Rudere tra i ruderi
al tramonto mi avvolgo
nel mio mantello
d'erba secca
e di fango rappreso
in attesa delle ombre
ovattate e distese.
Fuggenti e discrete.
Mi sia lieve la terra.
Tanto umile e inutile
Appari
Prona e modesta
Anche nel nome
Dimenticata dal resto.
Prostrata, ti affanni
In minime, estenuate,
Ardue minzioni.
Dolorose, ardite,
lunghissime.
Mai del tutto libera
E vuota
Te ne stai laggiù
Quasi dimenticata
Senza importanza.
Ignorata, chissà.
Spazientita, però, cresci,
T'ingrossi e tracimi,
Ipertrofica presenza.
Dieci minuti appena
E già quattro le strizze
Che mi riservi.
Così vindice, fiera vai.
Ma io sono stanco di te,
Ora basta.
Prostata.
Tecnicamente è mattino
Tecnici arancioni
All’assalto di fili intrecciati,
nodi estenuati, quasi gordiani.
Titillano cavi improbabili
rossi neri gialli bianchi
di telefoni senza voce.
Lampeggiano, insinuanti,
ostinati led.
La rete è un vortice bizzarro
senza risucchio.
Misure e controlli
mai troppi
non risolvono.
Essa si nega e vagheggia.
Il danno permane
saldo e forte nel suo mistero.
Il mio tempo, per oggi,
è andato, perduto, avviluppato
pesce nell’intreccio.
Il silenzio della parola Nel taciturnità della notte si alza dall’abisso un grido lacerante e acuto forse umano, troppo umano. Nella notte dell’abisso, nera voragine, il percorso di una vita, mille vite. Non c’è spazio per i pensieri, non tempo per le parole. Parole e pensieri naufraghi di una nave mai salpata da quel porto dove sovrana regna la fitta nebbia di ricordi mai vissuti. La vita è un abisso? La vita è un grido? Non sarà la mia vita un pensiero abortito? Una parola non detta, spenta prima ancora di giungere sul labbro. Ma perché mi sorprendo ancora a cercar parole? So bene, ormai, che stanotte, anche adesso, l’ultima parola possibile... ...è il silenzio.
Non so chi sia io per tentare di interpormi tra te e il tuo dolore... E infatti temo di non avere nel mio bordone di pellegrino né balsami né consolazioni , essendone privo io stesso e non troppo interessato a faticose, forse vane prometeiche ricerche... tantomeno possiedo il DNA di Sisifo. La mia condanna è altra e la mia vita un altrove. Se sono qui, però, a sproloquiare è perché, son certo, chi mi guida non è ancora la dea dell'indifferenza: non glielo permetto. Così come non consento, forse "Superbia" mi suggerisce e parla per me, ad alcun "custode" di proteggermi. Ho cercato tutta la vita solo Uno...Il Pastore Grande delle pecore...ma è da tempo che non si fa vedere né sentire...o sono io che fuggo da Lui. Egli gioca a nascondino...Ma io ho perso il gusto di giocare...Ora il bambino che è in me è serio: non ha voglia di giocare...E' senza protezione... e non gliene importa nulla. Mi sorprendo a vivere...vivere? ...vivere, si, ciò che ho sempre temuto...Nuovi amplessi, amori nuovi insieme agli antichi...io una volta così etico, avidamente preciso...ordinato...ossessivo...concentrato... Ora scevro da rimpianti, memorie troppo invasive, modelli, idee precise, chiare...Ancora impavidamente confuso, fiero della mia unica ricchezza, il cui vero nome è Povertà, ma che tutti chiamano Forza della Debolezza, avanzo verso mete oscure ed ignote come tutti. Senza illusioni, senza troppa disperazione, amando come so e come posso, essendo "soltanto un uomo" - monon eis aner...- Mi chiedi se sono felice? Rispondo: no! Ultima ambizione: la Calma - Unici nemici: il dolore inutile , l'agitazione perversa, l'insensata morte (specchio di una vita insensata). Troppo lungo, troppo prolisso, troppo poco poetico...Pardon. A Massimo Amico caro, anche tu… Vuoi forse provare ad amplificare la mia, ancora troppo tenue, solitudine. Tu, il più caro tra gli amici Che non ho abitato. Io troppo compagno di me stesso, appartato. Tu così schivo, gentile, riservato. Ci bastava un saluto, Uno sguardo dritto e fugace, E intuivo tutto di te… E tu di me. Dicono che il male, Che per me non ha nome, Poiché il suo nome nulla dice, Ha preso dimora- Non invitato-abusivo Assurdamente invasivo, Lì nella parte più profonda di te: La migliore, irraggiungibile. Quella