Poesie di Carmelo Luparello


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Il tuo balcone, col passar degli anni,
si è ingrandito, com'era naturale,
ed ora non è quello
che ho conosciuto sessant'anni fa,
anzi il suo spazio è raddoppiato,
ma io non vedo più
tua madre stendere la biancheria
che gocciolava sulla via
assieme alle lacrime
che, copiose, le scendevano sul viso
pensando all'altra figlia
troppo presto volata in paradiso.
Non vedo più tuo padre
innaffiare, sul far della sera,
le piante del balcone,
e più non vedo te
appoggiata alla ringhiera
chiamare la zia
che abitava nella tua stessa via
quasi di fronte casa tua,
insieme a tuo fratello.
Anche tu sei andata via
dal nostro paesello
e da sessant'anni
io non ti ho vista più.
Eppure ogni giorno
io guardo il tuo balcone,
mi è dolce l'illusione
di poterti alla fine rivedere;
e di poter tornare
studente delle medie
ancora ragazzino,
studioso di latino
in quella bella classe
della nostra docente
di lettere, Licata.

Ho sognato stanotte
Ho sognato stanotte
di parlare con te,
non ricordo più
se eravamo a Grotte
o in un altro paese.
E tu eri serena,
nel cielo spendeva
la luna piena
in mezzo alle stelle,
e tu eri felice
di stare con me.
L'ho sognato però,
è stato un momento,
un solo momento,
ma sono contento
di averti rivista
almeno nel sogno.

Racalmuto 7 .06.2017

Nostalgia di Maria
E passo e ripasso
ogni mattina
per la tua via,
c'è nel mio cuore
la nostalgia
di quando tu eri bambina.
Allora ti affacciavi al balcone
a chiamare la zia
o tuo fratello,
ed era per me bello
sentir la tua voce.
E pure il vento
che era assai veloce
si fermava ad ascoltare.
Poi sei cresciuta,
ti sei sposata,
hai lasciato la tua gente
ed ora vivi lontano
e giustamente
ti sei scordata del paese.
Ma io ogni mattina
passo e ripasso per la tua via
e guardo il tuo balcone
da anni ormai deserto:
mi è dolce l'illusione
di poterti rivedere.

Sognandoti
Siamo stati tre anni insieme
in quella vecchia scuola media
dalle finestre e porte sgangherate
da dove entrava la pioggia e il vento
e insieme, poi, abbiamo fatto gli esami.
Da quel momento
io non ti ho vista più,
ma forse è meglio così
ché ogni donna che incontro
penso sia tu,
in questo modo ti posso vedere
ogni giorno, ogni sera.
E' di certo la mia
soltanto un'illusione
come quando guardando il tuo balcone
penso di rivederti ancora.
Ma tu non ci sei,
vivi in un altro posto
lontano dal nostro paese
e non sei più la fanciulla
che eri una volta,
oggi sei una nonna
con tanti nipotini attorno
e a curarti di loro passi il giorno:
ma io, pur sapendo che il mio sogno è vano
amo immaginare
d'essere ancora nella scuola media,
di essere ancora un bambino
e di vederti seduta
attenta all'insegnante
che spiega la lezione di latino.

Mi piacerebbe averti con me
magari soltanto una notte,
nella villa di Grotte
che è sopra la stazione.
E baciarti sotto la luce
di una pallida luna
che per le vie del cielo
va sola soletta
forse in cerca di fortuna.
Respirare il tuo respiro
che ha la freschezza del mare
e sognare
quello che mai non ho avuto.
E alle prime luci dell'alba,
quando il mondo si sveglia,
noi, dopo una lunga veglia,
fatta di baci e moine
ci addormentiamo.

Via delle Mimose
Svegliarsi una mattina
in quella vecchia casa
di Via delle Mimose,
aprire le finestre
sotto un cielo azzurro
e sentire il profumo delle rose,
dei mandorli in fiore,
di erbe fiorite di mille colori;
il cinguettio di passeri in volo
che sembrano dire:
è primavera,
stagione degli amori.
Un gracidar di rane
in quell'acquitrino.
Ecco di fronte si apre
un balcone, si affaccia
la vecchia signora
con un panno in mano,
pronta a pulire le persiane.
Dal pollaio vicino
un coccodè di galline,
da un casolare lontano
l'abbaiare furioso di un cane
se ha sentito una macchina passare.

