Rosa Notarfrancesco (Salerno 13 luglio 1984) è originaria di
Montecorvino Rovella (SA).
Fin da bambina si
dimostra attenta al linguaggio della poesia e dell’arte. All’età di otto
dedica un libro di poesia -una piccola silloge poetica- alla sua insegnante di
italiano della scuola elementare Maria Pia Di Savoia.
A Battipaglia partecipa
alle lezioni di teatro di Nunzio Zuzio, dietro iniziativa dell’insegnate di
italiano e storia della scuola media Romualdo Trifone di Montecorvino Rovella
e contestualmente su dedica ad un percorso di potenziamento degli studi
umanistici.
Intorno al 2000 vince un
premio di critica letteraria indetto dalla Libreria Guida di Salerno e inizia
a frequentare l’ambiente letterario dello scrittore Domenico Notari, dietro
invito dell’insegnante di lettere del Liceo Artistico Andrea Sabatini di
Salerno.
Nel 2003 si diploma in
Rilievo e Catalogazione dei Monumenti al Liceo Artistico Statale “Andrea
Sabatini” di Salerno (adesso Sabatini-Menna).
Nel 2005 partecipa ad un
breve ciclo di incontri nell’ambito di un seminario teatrale svoltosi presso
il Teatro san Genesio di Salerno.
Dal 2007 vive ad Arezzo,
dove si esercita nell’ibridazione dei codici dell’arte, portando avanti il suo
apprendistato poetico e letterario in dialogo con la cultura artistica del
territorio.
A Firenze, nel 2008 si
avvicina ai mestieri dell’editoria attraverso un seminario organizzato dalla
Scuola di Editoria.
Il 12 febbraio del 2022
la giuria del premio Ossi di Seppia, del comune di Taggia, provincia di
Imperia, le conferisce il Premio Speciale Nazionale Sezione “A” del 28° Premio
di poesia Inedita <<Ossi di Seppia>>.
Già autrice di molti
versi nel 2021 pubblica la silloge E poi dimenticarsi, in FLUIRE
8 (Alla Chiara Fonte Editore).
Nel 2022 pubblica Il
miglior posto possibile (Lfa Publisher Editore), Decalcomania
(Porto Seguro Editore) e la partecipa con una poesia ed un
contributo grafico al numero speciale “Osare la pace” (Alla Chiara
Fonte Editore).
Con Arduino Sacco
Editore nel 2023 pubblica Anima sociale.
Nel luglio del 2023
riceve un Attestato di Partecipazione alla V Edizione del Concorso Nazionale
di Poesia "Dantebus" e ad agosto le viene rilasciato un Attestato di Merito,
in riconoscimento del lavoro di ricerca ed espressione poetica sul tema della
bellezza dalla giuria del premio Internazionale di Poesia "La bellezza rimane"
[Santa Margherita Ligure (GE)].
Nel Novembre del 2023
pubblica Dixit (Lupi Editore).
Nel Febbraio del 2024,
sulla rivista Cultura Oltre viene pubblicato il testo inedito di una
sua poesia.
A Luglio riceve un
Attestato di Partecipazione alla VI Edizione del Concorso Nazionale di Pittura
“Dantebus Bazart” e partecipa al n. 7 del magazine Fifteen (Psicografici
Editore).
Ad Agosto esce la
raccolta di poesie Caso necessario (Scudo Editore). A Settembre
partecipa alla Rassegna d’arte Contemporanea del Festival di Arte e Cultura di
Montecorvino Rovella ed entra a far parte dell’Antologia di Poesie d’Amore
della casa editrice La Rosa. A Ottobre torna in libreria con il romanzo
Acrobati (Nonsolopoesie Edizioni) e pubblica due poesie sul blog
Poetrydream del dottor Antonio Spagnulo.
Di recente ha pubblicato
due racconti (“Casa 69” e “Le grandi matite della gratitudine”) con Arduino
Sacco Editore, con cui ha pubblicato anche “Piero della Francesca (Il tempo
della grazia).
"Altro dal solito"
Sono le idee altrui
a turbare le buonissime parole
della nostra convivenza
con ciò che non si mostra
in primo luogo.
In quei momenti
è così facile riempire l' assenza
con alcuni particolari
della vita. In accordo
con idee di presenza e di affetto,
che aprono alla festa,
seguiamo gli altri. Perché
è comprensibile uscire.
Più difficile è viversi accanto
coi pensieri rivolti alla differenza
che rende oggettivo l'incontro.
Fu onesto e bellissimo
quel nostro tempo impaziente
d'ogni attenzione.
Le solite idee ci confondevano
per evitare che noi potessimo
guardare il desiderio di vedere
di ciò che non appare, ed è
sostanza stessa di verità:
fosse anche solo
la dispersa memoria del divino!
