Ossimori
Cielo a piombo sul mare
calmo di questa mattina;
la luna, tardiva,
indugia come su note
ancora da provare,
su uno spartito di stelle che
fasciano il silenzio eloquente
dell'alba, ancora buia e fredda.
Fendono lo sguardo
come ghiaccio bollente.
E il sole ti sorprende come i dubbi
e le domande i tuoi passi,
ti chiedi perché te lo chiedi,
che forse il mare
vive di domande?
Sbatte, rombola e non dubita.
Tacito tumulto.
No. Non chiede
della forza e dell'eternità,
per oggi ciò che può essere domani,
se scorterà ancora la luna a dormire,
non vive di domande
perché per lui sarà domani
anche senza luna
e senza spartito di stelle.
Il suonatore di sax
Lambisce l'imboccatura del sax
con le labbra, inumidita,
scivola sui suoni bassi della prova,
su un angolo diverso di strada,
che il giorno prima era caldo
e c'era bisogno di cambiare.
Il basco riverso sul capo
gli infonde un'aria diversa
e diverse tonalità
accordano sotto le dita spinte sui tasti.
E la gente passa intorno
e lui sembra non vederla.
Anche la giacca fa pendant
con il giallo vivo delle scarpe,
a vuoto nell'aria,
parabola a scalciare un cane curioso
che annusava il cappellino
sul marciapiede, a bocconi.
L'orecchio pizzica un tintinnio inatteso,
sulla fiducia, di un passante frettoloso,
che non coglie il vello capovolto
e scade sul marciapiede.
Si abbassa, un tutt'uno col sax
e raccoglie il piccolo premio,
abbozzando un segno di croce
e una carezza nuova all'imboccatura,
le labbra ancor più inumidite
e un nuovo abbozzo di suono,
a seguire un altro, basso il primo, ancora
e acuto l'altro, come il suo sguardo
al muro di fronte del giorno prima
che faceva caldo e c'era bisogno di cambiare.
E la gente passa
e sembra non vederlo,
smuove, a volte, la coda dell'occhio,
come una stima veloce
del giallo delle scarpe o del cappellino
ancora vuoto,
senza leggergli lo sguardo.
Spiragli
Sibilo di vento,
afoso,
spira sinuoso tra le nuvole,
spigoli di fumo
annebbiano le coltri lanose
dei monti, fregole di sole
si insidiano tra i sogni d'estate
e il mare, immane,
si rassegna ad un viavai eterno.
Spiragli di tempo,
refusi,
vagano tra le rughe,
ridestano giorni,
annebbiano le coltri canute
della fronte, giri di parole
si insidiano tra i nostri corpi
e il mare, immane,
rimane.
Dadi truccati
Dadi truccati, i giorni
e il giocatore fa sempre
il segno della croce
e spera;
i dadi sono truccati.
Una smorfia smagrita,
patita di guerra,
un'altra, di bambina,
occhi neri che indagano ciò
che sembra solo sangue e fame,
un latte bevuto a piccoli sorsi,
su bocche ossute.
Gli occhi, vivi,
guardano e ti pugnalano,
come menzogne di finti buoni,
che salvano chi è già salvo,
numeri truccati di sporchi giocatori
che tirano dadi truccati,
donne e bambini che fanno
il segno della croce,
sperando
e ignorano che la loro sorte
non potrà distaccarsi.
Gente stringe il cappello
e mani interessate,
sposta volontà come Mosè mari.
Chi si pone di fronte al muro
viene vestito da ladro,
scopre di avere qualche colpa,
l'applauso scroscia per il dittatore
che tira dadi truccati,
numeri che fan finta di cambiare,
e qualcuno fa il segno della croce,
sperando ancora,
i dadi sono truccati,
ma continua a sperare.
Il fuoco Ardi, impasse, il legno si consuma. Inghiotti lento la corteccia, via fino al cuore. Ardi lento come questo tempo, che trascina con sé odio e sentimento. E il mancare di gente a me nota fa smarrire veloce la giovinezza. Ardi e il legno si consuma, come il tempo consuma le vite, rosicchiando le cortecce e le storie, via fino al cuore.
Quello che penso Quello che penso è una strada di sera, un fiore d'autunno che s'aggrappa alla luce. Quello che penso è un disegno sfuocato, una nuvola che copre il mio pezzo di cielo. È la vita che si ferma solo alla fine del sogno, un sorriso di una madre, lontano come un ricordo. Quello che penso sei tu distesa sull'erba che leggi le mie parole, mi guardi e sorridi, un fiore d'autunno che spera ancora di rinascere. Il tempo passa Il tempo che passa può essere una consolazione, Come un fiume può trascinare via gli odi, le asprezze, le inquietudini, lenire le tristezze. Può privare dell'alba e dei suoi colori, può privare degli abbracci, denudare la mente dai pensieri, il cuore dagli amori. Il tempo che passa può essere il miglior amico, una spalla di consolazione, può essere spento ricordo di giovani emozioni, di speranze mai realizzate. Il tempo che passa è solo una constatazione che confonde la mente sul perché esso ci calpesta senza alcuna suggestione. L'eco Vorrei sentire ogni mattina il rintocco di campane a festa, un seguito di belle notizie sui giornali. Un sorriso stampato sugli occhi dei bambini, la precedenza ad ogni incrocio, i meriti riconosciuti, strette di mano, i bambini che giocano liberi per strada, i politici tra la gente, solo fiori nella mente. Un riciclo di coscienze abbandonate. Vorrei almeno sentire l'eco di quello che sto dicendo. Gli eroi Assonnati, indossano la divisa di ogni giorno, come un istinto primordiale, indefesso. Una veloce colazione tra i rumori del giorno, si adoperano al telefono come a coprire le distanze e i vuoti d'amore. All'erta per ogni bisogno, soccorso o protezione. Silenziosi, forse appagati dal lavoro del giorno. Appannati, di sera, coraggio e forza, per parole affettuose ai piccoli pargoli che, cinguettanti uccellini, anelano piccoli bocconi d'amore. Ogni giorno uguale, senza una riga di ricordo alla fine della battaglia, senza una targa alla memoria. Disarmato A volte osservo il tuo profilo, maestoso, tenero, dolce. Mi perdo il senso del tempo, temo a proferir parole. Temo di non potermi muovere ancora, assediato come sono da quest'unico pensiero. E quando vinco con coraggio questa disarmata mia sottomissione, ti giri, languida e mi consumi con il tuo sguardo, ed io, già sfinito, mi sento morire. Amare e soffrire Si è detto sempre il vero che è meraviglioso amare? Qualcuno ha compreso che dire "ti amo" può lacerare l'anima come può un coltello la carne. E la violenza di un ultimo abbraccio? Dell'ultimo saluto quando non ci si può più rivedere? Come è crudele volere amare e non potere, un continuo abbattersi e patire. Scontrarsi con lo sguardo più dolce del mondo, rimanere inermi sentendosi infilzare, lentamente, crudelmente, fino all'ultimo respiro. No, lasciatemelo dire, a volte amare è un po' morire, lentamente, crudelmente. Il posto delle fragole C'è un posto nel cuore dove l'amor s'affanna a rincorrere chi non ama. C'è un posto nel cuore come un giardino di girasoli, rivolti al sole, perenni, come il mio sguardo verso di te. C'è un posto nel cuore come una stanza buia e chiusa, che ansima per un tuo si, una ruota che non gira, un istante che non passa. C'è un tormento dentro me, un pensiero monocorde, che si chiama te, una coda di formiche che sfidano il vento ancora gelido dei primi giorni di marzo, come si sfida una faccia che dice no e che ti ispira ancor tenacia. C'è un posto nel cuore dove l'amore si tinge di rosso fragola, e inizia a battere ancor più forte, in attesa di essere preso e baciato da labbra d'oro. Silenziosa Signorile, abbandona la scia scivolando quieta nella sua compresa funzione, sottil presenza muta. Lo sguardo altrui accorta indaga, con pervicace atto teso nello scoprir l'agguato, bizzosa e garbata nel medesimo modo. Fende come rasoio la parola, che attenta guardia sfonda di un non solerte interlocutore. E siffatta medaglia il risvolto scopre, che dolcezza copre simil gelido simulacro, ma lanciata in alto non sempre cade da desiderato lato, che il terreno scopre con fervido sgomento, il lato opposto di presunto sentimento. Il corvo Non brama di mutar dei giorni il colore, del buio attenta discepola si veste, sconfessando ogni anelito di approccio. Del silenzio rimarca i precetti in esteriore ritegno, in ogni dì marcando un incensante mistero. Esecra ancora la voglia di rimirar lo sguardo nel senso delle stelle, a forzar i limiti di parvenza umana, come di consapevole illusione di confini. Dissimile da acuto marinaio che dell'orizzonte vuol conoscere la fine, si appaga di nuotare in un ameno stagno, senza assaggiare l'ebbrezza delle onde attorno. Ombra scura sul manto piatto della vita, agogna come musica l'ultimo canto di cicala. La coda delle stelle Lo stridere del grillo, imperterrito, fa a gara con il canto di cicala; in tela rigida rifugge la seduzione di ogni distinto colore, mentre il buio copre come manto i fili appesi ad ogni scia di stella. Abbandona al mutar della notte le ali di farfalla e s'accinge alle ore in coda di ogni giorno, tentando, con sforzo vano, di mutar del caso il risultato, incallito giocatore che spreme ancora ogni sua condizione, rimpianto ennesimo di chi ha perso l'occasione. Eppur sorride di candida giovinezza, petulando insistente sulle ore. Vita amara che in un soffio vaneggia di ricavar sorriso, anela al serale ristoro come tregua vana e temporale di chi riflette con un sospiro. La curiosità Il sonno rompe, di sangue altrui rinvigorita zanzara e del timpano ignora la consentita stanchezza, d'impeto infrangendo forme e cristalli. Il cuore vuol avere di farfalla e l'incedere greve, nel vano tentativo di chi appare. Sbadata imprudenza di commediante novizia, a forzare soglie schiuse e di campanello armate, s'accora per nuove vane, scava ancora con occhi a terra e non s'accorge del tetto che cade. Sei una rosa Una rosa è sempre una rosa; sotto il sole accentua i suoi colori e apre, gioiosa, i suoi petali al giorno. Sotto la pioggia diventa ancor più vellutata, le gocce scivolano via lentamente, tentando di rimanere attaccati alla sua bellezza. Di notte, racchiude i suoi petali, nascondendoli al fosco colore, rannicchiata, resiste alle ferventi avances del buio. Solo all'alba del nuovo giorno torna a sorridere, fugace e schiva come una donna