E' Natale
E' Natale
e tu non ti domandi
se tua sorella
sta bene oppure male.
Per te è importante
avere il piatto pieno
a mezzogiorno
e vestire
un abito griffato.
Per te è importante
non avere attorno
gentaglia come noi,
perché... perché
tu ti senti un re,
e per te noi siamo
soltanto della povera gente
che nella vita vale
meno di niente.
Peccato che ti sfugge
un particolare,
o lo hai messo in oblio?
tuo padre
e non un avo assai lontano
era un artigiano
proprio come il mio.

In una vecchia foto ho visto Mariana
E oggi finalmente,
dopo circa sessant'anni,
ti ho potuta rivedere
anche se solamente
in una vecchia foto
che un amico pietoso
mi ha voluto mandare.
In quella foto
non eri più la ragazzina
di tanti anni fa
quando ogni mattina
al suon della campana
uscivi di casa
per andare a scuola
che non era poi lontana
ma proprio di fronte casa tua.
Ma ti eri fatta grande
ed eri già una donna;
non portavi pantaloni
soltanto una gonna
un po' sopra le ginocchia
ed i capelli corti.
Ma ci avevi ancora
il neo sul tuo visino
che il tempo non ha potuto cancellare
né dalla mia mente allontanare
il ricordo bellissimo di te.

Sono andato dal dottore
Ho una ferita al cuore
per questo sono andato
un giorno dal dottore,
e, lui dopo avermi visitato,
giurando sul suo onore:
non si possono guarire
le malattie d'amore.
Per potere uscire
da certe situazioni
forse può fare qualcosa
la morte solamente,
ma non posso giurare
che questo può avvenire,
ché certe malattie
ce le portiamo dietro
anche nell'altro mondo.

La mattina appena sveglio
La mattina appena sveglio,
quasi sempre molto presto,
distendo la mano
per farti una carezza
e dirti che son desto.
Ma io ti cerco invano,
tu sei lontano
e non mi puoi sentire.
Certo, tu adesso
non sei la ragazzina
che ho conosciuto a scuola
sessant'anni fa,
ma sei la nonna
di tanti nipotini
che ti stanno attorno;
e quando a mezzogiorno
vi sedete per pranzare
essi fanno a gara
per starti, il più possibile, vicino.
E capita magari che correndo
si trascinino dietro
assieme alla tovaglia
la bottiglia di vetro
che aveva ancora del vino
rimasto dal giorno precedente.
Ma tu non ti arrabbi per niente,
raccogli la tovaglia,
la metti da parte
e domandi soltanto:
vi siete fatti male?
e fai ad ognun di loro una carezza.
Oh, se mi fosse dato
di stare in mezzo a loro,
io mi accontenterei,
pur di vederti,
di essere l'ultimo della fila.
Ma io ti vedo adesso
soltanto nei sogni.
Avrei voluto, te lo confesso,
usare tutte le arti
pur di dimenticarti,
ma non so perché,
ancor dopo sessant'anni
non posso fare a meno di te,
e ti cerco e mi par di vederti
ancora bambina
affacciata al balcone,
di via Giovanni Meli
e di sentir la tua voce
mentre chiami la zia
o tuo fratello Pino
che sta nella tua stessa via
proprio di fronte a te.
Bellissima illusione
che mi fa ogni giorno
sognare la tua casa
vicina alla chiesa
o quella di campagna
con la sua grande palma
che era di fronte la stazione.
Questo è il mio destino
a cui non so sfuggire:
campare d'illusione
come quando ero solo un ragazzino
e sognavo di starti
per sempre vicino.

