Racconti di Liliana Lorenzi


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Liliana Lorenzi 

Sono nata a Pisa , e qui risiedo. Ho iniziato a scrivere poesie dall' Ottobre 2003. Ho al mio attivo la pubblicazione di due libri: Dolci Chimere , pubblicato il 23 Dicembre 2003, che non e stato distribuito, ma presente in una ventina di biblioteche sparse per l' Italia, e: Passioni , attualmente nelle librerie di Pisa, Lucca, Genova. Ambedue editi dalla Casa Editrice Golden Press di Genova, sono confortati da presentazione : Dolci Chimere ne ha una mia; Passioni , ha come prefazione, un commento del critico Prof. Alessandro Mancuso.


Di dove viene fòri il segno del Sagittario?
Cornide, lo dice il nome stesso, tradì Apollo ( con varcuno brutto, perché il più bello era lui).
Apollo s' imbestialì e l’ ammazzò senza pensacci dù vorte.. Però gli dispiacque il fatto ch’ era incinta, e la sventrò per salvà il figliolo. Dal 1° parto cesareo della storia nacque Esculapio. Il sù babbo, decise di fallo cresce dal centauro Chitone, per fallo diventà istruito. Perchè ver centauro era un pozzo di scienza della medicina, e dell’ erbe. Col tempo però Esculapio diventò più bravo di lui, e inventava a tutto spiano cure per i malati. Diventò famoso dappertutto. Dicevano ‘he resuscitava anche i morti. Allora Giove, che comandava tutto lui, nero dalla rabbia, lo furminò. Ma ormai era ‘osì importante, ‘he tutti lo ‘onsideravano ‘ome un Dio e lo raffiguravano con l’ alloro in testa e il caducèo in mano. In sù onore gli fecero addirittura 200 templi , e lì, c’ andavano a pregallo.
Poi successe 'he scoppiò la peste a Roma e nessuno sapeva ‘osa fà: inviarono allora un gruppetto di capoccioni nella città d’ Esculapio per interrogà l’ ora’olo d’ Apollo.
Apollo gli disse ai Senatori di mette una statua del sù figliolo in città, per proteggìla.
Poi si sa ‘he la mitologia deve inventassi parecchie ‘ose: allora pare ‘he Esculapio si trasformò in un serpentello e montò su una nave che andava verso le foci del Tevere, e mentre risaliva il fiume, vando arrivò all’ isola Tiberina, la volle fermà e ripiglià l’ aspetto del Dio. Fatto sta ‘he la peste finì: l’ aveva guariti tutti.
Il centauro che era dimorto ‘ontento del figlioccio, nel frattempo era invecchiato e un ce la faceva più. Gli disse a Giove di regalà la sua immortalità al su’ ami’o Prometeo, perchè un ne voleva più sapè di 'ampà dell' altro.Giove gli disse ‘he l' andava bene, ma la gente un lo doveva dimentìà, e allora decise di trasformarlo nella ‘ostellazione del Sagittario.     

Un medico, un padre.
Quando l'anziano medico di famiglia andò in pensione, un giovane prese il suo posto.
Ben presto, quest' ultimo, entrò nelle grazie di tutti i pazienti, in quanto molto scrupoloso, attento e, ciò che più contava, professionalmente preparato.
Durante i primissimi anni d' ambulatorio che svolse, notammo che spesso si faceva sostituire.
Non sapevamo che si stava specializzando, per ottenere un posto al Pronto Soccorso della nostra città.
Ci fu detto dal medico che lo sostituiva, quando giunse il momento di chiedere ai pazienti se volessero accettare lui come nuovo medico di base, di fare una scelta.
I più accettarono il nuovo avvicendamento, noi compresi.
Un po' dispiaciuti, a dir il vero, che il dott. Bruni avesse scelto un' altra strada, ma anche felici per la carriera che gli si stava prospettando.
Avevamo quasi sperato, in un primo tempo, che recedesse dalla sua decisione, ma ci rendemmo conto, dopo averne parlato, che la sua nuova vita professionale lo soddisfaceva troppo per decidere di tornare sui suoi passi.