riservata, meravigliosa come un ricordo così bello che sembra non essere mai stato reale. La danza dei tonni Danzano sull'acqua, i tonni, saettano sulla cresta dell'onda e scompaiono, ombre nell'aria rarefatta del mattino. Pare una festa della vita, questa voglia che chiama il sole e vanifica l'interessato sguardo dei gabbiani. Danzano sulle parole, eleganti, si concedono, agitano lo scudo della loro fittizia nobiltà. Frasi fugaci, caliginose, frammenti di regali dei custodi del sapere; a poco a poco le dosano, perché il popolo le ingolli lentamente, per illudersi di non affogare. Danzano sull'acqua, i tonni, ma sotto la schiuma bianca rovinano la vita di impotenti sardine, ignare di finire così il loro giorno. Danzano sulle belle parole, deputati di un Dio maggiore, rovinano sciami di idee e speranze alla deriva, per loro insindacabile desiderio. Dove sei Dio? Dove sei Dio, tanto desiderato? Perché ti nascondi, se ci sei, non odi, forse, il nostro richiamo così animato? Non ti accorgi di questa giustizia dei più forti, di questi passi che schiacciano tutte le speranze ed i sogni, i torti. Non dici una parola né fai un segno, rimani anonimo e ti fai desiderare, da chi crede ancora che sei reale. Io non ho più dubbi, ciò si impatta con la fede, non faccio novero con chi ci crede, non esisti ed è una consolazione, non può essere vero un Dio che si bea di questa situazione. Come definiresti… Come definiresti sentirsi una roccia impenetrabile all'amore e scoprirsi muro d'argilla, con te che la plasmi. Come definiresti che mentre scrivo ciò che sento per te, penso a te, un pensiero sull'altro, carezze mentali che dovresti sentire, intense come sono… Io lo definirei amore. I falchi Le forme sui muri si intrecciano di colori diversi, agitati come bombole spray. E' notte fonda e i ragazzi non pensano ancora di andare via, spinello tra le mani, che passa tra le mani. Hanno perso la luce negli occhi, ancor più buia che il buio. L'andatura che sbanda come la loro vita, in cerca di un rifugio che non c'è, piccole prede per rapaci affamati, buchi neri in un cielo affollato di finte stelle. Tutto a posto Come l'edera, avvolti su pareti ruvide, su ogni appiglio come nella vita, muro o ramo che sia, coraggio o amore. Pigiati tra i pensieri del giorno, i sogni sprangati in un canto del cuore, con gli occhi chiusi, i pugni chiusi. Raschiamo ancora la voglia di vivere negli occhi dei bimbi, con la forza di un abbraccio e una parola la sera, quando si destano per un bacio: "dormi, è tutto a posto". Vento Questa vita è terra, è acqua, fuoco, è aria. Granello di sabbia trasportato dal vento, pallido, come il sentore di un'alba che verrà. Un fulmine che attraversa l' eternità, in un lembo di respiro affannoso, come uno sguardo fulmineo, un abbraccio silente, nascosto. E' un vento possente che attraversa la mia mente e mi parla di te. Tenue Perdermi tra i pensieri, come in un campo incolto al principio d'inverno, smarrita cognizione e volontà. Bozzolo di farfalla che manterrà le ali chiuse, nell'attesa perenne di librare un volo colorato, nell'eternità di pochi giorni, sono i miei sogni, rappresi al tuo sguardo. Sono in attesa, come un sasso coperto di neve, prego il sole di mandarmi un fiore accanto, che appaia dal coriaceo terreno nei pressi del cuore e un raggio verso il tuo sorriso, come un riflesso del bene che sento per te. Parabole Solo adesso ho considerato la sfilza di giorni persi nel vento, uno sfondo buio a coprire man mano una strada tratteggiata da sogni. E tu sei una sorpresa, un pensiero bianco, promiscuo di colori come gemme di primavera, a scolpire un alterco tra il sole e la pioggia di marzo. Smarriti i pennelli, il pittore avvilito, avvinto da tanta meraviglia, chiude i suoi occhi vaneggiando sui tuoi, rassegnata coscienza alla sua inerme incapacità di farli rivivere in tela, che attende, che sospira un tuo sorriso bianco, un fiocco sulle stelle che si addensano ancora, quando tu vai via, accavallando parabole nel buio della sera. Il deserto Ho rincorso i giorni, quando tu non eri nei miei giorni, sperando che i gabbiani mi parlassero di te. Ho sperato in un altro risveglio, sperando che il sole accompagnasse l'alba e te. Ho tramato contro il destino, scorrendo i giorni a ritroso, cercando di scorgerti all'orizzonte, appoggiata sulle nuvole, leggera. Ho udito la tua voce echeggiare da lontano, ma era l'invana invocazione di un illusorio miraggio, in questa vita che, senza di te, è un deserto. Guardo il mare Mi sorprende l'idea delicata di te, soffice parentesi nei miei pensieri e, dimentico, sospendo il mio sguardo sul mare in tempesta. E tu, sei accanto, infreddolita e vorrei abbracciarti e non posso, vorrei baciarti e non posso. Quando mi sorprende l'idea delicata di te, continua come le onde, si abbatte sul mio cuore in tempesta. E tu non ci sei più, non posso baciarti, toccarti ancora le mani; sei un'idea svanita, un'onda che si ritrae sul mio sguardo sospeso sul mare in tempesta. La sentinella La coda s'impone di seguire, ligia al suo indirizzo, tenta di schiudere all'ordinario corso il suo zaffato scrigno che nell'inutil via s'affanna. Eppur lieve appare quando soffio di brezza culla il dolce prosieguo del suo tempo che quasi scalfisce il suo contorno. Non v'è scudiero più devoto al fato, più attento di Talo guardiano di Creta, per riguardo al nome suo. Dimentica per rigore il filo del suo ritorno, celere al suo obbligo, stucchevole dedizione e strepitar di fuoco che vuol coprire borioso, l'ondeggiar biancastro di diverso mare. La tela del ragno Tessuta la tela argentea che illude l'ignaro pellegrino di eludere la sottile trama, con agile mano dissimula l'umil ferro si da apparir smeraldo. Lieve, randella come clava la sembianza di ogni sua forma e soavità. E di leggerezza si compone ogni sua missione, muove pedina decisa, con placida sensazione. E smulina così suo tal strumento, rasentando il muro, che passion ci prende a suonar tamburo. Sembra arduo il suo incedere in salita, non manca mai però di porgere un sorriso. In allerta tiene ogni suo sensore, in ogni mentre cupo, come pecora sciolta a brucar parole, che rifugge a prima vista la tana del lupo. Un solo colore La neve copre bianca ogni cosa, sulle montagne tutto è tinto di un solo colore. Le cime degli alberi, purificate dalla neve, bussano alle porte del paradiso, cercando di spingersi oltre le nuvole. Il tuo pensiero copre ogni altro, nella mia mente oltrepassa ogni altra cosa, mi rende dimentico delle mie giornate. I tuoi occhi mi rendono leggero, mi sospingono nell'aria, fino a bussare alle porte del paradiso, ospite sgradito, forse. Anche il mare sembra eterno, virulento nel suo incedere, sembra abbandonarci ai nostri limiti di uomini, soffocando la nostra idea di eternità. Quello che sento per te sembra eterno, possente mi corrompe l'anima ed il corpo, si da sentire male per la tua assenza. E il tuo ricordo non mi abbandona, anzi umilia gli altri miei pensieri, eterno, soffoca la mia identità. Tutto si riveste di te, coprendo la mia vita di un solo colore. Muro di nuvole Copre l'orizzonte questo muro di nuvole scosso da linee ondeggianti di ali, pace fugace in questo giorno che sorge, coperto di brividi umidi in questa mattina ingannevolmente serena. Cullano i miei pensieri queste onde ripetute che portano pensieri alla mia mente, persistenti, spargendoli come spuma in solchi di sabbia che scavano lor stessi. Eterne… Ogni cosa pare così lontana sfumata nel vento rarefatto e obliquo che traversa ogni mio giorno e che sbatte contro questo muro di nuvole che coprono i miei ricordi, scossi da voglie inespresse, ondeggianti di ali, miraggi di voli negati. Se mi ami clicca mi piace Siamo sempre noi, quelli che cercano il sole di mattina presto e poggiano sogni sulle nuvole per farle arrivare alle stelle. Camminiamo, scalzi, sulla spuma selvaggia di una notte di primavera, scambiandoci parole inutili, che ci fanno sorridere e ci spingono a sguardi veloci, che traiamo le mani che si intrecciano, istintive, inventano versi da scrivere sui tovaglioli di una pizza rapita tra i banchi di scuola. E' cambiato l'amore? Si è astratto sui cellulari e le dita che dettano lingue sconosciute, tronche ed ermetiche, mosche impazzite che disturbano il sonno degli aridi sguardi di fantasmi attorno, sbiancati di giornate vuote, che non conoscono battiti e carezze, vuoti discorsi su andamenti altalenanti di borse, che vedono noveri su anelli scambiati a cavallo di ponti antichi, traballanti di incuria. Vorrei scriverti quello che sento, su fogli dorati di bianca cornice, mi vergogno un po' a dirti parole, un parte di me che, inerte, giace; ti fisso in posa, rassicurante, ti mando un messaggio, se mi ami, clicca mi piace. Le lucciole L'auto si snoda, sinuosa, tra secoli di legno e campagna. Le donne, chine sui sacchi, formano schiere di fatica, solo nei miei ricordi di allora, come se non ci fossero mai state, pudiche di grembiuli sulle ginocchia, davanti alle porte delle case. Mi copro d'aria neutra, finto stato di benessere, il braccio fuori dal finestrino e vento che sfoglia i capelli e i miei figli che non sanno da dove nasce un fiore e del colore delle gemme di primavera che rivelavano la fine della scuola, stridendo con gli ultimi esami. Ci si incontra in luoghi astratti o sui campi del cellulare, costretti da regole di finte libertà, che ci rendono uguali. Giochi ossessivi di schermi artificiali celano a chi ci seguirà i segnali delle lucciole, nascoste tra le siepi di notte, profumo dell'estate, di pomodori e olio verdone, sotto l'ombra di un olivo incombente. Le formiche Siamo un passo da appendere ad una coda, concime di strade abbandonate, inghiottiamo verità sdrucite, come pagine vessate da strofinii ingialliti di fumo di secoli, che abbiamo ingurgitato sui libri