Un ricordo di te
Quando passo davanti al negozio Lovable
del Centro commerciale,
io spero che la titolare
che è una tua amica
mi chiami e mi dica:
ti presento la figlia di Lillina.
Io le porgo la mano
- Piacere - le dico,
e rivedo quel tempo lontano
quando t'incontrai sul treno
che andava a Palermo.
Io, qualche giorno dopo,
ti avevo chiamato,
te lo ricordi ancora?
per dirti che di te
io mi ero innamorato.
E tu con un velo di malinconia,
così mi è sembrato,
mi rispondesti
che ti eri fidanzata.
Da quella volta non ti ho più sentita
né più ti ho rivista.
Qualcuno mi ha detto
che tu non esci più di casa,
che non puoi camminare,
e preferisci stare tutto il giorno a letto
per un grave dolore alle ginocchia.
Ma a me piace pensare
di potere tornare a quel giorno
quando ti ho vista sul treno
col tuo visino adorno
di un dolce sorriso
che non potrò scordare.

Non sono un poeta
Chi ha detto che sono un poeta
ha detto una grossa bugia,
io non sono un poeta,
se non un poeta da strapazzo.

Senza istruzione, senza una musa
che mi ispiri sul serio qualche verso
il mio è soltanto tempo perso
un tempo che non vale mezza lira.

E' vero: la parola non la chiamo
lemma, né per respirare
uso quel verbo dotto che è alitare,
ma dico pane al pane e vino al vino.

Perché non sono un poeta
ma scrivo quello che mi piace,
senza curar di sillabe o di rime
perché io non sono un poeta.

Mi piace guardare un fiore
che nasce in mezzo al bitume
o tra le fessure di una roccia,
sulla terra portata dal vento.

Una fetta di mare all'orizzonte
una casetta in cima alla collina,
l'acqua che sgorga da una fonte alpina,
ma non sono per questo un poeta.

Ad una amica nel ricordo del padre
Quannu la primavera s'arricogli
e d'erba, sciuri e fogli
si vesti la natura,
pari c'ogni criatura
lu cori s'arricria.
Eccu in ogni via,
in ogni finisciuni
c'è sciavuru di rosi,
di violi e citrunilla.
E l'anciddruzzi dunci
di 'ncapu li curdini,
ni li fila di la luci
cantanu li cchiù belli
canzunetti d'amuri.
Sulu ni lu tò balcuni
nun c'è mancu un sciuri
e mancu n'anciddruzzu.
Li grasti sunnu sicchi
e nuddru l'abbrivira
da quannu un c'è to patri.
Iu lu vidìa adacquari
li sciuri di li grasti,
e mintiri nicchia d'acqua
ni un bicchieri pi l'ancieddri.
Finieru chissi tiempi
finieru già da anni,
ma a don Giuvanninu
nun si lu scorda nuddru,
e mancu l'anciddruzzi.
Ora ca nun c'è to patri
ni pari chiddra d'iddru
un'ebbica luntana,
ca l'ancieddri, si hannu siti,
da Via Giuvanni Meli
hanna a ghiri a la funtana.
Ca nuddru cchiù ci minti
nicchia d'acqua 'ntre un bicchieri.

Sognando Mariana
Domenica mattina,
le campane della chiesa
suonano a distesa
per invitar la gente
ad andare alla messa,
ma a noi poco ci importa,
il vento che soffia alla porta
ci scoraggia dal lasciare il letto,
mai si è amato il calore di un letto
come quando fuori c'è freddo.
E tu mi tieni stretto al tuo cuore
per riscaldarmi tra baci e carezze,
e intanto mi sussurri
le più dolci parole d'amore.
Tuo padre nella stanza accanto
dorme ancora, lo sento russare,
forse anche a lui piace
dormire quando fuori fa freddo.
Ma poi, come d'incanto,
improvviso il sogno svanisce,
soltanto il vento furioso
continua a soffiare alla porta,
e il letto, senza te, si è fatto di ghiaccio.

Al Centro commerciale
Qualcuno mi ha detto
che non esci più di casa,
che stai sempre a letto,
che non cammini più.
Eppure ogni sera,
pur sapendo che stai male,
io vado al Centro commerciale
sperando nel mio cuor di rivederti.
E mentre passeggio per la galleria
dò uno sguardo furtivo a quel negozio
che tu conosci bene,
ma, dopo qualche istante, vado via.
Tu non ci sei, ma non m'importa
mi è dolce l'illusione
di poterti rivedere
per questo tutte le sere
io vado al Centro commerciale.