Lui stesso ci confidò che il posto ottenuto al P.S. sarebbe stato una sorta di trampolino di lancio, verso mete ben più ambiziose.
Noi eravamo contenti di questo, per lui e la sua famiglia. Oltre che ottimo specialista era anche persona affabile e, talora, molto spiritosa. La moglie e i bambini, due gemellini identici e bellissimi, erano altrettanto ottime compagnie. Aperte al dialogo, e per niente snob. Quel che si dice, di solito, in questi casi: una gran bella famigliola.
Passò un discreto periodo di tempo, e di lui non sentimmo più dire niente da nessuno. Non l' avevamo più incontrato. Quindi, pensavamo che tutto procedesse nel migliore dei modi. E l' assenza fosse dovuta all' esubero di lavoro.
Del resto, le occasioni d' incontro tra noi e la famiglia del dottore era il nostro locale, dove ogni tanto ci onoravano della loro graditissima presenza. Questo è il motivo per cui avevamo le loro confidenze e l' occasione di vederli .
Un giorno, leggendo il giornale, l' occhio si fissò su una notizia di cronaca cittadina, che aveva anche un lato comico.
Questa la notizia letta:
"Un tizio in auto, che aveva una certa urgenza, passò in tratto di strada (che non era affatto pericolosa, perché prosieguo di un' altra adiacente a senso unico), con il semaforo rosso. Il vigile per l' infrazione di quei 100 metri voleva appioppargli una sonora multa. L' uomo cominciò a sbraitare e inveire contro l' agente, rischiando anche di essere portato in carcere ".
Una notizia che non avrebbe suscitato tanto scalpore, se non fosse stato per il fatto che il 'tizio' in questione era il nostro "amico".
Il comportamento dimostrato dal dott. Bruni, non rispecchiava affatto la sua indole, e il suo modo di fare sempre irreprensibile e garbato. E questo ci dette un po'da pensare. Che fosse improvvisamente ammattito? Sta di fatto che, per sentito dire, l' alterco avuto non gli causò conseguenze penali. E forse neanche la multa.
Era però inspiegabile uno scatto di nervi così eccessivo. Inspiegabile fino a che non accadde qualcosa di terribile che a questa e ad altre stranezze, dette ampia spiegazione.
Lo rivedemmo dopo un po' di tempo da quell' incidente, e naturalmente, non ne facemmo parola, per non urtare la sua suscettibilità, e soprattutto perché, se avesse avuto il bisogno di sfogarsi , avrebbe dovuto farlo lui stesso.
Sembrava il solito di sempre, solo un po' più taciturno. Come se avesse qualcosa dentro che non poteva o voleva dire.
Ma lì per lì, non demmo troppa importanza alla cosa. Del resto qualche giornata 'storta' capita a tutti.
Tanto più che lui e la moglie ci intrattennero parlando con entusiasmo della prossima 'Comunione ' che i gemellini avrebbero fatto.
E quello fu l'argomento principe della sera, per le solite 'due chiacchiere' che facevamo abitualmente.
Passò altro tempo di assoluto silenzio. Poi arrivò la notizia. Un' autentica 'bomba' assolutamente inaspettata.
Il dott. Bruni aveva atteso che i suoi bambini avessero fatto la tanto attesa "Comunione", ed essere festeggiati come meritavano, passando con loro e tutta la famiglia riunita una giornata di letizia, e del tutto normale.
Niente avrebbe fatto prevedere che, il giorno dopo, andasse in un posto isolato di campagna, e si uccidesse con i gas di scarico dell'auto.
Il giovane dott. Bruni aveva lucidamente premeditato tutto. Il punto fermo che gli fece prorogare di qualche mese, forse, il suo suicidio era proprio quello di attendere che si fosse svolta la cerimonia.
Il motivo dell' inconsulto gesto era la scoperta di un male incurabile, che l'avrebbe lasciato ancora del tempo in vita, ma con sofferenze terribili e devastanti, sia nel fisico che nella mente.