di scuola, stropicciando gli occhi davanti ad una finta alba. Siamo stelle piccoline in un cielo che può esistere senza, file senza attrito, da schiacciare, che non si sente rumore, nessuno ha mai sentito urlare le formiche, serbano la dignità anche durante la morte. Sogniamo galassie lontane da questo sole e abbassiamo la testa ai giorni costanti, tanto a noi non capiterà di incontrare sguardi gelidi che son sempre di altri, porte che si chiudono sugli occhi, latte che cola su bocche tremanti, di prima mattina, un commento di giornale stretto tra le mani e finte rassicurazioni di un futuro condizionato alla volontà del sole. Io non ho paura Non ho paura di morire, so che sarà così. Nessuno potrà togliermi i miei anni, adesso ogni giorno in più sarà un regalo. Non ho paura di vivere, è l'unica cosa che mi è permessa, problemi, privazioni e una gioia che non è più la stessa. Ho paura, già, di non rivedere gli occhi neri di mio figlio e di non sentire più il riso rumoroso di mia figlia e te, che mi attendi da una vita e mi guardi sottovoce, per soccorrere il mio umore. Al tramonto Mi scopro, a sera, a percorrere il ricordo, tardo, del tuo viso; Tenue e periglioso sollecito al mio vivere. E' ormai lontana la mia speranza e di un abbraccio e di una parola, fronda ormai secca dei ricordi. Ignora il mio dolore la cicala e canta, sempre più incerta. Si confonde il tramonto con le linee del tuo viso Davanti ai miei occhi e, lento come il sole, volge dietro la collina, ad illuminare altre terre o altri amori. E scuro si tinge il mio cuore… anela ancora di colorarsi del bagliore del tuo sguardo. Di mattina presto Se ancora apprezzerò della natura i suoni e il canto delle cicale alte sugli ulivi e gli odori di campagna dei contadini è perché sarò ancora innamorato di te. Se mi faran ribrezzo gli orrori, la guerra e l'odio che indurisce i cuori, è per ciò che avrò da te. Il pensiero volge agli anni trascorsi, sentimenti eterni. La rugiada scivola sui petali la mattina presto, sonnolenta sfugge ai primi raggi di sole. Scivola come contatto furtivo di bocche, baci rubati, da portar via. Come il tempo porta via i giorni, i nostri giorni. Sottili pensieri come fogli di carta, bianca, umori colorati di affetto. Se ancora crederò nell'amore è perché sarò ancora innamorato di te. La luna nel blu della sera Come è azzurro oggi il mare, schiuma bianca, carezza la spessa sabbia alla deriva. Il vento frange le montagne, da lontano sembrano blu, mentre gli irti pioppi dominano le case del paese. Come è azzurro questo cielo, specie dopo che è piovuto e tutto si risolve alla calma. Senti dalle mani il candore dei petali delle rose, ne odori il profumo. Giorni rigati di dolore, cerchi invano un ricordo grato. E quando la sera il cielo cambia veste e tutto dorme, non muta la stanchezza dei tuoi pensieri. I pescatori Recuperano le reti i pescatori, trapunte di sole e luna, fresche di mare… Il sale nei capelli, tante notti addosso con il freddo nelle ossa. Le donne vincono la paura stringendola negli scialli, guardano quei gusci di noce che scompaiono nel buio, raccontandosi di notti trascorse tra la sabbia, del dolore di chi non ha visto tornare gli affetti usuali. I pescatori remano sicuri, parlano con la voce roca, rotta dal sale, gettano le reti e stanno in silenzio o parlano piano, del dolore di chi non ha visto tornare gli affetti usuali. Non c'è neanche la luna stasera, le luci, lontane, sembrano piccole fiaccole. Il mare accarezza le barche, senza adirarsi stasera. E' una notte come altre, mentre si ritorna, riva chiara sotto i primi raggi, odorosa di caffè caldo, notte trascorsa al largo, stanchezza che lambisce i volti che parlano piano, raccontandosi di notti trascorse tra la sabbia, del dolore di chi non è stato visto tornare… Se Ci siamo scoperti a trascinar parole, sfuggendo ai sospiri del tempo; anonime ore a disegnare fantasie. La realtà avvolge, mesta, tutto ciò che appare, supplicando amore. Una sera Ricordo il paese, quando ero bambino, quando non l'avrei mai voluto abbandonare. C'era tanta gente lì, seduta al buio. Ci si mise anche la luna, a sembrare ancor più maestosa, tonda e prepotente, a salir sulle nuvole, mentre le stelle si smarrivano tra le luci della pianura. Sul lenzuolo acceso passavano le strade, gli alberi, le case, le chiese, sembravano diverse. Immagini di una volta, sbiadite di ricordi, del paese che era. Gente che non c'è più, andata via o troppo vecchia per riconoscersi. Bambini in bianco, in processione, riconosco mia madre… Bambina in bianco anche nel cuore, a mani giunte, a ridere e a pregare. Anima in bianco anche adesso, starebbe ancora a ridere e a scherzare. Il brusio della gente, racconta le sue storie. Dalla torre l'orologio veglia sulle nostre ore, come una volta, anche questa sera. L'alba Il giorno è ancora nascosto, lì, a Crotone. I pescatori intrecciano le reti e il fuoco acceso sulla spiaggia disegna sui loro volti ombre fugaci. Il sole già contende il mare al buio della notte che, lento, si ritrae dietro le colline. Le barche, confuse con il mare, saltano sulle onde. Svegliarsi presto è scoprire un mondo che sembra non esserci più, riscoprirlo eterno, immodificabile. E' l'accavallarsi delle onde, dei giorni, tempesta e calma. Svegliarsi presto è ridarsi alla vita, dimenticarsi di ciò che essa è. Dentro il vaso Falla dentro il vaso e lavati le mani, fai il tuo dovere, rispetta il tuo vicino, le buone maniere. Pubblico impiegato, fannullone, sprecone, il simbolo sei, dello stato che respira a fatica, fiatone. Non conosci la fatica, lo stipendio, un regalo, il sacrificio conosci, adesso, almeno. Nessuno ha torto su di te, chi ne parla e ne sparla, è insindacabile, infallibile, un re. E a quello tutto è dovuto, a te nulla abbisogna, un delinquente da mandare alla gogna. Quello ti addita alla pubblica prolusione, che tu lavori è una finzione, meglio sarà se del tuo feudo sarai defraudato, non hai ragion d'essere e se tu scomparirai altri faran per te. La medesima cosa, allora si che varrà la pena di essere presentata, come opera d'arte, pregiata, che se prima a nulla valeva, ora giova e tale sarà rimunerata. E chi prima si pregiava di odiarti, ora non più s'accorge che più sborserà, ingoierà tutto con sollievo e tu piscerai, solo, contro un muro, per sentirti ancora vivo. Spread, dispread Oggi il mio umore è alto, l'ha detto la televisione; dovrei sorridere come quei camei che passano, indisturbati, anime di un altro mondo, davanti ai nostri occhi e parlano di diritti che non ho più, di sacrifici, sulle loro auto blu. Masticano parole e destini di nuove generazioni, tagliano e ritagliano, riempiendosi le bocche, operai e scuole, senza repliche o ammissioni. Si può uccidere così, lentamente, sogni e illusioni, avanzando menzogne che calpestano popoli divisi da piccole beghe, campanili fiaccati di secoli. Dispread di cadaveri innocenti e gente che non vive veramente, come autostrade di rifiuti in decomposizione, che nascondono anche questo sole. Anche la mia vita è una percentuale, il mio umore dicono sia alto ed io l'ignoro, ogni sera, al telegiornale. L'estate Come nei libri di scuola è arrivata l'estate, un quadro di colore giallo grano, una mano alzata a chiudere in un pugno un soffio di vento, che porta nel verde dei tuoi occhi. E' arrivata l'estate, secca come la terra che ci separerà, che ti porterà via da me, una mano alzata a imprecare contro il vento. Mutano le onde placide di questo mare, si agitano come quel giorno che le osservavamo dalla battigia e io volevo abbracciarti e non potevo… c'era un vento gelido, un tempo gelido, che ti porterà lontano e gelerà il mio cuore. E' arrivata l'estate, scivolerà tra le dita come sabbia, come i tuoi pensieri che mi abbandoneranno in questa sperduta estate giallo grano. La sentinella La coda s'impone di seguire, ligia al suo indirizzo, tenta di schiudere all'ordinario corso il suo zaffato scrigno che nell'inutil via s'affanna. Eppur lieve appare quando soffio di brezza culla il dolce prosieguo del suo tempo che quasi scalfisce il suo contorno. Non v'è scudiero più devoto al fato, più attento di Talo guardiano di Creta, per riguardo al nome suo. Dimentica per rigore il filo del suo ritorno, celere al suo obbligo, stucchevole dedizione e strepitar di fuoco che vuol coprire borioso, l'ondeggiar biancastro di diverso mare. La curiosità Il sonno rompe, di sangue altrui rinvigorita zanzara e del timpano ignora la consentita stanchezza, d'impeto infrangendo forme e cristalli. Il cuore vuol avere di farfalla e l'incedere greve, nel vano tentativo di chi appare. Sbadata imprudenza di commediante novizia, a forzare soglie schiuse e di campanello armate, s'accora per nuove vane, scava ancora con occhi a terra e non s'accorge del tetto che cade. Vai via Appari come un sogno stonato del primo pomeriggio, perso nell'afa dell'iniziale caldo primaverile. Un miraggio sfuocato in un deserto, una mano tesa che si ritrae, repentina. Un labirinto senza uscite, un puntino perso nel blu, una scia di una stella ad agosto, un sogno sfumato, appena sognato. Vai via orgogliosa, testa alta, vai via da me, lontano dagli occhi, il mio cuore in frantumi. Vai via da me, un sogno stonato che scompare repentino, come una scia di una stella. Il gioco degli scacchi Le panchine del parco sono vuote nel primo pomeriggio, mentre la strada brulica di auto, gente che si insegue fino a casa. Sul tavolo di ghisa e mattoni una scacchiera e un solo giocatore. Assorto nelle mosse decisive per vincere la monotonia, gesti ripetuti, uguali nel tempo. Tra le rughe degli anni, barba bianca e nicotina tra le dita, sembra masticare nel vuoto dei denti smarriti. Muove piano la pedina e si alza lentamente, per assumere le sembianze dell'altro giocatore. Parla piano, da solo, come se ci fosse