Pasajeros
Ya sé que tu danza va a la mar
o en el círculo de la fuente oculta del río,
cuando bailas nace una mariposa maravillosa
y tu cuerpo desnudo se llena de luz y de alegría.
Nunca podré olvidar cuando tu risa
se encontró con mi mirada
dándome el intenso aroma de tu joven vida.
No importa lo que ha sido y lo que será:
mis ilusiones, tantos años a mis espaldas
siempre te amaré en esta vida,
también cuando hallarás un amor nuevo
bueno para compartir uno de tus días,
o simplemente para vivir tu vida libre.
Testo rivisto da Rosina Valcárcel Carnero
Genova canzone
Genova canzone luce trasparente
distratta medicheria di chitarre.
Chi prima chi poi chi adesso
è sogno sulla pelle che di lei ti prende
è segno nel sangue che lei ti prende.
Scintilla luce abbagliante tuono
tormento spada lama pugnale.
Sullo specchio dell’ascensore
che precipita in alto a Castelletto
s’intravedono facce di poeti da salvare.
Ruberei il tuo cappello notturno Genova
la filiera dei baci della Maddalena
o la finestra che custodisce aranci amari
sui ruderi della guerra ancora intatti.
Risale piano una nostalgia crescente
va su per la piazzetta delle Erbe
e di un’antica libreria si sente il canto.
Amare amai costantemente ogni luogo
che fosse letto per le pietre consumate
che fosse il letto della ragazza in fiore.
Qui sosto sciolgo il dado della fortuna
bagno i capelli al sole e li asciugo alla pioggia.
Mi basterebbe semplicemente mettere
nella voliera del tamburo o del sassofono
le parole sorridenti dell’olandese
venuto a visitarla per tre giorni.
Ottobre è già passato da un po’ di tempo
ma non saprei dire di quale ottobre parli
neppure per verità di quale anno parli
né da quanto scriva parole per divertimento.
Imitando i Beatles
Ho retto alla tentazione di un dio che sforna
panini caldi oltre i padroncini consegnatutto
che bordano lottando contromano controtempo.
Ogni luogo era buono per fiorire ad ogni costo.
Nel lento fluire di chiatte sul Tamigi s’alzavano
nei vivai del cielo in altovolo ad ogni sbuffo di sirena
i contrastanti gabbiani a beccare le parole
d'una interminabile babele dispersa lungo l’argine.
Faceva freddo ma nessuno lo sentiva
quando la ragazza uruguaiana collassava l’aria
con un passo prorompente di seni in agitazione.
Non restava altro da fare che perdere memoria
seguendo l’umidore dei canali fino ad introdursi
tra le mille inutili cianfrusaglie di Portobello
mentre da qualche parte di mondo volavano in aria
le stelle del malessere e soldati presidiavano moschee.
Il dio di tutti noi fuma adesso il sigaro del disinteresse
solo la menzogna resiste tra le pieghe di certe facce
conosciute bene aumentandone il consenso.
Nei canali limitrofi barche nel loro abbandono
quasi immobili quasi vere in attesa di un niente
che inquieti il loro sapore di bambola passata.
Qualcuno imitando i Beatles colora il grigio
di una sottomessa stazione del metrò. La primavera
non alza ancora la sua manomiracolo ma si sente
che chi passa da qui o è toccato dalla grazia
o soccombe sotto l’intenzione di stelle nascoste.
L’istrice e la conchiglia
Striscia l’istrice seguendo
questa antica linea costiera
lascia sparsi i suoi aculei
di guerriero sopra zolle
riarse dal sole d’agosto.
Ha imparato scavando
tutte le storie del mare.
Sa che in quel punto la terra
conserva intatta la memoria
di un colore azzurro profondo
e che da millenni riposano
schiere di sottili conchiglie.
Il bambino pieno di meraviglia
segue il racconto dell’istrice
scava dove emerge una scintilla
un bagliore lucente e tra le mani
trattiene la storia più bella del mare.
Si apre a ventaglio la conchiglia
un fossile che parla la sua lingua:
sono passate guerre sopra al pianeta
uomini col cuore di pietra su questi paesi
lasciarono stesi altri uomini inermi
per un po’ piansi il dolore rimase silente
ora che sorridi bambino rivedo la mia gente.