che, in ogni caso, non potrà esserti tolta. Stamane ti ho sfiorato una guancia. Mi hai risposto muto: una lacrima. Ha raggiunto subito la mia, Ed entrambe si sono fuse, dandosi la mano Per correre concordi, complici In un abbraccio più forte della morte. Sento, oscuramente, che ciò che la vita Non ci ha concesso oggi, domani ce lo darà, Quando ci incontreremo ancora, Là dove gioca l’agnello insieme al leoncello. E dove il mio nome sarà scritto Accanto al tuo, per l’eternità. Autunno precoce Il mio pensiero è sospeso, povera foglia che attende immobile un vento nuovo che la faccia vibrare e ne provi la giovinezza costringendola a rimanere, salda, al suo ramo. Grazie a te Lucia Lusingato ed onorato, confuso ma ancor più, stupito, nel profondo mi inchino per il tuo inatteso verbo, immensa lieve parola che rende la mia meno sola. Grazie a te dolce spirito amico per aver dato forse immeritata luce, come il tuo nome pur porta e dice al mio così povero dire ognor pudico. Più che il verso mio, talvolta atroce, non ti offro melassa, giuro e dico senza ipocrisia che la tua voce, la tua sola voce io riconosco come poesia e non la mia. Poeta non sono, ma se fossi toccato dal dito di Calliope saprei cosa fare e cosa dire! Direi con parole mai udite: La tua bellezza splendida di rose e di camelie si espande al tuo passaggio tutt'intorno, e cose e persone se ne inebriano, divenendo d'un tratto nuove creature, pervase di nuovi colori e diversi profumi. Per poter descrivere la passione che tu susciti dovrei poter intingere, nel sangue appena sgorgato dal mio cuore aperto, la penna che uso come antico aratro a tracciare i solchi da te lasciati nella mia anima, un attimo prima di te aridi, poi ricchi di seme appena sparso. Ma, ahimé, proprio il dono della parola poetica mi è precluso e io inadeguato a cotanta impresa. Comprendi? Anima: la mia non è più mia, è fuggita per raccogliersi presso di te. Dunque seppur sono stato qualcosa, ora non son più nulla. Non sono come mi volevi, vivo e vestito solo di luce. Forse credi che io percorra i sensi orizzontali del desiderio... mentre ti guardo come preda, ti afferro con fame immonda... No! Mai così... Non credo che toccare sia come accendere mille luci... Ancora dovrai imparare per navigare nella mia oscurità, la notte è breve e la rosa conficcata nel seno beve il mio sangue, le spine...ne assaporano il nettare come mani mai sazie di esplorare, come spirito di stagioni, vago nella camera ardente della mente. Mentre mi accendi si spegne il sogno di un'altra illusa irrealtà, appoggia la tua anima sulle luci che tanto ami e di luce sola ti bagnerai. Lasciami la mia ombra, non la temo e non mi angoscia. Ho solo freddo adesso... e non gettare il vuoto a rendere, potresti farmi male. A l'école...ça me degoute... Mi dispiace ... di bel nuovo sordo aspro dolore abbarbica allo stomaco Parole dolci rinnega solo si raggomitola su stesso e scalcia forte. Disturbato battito d'ali nel torrido fuoco di estiva calura. E deserto sconfinato da contemplare da riempire frolli zolle d'arido seme dove espiare pene. Nulla speme espunge il mio cuore ed il passo pesante vorrebbe soltanto mutato sembiante sprofondar solingo. Stanco di meschine lotte Lontani cieli non più mi fingo, e a che giova poi puntar di prora? Inanime lo spirito che un giorno esser guerriero seppe immemore giace sconfitto ancor. Non forze, non vita, non conclusa meta ambita. Vuoto un altro poco triste vado via mesta l'anima basita come nel tempo primo non vede al duol dignitosa uscita... Asaleutos patetikos (3 aprile 2001) Odo salir da laggiù, da un lembo d’anima a me oscuro, l’impertinente refolo di uno "spirto gentil" che sembra dire nel vento: trascina il mio flebile gemito fino alla soglia del suo affetto, a lei sussurra gli aneliti indicibili e gli illacrimati oblii... Calmo, stupito contemplo agitarsi gli insondabili, oscuri recessi dell’esser mio, immemore del tempo e dell’età. Sprofondo piano senza dolore, malinconicamente, nell’abisso luminescente ed inesorabile degli occhi tuoi: gemme brune