Così prese la decisione di anticipare il drammatico e certo evento, e, con la disperazione nel cuore, scelse una dolce morte.
Sono passati tanti anni da quel giorno, ma ancora lui è vivo, nei pensieri di quanti ebbero la fortuna di conoscerlo.
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Ogni riferimento a fatti o persone è del tutto casuale.          

Vita di uno strano seme
Una notte, la luna illuminò uno strano seme nascosto in un roveto. Un ghiro,appena uscito dal letargo, lo vide e tentò di mangiarlo. Ma era un’impresa troppo difficile,e rischiosa. Per timore di ferirsi, rinunciò. Il seme non avrebbe mai voluto andarsene da lì, perché si sentiva ben protetto. Ma nonostante cercasse con tutte le sue forze di restare aggrappato al suolo amico,una violenta folata di grecale, lo investì e lo portò con sé. Sballottato in aria il povero seme urlava a squarciagola,sperando che qualcuno lo salvasse da quella brutta situazione. Mentre volteggiava potè vedere cose che non conosceva: la cima degli alberi, i nidi degli uccelli, sentire più forte il calore del sole….Ma la paura non l’abbandonava e continuò il suo richiamo di aiuto. Terrorizzato, per timore di non tornare sulla ferra ferma, come per incanto, si trovò adagiato sopra una foglia, ed a lei si raccomandò:”Aiutami a tornare giù, ti prego”.-“E come ?”-gli chiese la foglia-“ Non vedi che anch’io non riesco a scendere?”-.Per loro fortuna,il vento cominciò a perdere forza, e, delicatamente,ritoccarono il suolo. Un po’ stordito,il seme lasciò la presa,e si guardò intorno. Era atterrato in un meraviglioso giardino ornato da tantissimi e variopinti fiori, ed alberi da frutto. Pensò allora, senza nostalgia, alla sua casa gravida di pruni e, felice di essere in un ambiente così bello,ringraziò il vento,salutò la foglia, e s’incamminò tra i viali. Beatamente passeggiava,osservando tutta quella grazia di Dio,senza rendersi conto che stava per imbrunire.”Devo far presto a trovarmi una nuova casa,-pensò tra sé e sé – Non posso trovarmi al buio senza riparo,in un posto che non conosco!”Ai piedi di un grande albero,vide una famigliola di funghi. Si avvicinò a loro per chiedere ospitalità. Erano molto simpatici e divertenti e,subito, lo accettarono nella loro casa. Trascorsero diversi giorni in perfetta armonia,finché il fungo-papà cominciò a lamentarsi perché il seme non aveva niente da offrire in cambio della loro accoglienza. Il poverino rimase veramente male di tutto questo borbottìo, e decise di andarsene.“Povero me!”-pensò-“Ero così felice d’aver trovato quella compagnia!Peccato sia andata così… Ora dovrò cercarmi un altro alloggio sicuro”. Si rimise in cammino, serio e così pensoso, da non accorgersi che poco lontano da lui , una spiga di grano giaceva in terra dolorante. Era caduta da un sacco del mugnaio. Fu lei che lo chiamò ;”Figliolo,figliolo!”,-scosso dai richiami,il seme sobbalzò e vedendola gli andò incontro,e le chiese:”Che ti è successo? E perché mi chiami così?”- La spiga gli raccontò del suo incidente e, avendo tanti chicchi-figli,credeva fosse uno dei suoi che si era perduto,tanta era la somiglianza da lontano.-“Non sono uno dei tuoi figli,purtroppo!Solo un povero seme sperso che non sa come trovar degli amici sinceri,con cui vivere come in una grande famiglia”--La spiga replicò:”Non ti crucciare,puoi restare un po’ con me, finché non troverai i tuoi semi-simili. Vedrai che ti troverai bene con i miei figli. Sono dei bravi chicchi,sempre sereni e giocosi.”