l'interlocutore. Tra regine e cavalieri finge epiche battaglie, mosse a fatica, per non farsi dare scacco dalla vita. Sono già le nove Cerco tra le pagine di un libro una pausa della mia giornata, mentre la schiuma della battigia si confonde alle pagine. Un giornale vecchio porta ancora notizie nel vento leggero del pomeriggio, foto già viste di numeri senza più cuore e anima, fredde righe in bianco e nero, morti senza nome e distinzione. Visi stravolti di bambini, che sembrano dormire, in primo piano sotto una pubblicità. Una bottiglia galleggia sull'acqua, come a portare un messaggio d'amore. Un pesce salta sul mare, indeciso tra l'aria e l'acqua e un gabbiano lo osserva dall'alto, in agguato. La sabbia mi copre già i piedi, sulla battigia confusa alle pagine… sono già le nove. Si parla d'amore L'alba si fa attendere dal giorno, vanesia, come una ragazza davanti allo specchio prima di scoprire l'amore. Anche oggi la speranza non vuol morire, in cerca del più bel fiore in questo deserto. La folla scansa i mendicanti in ginocchio sui marciapiedi, qualche sorriso smorzato, perso tra le pieghe dell'affanno. Ed il tramonto è ancor più un rifugio di sogni, un continuo vagare in cerca di luoghi dove si parla ancora d'amore. Sedotti e abbandonati Un fruscìo di vita abbaglia la mente, un sogno teso alle stelle, sguardi persi nel vento, trascinati dalla voglia di vivere. Innamorati di questa vita, scossi dalle onde dei giorni, come marea d'inverno, illusi in qualche sogno sulle stelle d'agosto sospeso. Giunti invano alla meta, sedotti dall'idea di eternità, siamo in ginocchio, a implorare il tempo a ritardare il momento dell'abbandono. Punto Ti scriverò poesie e te le dedicherò, per farti capire quanto amo. Te le scriverò sulla tua pelle di luna chiara, di notte, mentre sei nuda sul letto, la mano soffice per non svegliarti, un bacio come punto, alla fine. Mompracem Sono seduto davanti a questo specchio di parole. Immagino un posto che è nella testa e nel cuore, dove chiunque è libero, nessuno è solo sulla soglia della vita. L'odio è bandito Ancor più lontano, l'amicizia forte in una stretta di mano, e tu ritorni ancora verso di me, come sempre, sguardi d'intesa senza parole. Immagino e il sogno è un tasto di piano, suonato dal vento, sinfonia del tempo. Immagino un posto che è nella testa e nel cuore, sfumato come un ricordo, già perso nel riflesso di questo specchio di parole. La cena Si incrociano gli sguardi tra i vestiti per l'occasione, come stupiti di riconoscersi dopo questi anni. Gesti sospesi nel tempo, tra le pieghe dei capelli curati per l'occasione. Le strette di mano mutano in abbracci, la timidezza in risa aperte, per storie remote e mai dimenticate, anche nei particolari. Anche lei non è cambiata, quel suo sorriso di sempre, per il quale ho tremato, per il quale forse tremo ancora. Il saluto è una stretta di mano, che scivola piano, sudata, come ad abbandonare per sempre un ricordo breve, intenso, che riaffiora un attimo, breve, intenso, a scolpire immagini nel cuore, nella mente, un brivido freddo, caldo sulla schiena, breve, intenso. La balena Un colpo di coda, vibra sull'acqua, gli spruzzi si alternano sonori nell'aria. Si inarca, possente, in mezzo al mare, si erge, s'affonda, pare mai finire. Regina del mare, maestosa, curiosa, occhi grandi, attenti nei gesti di madre affettuosa. Vaga ancor più lontano, verso l'orizzonte, senza meta, dall'alto sembra un puntino. Una piccola essenza in questo mare di vita, che della vita decide, che di nessuno si cura. Sulla spiaggia si adagia, il corpo è pesante, si inarca spossata sotto il peso degli anni, inerme è la coda, un coro di affanni. Regina del mare dai gesti maestosi, la rotta è smarrita e lo sguardo sfuocato tra pochi curiosi. Dammi un bacio Parole che si rincorrono veloci, si accavallano e tracciano, confuse, il filo del discorso. Petali spuntati che il vento trasporta in un apparente nonsenso di piccoli vortici e derive. Ronzano, senza fine, come insetti da scacciare. Mi sento ormai smarrito in questa babele di vocali … dammi un bacio. Cartone Medito sulle ore, abbarbicato su questi sogni di cartone, consumati di colori sempre più sfumati. Continuo il mio vivere a passi felpati, scosso da lampi improvvisi di emozione, temporanei, dove, smarrita, ritrovo finanche la decenza. E che questi sogni mi accompagnino sempre, come l'odore della zagara nei primi giorni di primavera. Il ritorno delle rondini Voglia di libertà, voglia di spazio e tempo, sesto senso degli uomini. Sensazione che sembra sfiorire con il passare degli anni, man mano che la giovinezza si allontana, come fosse propria di quella età. E quella voglia forte di evadere, e ciò che è stata per me, sensazione e ribellione, un bisogno mentale, dove anche un piccolo sogno aiutava a smarrirsi anche solo nei meandri della mente. E adesso, candeline in più da spegnere, mi confondo ancora in questo pensiero: cos'è per me la libertà? Un bisogno fisico, una forza preponderante che sconfina dalla mia coscienza, abbandonando anche me stesso, a piedi per il mondo, senza meta, con la forza della solitudine, con emozioni subito nuove, persone nuove, poi subito da abbandonare. E' questa mia voglia di sentirmi eterno, vincere i miei limiti di spazio e tempo, non saperne più dei giorni, delle ore, alba, notte, pioggia e sole. E' questa voglia di sfuggire a questo male di vivere, sfinito dai limiti forzati. E' questa consapevolezza del dolore così diffuso e prepotente, mentre ognuno si aggrappa alla vita, incolpevole dei suoi affanni. E' questa primavera che ancor più me lo ricorda, disegnando le stesse parabole di rondini, così diverse e così uguali da tante primavere, è il loro ritorno, il loro garrire la propria libertà, è questo cielo azzurro che avvolge tutto, giorni, ore, alba, notte, dolore e amore. I soldatini di piombo La bellezza della sera coglie a tradimento anche i cuori più aperti, mentre la luna luccica sul bene e sul male, indifferente. Adesso penso che mi sembra inutile meditare su qualsiasi cosa, mentre una bimba lotta con la morte, fuoco su fuoco, all'impazzare. Come può ancora essere così? Mentre un bimbo crescerà vivendo il terrore, l'immagine continua della violenza, una natura che presto apprenderà, farà anche sua, per fare fuoco su fuoco, come si fa con i soldatini di piombo, che cadono, si rialzano, ricadono. Che non si alzano più… Guardando i tuoi occhi Alzo lo sguardo e sorrido, incrociando i tuoi occhi, lentamente, per non perdermi. Mare aperto, acqua salata, deserto senza ombra, troppo e niente, acqua e sabbia, come sete, come non potere bere. Guardo i tuoi occhi per sfuggire al tuo corpo, al tuo sorriso, per non perdermi sulla tua pelle bianca, per non morire sulla tua pelle bianca. E' già tardi quando mi accorgo di essere già perso, naufrago in questo mare aperto, troppo e niente, senza timone, come amare, come non potere amare. Fuori piove ancora E questa notte che non finisce mai… cerco conforto in qualche rumore, un indizio del giorno a venire. La pioggia infierisce sui vetri, allontanando qualsiasi barlume d'alba e di gioia, calcando sul cuore ogni respiro d'ansia. Il tintinnio delle gocce si affanna dietro quello delle ore, imperturbabili, uguali, che scorrono lente, tortura antica. Neanche un rumore, un suono, se non la pioggia, continua, lenta sui vetri, imperturbabile, uguale. Il vestirsi e l'uscire sono un unico atto, mi ritrovo a camminare per strada, infine sulla spiaggia di notte, mare nero, anche la luna sembra scomparsa. La pioggia filtra tra le luci dei lampioni, batte sugli alberi, sulla strada, sui miei capelli, mentre tiro un sasso in mare. Fradicio, sono ancora a casa, sereno, si da chiedermi perché l'ho fatto. Mi rispondo un po' banale: per sentirmi vivo… mentre guardo ancora fuori, mentre fuori piove ancora… L'albero solitario Un battito di ciglia,un profondo respiro,durano solo un secondo. Forse meno,ma è bastato per farmi ricordare un temporale e il ricordo ha suggerito una visione di luce nera e rossa e, lì in fronte,un albero solitario con un groviglio di rami tesi a reggere gli sconquassi della pioggia e dei lampi. Improvviso irrompe il sole sulla pianura dove,immobile è l'aria. Karen Blixen nella novella "I sognatori",racconta che chi vive nelle città sia attratto dalla forza di viaggiare e di spostarsi. Ovvero il desiderio e il senso di portarsi avanti,dove vento o forze contrarie non esistono. Amo vivere nella mia città. Ne vedo il profilo con la sagoma della Madonnina. Ma il pensiero che esista un prato solitario,mi induce a pensare che esisteranno in eterno,nei miei pensieri, i sogni "lampi luminosi" della realtà. L'amore Ci si cerca nei versi di una poesia, per riflessioni difficili da dire, frenati dall'emozione di un incontro. Ci si trova nelle stesse parole, nello stesso sguardo di chi le ha scritte, nel suono di un cuore pimpante, nel sordo rumore di un cuore spezzato. L'amore tra le righe spontanee, il distacco colmato tra i versi. Fiori spontanei tra i sassi spinosi, immagini scolpite sui muri, appena scalfite dal tempo che scorre. I versi si accavallano, si rincorrono, come luci di notte si allungano sulla strada in un unico fuoco, che scorre nelle vene del mondo, che brucia la vita, che fa ancora rinascere, nascere ancora. L'amore precario I ragazzi si tengono per mano, non hanno bisogno di parole, solo una bozza di sguardi. Un bacio veloce, quasi una carezza sulle labbra, alienati tra le cuffie del call center. Sollevano lo sguardo dalla postazione e si cercano, un gioco di mani, cenni furtivi. I visi si abbassano di colpo freddati da sguardi severi per ritrovarsi un attimo, impediti, come a ridere di un pericolo scampato. Spontanea giovinezza a tempo determinato, stretta come i jeans del sabato sera, in pizzeria ad assaporare una