... Fosse anche
quel senso che sconvolge
ciò che in noi non sente,
e che fuori cerca ogni ascolto,
ogni maniera per potersi dire.
E che c'è di male? Certo, così
si direbbe: -che c'è di male?-
Ma forse il campanello
suonerà. Forse, qualcuno
arriverà, e anche il telefono
porterà una buona notizia.
Perché ciò ch'è spirituale in noi
non conosce storia passata
ed è altro ancora.
"Altro dal solito",
che non ama
sembrare, e pare parecchio
quando siamo
incerti nelle strettezze.
E trabocca di nuovo senso.
Parla molto, anche a sproposito
e a lungo si pente
della parola facile.
Perché è uno "stato difficile"
l' amore proprio, fatto nel tempo
che non ci appartiene, e lo vede
fuggire nei richiami,
-ora tristi, ora gaudenti-
della vita letteraria dell' esistenza
ch'è già in noi coscienza dell' arte
di cui è impastata
questa nostra stessa vita.
Questa vita nuova.
Questo "continuo crescere"
che non sarebbe altro che noia,
se l' arte non ci attirasse
dov'è parola di muto ragionare,
che fermo tiene il tempo buono
per dirsi ancora tra noi.
E con gli altri qui
si ragiona il silenzio, e si parla
con le lacrime asciutte
che leggono pensieri leggeri
per la voce e l' udito,
che si fanno in una parola
difficile da conoscere.
Perché non basta
mettersi a parlare, e neanche sentire.
Si parla e si sente
come meglio viene, si fa. Tacendo
si tratta l' arte della banalità,
e si sente di potere qualcosa in più.
E incontriamo tutti i pensieri
che ci avvicinano all' illusione
del tempo costretto a vivere
nelle espressioni cattive
del presente inventato
dalla spontaneità
di certi racconti abbandonati
sulla terra delle meraviglie
contemporanee, dove trova casa
la necessità di escogitare qualcosa
per riempire d'amore e di gratitudine
il silenzio dei morti pensieri.
Lontani e futuri
Un grande niente sento
senza le parole care
di chi mi accompagna.
Il parlare nuovo è arte.
Come si fa arte la vita.
E il tempo aumenta,
ma sono solo momenti
in realtà,
in cui il sentimento muta
gli affetti in un altro modo
di vivere la distanza in sé.
E il silenzio si fa coscienza,
mentre restiamo gli stessi
eppure -eppure- a pensarci
diventiamo qualcosa
di nuovo, nella compagnia
che si allarga ad altri tempi,
ad altri confini, e circostanze
altre, nel mondo nuovo
dell'epoca così deserta
nel deserto pensare
le stagioni in anticipo
sulle stagioni
del tempo programmato
per le solite mode informatiche
del sapere unito alle cose
dove corre ciò che è in noi
il nostro silenzio, il tempo
ottuso della felicità
che non osiamo, fuori
dalla massa.
Come siamo, stiamo
e ci sentiamo contenti così.
Non è male. Così pare.
La stanchezza è il confine
di ogni contrasto,
che alla fine cade, davanti
all' obbligo di averci cari,
e di sentirci
gli uni con gli altri, fuori:
visti da fuori,
mentre la nebbia oscura
il nostro parlare assiduo
a cui pare assurdo credere
che la pace sia in questa
continua contraddizione.
A Salerno
Dai sogni, l' arte giunge
all' incontro,
e non c'è ragione
nel mezzo
di questa nostra delusa età,
che deve arrivare
a qualcosa: a una cosa,
come in volo,
come il consiglio viene
e ci pare contrario
a ciò a cui il coraggio
non si nega. Ed è
per noi un altro giorno,
l' abbraccio del mattino,
il passo della sera.
Il consiglio del primo sguardo
può fare paura, alle volte.
Il consiglio è sempre inatteso
e sempre inconsapevole
di muovere come un senso
di inappartenenza, che ci vede
uniti agli altri solo a metà strada.
Come se la comunione,
nella sua essenza di vita,
lo rendesse così necessario.
E pare assurdo, certo, pare
come ci pare. Un disastro,
un abbraccio e poi si vola.
Com'è strano, e come ci serve
questo gioco del pensiero.
E per cosa? Se non per trovare
qualcosa, un niente
da affidare al caso.
Per rendere conto alla memoria
di chi siamo. E per conoscenza
alla conoscenza stessa,
che sembra spiegare da sé
il resto della questione
che ci riguarda
tutti, nella stessa maniera ovvia.
