Il pipistrello
Là dall’antica torre
volando. a bassa quota
il pipistrello corre
pare con meta ignota.
È sera, oltre il tramonto
e vola evitando chi
s’oppone al suo racconto
gik-giok- giga-gigakì
squilla volando in basso
sfiorando le persone
che oppongono il suo passo
con ton di ribellione.
nel buio della notte
rincorre le zanzare
le mangia, son pagnotte
per vivere e volare
S’appende poi al mattino
nel sonno per dormire
Ma lei per un pochino
è sveglia a partorire.
Così scorre la vita
dell’animal notturno
che conta sulle dita
sonno d’ore nel diurno.
La mia poesia
“L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano”
ricordo pascoliano
vissuto da studente
che amava la poesia
giovane e intelligente.
La poesia esce dal cuore
non mente al tuo pensare
e in quel momento strano
sai di poter amare.
Leggi correggi e leggi
nuovamente per esser
sicuro del pensiero
vagante nell’incerto
del viver quotidiano.
Ti sentì dentro quel
coraggio effervescente,
e non temi l’osteggio,
ingrato ed incoerente,
del vivere nel peggio.
Ti senti sol ma forte
nel dedalo mentale
di vera libertà,
così, poetando, sale
nel cuor la verità.
La parola
La parola, invenzione
del dire e del fare
nell’ inverosimile
rivoluzione fuori
dal mondo della mente
per potere toccare
le cose che servono
per vivere utilmente
peccar liberamente
nel timor della pena
che sconterai nel sempre.
La parola, simbolo
del vero che del falso
credente, miscredente
suono dell’animale
utile per l’intesa
nell’amore ed in guerra
col nemico che parla
con dei suoni diversi
ma dello stesso senso
d’offesa nell’assalto
e d’amore per lei
che l’attende ancor vivo.
La parola è silenzio
La parola è rumore
La parola è quel tutto
che dà senso alla vita.
Passione, professione
missione, vocazione
esistenza, gioia
del vivere in intesa
col suono della voce.
La grande bugia
La rondine ritorna
puntuale a primavera,
ripristina il passato
in quel nido di prima
creando di nuovo vita,
nel continuo, per sempre.
Così il mio pensiero,
che, vicino alla fine,
genera instancabile
il viver d’ogni giorno
come il sempre infinito
d’una grande bugia
che ti obbliga al respiro
non per tua volontà.
Fioriscono le rose
Fioriscono le rose,
miracolo divino.
Il profumo le rende tutte uguali
in un sogno d’amore
di qualunque colore.
Petali vellutati di un tessuto
magico in movimento
si ripone nel cuore
che batte e ribatte solo di vita.
Felicità e dolcezza
che dona amicizia
e serenità d’un gesto d’affetto.
La natura non mente,
ripete sempre uguale
nelle meravigliose differenze
che fanno nella donna
indifferente in posa,
somma di tanti petali di rosa
La parola
La parola, invenzione
del dire e del fare
nell’ inverosimile
rivoluzione fuori
dal mondo della mente
per potere toccare
le cose che servono
per vivere utilmente
peccar liberamente
nel timor della pena
che sconterai nel sempre.
La parola, simbolo
del vero che del falso
credente, miscredente
suono dell’animale
utile per l’intesa
nell’amore ed in guerra
col nemico che parla
con dei suoni diversi
ma dello stesso senso
d’offesa nell’assalto
e d’amore per lei
che l’attende ancor vivo.
La parola è silenzio
La parola è rumore
La parola è quel tutto
che dà senso alla vita.
Passione, professione
missione, vocazione
esistenza, gioia
del vivere in intesa
col suono della voce.
Il sogno delle idee
Torno a volare dentro
il sogno delle idee
per trovare la via
che mi sembrava d’avere smarrito.
Ho letto in un murales:
“la vera vita è quella
che vivi dentro i sogni”
e vi aggiungo…dove tutto è possibile.
Come il grappolo d’uva
dove il chicco è un ideale
diverso da quell’altro
anche se nell’insieme si eguagliano.
Ma sognare non basta
perché la vita scorre
nel tempo che se ne va
per conto suo come se nulla fosse.
Così costretto a fare
tutt’altro, che sembra utile
per la sopravvivenza,
in barba alle tue idee che restan sogni.
L’essere corrente
Nel cogliere quel fiore
dell’essere corrente,
quale prigioniero della speranza,
m’accorgo d’esser vivo.
