mi piaceva ascoltare, e cantavamo insieme, qualche volta. Capiva perfino i miei problemi ancor prima che io parlassi" " Questo lo so. E' la prima volta che ne parli con qualcuno?" " Sì. Non ho mai avuto il coraggio di parlarne con mia madre" " Ti posso capire" " Quando morì, una parte del mio cuore se ne andò per sempre con lui. Mi distrusse. Fu peggio di una sciagura o di una tragedia immane. Passarono dei giorni di insopportabile dolore, che erano così dolorosi da non potersi né capire né spiegare" " Ma parte del tuo dolore è ancora con te. E tu sei alla disperata ricerca di quella parte del tuo cuore" " Sì… è vero" sospirò Elena " E io ti aiuterò a ritrovarla" " E come? Mia madre dice che devo accettare la sua scomparsa" " Questo è vero. Ma non è vero che non puoi recuperare quella parte del tuo cuore" " Come se fosse possibile" " Niente è impossibile. Ascolta; ti fidi di me?" " Sì" " E allora fidati e basta" disse Rosa, che si accinse a sveltire il suo passo " Zia… ora ti faccio una domanda alla quale forse non saprai rispondermi" " Dimmi" disse Rosa accennando un sorriso di sfida " Si può volare?" " Certo. L'uomo può volare" " E come?" " Non ti ho detto che se ti fidi di te e delle persone che ti amano nulla è impossibile?" " Ma…" " E poi, un'altra cosa; non ti ho detto di ascoltare il tuo cuore?" " Sì, questo sì. Ma come si fa ad ascoltare il cuore?" " Senti l'emozione salire sulle tue guance, o giù di lì. Poi cerca di spostarla, nelle tue vene, e falla scendere verso il petto. Ascolta i tuoi battiti, ma senza darti troppa fretta; senti le onde del mare, il fruscio delle foglie, anche se non li hai vicini a te, li sentirai comunque. Non preoccuparti di tutto il resto, poiché lo sentirai da te. Non preoccuparti di capire, poiché il tuo cuore penserà a tutto" disse la donna con una leggera nota di mestizia che non fece altro che affascinare la giovane nipote sempre più interessata a i suoi discorsi " Credimi, è facilissimo. Anzi, è naturale" " E come si fa a volare?" " Ascolta il tuo cuore. Poi cerca di evadere quanto più ti è possibile dalla città, in un posto dove i rumori della strada sono soltanto un lontano ricordo, e dove di palazzi non se ne vedono. Poi stai molto attenta a percepire ogni sussurro del vento, qualunque esso sia. E poi lasciati andare" " Si può davvero volare così?" " Ma certo. La cosa che devi assolutamente fare è ascoltare" " Come devo ascoltare? Non è facile" " Ascolta, senza limiti" " Senza più limiti?" " Senza limiti. Mai" " Ma loro non fanno parte della nostra vita?" " Chi ha mai detto il contrario? Solo in certi casi, però. Dobbiamo imparare a riconoscerli" " Ho capito. Almeno questo so come si fa" " Brava" sussurrò la zia della giovane, che sembrava aver percepito ogni cosa del sudisse la donna. Elena era, stavolta, profondamente cambiata; il suo viso era finalmente sereno, disteso, senza quel broncio che aveva sempre disegnato sul volto. I suoi occhi brillavano di una diversa luce; finalmente iniziò a gesticolare, a muoversi, a sorridere, e anche il suo linguaggio aveva subito dei notevoli cambiamenti. Si esprimeva per quello che era in realtà, cosa che aveva sempre nascosto, e anche Rosa, con felicità, l'aveva notato " Sai, Elena… sei cambiata. Sei diversa. Non te ne sei accorta?" " Davvero? A me sembra sempre lo stesso… comunque…" " Hai imparato molte cose. Ma non sai ancora fidarti degli altri" " In che senso?" domandò la ragazza, la quale non ebbe neanche il tempo di terminare la frase che, improvvisamente, alzando lo sguardo, notò un piccolo uccello che camminava lentamente sul ramo di un albero posto a media altezza " Guarda, Elena… un uccellino" " Ho visto…" " Deve essere al suo primo volo" " Come fai a capirlo?" " Guarda bene. Non muove perfettamente le sue ali, ed è molto insicuro dei suoi passi. E poi guarda continuamente verso il basso" " Hai ragione" continuò Elena, che si affascinò allo spettacolo. Era giunta, per quell'uccellino, la resa dei conti; con molta esitazione, si apprestò ad osservare il vuoto che c'era sotto di lui e, incurante del pericolo, fece un timido accenno di apertura alare. Guardò, intimidito ed impaurito, verso il basso, più di una volta; ma non accennava ancora a saltare. Tutto il bosco, per alcuni attimi, sembrò fermarsi per osservare il tutto, con estrema attenzione " Credi che ce la farà?" " Ne sono convinta" rispose la donna alla nipote. L'uccello avanzò, lentamente, verso l'orlo del ramo; ma ancora non sembrava convinto. Tutta la natura si fermò, per un attimo, convinta anch' essa del primo volo dell'uccellino. Ecco, il fatidico momento era finalmente giunto; l'animale avanzò, ancora di più, verso il baratro. Ed ecco che, incurante della paura, si lanciò nel vuoto; e spiccò un bellissimo volo verso il cielo " Bravo! Hai visto, zia?" " Sì. Ero sicura che ce l'avrebbe fatta" " E' stato bellissimo" " Secondo te perché ce l'ha fatta?" " Non saprei…" " Perché si è fidato delle sue ali. Senza di esse non avrebbe mai potuto" disse la donna, che con le sue parole penetrò a fondo nel cuore della nipote " Lo leggo nei tuoi occhi che anche tu eri convinta della sua riuscita" " Sì, certo" " Ne ero sicura. Anche tu sei sensibilissima" " Grazie" " E' la verità; soltanto la pura verità" disse Rosa accarezzando il viso della bella nipote, che sembrò ringraziarla. Le due ripresero a passeggiare, ammirando i meandri della natura; Rosa rimaneva incantata dai fiori che costellavano i piedi delle siepi e i loro dintorni, come se li avesse visti per la prima volta. Elena invece, nonostante avesse visto quel parco poche volte, li osservava come solo un esperto sa fare; e le venne spontaneo, infatti, fare una domanda alla zia " Zia… tu mi hai spiegato tante cose… ma me ne puoi spiegare un'altra?" " Dimmi" " Se davvero niente è impossibile… come farò a camminare?" " Chi ti ha detto il contrario?" " Posso camminare?" " Certo che puoi!" " Forse… so come fare. Devo ascoltare il mio cuore" " Brava. L'hai capito. Il tuo cuore ti dirà cosa fare" " Non è così semplice come sembra" " Invece è facilissimo" disse la donna fermamente convinta delle sue parole " E' tutto qui. Nelle tue mani, o meglio, dentro di te" " Lo so che è dentro di me" " E allora? Non è difficile" rispose con convinzione Rosa, che fissò negli occhi la ragazza, la quale abbassò a sua volta lo sguardo, forse, per evitare quello della zia " Quando scoprirai davvero che niente è impossibile, sarai in grado di vedere tuo padre" " E come?" " Fidati di me, e, soprattutto, di te. Ricordi l'uccellino, poco fa? Forse a lui sarà sembrato un ostacolo immane quell'albero e la sua altezza, sarà stata un'utopia per lui; eppure è riuscito a spiccare il volo. Perché secondo te? Perché si è fidato delle sue ali. Potrai riabbracciare tuo padre, Elena" " Mi fido" " Ecco. Così va meglio" pronunciò la donna con una serena aria di convinzione, calma e decisa " Non ho ancora accettato la sua morte" " E' normale. L'accettazione della morte di qualcuno dipende dall'importanza che ha occupato nella nostra vita. E doveva essere una persona speciale. Dipende anche da questo" " Perché è morto proprio lui? E perché proprio quando io ero così piccola? Perché?" " A noi non è dato saperlo. E poi è andata così. Una persona forte accetta comunque la morte di un caro" " E come si fa a saperlo? Se solo ci fosse un modo…" " Un modo c'è" " E quale?" " Semplice. Come sempre, dovrai ascoltare il tuo cuore. Concentrati a fondo. Cerca di sentire la voce di tuo padre" " Devo cercare di sentirla?" " Sì, ma fai attenzione. Non devi cercare di sentire la voce con la tua mente, questo lo sappiamo fare tutti. Devi sentirla provenire dal tuo cuore" " E come si fa?" " E' inutile che io te lo spieghi. Sai già come devi fare" disse, indietreggiando di qualche passo e attendendo impazientemente una risposta. Elena chiuse gli occhi, sospirò e si concentrò profondamente; Rosa aspettò per interminabili istanti, ma senza alcun risultato " Zia… non sento niente" " Lo sapevo. In fondo, era quello che volevo sentirmi dire. Ma