Poesie di Francesco Massinelli


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Celebrati cerebrali
Sogno la celebrità
lo ammetto
riconoscendomi in un piatto
in una cartolina in una via
piazza o quadretto
Ma realmente celebre lo sono già
nell’ufficio anagrafico
della mia città

Decessi dei vivisezionati
Non sono un insetto ucciso dal fumo
non servo alle ricerche di nessuno
non ho studiato lingue
di serpe biforcute
per selvatica abitudine
Albero alle intemperie
non mi sposto sempre
son mobile e maneggevole
per non affaticare
Con delicatezza prendimi
Come uccello brutto
da non imbalsamare
Ai colori dei resistenti
amici improbabili
dedico le distanze
se non separano male

Elementi che denotano
Troppo penso sempre più spesso
che firmare così come riesco
o è da timbro o è d’arresto
Una piena accettazione di me non è
nello schivare le critiche
nello schivarle troppo
ma sentendo dei foschi
ho preso dei fiaschi
Dimostro più calcio nelle ossa
che iodio per i denti
Non ho la sabbia calda
per i reumatismi
Conservatore autocentrato
mi riconosco rassegnato
visti i comportamenti
ossessivi ripetuti e ceduti
agli sguardi dei colleghi
di lavoro creduti
Anche un po' rassicurato
Da quel che rappresento
senza malattia mentale
sfogo l’angoscia universale
quando fuoriesco
distratto
dalla vera farina
del mio bucato sacco
da bucato secco

Frattura d’amore
Tra tibia e perone
non ho pene in trazione
per fissarmi la frattura
ho di talco l’armatura
Sono apparente
mi vedono sempre
quando manca
l’altro
di me più scaltro

La linea del principino and son
Col telefonino tutto si fa
si da senso al nonsenso
con una linea
per ogni gustarello:
dal seno rassodato
al punto tatuato
dal segreto carpito al vip
ai messaggi originali wap
Rinnovo campagnoli omaggi
e vado
catalogato e diretto
in conversazioni
intervenenti su amori
senz’altre menti lì
altrimenti
così così

Mal di tasti, di testa
Alle soglie del trentesimo centennio
per spedire moderne lettere che chiesi
trovai un tasto a brandello
e nel brandello scovai un tantino
che la vita aveva il capo chino
Era doloroso, dolorosostro
e la vita premeva l’osso
Il mal di testa più atroce
è questione di tasti, di testa o di croce?

Re di burle
Una bella patente
è stata declassata
per anzianità di data
lì segnalata
Pensare che quando
fu istituita
prevedeva due esami
uno per il diesel
l’altro per il benzina
Che scherzi ci fa
il tempo che passa

Sketch messi a scolare
Mi muovo nella vita come fossi in un palco
sempre come fossi sotto un riflettore
frenato dalle esigenze del copione
anche se non c’entra niente,
solo col mio atto da genio
Rispondo per sviare tante risposte
a domande più profonde,
ucciso dal dover essere primo
anche se molto primitivamente non vedo
ciò che desidero
Non conosco rime
ma l’alternanza di sette sillabe
distingue dalla prosa quel che distillo
quel che mi sorprende dall’ordinarietà cui attingo
immense essenze
Se ci sono aspettative sul mio ruolo
non posso che disattenderle
ma chi saprà vedere i muri nello spazio sgombro
camminerà come me
o peggio

Di una libera creazione
Non accetti lo scherzo di questi scritti
se non mi dici che ti piaccion
o che non li capisci
Mi dici son fatti male
in base al tuo gusto di leggere
e al saper universale
Ti capisco ma insisto
come quando l’imputato
diventa testimone
di quella strana premiazione
del protagonista non attore
Del mellifluo mio of course

Le ossa di questo mio parente
sono in questo cimitero
ma la sua memoria è altrove,
vicino ai parenti,
che pagano la lucina
e che gli cambiano i fiori,
con dieci lavabi doppi
che profondono acque.