e, nondimeno, così trasparenti, oceano tranquillo ed accogliente, ma non violabile, dove naufragio e salvezza si fondono. Lontanissima sei, e non a me destinata. Per te Beato colui al quale sono diretti i tuoi strali fatati, intrisi nel miele e resi piu' sapidi dall'argentina risata, balsamo profumato di eterea vitalita'. Fortunato quel figlio d'uomo per il quale il tuo sangue stilla copioso, misterico sacrificio d'amore . Eletto il piccolo cuore al quale unisci il tuo, ben piu’vasto oceano di pura bellezza, nei tuoi sogni piu' radiosi. Bello e benedetto chi ha il privilegio, pure solo per un attimo, di bagnarsi nelle tue acque immacolate senza sponde... Indegni quegli occhi che si posano nei tuoi senza avvertire un sussulto d'anima e una fitta al centro del petto. Sacro quel viso solcato da argentee umide perle, gioielli che incastonano il labbro purpureo languido dove morte e vita si fondono in un abbraccio ultimo...leggiadra eutanasia... E vane sc(i)enza Terribilmente ammaliante La tua Parola Assordante Silenzio che nasconde e rivela. Apprensione leggera, Vago timore. Non sono un aedo E come da lontano Solo talvolta io vedo. Estuose, estenuate nebbie. Chi sei Tu che dai remoti lembi d'anima vieni a cercarmi? O forse m’inganno? E s’è così… Amore non esiste E nessuno ha mai amato. Ma come può il vuoto mio Inebriarsi Dell’Essenza Tua, Anima Mundi? Dimmelo Io il finito Tu l’Infinito e l’Eterno. Io perduto quaggiù Tu lassù Infinita distanza senza tempo né spazio Opposizioni di contrari Dove i contrari sono amici Dove la notte e il giorno Terminano in un abbraccio senza fine Oro e Argento…insieme Amore riempimi Perché senza Te La fame resta insaziabile L’arsura inestinguibile. Oi erpmes Infatti, la tua trasparenza, il tuo puro essere cristallo di rocca, penetrare il tuo dolore, condividerlo per antica ferita sempre viva e rinnovantesi... non basta, no, non basta. TU, CHI sei? Tu, che conti anche i miei passi. Tu, che affacciata alla finestra sembri potermi vedere anche quando rincaso e mi muovo tra le mie cose. Non è forse giunto il tempo di non rivolgersi più al vento? Non scomodare più le albe e i sontuosi tramonti? Non più le nebbie? Di non estenuare più il cuore e la mente con muto dolore? Bensì aprire il libro e leggere finalmente e senza pudore il nome lieve il cui tenue amore si nasconde dentro auliche parole. Yo Deslumbrado Bello Bello Bello- Grazie tre volte e più anche. Ci sono persone- io le conosco- ad esse appartengo- che tenui creano legami dai colori pastello ma indistruttibili come tela di ragno. Amo per il loro amore così solido e sicuro da bastare anche per chi povero non ha. Nada mas. Stupende amicizie nascono lungo i dorsali di virtuali -dicono -fredde doline- Eppure nulla di più reale di questo etereo- nulla di più tangibile di questo abbraccio che solca i mari, che sfida tempeste che appena scarmigliano giovani chiome - cuori impavidi pronti già per la traversata. Avete voi-infaticabili giovani api- la forza della vita che nasce- la stessa impertinente ansia di trovare e portare più miele- più miele anche per le compagne logore - curve per la fatica e gli anni. Il giovane vecchio professore dietro i vetri della finestra antica- lacrimosa per troppa pioggia caduta- osserva il fervore- se ne imbimbe avido gli occhi e la mente- e ne gode - Improvvisa un peana e così va...recando in sè due stelle- memore e grato- Fuori il vento soffia alitando da Ovest lieto gioiosi e freschi baci spagnoli- Ho cercato una volta ancora di vedere la mia anima penetrando dentro i tuoi occhi...Infatti tu abiti proprio di fronte, sull'altro lato del fiume del mio spirito. A me così prossima. Dalla tua riva non ti sfugge nulla, mi proteggi e mi vieni subito incontro al bisogno. La vita ci divide...le acque del fiume ci uniscono. Tu ninfa, regina del bosco degli Elfi in riva sinistra ... Io penultimo dei cavalieri di una schiatta antica, custode della riva destra. Ci osserviamo tutto il giorno. Ma è solo alla sera, quando le sponde del grande fiume si fondono nell'indistinto, che le nostre amiche