porzione di vita. Spontanea giovinezza di ragazzi che si tengono ancora per mano, non hanno bisogno di parole, mentre sognano una bozza di vita. Il mare calmo Di buon mattino lo si vede già a scrutare il mare come si fa con un campo arato, esperto pescatore, chiama le onde quasi per nome, navigato cipiglio. Il vecchio pescatore volge lo sguardo in alto, rimproverando le nuvole di coprire il cielo azzurro e parla solo, sottovoce, gesticolando a braccia aperte. Dispensa parole a chi gli si avvicina, indicando le piccole barche al largo. Ognuno s'accosta con reverenza, cercando consiglio. Racconta storie antiche come i suoi capelli bianchi, aspirando lentamente la pipa, colmando il vuoto del giorno con l'alone di rispetto che sfoggiano i suoi anni. Uno sbatter d'ali Il tempo è un salice piangente, di nuvole copre le ore del giorno. Ed io aspetto ancora che tu sollevi lo sguardo e tracci una linea verso di me, fiondando riflessi di perdute sensazioni. L'almanacco dei pensieri sfoglia le pagine a colori dove ho poggiato la mia vita, soffermandosi su qualche punto nero. E qualche cosa che ho detto, quello che non ho fatto, non può stonare queste note, il suono dello spartito che seguiamo da sempre. La speranza che ogni nube duri uno sbatter d'ali e sfinisca remota, relegata in un canto anche nei ricordi. Ed io aspetto ancora che tu sollevi lo sguardo e tracci una linea verso di me, mutando le sensazioni. L'indicazione Bisogna mettersi in colonna in questa vita, seguire la via già tracciata da chi è avanti, per non perdersi… la scia, passo dopo passo, sull'orma che precede. C'è chi resta ai margini senza alcuno che se ne accorga. Chi si immette in strade diverse, senza che altri si ravvedano se non quando è già lontano, già avanti, irraggiungibile. Altri ancor ne criticano la scelta, eppur s'accodano, per non essere da meno. Cerco invano un'emozione, un approdo per continuare, chi mi sollevi dal marciare peregrino, e mi regali un'indicazione. Il chiodo Monotono sfogo della fantasia che si anima ad ogni sospiro. Anche la coscienza pecca di orgoglio e stona tra le ore del tempo, rinsecchita foglia di un autunno cupo. Invano cerco scampo tra le righe del giorno, automa in movimento, menando la mente come una mosca fastidiosa. E' un assalto ad ogni risveglio, un mantello che copre ogni soffio di allegria. Uno spiraglio ogni tanto si apre e s'intravede un'uscita. Cerco sempre una nuova emozione, ancora, ancora fino a sfinire. Un bivio senza alcuna segnalazione, la strada da prendere è un'alea, un terno, forza o depressione. I passeggeri distanti Intarsio di visi sfocati dal tempo, avvolti nelle teche ormai sbiadite di filmati in bianco e nero. Scheletri denudati di anima e carne, deportati dalla storia, di filo spinato piagati. Numeri in pagine senza filo né voce, affollati in un nugolo di scarpe sopra i forni crematoi. Sfollati dal mondo, viandanti frenati alla metà di un viaggio, meta di un delirio collettivo. Un ricordo saldato sulle braccia di chi è sopravvissuto, un numero impresso in memoria, solo un numero… …Ricordarsi di sognare al tramonto L'assidua forza dell'amore rovista tra i limiti della vita, in cerca di spiragli nuovi. I sogni fan capolino ancora tra le prime rughe, incessante richiamo a formicolii giovanili. Le emozioni sono appunti per il giorno dopo, post it per l'anima, chiusi dietro un vetro, in compagnia di qualche ricordo. Maledetto giorno che muore lento, si prostra alla forza del tramonto ed eclissa ogni aspirazione. Come colomba bianca affranco ancora le mie idee, lontano, ancor soffici e leggere da stare sulle nuvole. L'orsa maggiore L'orsa da secoli scappa dai tre cacciatori, persa nel blu dell'emisfero nord. Ognun la vede sotto proprie spoglie, riferimento di ogni cammino, chi cammella di collo dorato, chi nello spazio perenne per condanna di Artemide abbandonata. Così ognuno traccia il suo Dio, plasmandone la religione; e se di Lui ha perse le tracce, s'aggrappa alla coda dell'orsa e riparte, cercando un credo, nell'immensità dei secoli. L'inganno Un grande amore impone la propria illusione. Pianta spontanea che buca anche il terreno più arido e da sola vive, nell'inganno palese di una breve giornata di sole. L'arte Oasi essenziale dell'anima, nettare trasportato dal vento, un ritocco del pensiero, un vezzo dell'anima, elusione dell'essere. Albatros, artista del volo, lima le scie nell'aria, ellissi che si perdono nell'azzurro come un'idea trascurata in un foglio da disegno, goffo relitto in terra, impacciato. Sfogo del male di vivere, sfoggio della gioia di vivere. L'arte, occhi di gatto brillanti al buio che rammendano di luce l'oscurità, rinchiusi in cornici di piccole storie amene, relitti di vita. Non ci si accorge che essa ci si porge come un'innamorata incompresa, che piange sul petto di un uomo insensibile. La salita A mezza via ci si ferma sempre. La mente sfiora gli anni a venire, sperando siano petali da sfogliare, indugia su qualche pensiero antico, assi di bilance squilibrate, pesi da aggiungere o levare a quadrare sui pesi degli anni. Il coraggio è sempre lo stesso, il corpo comincia un po' a mutare, forza e smarrimento si confondono a qualche capello bianco. Le emozioni sono misurate, tasselli per ogni muro, soppesate, come quadri alla parete pendono da qualche lato. Mi sento all'inizio di una salita, tornanti a pendenza grave, da affrontare con l'incedere greve di chi ha già camminato tanto, sperando di arrivare ultimo all'arrivo, con la compagnia del tempo. Un sorriso per tutti I guanti di lattice, sporchi di sangue, testimoni di giornata, si intrecciano ai cavi delle flebo. Il campanello, suono sordo e assordante lamenta l'ennesima chiamata: camice bianco e passo svelto l'infermiera si avvia verso il lettino. S'adopera con mestiere, i gesti tranquilli che stonano con il viso stanco. Ad ogni suono un sorriso, un corredo alla competenza, una carezza, una parola. Si convive con la morte che incombe, girone infernale, qui in corsia, dove la paura lascia il passo all'umanità più autentica. Il sud del sud Lo sguardo si perde nella pianura, tra filari di piante di pomodori. Gli uomini, già dall'alba, stanno chini, i gesti ripetitivi e svelti, corrosi dalla calura del giorno. Non parla nessuno. E' già buio quando si alzano e vanno via, camminando piano, in fila, verso baracche diroccate. I visi scuri si confondono tra le piante di tiglio, mangiano qualche avanzo del giorno precedente. Non parla nessuno. E mentre il sole riscalda ancora terre lontane son destati dai caporali: come deportati salgono sui fuoristrada e si siedono come avessero ognuno già il posto assegnato. Non parla nessuno. Altri aspettano in piazza, mentre un uomo li squadra e si avvicina stimandoli come si fa con i cavalli. I cenni sono silenziosi, conosciuti, una lingua comune. La scelta avviene in fretta, non c'è tempo da perdere: come deportati salgono sui fuoristrada e si siedono come avessero ognuno già il posto assegnato. Osservo la scena da lontano, non ho parole. Il sole tramonta sempre dallo stesso lato Il tempo scorre e corrode anche i sogni. I gabbiani si puliscono sulla spiaggia allungando il becco tra le piume, una donna li osserva dal balcone, sorseggiando un caffè. Le auto già si rincorrono lente, soffocate tra i sensi unici. Il mio orologio sembra fermo al giorno precedente, mi muovo solo leggermente in ritardo. Chi con animo sereno, chi fiero o adirato, in fila ognuno con il proprio fardello ci si affanna per strada, un andirivieni complicato, come formiche operose, un vortice di visi confusi nel giorno. E non ci si accorge dell'ora che muta, intesi a rincorrere il tempo, cercando di non essere schiacciati da un piede distratto. Le bambole Le ragazze sono in fila, sui marciapiedi, come prodotti esposti in un supermercato. Mercanti, alle loro spalle, stabiliscono la posta per la loro vita, mentre code di auto concordano il piacere proibito, con sconto di prezzo. Violano il paesaggio che si adagia sulle finestre della gente perbene, mosche da scacciare, prima di cadere come piccoli pesci in ipocrite retate, sollievo di coscienze conformiste. Il trucco evidente si scioglie nelle lacrime da ostaggio in catene, sugli sfoghi affannati dei passanti interessati, tra i rovi del parco buio. I lividi sul braccio fanno ancora male, mentre ci si abbraccia in cerca di consolazione, mentre dalla borsa aperta cade una foto un po' sbiadita, visi sorridenti in un posto e un tempo lontano, troppo lontano per tornare indietro. La percezione del sale Le note di Bach danno il benvenuto all'alba, violini nascondono il fragore delle onde, in basso al dirupo. Una donna declama versi di mille anni fa, rinnovandone l'eternità, tra muri antichi, residui di civiltà. Non credo di essere al sicuro qui! Come destato inaspettatamente percepisco di colpo la vitalità dei miei sensi, dimentico della fatica dei miei giorni uguali. La coppa di gelato Una giornata un po' così, che va piano a sfinire nel tramonto. Penso di affogarla in un gelato, piccolo entusiasmo familiare. Rivoli di cioccolato scivolano fondendosi alla panna, alternando colori e sapori. La nocciola si adagia sulla cialda, maestosa, a primeggiare nella coppa. Il cucchiaio si perde nella panna, risale intriso di sapore, chiudo gli occhi, elegia del momento. Pian piano il dolce pesa in pancia più ancor che nel bicchiere, l'ingordigia s'avanza sul piacere, una soddisfazione mentale. La panna elude gli ultimi pensieri, mentre dibatto di pistacchio, di rhum, dei giornali di ieri. E sull'ultimo pezzetto di cioccolato rivolgo lo sguardo al conto presentato, e quando anche tu sei sgomenta, già il dolce mi abbandona per il salato. E adesso ammazzateci tutti Anche un fiore sbuca l'asfalto. Un cuore solitario si immerge nella musica durante la notte e fa sobbalzare sul letto