Tra organze ricamate
con effetto plissé,
tra lustrini blu
e lamé,
sono come la coniglia
cui hanno cambiato gabbia.
Partorisco
quel che farò morire.

Padroneggio
un linguaggio denso,
pluristratificato,
ma non ho menzione
del mio happy end
già assicurato
in costruzione,
esercizio e rimozione.

Ideologizzazioni tematizzate
con immediatismi infelici,
con moralismi applicati
in adombrati schemi stringati
e incupiti,
mi pongono in un fatale bailamme
dove non si innerva in me
il beneplacito.

Il beneplacito di un imperativo
monolatrico,
nel tempo e nel luogo
in orario.
Al fronte degli gnostici,
tra i pronostici,
calzanti benemerenze
avranno le mie meringhe.

Di strass, di strarsi
Tra stormi e gorghi
non son mai sulla quota giusta
e si mi frustro
e si mi frustan
ma lì svetterò
e li conterrò
come da una balaustra
e li saluterò
senza lapide lustra
Ancora io nell’inestetismo maschile?

Aspiro all’apostolato
sulla viabilità del prato,
tra la camomilla
giallissima.
Non le deroghe alle deleghe
in forestazione,
la tartuficultura per diletto,
m’iniziano ad un cammino
di vita nuova
in cui invoco salvezza,
adesso.
Dal refrigerante a bolle con essenza di rosa
al contrasto termico che vi si sposa,
dal vapore che depura
la lavanda sporca,
l’esser rigenerato in bellezza
così, questa volta,
è una nevralgica svolta
per me
che m’imposta.
Sto sul propilene isotattico,
ben sagomato, sdraiato,
dall’esercizio aerobico
tonificato.
Ma tu… massaggiami, uh; frizionami, mm;
i tuoi cristalli su me, lo sfioramento che c’è!
Oliami col rosmarino, condiscimi col geranio,
spruzzami di timo, posa il cristallo.
Se il vigore del fegato è squilibrato,
per rabbia detenuta
dal surmenage dell’esser nato,
tra incensi e candele accese,
sotto i vortici del pendolino che scese,
io che dreno e smaltisco tutto
non mi sposso
e t’indico un punto:
«chi ti chiese in chiesa
di chiudere la porta
può iniziarti
ad una testimonianza di risurrezione
ancora una volta».
Volano le mosche all’eucalipto via
verso il gelsomino
e la maggiorana stantia.
Ma la vivaistica,
l’acquedottisca rurale,
è più inestetica di me:
ti pare?

Altera bizza
Altera bizza che fai
intralci le beghe che dai
Io dispongo una poppa celeste
e sulle onde sguasto le creste
Per quanta perdizione dai tu
io riciclo la postura in giù
sbraco in vela lite in barca
cazzo a destra in abbondanza

Sul punto dei sospiri
rido dei tuoi ilari riti
il salvagente qui mi manca
schiaffi di skipper e lasca

Altera bizza che fai
intralci le beghe che dai
Metri di fuochi accesi
accorciature di canne e canneti
Per quanta perdizione dai tu
io riciclo la postura in giù
vedo l'agreste che si sguasta
ci finisco il giro in barca

Sul punto dei sospiri
rodo dei roghi rido dei riti
ma qui troppo fumo avanza
schiaffi di skipper a randa

Altera bizza che fai
intralci le beghe che dai
a deriva nel corso di vela
rompo lo scafo affloscio la vela
Per quanta perdizione dai tu
io riciclo la postura in giù
Nell'acqua tra fiamme e fumo
manca l'ossigeno per qualcuno

Sul punto dei sospiri
il salvagente ce l'hanno gli amici
Ogni rantolo è un ingurgito
schiaffi non avete pulpito

Come campione di cipciopping
Son primatista nel tirarmi indietro
nell’attaccar bottone e
nell’accattar boccone
le ho prese sempre
di laica ragione
Mantengo una spina
che mi unisce a voi
fino in fondo
al derma
Nel non litigare si soffocano i disagi
Senza contrasto non esco fuori da me