ombre, finalmente nude, s'incontrano generando fenomeni di luce. Aurore boreali si accendono mentre timide, le creature del bosco che tu governi, si stringono intorno e in cerchio danzano. Leggo e non riesco a convincermi che è per me che scrivi: No, non mi riconosco nel tuo verbo così tenero, così forte, così terribilmente avvolgente penetrante i luoghi più cupi della mia anima. Sublime e luminoso. Vorrei dirti "ti sbagli". Non puoi aver frainteso scambiato la mia miseria per ricchezza la mia personalità contorta e immatura sospesa come testa mozzata precoce appesa su una picca uno sguardo d'orrore rappreso la bocca spalancata per antica sorpresa. Non intelligo, questo il mio tormento con gli occhi color del mare in tempesta fissi e vuoti come a fermare la scena. Bellissima ma inerte come la morte. Mi piacerebbe essere l'uomo che nasce già adulto dentro di te e salta fuori dal tuo romanzo deciso e virile ti porta via dove il tuo vigile sogno trovi finalmente lo spazio d'eterno in cui il reale lo consumi. Non sono io quell'uomo guardami bene amami ugualmente, mi piace ma amami per quel che sono non eternarmi nell'inganno di un fotogramma ritoccato. Angoscia, soffio che sempre m'affliggi... Cosa non conosco ormai di te? E mi trattieni l'anima che tu sfiori soltanto. Non occorrerà nasconderla in un angolo perduto nelle tenebre troppo a lungo. Ch'essa ti supera di molto... Si leverà un giorno, Libera. E tu orrida catena senza materia, troppo tardi t'accorgerai d'averla perduta per sempre. Il mio Zahir Purissimo, raro Fiore Del mediterraneo Dai petali purpurei Ti mostri ai miei occhi, Un attimo fa, spenti Come veloce brezza d’amore Nella notte oscura. Un sole troppo infocato Ha ferito, insensibile, Le tue delicate corolle, E tu ti sei richiuso a difesa Della tua intima vitalità. Il mio passo moltiplicato E, forse, troppo pesante per te Ti ha spaventato, turbato. Gli dei, per una volta ancora Sono intervenuti, attratti Dal tuo grido muto. Densa nebbia si è alzata E d’un tratto al mio sguardo Sei stato sottratto. Desideravo solo contemplare I tuoi vermigli colori e godere Non di altro che del tuo profumo. E’ giusto così, questa è la sorte Di chi insegue vie di morte. Scompaia il mal bianco, dolce fiore vermiglio, tratterrò il mio passo stanco. Non chiedo nulla, nulla voglio Se non il tuo sorriso franco. Né acerba indifferenza Né freddezza troppo dura. Accogli nelle tue leggiadre sinuosità la prece mia accorata: Sarò nemico mortale del tuo nemico. Ma quando ti sorrido Rispondimi con una luce amica. Sono felice per te... ed esulto di un canto nuovo. Dolce sentirti di nuovo e sempre innamorata. Eterno Amore pulsa nelle tue vene Scompiglia i tuoi capelli E’ l’amore tuo, così umano e come il nome, etereo che io non so distinguere dall'Altro. Tutti per me non son che Uno, gli Amori ed eterni... Il tuo profumo si spande e l'oceanomare s'inebria e inargenta. Sei bella amica mia, sei bella... Di latte e di miele è ripiena la tua coppa ne stillano le tue labbra la tua pelle trasuda di ambrosia. Sei bella, amica mia, sei bella. E per te è bello quel cucciolo d'uomo il cui nome è TU. Nel tuo deserto rinascono fiori e nuova acqua scorre. Io torno nel mio giardino di asfodeli...unica requie dove discrete compagne son le ombre antiche. El Miedo "Io non ho paura"...non ho "quasi" più paura. Ma questo non mi gonfia di coraggio, perché la paura, terrestre prezioso sentimento umano, sa proteggere ed infierire...madre e matrigna come l'angoscia di cui siamo tutti forse figli, e le nostre azioni parenti stretti. Comunque sia, la mia quasi paura non mi ha impedito di scalare montagne, attraversare valli, rischiare di annegare in oceani burrascosi, di molti e sparsi pensieri - concetti - idee - teorie - esperienze. Mai trovato il luogo del mio riposo. Nauseato e deluso da me stesso...sono caduto in ginocchio molte e molte volte, e ad ogni caduta non credevo possibile rialzarmi... Sudore e lacrime si portavano via sempre, ogni volta, un po' di forza e pezzi di me... Riposo, riposo, dov'è il luogo del mio