anche i cuori più aridi. Un drogato è forse un malato di solitudine, un anziano si lascia andare su una panchina, due giovani si promettono un amore a vita, smarriti tra le foglie sbattute dal vento. Un eroe dei nostri tempi, rimpianto in una chiesa, viene avvolto nella bandiera che gli ha rubato la vita. Striscioni in bianco sfilano per strada, vogliono scrivere da soli le loro vite, perché questa terra non può essere solo una pallottola vagante, ma una promessa di ideali recuperata tra i rifiuti gettati in mare. Terra Se cerchi la felicità non inseguire l'onda che da essa ti può portare, poiché la notte, crudele, ne cancella la scia. Rammenta, la felicità è l'onda stessa. Fermati alla strada di mezzo. Non farti reprimere nell'amare. Colpa minore è amare su questa terra, essere attratto dalla bellezza. Se vaghi al buio, incauto tra i rovi della vita, cercando eteree sensazioni, fai del coraggio il tuo scudo, per non restare muro di sola terra. Pensieri dispersi Amo la vita, amo i colori del giorno, la natura rinvigorita dei primi giorni di marzo, le immagini che mi richiamano le canzoni, i ragazzi che marinano la scuola per godersi i primi raggi del sole sulle spiagge. Amo ricordarmi che ogni giorno può essere un ennesimo restare vivo nell'anima, un nuovo patto con la vita, anche quando questa pare si dimentichi di te. Amo le rondini che in primavera rifanno il nido allo stesso posto, le carezze che anche i leoni regalano alle loro piccole fiere. Amo i sorrisi dei miei figli, i loro disegni, alzarmi presto per andare a correre in riva al mare, i gesti usuali di ogni giorno. Amo te che mi stai sempre vicino, che mi ricordi il vero senso di questo mio vivere. Il senso della vita Non c'è perché in questa vita, solo una bozza di interpretazione. Navi in crociera seguono la scia del sole sul mare, mentre a fianco traghettano vite di immigrati in un cassone. Vagoni di tenerezze s'accompagnano a Lourdes, cercando il riflesso delle loro speranze, linfa nuova, nutrimento dell'anima. Un vento fatidico nega l'infanzia ad un bimbo che con la sabbia costruisce mattoni per le case che mai conoscerà, un altro muore per pochi spiccioli di fame, per una negazione di civiltà. Il clero frena ogni evoluzione, ogni ritrovato, contraccezione, mentre un feto nascerà già privo di una vita normale. Come falchi in picchiata ci avventiamo sui mondi in costruzione, sperperando finte libertà, depravati benefattori di adolescenti in catene. Terroristi da nobel si stringono le mani in mausolei di lusso, mentre le vite di giovani madri scoppiano sulle buste della spesa nei mercatini ad oriente. E' davvero questo il senso della vita? Una rosa sul davanzale Paola sta in casa di sera, dipinge quadri, stelle nel blu, paesaggi asfaltati di sogni. Si sveglia ancor prima che il sole, imbraccia lo zaino e legge sulla metro, diciotto fermate, diciotto pagine d'amore. Timbra ognuno dei suoi anonimi giorni, spruzza la vernice sui cofani delle auto, vorrebbe farli a colori, come i quadri la sera. Poi divora un panino con le mani ancora di grasso, tra i rumori dell'officina. Un diploma in un cassetto, come un calzino rivoltato, sfiorito dalla muffa. Smessa la tuta, imbraccia lo zaino e legge sulla metro, diciotto fermate, una pagina d'amore, troppa la stanchezza. Lava il giorno sotto la doccia e dipinge quadri, tra le mani i segni di grasso. Guarda sul davanzale il vaso con la rosa gialla, ricordo di sua madre. Le si avvicina, sussurrando piano, per farsi compagnia, senza disturbare. Il sole d'oriente La bambina scende dall'autobus, bianca, emaciata, grande fiocco in testa. Sul viso pallido un acceso sguardo azzurro. Smarrita, corre incerta verso mille braccia protese, la sua nuova casa. Una mamma, rinnovato affetto, il suo sorriso: come un fiore mai visto, nella spenta camera dell'orfanotrofio di Minsk. Osserva la sua nuova cameretta e chiede quanti altri bambini dormiranno lì con lei. Sfiora le bambole come per non sciuparle, sorride timida. Disegna fiori, alberi, case, ogni tratto delle sue giornate, nuova vita a colori. 1994 Tutti in fila, l'ansia di sapere. Un solo posto in palio, tante anime in attesa. Guardo la sfilza di nomi, dal basso in alto, sperando di incontrare il mio nome alla fine. E più lo sguardo sale, più l'emozione mi assale. Sono il primo della lista, il vincitore. Troppo felice per notare le facce tristi intorno a me. Una ragazza si avvicina, mi sussurra un complimento. Una laurea raggiunta a fatica, studio e lavoro, in una stazione. Dopo aver saputo il suo nome, guardo la lista, è in seconda posizione. Passati due mesi, abbandono quel lido per approdare in altro porto, lì lascio un po' di cuore. Chi andrà al posto mio? La seconda in posizione. Mi ricordo di quel viso, adesso lascerà la stazione; vado via con un sorriso. Un battito Fedele alle mie certezze ho incrociato per un tocco i tuoi occhi, pirata all'assalto. Trafitto da dardi di gelido freddo, disorientata coscienza, mi son smarrito e son scappato via, arguta ritirata, prima di finire tra i tuoi sensi. Le foglie secche Le mani si stringono come petali di rosa al calar del sole, gli occhi sbarrati sulle prime ombre della sera, immagini di carezze lontane. Lunghe ore a forgiare la propria esistenza in incombenze anonime, automi plasmati da colletti bianchi sfornati in serie. Come numeri da estrarre, gramigna da estirpare, siamo un insieme di latenti individualità, coscienze di periferia. Figli della stessa pianta, foglie secche da calpestare o sbattute dal vento. Mascherati passanti del mondo. L'amore scappato via Rinchiuso sotto il peso di fatali giorni, smarrito profugo senza nome, piegato all'ambizione perversa dell'odio. Hai generato l'uomo ed egli ti ha ripudiato, scostato, seviziato. Di secoli ferini hai sofferto, respiro affannato di abbandoni e pianto. Ostinato hai perdonato, imperterrito, spossato. Hai sperato nel soccorso dei poeti, aggrappato a qualche strofa sfuggente, tra liriche e canti. Hai perso battaglie, storie, ragioni. Ti sei smarrito negli occhi di soldati in guerra, marionette senza fili, in occhi di bambini senza colpa, sfregiati dell'infanzia, in sguardi non corrisposti, aneliti di vita soffocati. Sei scappato via, a cercare i fasti smarriti, senza più voltarti. Il re Il re è inquieto, angustiato dai pensieri. Il grano costa assai, son suoi tutti i granai. Le sue notti son sofferte, di rimorsi sempre accesi. Pasteggia col sangue dei suoi giovani in guerra, a morire di democrazia. Il re è tormentato, angustiato dai pensieri. Proclama il libero pensiero, i giornali tutti suoi. Non paga tasse, non è dovuto, se qualcosa deve restituire, l'editto è pronto, non è più reato. La sua bontà non a tutti è nota, c'è chi ordisce alle sue spalle, perché vaneggia di parlare, lamenta di mani protese, fame del popolo, plagio e libertà. Per il re una persecuzione. Lui fa felice gente di ogni età, chi ne dice l'opposto, semina odio, lesa maestà. Il perfido Hai paura delle domande. Hai paura delle risposte. Nascosto nell'ombra dei tuoi anni passati, perfida quercia di piombo, scrigno eroso dalle altrui preghiere. Respingi ogni anelito di sentimento come riflesso sgradito, serrandolo, sottovuoto del tuo egoismo. Sfuggi a ciò che può essere amore, vento di libertà. Il male è il senso della tua esistenza, la cattiveria la tua essenza. Meschino, che hai perso il senso della vita… La sindrome di Stoccolma Altezzoso, spruzza sulla neve uno sbuffo di nera pece rivendicando il proprio scettro. Etna maestoso, incalza il mare e con esso concorre in splendore, distoglie la mente e incanta. Monarca della vita e della morte, domina le case sparse sui pendii, gemme di suffragio alla propria magnificenza. Lo sguardo in ostaggio già da lontano, mai così lieto prigioniero in prigionia. E tutto vive con lui, estasi e fascino, tutto con lui può morire. Ed i segni sono evidenti del suo incontrastato passaggio, figlie sue dilette anche le scogliere. Il mare si agita e si ritira, sembra ardire anch'esso per la sua attenzione, attende il sortilegio di un suo messaggio di infuocato lavico pianto. La luce di Marte Un flash: un passo, una parola, un gesto, come fosse già vissuto; un'esplorazione della mente, in antri ancora sconosciuti. Attendi una frase, un segno e lo determini nelle sue fattezze ed esso così si manifesta, senza sorprese. Un senso di smarrimento, uno squilibrio tra realtà e sogno. Medito sulla maestosità dell'universo, guardando la luce di Marte, imperterrito riflesso fino a mattina tardi: dove ha termine tutto questo? Quanta distanza tra noi e la verità? Un senso di smarrimento, uno squilibrio tra realtà e sogno. Una condanna questa finitezza di vita, questa finitezza di pensiero che smonta qualsivoglia anelito di infinito. Come Steve Mc Queen Lo sguardo sobbalza sui pensieri e si dilegua come sabbia tra le mani. Come un piviere dorato a difesa del proprio nido, siamo asserragliati in questa piccola isola di speranze, sperando nella benevolenza di qualche gabbiano. Baleni di anarchico svuotamento dei sensi, frammenti di coraggio, ci consentono di cimentarci ancora in dedali fantasiosi che sfiniscono però nondimeno in questo confine di vita: ci si tuffa dalle scogliere come Steve Mc Queen in un vecchio film, per cercare di nuotare contro corrente, sperando di sfiorare per un attimo un anelito di vera libertà. San Gimignano Da lontano le torri sfidano lo sguardo, imponenti. Davanti le mura, come moderni cavalieri violiamo l'antico viale, abbagliati dalla luce del sole che rimbalza sui porticati che s'affacciano sui negozi e sulle osterie. Nell'albergo tutto riporta all'antico, compreso un vecchio libro posto su un piccolo tavolo, accanto al letto di ottone. Prigionieri volontari di queste mura, camminiamo sperduti, lo sguardo in alto, a fuoco sulle torri. Anche la campagna intorno