Freno ameno
Frano a mano
freno a meno
con la mia vita
convinta
che a tu per tu
tira con grinta
Con una spinta
verso il su
che perlomeno
é perlopiù
il freno a mano uso
per chiarirmi
con chi mi tiene d’occhio
Fermo delucido
messaggero che fatica ed elabora
che rilassa e semplifica

Miss nervi
Amore e pudore
mi snervano pii
ruzzolo via da te
coi tuoi raggiri
I tacchini a spillo
delle tue scarpine in riga
mi sottraggono
nel calcolo orale
del guadagno fatto
a lasciarci male
Ti rendo l’ideo-pittogramma
della tua feccia
fatta di faccia
fatta di retta
Conserva la maestranza
con la tua alterigia o baldanza
non ricordarmi franco
ma molto più probabilmente
stanco

Nonnulla
Mai avute delusioni d’amore
Con l’aplomb di un pasticcio
non compiccio un alambicco
di spavento, poco o niente
son virile da pendente
Che sono una nonnullità
si sa
Porto giustificazione
e certificato medico
perché manco all’appello
in ogni intervallo medio
Passo le libere ore
dalle ricreazioni
a far la fila in un wc
per personaggi formosi
Il che fa scoccare il passaggio
dall’amicizia all’amore
ormai si è capito
é la frattura d’amore

Pattern di pâté di patema
Sprezzo e sprono la mia ferita
che diventa feritoia
vagendo carico di voluttà
alla buona.
La pia empatia per me
non è un atrio postale
in cui c’è un andare e vieni
da smistare.
Non ho un poggiatesta senza testa
per carrozzella
ma una riservatezza che si scompone
solo davanti ad una sofferenza
percepita superiore.

Sapido in quanto a modisteria
Non sento più il battito cardiaco
attraverso il liquido amniotico
non respiro nel sangue che scorre
non sento i rumori gastro intestinali
“Sono fuori dalla mamma”
senza padre mal assente
o parenti invadenti
in una sana famiglia sfamata
alle colonie negli anni 50
da una piccola fata

Schietto indubitato
Un abbraccio ripiegato
lo senti dalla stretta
e non dura a lungo
e si smorza in fretta
Un bacio accomodato
non ti porta alle stelline
e ti sciupa quel che vale
di un amore a bricioline
Non ci sono anche se
e se tu ridici ripiegare
cazzotti tra ottava e sesta costola
terzo e nono molare
pronto a saltare

Solo ossi
Nel display di una calcolatrice
si ottengono frasi con dei conti
cifre dal dritto
lettere al rovescio
Bello!

Sorsi d’acque ragie
Ombre allungate
tipiche dei pomeriggi
di sole autunnale.
Tra chalet e décolleté
m’ammalia la balia
d’un brillante charmeur
capace di ripresentare
molti vip del passato
in nuovi ruoli assunti
per esigenze di mercato:
allo scialar con lo scialle,
nei momenti di gioia grande.

Spepere
Le mie professionalità men vere
sono tutte belle spepere eteree
multiproblematiche come famiglie dentro
case vissute in disfacimento
Mitigo la disoccupazione dei miei ideali
con questioni pericolose riconosciute attive
Troppo buono reprimo orquà
voluttà d’aggressività
Giù di tutto ho mandato
Combattività senza indisponenza
son stato
Pensavo di essere pace
mi son scoperto tartufo
vergogna imbranata
nell’atmosfera rotta
nelle rotte
di atmosfere

Svito-tape
Quando qualcuno non vuol fare qualcosa
ormai è scontato il mio essere chiamato
Forti umori vanno al più
meno umori in sovrappeso
Se la grandezza crea solitudine
io vado disteso

Tra stoffa e aspirazione
Se tu fai coordinare a me
io farò poi operare a te
Equa sarà la distribuzione degli stipendi
tra soci cooperatori contenti
I compiti che più
faremo pagare
son di cura alla persona
più schifosi da fare
Faremo turnazioni
per interazione creare
La competizione al livello più basso
e’ la vera partecipazione
per chi ci guarda dall’alto
La professionalità
nell’amicalità dei ruoli
non vedrà capetti furbi
giostrare
sottoposti buoni
Zimbello brutto
rigirato ancora
quieto nel rimediato posto
accettato or ora
mi farò attaccare
con nuova ferocia