Oggi nella tua chiesa appena aperta
il prete è ritornato
a celebrare messa,
tutt'intorno una ressa
come non s'era mai veduto.
Ognuno aveva in mano
un cero acceso e un fiore,
ma tu non c'eri,
ed ora ascolti messa
a Santa Maria Maggiore
oppure in Vaticano.
Non c'era tuo padre,
non c'era mia madre
non c'era nella chiesa più nessuno
delle nostre antiche conoscenze,
ma tanta gente nuova
che io non conoscevo.
E mentre tutti
con grande devozione
dicevano preghiere,
io mi guardavo intorno
cercando il tuo volto,
ma tu non c'eri.
Oh come cambiano le cose
trascinate dal vortice del tempo
e tu non sei più la ragazzina
che ogni mattina
coi libri sotto braccio andava a scuola,
e il vento, che sembrava in agguato
nascosto nella casa accanto,
usciva all'improvviso,
ti accarezzava il viso,
ti sfiorava i capelli
castani ed ondulati
che mossi da lui
apparivano ancora più belli.
Allora dai vetri del balcone
tua madre ti guardava andare a scuola
e poi si ritirava ormai tranquilla,
quando oltrepassavi il suo portone.
C'era con noi Castelli,
c'era pure un certo Bellavia
che mi prendeva in giro
dimostrando per me
di non avere certo simpatia.
C'era Vassallo e c'era Castiglione
ed altri ed altri ancora,
e per un anno ci fu pure
Greco Aurora.
Te la ricordi?
Era una ragazza bruna
che abitava vicino al Municipio
e suo padre faceva il muratore.
Te la ricordi?
Avea le trecce nere
ed era rotondetta.
Cose di altri tempi
sono queste,
cose di un tempo assai lontano,
chè la nostra docente d'italiano
più non ci aspetta in classe.
Anche lei se ne è andata via.
Cose di altri tempi,
cose ormai passate
che non ritorneranno più,
ma io ho nel cuore
tanta nostalgia
di quegli anni
quando a scuola c'eri tu,
col tuo dolce sorriso,
con gli occhi spendenti
ed un neo bellissimo sul viso.

18 maggio 1957
Mariana, ti ricordi ancora
quel 18 maggio del '57?
Quel giorno la nostra docente d'Italiano,
Gina Licata, compiva gli anni,
e si era deciso per l'occasione
di regalarle un mazzo di rose
che comprammo nel giardino
del signor Federico.
Ma forse quel giorno ormai lontano
non dice più niente
alla tua mente
occupata da altri pensieri,
dai figli e dai nipoti
a cui tu badi
anche se sono sposati,
e non pensi a queste cose.
Ma a me è rimasto nel cuore
quel pomeriggio di maggio
e quelle rose
che avevano lo stesso colore,
lo stesso profumo
delle tue guance,
le tue parole di ringraziamento
per essermi fatto regalare
una rosa in più
di quelle che dovevamo comprare.
Parole che il vento
pietoso rapì,
per farmele poi
ascoltare ogni dì.

A Mariana
Quando ogni mattina
ritorno in paese
per fare un po' di spesa,
io non vorrei passare
per la via Giovanni Meli
e vedere il tuo balcone
che pare abbandonato
e sulla sua ringhiera
neppure un passerotto,
né dietro le tende la sera
s'accende una luce.
Ma una forza interiore
mi porta ad andare
per quella che fu la tua via
e, pur stringendomi il cuore,
non posso fare a meno
di guardare il tuo balcone,
quasi sperassi di vederti ancora.
Ma tu non ci sei
e un grosso sospiro
mi accompagna per la via.
Tu vivi a Roma
e, se ti affacci al balcone,
più non senti
lo scampanio della chiesa Madre,
ma ti svegli ogni mattina
al suon del campanone,
e di me non ti ricordi nulla.
Anch'io vorrei poter dimenticare,
ma inutilmente
son passati sessant'anni,
tu sei sempre nella mia mente
come quando fanciulla
ti affacciavi al balcone.