non ti preoccupare. Vedremo dopo" " Non ancora accettato la morte di mio padre" " Proprio così. Ma non preoccuparti" disse, e dopo che ebbe pronunciato queste parole, zia e nipote tornarono sui loro passi. Il sole, intanto, vinse definitivamente sulle nuvole. I suoi raggi spiccavano il volo, raggiungendo i più alti strati del cielo, e forse ancora più su, per poi volare in picchiata sulle verdi colline dei campi, atterrando definitivamente sui visi delle due giovani donne che apprezzavano vivamente quel caldo benvenuto, accompagnato da un piacevolissimo sole che cullava fra le sue braccia quel piccolo parco che sembrava ringraziarlo di volta in volta sempre di più per l'accoglienza che gli offriva " Hai visto com'è bello questo sole?" domandò la donna impaziente di avere una risposta " Sì, è meraviglioso. Poche volte mi è capitato di vedere un sole così. Guarda, ci sono anche alcune nuvole stagliate all'orizzonte… come sono particolari…" " E' un raro spettacolo. Goditelo" " Sai, zia… ho un terribile senso di disperazione che mi prende qui, al petto" " Posso capire per cosa…" " E' da molto tempo che ce l'ho… ma non l'ho mai detto a nessuno. Non è sempre così, però… è terribile" " Per questo ti ho detto di amare quanto più potevi. E tu sai bene perché" " Sì, lo so. Me l'hai già detto" e da qui si insediò in mezzo alle loro parole un terribile silenzio, che fu però subito sconfitto " Non accontentarti mai, Elena, delle cose vane e incomplete. Cerca sempre di finire ciò che fai, e anche se non dovessi riuscirci, non rammaricarti, poiché non serve a nulla. Il rammaricarsi va bene, ma non troppo. Appena la vita ti stende al tappeto, tu rialzati subito, e pensa come affrontarla, con più coraggio e determinazione di prima. Non dubitare mai delle apparenze; certo, non devi farti ingannare da quelle, ma sii sempre attenta a valutare le persone da quello che dicono e da quello che fanno. Cerca di penetrare in loro, più profondamente che puoi; non giudicare le persone da quello che pensano a da quello che dicono, ma guarda in profondità nel loro cuore. Solo così ti accorgerai degli individui che ti stanno accanto. Scruta attentamente gli occhi degli altri; non badare solo al loro viso. Guarda attentamente le pupille, e poi l'iride, e poi di nuovo tutte e due insieme, fino a confonderle e a non riuscire a distinguerle. E solo quando saranno unite e indistinguibili, capirai cosa c'è dentro di loro. E poi ascolta la natura; lei è la migliore consigliatrice ed ascoltatrice che esista. Non comunica con le parole, certo; ma è necessario che tu impari il suo linguaggio. Lei ti potrà lenire il dolore, ma non debellarlo, poiché la sofferenza fa parte della nostra esistenza, e ci accompagnerà sempre. Sta a noi sfidarla e poi distruggerla. Abbi sempre coraggio, siine sempre piena. Guarda gli scoiattoli, le volpi, gli uccelli, i cervi; loro affrontano la natura e sé stessi ogni giorno. Ti sembra che loro abbiano paura? Ne hanno, ma poca, perché loro seguono il loro istinto. Segui te stessa, e non avrai mai paura. Di niente. Questo te lo garantisco io, stanne sicura" disse la donna, attirando la ragazza fino a farla pendere dalle sue labbra, ad ogni parola che pronunciava " Zia… sei incredibile. Non ho parole per ringraziarti" " Non devi ringraziarmi. Se vuoi accontentarmi, fai quello che ti ho detto" " Dovrò averti al mio fianco" " Ti posso garantire che non servirà. Basta che tu mi abbia ascoltato" disse Rosa, che ebbe come un fremito che le percorse la schiena quando accarezzò la nipote con la sua dolce espressione " Senti, sai come fare a capire se una persona da te amata ricambia il tuo sentimento? Come fare a capire, insomma, se è vero amore?" " No, non lo so" " Allora guarda come fare" disse la donna mostrandole un campo di coloratissimi fiori poco distante " Osserva bene questi fiori" " Sì, li sto osservando" " Bene. Non devi fare altro che cercare di trovare il fiore che più somiglia dalla persona da te amata. Poi raccoglilo e senti il suo profumo. Solo se sentirai un forte e reale profumo, sarà vero amore" " Tu dici?" " Certo" " L'hai fatto qualche volta, vero?" " Certamente. E solo poche volte ho sentito il profumo" " Sono contenta per te" disse la ragazza con un sorriso " Vuoi provare a farlo anche tu?" " Nella mia vita mi sono innamorata poche volte. E non mi ricordo neanche benissimo quello che è successo" " Allora lo farai quando verrà il momento" " Certo. Ma dimmi una cosa; come faccio a vedere il fiore che somiglia di più alla persona che amo?" disse la ragazza, che ottenne solo uno sguardo fra il rimproveratore e l'imbarazzato da parte dalla donna " Ho capito… devo fidarmi del mio cuore" pronunciò la ragazza che sembrò aver capito " Ho capito, zia…" " Senti un po'… forse accetterai quello che sto per proporti" " Dimmi" " Vuoi camminare?" e a quel punto Elena versò alcune lacrime dagli occhi " Lo so, non è semplice. Ma proveresti un'emozione indimenticabile" " Davvero? Non lo so…" " Lasciati andare. Fidati di me" " Va bene" disse Elena asciugandosi una lacrima che le era scivolata delicatamente sul viso. La donna si apprestò a prendere in braccio la ragazza che, dopo aver titubato non poco, afferrò le spalle della zia saldamente; e le sembrò di volare. Si alzò lentamente da quell'orribile sedia che doveva significare per lei un invalicabile ostacolo, un qualcosa che la immobilizzava dal resto del mondo, ma fatto sta che non provava molto risentimento verso quell'oggetto che rappresentava per lei il punto d'osservazione del mondo. Rosa le spostò le sue sensualissime gambe in corrispondenza delle sue, tenendole ferme con le braccia; e iniziò a camminare " Tieniti ben aggrappata, mi raccomando. Al resto ci penso io" " Zia… io sto… camminando!" " Hai visto? E tu che non mi credevi!" gridò la donna entusiasta " Zia! Sto camminando! E' bellissimo! Non ti fermare, non ti fermare! Sto camminando!" " Non mi fermerò, te l'assicuro! Anzi, ora correrai!" " Sììììììììì!" " Corriamo, Elena! Corriamo verso la vita!" urlò la donna felice, che prese a correre " Guarda, Elena! C'è una farfalla lì, la vedi com' è bella?" " Sì, la vedo!" " Bene. Ora la supererai!" " Ma come farò? E' troppo veloce per me" " Ti fidi di me?" " Sì" " E allora sta a vedere!" gridò Rosa che si lanciò all'inseguimento dell'animale. Corse per i prati, superò le colline irte di fiori, e si lasciò a poco a poco la farfalla alle spalle " L'abbiamo superata!" " Hai visto? E tu che non mi credevi" " Sì! Cammino!" gridò la ragazza piena di gioia, e dopo alcuni minuti di marcia la donna si lasciò cadere a terra scherzosamente " Brava!" " Ho camminato! Da quanti anni non lo facevo…" pronunciò la giovane " Secondo te perché sei riuscita a superare quella farfalla?" " Perché mi sono fidata di te" " Brava" " Grazie" " Non devi ringraziarmi. Devi essere contenta e fiera di te" pronunciò la donna che si sistemò i capelli. Poco dopo, con lentezza, tornarono verso la sedia a rotelle, sulla quale Elena si sedette sopra con molto rammarico; e fu così che ripresero la loro passeggiata " Non lo dimenticherò mai. Grazie" " Tu ti sei fidata di una parte di te, e questo è l'importante" " E' vero" disse la fanciulla con le lacrime agli occhi. In tutta la sua vita, Elena non aveva mai provato una felicità simile; sapeva bene cosa significasse camminare, correre con le proprie gambe, superare, ad uno ad uno, tutti gli ostacoli. Lo aveva fatto anche con qualcuno di veramente importante per lei, ma non seppe mai dirlo in realtà con la sua convinzione o solo con la sua forza. Era una ragazza fortissima ma, come tutti gli esseri umani, necessitava dell'aiuto di qualcuno. Si sentiva più forte, più sicura di sé, come non mai, e si sentiva prontissima per un'altra emozione forte come quella " Scusami, zia. Posso farti un'altra domanda?" " Dimmi" " Che cos'è la vita? E soprattutto, come si fa a non dimenticare mai una persona?" " Mi hai fatto una domanda difficile. Forse ancora più difficile delle altre. Ma cercherò di risponderti" " Dimmi…" " Vedi, molti pensano