Guardo quello che vedo
senza pormi domande,
così, spontaneamente.
Quella sua identità
di colore e profumo evanescente
la ripongo nel vaso
della mia conoscenza
qual magazzino del bene e del male,
che è riserva del tutto,
dove pesco ogni giorno le mie idee
del fare e del non fare
per amor della vita
amor verace del perché son nato.
Considerazione
Mi butto lontano nel tempo dove
la vita non faceva differenze,
trascorsa nell’ignoranza del giorno
che la notte ogni volta concludeva.
Il bianco sul nero, luce nel buio
nel sistema dei contrari, avvincente
ma obbligatorio dentro il controluce
del pensiero dell’anima immortale.
Scopro la mia vita guardando un fiore
che sboccia spontaneo per fare corolle
abbandonate e raccolte dal vento
confusamente nel bene e nel male.
Non mi serve esser qualcuno nel tutto
se non nella celeste prospettiva
dell’anima quale essenza divina
a te sconosciuta, ma ancor per poco.
Musica del pensiero
Una musica ideale mi allontana
dalla vita del giorno
quando la disperazione del tatto
nasconde il piacere del gusto vero
delle note che mi fanno gioire.
Paradiso del canto
mentale, in operetta
mi racconta dell'anima.
Note senza parole
musica evanescente
fatta di suoni soavi.
assonanti nel piacere del bene
asintotici al bene assoluto.
Il non perché del perché
Il perché di un perché
non ha un perché, perché
risponde ad un perché
col senso del non senso.
Sapere di sapere
è il non sapere di quello che manca
per saperne di più
di tutto ciò che non sai di sapere.
Il limite di un limite
non limita il principio
del limite che può non aver limiti.
Andare avanti è sempre
avanti anche se vai
là per tornare indietro.
Veder non impedisce
di guardar ciò che vedi
guardar non impedisce
di veder ciò che guardi
anche se vedi tutto
ciò che non vuoi guardare.
anche se guardi tutto
ciò che non vuoi vedere.
Il senso del non senso
è il non senso del senso
del vuoto che è lo spazio
di misura del pieno
che non serve se il vuoto
è pari all'infinito
che non sembra interamente occupabile
per eccesso di spazio,
questa è la nostra fortuna d 'esistere.
L’essere corrente
Nel cogliere quel fiore
dell’essere corrente,
quale prigioniero della speranza,
m’accorgo d’esser vivo.
Guardo quello che vedo
senza pormi domande,
così, spontaneamente.
Quella sua identità
di colore e profumo evanescente
la ripongo nel vaso
della mia conoscenza
qual magazzino del bene e del male,
che è riserva del tutto,
dove pesco ogni giorno le mie idee
del fare e del non fare
per amor della vita
amor verace del perché son nato.
Il canto del passero
Torna la voce al canto
del passero che vola
solitario sugli alberi
spogli del mio giardino.
Torna la voce pura
e sincera dell’anima
che canta nel mio cuore
il senso della vita.
Non occorre mentire
per avere ragione,
la verità prevale
come il canto del passero
che fa della sua voce
l’armonia del sorriso
del tuo volto che guarda
il mio abito sgualcito.
Musica della vita
Le note se ne vanno
lontano dolci e amare,
musica dell’amore
che rimane e non torna
diverso dal passato.
E’ l’essere che resta
come se fosse fermo,
è il suono senza voce
della vita nel ritmo
perfetto del respiro,
è il colore di rosa
dei petali che fanno
da cornice al profumo
dei tuoi pensieri incerti.
La musica riprende
nel mistero del sonno
che rivive nei sogni
l’inutile risveglio.
Il senso della fine
Mi tormenta il pensiero della fine
mentre me ne sto solo
nel silenzio, in ascolto
sotto l’albero dei frutti maturi,
ripensando all’amore senza indugio,
colore della luce
nel buio della mia mente.
Dentro il silenzio del nulla, m’affascina
l’utilità del senso della vita
nel cercare il perché della mia anima
più che mai sconosciuto.
Allora so pensare
si, quella somma di idee
che han costruito questo mio volere,
così, prima del dopo
così, il dopo del prima
per via di quell’infinito assoluto
senza memoria alcuna
di buone nostalgie
del senso del principio
nel senso della fine.
Foglie gialle
Cammino sui ricordi
per essere sicuro
di non sbagliare mai.