Guardando il tuo balcone
C'è gente a cui piace
andare in crociera,
a me piace la sera
fermarmi in Via Meli
e guardare il tuo balcone.
Una luce si accende
e dietro le tende
un'immagine passa.
Ed io ti riconosco
sei proprio tu,
la cara compagna
della mia gioventù,
quando erano pochi
i nostri ricordi
e tante le speranze
di una vita migliore.
Accanto mi passa
tuo padre, pedala,
vuole essere a casa
all'ora di cena,
e nel pedalare
mi abbozza un sorriso
come è solito fare
quando m'incontra.
Ora a poco a poco
tutta la gente
lascia Piazza Marconi
e stanca ritorna
alle proprie abitazioni.
Io solo rimango
a guardare il balcone
e mi par di sentire
ancora il tuo respiro.
Suona mezzanotte,
si spengono le luci
e dorme tutta Grotte.
Anche il bar Infantino
ha già chiuso i battenti
e intorno c'è pace,
nel mio cuore soltanto
il grande rimpianto
di averti per sempre perduta.

A Marian, in occasione della Pasqua 2012
E' Pasqua, davanti alla chiesa
s'accalca la gente in attesa
di vedere Gesù Risorto.
Dalla folla qualcuno
mi si avvicina,
mi porge la mano e felici
"Buona Pasqua" mi dice.
"Buona Pasqua"
distrattamente ripeto ed intanto
in preda al rimpianto
io fuggo lontano nel tempo.
negli anni Cinquanta
quando ancora bambina
in quel balcone
di fronte alla chiesa
tu ti affacciavi
a seguire con gli occhi la festa,
mentre nel cielo
si formavano arabeschi
di mille colori,
come quei fiori
che tuo padre
innaffiava la sera.
Quel tempo è passato
e non torna mai più,
eppure mi piace
immaginare,
ora che è Pasqua
e la piazza è piena di gente,
di vederti affacciata
ancora al tuo balcone
di via Giovanni Meli.
Per questo sto fermo a guardare
e della festa non m'importa niente.
Io lo so, la mia
è solo un'illusione,
ma quando torno in questa via
e guardo il tuo balcone,
sento per l'emozione
tremarmi forte il cuore
come se veramente
ti dovessi affacciare
come una volta
assieme a tuo padre.

Il tempo non distrugge i ricordi ( A Marian)
Quand'ero ragazzino,
ormai son passati
d'allora sessant'anni,
io venivo a giocare
di fronte alla tua casa,
che era a pochi passi
dal cinema Marconi,
felice al sol pensiero
di poterti rivedere
magari un solo istante.
E mi piacea sognare
di poterti sposare
e con la tua famiglia
avere un bel rapporto
fondato sull'unione,
come si conviene
a persone perbene.
Pranzare a mezzogiorno
magari tutti insieme,
tuo padre a capotavola,
tua madre gli sta accanto,
e il bimbo che cammina,
sfuggendo alle tue cure
correndo si avvicina
chiamando:"nonno, nonno".
Ma poi finì la scuola
e non ti ho vista più,
io l'ho saputo dopo
che ti eri già sposata
ed eri andata via
dal nostro paesino.
Eppur mi piace ancora
fermarmi nella piazza
di fronte alla tua casa
sebbene essa sia
di un altro proprietario,
e nella tua via
non c'è più l'allegria
che c'era una volta.
Solo di tanto in tanto
il rombo di un motore
che passa e se ne va.
Ma io ripenso sempre
a quel tempo lontano,
quando ogni mattina
io ti vedevo scendere
per venire a scuola,
e torno, torno ancora
davanti alla tua casa
come facevo allora
e guardo il tuo balcone:
nel cuore l'illusione
di poterti rivedere.
Ora anche il paese
sente la tua mancanza
e non sorride più:
gli manca qualche cosa,
gli manchi proprio tu
col tuo sorriso dolce,
le guance paffutelle,
rese ancor più belle
da quel piccolo neo,
dai capelli castani.