che la vita sia un'avventura, una missione. I filosofi hanno dibattuto su questo tema per secoli e secoli, ognuno con una sua teoria, una più affascinante dell'altra" " Posso capire" " Vedi, non è facile spiegarlo. Ma è anche estremamente affascinante. Vedi, la vita non è solo un'occasione. Forse non lo è. Ascoltami bene. Già da quando inspiriamo il nostro primo respiro, la prima aria che ci entra dentro, siamo vivi. L'aria farà sempre parte di noi, inevitabilmente; e ogni volta che respiriamo, che battiamo le palpebre, che ci muoviamo, che pensiamo, in ogni istante noi creiamo qualcosa di magico e di incredibile, che nessuno può cogliere a fondo, tranne le persone sensibili. Ti è mai capitato che in un edificio come la scuola o stesso a casa tua, non abbia mai visto quella strana luce che penetra attraverso la finestra creando quell'aura soffusa che varia dal blu al giallo? Quella luce può cambiare la vita di un adolescente, ma per un adulto è pressoché insignificante, o magari non ci farebbe neanche caso. Tutto è relativo, certo, ma fino ad un certo punto; dopo di esso entriamo poi in un campo che solo poche persone sanno esplorare, anzi, pochissime" " Quale?" " E' quello spazio che si interpone fra la mente ed il cuore. E' difficile trovarlo, lo si trova solo se si è persone sensibili. E non è detto che si trovi. Non bisogna neanche pretenderlo troppo" " E che cos'è?" " Cosa sono, vorrai dire. Sono i vagiti del cuore. Già, proprio così. Anche il cuore piange. Dove credevi che andassero i suoi pianti? Alcuni se ne vanno via, altri restano dentro di noi. E sono nascosti benissimo. Vengono fuori con una certa atmosfera, non vengono all'improvviso come se nulla fosse. Il cuore piange molto più del previsto, e il problema è che noi non lo sappiamo, o lo sappiamo così poco a tal punto da ignorarlo. Il segreto è quello di stabilire un contatto fra la mente ed il cuore. La vita non è un circondarsi di cose belle o di tanti amici, non è una spasmodica ricerca al successo o al circondarsi di tante persone… è un soffuso d'aria che si incontra con i nostri pensieri, e la vita è una ricerca di una bella specchiata, di un pensiero che ci è sfuggito, magari durante il sonno, di uno sguardo, di un gesto d'affetto; e il bello è cercare un motivo alla nostra stessa esistenza. Poiché, come tu saprai, non siamo qui per caso. Così come anche gli eventi della nostra vita, non accadono così, per puro caso, ma per un preciso motivo. Per questo l'uomo si illude… poiché è convinto di trovare un senso alla sua vita, o almeno un motivo, che sono due cose profondamente diverse fra di loro. Ma non è detto che l'uomo non trovi un motivo; un giorno, forse, lo troverà" disse la donna con mestizia " Zia… ancora non mi hai detto come si fa a non dimenticare mai una persona" " Sai, non occorre solo buona memoria o una sensibilità particolare. E' difficile ricordare una persona per sempre, quando questa magari non ha occupato un posto tanto speciale nella nostra vita. La cosa risulta più semplice quando questa persona rappresenta qualcuno di speciale per noi, ma il dolore di perderla o di non rivederla più ci fa star male da morire. Ed è per questo che, forse, non la dimentichiamo più. Il segreto non è tanto quello di ricordare cosa ha fatto nella vita questa persona per noi o per qualcun altro, ma sta nel ricordare i suoi gesti, le sue parole, un suo sguardo, la sua voce…" " La sua voce?" " Sì. E' questa la cosa che ci consola nei momenti più tristi. E ricorda; se non ti sovviene, nonostante i tuoi sforzi, vai in un posto appartato, non molto isolato però, dove si può sentire bene il vento; e poi cerca di ascoltarlo con grande maestria, poiché lui è l'unico che ce la può far ricordare. Se vuoi fare ancora meglio, cerca di ricordare il viso di questa persona quanto il più possibile, e la sua voce ti sovverrà subito. Non devi ricordare tanto la frase nella quale ti raccomanda di non dimenticarla più, o magari le ultime cose che ti ha detto… basta semplicemente servirsi dell'aiuto della natura per ricordare in questo mare di pensieri la persona da noi cercata, in qualche modo. Non è importante ricordare la persona in sé, ma quello che è stata per noi, e trarne insegnamento, affinché un suo lontano sguardo ci dia calore e conforto, sempre e comunque. L'importante è che anche se fuori infuria la tempesta, ci sia un raggiante sole dentro di noi" disse la donna concludendo il suo discorso con un timido sorriso al quale Elena rispose con un' altrettanta splendida espressione che addolcì tanto la zia. Nell'aria, intanto, si cosparse un leggero profumo di legna bruciata, quello tipico invernale, quando il crepuscolo si affaccia ormai sul giorno, quando i meravigliosi colori saettanti del cielo diventano tutt'uno con le persone, e il fresco serale s'impossessa della bellezza, e c'è freschezza di vivere " Guarda, Elena… il cielo s'è tinto di rosa. Questo vuol dire che un ragazzo ha appena dato il suo primo bacio ad una ragazza, o viceversa" " Davvero?" " Certo. Perciò ogni giorno il cielo si tinge di rosa" " Zia… prima sei stata molto brava a dirmi come ci si fa a ricordare di una persona a noi cara" " Merito di una grande ascoltatrice come te. Ascoltare è difficile, non è da tutti. Può sembrare strano, ma è così. Sai, dopo tutto…" " Dopo tutto?" " Il sognare e l'esistere non hanno poi molte differenze fra di loro. Quando sogniamo la nostra mente è immersa e pervasa da immagini, da suoni, da sguardi, da carezze sfuggenti, pensieri soffusi ed incerti; e non ci sappiamo orientare, non sapendo distinguere la realtà dall'immaginazione. Del resto, anche quando esistiamo facciamo così, solo che quando siamo svegli ci rendiamo conto di tutto ciò che ci circonda. E' questo che differenzia il sogno dall'esistenza, anche se li accomunano molte cose fra di loro. L'importante è capire anche solo una cosa di quello che ci vogliono dire, poiché da quella cosa saremo in grado di capire tutto ciò che intendono spiegarci" disse la donna convinta delle sue parole " Elena…" riprese la donna teneramente " Zia… tu mi hai insegnato tante cose… ma come ti comporti con le altre persone? Ho visto che sei una persona dolce, affettuosa, disponibile, premurosa, capace, responsabile… ma come sei con gli altri? Io e te non sembriamo una zia con la sua nipote…" " Esatto. Vedi, io mi comporto esattamente come adesso. Non faccio tanti preamboli con le persone, sono me stessa e basta" " Devono essere fortunati gli altri ad averti come amica…" " Grazie" " Io dico la verità. Mi hai insegnato tante di quelle cose che adesso la vita mi piace tantissimo" " Diciamo che prima non ti piaceva affatto" " Già…" " Dimmi un po'… come va con tua madre? Da quello che ho potuto vedere e da quello che ho potuto dedurre non va molto bene…" " Infatti. Io e lei siamo in un buoni rapporti, ma da un po' sono deteriorati da quando…" " Ho capito. Tuo padre…" " Già… lei è stata sempre buona con me. Si preoccupava seriamente quando qualcosa mi andava storto, mi ha sempre protetta, ascoltata… ma era come se… era come se non mi ascoltasse in realtà, sembrava di parlare con un'altra persona…" " Mia sorella non è mai stata una grande ascoltatrice. E non è da tutti farlo. Perciò ti ho detto di ascoltare e parlare sempre al vento. Lui è il migliore ascoltatore che esista, te lo posso assicurare. Ed è disposto anche ad ascoltare una persona buona e bella come te" " Dici davvero?" " Ne ho la pura certezza. Lui non fa pretese, non ha pregiudizi… è disposto ad ascoltare chiunque, poiché chiunque ha bisogno di essere ascoltato, e lui lo fa con tutti" " Zia… ma come si fa a comportarsi con le persone?" " Non esiste una regola. Bisogna essere sé stessi e basta. Innanzitutto conta tantissimo il primo sguardo. Quando vedi per la prima volta qualcuno lo sguardo, come saprai, è importante, poiché il primo contatto non torna mai più indietro. Devi guardare negli occhi, come ti ho detto prima. Non devi inventare un'occhiata autoritaria, imponente, oppure una dolce e distratta, o una tenera, o