riposo? Dove? Che io possa fermarmi, almeno per il tempo di un battito !... Nulla...nessun giaciglio per giorni e giorni. Quando mi sembrava, desiderando illudermi, di essere vicino all'approdo, u na voce senza suono mi intimava di andare più avanti, riprendere il cammino aspro e senza entusiasmo, calpestare con i sandali logori, sentieri che sentivo non essere miei... Ormai stordito e piagato dalla fatica... ho continuato a camminare senza conoscere la meta... Impossibile fermarmi, insensato cercare di volgere il passo. Infine sono giunto ai margini del deserto...Non era come me lo aspettavo... Non il deserto dei padri...pieno e ricco di sofferenza e conforto... dove le mille voci del silenzio somigliano a quella di Dio. No! Qui è proprio la kenosis, la spoliazione, l'annullamento, ...l'abominio della desolazione senza il balsamo della fede. Ho avuto paura quando si è spalancato davanti ai miei piedi l'abisso profondo e terribile del mio cuore, del mio Essere. Ho visto con questi stessi occhi, spegnersi la luce, e l'orrore del NULLA... Quale poeta potrà mai trovare parole adeguate? La possibilità (non immaginifica) ma reale e sanguigna della reificazione, la riduzione a semplice cosa di ciò che diciamo Essere. E' stato forse allora che i fantasmi della mia mente son saltati fuori ed hanno cominciato a danzare il loro immondo sabba al suono di ebbre note. Ho mosso solo un passo, quando mi sono voltato non ho visto altro che sabbia e cespugli avvoltolati e condotti dal vento a suo capriccio. Nulla più è stato come prima. Nemmeno l'umanissimo sentimento della paura. Nel vuoto, nel nulla, si può rintracciare ancora qualche flocculo di colore grigio-scuro, ma la paura vera appartiene all'Essere. Chi è caduto in un limbo dalle blande pareti, non fa altro che ascoltare e ripetere, ripetere, ripetere una nenia sconosciuta che oblivisce mente, cuore, anima...e tutto ciò che è stato chissà dov'è?... Terra arida "Pian piano il silenzio irrompe. Il vento non trova ostacoli e più non canta tra le verdi fronde... Inevitabile la fine..." E quando, l'albero solitario, avrà succhiato l'ultima molecola d'acqua dalla sabbia di questo deserto abominio di desolazione, secco anzitempo, se non per senilità, certo per orrenda siccità, senza più linfa, i radi uccellini volati via per sempre, attenderà, quasi tranquillo, solo un po' tremulo ancora, la mano del suo padrone per ultima - nuova - definitiva oscura stagione, infimo scoppiettio di vanità... Nuovo giorno Tenero neonato. Ho ancora la forza di salutare il Sole - per devozione - con rispetto - ma non per amore. Lui paziente e apparentemente buono pare rispondermi inondando ogni cosa. Rumore, frastuono, agitazione - Nulla di nuovo sotto il sole. Lo sa che non lo amo - ma lo rispetto lo temo - Così vicino, così caldo. Il mio astro è la luna - così discreta la sua lampada - così educata talvolta non si accende per non farmi vedere i miei sentieri interrotti - troppi. Il Sole no, lo fa a bella posta - è nella sua natura mostrare tutto - certo il bello, ma pure il brutto - e ciò che non ti va di vedere. Verso la collina: quante strade tutte diverse, alcune dritte - le più - contorte e...interrotte - ineffabilmente - indecentemente - pavidamente - colpevolmente - fors'anche inconsapevolmente. Anche Luna sa, e non mostra - sta lì leggera in alto - pietosa - non evidenzia, se non placida e dolce - mai severa - quasi dicesse: che importa? L'altro - no - invade - penetra - mostra spietato - e si compiace del mio disagio. La petit mort Ed eccola ancora una volta la piccola morte. Viene con il suo amaro fiotto e mi sfotte- " sei sconfitto pure stavolta ". Antri e pendii scoscesi dentro me l'accolgono senza amore né odio. Estasi e tormento: consunto conflitto troppo elevato per un animo tanto smunto. Il vuoto vince nell'assalimento di eterne, eteree, sempre medesime ore. Poi le stesse fiacche dita si congiungono in preghiere mute. No. Il cuore non è ancora in porto mentre il vento inutile del nord soffia gelido e chiede nuovi moti. Naufragio io vedo o stanca fonda