A Marian
Quando passo la mattina
davanti alla tua casa,
per andare a far la spesa,
gli occhi se ne vanno
diretti al tuo balcone
forse perché spero
di poterti rivedere.
E per questa mia speranza
che è solo un'illusione,
io sento che le gambe
mi incominciano a tremare,
il cuore forte forte
lo sento palpitare,
e sotto la barba bianca
la mia faccia stanca
si copre di rossore,
come mi succedeva
quand'ero ragazzino.
Se questo non è amore,
dimmi tu che cosa è.

Chissà
C'è un angolino al mio paese,
tra Via Giovanni Meli
e il cinema Liotta,
dove mi piace parcheggiare
perché ivi ho conservato i miei ricordi,
e mi piace immaginare
di vederla ancora a quel balcone
dove lei si affacciava ragazzina.
Chissà, chissà
se io ho veramente la mia età
o non sia ancora un ragazzino...
Chissà, chissà
se fra poco non si aprirà
il vecchio portone
della scuola media
e non vedremo arrivare
la nostra docente di latino,
Gina Licata,
ancora giovinetta e non sposata
che ha la prima ora di lezione!
Chissà, chissà
se ancor non suonerà
la campanella della vecchia scuola
e lei correndo coi capelli al vento
e passandomi accanto,
non mi dirà ancora "Ciao",
mentre sua madre
la segue con lo sguardo
da dietro la finestra.

Un sogno
Stanotte finalmente ti ho rivista
a Grotte, dopo quasi sessant'anni;
mi pareva di farti un'intervista
sulla tua bellissima famiglia.
E tu mi parlavi del fratello,
di tuo fratello Alfonso
che lavorava come fontaniere,
e intanto salivamo in macchina
per Via della Vittoria
che tu dovevi far ritorno a casa
in Via Giovanni Meli.
Ma io non avevo, come allora,
il coraggio di dire:" Ti amo",
e, per darti un bacio,
aspettavo d'arrivare,
davanti al tuo portone.
Ma mentre la macchina correva,
io mi sono svegliato all'improvviso
e non ti ho vista più.
Allora capii che il mio
era stato soltanto
un bellissimo sogno,
e due grosse lacrime
mi scesero pel viso.

Sogno
Anche l'altra sera
son ritornato a Naro.
Sai? ci vuole poco
se prendo un mezzo assai veloce
che va sotto il nome di pensiero
e che in qualunque ora
è a mia disposizione.
Io mi sono fermato in Via Sabella
al numero 27,
di fronte al tuo balcone.
Ma tu non c'eri, eppure...
mi sembrava di sentire la tua voce,
di vedere la cucina illuminata
e, sopra il tavolino,
tra le posate e i piatti,
una vecchia sintassi di latino,
che il giorno dopo
dovevi sostener l'esame orale.
Così, non volendo disturbare,
ho preferito
tornarmene indietro al mio paese.

A Grazia
Spesso mi piace immaginare
di trovarmi in cucina
assieme a te.
Ci siamo appena alzati e la mattina
è fredda e piove.
Tu sul fornello acceso
hai messo a bollire la teiera.
Il tuo corpo leggero si muove,
i tuoi capelli
ondeggiano lievi
sulle tue spalle,
sul petto tuo bello
che odora di rose.
Dalla strada non viene rumore
se non dalla pioggia che batte
sui vetri appannati,
dal vento che urla,
che picchia furioso alla porta.
Ma io ti stringo forte al mio cuore
con un bacio più lungo del tempo
e poco ci importa
se sul fornello acceso
continua a bollire la teiera.

Sogno
Anche l'altra sera
son ritornato a Naro.
Sai? ci vuole poco
se prendo un mezzo assai veloce
che va sotto il nome di pensiero
e che in qualunque ora
è a mia disposizione.
Io mi sono fermato in Via Sabella
al numero 27,
di fronte al tuo balcone.
Ma tu non c'eri, eppure...
mi sembrava di sentire la tua voce,
di vedere la cucina illuminata
e, sopra il tavolino,
tra le posate e i piatti,
una vecchia sintassi di latino
che il giorno dopo
dovevi sostener l'esame orale.
Così, non volendo disturbare,
ho preferito
tornarmene indietro al mio paese.