un'altra ancora interrogativa… pensa semplicemente ad un'aurora boreale, e il resto verrà da sé, così che quella persona rimanga impressionata dai tuoi occhi e dalla sensibilità incarnata in te. Non avere rimpianti su come l'hai osservata, poiché ogni passo che hai fatto può essere quello giusto… o nello stesso tempo quello sbagliato, viceversa. Ciò che conta, però, è che tu lo abbia fatto" " Tutto chiaro" " Bene. Non credere che toccare una persona non sia di rilevante importanza. Anzi, al contrario. La pelle emana anch'essa sensazioni, a seconda del nostro umore. Ma talvolta può anche fare come meglio crede. La mente è concentrata e cerca di stabilire il miglior contatto possibile con l'altra persona, mentre il cuore cerca di irrorare con il suo sangue la pelle quanto più possibile, così che le trasmetta le sue emozioni… perciò il cuore batte forte quando abbracciamo qualcun altro. La pelle è un confine, un margine, talvolta valicabile e talvolta no, ma in entrambi i casi comunica qualcosa, e ti posso assicurare che è fondamentale. Cerca di sospirare quanto più ti è possibile, affinché il raggio delle tue emozioni, le quali ti salgono dal cuore all'in su, divengano tutt'uno con i tuoi occhi, e il riverbero del sangue vibri all'unisono con le tue mani, e l'altro rimanga estasiato da te. Sorridi, sorridi quanto più ti è possibile, poiché il sorriso dà molto e non toglie nulla, scalda il cuore ed è lo specchio di ognuno di noi. Non travisare la realtà, ma creala a tuo piacimento, aiutandoti con i tuoi sogni. Goditi ogni momento ed ogni istante della tua vita, poiché gli istanti non tornano più indietro. Un pensiero, un gesto, uno sguardo o un sorriso possono riaffiorare, ma gli istanti no; e quando abbracci qualcuno pensa a sentire il suo battito, e non rimproverare il tuo cuore che magari potrebbe coprire il suo. Ascolta. Ascolta le onde del mare nei pomeriggi d'estate, perché anche loro hanno molte cose da dire. Ti possono raccontare i loro splendidi viaggi, quello che hanno imparato dagli altri mari, i loro amori con le altre acque, e le navi, le barche, i pescatori, i gabbiani; sono figlie del mare, e questo è quanto. Chissà quanti pomeriggi d'estate hanno osservato, chissà quante mattine invernali, quanti sospiri degli innamorati, quante lacrime versate, quanti pensieri… e si infrangono sulla riva, per poi scontrarsi di nuovo… prendi esempio da loro. Ascolta anche il mare. Parlagli. A differenza del vento lui parla di più, e ti può dare saggi consigli. La sua voce è cristallina, silenziosa, rapida e sfuggente, ma non è poi così difficile coglierla al volo. Il mare abbraccia la terra ed è parte di essa, e la cosa straordinaria è che si adatta a lei, senza pretese e senza lamentarsi mai. Perciò ti può indicare come muoverti nella vita, perché nessuno ha più esperienza di lui. Ascolta anche la notte. Osserva attentamente i suoi profondi meandri, le sue oscurità, il suo silenzio, la sua voce; anch'essa parla, e può parlarti benissimo. Ti narrerà del suo viaggio che si spegne al mattino, e della sua forza unificatrice, molto più forte di quella del mattino, poiché non c'è sole che possa dividere il pensiero, come non c'è, allo stesso tempo, la luce illuminatrice. Tu parlale, parlale quanto più puoi, e non preoccuparti se dovessi pensare che le tue parole si perdano nei suoi meandri, lei ti ascolta comunque. Nella sua tenebrosa oscurità raccoglierà i tuoi pensieri, e ti cullerà come una premurosa madre; ti darà conforto e aiuto. Ti stringerà forte, e non baderà a quanto lo sia, a lei basterà soltanto stringerti. Non è lei quella che ti culla e ti dona riposo? Non è lei quella che porta via i pensieri brutti per donarti quelli belli? Anche se rappresenta l'assenza della luce non è affatto cattiva. Non vuole che tu soffra; vuole soltanto rincuorarti. Per questo devi imparare ad ascoltarla, così che lei ascolti te. Ci sarebbero tante altre cose da dire; ma mi confondono la sua oscurità e le sue tenebre, in un insieme di parole che è facile a pensarsi, ma difficile a dirsi. Sarà proprio lei, infatti, che ti parlerà delle montagne. Non bisogna farsi intimidire dalla loro grandezza, ma bisogna farsi proteggere da essa. Loro possono proteggerci, come le spalle di un volenteroso genitore… e ci consigliano anche. Poi guarda gli altri elementi della natura; il sole, l'acqua, lo stesso fuoco, la terra, gli alberi, gli animali, le stesse radici di questi alberi attorno a noi, guardale bene. Ci ascoltano, ci ascoltano sempre, di continuo. Senti gli uccelli, guarda che mirabili voli che compiono per rallegrarci e per fare da cornice alla nostra vita, senti che cinguettii imprecisi ed assorti allo stesso tempo. Sono loro che ci insegnano ad ascoltare; perciò ti dico di farlo più che puoi. Ascolterai chi ti ama, poiché la sua voce sarà piena di traboccanti dolcezze, e che ti sussurri parole d'affetto, e che al suono della sua voce tu rimanga come annebbiata ed assorta, in sensazioni che ti prenderanno dal cuore in giù, e dal petto in su. Non dimenticare mai di chiudere gli occhi dopo che hai tratto un sospiro, così che tu possa sentire le sensazioni che ti trasmette il cuore pieno di gratitudine per ciò che hai fatto; ma non chiudere gli occhi mentre sospiri, perché sarà importantissimo osservare ciò che accade intorno a te. Tu osserva, osserva sempre, non stancarti e non dimenticarti mai di osservare, poiché sarà chi ti sta intorno ad osservare te; e non farlo per essere ricompensata, ma fallo e basta, così che tutti gli elementi della natura combacino fra di loro… e non preoccuparti di farlo perfettamente… è importante che tu lo faccia e nient'altro. Non lo dico per farti giungere agli occhi un magnifico spettacolo di bellezza… ma per farti stare in armonia. Affinché tu trovi l'amore, devi imparare a vivere in armonia con i tuoi sensi" " E come si fa?" domandò la giovane alquanto incuriosita dalle parole della zia " Non è una cosa facile, te l'ho appena detto. Ma per farlo bene, bisogna che tu impari a lasciarti andare, a lasciarti prendere dalle sensazioni che tentano di avvolgerti. A te non rimane altro che assecondarle, il resto verrà da sé" " E come?" " Lasciati andare, Elena. Lasciati andare" disse la donna ponendo fine alla sua frase con un sorriso. L' aria, intanto, si era fatta intrigante e misteriosa; era come se, oltre ad Elena, anche le piante, l'erba, gli alberi, la terra, le siepi e gli uccelli avessero ascoltato con molta attenzione le parole di Rosa, che nel frattempo era intenta a sistemarsi i capelli. Elena la guardava con un'aria interrogativa, come se dovesse parlare e chiederle tantissime cose " Zia… non dimenticherò mai quello che mi hai detto" " Fai come ti ho detto io, allora. Vedrai che ti troverai bene" " Grazie" disse la giovane " Elena… ti è mai capitato di quando la sera ti metti in disparte, fuori dal mondo, nella tua stanza, ascoltando la freschezza dell'aria?" " Sì, mi capita sempre. Ed è proprio in quei momenti che penso e rifletto meglio… è proprio in quei momenti che l'infinito mi viene a trovare" " E' naturale. L'uomo è in continuo pensiero, sempre. Pensa in ogni istante, in ogni attimo della sua esistenza. Ma è molto più facile adoperarsi di sera, con l'aria soffusa" " Sì… ho esperienza riguardo a ciò" " Dimmi un po'… come catturi i pensieri?" " E' una vita che ci provo…" " Ci riesci?" " Non sempre" " Forse perché ancora non conosci il metodo adatto. Anzi, ne sono sicura" " Parlami… come si fa?" " Te lo dirò subito. Ma non è un'impresa tanto facile" " Ne ero convinta" " Innanzitutto devi sforzarti di cercare un luogo quanto più possibile appartato, ma non troppo fuori dal mondo. Hai presente quelle spiagge, o meglio, quelle parti di spiagge parzialmente isolate, di sera, al crepuscolo, quando le poche persone presenti si abbandonano alle meraviglie del mare, in piacevoli conversazioni sull'asciugamano, quando il cielo è ancora colorato di rosso ed incomincia a parlare con l'azzurro, ed ognuno vorrebbe stare un po' in disparte? Quello è uno dei momenti adatti