tra le infide acque dell'argenteo nero mare. Va benissimo. Già alle tre del mattino il mio cuore è come fermo il respiro sospeso la mente bloccata ed in attesa del... niente. Dolore, il suo nome, mi avvolge nelle sue spire amare e non mi lascia, non mi lascia. Vuole me, mi violenta ed io non riesco a cedere. Il male è forte mugghia e soffia come oceano che pretenda riversarsi in povero chiuso mare. Dov'è salvezza? La intravedo... tra le nebbie. Ma sempre si allontana, mentre tento l'approdo. Sto consumando molte candele, le mie candele. Mi volto e già molte sono spente... Mi rivolto..., non molte... Ne avrò ancora al sorgere del giorno? Cosa tremenda accade Penetrato il cuore ti sei insediata in esso in posizione centrale- Tremenda sei- Bellissima nel tuo greco peplo che tutto lascia trasparire tutto immaginare- ora rivelazione, ora nascondimento. Nel dolore gioia e pena ancora... Difficile a dirsi- Ho ancora paura, solo un po', ma basta- Il tuo splendido ammaliante canto dice tutto di te e l'animo se ne inebria desiderando abbandono al vortice. L'incendio divampa ed il vento della passione compie il resto........... Ancora,...accade ancora!... Fino a quando dovrò sopportare? La mia triste stanchezza non mi lascia, non vuole andarsene. ...E' grave, grave, tragicomico, che essa, questa estranea così nota, più intima a me di me stesso, "fatica di vivere", venga a visitarmi nel riposo, mentre dormo, quando tutto tace e il signore della notte avvolge tutte le cose di elegante seta nera dai riflessi bluetti... No! Il buio non è quello, oltre la finestra, oltre la collina... Il buio vero è questo, voce muta di dentro... è lì che deve nascere nuovo giorno... nuova vita ...anima vera...profonda... Sole che non conosce tramonto... Forte è la vertigine..., e mi attrae... Sempre più... Se almeno l'oscurità mi coprisse tutt'intero, nero manto... e mi nascondesse alla vista...!?! Così è pertanto? Così a lungo fui immerso nel mortale morbo? Che stanotte entro nel tuo cielo immenso E v'incontro nuvole, nuvole, ancora nuvole... E quella stessa bellezza di se stessa a tal punto ignara Da contristare ogni cuore. Poiché parliamo di temuti distacchi E talvolta io, del morire, mi sta bene ciò che dici. Cos'ha la tua dolcezza languida d'amore Da sperare, prendere da chi trascina con sé Egoico nulla? Tu sorgi Stella Oriens, ogni giorno, e vedi e vegli tutte le notti senza segreti Tua la luce candida traspare sotto la veste di seta e raso di Damasco. Io non dirò che sono "il buio oltre la siepe" Contento di lasciarmi trafiggere da un tuo solo raggio Uno solo e non altro. Tavorando sul Carducci o Carducciando sul Tavor??? T'amo, o pio Tavor: E mite un sentimento D'impotenza e di pace al cor m'infondi, O che dormiente come dopo uno sfinimento Tu guardi i nervosi gangli liberi e tremebondi, O che tra neuroni insinuandoti contento L'ansia de l'uom grave ascondi: Ei t'asporta e ti sugge, e tu co 'l lento Giro de' diazepinici occhi rispondi. Da la larga matrice secca e sferica Partono oppiacei lontani ricordi, e come un inno lieto Il furor primo nel rasserenato aer si perde; Timoroso ti vedo di calar in eccesso la palpebra del già glauco occhio da notti insonne. Dolcezza mi offri lorazepam mio e quieto e ampio mi conduci teco all'antico pian silenzio verde. Vedo già da lungi il cipresso austero... del paese mio il cimitero. Senza titolo, senza sforzo, senza senso Non vorrebbe esprimersi, oggi, così. Si vede bene, si capisce. Vorrebbe elevare salmi gioiosi. Invece pare un bimbo già forte che spreme i labbrini e il viso corrucciato da una smorfia per non divenire liquido negli occhi. Vorrebbe scrivere come si piange Intingere in un calamo di pure perle di fiume. Invece niente acqua nel deserto, inchiostri setosi in luoghi aridi e cupi di lampi di sole. Solo polvere, intorno, e l'assurda pretesa di questo sole nero d'illuminare le sue pagine grinze. Va via l'autunno con sommessi languidi rossi barbagli di un tempo nuovo. Cammino distratto calpestando gelide foglie. Vado incontro a nuove nascite oltre già antiche