sembra mentire al tempo, profuma di antico. Odori dimenticati, piccoli brusii, gente che si chiama forte, per nome, sulla strada. Davanti ad un negozio di vecchie armature, spade e stemmi, immagino la gente come fosse nel medioevo. La sera, artisti per strada infieriscono sulle mie fantasie, figure e luci in un buio colorato. Mentre andiamo via, un ultimo sguardo alle torri, in alto custodiscono un pezzo del nostro cuore. Parole Parole che avrei voluto scrivere, nascoste nella coscienza, in dissonanza con la vita. Parole spalmate in un discorso senza tempo, vestono di colore attese e rimpianto. Parole mai sopite, accese al calar della sera a riscaldare i pensieri, come intorno al focolare. Parole selvagge, primitive rivelazioni. Parole di coccio, fragili armature di cuori stanchi, parole che si inseguono come ragione alla deriva, si sfiorano un attimo ed echeggiano lontano, come richiami di balene persi nell'oceano. La rotta Chissà cosa alberga nelle tue illusioni, mai arreso coraggio agli anni, resisti ai giorni e imperterrita ami. Veliero senza scorta, onda cavalcata senza paura. Sei vita che vira ancora e ancor riparte. Senti la pace solo sotto un tetto di sogni. E io sogno con te… La partita I ragazzi, sui rami del ciliegio si puntano l'un l'altro sputandosi i noccioli addosso. Pietro pavoneggia la bici con le marce, sembra una moto, si lamenta che tutti vogliono fare un giro. Mentre un cane si affanna a inseguire tutte le auto, ci si attarda a far le squadre per una partita di pallone, i sassi a far da porta. Vecchi ricordi… Dopo tanto tempo l'estate sembra ancora uguale, salvo che per i nostri anni. Tanti ragazzi in piazza con i motorini, anche Pietro è tornato, lavora al nord. Un saluto veloce, poi ci si attarda a far le squadre, per la solita partita di pallone, come se nulla fosse accaduto, ancora i sassi a far da porta. Il ladro Furtivo, affina l'udito come a carpire ogni piccolo rumore, fruscio o soffio. A passo lieve tra i viottoli, segue, prostrandosi, le lunghe file di formiche, scegliendone una per carpire il segreto del suo viaggio. Dirige lo sguardo su ogni fiore, albero o sasso, impastando le forme delle nuvole a proprio piacimento. Arraffa ogni colore, forma o sapore, ogni sfumatura, respiro o fantasia. Poi chiude gli occhi e a braccia aperte aspira ogni soffio di vento, ogni momento, ogni pensiero. Raccolto il bottino, ritorna sui suoi passi e, impunito, scappa via. Il comizio I camion si inseguono già di buon mattino, lustrano la piazza e le vie attigue alla luce fioca dei lampioni. Il parcheggio sembra sparito, come inghiottito dal catrame. Una filiera di piante è radunata come un battaglione in parata, copre finanche il cancello dei piccoli giardini. Sul lampione un altoparlante fischia sonoramente facendo volare via i colombi sul tetto della chiesa. I cani, smarriti anch'essi come i padroni, cercano uno spazio amico per poter soddisfare i loro bisogni. Uno sventolare di bandiere, uno stringere di mani… Tutti attendono le messianiche parole, mentre attenti accoliti mantengono libera la via tra la strada e il palco. La folla si anima ad un tratto, il brusio si mescola all'ultimo fischio dell'altoparlante, fino a sfinire nel silenzio. Ogni parola ha l'effetto di un assenso, un tono un po' più alto l'invito ad un applauso. E' tutto sfiorisce in qualche minuto, la folla si dilegua dopo un ultimo saluto. Anche le piante vengono portate via, composte su un camion, battaglione in ritirata. Un anziano si smarrisce nella piazza vuota, così tanti posti liberi che non riesce a parcheggiare la sua auto. Un cane scodinzola fino all'ultimo lampione, lì dove prima uscivan ad alto volume le parole: annusa, fa pipì e va via. Degli alberi le foglie Dimmi cos'è il vento che porta via le foglie. Dimmi perché l'orizzonte si ostina a colorarsi ad ogni alba. Dimmi cos'è che mi spinge ad andare piano mentre tutto corre intorno. Dimmi perché mi batte forte il cuore per un vecchio film in bianco e nero. Dimmi perché sono qui a cercare nei tuoi occhi le mie verità, anche dopo tanto tempo. Dimmi perché un fremito scorre sulle mie spalle come un fiume in piena, quando ti bacio, come vent'anni fa. Dimmi solo che mi ami. Sahara Facce uguali, confuse al buio. Magliette color sabbia, pigiate sui fuoristrada, soffocate dal vento del deserto. E lo stesso vento che allontana i ricordi, i genitori, le piccole baracche. Racchiuse in un borsone le aspettative di una vita migliore, a inseguire miraggi visti in televisione. L'esistenza in mano a gente senza scrupoli, mercanti di schiavi. L'agonia di un posto di blocco, confine di libertà, in balia di chi la legge dovrebbe rispettare. Vogliono i tuoi risparmi, forse la tua anima. Sferzate al fisico ed alla morale. Le frustate fanno male, la dignità impone di non urlare, la voglia di farcela più forte del dolore. Una ragazza si vende per conseguire il fine, un'altra no, antepone l'onore. Mercanti, deserti e l'abisso del mare. Fredde notizie al telegiornale, gusci alla deriva, sovraccarichi di speranze. Buttati in acqua come reti vecchie, inutile fardello. Statistiche inutili di esperti in discussioni. Una ragazza copre in grembo una speranza nuova, premuta tra vecchi ricordi e nuovi desideri. Figlio del deserto, saprà forse domani di questa antica terra, da dove è nata la speranza di chi l'ha concepito. Pioggia Nuvole d'inverno, malinconie invise alla speranza. Pensieri che si affrettano nella mente come persone che rientrano veloci a casa, furtive, a raggirare l'impeto della pioggia. Ora tintinnio soave, ora tonfo sordo contro un cartone abbandonato, come questo sguardo che sbatte sul vetro di una finestra, tra me e la strada. Goccioline invadenti si inseguono fino al suolo, sui tetti, sugli alberi, come giorni uguali delle nostre vite, ora tintinnio soave di emozioni, ora tonfo contro avversità incombenti. Siamo ancora ad aspettare che prevalga il sole, e che le nuvole fuggano via. Le grandi firme Cerco di sfuggire alle notizie della sera, mentre mangio, stasera vorrei nascondere la mia anima sotto il piatto. Adesso la pubblicità ostenta i soliti visi sorridenti, tutti sono felici. Un attimo! Mi soffermo, pane in mano e sguardo ovale… mi rassegno, anche stasera dovrò pagare dazio alla mia coscienza. Una specie di apostrofo disteso dipinge il mio volto, gradevole, comodo, confortante. In quel paese remoto è stato fatto, tante mani lo hanno prodotto. E da quel paese ciò che viene viene denigrato, non ci appartiene, solo quando il nostro mondo la firma appone, tutto è buono, è regolare. Penso a quelle mani mal pagate, sfruttate a tessere o cucire, catene umane di montaggio. Cortesia infame di gente dedita al guadagno pronta a trarre maggior vantaggio da ogni situazione. Provo a immaginare quell'apostrofo disteso come un sorriso felice di uno di quei bambini che invece di cucire, hanno imparato a giocare. Mia figlia mi interrompe, "che sei incantato?", …continuo a mangiare. L'altro me Riesco a volte a vincere da solo su certi ricordi che, spossati, si palesano alla mia mente. Spinti dentro ad una valigia, pigiati e confusi, riottosi all'essere abbandonati. Per istinto sfoggio un sorriso mentre la coscienza si affatica a fare un bilancio della mia vita. Affresco i giorni come mare calmo o in tempesta, sempre attento a non affogare. Sono l'attimo recondito in cui ognuno trova rifugio, nessuno crede alla mia fragilità. Nel mio sorriso tutti trovano conforto, la battuta ilare, il gesto affabile. L'allegria è un'arma a me rivolta, una menzogna della mia coscienza, ovvero le sembianze del mio istinto, un appiglio che mi sorregge. In questo soffio di vita, è un regalo anche per me. Chi è libero ? Vite sperperate, perse in sogni remoti, foto scalfite dal tempo come sagome corrotte dall'arbitrio di dei onnipotenti. Greggi ammansiti, inseguiti da lupi famelici, verità celate, inutili manifestazioni di solidarietà. Lo sfoggio di democrazie tormenta nei telegiornali, tedio dei popoli, agita gli animi come fiumi in piena, alla deriva. Gomitoli di storie smarrite in attimi di disattenzione a inseguire miraggi ingannatori. Qualcuno cerca rifugio nella propria immaginazione, sostenuto da rantolii di fede e smorza le fatiche e le emozioni disperdendo lo sguardo nelle premure quotidiane. Poggia a sera la testa su un cuscino di fantasie e spera in un nuovo giorno. Virgola Avanti ancora, imperterrito marciare contro questo tempo, senza riflessione. Avanti ancora, imperterrito agire contro questo vento, che a volte frena a volte incalza ostile. Avanti ancora senza fiato e volontà, talento dissipato a inseguire il nulla. Avanti ancora, non c'è tempo nemmeno per pregare. Adesso… virgola, sono pronto per la pausa, mi voglio riposare. La poesia Foce di pensieri, mimica della fantasia, senso estremo di vitalità. Sentinella del pensiero, occhio vigile della coscienza, specchio dell'anima. Si mostra nelle sue fattezze e tutto manifesta: anche la solitudine si perde tra i suoi sentieri, la tristezza arranca per le sue ascese. Alto crepita a volte il suo grido, prepotente vince anche sulla grettezza della vita. L'antilope e il leone Scappa scappa fuggi fuggi dove il tempo non ha senso, nessun valore. …L'anziano guerriero esce dalla baracca, l'incedere lento, lo sguardo trafitto dal primo sole. Corri corri sacche in mano corri veloce afferra il treno, insudiciato dai tuoi giorni uguali. …Il vecchio mima i centenari gesti e le parole: parla al figlio lontano, che corre dietro un treno. Gesti senza tempo, che il tempo non misura, non delimita. Scappa scappa fuggi fuggi, partito per onore, in cerca di un futuro, lontano dal grigiore. …Adesso fermati: guarda il mare, lontano, al di là, c'è un vecchio cuore. Essenza Filo rosso aggrovigliato, amaro vigore brandito in un calice antico. Con spasimo ricerco il