per capire sé stessi a fondo. La brezza marina si cosparge sulla nostra pelle, il vento ci è amico, il mare getta piccole goccioline invisibili d'acqua, e la sabbia fa da tappeto sotto i nostri piedi… è un momento meraviglioso. La prima cosa da fare è tenere per alcuni momenti il mondo fuori dalla nostra testa, senza però dimenticarlo. Il pensiero può essere molto veloce, a seconda della nostra mente. Guarda i ciottoli sulla sabbia, guardali bene e fissa la loro immagine in mente; ti saranno di grande aiuto, poiché formano una specie di grande strada che riesce ad orientare i pensieri di qualsiasi tipo. Osserva attentamente le onde del mare, ed impara ad ascoltarle bene; sono loro quelle che ci ricordano l'infanzia e che ci fanno da sfondo e colonna sonora allo stesso tempo, poiché sono proprio loro che ci inducono a pensare. Avvicinati alla riva, e osserva di come l'acqua del mare inonda la sabbia che si bagna e che tenta di assorbirla con tutte le sue forze; non è anche quello un esempio di voglia di catturare qualcosa? Prendi esempio dalla sabbia in riva al mare, che vuole catturare l'acqua del mare… e poi fa che il tuo pensiero si inebri di essa, e poi spostala altrove… e non fare in modo che un'onda più forte lo spazzi via, no, fortificalo. E poi c'è un mare di indefinitezza che aspetta solo la nostra mente… ed è bello passare la nostra vita a cercare di scoprire questo mare e ad esplorarlo. E non intendo solo il mare… ma anche tante altre cose" " Hai ragione, zia. La scoperta affascina l'uomo, il quale è sempre alla continua ricerca di sé stesso" pronunciò Elena confermando ciò che aveva esposto la zia " Proprio così. Vedi, ci sono tanti altri modi di catturare i pensieri…" " Racconta…" " Ti è mai capitato di ritrovarti da sola o con qualcuno in una località estiva nei pomeriggi d'estate, al crepuscolo, in un piccolo paese… quello è uno dei momenti più belli che ti possa capitare. Cerca di avvicinarti il più possibile al cielo con lo sguardo, e, dato che è colorato di un giallo che poi sfocia nell'azzurro, ti sarà semplice farlo. Ed è meglio se il cielo sia nascosto da alcune case o da alcuni palazzi, non fa differenza… così che tu possa spaziare con la mente e lasci volare il tuo pensiero libero di scoprire cosa ci potrebbe essere al di là del cemento. Non lasciarti intimidire nel caso non dovessi riuscire ad afferrare tutti i tuoi pensieri, poiché è nella natura umana perdersi in questa infinità. Ed è anche bello farlo. Da qui in poi devi essere tu capace di catturarli, poiché lo spazio da descrivere è veramente enorme…" " Ho capito. Mi è capitato tante volte di farlo" disse Elena " Quindi avevo ragione. Non ne dubitavo" " Grazie, zia" " E di che cosa?" " Grazie di tutto. Non è da molti avere una zia come te" " Così mi fai sentire speciale. Grazie" " Parlami, raccontami qualcos' altro…" domandò la giovane piena di voglia di scoprire " Hai mai pensato, Elena, a come si muove il mondo e di come va avanti?" " Ma certo. E' una legge naturale che lo governa" " Su questo siamo d'accordo, e non c'è nulla che lo possa smentire. Il mondo va avanti per leggi naturali… ma siamo noi umani che lo facciamo muovere" " E come?" " L'aria è composta da eterei frammenti di pensiero, composti dalla nostra mente. Ed è per questo che il mondo va avanti" " L'aria è fatta dai nostri pensieri… ho capito" " Altrimenti per quale motivo ti avrei invogliato a catturarli?" " Prima mi era chiaro, adesso lo è ancora di più. Mi hai chiarito le idee" affermò Elena contenta e piena di ammirazione verso la zia " Spero che metterai in atto queste cose, Elena" " Lo farò senz'altro" " Bene" sospirò la zia con un sorriso che scaldò il cuore alla nipote. Il parco si era intanto intriso di profumo di fiori di pesco; gli alberi, fermi nei loro rami, erano intenti a sentire quell'odore che si propagava nell'aria, ed era come se si volessero spostare camminando verso l'origine di quel profumo che era molto ben accolto da tutti gli esseri viventi del parco " Senti, Elena, senti questo odore di pesco…" " Sì, lo sento" " Sentilo attentamente, fallo penetrare in te, perché questo istante non tornerà mai più indietro" " Ma ci saranno tante altre volte in cui potrò sentire questo profumo" " Ma non con me, in questo istante, ora… ed è come la giovinezza, che non torna più indietro" " Lo so… una persona vorrebbe che la sua giovinezza duri per sempre" " E' uno dei sogni dell'uomo, Elena. La giovinezza è come questo odore di pesco. Ed è un sogno di grande importanza. L'uomo vorrebbe evitare la vecchiaia e la morte, ma purtroppo sono conseguenze naturali della vita alle quali, purtroppo, è impossibile sfuggire" " Tu mi hai detto che nulla è impossibile…" " Effettivamente un modo c'è, ma è solo un pensiero. Il segreto è mantenere attivi e vitali i nostri pensieri, hai capito? L'importante è mantenersi giovani nel pensiero" " Il messaggio è stato chiaro" rispose la giovane, che in realtà si aspettava una risposta esauriente. In realtà, la ragazza avrebbe desiderato non invecchiare mai, rimanere giovane per sempre… fra l'altro, la consolava il pensiero che, comunque questo era uno dei sogni dell'uomo e che accomunava tutti. Ad un certo punto, inaspettatamente, si trovò a passare vicino a loro un uomo; di alta statura, gli occhi chiari, bello di aspetto, moro… Rosa lo guardò attentamente, poi, fra la confusione del momento e lo stupore… le parve di riconoscere qualcuno " Francesco! Cosa ci fai qui?" gridò la donna riconoscendo il suo vecchio amico " Rosa! Che piacere vederti!" " Elena ti presento Francesco, un mio caro amico" " Piacere, Elena" " Ciao Elena!" disse l'uomo mostrando il suo sguardo sincero e misterioso, che colpì Elena attraendola vistosamente " Ti vuoi sedere con noi?" domandò Rosa all'uomo " Sì, volentieri…" rispose Francesco che sembrava del tutto sincero con loro e piombato lì per caso; eppure sembrava che fosse lì per un motivo " Allora… che ci fai qui?" " Sono venuto qui per fare una passeggiata, sai, adoro questo posto" " Lo adoro anche io. Oggi sono venuta con mia nipote per avere un po' di compagnia" " Ti capisco. Stavate parlando di qualcosa in particolare?" " Stavamo parlando dei problemi dell'uomo…" disse Elena con un viso sorridente " Posso capire… vedete, molte persone cercano di trovare una spiegazione plausibile ai misteri… ma pochi hanno tratto le loro conclusioni, e molte delle quali erano soltanto idee" " Io vorrei vivere per sempre" pronunciò Elena " Anche io lo vorrei tanto. E il desiderio era molto più forte quando ero più piccolo. Stranamente la voglia diminuisce quando ci si fa più vecchi e più esperti" " E' così" confermò la donna abbassando gli occhi " E perché?" " Vedi, è difficile da spiegare. Quando si è giovani il mondo sembra niente nelle tue mani, ma basta una delusione e subito ci sembra molto più grande di noi, così grande da schiacciarci" disse il misterioso Francesco " La voglia aumenta, e la gioventù sembra essere infinita. Poi, quando si raggiunge una certa età, il mondo diventa più familiare…" disse Francesco con un'aria dolce e misteriosa, sognatrice e sincera " Parlami un po' di te…" disse Elena incuriosita " Non ho avuto una vita facile… ma te la racconterò. Sono nato in una famiglia piuttosto povera, con poche pretese, al contrario di mio padre, che sarebbe voluto diventare molto più benestante della sua posizione" disse Francesco, celato da un alone di mistero e di intrigante sincerità e nonostante conoscesse poco Elena, le parlò come se fosse stata sua sorella " Mio padre non era un tipo molto loquace. E lo si poteva notare dallo sguardo, penso che Rosa te l'abbia detto. Era fuggitivo, silenzioso… e quando parlava sapeva soltanto emanare sentenze, e sentenze amare. Quando mi parlava mi diceva tutto su come avrei dovuto gestirmi, su cosa avrei dovuto fare nel futuro… lo so che lo faceva a fin di bene, ma io non lo accettavo poi così tanto. D'altro canto, non lo faceva soltanto per farmi del bene, lo faceva per sentirsi più forte, realizzato, poiché i figli sono una parte