RAPPORTO CON GLI ANIMALI |
E voi piangete, Veneri ed Amori E voi piangete, Veneri ed Amori, e voi che più avete gentilezza, morto è il passero della mia fanciulla, il passero, gioia della mia fanciulla, da lei amato più degli occhi suoi tanto era dolce: la riconosceva come una figlia piccola la madre e mai s’allontanava dal suo grembo, ed a piccoli salti qua e là intorno verso lei sola sempre pigolava. E ora va per la strada buia, laggiù, di dove, dicono, non torni alcuno. Maledette, voi malefiche tenebre dell’Orco che divorate le cose più belle: mi avete portato via un passero bellissimo: che perfida crudeltà! O povero piccolo passero! E per te gli occhi della mia fanciulla si gonfiano e s’arrossano di pianto. (Catullo, traduzione di S. Quasimodo) |
Gabbiani Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace. Io son come loro, in perpetuo volo. La vita la sfioro com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo. E come forse anch’essi amo la quiete, la gran quiete marina, ma il mio destino è vivere balenando in burrasca. (Vincenzo Cardarelli) |
Il pappagallo La bestia ha le piume di tanti colori che al sole rilucon cangiando. Su quella finestra egli sta da cent’anni guardando passare la gente. Non parla e non canta. La gente passando si ferma a guardarlo, si ferma parlando fischiando e cantando, ei guarda tacendo. Lo chiama la gente, ei guarda tacendo. (Aldo Palazzeschi) |
Skotsch-terrier Avevi un cane, Ilo di nome, bello, che a vederlo su un prato in tondo correre la sua felicità chiamava lacrime. Ti morì quella volta della Francia. E fu un lutto domestico e del mondo. (Umberto Saba) |
Lo scricciolo Su e giù, va e viene sempre inquieto, fruga e becca tra gli spini: qua un seme, là una goccia ed una foglia senza che di mangiare abbia gran voglia, senza saper se voli o se cammini. Somiglia alle ragazze più vivaci: le tieni ferme solo con i baci. (Corrado Govoni) |
La lucertola vecchia Sul sentiero bruciato ho visto il buon lucertolone (goccia di coccodrillo) meditare. Con la sua verde sottana di abate del diavolo, il colletto inamidato e il portamento corretto, ha un'aria molto triste da vecchio professore. Quegli occhi rinsecchiti di artista fallito, come guardano la sera morente! è questa la sua passeggiata crepuscolare, amico? Usate il bastone, ormai siete troppo vecchio, don Lucertolone, e i bambini del paese vi possono spaventare. Che cosa cercate sul sentiero, filosofo orbo, se il fantasma indeciso della notte d'agosto ha rotto l'orizzonte? Cercate l'azzurra elemosina del cielo moribondo? Un centesimo di stella? O forse studiate un libro di Lamartine e vi piaccion i trilli argentini degli uccelli? (Guardi il sole calante, e i tuoi occhi brillano, o drago delle rane! con un fulgore umano Le gondole senza remi delle idee passano l'acqua tenebrosa delle tue iridi bruciate.) Forse vieni a cercare la bella lucertola, verde come le messi di maggio, come le chiome delle fonti addormentate, che ti ha disprezzato e ha lasciato il tuo campo? O dolce idillio spezzato sui freschi giunchi! Ma vivere! che diavolo! mi siete simpatico. La frase: "Mi oppongo al serpente" trionfa nel vostro gran mento di arcivescovo cristiano. Già è svanito il sole sulla cima del monte e le greggi ingombrano la strada. è ora di andarsene, lasciate l'angusto sentiero e non seguitate a meditare. Avrete tutto il tempo di guardare le stelle quando tranquillamente i vermi vi mangeranno. Tornate a casa vostra sotto il paese dei grilli! Buonanotte, caro don Lucertolone. La campagna è deserta, i monti sono spenti ed è vuota la strada: solo di quando in quando un cuculo canta nell'ombra dei pioppi. (Federico García Lorca) |
A pianterreno Scoprimmo che al porcospino piaceva la pasta al ragù. Veniva a notte alta, lasciavamo il piatto a terra in cucina. Teneva i figli infruscati vicino al muro del garage. Erano molto piccoli, gomitoli. Che fossero poi tanti il guardia, sempre alticcio, non n’era sicuro. Più tardi il riccio fu visto nell’orto dei carabinieri. Non c’eravamo accorti di un buco tra i rampicanti. (Eugenio Montale) |
La capra Ho parlato a una capra. Era sola sul prato, era legata. Sazia d’erba, bagnata dalla pioggia, belava. Quell’uguale belato era fraterno al mio dolore. Ed io risposi, prima per celia, poi perché il dolore è eterno, ha una voce e non varia. Questa voce sentiva gemere in una capra solitaria. In una capra dal viso semita sentiva querelarsi ogni altro male, ogni altra vita. (Umberto Saba) |