Barcastop e avanti
Un tornante dopo l’altro

Scambio alla impari
un ora per un’altra,
nella notte in cui l’ora legale
scatta.
Sto contento in branda
che la truppa è di guardia,
pensando che in futuro per la pace
non avrò un’ora di sonno
da gustare
vicino alle altane.
Fuse come un orario convenzionale,
certe convenzioni che dirimono questioni umane,
trovano scriteriato chi,
da Assisi a Perugia,
come me è tornato:
senza saper sacrificare
una lode da offrire,
negli ideali non violenti da scandire
a chi, da idealista pronto,
si fa per proprio
il male nel mondo.

All’anelata gioia non paghi staremo sempre
Che effetto incontrarti a spasso,
vederti contento,
energico,
sentirti dire:
«noi giovani siamo rimasti in pochi».
E si che tu hai 86 anni
ed a me
trentatreenne
colpisci.

Io che sono uso a chiedere gazose
quando ti vedo
torno all’ora in cui da te ricevevo
il terzo gelato della giornata,
penso a quanto
mi ha voluto bene tua mamma.
È labile il tempo
con l’affetto che ci unisce
così.

Quando rientrerai dentro casa,
la tua vecchia casa
qui in paese,
non sentirai più le pianelle
che ti si muovevano
sotto i piedi.
Il pavimento rifatto
non è come la metro in città
che ti fa tremare tutto.

Se vieni con me a seder sulla panchetta
dove dipano la lana
parleremo di ciò che ancora ci scontenta,
incerti su chi morrà per primo.
Poi mi ammonirai di evitar le donne viziosette
che fumano in pausa
e lasciano l’aglio in camicia
per non impuzzirsi le dita,
com’è tuo solito.

Nel cielo dei nomi concreti,
primitivi o derivati,
composti o diminutivi,
indeclinabili o sovrabbondanti,
c’è sempre un neologismo indipendente,
accrescitivo o difettivo,
astratto o connettivo,
per dare un appagamento a noi:
sincroni in età promiscue.

Corvée
In ogni ambito di ritrovo di persone
i risultati di status non facilitano
la comunicazione
Inoperosi non potevan stare fermi
i valenti d’un incrocio
puzzolente e adiposo
Sogno ad occhi aperti
con le orecchie da mercante
nei secondi fini
Cerco la pace per non perdere l’affetto
l’affetto altrui

Due vicini
Erano ancora vicini,
vicini
Lei intubata coi sondini
Lui
coi capillari delle guance
rossi fiammanti
Avevano una famiglia
finita male in un incidente
Nella casa di riposo
salutavano la vita
finita teneramente

Ero in ere paleo
Fatico ad assimilare un concetto
ma quando finalmente lo ho appreso
noto l’empiricità di ciò che mi dicono i colleghi
sempre più priva di riscontri oggettivi seri
quando s’impone per l’impeto che gli danno
non avendo altro per affermarsi nell’affanno
Con dieci minuti d’inattività
di sonno di colpo mi stendo qua
da morto di sonno a morto di fame,
mai sveglio professionista
animale

Evitato da un etereo aereo
In una città col nome in procinto,
dalla notte non nera mai tanto
e buia d’istinto,
con le luci delle auto in un viale,
con le lampadine dell’avvento
e quelle del natale,
io guido.
Coi piedi calzati
su colpetti veloci
quasi affrettati,
passanti fermi
da freno a frizione,
lasciando ogni tanto
l’acceleratore,
io dirigo.
E rombo con la bocca
emetto spifferi
senza dar per scontato
che non guido l’aereo
ma una piccola auto

