Poesie di Annamaria Tanzarella


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Rabbia
La rabbia furiosa e assassina mi divora l’anima,
L’assale come un felino astuto,
Silente e furtivo s’insinua,
lacerando ogni lembo di vita,
ed io, inerme, soccombo…..

Vorrei...
Vorrei dagli occhi miei
cancellare il terrore degli occhi tuoi,
scacciare fin giù negli abissi della mente mia
la crudele visione delle membra tue,
che vorticosamente s'inabissano,
scomparendo per sempre nei fondali più bui,
risucchiate con forza dal fato crudele,
che ha voluto giocare con la fragile vita.
Ma ancora dinnanzi agli occhi miei si parano i tuoi,
vitrei azzurri gioielli,
azzurri come quel mare ingordo,
che ha voluto per sempre appropriarsi di te,
vitrei come la morte beffarda, la disperazione...
e ancora vedo i tuoi neri capelli
spargersi liberi,
nuotare leggeri,
mentre avido il mare t'inghiotte...
E' buio ormai,
nero quel mare,
docile e fermo,
sazio e tranquillo.
E, come un'ostrica avara,
custodisce il prezioso bottino.
E allora per per scacciare le immagini tristi,
mi piace tornare bambina,
immaginarti come un cartone:
attorniato da murene danzanti,
pesci e cavallucci marini,
che ti adagiano piano su un letto di alghe
e allegri cantando,
ti accompagnano nell'eterno riposo,
cullando le onde il tuo sonno mortale.
Un tempo lontano le nostre vite si sono toccate,
incrociati i nostri cammini...
Ma quel tempo passato è finito,
e giace sepolto in fondo agli abissi.
Dormi ora, riposa sereno!
Dio voglia guidarti verso la luce,
verso l'amore un giorno perduto.
In memoria di un amico    

Triste pensier della giovinezza che va.
A volte, persa nei miei più bui pensieri, mentre vaga la mia mente nell’affannosa ricerca di un senso vero, reale, concreto di questa mia esistenza, mi appare, come un treno in corsa, una corsa che forse potrebbe sembrar lunga, ma che in realtà dura poco più del tempo che ci si impiega a rendersene conto, mi appare la mia Giovinezza…

Essa è lì che scorre, sempre uguale, un giorno dopo l’altro, come scandita dal ritmo costante di un metronomo spavaldo;

essa è lì, nell’imperturbabile attesa di un qualcosa, un qualcosa di nuovo, di concreto, che giunga all’improvviso a dar una svolta al suo percorso, lungo, o forse in realtà molto, troppo breve;

ed è ancora lì, imponente, altera, fiera d’esser tale, e felice, poiché sicura di vantare un privilegio che niente e nessuno potranno mai portarle via.

Ma quando stanca del lungo viaggio e di quella vana attesa, stanca del percorso sempre uguale, ma promettente all’orizzonte un arrivo entusiasmante, quando stanca, stanca di tutto ciò, si volge indietro nell’assurda sua pretesa di calcolar la strada già percorsa, allora e sol in quel preciso istante compare l’amara e consapevole realtà che resta troppo, troppo poco ancora da percorrere…

Ed è allora che inizia quel treno a rallentare; un acuto stridio penetrante, una lunga e violenta frenata, schiacciando il petto speranzoso, mozzando il respiro a metà, prende il suo via, non in vista, ahimè, di quell’ambita e ‘sì sperata meta, non verso quella destinazione fortunata che avrebbe potuto essere una tappa importante, un punto d’arrivo e di ristoro prima di rimettersi in carreggiata per iniziare un nuovo viaggio.

Allora, in quello stesso istante, essa è lì a scontrarsi con l’amara consapevole scoperta di esser si quasi arrivata, ma arrivata al capolinea, laddove ogni speranza, ogni ambizione, carezzata e nutrita, nel tempo, dalla forza ingenua e sognante del desiderio, muore, si dissolve come bianca neve al sole, svanisce per sempre, smorzata come il ticchettio di quello stesso metronomo cui è mancata la carica per proseguire nel suo infaticabile ritmo….

E’ questo, tutto ciò, quello che, assorta nei più profondi miei pensieri, passa davanti ai miei occhi increduli e sognanti, malinconici e delusi, delusi per quel che avrebbe potuto esser e non è stato, delusi per la corsa ormai perduta, ormai lontana, per quel viaggio che mai potrà ripetere il suo corso.

Per un solo breve istante, incontrollabile e smaniosa in me s’intrufola la voglia di allungar le mani per fermar quel treno ormai lontano, per far si che torni indietro, che cominci il suo bel viaggio con più grinta, più passione; una voglia irrefrenabile, totale, mi assale e s’impossessa, per un attimo fugace, del mio fragile buon senso.

Sforzo vano, tutto vano, vano, forse, come questo mio voler imprimere su carta gli attimi più lucidi di una triste verità che, prepotente, si fa largo, sempre più chiara, nei segreti anfratti della mia disillusa mente.

Cara nonnina
Cara nonnina,
quanti ricordi di quand’ero piccina…!

Febbricitante alla finestra,
il mio sguardo seguiva ogni cosa,

cercava impaziente oltre la strada,
fin quando lontana scorgeva una donna.