La morte del cardellino Chi pur ieri cantava, tutto spocchia, e saltellava, caro a Tita, è morto. Tita singhiozza forte in mezzo all’orto e gli risponde il grillo e la ranocchia. La nonna s’alza e lascia la conocchia per consolare il nipotino smorto: invano! Tita, che non sa conforto, guarda la salma sulle sue ginocchia. Poi, con le mani, nella zolla rossa scava il sepolcro piccolo, tra un nimbo d’asfodeli di menta e lupinella. Ben io vorrei sentire sulla fossa della mia pace il pianto di quel bimbo. Piccolo morto, la tua morte è bella! (Guido Gozzano) |
Questo ispido villoso calabrone Questo ispido villoso calabrone l’ho trovato fradicio di polline e rugiada nella campana d’un fiore arancione. Zampettava di qua e di là, ronzando per uscire, ma non trovava più la strada. Lo tirai fuori, ed ora è lì che vola in un raggio di sole tutto d’oro: come un ubriacone che s’alza dal marciapiede e s’incammina malsicuro borbottando. (Corrado Govoni) |
Il gatto Vieni sul mio cuore innamorato, mio bel gatto: trattieni gli artigli della zampa, e lasciami sprofondare nei tuoi occhi belli misti d’agata e metallo. Come s’inebria di piacere la mia mano palpando il tuo elettrico corpo con le dita che tranquille ti accarezzano la testa e il dorso elastico! E penso alla mia donna, a quel suo sguardo come il tuo, amabile bestia, freddo e profondo che taglia e fende come freccia, e a quell’aria, a quel profumo che pericoloso fluttua sul suo corpo dai piedi su fino alla testa! (Charles Baudelaire, trad. Claudio Rendina) |
Se più non fossi viva Se più non fossi viva quando verranno i pettirossi, date a quello con la cravatta rossa per ricordo una briciola. Se non potessi ringraziarvi perché immersa nel sonno, sappiate che mi sforzo con le mie labbra di granito! (Emily Dickinson, traduzione di M. Guidacci) |
Poesia per una cicala Io non so cantare lo zelo della formica immortale, più vicino alla mia sorte è lo stridore della cicala che trema fino alla morte. Nel tempo mio diletto mi confidavo a quell'ira insistente che mi assopiva con la cicala nel petto. Ora nello sfacelo della mia giornata mi resta un po' di polvere in pugno, ma tanto vale la tua spoglia che ancora risento quel melo stormire e nell'aria di giugno la tua allegria funesta nascere dietro una foglia. (Leonardo Sinisgalli) |
Il bove T'amo, o pio bove; e mite un sentimento di vigore e di pace al cor m'infondi, o che solenne come un monumento tu guardi i campi liberi e fecondi, o che al giogo inchinandoti contento l'agil opra de l'uom grave secondi: ei t'esorta e ti punge, e tu co 'l lento giro de' pazienti occhi rispondi. Da la larga narice umida e nera fuma il tuo spirto, e come un inno lieto il mugghio nel seren aer si perde; e del grave occhio glauco entro l'austera dolcezza si rispecchia ampio e quieto il divino del pian silenzio verde. (Giosuè Carducci) |
Tu andavi e venivi Tu andavi e venivi dalle porte silente e irrequieto. Sospettoso tastavi con la zampa lo spigolo di un divano la macchia di un tappeto. Non temevi altra insidia che l'ombra ma le correvi dietro. L'ingannevole ninfa ti portava col muso nei secchi e in riva ai torrenti. Ti spingeva a grattare sugli specchi. Tornavi pazzo i mattini col polline sui denti. (Leonardo Sinisgalli) |
Per un cane Sei stato con noi per undici anni. Una sera siamo tornati: eri disteso davanti al cancello, il muso nella polvere della strada, le zampe già fredde, il dorso tepido ancora. Ora sei tutto nella buca che ti abbiamo scavata. Ma gli undici anni della tua umile vita, il genere per ognuno che partiva, il soffrire di gioia per ognuno che ritornava - e verso sera se qualcuno per una sua tristezza piangeva tu gli leccavi le mani: lo guardavi e gli leccavi le mani - oh, gli undici anni del tuo muto amore tutto qui sotto questa terra sotto questa pioggia crudele? Esitavi sulla ghiaia umida: sollevavi una zampa - tremando. Ora nessuno ti difende dal freddo. Non ti si può più chiamare. Non ti si può più dare niente. Solo le foglie fradice morte cadono su questo pezzo di prato. E pensare che altro rimanga di te è vietato: di questo il nostro assurdo pianto si accresce. (Antonia Pozzi) |
