Poesie di Lorella Nardi


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Nasco il 26 novembre 1960 nel comune di Pomarance (Pisa), esattamente a Madonna della Casa.
Ho svolto e svolgo varie attività lavorative; la mia qualifica professionale è quella di autista.
Nel 2009 sono riuscita a conseguire il diploma di maturità presso il liceo socio-psicopedagogico Carducci di Volterra.
Autodidatta, ho iniziato a scrivere all'età di 14 anni; la natura, le stagioni, i suoni, i silenzi, le luci, le notti di luna sono i luoghi dello spirito dove trovo da sempre uno spazio tutto mio. In questo "giardino segreto" rimane tuttavia posto per una piccola memoria del nostro comune passato, per non dimenticare.
Né resto indifferente agli avvenimenti di questo nostro mondo impazzito. Non ho soluzioni: solo l'urgenza del dire, niente di più di una piccola goccia nell'oceano.
Nel 1988, a cura del Centro Culturale "La Magra", ho pubblicato la silloge "Tra ombra e sogno"; nel 2002, a cura dell'Associazione Culturale "Il Chiassino", la raccolta "I mari che solcai". Nel gennaio 2011 pubblico "Bambola blu ed altre piccole storie". Altre sillogi sono nel cassetto, in attesa di pubblicazione, tra cui una breve raccolta di haiku.
Dal 1984 ad oggi mi sono aggiudicata molti primi premi in concorsi nazionali ed internazionali di poesia.
Mie poesie sono inoltre presenti in varie antologie e riviste culturali.


 

Il vento e il biancospino
Il vento impazzisce e strappa
i fiori al biancospino.
con rabbia, ruba fiori e orgoglio
alla siepe che si faceva bella,
nel barbaglio quasi accecante
dei piccoli, candidi fiori.
Io ero lì, mentre la nube
di petali si levava alta
e turbinava leggera addosso
a me, uguale ai pensieri
che non riesco a fermare.
Il dolore della siepe spogliata
era il mio, lo scoprire che
le spine a cui tanto ti affidi
sono niente, non spaventano
e non servono. ma nessuno
ormai si avvicina alla siepe
immobile e nuda, mentre alto
il vento fischia la sua folle risata.
25 aprile 2004

Canto della sera
Tanti arcobaleni nei cieli
di questa tarda primavera.
Restano a lungo negli occhi,
i miei occhi, e cantano.
Nuvole, nuvole dai colori
irripetibili si affollano,
allagano l'orizzonte, a sera.
La luce brucia il sogno,
tutto si fa ricordo, mentre
- dolce e lento - declina il giorno.

Il cielo si tinge di arancio malato.
Colore potente, rapido invade
ed oscura. Un vento basso
misura il tempo della burrasca
che veloce giunge da est.
Scoppi di tuono zittiscono
l'intreccio dei canti mattutini.
Ma il bosco teme la folgore
che crea improvvise, irrimediabili
ragnatele sul cristallo, e uccide.
Un fitto silenzio stende il manto,
induriscono i colori, nell'attesa.
E tutto è così lontano da me.

All'imbrunire
Silenzio. Null'altro che silenzio
domina sullo specchio scuro
dell'acqua, sulle lucide foglie
delle ninfee. Minuscoli esseri
si spostano guardinghi sul tappeto
disfatto. C'è una brezza sottile,
un incresparsi di acque appena
accennato. Qualche nube veleggia
pigra, sul filo dell'orizzonte,
nella spoglia dolcezza dei colli.
Sarà breve l'attesa dell'imbrunire .
Siedo, immobile, sul tronco vestito
di muschio, ombra poco più scura
delle ombre calanti. I colori
si perdono, si confondono nelle
pozze di oscurità . Leggera,
la carezza del vento spande
le ultime luci, mi solleva,
confusa nel pulviscolo dorato .
La goccia di liquida ambra
si stacca e cade . senza suono.

Un frullo d'ali.
Il pettirosso impaurito
resta immobile e non sa
decidere il suo volo.
Il vento della notte
ha strappato petali
alle rose e li ha sparsi
ovunque, un tappeto
sfilacciato dal tempo.
Qui vorrei restare,
nella quiete del mattino,
nella luce opaca
che avvolge le mura
e spenge la mia pena.

Una sera, in aprile
Uno sconsolato, uniforme grigiore
avanza, sommerge e travolge.
Come un fiume, va, verso un luogo
che non conosce riposo o ragione.
E' rabbia cieca, un'ansia del nulla,
una corsa senza approdo, follia.
Poi ci sono spazi brevi, nascosti,
dove c'è tempo e desiderio di luce.
Candele accese. Calde, piccole luci
divorano i dubbi. Riscaldano i cuori,
lasciano spazio alla speranza, ancora.



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