Con quel tuo lento danzante andamento,
che tanto doveva fiaccarti,

eccoti lì, cara nonnina,
sempre arrivavi puntuale,

e i miei occhi s’illuminavan di gioia,
e il mio cuore rideva impaziente.

Ansiosa correvo alla porta,
pronta a riempirmi del tuo caldo abbraccio,
pronta a godere delle tue materne premure.

Cara nonnina,
amorevolmente ti prendevi cura di me!

Poi ero io a venire da te,
e tu eri lì, sempre a lavoro,

eri lì dietro i vetri, seduta e cucivi,
cucivi i nostri vestiti.

Poi ancora in cucina a lavoro,
t’accingevi a far da mangiare.

Povere mani, mani deformi dal duro lavoro,
eppure abilmente sapevan forgiare
una massa informe di pasta.

Ed io lì accanto,
solevo imitare i tuoi movimenti,

e non di rado, cara nonnina,
solevo rubare il magico frutto.

Quanti ricordi, cara nonnina,
in quella casa che mi ha visto bambina.

Ora son grande e quella casa sembra un po’ vuota,
vuoto il silenzio, e triste il divano,

amaro giaciglio dei tuoi ultimi anni,
dove ero io a curarmi di te,
dandoti in cambio poco soltanto,

e tu, cara nonnina, tornata bambina,
potevi soltanto parlarmi con gli occhi,

occhi stanchi e pur vivi e profondi,
intrappolati in un corpo malato.

E quando riuscivi con tanta fatica
a pronunciare poche parole,

una soltanto usciva impetuosa
e riusciva a toccare il mio cuore:

GRAZIE!

Sei nel mio cuore, cara nonnina.
Porto con me i tuoi insegnamenti,

porto la tua ricchezza d’amore
che sempre hai saputo donarmi,

e solo adesso sono io a dirti
grazie infinite, cara nonnina!

Un giorno … sola
Quanto più dolce s’impone la vita
tanto più amaro è il timor di smarrirla.

Atroce pensier che di rado s’accheta
vigile veglia i sogni più quieti,
sempre in agguato nell’aere sospeso,
segna il confin con l’ignoto futuro.

Ogni domani diventa un traguardo
e quello di dopo sempre più buio,
lunghe le notti senza le stelle
nel triste richiamo al grande timore.

E’ una paura senza rimedio,
conduce a dolore e senso d’angoscia,
non v’è speranza che possa fiaccarla,
né via d’uscita verso il sereno.

Ricordo lontano di pianto di bimba,
quando, fiaccato dal molle guanciale,
lacrime amare spargeva nel buio,
e nel silenzio sempre più cupo
di lunghe notti insonni trascorse,
qualche sospiro a stento sopito
urlava furioso il bisogno d’aiuto,
una parola o un sano conforto,
contro il crudele spettrale pensiero.

Ora le lacrime sono esaurite,
niente più amari sospiri di bimba;
resta il dolore ed il senso d’angoscia,
nel ripensare a quel vuoto domani,
privo di tutti gli affetti più cari.

Parole...
parole di fuoco,
parole bugiarde,
parole pungenti,
parole cattive...

dolenti parole,
scagliate con forza
nel ventre profondo,
squarciano...

armi appuntite
di gelido acciaio,
di rabbia roventi,
ardono...

infami parole,
crudeli sicari,
squartano il corpo,
dilaniano...

astute parole,
parole spietate,
schegge di ghiaccio,
s'infilzano...

parole infìde,
testarde, malvagie,
trapassano il cuore,
ledono l'anima...

parole assassine,
l'uccidon per sempre
succhiandone avide
sua linfa vitale.

Per te…
Per te, bianca colomba dalle ali d’argento,
Per te, che leggera volteggi su in alto,
sovrana raggiante, foriera di pace,
per te, questa sera è il mio canto tenace.

Un’ombra crudele sovrasta il tuo volto
e getta noi tutti in un cupo sconforto,
ma avanti, combatti, non cedere il passo
a chi vuole condurti giù verso l’abisso.

Per te, amata regina dei nostri pensieri,
Accorate si levan soavi preghiere,
e perché domattina ci sia ancora il sole,
non sian esse fatte di sole parole.

Per te, che dei tuoi anni sei ancora nel fiore,
perché il domani sia un giorno migliore,
perché possa ancora tornare il sereno,
per te, splenda in cielo un bell’arcobaleno,

e tu, bianca colomba dalle ali d’argento,
riprenda a volare e a sfidare ogni evento.

Le Foglie
Fragili Foglie ingiallite dal tempo,
Sparse nell’aria smossa dal vento,
Cadono, volano via di qua, lontano…

Perdute per sempre in un vortice lento,
Esibiscono danze dal ritmo costante,
Si adagiano piano, riprendon la via,
Dall’alto mirando la terra struggente…

Giocose frusciando d’incanto si levan,
Ricadono poi in confusa armonia,
Per perdersi ancora per sempre lontan
Svelando tristezza e malinconia.

E infine smarrite nel tempo mortale
Ricamano un vuoto nel nostro giardino,
privato di tutta sua linfa vitale,
un albero spoglio in grigio mattino.

E, nuda la terra, in attesa penosa,
Riprende il suo corso con grande maestria,
Cullata soltanto da questa poesia.



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