dei genitori, quella parte destinata a fare le cose che loro non sono riusciti a fare" " Solo questo?" domandò Elena " No di certo. I figli sono emozione, felicità. Sono pensieri, parole… e poi un mare di vaghezza che è difficile da spiegare" " Veramente pensi questo?" " Certo. Ma ritorniamo a noi. La scuola andava bene, senza dubbio. La mia vita procedeva bene, nonostante la mia famiglia fosse povera… ma non è certo questo quello che importa. L'importante è vivere bene, il resto non importa poi così tanto, tranne la vita delle persone che ci stanno accanto, è ovvio. Ero contento, non avevo nessun problema… ma c'era qualcosa di insensato in tutto ciò. E' nella natura umana cercare un senso, ma forse io esageravo, ero troppo precipitoso. Niente era superficiale, no di certo, ma mi mancava qualcosa… qualcosa che mi premeva qui, al cuore. Era soltanto una sensazione, ma una sensazione che con il tempo diventò sempre più forte. Volevo migliorare, a tutti i costi. Volevo mettermi alla ricerca di quello che mi mancava, anche se non riuscivo a spiegarmi perché l'avevo perso, e se, in realtà, l'avevo perso. Il resto era insensato e vano, per me. Era troppo scontato, superficiale. Le parole dei miei genitori erano vuote, risonanti, già ascoltate, già ripetute tante e tante volte. Troppo prevedibili. Il resto, per me, era soltanto un'eccezione. E così mi misi in viaggio, lasciandomi tutto alle spalle; un viaggio interno, chiaramente. Cercavo disperatamente me stesso. Volevo capire fino in fondo chi ero. Non mi importava di niente, o almeno in modo marginale. Non potrò mai dimenticare quelle sere e quei pomeriggi al chiaro del cielo a scoprire i disegni delle nuvole, che per me celavano un importante significato, e non vi nascondo che lo faccio ancora oggi. Il più delle volte mi illudevo… ma era dolce illudersi" " Le illusioni fanno parte della vita" disse Elena " Lo so, e senza di esse non si può vivere… ed il mio viaggio ne è una testimonianza. Giunsi in un luogo appartato, parzialmente fuori dal mondo; la cortina di nebbia intorno alla mia vista mi fece subito capire che si trattava, chiaramente, di un sogno. Ed era un sogno piuttosto significativo. Era un bel giardino, uno di quei giardini che di solito sono situati fuori città, ma molto frequentati; intorno, però c'era poca gente, e purtroppo non so descrivervi altro, poiché era tutto molto vano, ma allo stesso tempo significativo. Ricordo che riuscii a sentire un bell'odore di fiori, intravedendo la linfa degli alberi che scorreva lentamente sui rami. C'erano valli, colline, alti monti, campi di fiori, panchine comode ed in particolare un fiume, un fiume traboccante d'acqua che, stranamente, sembrava percorrere un preciso sentiero, che tuttavia non riuscii a capire cosa significasse in realtà. Non so perché, ma iniziai a seguirlo, spinto dal desiderio di scoperta, che è insito in tutti gli uomini. Lo vedevo, scorrere, come nessun fiume che ebbi mai visto fino ad allora; e alla fine del percorso, dopo molto cammino, arrivai di fronte ad un lago, un lago enorme. Ma la cosa più strana fu il constatare che l'acqua della riva era torbida e sporca, mentre man mano che ci si avvicinava l'acqua diventava sempre più limpida e pulita, ed invogliava quasi a berla" " Poi? Cos'è successo?" " Poi ricordo di aver constatato che quello doveva essere il lago dei miei pensieri, ed in effetti era anche molto grande. L'avrei dovuto capire subito. Poi ricordo che mi allontanai lentamente dal lago e, seguendo un sentiero molto ripido, giunsi dinanzi a quella che sembrava un'enorme valle; era circondata da alcune colline che si innalzavano attorno ad essa a più intervalli, e al centro c'erano tantissimi fiori di tutti colori… ma la cosa più bella fu che vidi che erano circondati, o meglio intrisi, da una cortina bianca somigliante alla neve, simile a quella che vidi all'inizio. L'atmosfera era piena di una strana nebbia dal dolce odore e bella a vedersi, la quale faceva sembrare il tutto come un gelido paesaggio invernale. Poi ricordo che mi svegliai… capii che quella doveva essere la valle dei sogni" " Deve essere stato bellissimo fare quel sogno" " Sì. Uno dei più bei sogni che abbia mai fatto" " Sarà forse perché stava ad indicare il tuo viaggio?" " Non lo so, ma penso di sì. In tal caso il mio pensiero non si è mai fermato. Dopo quello che accadde quella notte, capii molte cose. La vita era molto più difficile di quanto avessi immaginato fino ad allora. Continuai il mio viaggio, cercando di ritrovare, nella realtà, qualcosa che somigliasse, anche vagamente, a quello che avevo visto" " Come andava con gli altri?" domandò la ragazza " Continuava ad andare come era sempre andata, in fondo. Le parole mi sembravano improprie, gli sguardi offensivi, le voci assorte, i rapporti freddi ed occasionali, talvolta. Non ero mai stato, in realtà, molto amico con loro; ma quella mia ricerca ne confermò i sospetti" " In che senso? Che cosa vuoi dire?" " Il rapporto umano per me deve essere il più profondo possibile, senza misteri. Ognuno ha i suoi segreti, ma deve fare comunque lo sforzo di entrare nel cuore dell'altro" "E'quello che dico sempre a mia nipote" disse Rosa " Anche lei te lo dice, ma penso che chiunque ti direbbe la stessa cosa" " L'amore quindi è al primo posto, per te?" " E' una cosa di vitale importanza, certamente. Sai… io penso che non bisognerebbe mai dubitare del proprio cuore, bisogna ascoltarlo sempre. E' lui il nostro consigliere, il nostro amico insostituibile. Puoi stare certa di una cosa; lui non ci tradirà mai" " Mia zia mi ha detto che ascoltare è una cosa importantissima" " Ha ragione. Non è da tutti ascoltare realmente… ci vuole il cuore" " Questo me lo ha detto. Francamente lo immaginavo. Però dimmi… come deve essere una ragazza per te?" " E' una domanda che mi hanno fatto in molti. Prima di tutto, voglio che senta il suo cuore; se lo ascolta, allora sarà vero amore. Vorrei che mi abbracciasse; che i nostri teneri sguardi si fondino tutt'uno in una notte stellata dal cielo sconfinato, che le nostre braccia si attraggano come il mare e la spiaggia… che cos'è la vita se non un'emozione?" " Non è solo questo, Francesco" disse Elena " Non è solo emozione. E' anche sensazione, pensiero, sogno, sospiro…" " Hai imparato" commentò Rosa soddisfatta " Zia, non è solo merito tuo. L'ho capito da sola" " Hai ragione tu, Elena. Per molto tempo mi sono convinto di questo, o forse, ho cercato di darmi una spiegazione per mettere a tacere altre cose, e probabilmente mi è sfuggito il significato" " No, non ti è sfuggito il significato. Devi solo amare di più, ecco tutto" " Se la pensi così, allora lo farò" disse Francesco alzandosi in piedi " Mi dispiace, Rosa, ma devo andare" " Sul serio?" " Sì, purtroppo. Si è fatto tardi, e non ti nascondo che è stata una sorpresa vederti qui" " Anche per me. Te ne vai?" " Sì, ora vado. Ciao, Elena. Mi ha fatto molto piacere conoscerti" " Anche a me. Grazie" " Non devi ringraziarmi, anche perché sei tu che mi hai insegnato molte cose, oggi" " Ciao Francesco. A presto" " Ciao. Mi auguro di rivedervi presto" " Ciao" disse la donna, e l'uomo si allontanò abbracciato da un vento ancora più misterioso di lui, il quale però non coprì il rumore dei suoi passi " E' un tipo strano" " Misterioso. Lo conosco da tanto tempo, ed è sempre stato così" " Davvero?" " Sì. Ha avuto un'infanzia difficile, con un padre che non lo ascoltava nemmeno, aveva solo un po' di affetto dalla madre, ecco tutto" " E' un po' come me" " Esatto" rispose Rosa " Vorresti sentire qualche altra cosa?" " Sì. E che cosa?" " Delle storie" " Storie?" " Sì, storie" " Sono curiosa" " Allora penso che dovresti ascoltare molto attentamente. Dunque. In un paesino molto lontano, in una bella casa, modesta, viveva una famiglia, composta dai genitori e da due figli. Un giorno, mentre il sole splendeva alto nel cielo, la figlia più piccola, la bambina, si accinse a creare dei braccialetti colorati" " Dei braccialetti?" " Sì, dei braccialetti artigianali. E così, presa