Inseguitor che fa la posta ad una
Tassista di ragazze nella media
che giri la notte e ti rivolgi
Che credi io?
Faccio la ballerina!
Non son pagata perché...
schifo via dalla latrina
Ho ricevuto squilli muti
telefonate con oscenità gratuite
complessi comportamentali articolati
da ex-partner
da persone appena conosciute
da amici
Portami via da queste molestie
Fammi consulenza per contenere l’ansia
Consigliami per farmi capire
se metto in atto comportamenti
che inducono questa persecuzione
Ma non provarci con me Tassista
Non provarci

L’altalena politica
Genio che mal concretizzi; alt!
A chi mi raccomando per la lena di questa sintesi?
Alta politica in due mani
che escono da un polsino,
mentre una terza le aiuta!
Io mi domando
tra frivoli scivoli,
vicino ai girelli che vedono
anche gli amici assopiti:
quali arti dell’altalena politica dondolano
nei propositi proibiti?
I dominanti delle menti devastate
oscillano paurosi nelle menti normali
ma dominate?
Si conia un nuovo soldo,
s’usurpa un presentat’arm
per la gloria d’una vita sola
immaginata nuova.
Tra destra e sinistra
terz’arti,
dritte e mancine
dicon l’agito
e l’agìto
d’una politica in una manica
ben indossata.

Teolovisione
La mezzetta del vespetti
o il brano contuberante
son dei detti che in un contesto
hanno reso esilaranti
gli astanti
Capisco quindi
la tua difficoltà
nel ridere con me
di quanto dico qua

Apoftegma
Tosto nei libri di testo
tasto e ritrovo la riga
presto che l’ora che arriva
è della merenda cognita
cognita prelibata
preparata da mia madre
a casa

Calcoli
Spastica statistica d’una serie di coliti
non so dirti che capivi quando tu mi ripulivi
i preconcetti d’una drastica
paura plastica

Pesante ridere nel vecchio rodere
Metalmezzadro che lavori
e mantieni all’adolescente
la cingomma a chili
che gli rovina il dente
Rumina il pensiero
d’una vita sola e affari
masticata vuota
magari

Pizzico e Favilla
Questa è la storia di pizzico lesto
che per graffiti finì in un progetto
Pizzica pizzica lui ci restò
e di una favilla s'innamorò.
Lei era fan di tutto graffiti
L'aveva guardato insieme ad amici
L'aveva sentito un poco lontano
ma le piaceva quel look così strano
Diceva che gente, ma guarda che fanno
Ci credono proprio, chissà dove vanno
Pizzico invece era un tipo duretto
Guardava distratto, s'impegnava di getto
Graffiti per lui era una staffetta
per scaldare i discorsi e la maglietta
Proprio un bel giorno
davanti a un bel libro
un profumo intenso
uscì dalla biro
Pizzico lesto si girò
e favilla
la bella favilla
notò e rinotò
Lui era preso dal tanto da fare
Lei da fuori pensava a studiare
Lui si diceva
Ma guarda che tipa
pensa che bello
averla vicina
Ma per timidezza o altro ancora
non una parola girava per scuola
E così un bel giorno, pizzico svelto
schioccò una carezza e divenne di gesso
Favilla chissà
non sorrise divertita
Imbiancò la lavagna
e si pulì le dita
Ma quando vide scritto
Che gioia, che gioia
Capì che Graffiti
Era quello e altro ancora
Con garbo e mitezza
invitò le compagne
a riprendere quel gesso
e metterlo da parte
Ma altri erano i tempi
Nuove le situazioni
Il gesso di adesso
è chiaro di colori

Dico uffa e sto zitto
Quant’ozio
sul comprare farina in negozio
Che strazio
se ridotta in boconotto quasi cotto
condito sciatto

100 Km/h
Motore al massimo dei giri
col cambio in folle
ero io un anno fa
e chissà quant'altre volte
Nei sorpassi che precorro
con la mia vetturina
there isn't strisce e forme
a proteggermi la guida
ma ramarri a testa alta
sbilanciati verso un centro
di vita calma
a cento

Aforismi
Gi aforismi sono affari
con un disegno magari
Gi aforismi per una conquista
prendili come una svista
Giornale per fasciare le uova
messa da parte é la stagnola
c’è un personaggio in un cerottino
d’un’attrezzata ambulanza
in declino