-“Grazie per avermelo chiesto,accetto volentieri”-replicò il seme. Una volta riavuta,la spiga lasciò che i suoi figli si mettessero in circolo intorno al povero seme,e gli cantassero allegre canzoncine. Poi tutti insieme si misero in cammino per ritornare alla fattoria. Arrivati a destinazione,altre meravigliose scoperte attendevano il seme:la Signora Mucca, muggì, il Signor Gallo, cantò, la Signorina Pecorella,belò,il Signor Cane,abbaiò,e via via, tutti gli animali salutarono il nuovo arrivato. Forse per la prima volta il seme si sentì felice,abituato com’era alla solitudine,ora si sentiva al centro dell’attenzione, e benvoluto da tutti quei figli di Dio. Dopo il rito delle presentazioni,la spiga invitò il seme a vedere il suo nuovo alloggio. Era in un angolino del granaio, ben pulito e ordinato. Nei pressi vide un annaffiatoio,pieno a metà d’acqua,uno straccio, e n’approfittò subito per bere e farsi una doccia. La spiga e i suoi piccoli,abitavano vicinissimi,e questo tranquillizzò il seme. All’improvviso tutti gli animali della fattoria,con i loro versi,annunciarono che era l’ora di dormire. Il seme stanchissimo per il viaggio ed emozionato per il nuovo avvenimento,si tappò con lo straccio,augurò la buonanotte a mamma-spiga e ai suoi bimbi-chicchi, e, sereno, s’addormentò. Venne l’alba. La fattoria cominciò a rianimarsi. Anche i nostri amici si destarono. Il nuovo giorno si presentava promettente. Il seme era ben riposato e rifocillato, poteva continuare la sua ricerca. Aveva un intero giorno davanti a sé. Speditamente abbandonò la fattoria,e s’inoltrò in una viuzza tutta curve e ciottolosa,con ai lati, solo cespugli di piante selvatiche. Sentiva, dentro di sé, che alla fine di quella stradina di campagna, avrebbe trovato qualcosa di molto particolare. E continuò speranzoso il suo cammino. Era una bella giornata. Nonostante fosse già estate,non faceva molto caldo. Il seme si sentiva allegro,e saltellando tra i sassi seguitò a percorrere la sua strada, finché, all’improvviso si trovò di fronte a un grande campo di girasoli. Belli, alti e con le corolle di un color giallo intenso. Avevano un aspetto imponente,e tenevano lo sguardo sempre rivolto verso il sole. Improvvisamente una nube passò ed oscurò il cielo. Fu un attimo,ma sufficiente per fare abbassare la testa a quei meravigliosi fiori. E nel voltarsi, uno di loro si accorse del seme che li stava guardando estasiato.- “Ma che fai,lì? Perché nessuno ti ha piantato?”- gli chiese – “Oggi saresti come noi!”- continuò - .Il povero seme si sentì pervadere improvvisamente dalla tristezza e dallo stupore allo stesso tempo. E, balbettando per l’emozione della notizia , si fece coraggio e le chiese: “Vuoi dire,che io sono un vostro fratello?”-,-” Ma certo,non vedi che sei uguale ai nostri figli? Poi anche loro, un giorno diventeranno come noi,e così via,per sempre”. Il seme aveva così bruscamente scoperto, chi era. Allora si avvicinò al girasole-mamma e le raccontò tutto di sé. - ”O,povero figliolo,ecco perché sei così impaurito! Ma devi anche essere molto coraggioso e intelligente, per essere ancora vivo, con tutti i pericoli che hai corso! L’ importante è che alla fine, sei riuscito a trovare la tua vera famiglia! Dimmi, non sei contento? Hai un’aria così triste!”-gli rispose il petulante fiore - . -“ Sai,” –disse il seme – “ Sono piuttosto confuso. Oggi mi sentivo che qualcosa di bello sarebbe successo, ma non avrei mai pensato a una sorpresa del genere! Sono rimasto così a lungo da solo, e per troppo tempo ho aspettato che questo momento arrivasse! E ora che finalmente so chi sono,e ho trovato quello cercavo,mi sento come svuotato dentro. Mi capisci? - . – “Certo, che ti capisco,piccolino. Ma ora i tuoi guai sono finiti. Hai la tua famiglia in questo bel campo. E vedrai che la tua vita d’ora in poi filerà liscia come l’olio!”