Poesie di Andrea Luraschi


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Andrea Luraschi è nato a Como nel 1980. Compiuti i suoi studi liceali ed universitari, attualmente è ricercatore di economia. Oltre a questa disciplina, tra i suoi più importanti interessi rientrano lo studio delle lingue, la letteratura e la musica. Il ciclismo e l'escursionismo sono i suoi sport favoriti, nella misura in cui si conciliano perfettamente con l'amore per la vita all'aria aperta. Il povero "mestiere" di poeta accompagna la sua vita sin dall'adolescenza: irresistibile è per lui il magico richiamo della penna, ora per cogliere una semplice impressione, ora per indirizzare un'invettiva, ora per raccontare un enigma. Andrea spera che possiate provare piacere dalla lettura dei suoi componimenti.


Autodafè
persino nella mia immaginazione
la neve è così pura quando cade
- so di avere la malattia
non conosco il mio futuro
né quello degli altri
morta improvvisa lenta agonia
epidemia pandemia stragi putiferi
infiniti sono tanti i reati ed i rei
nuclei molecole cellule
ma bisogna vivere tristemente
incollati a queste cose
i nostri libri le case
che sobriamente abitiamo
perché siamo poveri
spegli mentecatti e sadici
torturatori ebbri di masochismo
perduti uomini
grumi di terra feconda
di discordia e disarmonia
nella nostra armonica follia   

permango
comunque
deluso
solingo
sincero
e puro
io sono
(dopo tutto)  

ma quale etica...
ma quale etica
quale estetica
metafisica
spropositati vaniloqui
gli schiavi espropriati
scrivono trattati di logica
partecipano alla competizione
dei saperi
si sciolgono nella
lingua da essi usata
presto lasciata al tempo che trovò
sono operai
sofisticati alla erezione
della sfinge di cartone
la sceneggiatura
parole schizzi tele pietre
più di tutto immateriale
sul trono del capitale
umano le grafie
dell'orecchio
schegge che steccano
superfici ben levigate
schegge impazzite
prive di vene
assurte a castelli
incredibili
fagocitati nei
carboni
nebulosi gettati
sulle notti
gotiche
le picche che nemmeno
distinguono la verità
del fondo moresco
i loro stessi lancieri
han rinunciato a
chiedersi un se
un ma sul braccio
peloso sulla mente
cosmica
che sono?
coraggiosi? virtuosi temerari?
o vigliacchi eruditi
temerari senza coscienza
si dimenano
si dimenticano
negli orti rigogliosi
sempre estivi
pure se si dicono
"invernali"
"di mezza stagione"
le cicatrici del palmo
ricordano la fatica
l'ansimare a fianco alla roggia
mota fino al ginocchio
faccia condannata all'incedere del grano
una capanna
vecchia come il mondo
ha cazzato i nostri fianchi
perciò si sappia
basta poco
nel vuoto ogni giorno
miliardi di palazzi cadono
e salgono  

specchio di marmo
specchio di marmo
le tue trame versi
su noi che siamo
ogni giorno più vecchi  

Destino d'uomo
cinguetta il pendolo un'ora a piè l'altra
e non si rammarica della vita che passa
inesatta
- son più di mille che l'han sezionata

spiegata ed astratta vicina alla morte che giace
ubriaca sul letto di baudelaire aperte le gambe
e trionfante venere di botticelli
dallo sguardo distratto distante
- ora m'accorgo che sempre sarà
e gloria  

Cancro
sento la tua presenza
sotto la lingua quando mastico
parole dolceamare quando fumo
la sigaretta sociale

tu sempre sei solo eri
in attesa coperto e per questo
non sentivo te presenza
inscindibile dal corpo

un giorno mi ucciderai
è la tua funzione
così deve finire
apprezzo lo sforzo
certo non mi rammarico
di me perché
così deve finire
ma tu che fine farai    