nucleo della verità, in una nube di sofferenza. Filari di anime torte dai loro sensi mirano stupite la vita. Ancor più che adesso essa è(s)senza amore. Adesso non ho sonno La finestra chiude fuori il tuono che si accanisce sui palazzi a fianco. Immerso nei pensieri mi affaccio sul letto, poi chiudo gli occhi, come a cancellarli. Mi giro di fianco, poi a faccia in su, tento un sogno, a cavallo dell'ansia che mi assale. Gioco a scacchi con la noia del buio, incoraggio il riposo con lievi pensieri, e aspetto la prossima mossa. L'orologio sembra sostare sulle ore, destato dal sibilo di una sirena. Neanche un ricordo di un giorno di neve lontano comporta sollievo. Mi soccorre la voglia di andare a vedere i miei figli, placidi, tra le coperte, morbidi tra i cuscini. Adesso non ho sonno… A te mi rivolgo Lento passo, proteso monologo verso Dio. Questa sensazione reale che ora ancor più mi accorgo mi possiede, mi tende, bieca, distante dal vero, chiuso in antri antichi d'immaginazione, celati dietro antologie del tempo. Incenso dell'uomo, a te mi rivolgo, misero e puerile, cercando approdo dove non arriva finanche la poesia. L'aquila Come se fosse pietà questo grigiore, smarrito gemito tra le nuvole, fluttua sprezzante e vanitoso. Cirri roteanti saettano nell'anima la paura che da lassù domina ancora le percezioni. Genio del vento, dipana ampie le ali a toccare il mio torpore. Tenue e menzognero attimo di pace, il tuo librare tra i miei pensieri, assurdo adire del mio senso di libertà. L'occhio vigile vaga per i vuoti sentieri azzurri, nulla sfugge all'acuto senso, nemmeno la mia solitudine. Il tè berbero Tre sorsi. Uno amaro, come la vita. Caldo, a bruciare anche la coscienza. Uno dolce, come l'amore. Come l'amore può rendere la vita. Alta la caraffa versa, indenne, l'essenza nella tazza, nell'anima, nei sensi. Il terzo sorso, dolcissimo come l'infanzia, dolcissimo come può essere la morte, sollievo di questa vita. Il burattino Se mai ti seguirò, foglia secca e cadente, sussurro di anima e miseria, sentirò il vento che cullerà il mio volo, detesterò il ramo che mi ha lasciato, inerte al mio destino. Se mai ti seguirò, impacciata onda sullo scoglio, gioirò del volo dei gabbiani, cullati dal vento. Se mai ti seguirò, anima persa nelle anse del mio istinto, è per tagliare questi fili che mi avvincono alle coscienze vuote e ipocrite. Non mi prenderanno mai… Di che colore è Ho visto gli alberi curvarsi, sudditi del vento. Alti gerani appassiti, ad arbitrio del sole. Dissipate anime, vergini simulacri di vita, beccheggiate da oceani menzogneri. Navi senza rotta, fantasie traslate in realtà conformi. E quel che è brutto non lo è più, quel che è buono non lo è più, anche il vero è simulato. Anche i numeri sono irreali, animali ammansiti da presunti ideali. Per l'uno l'azione è luce rosa, nodo di pensieri, per l'altro scaltra negazione di realtà, contrasto tra oggi e ieri. Chi ti dice che una cosa è male chi ti ammonisce a lasciare andare, persa la mente e i suoi pensieri. Per l'uno stai bene e per l'altro male, sol perché cambiano di posizione. E se l'uno veste l'abito dell'altro, queste ragioni risultano invertite, onde su onde arrotolate. Fiume in piena senza direzione, babilonia senza tempo, confusione. Voglio scriverti Voglio scriverti cose che forse mai ti dirò… Imparerai, rivivrai ogni ricordo liso, tacerai ogni segreto con un sorriso. E già ti penso ad abbracciarmi barcollante al mio arrivo, smorzando le prime parole. E già mi penso ad aspettarti le sere tardi, pensiero barcollante, a chiederti perché, smorzando le parole. Non saprò dirti com'è il brivido quando sei in braccio a me, dormi, gambe aperte e faccia tonda; e penso cosa pensi e tu guardi o forse pensi a cosa penso. Capirai che è meglio un sorriso per volersi bene, coglierai il fiore che non ho colto, le strade che non ho percorso e se sarai delusa noi ti daremo serenità. Ricorderai ogni profumo, rumore o colore di quando eri piccola e vivevi la nostra stessa vita: forse ci penserai prima di dire no ai nostri anni in più. Già mi manchi nelle ore, quando non ti vedo, forse sei ancora più presente. Voglio scriverti cose che forse mai ti dirò, ma anche così non riesco a dirti tutto. L'orsetto di peluche (Ricordo di Marta Russo) Marta va di fretta stamattina, spazzolino tra i denti, zainetto in mano. Divora le scale salutando frettolosamente. Non guarda nemmeno l'ennesimo messaggio sul telefonino. L'ennesimo esame di una vita in costruzione; ripassa sul tram alcune pagine, forse le più superflue, poi si perde nel discorso con le amiche. Accarezza i giorni, come con il suo orsetto di peluche. Si copre, confusa, la bocca per una parola che non doveva dire, annuisce e ride, saluta il professore. Fresca dei suoi anni, innocente di pensieri. Sempre in ritardo, davanti allo specchio a cambiare jeans e colori, buttati sul lettino, prima o poi da ordinare. Cade a terra, improvviso lampo senza come. Cade a terra, fresca dei suoi anni, innocente di pensieri. Vita violentata da un gioco di probabilità, ghigno schifoso di gente digiuna di virtù. Anche le amiche non sorridono più, e il professore è attonito, come l'orsetto di peluche. Il libro è a terra, aperto, su quelle pagine superflue, sottolineate a matita, di diversi colori. Giorni di diversi colori, ammansiti da rosso sangue. Marta non sente più l'ennesimo messaggio sul telefonino: mamma vuol sapere dell'esame. Al tramonto Mi scopro, a sera, a percorrere il ricordo, tardo, del tuo viso; Tenue e periglioso sollecito al mio vivere. E' ormai lontana la mia speranza e di un abbraccio e di una parola, fronda ormai secca dei ricordi. Ignora il mio dolore la cicala e canta, sempre più incerta. Si confonde il tramonto con le linee del tuo viso Davanti ai miei occhi e, lento come il sole, volge dietro la collina, ad illuminare altre terre o altri amori. E scuro si tinge il mio cuore… anela ancora di colorarsi del bagliore del tuo sguardo. Mio figlio La notte, fattasi una campagna d'arme, guerreggi con mostri e draghi, confusi alle lenzuola. E mi racconti di sogni e gesta E "tu papà tutti disperdevi" . Occhioni neri! Scostano la mente da tutto, fasciano le mie emozioni. E il mio mondo è circondato da un tuo abbraccio, limitato ad una tua parola. Ed ogni volta che mi chiami sento destare la vita. E quando non ascolti ti avverto ancora più vicino. …E tenti ancora di giocare eppure sono stanco, ma mi penso più bambino. E il mio miraggio è poterti aiutare se ne avrai necessità, conforto dei tuoi problemi raggiante delle tue vittorie. Potremo parlare ancora tra tanti anni di noi, dei nostri giorni, del regalo che mi fai: quello di volermi bene. Le ali e l'acqua Ti ho visto chiudere nella mano il mio cuore, trascorsi questi anni mentendo al tempo. Assorbiamo i colori della sera, magnifici, non ci fanno più sentire persone. Così come il tuo respirare notturno e l'allungare le mani al buio come ad afferrare cose che dormendo si perdono. Manchi al mio corpo come l'acqua, copri le mie idee come l'orizzonte, senza fine. Ti ho visto chiudere nella mano il mio cuore, aspettando qualche attimo di pace, fermi, con lo sguardo che è uno sbatter d'ali, si confonde ai pensieri. Tu sei per me… La ballerina Se hai un sogno e speri che si avveri lo immagini bellissimo, appagante. Lo descrivi come fosse sospeso tra le nuvole, parvenza di soffice e bianco, miracolo di colori e profumi …e del sognarlo non sei mai stanco. Immagini che sia incantevole. La prima volta che vedevo la mia ballerina: basito, inerme nell'emozione, incapace di parlare, mentre il mio volto rigava una lacrima, crepito di emozione. Esile ma già così sicura, mi assali come una gattina, avida di coccole, provvida di carezze. Raccolta nei tuoi abiti di scena, reciti la vita e tutto le dai, sorrisi e forza. Esile ma già così sicura, ti avvicini, i denti stretti in un sorriso, come fosse nulla. Il tuo pensiero è lontano dalle emozioni che ci dai, le piccole grandi cose che fai, per te così normali, per me un brivido caldo e freddo sulla schiena, che incauto si scioglie in una lacrima lungo il mio viso. Ti regalo un mazzo di fiori, ti regalo la mia vita. Belgrado Il vecchio, reduce di sette figli, tre in Germania, paesi… che non sa nemmeno il nome. Il vecchio e le rughe limate dalle stagioni, luce affievolita negli occhi, che sa ancora di speranza. Il vecchio che ha visto tempi senza colori, se non di rosso acceso, che pareva non mutasse mai vigore. Rassegnato a quelle porte infrante, agli impeti furenti senza fine. Nuvole cupe, palpebre chiuse al frapporsi dei giorni. Ormai un ricordo. Il vecchio, solo. Reduce di sette figli, tre in Germania, ha resistito solo per amore. Sfuggito alla coscienza ed agli orrori, spiazzato dalle bombe, inerte. Eppur la luce sempre viva negli occhi, inconfessata speranza. I palazzi disfatti celano ancora qualche ricordo antico. Belgrado non l'ha mai abbandonata, neppure per la Germania. 10 agosto Pallida la luna traspare di bianco nella terra tra gli alberi; ognuno sta assorto nei suoi pensieri, che sembrano ancor più quando viene sera. Sentieri di pietra, irti su per le montagne, dove ancor s'accompagna il passar delle greggi, ormai spento ricordo di giorni passati. E le speranze di bambino, tavole di colori sulle quali si sciolgono le mie lacrime da grande, come neve bianca al comparir del sole. Com'è chiara questa notte, chiara da vedere il male, che ognuno pensa andato via al calar della sera: e le immagini di morte coprono la fantasia. Così lontane, così vicine, sbattono le nostre menti violente, come mare in tempesta le scogliere; e gli occhi dei bambini smuovono il cuore. Li vedi senza nome, piangere con le mamme, consci del dolore. Incapaci di un sorriso, senza la fantasia colorata di qualche amico in cartone. Loro non vedranno le stelle cadere. |