dal suo impeto creativo, la bambina non esitò a creare il suo primo braccialetto, con i pochi rudimenti necessari. Il fratello intanto, che si trovava lì per caso, si sedette a terra osservando fra l'incuriosito e il meravigliato il tutto. Ma la sua meraviglia durò poco, quando si accorse che il lavoro della sorella non era proprio dei migliori. Ragion per cui, di conseguenza, la sorella lo fissò con aria interrogativa " Ti piace?" domandò la piccola al suo fratellino " Sì, è bello…" disse il ragazzo mentendo vistosamente; ma la sorella, che era furba, capì subito " Non ti piace, vero?" disse socchiudendo gli occhi " No, mi piace, sul serio…" disse il ragazzo trovandosi alle strette " Invece no, non è vero…" sentenziò la piccola scoppiando in lacrime " No, e adesso te ne darò la dimostrazione. Aspetta" disse il ragazzo che non voleva che per nessuna cosa al mondo la sorella piangesse; e così andò a chiamare la madre ed il padre, i quali videro l'opera e la commentarono bene " Grazie…" disse la piccola, " Ma…" " Aspetta qui" rispose il fratello che uscì di casa e andò a chiamare i vicini, i quali si scusarono dell'intrusione per ammirare l'opera della bambina, e senza che il giovane avesse detto niente loro, apprezzarono l'operato della piccola " Grazie, siete gentili…" pronunciò la bambina che però non sembrò soddisfatta del loro giudizio. Il giovane allora, accortosi di un gruppo di uccelli che sostavano sui rami di un vicino albero, li richiamò silenziosamente con un richiamo particolare; gli uccelli, sentendolo, arrivarono dinanzi alla finestra aperta della casa e uno di loro, quasi come se avesse capito la faccenda, entrò in casa con lo stupore di tutti, prese il piccolo braccialetto e si appoggiò vicino alla finestra " Ci credi, ora, che è bello e anche gli uccelli lo vorrebbero vedere?" disse il ragazzo " Sì… grazie!" urlò la bambina saltando fra le braccia del fratello entusiasta " Non devi dirmi grazie. E' merito tuo" " Grazie" sospirò la piccola, mentre l'uccello rientrò in casa, posò il braccialetto sul tavolo e volò via" raccontò Rosa suscitando lo stupore della nipote " Mi è piaciuta. Il giovane avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di accontentare la sua sorellina" " Ma allo stesso tempo non avrebbe mai voluto illuderla" " Però lo ha fatto, in parte" " Ma le illusioni non fanno parte della vita?" " Sì" rispose Elena mostrando i suoi bellissimi occhi " Parlami ancora zia, parlami…" " Sì. Ti parlerò" sospirò la zia di Elena fra gli immensi sorrisi che costellavano il suo animo "L'hai mai sentita la storia del giovane e del cuscino?" e alle parole della donna il silenzio piombò sovrano e allo stesso tempo servo del tempo " No, mai" " Allora te la dirò. Vedi, tempo fa, in una città non molto distante da qui, viveva un giovane uomo, sognatore, il quale tutte le notti, ad una certa ora, si metteva sul letto, come di consuetudine, ed abbracciava il suo cuscino, immaginando di stringere la sua ragazza fra le braccia" " Che sognatore…" " Era molto romantico… ma una sera, di ritorno dal lavoro, incontrò una giovane donna all'incirca della sua stessa età molto, molto carina, la quale accettò un veloce scambio di sguardi " Buonasera. Prendi anche tu lo stesso pullman?" " Buonasera. Sì, prendo il prossimo" rispose la giovane incuriosita dall'aspetto dell'uomo; e fu così che si conobbero. All'inizio il ghiaccio fra i rapporti personali impedì ai due di conoscersi a fondo, ma le parole pensarono a fare il resto, e fu come magia; fra i due nacque come un' intesa speciale, e da quella sera iniziarono a frequentarsi sempre " Stasera voglio vivere un momento magico con te" disse l'uomo durante una sera nella quale la sua amica lo andò a trovare a casa " Anche io. Solo con te, sognatore" e si abbracciarono, si sedettero sul letto e diedero vita ad un bacio senza precedenti, appassionatissimo… e poi, lasciandosi andare, unirono i loro corpi. In quell'attimo, tutte le paure, le sofferenze e quegli attimi in cui il giovane aveva il timore di iniziare un discorso con la ragazza, titubante, timoroso, intimidito ed emozionato, si scandirono in un unico punto, e poi si sciolsero" " Poi? Come andò a finire?" disse Elena che aveva seguito il racconto con molto interesse " Il giovane, una delle sere in cui passeggiava per la strada da solo, pensò di andare a trovare la sua donna, anche se in cuor suo aveva qualche sospetto, ma in fondo non se ne curò più di tanto. Giunto dinanzi al palazzo dell'amata, trovò la porta aperta, salì le scale, arrivò con molta impazienza di fronte alla porta, e fu grande la sorpresa nel trovarla aperta. Incuriosito, entrò in casa e d'improvviso sentì un odore strano, diverso dal solito profumo che c'era in casa della donna. Il giovane, purtroppo, non avrebbe mai voluto vedere per nessuna cosa al mondo lo spettacolo che si presentò dinanzi ai suoi occhi; la giovane fra le braccia di un altro uomo, ansimante, sul divano, intenta a baciarlo appassionatamente. La donna si girò, lentamente, e lo vide; non ebbe neanche il tempo di spiegare, che il giovane piombò fuori dalla porta e scese le scale ad una velocità folle, corse a casa, si buttò sul letto e scoppiò in lacrime" " Poi che ha fatto?" " Disperato, il giovane non voleva credere ai suoi occhi. La più totale disperazione si impadronì di sé, e non riusciva in alcun modo a liberarsene. Poi, quasi magicamente, vide il suo cuscino, lì, sul letto; si avvicinò, lo prese fra le braccia e lo strinse forte. Alzò lo sguardo, tristemente; e vide che le stelle sembravano disegnassero una scena tutta per lui. Gli parve di vedere un viso, un viso femminile, con un dolce sorriso e con una lacrima che le scendeva sulle guance… " In tutte queste notti, non mi sono mai accorto quali bellissime figure disegnassero le stelle. Allora vorrà dire che tutte le notti, quando abbraccerò il mio cuscino, le guarderò di nuovo, così che loro mi illustrino il viso della mia nuova compagna, e l'aspetterò, dovessi metterci tutta la mia vita. Lo prometto" sibilò il giovane uomo, che si accorse anche dei suoi battiti quando posò il cuscino sul suo petto. E dopo quella sera, tutte le notti, fece così" disse la donna, la quale catturò, di nuovo, tutta l'attenzione della fanciulla " Avrà dovuto avere un'enorme delusione…" " Enorme. Non riusciva a darsi pace, almeno per quel che era. Cercava una spiegazione, forse per tenere lontano il dolore. Fatto sta che il dolore era difficile da cacciare, e se ne sarebbe andato dopo molto tempo. Lui, però, era determinato, pronto a qualsiasi evenienza; ed era anche questo quello che lo rafforzava" pronunciò Rosa lentamente, quasi a voler sottolineare il dolore del povero uomo " Alla fine, comunque, ha agito bene. Ha guardato le stelle, e loro gli hanno fatto vedere il viso di una donna, forse la sua nuova compagna. Secondo me, in quelle notti non ha fatto qualcosa di molto importante" " Che cosa?" " Non ha ascoltato fino in fondo il suo cuore. O meglio, non ha sentito a dovere i battiti sul cuscino" " Ha ascoltato bene il suo cuore, invece. Non avrebbe mai potuto sapere quel che stava accadendo e quello che sarebbe accaduto. Non ha dato retta alle stelle, o probabilmente non ha dato molta importanza a ciò" " Fatto sta che ha sofferto molto" " Questo non è in discussione" disse Rosa sfiorando la nipote " Anche questa storia è stata bella" " Vuole insegnare qualcosa. E' questo lo scopo" " Lo avevo capito" rispose la ragazza con un bellissimo sorriso. Elena sembrava, per la felicità e per la contentezza di Rosa, cambiata parecchio; non aveva più quell'espressione triste e chiusa in sé stessa, ora era più felice, più disposta verso gli altri. Non era più difensiva e arrogante come prima, ma molto più dolce e sorridente, quasi come se volesse dire a tutti di voler indossare vestiti colorati ed allegri, molto femminili. Il suo viso non era più contornato da quel brutto ed antipatico broncio, ma orlato da delle labbra sorridenti ed ammalianti. I suoi dolcissimi occhi non erano più pieni di rabbia e