stagioni. Dolcissima infelicità. Solo me ne sto, né amo compagnie chiassose; mi accompagno invece, e volentieri, e con inediti voluttuosi piaceri forse folli o soltanto lussuriosi e mordaci, alla cara solitudine, dove l'esser mio è più vero. Non ho da ricever nulla, nulla dare per buon costume. Mi appartengo... e tanto basta! Nella penombra ti ho stretto le mani, forte. Ho desiderato unire le mie labbra alle tue. Ho pensato un attimo di troppo. Sarei sopravvissuto o sarei morto? Lo ignoro! Ho ritratto la mano. Per convenienza o forse per viltà ho taciuto. Ho invocato il silenzio a proteggere la mia vita, la tua vita. Per un attimo le tue lacrime hanno irrigato la mia desolazione. Solo per un attimo... non è accaduto. Ritorno TU...di nuovo qui...? Tra sogno e realtà, la mente m'inganna? I chips giocano con i neuroni e le sinapsi ne sono ebbre per lunga estenuata assenza? Quasi anossia... Dubito, ergo sum, tuttavia ho ravvolto con ordine ogni cosa entro una seta verde, preziosa. Essa fa di rubini rose, e d'ametiste viole, di perle orchidee. Queste cose, così le desidero e le giudico belle, né già sono come in natura le rimirai... Ben Tornata..FEMME si, certo,...ma per me sempre ARGENToCEANO così come ti conobbi un giorno già lontano. Basta! Basta! Basta! Sono stanco solo riposo e silenzio rifugio dell'anima rocca della sapienza sede della grazia nome scritto nel libro della vita verità e giustizia che si baciano qui ed ora. Tutt'insieme meno di nulla. Esistiamo? Vegeto in attesa forse tra il già e il non ancora. Intanto viene da oriente il vento carico di gemito soffio greve di fine del tempo specchio opaco di un tempo della fine. Ancora ho davanti agli occhi della mente quel mare che mugghiando intensamente ha accolto, scontroso, ma bonario e paziente, le nostre nude presenze.... poi...non ho udito né più visto nulla se non la tua bella figura, luminosa nell'ombra della sera ancor giovane, e mi son perduto, felice di esserlo, in altro mare, ben più vivo e dolce e tenero e accogliente del primo. La mia vita, eccola, sì è inebriata di un attimo di eterno che non le sarà tolto… Talvolta mi sorprendo vestito per gioco antico a far sorridere gli altri, solo i più prossimi. Non mi andrebbe, ma cedo, passivo all'insistenza incolpevolmente irridente, impertinente. Forse è la voglia di scrollarsi di dosso con un solo colpo d'ala o un celeste battito di ciglia tutto il peso degli anni e l'oscuro male che tarla lento il midollo ligneo non più tanto giovane e resistente, dove il baco gioca lieve ed inesorabile. Il mio sorriso, ora biondo, non ha altro senso se non quello di suscitare il riso di qualcuno mentre mi dico, non udito, che proprio tale son io, non altro che un guitto. Quando non avrò più fiato. Quando non avrò più la forza per trattenere il fiore dell'amicizia che un giorno mi donasti... Tu tornerai forse, ma sarà troppo tardi, temo. Nel caso troverai di me le uniche parole che il cuore così povero, d'amore sempre vuoto, sussurrare lievi ha potuto , affidandole al libeccio invisibilmente maestoso e caldo. "O vaghe stelle dell'Orsa..." a me tanto invisibili stanotte che pur di vostra presenza dolce bisogno avea... Dove fuggite non recandomi con voi? o forse son io così assente diafano, separato, evanescente? Estraneo in casa mia mi aggiro tra le mie vuote stanze in quest'affollata solitudine... Incompreso, chiuso, nulla comprendo. Dentro, qualcosa scalpita, e ancor s'illude il piccolino di terre nuove e nuovi cieli ... che non sono, non vengono e non vanno ... Si, parlami d'amore (non dir Mariù però) e dimmi bene cosa sia... Passione esclusiva ed egoica che tutto brama, tutto vuole ma nulla stringe...? Così l'angoscia: gelosa nemica mia nemesi...afferra. Mi vuole tutto per sé e non permette tradimenti... Quando c'è lei nessuno, nient'altro, può accostarsi a me. Buongiorno Buio giorno... Fiore del Mediterraneo Tardo già era il tempo Nel riverbero dell’alba breve! Fiacca greve indolente. Al mio sguardo frodo Ignara, forse no, Sei riemersa Nel tuo sontuoso Candido incanto Radiosa tu Bardata