Poesie di Marco Longo


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Delle volte mi capita mentre lavo i piatti
di pensarti
di guardarti negli occhi quando canto
di parlare quando non ci sei
di leggere i tuoi libri
di sfogliare i tuoi sguardi,
toccare i tuoi vestiti,
mi capita di bruciare fotografie
di mangiare dal tuo piatto
di accompagnare la tua voce
col mio silenzio
di pagarti l'affitto.
Se vuoi
tagliami i capelli
guardami dormire
rubami i bicchieri
tagliami le vene
pagami l'affitto.

Il cielo era pesante
e noi sotto leggeri
già preparava le nuvole
per la tua partenza
per i miei pensieri
per la mia mattina senza notte
e io preparavo il mio letto per la solitudine.

I rami che entrano nella mia finestra
sono bagnati
ad una ad una ne asciugo le foglie
per dimostrarti il mio amore
che in quanto parte del mondo ti appartiene
come ti appartengono le strade
e il rumore del risveglio
ti appartengono i passi lenti e poi sempre più veloci
che ci consumano le suole come noi consumiamo i giorni.

Il treno e la casa si muovono veloci
si allontanano
e rimango al silenzio del mio telefono che non suona
e quando lo fa sbaglia persona
portando con le parole nuovo silenzio.

Dove possono guardare i miei occhi
che dal foglio passano al mare
per poi tornare al muro
fino a chiudersi
aprendo ai pensieri
alla voglia di impegnarmi, senza crederci
alla speranza di stare male
per le cose che so non esser giuste
senza riuscirci.

Non era il vino
che scatenava la danza
che faceva muovere i piedi per tenere in bilico la testa
ma il tuo corpo, uno in mezzo ad altri
alto anche se più alti gli altri
stavi su un pavimento rosso sul selciato
vedevo solo il tuo vestito verde muoversi
e sentivo le pietre spingere contro le suole delle mie scarpe
tu per me eri sola perché i tuoi occhi
andavano fuori dal cancello, fino alla strada
fino a un ricordo
fino a sapere che non c'è l'amore.

Dove stavamo andando?
Amandoci a due metri di distanza,
inseguendoti per i marciapiedi.
Dove stavamo andando?
Nei bagni dei bar più sporchi,
amandoci a due ore di distanza.
Dove stavi andando?
A impiccarti con il cavo dell'antenna,
amandomi via etere.

Se si appannano gli specchi,
disegnaci i tuoi occhi
e le mie mani che sfiorano i tuoi seni.
Con le tue mani piccole,
aprimi gli occhi,
soffiami i tuoi pensieri di ubriaca,
io li aspiro come feci nell'autunno di Berlino.

Estate
Ora è facile
è l'estate
ma l'inverno
quando chiudo la finestra
come faccio?
Con chi parlo quando perdo
quando sono ancora solo
quando muore questa voglia
di sentirci tutti quanti
parte dello stesso mondo.

Questo fiume
per me è il mare
ed è immobile
non scorre,
se lo attraverso
è nel mezzo che voglio morire.
Mi lascio trascinare
ma non scorre
in quanto peso
tocco il fondo.

Veleno
Bugie via etere,
viaggiano veloci
in un istante centinaia di chilometri
dritte fino all'illusione
sussurrate nell'orecchio
senza occhi e senza mani
per toccarle e trascinarle
dritte fino all'illusione.
Trasformate in convinzione
da parole
senza bocca,
senza occhi e senza mani
per toccarle,
senza neanche assaporare
il veleno che ti uccide.

In giro col ferro
In giro col ferro
mi sento Colombo
mi sento John Lennon,
in giro col ferro.
Mi piace guardare la gente negli occhi
la mando all'inferno
ho in tasca il mio ferro.
Scavalco cancelli
in giro col ferro.
Minaccio i passanti
non uso il coltello.
Io giro col ferro.

Io non sono pazzo
e il sangue che vedete per la strada
per me è l'aria che respiro,
lo stesso delle mie vene.
Io non sono pazzo
anche se porto con le mie parole
la tragedia
anche se il mio passare nel mondo
è scia chimica,
nube tossica.

Senza tempo
Quando vado per la strada,
io sento la minaccia
del mio corpo senza forza
vedo i volti dei nemici
che mi fissano impazienti,
io nel mondo non esisto
e cammino senza piedi.
Mi scivola dagl'occhi
l'impotenza di ogni gesto; è così che
la mia mano, dalla tasca
sia alza sino al freddo vento.
Preferisco in un istante
ricongiungermi col soffio,
è premendo sulla tempia
che ritorno senza tempo.

Aria quando brucia
Se mi riempio la testa della tua voce
quando cammino come unico uomo al mondo
esistiamo in due.
Vorrei avere un destino
per inondarlo con la mia vigliaccheria
per affogarci silenziosamente
per conoscere già, il rumore di ogni passo
che muovo in questo buio.
E se dovessi morire
quanto dolce il sapermi liberato
quanto amore troverei nelle vostre di vite ancora umide
quanti probabili destini scegliereste per me
in ognuno di voi sarei
quel che vorrei essere stato,
mille esistenze in una morte!
Quando sceglierò farò lo sbaglio
di farmi riconoscere dal mondo
di seguire il fiume
di arrivare al mare.
Quando ancora nel momento,
che si somma e che si annulla,
non avrò che il vostro sguardo
che mi fa sentire aria
che svanisce quando brucia.