odio, ma emanavano fascino e mistero, penetranti come non mai. Le sue mani non erano più chiuse e sulla difensiva, ma sembravano traboccanti di bellezza e di armonia. In realtà, erano sempre state belle, chiare, affusolate e sognatrici, ma ora lo erano ancora di più. Prima le sembrava che il mondo la odiasse, la ritenesse un rifiuto soltanto perché si trovava su di una sedia a rotelle, ma adesso sembrava che anche un mare di insidie non la spaventasse per nessuna ragione. Prima sarebbe voluta morire subito, adesso invece, con la nuova forza che era nata in lei, avrebbe sconfitto ogni difficoltà, qualsiasi. Non era un semplice pretesto, ma una forza. Una nuova ragione. Una forza. Una nuova opportunità. I suoi limiti non erano quelli di trovarsi su di una sedia a rotelle, e questo lo aveva capito benissimo. Non erano quelli i limiti. Questo lo aveva capito " Zia… cosa ne pensi di questo parco?" " E' come una specie di famiglia per me. Lo conosco da tanti anni, e mi ci portava mio padre da piccola. Gli alberi sono come una protezione per me, un punto di riferimento speciale. Gli alberi di questo parco, in particolare" " Hai sempre ascoltato il vento che soffia qui?" " L'ho fatto tante volte, ma non solo in questo posto. L'ho fatto nei paesini dove andavo in vacanza, nei pomeriggi d'estate, al crepuscolo… penso di avertelo già detto… ed è proprio in quegli attimi di infinito che mi immergevo nelle mie riflessioni, dove cercavo di dare un senso a tutto… alla bellezza, alla vita… e anche all'amore " " Sei riuscita a dare una spiegazione all'amore?" " La mia spiegazione" pronunciò la donna attraendo, come mai nessuno nella vita, la ragazza in modo particolare " Potrei saperlo?" " Come farei a dirti di no? Ascolta… è difficile spiegarlo a parole. Lo si deve cercare nella natura poiché l'amore è, infatti, il più grande riflesso di Dio e della natura che noi abbiamo. Basterebbe osservare un'aurora boreale per capire cos'è questo sentimento… come si potrebbe amare senza conoscere la natura? Anche il gesto più insignificante può nascondere dietro di sé la più grande manifestazione d'amore… tutto è come un fiume, che porterà dritto alla felicità. Questo è il sentimento per eccellenza; le altre emozioni come la felicità, l'allegria, la contentezza, la gioia… sono sensazioni che provengono, almeno in parte, da una motivazione psicologica inconscia o conscia. L'amore invece è il riflesso, poiché l'uomo cerca di dipingere e di scrivere quello che ha dentro di sé su tutto ciò che trova. Proprio per questo l'amore non ha età, perché basta avere la luce dentro per rifletterla su tutto e su tutti, senza limiti… e l'amore è, in sé stesso, la parte più profonda di tutti noi, la parte dove solo gli altri riflessi possono entrare, nessun altro al mondo… il sole dell'universo" disse Rosa, che ammaliò Elena imperscrutabilmente, come nessuno, incluso il padre, aveva mai fatto prima " Zia… sei incredibile" " Vorrei farti capire una cosa… quando parlo, la mia voce è solo un mezzo, perché è Gesù che parla attraverso la mia voce" "Ho capito. Forse vicino al mare è più facile ascoltare e pensare poiché oltre al vento ci sono anche le onde che parlano, no?" " Hai fatto un'ottima osservazione. Anche loro, come ti ho detto, parlano. Ma questo avresti dovuto capirlo da te" " Sì, l'ho capito" rispose la ragazza " Vieni, ti voglio portare in un posto speciale" disse Rosa " Dove?" " Andiamo, poi ti farò vedere… anzi, constaterai ciò con i tuoi occhi" disse Rosa impaziente di farle vedere quello che sembrava un posto veramente speciale. In fondo al viale, cosa che la ragazza non notò assolutamente, c'era un piccolo sentiero secondario che sembrava condurre da un'altra parte del mondo; fatto sta che Rosa ci si addentrò con sua nipote. Non era un sentiero qualunque, e lo si poteva notare dalla rigogliosa fauna che vi ci abitava all'interno; ma Elena non ne sembrava colpita molto, forse perché era anche lei impaziente. Ecco, erano arrivate; quel posto non aveva un bellissimo paesaggio, ma nascondeva, comunque, un che di particolare. Avvicinatesi all'alto albero che maestosamente dominava la scena, sembrando un fiero e valoroso condottiero che operava in modo guardingo, Elena rimase come stupefatta dinanzi ad esso " Zia, quest'albero è enorme" " Hai visto? Mi è molto caro, lo conosco da tanti anni. Ora, però, devo chiederti una cosa" " Dimmi pure" " Guarda attentamente le nuvole e cerca di pensare a tuo padre" " Devo osservare le nuvole?" " Esattamente. Poi, con tutta la tua volontà, cerca di disegnare il suo viso immaginariamente" " Ho capito" disse la ragazza che rimase non poco stupita da quella richiesta. Lentamente si accinse a guardare in alto, favorita dalla buona posizione delle nuvole che sembravano trovarsi lì apposta; piena di commozione, cercò di unire le nuvole, formando il viso di suo padre. Il vento le faceva da sfondo musicale, la bocca le tremava tutta, le mani le sudavano, e il cuore le batteva all'impazzata " Elena, devo chiederti un'altra cosa, e penso che ti sarà piuttosto difficile…" " Dimmi" rispose Elena tutta tremante " Abbraccia l'albero, abbraccialo più che puoi" " Devo abbracciare l'albero?" " Sì, hai capito bene" " Presumo che debba pensare a mio padre" " Sì" rispose la donna commossa. Elena, senza distaccare gli occhi da quella figura, abbracciò lentamente l'albero; e fu un'emozione indimenticabile. Il cuore batteva, più lentamente, vibrando all'unisono con il suo corpo, gli occhi le brillavano, e quasi per magia, le sembrò di avere sempre più vicino suo padre, che in quel momento sembrava lì, con lei " Zia… c'è mio padre qui con me" " Era quello che speravo. Speravo ciò con tutto il mio cuore. Lo senti vicino?" " Più vicino di quanto non lo fosse mai stato in vita" disse in un lento pianto. Poi, cosa che la fece commuovere più di ogni altra cosa, sentì, sempre più vicina, la sua voce " Zia… sento la sua voce… mio padre mi sta parlando" " Vuol dire che hai accettato la sua morte" " Mi sta dicendo che avrebbe voluto avere il tempo di dirmi tutte le cose che non mi ha mai detto in vita" " Forse non gli sarebbe mai bastato il tempo necessario. Sai, ad una persona vorremmo dire tutte le cose di questo mondo, ma non basterebbe mai il tempo" disse la donna mestamente. Vorremmo dire di tutto ad una persona cara, in vita, anche quello che non sentiamo, oltre alle nostre emozioni; ma non basterebbe, purtroppo, tutta la vita " Andiamo, Elena. Si è fatto tardi, e tu madre sarà in pensiero" " Sì, hai ragione" disse la giovane che non si sarebbe mai staccata da quell'albero. Le giovani, percorrendo il viale che le aveva portate fin lì, tornarono indietro, fino all'uscita, entrarono in macchina e Rosa, con molta disponibilità, sistemò per bene la sedia a rotelle di sua nipote. Accompagnate da un piacevole crepuscolo, le giovani donne fecero il loro ritorno a casa della sorella di Rosa che, dopo aver accompagnato la nipote a casa, la fece scendere dalla macchina " Sono stata molto bene con te, zia" " Anche io, Elena. E' stato molto bello" " E dire che non volevo neanche venire e passeggiare insieme a te" " Promettimi che da oggi in poi, quando farai qualcosa, mi penserai" " Ti penserò, non preoccuparti" " Promettimi anche che prenderai in considerazione quello che ti ho detto" " Mi hai cambiato profondamente, zia. Ed è strano che ora io sia qui, a parlartene" " Mi raccomando. Non avere più limiti, agisci come se non ne avessi. Ed ogni qualvolta che ti assale un dubbio, se avrai dentro di te l'amore di Dio niente e nessuno potrà mai fermarti, neanche la più tempestosa delle avversità, dato che il sole dell'universo fa luce su ogni cosa e su ogni dove, per sempre" " Tu mi hai detto che una sedia a rotelle non è un limite…" " Esatto. Non sono questi i limiti" " Adesso si è fatto tardi. Devo andare. Ciao, zia. A domani" disse Elena dandole un bel bacio sulla guancia " Ciao. Ci vediamo domani" disse Rosa che, voltandosi indietro, si avviò verso la sua strada.


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