Anfora di canfora
Panegirici in onore dell’epinicio
alla fine della gara
verso un triangolo isoscele
che non é scaleno
(e di questa certezza
si può fare a meno)
non è cosa da verseggiare
tra i rimatori
Ho vinto la gara con un bolide
che sotto sotto è un triciclo,
adesso tutto mi è dovuto,
ho reso reale
quel che penso di essere:
il migliore
Non sono più il mio trauma
Ho vinto un’anfora

Carma armato
Il coma del pugile ideale
contato dall’arbitro sentimento
dura da più di dieci ore
e un quarto,
ma c’è un avvenimento
Detti caparbiamente
dei colpetti di tosse a morse
per supportare fregature toste
Son malato terminale in salute
detto moribondo che discute
non abito nell’abito mio però
m’approprio del passatempo che ho
quello che mi mette OK o KO

Carta testata, non intestata
Cos’è un bigliettino
quando ti arriva vicino?
Cos’é una carezza
quand’è essenza fredda?
Non è certo un dispaccio
e nemmeno uno schiaffo
e figurati poi se mi dispiaccio
Un pensiero in esattezza
può nel cuore fare brezza
porta se allegro
la breccia per il sereno

Casco, no capelli
Ogni dì che entravo col casco
in quella macchina usata
sentivo dell’eco gastro-intestinale
del proprietario precedente
la squassante risata
indolente e avvilente
pedante e perdente
Mi sembravo un birichino fallito
che non perde capelli
poiché li ritrova
tutti li
nel lavandino
Solo con un problema economico:
io che spendo

Caterve di carezze in carrozza
È dura rifare il lìfting
al feeling andato,
al virare d’una relazione da varare,
quando tutto s’è più complicato.
Sono una persona forte,
ma a volte,
mi basta ricevere due moti
di biasimo in un secondo
per piangere.
Quindi schiocco la frusta,
stavolta non son io
a tirare la carrozza
ma la bozza dell’amor mio
che trotta.

Con il tuo andamento fonico
Sono libero e spedito
con l’argento vivo addosso
Il mio limite espressivo
ha queste parole
come sottotitolo di coda
verticali dette
orizzontali lette
Non v’incido sul più torvo
che pettegolezzi in do
competizioni in re
Le altre note in # e b
dalle te

In temperie di stasi
Ragionare bene
ma con le allucinazioni
avvinghiarsi
alla prima persona che capita
con una terribile paura
Non si può star fermi
Non si può mai aver calma
Si cerca sempre una protezione
Si scappa

Neanche a volerlo
Se fossi più preciso
non verrei deriso
ma lo spazio per migliorare
non lo posso occupare
Toglierei ai deridenti
l’occasione d’umiliarmi
quando li schivo
per i loro ritardi
Neanche a volerlo
dove mi metti non riesco
ma ho dei riguardi
per superarmi
Per grazia ricevuta
ho la buona volontà
per fortuna ricevuta fiscale
succedo al successo generale

Palpebra
Ohibò
Fatti consolare
Il fastidio di un ciglio
nell’occhio
è peggio di
questa lettura
per me che sono
nel ciglio
Sul ciglio
d’un precipizio
propizio
di paure
di parurè di paure

Passo plurale
Ho letto male i passi
alla portata di tutti
le scritte sui cappelli di giornale
non capisco che un pochino
Trippe trepide e treppiede tripode
é la sintassi mal coniugata
che stende la grammatica
letterata

Ram occhio
Abbiamo sfondato le pareti dell’ovvio
coi microprocessori di botto
nuovi parenti di valvole a fagotto
Iniziamo a pensare con la ram e con l’occhio
saltando a ranocchio
da ramo a remo
sereno
La tecnica ottiene successi magici
si rivedono i morti
senza spiritiche alzate
Con un piede nella fossa
e lo sguardo verso il futuro
anch’io andrò sicuro
Leggerò le carte
le carte oliate
delle macellerie autorizzate
Scriverò ruspate
fratture a morte
insensate rate contro la sorte
Non sono abile nel far di conto
ma soprattutto non sono tonto
Ho soldi principi e saldi princìpi
per liquidare i giulivi in sintesi
che non son amici