-.E finalmente si zittì. Il seme cercò di fare mente locale,e capire di più sé stesso. Non si spiegava quell’amarezza strana che stava provando. Avrebbe dovuto saltare dalla gioia, e invece….Era come se gli dispiacesse di essere arrivato a casa. Provava una strana ansia, ma non si rendeva conto da cosa dipendesse. La sua reazione, non fu per niente quella di un seme felice. Aveva gioito tanto di più con la Famiglia-funghi e la Signora spiga-di-grano. Con la sua famiglia ,invece, si sentiva a disagio. Forse, abituato com’era all’avventura, l’ idea di restare lì, con l’unica occupazione di guardare il sole e crogiolarsi al tepore dei suoi raggi, lo faceva sentire inutile. Sì forse era questo il vero motivo della sua mestizia. Inoltre non sentiva così forte quel richiamo della famiglia ormai ritrovata,come quando disperatamente la cercava. La Signora-girasole, non era altezzosa come sembrava, e con lui era stata materna, anche se un po’ brutale e chiacchierona. Il seme, volente o no, avrebbe dovuto abituarsi , non c’era alternativa. Ora sapeva che prima o poi una mano lo avrebbe raccolto e, con cura, deposto in terra. Poi lo avrebbe dissetato, e insieme al calore del sole, un giorno sarebbe diventato anche lui un bellissimo girasole. Immerso nelle sue riflessioni,e trattenendo a stento la sua delusione, non si accorse che stava arrivando il pappagallo Agapornis Lilianae, che era uno stupendo animale,ma per sua sfortuna, anche golosissimo di semi. La signora-girasole se n’accorse e gli urlò :”Nasconditi!!Presto!!Sei in pericolo!”.Il seme era un po’ troppo preso dai suoi pensieri, e,per la prima volta in tutta la sua vita, aveva perso di vista il suo scopo primario : la difesa. In un battibaleno, il pappagallo si avventò su di lui, per mangiarlo. Il povero malcapitato, cominciò a dibattersi e gli urlò con tutto il fiato che aveva in gola: “ Lasciami, ti prego! Ci sono tante altre cose che puoi mangiare! Io non sono il cibo adatto a te, sono nocivo!”.Far paura al volatile era l’unico modo per salvarsi,” pensò “. Il Lilianae, sbattendo le ali, chiuse il becco,reclinò un po’ la coloratissima testa,e lo guardò con curiosità.“Cosa vuoi dire con.. sono nocivo?”- gli chiese-E il seme, che cercava disperatamente di salvarsi la vita doveva inventarsi subito qualcosa di efficace per non finire in pancia a quella famelica bestiaccia. E, prontamente, gli disse: “ Sono un seme malato, ho vissuto per tanto tempo vicino ad una batteria, e sono contaminato dal piombo! Devi credermi, o la tua golosità ti sarà letale.”-E il pappagallo:”Potresti mentire, per salvarti, e io resterei digiuno per nulla!”- disse - mentre continuava a guadarlo fisso, aspettando un suo gesto falso. Il nostro beniamino, seppur terrorizzato,decise di giocare d’ astuzia. Assunse un’ aria di sfida, gonfiò il petto,e gli rispose. “Io ti ho avvisato,se vuoi correre questo rischio,allora mangiami,e facciamola finita!”