A Maria, la mia compagna di scuola
Appoggiato con la mano
alla vecchia ringhiera
di Piazza Carmona,
io me ne sto ogni sera
a guardare il tuo balcone.
La gente mi vede, mi guarda,
poi incredula dice:
ma questo non ha niente da fare
se ogni sera se ne sta a guardare
quel vecchio balcone?
E' forse un guardone?
Ma in questa via
non c'è più nessuno,
soltanto il ricordo
di un tempo che fu,
e un vecchio balcone
dove tu ti affacciavi
a chiamare la zia
che aveva la casa
di fronte alla tua.
Ora il balcone appartiene
ad un nuovo padrone,
ma non m'importa,
a me piace ugualmente
sognare
di poterti vedere,
anche se la zia è morta
e tu abiti lontano.
Mi piace rivederti
ancora bambina,
mentre alle otto e venticinque
tu corri coi capelli al vento
per raggiungere la scuola
che è sopra il cinema Marconi.
Ed io con lo sguardo ti cerco
in mezzo a tanti ragazzi
che son fermi davanti al portone
aspettando la seconda campana.
Ma tu sei forse sparita,
e sei già dentro la classe,
a chiacchierare
con le altre compagne
nell'attesa che arrivi l'insegnante,
ma io continuo a guardare,
e non m'importa niente
di quello che dice
o mormora la gente,
io son felice
solamente se guardo il tuo balcone.

La tua casetta
Non potrò mai dimenticar la tua casetta
in via Sabella ventisette
dove vivevi tu, bambina mia,
con papà, mamma e la sorella.
Ma un giorno ti sposasti,
eri già grande,
e te ne andasti via.
Ora abiti ancor nel tuo paese
ma in un'altra strada,
hai dei figli grandi,
così mi è stato detto,
e sei già nonna.
Ma io ricordo ancor quella casetta
in via Sabella ventisette
dove ti ho conosciuta ragazzina
e dove viviamo ancora insieme,
e le sere d'estate
ci sediamo nel balcone
a goderci un poco di frescura.
E tu non hai paura
di gechi e zanzare,
li allontani soltanto
con un pezzo di cartone.
La gente passa per la via
ci guarda e sorride
nel darci un saluto.
Ed io che ti sto accanto
son felice anche se la mia
è solo un'illusione.

A Marcolina Mattion Lilia, l'amica mai dimenticata
Rovistando in un cassetto impolverato
ho ritrovato una tua letterina,
datata 11.08 del 2005,
nella quale mi dicevi
che ti eri sposata
e avevi una figlia signorina.
L'ho letta e riletta mille volte
era l'unica che avevo,
poi non so perché
tu non mi hai scritto più.
Qualcuno mi ha detto che tu…
Ma no, non posso pensare,
non posso immaginare
che non ci sei più.
Ma se questo è vero
Io non chiedo altro al Cielo
che portarti un giorno
un fiore al cimitero,
un piccolo regalo
per la nostra amicizia sincera.

A una mia vecchia fiamma
Quando torno in paese, mi piace
parcheggiare in Via Giovanni Meli
di fronte al tuo balcone
sognando di salire a casa tua,
e mi piace immaginare
di riveder tua madre
davanti alla cucina
intenta a mescolare i ditalini
che saltellano insieme alla verdura.
E tuo padre che ha paura
che tua madre si scotti,
risvoltati i polsini
della camicia bianca,
a lei si avvicina
con le presine in mano,
ché l' orologio del Comune
da un pezzo ha già suonato mezzogiorno
e per le strade intorno
si spande un caldo odore di minestra.
Tu intanto ti affacci alla finestra
che hai sentito il clacson
e vuoi vedere
se ho parcheggiato bene
la nostra Punto Sole.
Deh, se questo è un sogno,
io lo vorrei sognare.


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