Oltre il molo
Scappavo sugli scogli oltre il molo
e ferendo, mi ferivo
la sabbia era deserta e il cielo
un grigio tendone di circo
il mare era liscio blocco
artificiale
attendevo dolci lacrime in mio onore

col buio mi sentivo come pietra
che lascia per ricordo il proprio calco
mentre scivola dall'onda sino
al fondo

facevo l'amore con le ombre
con la sola compagnia della risacca
col pensiero ormai rivolto
tristemente al mio ritorno

Danzatori delle stelle.
Vivi nelle antiche profezie
e ogni giorno
ti confondi
con i miti senza tempo,
il dolore riscoperto
è dipinto sopra i muri.

Pianti il seme
del rimpianto.

Salita della solitudine
Ma dove se ne vanno
Queste anime metalliche?
Tutte verso il desiderio
O, come me
Solo in cerca di uno sguardo
E dell'ozio giovanile
Lungo i viali in primavera.

Calazio
Curo il mio occhio
per curare una
speranza
di vedermi
com'ero,
e ho spento il
telefono
per cancellare
la mia presenza,
ho studiato per
trovare un motivo
alla mia esistenza.
Mi casca il mondo
a giorni alterni
e nel trascorrere
dei giorni cancellabili
sento l'essenza
del futuro
e la stretta del
presente.

Senza titolo
Nel corridoio
vedo tra i lampi
del neon
il finire del giorno,
il mio passato è il gocciolio che mi desta
e inquieta. Mi alzo
per zittire il rubinetto e
svegliare la penna
deturpandone il design
elegante, con i denti
irrequieti, nervosi e disastrati
col pensiero del portico
dove stanno gli uomini
che avranno un motivo
anche domani.

Le mie ore
Sento l'avvicinarsi
delle mie ore
maledette.
Mi avverte
l'imbrunire primaverile
col suo fiato
fresco e leggero.

Viola
Ora tremo
come te quando
hai sentito
il mio sguardo
e curato
le mie ferite da vagabondo
come quando hai amato
la nostra clandestinità.
Non tremi più
sotto le mie mani,
non carezzerai più
i miei silenzi,
non curerai più le mie ferite.
Non resta
che la chimera
nata dalla mia viltà.
Non conosco più
la tua pelle,
il tuo corpo sottile.
Guardo ora le tue dita
indaffarate
come allora
senza osare più
fermarle,
ma unendomi
alla danza
consolando la mia bocca
sola.

Bianco e nero
Hai la vita
incatenata a un desiderio
in bianco e nero
e lo ritrovi
nelle pagine che hai
letto
che vorresti avere
scritto e che
ti pare aver
vissuto.

Bianco e nero 2
Domani assaporerò
il suolo che cammino
per sentirmi libero,
e odierò questa città
per non commiserarmi,
mi innamorerò degli sguardi
dietro occhiali scuri.
Ascolterò con finta indifferenza
e guarderò come dall'ultima fila
le vicende cinematografiche
delle comparse quotidiane,
immedesimandomi nei film
in bianco e nero
rubati a quelle voci.

Nell'aria
Scrivi di me,
del nostro scontro
nell'aria
della mia notte
inquinata
da memorie sognate
Scrivi di noi,
e del domani
mai nato.
Scrivo di te
dell'illusione artificiale,
del nostro scontro
nell'aria.

Già.
Rincorrendo i tuoi passi
ho sentito il freddo improvviso
della fine,
nella tua scia
ho raccolto gli anni del sogno
che hai lasciato scivolare.
Le tue lacrime
hanno bagnato la serena notte
di fine estate.
Mai più rivedrò le tue mani
accompagnare la sua voce
mai più in tre
complici nell'ozio.
Futuro amputato
da una ridente Cleopatra.

Periferia
Periferia rassicurante
fa risorgere la voglia
di pensare alle bugie
di lasciarsi trascinare
dall'immagine irreale di
una felicità incolore
di rinunce non sofferte
di parole complicate.

Senza titolo
Compagnia del passato
vicino e solitario,
come morire nel silenzio e
vivere per pochi.
Nei rumori della strada
Sento viva questa notte e
chi di certo non la teme,
chi l'aspira col tormento e
che sa che abbiamo perso.
Ora dorme chi l'ha
amata sotto lampade nebbiose.

Giglio
Non posso
Ne tu puoi
Cancellare i tuoi pensieri
Che conduco
Al peccato

Non voglio
E tu lo sai
Maledire un'altra volta
Le mie mani
E la tua bocca

Voglio solo
La tua forza di
Accettare un compromesso
Voglio tutto ciò che il sole
Porta via dalla mia mente
Una mattina immacolata
Dopo il buio della notte

Ho paura che arrivi domani.
Ho paura che arrivi domani, ma è già arrivato.

Caro S.
Sono anni che lottiamo, per le strade, contro il cielo, con in tasca il nostro credo ed il pugno stretto in alto. Quante volte siam caduti e ci siamo poi rialzati, sotto i colpi e i manganelli dei padroni, dei potenti.
Abbiamo gridato la nostra rabbia da Parigi a Lisbona, davanti a fabbriche e alle scuole, cantando le canzoni che ormai ho quasi scordato. E quanti amori sulla spiaggia, o nelle fabbriche occupate, quante storie che duravano solo l'ombra di una notte, quante lotte coi compagni; quanti poi si sono persi, quanti ancora son rimasti. Volevam cambiare il mondo, lui che tanti ne ha cambiati, avevamo solo il sogno di una vita adatta a noi. Non abbiam spazzato via, gli oppressori ed i padroni; questo mondo mi ha deluso ma ho sempre il mio ideale, ed un'ultima volta posso ancora ribellarmi, ribellarmi alla vita per potere dimostrare, che anche con questa mia morte non ho smesso di lottare.


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