. Il Lilianae era molto dibattuto. Se il seme mentiva, avrebbe dovuto cercarsi altro cibo, e questo non gli andava a genio, visto che l’aveva lì a portata di becco. D’altra parte se era la verità, avrebbe rischiato troppo. Arrivò alla conclusione che era meglio fare la figura dell’ ingenuo, piuttosto che rimetterci le penne, e guardando il seme sempre con sospetto, replicò: “ Non ti mangio, e voglio dirti che non credo a una sola parola di quello che hai detto. Ma sei così bravo a raccontar fandonie,che meriti di essere premiato.”Cominciò, quindi, a sbattere rapidamente l’ ali e staccandosi dal suolo, volò via. Il povero seme se l’era vista davvero brutta, questa volta. Che grave rischio aveva corso, per una banale disattenzione! Ripromise a sé stesso, che mai più avrebbe rimuginato i suoi pensieri se non si fosse trovato in un posto sicuro. Appena si riebbe dallo spavento, ringraziò mamma-girasole per averlo avvisato. E le comunicò di voler tornare alla fattoria per salutare i suoi amici, e informarli che aveva finalmente trovato quello che cercava. Mamma-girasole era piuttosto perplessa per questa decisione,ma raccomandando al seme di fare la massima attenzione,e di non farla stare troppo in pensiero,gli augurò un buon viaggio e un tempestivo ritorno a casa. Aveva compreso che era troppo abituato a vivere libero e solo, per convincerlo a rinunciare. Il seme, ormai rincuorato per aver superato quella terribile avventura, si rimise in cammino. Guardingo come non mai, percorse a ritroso la viuzza che l’avrebbe ricondotto alla fattoria. Aveva un gran desiderio di rivedere mamma-spiga, suoi bimbi-chicchi, e tutti gli animali. Erano stati così gentili e buoni con lui. Non poteva esimersi dal salutarli un’ultima volta. Lo sentiva come un dovere, oltre che un piacere. Gli sembrava fosse trascorso un secolo da quando aveva lasciato la fattoria. Ma erano passate poche ore, infatti era ancora giorno pieno. Man mano che s’avvicinava alla meta, si sentiva più sereno. Appena arrivò nell’aia della fattoria, guardò in giro, per vedere dov’era mamma-spiga. Lì per lì s’era anche scordato di salutare gli animali, da tanto che era desideroso di trovare l’amica. Ma si rese subito conto del poco garbo avuto e, scusandosi con loro, salutò i presenti, che lo accolsero ancora con i loro versi, dandogli il bentornato. Non riusciva a vedere dove fosse mamma-spiga,e chiese informazioni al Signor Asino, che ragliando gli disse di provare accanto ad un sacco di farina che si trovava vicino al granaio.Il seme si precipitò sul posto,e guardando e riguardando,vide uno dei chicchi-bimbi che piangeva. Gli andò subito incontro, per chiedergli cosa succedeva. Il bimbo-chicco tra le lacrime gli spiegò, che mentre lui non c’era, il Signor Gallo e sua moglie, la Signora Gallina, avevano bisticciato con la sua mamma e i suoi fratelli, per colpa del Signor Verme che non voleva aprire la sua casa ai due sposi. E, siccome mamma-spiga e i suoi figli-chicchi dettero ragione al Signor Verme , il Signor Gallo, furioso, schiacciò con una zampa i poveri chicchi ferendoli gravemente. Ora si trovavano ricoverati nella mangiatoia della Signora Mucca che gli aveva soccorsi, ma erano parecchio malconci, e il piccolo chicco disperava per la loro sorte. Il seme trasecolò al racconto e, cercando di confortare il chicco ,anche se lui per primo si sentì gelare il cuore dal dispiacere, chiese al piccolino di accompagnarlo alla mangiatoia. Lesti arrivarono sul posto, e videro che mamma-spiga e i chicchi-bimbi, stavano molto meglio grazie alle cure della Signora Mucca, che con il suo fiato caldo li aveva asciugato le ferite e con il suo latte nutriti. Ora avrebbero dovuto fare un po’ di convalescenza per guarire del tutto, ma il peggio era passato. Il seme e il figlio-chicco, erano così felici per loro, che si misero a cantare, ridere e ballare per tutta la mangiatoia. Dettero un grande bacio alla Signora Mucca, ringraziandola per tutto quello che aveva fatto. Ancora molto dolorante,ma sempre premurosa, Mamma-spiga, non stava nella pelle dalla curiosità di sapere