Per i difficili abbiamo l'urna
i morti aspettano sempre al solito posto
- la legge glielo impone
e ai vivi il dovere della sepoltura

i comuni un secolo
gli insigni una vita e ai dispersi
la bandiera

il simbolo il trucco - vivi anche per noi
morte imperitura  

Tranquillamento degli scolari a venire
a voi gli scolari a venire
non intendo lasciare
noia e rotture
già i cosiddetti padri
vi si sono applicati
con dedizione gioia
fortuna...
fortuna alterna...
di certo dedizione
massima gioia forse

poeta
per questo non sono
poeta - anche
per questo

Discorsi di alberi
questi alberi mi hanno
parlato mentre leggevo
libri spagnoli chiuso
su questa scrivania
ed erano come
scricchiolii di radici
bisbigli di ramaglie
questi alberi mi hanno
ricordato di sfuggita
gli alberi che mi hanno
parlato quando trafigge
sul ciglio di un dirupo
il vento la foresta
ed erano come
rumori di timore
eloquenti silenzi
di voci arcane d'oblio
che d'attorno d'improvviso
segni presenti
di gente invisibile
- il cielo è monotono grigio
mentre drogato
foglie fasciano l'anima
e silvestri sirene irretiscono
i sensi ormai espugnati
e rapito non fosse
che per un attimo

gli alberi che stanno
al di là della strada
- nudi pali sbilenchi
sordidi francescani -
questi alberi mi hanno
parlato mentre leggevo
per quanto mi riguarda
non parlo la lingua degli alberi

Haiku (occidentale)
aurora mezzanotte
precipita di nuovo
dietro sé un grande vuoto

Simulazione di assassinio notte non-stellata
io t'aspettavo
sulla soglia t'aspettavo
ma tu
tu hai la faccia slavata e cinica
tu mi assomigli a uno scrittore d'insetti tremebondo
tu non c'eri dietro lo stipite
neanche per il gusto mio di dire "ecco
ho il dono di materializzare gli incubi psichici"

comunque, anche se non eri seduto (per davvero)
sullo sgabello
io ho indugiato al cospetto del buio del dietro-porta
sapendo la vittima e il carnefice e ho passeggiato
bucando il tuo ectoplasma

Canzone della poesia adolescente
Ascoltavo una vecchia
Cantava una canzone
Ma andavano di fretta
Ma andavano di fretta

Io vivo per lei
Lei vive per me
Son quasi le sei
Non sono più il re

Sono in pochi a sapere
I giovani son vecchi
E i vecchi son già morti
E i vecchi son già morti

Io vivo per lei
Lei vive per me
Son quasi le sei
Non sono più il re

Fermati qui un istante
Adopera i tuoi sensi
E prova a immaginare
E prova a immaginare

Io vivo per lei
Lei vive per me
Son quasi le sei
Non sono più il re

La lunga cavalcata
Io sono il cavaliere
E lei il fido scudiere
E lei il fido scudiere

Io vivo per lei
Lei vive per me
Son quasi le sei
Non sono più il re

Non so che cosa fare
Mi sembra d'impazzire
Ma grazie perché sento
Ma grazie perché sento

Io vivo per lei
Lei vive per me
Son quasi le sei
Non sono più il re

Ma grazie perché sento
Ma grazie perché sento

Toulouse, il 2 febbraio 2003
domenica ricorda consigli compone numeri
cifre segrete che rubano e plasmano uomini

se ne sta tra noi invisibile come nebbia
liquida come dialetti arabi senza parole

domenica pluviosa suona vecchie canzoni
italiane d'alito caldo melanconico

i libri si appoggiano agli scaffali nella penombra
alla domenica la vita suona alla porta senza preavviso

L'enigma
la differenza tra burattini e marionette
non ha decisiva importanza
importante è la consistenza:
di legno corrotto e stoffa deteriorata
intagliato e cucita
dalle mani gravide d'estro
d'abbandono e di governo
brillano stelle canta il gallo:
un giorno nasce dal cielo - blu e nero -
come un enigma
contingente sulle marionette
delle marionette
nelle marionette
o burattini

Filosofia

I
all'angolo laggiù
dietro la via
dove puoi essere o non essere tu
c'è la filosofia

II
è assuefazione
l'illusione semantica del tutto
per la ragione

Enigma
la bella camminava al mio fianco
mi ha lasciato
solo e così me ne vado
solo così un' asta turbata dal vento

- vento che è bora che piega
l'asta che sfiora il fresco soffio carezze
di una brezza buffetti
maschili d'affetto
tivano


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