Una lama contro il sole
Ma per quel nulla
che ha seminato giada dalle mani
divenni guerriero con molte debolezze.
I suoi occhi avevano visto il mare
fin dal suo primo battito pulsante.
Mi prese le mani con quel segreto
più lucente di una lama contro il sole.
Ogni gentilezza nascondeva un tridente.
Di quel fiume tortuoso
non restano ai rimpianti
neppure le pietre della dimenticanza
scampate al rito
delle inutili feste.
No non rimpianti solo nostalgie.
Ondeggiava il santo
lungo la strada in salita
di quel lungo paese del sud.
I debitori urtavano alle porte
un’altra razza soccombe
nel nome del padre del figlio
e delle reti ricche di pesce.
Fiori primaverili
I miti e la pazienza
un fiore di musica dai portici
i fiumi liberati nella stanza d’ospedale
chiavistelli dorati alle porte
la nostra avventura la nostra sorte
legata ad un bagliore di attimi.
Cade nel mio braccio
tutta la cedevole paura
si fonde un anello tra le dita
cantano merli in amore
prima che il giorno riesca
ad inventarsi ancora un orizzonte nuovo.
E sono qui stupito
di essere ancora vivo
nonostante che il treno corra
e i rampicanti lancino un grido
partorendo fiori primaverili
in paesi che non riconosciamo più.
C’è sempre una salvezza da cercare
nel fondo buio di strade tortuose
un nome da fondere col vento
quando minaccia la tempesta
e il mare diventa nero di rabbia
sarò pronto allora a spalancarti la porta.
Vorrei solo vivere un attimo in più.
Girovagare
Incarto le certezze
nella gialla consistenza
di un foglio pieno di parole
pronto a lacerarsi
in mille pezzi per amore
nascondendo nel rigo
delle parole gentili
anche quelle audaci
che sfidano il tempo.
Musica che ti fa sentire presente
accapponare la pelle
e muovere nell'anima
desideri rimasti sopiti
quasi fossero lampi.
Per ritrovarsi vivi
ad ogni battito del cuore
bacio il tuo collo
bacio la tua schiena.
Ci spingeremo oltre
questo reticolato
che brucia le colline
e non ci fa vedere
come veloci avanzano
i segni della primavera
lasciando nell’aria circostante
ampi cerchi del tuo girovagare.
Tanta vita
La piazza è deserta
non c'è proprio nessuno
ma tu sai renderla viva
quando apri le braccia
verso il cielo percorrendola
poi sei brava a lanciarmi un coltello
che raccolgo per la mia debolezza.
Se hai così tanta vita
e me ne regali un pezzetto
anche una sola notte
io me la prendo.
Ho parole da dirti giganti
come fossero sogni
e una scheggia rimasta lucente
da portare al tuo letto.
Il nettare della commedia
Pensami come un sacerdote
che esce dalle bilie colorate
chiuse nel cassetto
oppure da dentro la mite fertilità
di Agrigento appena addormentata
vicino all'albero che si piega
e succhia dalle sue radici
tutto il nettare della commedia.
Se questo è quello che resta
dell'intero recipiente marino
osserva come ancora brilla nella rete
il coltello che divise l'arancia
in due raggianti coppe solari.
Era sempre l'isola
a cantare con le sue sirene
fu una stagione di movimento
esageratamente felice.
Il tuo riso aprì lo spazio
tra i faraglioni ai limiti dello Zingaro
nella rarità di una stagione
scambiata quasi per insonnia
C'è una strada che porta in cielo
oltre la curva acciottolata
ti sorprende in agguato
l'attesa della felicità
che dura meno del raglio dell'asino.
Segesta dipinge d'oro le rovine
lei s'invola in quella luce
gettata dalla primavera
sopra ai suoi capelli neri lucenti
più neri della gazza ladra.
Non le manca il passo leggero
la danza delle braccia nel vento
e quel fremito sui fianchi
si riflette sulla linea del sole
dove spiccano in volo
due piccoli seni canterini.
Mi dipingo clown
così posso per la felicità
battermi il petto piangere di gioia
senza essere troppo scoperto.
Un po' per gioco
un po' per travestimento
nutro l'anima
con queste briciole di tempo. |