quali scoperte avesse fatto il seme.E lui raccontò cosa era successo,e aveva rischiato in quelle ore. Confidò, poi, quali erano le impressioni avute, e i timori che provava. I presenti, dopo aver ascoltato attentamente la storia, si guardarono tra di loro con complicità, e Mamma-spiga, disse: “ Figliolo, ti sei trovato improvvisamente di fronte ad una realtà che non potevi immaginare, è chiaro che hai tutti questi dubbi e paure. Ma ora sai tutto: chi sei, dove sono i tuoi simili, e dove dovrai vivere. Eh, sì, dovrai stare con la tua gente, perché questa è la tua natura. Anche se provi voglia di fuggire, devi capire che è una sensazione momentanea e giustificabile, ma il tuo posto è con la tua famiglia. Ti abituerai presto, ne siamo tutti convinti, e sarai anche felice.”- aggiunse- :” Noi avevamo pensato di farti rimanere qui, ma perché eri un povero seme sbandato, ma ora non lo sei più. Sappi che per qualunque motivo noi ti saremo vicini e potrai sempre contare sul nostro aiuto, e poi questo non è un addio, ma un arrivederci, perché ogni tanto ci incontreremo, per fare due chiacchiere e quattro risate. Appena staremo meglio, ti prometto che verremo a trovarti nel tuo campo. Mi credi, figliolo?”Il seme aveva ascoltato in silenzio e attentamente tutto quello che Mamma-spiga gli disse, e capì, anche se a malincuore, che aveva ragione. Allora le rispose:” Mamma-spiga, hai davvero compreso tutto. Per un po’ avevo davvero sperato di restare a vivere con voi, perché vi ho sentito come veri fratelli; ed avevo pensato di poter restare con voi, nonostante tutto. Ma fido completamente nella tua saggezza, e farò quanto hai detto. Ma mi raccomando, non dimenticare la tua promessa. Conterò già da ora i minuti che passeranno finché non avrò la gioia di potervi riabbracciare ancora!”L’ atmosfera nella mangiatoia era colma di commozione e d’affetto. Avevano tutti gli occhi un po’ lucidi, ma i loro cuori erano più leggeri. Era giunto il momento dei saluti: si strinsero l’uno all’altro in silenzio, per non spezzare quel dolce incantesimo, che avrebbero portato per sempre dentro di sé. Il seme, con un mezzo sorriso di circostanza, e tanto dispiacere per il distacco, si voltò, per non far scorgere le sue lacrime, e si diresse lentamente verso l’ uscita della mangiatoia. Un po’ sconsolato, ma con una nuova e strana speranza nel cuore, il nostro amico riprese stancamente il cammino verso il campo. Man mano che il tempo passava, e si avvicinava a casa, il sole era sempre più sorridente e mandava i suoi figli-raggi sulla terra, più caldi e splendenti del solito. Il seme cominciò ad apprezzare quel tepore, e cominciò a sentire una curiosa attrazione,mai provata prima, e si sentiva inorgoglito. Il suo passo si fece più spedito, e fiero. Arrivò abbastanza presto al campo, e cercò subito con lo sguardo Mamma-girasole. La vide quasi subito,e le corse incontro con inaspettata felicità.“Mamma-girasole!”- le gridò-“ Sono tornato!!”.Il fiore, al colmo del suo splendore, voltò la sua bella corolla verso di lui, e rispose:” Ohhh, piccolino, finalmente sei qui! Sai, ero un po’ preoccupata, e anche triste, perché pensavo di non rivederti più. Vieni qui accanto a me, sei ancora troppo giovane per sopportare questo caldo! Ti farò ombra con con i miei petali.”- e il seme,continuò: “Sai che invece mi piace tanto questo tempo? Mi sento così bene…che ho dissipato tutti i dubbi che avevo avuto. E’ proprio vero che la natura non mente!”.-“ Sono felice che ti sia reso conto di tutto. E di riaverti con noi. Un po’ per volta ti presenterò a tutti i tuoi fratelli fiori”.