Eppure siamo tra noi,
conosciuti,
in ciò che si fa controcorrente:
in ciò che non teme la paura,
perché già conosce il porto
dov'è un sorriso di marinaio
ad accogliere la nave di rientro
nella tacita festa dei santi.
E non manca niente.
Non manca
né parola né vivanda.
Sotto la tenda, la concordia
lascia alla certezza
delle nostre comuni delusioni,
quel luccichio di stelle
che anche la fede ammette
in certi giorni a cui manca
la fede, e si cerca invano
quel tanto di futile che serve
a vincere la paura di volare.
Ed eccomi nuovamente
in quei ricordi dove rimango
cancellata, talora, come mai
fosse possibile qualcosa
di simile, in fondo
al silenzio degli anni
andati via or' ora, alla scoperta
di ciò che appare di me
inspiegabile, dove sono scritta
con le parole nuove
del mio sguardo fermo
su ciò che il tempo ignora
della vita che si fa estate intorno
a me, e ai miei occhi intenti
a scrutare il cielo
e a fotografare questo sole,
così timido, di un marzo
che mi chiama lontano,
fino alla storia vissuta
sotto il nobile cielo di Salerno.
E non mi ricordo come mai
il pensiero mio arrivò sino a te,
città amata. Pietra d' antichi
stupori, e verso della sera
temuta e vissuta oltre le mura
invisibili dell' ispirazione
che abbraccia l'arte
come il carico di speranza
degli anni in cui tutto accade
per amore, e per amore
torna nel tuo parlare silenzioso.
Salerno, sei ancora com'eri.
Sei attesa nella dimenticanza
dei passati che t' immaginarono
corona dello stato felice de' poeti.
Ogni giorno
Possiamo sperare il possibile
e farci da parte dove siamo.
Perché tutto è deciso, e passa
proprio da qui, dove siamo
e dove tutto cambia, del resto.
Nulla sfugge alla vita.
In ogni istante nulla
sfugge al ragionare della letteratura,
che resta sola sulla soglia
con i buoni motivi dell' arte,
e l' intuito della poesia,
che osserva e nasconde
l' amore a cui crede solo il sonno,
da cui nuovamente appare
questo amore
che ci pare venuto da poco:
per durare in eterno nella fede,
come l' amore ascoltato in silenzio.
Solo l'impossibile, la vita non osa
mutare in senso di sé.
Questo compagno dell' epoca!
L' impossibile ci cammina accanto,
lungo la salita dei letterati: tutti
consegnati all' occasione,
tutti maniscalchi della felicità,
citata a sproposito, per restare
nel guazzabuglio degli amori
che si stupiscono per ogni cosa
per assicurarsi la carrozza
nei sentieri tortuosi, dove l' ideale
dei primi tempi è tutto.
<<Tutto in ciò che resta>>.
Coraggio. Ci vuole coraggio!
Ma è paura, questo coraggio
che non è in saldo, e mite si fa
in noi tenace speranza.
Perché ha misura di tutto, ed è poco
quello che realmente basta
Mentre, ogni volta, si solleva
l' infelicità effimera dei pensieri
di certe ore di noia perenne
e pure benedetta dall' abitudine
che fa risaltare in antipatia l' eterno
amore di un'età vissuta così,
senza capire nulla e senza chiedere
nessuna sciocca spiegazione
alla nostalgia nata lontano,
dove la vita è coerente
con quella curiosa e strana
arte della banalità
che imita la vanità, in brutto,
e sul più bello esprime
la gioia e la grazia
delle domande più bonarie,
a cui la mente affida
le solite dorate speranze del libro
impiegato dal tempo in uno stile
seriamente allegro, e così convinto
di ciò che dice la sera.
Ed è così benvenuta al ricordo
questa vanità...
ridicola speranza, bene
che ricorda la natura,
così allegra e maldestra
nel suo entusiasmo, dimesso
e cordiale, quando occorre,
e non le pare l' ora
di smascherare
il mistico incanto in cui si dice
in preghiera:
nell' ora così sacra e confidente
della vita passata,
dove onesto il passo corre
verso l' amore rimasto alla finestra.
Bisognava conoscersi
Forse, mi pareva d' aria
l' attesa, dell' improvviso
tempo
che non ha nulla di suo,
perché chiama in disparte
per illuminare
il collo, e stupire la mente
quando ha saputo capire
la circostanza minima
dove realmente è apparso
il consiglio che spiega la vita.
E invece, era d'aprile la dolcezza
di quel tempo tranquillo,
che origlia l' aria
per lenire il dolore che passa
da lucenti sguardi di usignoli
per prenderci al cuore
e renderci favorevoli all' affetto
dormiente nel caso anomalo
dell' età subito dimenticata,
perché troppo politica nei motivi
sposati generalmente parlando.
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