di rosso e blu Insana ossessione Del mio estenuato Estuoso spirito. Pallida evanescenza Vago già nel giardino degli asfodeli. Non sarò che ombra. Tu invece eco sempre nuova Di mediterranea aurora. L’attesa Chissà, se Tu, stasera... “hai un braccio anche per me”. Sono stanco di cercarTi, ma non so se ho mai davvero cercato. Accettami così, Ti prego, innamorato povero d’amore. La terra greve chiede ancora fosse, e sangue e nuove orme, senza fine. Il mio passo è fiacco, lo so, ed il mio volto, è troppo tempo ormai, non assomiglia più al Tuo. Novello Narciso, mi specchio nel lago, si accendono riflessi infimi ed illumi. Ho chiesto troppo, ho domandato male nell’attesa senza tempo. Spleen All’inizio un dolore forte ed immediato dell'anima, una vertigine improvvisa, giovanile ridondante eccesso, senza riflessione né scavo di parole, Poi Estatici riflessi di splendide Sontuose forme. L’occhio abbacinato Tremulo nel batter di ciglia Si vela all’infuocato raggio. Non è linguaggio E non sono parole Diurna notte Più luminosa del giorno Più chiaro. Cieco eppur vedente Mi abbandono al sonno languido Mentre attorno ondeggiano fanciulle Fanciullo anch’io. Io poeta? Oh! Dolce amaro calice del Parnaso, quanto ho desiderato abbeverarmi ai tuoi orli. Mi è toccata in sorte, invece, la cuccuma dell’ovvio e la ciotola dell’indigenza. Oh! Calliope e Muse tutte del sacro monte, avrei voluto sfiorare gli orli fluttuanti dei pepli vostri ed invece mio destino è battere grevi coltri polverose Fosse oro a cadere! Ancora il sapore acre della sabbia dell’insipienza ed il talco della meschinità. Presenza e Assenza Sono laggiù, cioè qui accanto dove la strada termina ed inizia il silenzio carico di polisemiche parole... Nuvole brune mi nascondono, ma solo per rivelarmi in uno spazio altro, in mondi lontanissimi dove il tempo non conta.... ma nell'evanescenza del tempo niente sfugge all'infinito quando i sentimenti vi approdano coi loro aquiloni... ecco nascere la conoscenza… Eri una povera foglia abbarbicata a quel tuo ramo sbattuta dai venti, violata da mille tempeste ma poi arrivavano i baci consolatori del Sole che tu amavi. Sapevi ciò che eri e che un giorno saresti caduta. Ciò che ignori, ora avvizzita e stanca è dove finirai ancora, quanto durerà il viaggio, e il tempo della completa dissoluzione. Vorrei un giorno Vorrei un giorno, ma che dico? Un minuto... Un attimo d'infinito.... senza nodi nel petto grovigli nel cervello... buio in piena luce... bachi nel cuore e nella mente... Non chiedo niente alla vita... Ho tutto e anche di più... Un giorno, un'ora, un minuto un fruscio d'ali, un battito di ciglia di pace...gioia vera... umanamente possibile... Non mi resta molto tempo... ma non ho più grandi cose da fare, non ho rimpianti, né desideri sconfinati... Mi basta una pagina sospesa una lacrima lieve tocco di fiato come brezza di sera respiro libero e profondo lieto, senza sforzi... Questo, il mio infinito... troppo grande, forse... e non mi sarà dato? Asaleutos patetikos (3 aprile 2001) Odo salir da laggiù, da un lembo d’anima a me oscuro, l’impertinente refolo di uno "spirto gentil" che sembra dire nel vento: trascina il mio flebile gemito fino alla soglia del suo affetto, a lei sussurra gli aneliti indicibili e gli illacrimati oblii... Calmo, stupito contemplo agitarsi gli insondabili, oscuri recessi dell’esser mio, immemore del tempo e dell’età. Sprofondo piano senza dolore, malinconicamente, nell’abisso luminescente ed inesorabile degli occhi tuoi: gemme brune e, nondimeno, così trasparenti, oceano tranquillo ed accogliente, ma non violabile, dove naufragio e salvezza si fondono. Lontanissima sei, e non a me destinata. Presenza e Assenza Sono laggiù, cioè qui accanto dove la strada termina ed inizia il silenzio carico di polisemiche parole... Nuvole brune mi nascondono, ma solo per rivelarmi in uno spazio altro, in mondi lontanissimi dove il tempo non conta.... ma nell'evanescenza del tempo niente sfugge all'infinito quando i sentimenti vi approdano coi loro aquiloni... ecco nascere la conoscenza… |