Cicala! A Maria Luisa Cicala! Beata te, che sopra il letto di terra muori ubriaca di luce. Tu sai delle campagne il segreto di vita, e il racconto della vecchia fata che nascere sentiva l'erba rimane nascosto in te. Cicala! Beata te, che muori sotto il sangue di un cuore azzurro. La luce è Dio che scende, e il sole breccia per dove filtra. Cicala! Beata te, che senti nell'agonia tutto il peso dell'azzurro. (Federico García Lorca) | |
Nei miei primi anni Nei miei primi anni abitavo al terzo piano e dal fondo del viale di pitòsfori il cagnetto Galiffa mi vedeva e a grandi salti dalla scala a chiocciola mi raggiungeva. Ora non ricordo se morì in casa nostra e se fu seppellito e dove e quando. Nella memoria resta solo quel balzo e quel guaito né molto di più rimane dei grandi amori quando non siano disperazione e morte. Ma questo non fu il caso del bastardino di lunghe orecchie che portava un nome inventato dal figlio del fattore mio coetaneo e analfabeta, vivo meno del cane, e strano, nella mia insonnia. (Eugenio Montale) |
Tiene il ragno Tiene il ragno un gomitolo d'argento con due mani invisibili e in una danza dolce e solitaria sdipana il filo di perla. Di nulla in nulla avanza col suo lavoro immateriale. Ricopre i nostri arazzi con i suoi nella metà del tempo. Gli basta un'ora ad innalzare teorie di luce. Pende poi dalla cima di una scopa, dimenticando ogni sua sottigliezza. (Emily Dickinson) |
A un asino Oltre la siepe, o antico pazïente, De l'odoroso biancospin fiorita, Che guardi tra i sambuchi a l'orïente Con l'accesa pupilla inumidita? Che ragli al cielo dolorosamente? Non dunque è amor che te, o gagliardo, invita? Qual memoria flagella o qual fuggente Speme risprona la tua stanca vita? Pensi l'ardente Arabia e i padiglioni Di Giob, ove crescesti emulo audace E di corso e d'ardir con gli stalloni? O scampar vuoi ne l'Ellade pugnace Chiamando Omero che ti paragoni Al telamonio resistente Aiace? (Giosuè Carducci) |
La pantera Nel Jardin des Plantes, Parigi Dal va e vieni delle sbarre è stanco l'occhio, tanto che nulla più trattiene. Mille sbarre soltanto ovunque vede e nessun mondo dietro mille sbarre. Molle ritmo di passi che flessuosi e forti girano in minima circonferenza, è una danza di forze intorno a un centro ove stordito un gran volere dorme. Solo dalle pupille il velo a volte s'alza muto-. Un'immagine vi penetra, scorre la quiete tesa delle membra- e nel cuore si smorza. (Rainer Maria Rilke, trad. Giacomo Cacciapaglia) |
Il caprone Il gregge di capre è passato vicino all'acqua del fiume. Nella sera di rosa e zaffiro, piena di pace romantica, guardo il caprone. Salve, muto demonio! Sei l'animale più intenso. Mistico eterno dell'Inferno carnale... Quanti incanti nella tua barba, nell'ampia fronte, rude don Giovanni! Che accento quello del tuo sguardo mefistofelico e passionale! Vai per i campi con il tuo gregge, da eunuco mentre sei un sultano! La tua sete di sesso che non si spegne mai; bene imparasti dal padre Pan! La capra lenta ti segue innamorata con umiltà; ma le tue passioni sono insaziabili; la vecchia Grecia ti capirà. O essere di profonde leggende sante di magri asceti e di Satana con pietre nere e croci rozze con fiere domate e profonde grotte, dove ti videro nell'ombra soffiar la fiamma del sesso! Caproni cornuti con barbe forti! Nero compendio di medioevo! Sei nato vicino a Filomede nella schiuma casta del mare e le vostre bocche l'accarezzarono allo stupore del mondo astrale. Venite dai boschi pieni di rose dove la luce è uragano; venite dai prati di Anacreonte pieno di sangue dell'immortale. Caproni! Siete la metamorfosi di vecchi satiri ormai perduti. Voi spargete lussuria vergine come non può altro animale. Illuminati del Mezzogiorno! Fermarsi per ascoltare quel che dal fondo della campagna vi dice il gallo: Salve! (Federico García Lorca) |
Il lumino verde Vanno, vanno col loro lumino quasi verde, vanno e ognuna si perde come in un soffio d'oro... <<Lucciola, lucciola, vien da me.>> Oh, non aprire il pugno per afferrarle. Guai! Esse, bimbo non sai? son le fate di giugno. Bimbo, che ne faresti d'un lumino così lieve? Immagino, sì, che ce lo spegneresti. <<Lucciola, lucciola, vien da me.>> Lasciale! Col lumino loro, il lumino verde, a ciascun che si perde insegnano il cammino: sono le nostre stelle, le stelle della terra, o tu che ami la guerra, fanciulletto ribelle. <<Lucciola, lucciola, vien da me.>> (Marino Moretti) |