- rispose felice Mamma-fiore. Il seme, che stava cominciando ad abituarsi alla nuova situazione, si accoccolò in terra vicinissimo al robusto e rassicurante gambo di Mamma-girasole. E, provato da tutte l’ emozioni avute, e anche un po’ stressato, s’addormentò.Il grande fiore lo guardò amorevolmente, e si rivolse di nuovo verso il sole. Venne la sera. Il paesaggio imbrunì. Le pompe dell’acqua cominciarono a funzionare: zampilli freschi investirono il campo e dissetarono i fiori. Passa la notte. Venne l’alba che arrossò la terra, e pian piano il sole si fece largo tra le nuvole e tornò a risplendere e riscaldare il campo. Stiracchiandosi le foglie e scrollando le corolle, i fiori si svegliarono,e ringraziarono il buon Dio che gli donava un’altra bellissima giornata e per essere ancora vivi, sani e belli. Mamma-fiore si preoccupò subito di guardare come stava il seme. Sorprendentemente, il seme non era più adagiato sul terreno accanto al suo gambo,ma s’era infilato dentro la terra, e con il caldo del giorno passato e l’acqua bevuta durante la sera, mostrava sulla testa, un piccolo e tenero ciuffetto color verde chiaro. Stava germogliando! Mamma-fiore lo chiamò :” Buongiorno, figliolo, vedo che stai già crescendo! Sono tanto contenta per te!”. E il seme: “ Buongiorno a te, oggi mi sento un po’ diverso, ma tanto allegro! Sì, hai ragione, sto diventando grande! E sono tanto felice che questo succeda ora che sono in famiglia. Domani sarò ancora più grande, credo. Che ne dici Mamma-fiore?”. – “ Certo, - rispose lei – Ora che ti sei fermato in questo bel posto caldo, vedrai come farai presto a diventare adulto! Godiamoci questa meravigliosa giornata, ragazzo !”.E si zittirono tutte e due. Il seme cominciò a riflettere. Tutto quello che aveva vissuto fin allora, gli passò nella mente come fosse un film. Si sentiva molto forte nel fisico, e il suo cuore era colmo di felicità: il suo sogno si stava avverando. Finito il tempo delle peripezie, dei pericoli, e delle delusioni, poteva godersi in santa pace la sua naturale crescita. I giorni passavano serenamente, il nostro eroe aveva fatto amicizia con i familiari ritrovati. Sapeva farsi voler bene. E veniva coccolato un po’ da tutti. Era anche simpatico e li intratteneva raccontando tutte le sue avventure, che ormai gli sembravano un lontanissimo ricordo. Ma non le riferiva in modo lagnoso, anzi! Accompagnava i suoi racconti con battute di spirito e strappava risate a crepapelle, rallegrando tutta la comunità. Una mattina il giovane, sentì qualcosa che gli dava prurito addosso, e soprattutto alla testa. Si rivolse a Mamma-fiore, chiedendole se vedeva qualcosa d’insolito. Lei lo guardò subito e chiamò a gran voce anche tutti gli altri :” Guardate! Guardate! Presto!”. Tutti si voltarono e esclamarono con stupore:” Ohhhh! Come sei bello! Signore ti ringraziamo! Hai dato ancora una volta esempio della tua infinita benevolenza!”.- Il seme capì: non si poteva più definire con questo termine. Non era più piccolo e indifeso. Il prurito che sentiva sul corpo, erano delle bellissime foglie cresciute sul suo forte gambo, e quello che avvertiva in testa, era una meravigliosa corolla costellata da numerosi petali color giallo-oro. Era diventato il più bel girasole del campo. E sapeva quale fosse il suo futuro : avrebbe lasciato i suoi figli in terra. Anche loro sarebbero germogliati e diventati bellissimi fiori: poi avrebbero ripetuto quanto insegnato dai predecessori ( quando fosse stato il loro momento ), e così via….per sempre.

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