Sensi dissensi
Veggo il veggente stridente
parlante amore ardente
su impasti di pasta al dente
In fiotti fumanti
e sbuffatine d’incenso al sugo
nel parlarti d’amore
mi deludo

Senza cattedra in leadership interiore
Colonnati di moscerini
paralleli alla superstrada
nella luce vespertina
si ergono dai pioppi
Ho gli scarponi fatti a mano
con un foglio di pelle
riportato dalla guerra
Che bello potersi scegliere
la calzatura
tenendo conto della misura
senza uncinare le dita
per camminare

Spazi siderali assiderati come tal deitali
I presidi sanitari del sottosviluppo
e i presidi delle scuole per bene
sono tastati dal doganiere
Non paga i dazi chi diventa furbo
Per l’aiuto umanitario, dai,
metti il turbo!

Spifferi senza asepsi perfetta
Personaggio disegnato sul vetro bagnato
non pigliarci più per il didietro sudato
ma corri giù in questo foglietto
e ti si conserverà con affetto:
quando sopravvivrai in briciole
di vetro asciugato
come il vetro d’auto
stritolato

Stazione di gioco
Ballavamo in due
inquietanti interrogativi:
come determinare il volume
di un solido a forma irregolare
come misurare
la superficie di una foglia
Salpavamo dalle ore di studio
approdavamo in ore di gioco
Quando vennero i profitti e le perdite
il dare e l’avere,
ci atterrì la complessità
del nervo ottico

Tondi fori in una scatola di cartone
Per toccare un pulcino su scatola cartone
condotto in un casino pollaio pulito di rado
ho usato l’anulare così da sperimentare
lo schiacciolio dei fori

Un sottile disquisire sciupo
Dalla controversia cui son schierato
deliziato dal tempo trascorso con te
sofisticato vado per vie
adiacenti alle secondarie
Una rapsodia pressappochista
è franchezza che fa balzare
amare dispute tra saputelli
riesco ad evitare
Sul punto in cui lui cedette
dimostrando di non esser sordo
al consiglio d’ascolto
non ho nuociuto a me stesso
un istante preciso
di un giorno

Verso S. Francesco nel deserto
Tra dito desto
e mano sinistra
aditi a speranza
E' una barchetta di
sai cattolici
a caricarmi

Ancora io nell’inestetismo maschile?
Aspiro all’apostolato
sulla viabilità del prato,
tra la camomilla
giallissima.
Non le deroghe alle deleghe
in forestazione,
la tartuficultura per diletto,
m’iniziano ad un cammino
di vita nuova
in cui invoco salvezza,
adesso.
Dal refrigerante a bolle con essenza di rosa
al contrasto termico che vi si sposa,
dal vapore che depura
la lavanda sporca,
l’esser rigenerato in bellezza
così, questa volta,
è una nevralgica svolta
per me
che m’imposta.
Sto sul propilene isotattico,
ben sagomato, sdraiato,
dall’esercizio aerobico
tonificato.
Ma tu… massaggiami, uh; frizionami, mm;
i tuoi cristalli su me, lo sfioramento che c’è!
Oliami col rosmarino, condiscimi col geranio,
spruzzami di timo, posa il cristallo.
Se il vigore del fegato è squilibrato,
per rabbia detenuta
dal surmenage dell’esser nato,
tra incensi e candele accese,
sotto i vortici del pendolino che scese,
io che dreno e smaltisco tutto
non mi sposso
e t’indico un punto:
«chi ti chiese in chiesa
di chiudere la porta
può iniziarti
ad una testimonianza di risurrezione
ancora una volta».
Volano le mosche all’eucalipto via
verso il gelsomino
e la maggiorana stantia.
Ma la vivaistica,
l’acquedottisca rurale,
è più inestetica di me:
ti pare?


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