Calpesto foglie gialle,
cresciute da gemme
d'albero della vita,
con scarpe ormai consumate dal tempo
che m'han condotto altrove.
Foglie che gialle raccontano tutto
sotto il passo deciso
d'un amore infantile
divenuto grande fra le sue braccia
che mi stringono ancora
forte, forti e tenaci,
per un sempre infinito,
gioia d'una vita che non può svanire.
M'abbandono nel sonno
M'abbandono nel sonno
per vivere nei sogni
liberato dal ciò
che ti costringe a fare
nel senso del dovere
dell'oggi quotidiano.
Libertà del pensiero
forza della ragione
in quel mondo che è tuo
nel silenzio del tutto
dove nessun t'ascolta
e te ne vai nel borgo
di quella solitudine
per viver l'infinito
dei tuoi pensieri veri.
Tornare da capo
Il tornare da capo per non perdere
del tempo. Il tempo perso
non è altro che lo spreco
d'energie tanto rare
che vengono a mancare
proprio quando ti servono
per far sbocciare un fiore
con l'uso buono dell'intelligenza.
Il fiore, simbolo della bellezza,
ancorché frutto di un ramo di spine,
utile per la difesa del bene,
come quelle bugie
che servono per dir la verità.
Da capo non vuol dire
ripetere il passato
ma fare un passo avanti
per dimenticar tutto
quello che non vogliamo.
Al di là del sole
Una musica suonava lontana
priva di note, solo un’armonia
di suoni sconosciuti,
portati dal vento d’estate caldo
nel fruscio della sera.
Il mio pensiero s’assopisce stanco
d’essere stato altrove,
lontano da quella voglia di fare
l’impossibile, oltre il bene e il male,
liberato dai limiti
della vita normale
nel luogo sconosciuto
dell’esser non vivente
che esiste in quanto tale
oltre il tatto delle mani vogliose
che servono al peccato
di portare quel cibo
utile solo per giungere in fine
nell’aldilà, lontano
dalla luce del sole,
lontano dal nonsenso
del viver per morire.
E’ un attimo la vita,
attimo che ci appare
inutilmente lento
anche per chi rimane
per dimenticare quello che ha fatto
quando è al di là del sole.
Musica del pensiero
Una musica ideale mi allontana
dalla vita del giorno
quando la disperazione del tatto
nasconde il piacere del gusto vero
delle note che mi fanno gioire.
Paradiso del canto
mentale, in operetta
mi racconta dell'anima.
Note senza parole
musica evanescente
fatta di suoni soavi.
assonanti nel piacere del bene
asintotici al bene assoluto.
Tornare da capo
Il tornare da capo per non perdere
del tempo. Il tempo perso
non è altro che lo spreco
d'energie tanto rare
che vengono a mancare
proprio quando ti servono
per far sbocciare un fiore
con l'uso buono dell'intelligenza.
Il fiore, simbolo della bellezza,
ancorché frutto di un ramo di spine,
utile per la difesa del bene,
come quelle bugie
che servono per dir la verità.
Da capo non vuol dire
ripetere il passato
ma fare un passo avanti
per dimenticar tutto
quello che non vogliamo.
Discorso preelettorale
Parole inutili ma ben espresse
per dare senso al dire
di senso privo di senso compiuto.
La gente ascolta attenta
applaude e non capisce
che è il contrario di quello
che vuol dire il discorso.
e l'oratore ottiene il suo successo
dicendo tutto e il contrario di tutto
per ottenere il consenso di tutti.
E' il popolo di piazza
passante o scioperante
che non ha altro da fare
che stare ad ascoltare
quello che non capisce,
(anche per il trambusto dell’intorno)
con la soddisfazione
del diritto d'intralciare quel traffico
di chi ha tanto da fare
per tirar fine mese.
Le parole che insistono
sono abbandonabili
dall’indimenticabile
lasciando null'altro che
l’insoddisfazione d'averle udite.
Io, non sono nessuno
….e ascolto come tutti.
Haiku del prima e del poi.
Del prima sai
poco come del dopo -
Saper che serve.
Prima non c'eri
ne dove potevi essere.
dopo non sai.
Tocchi, sei vivo.
Un’esistenza a caso,
non l'hai voluta.
Per questo vai
solo per inerzia
d'ignota spinta.
Se prima c'eri
lo saprai solo dopo
or non ancora,
diversamente
non sarebbe lo scherzo
di dubbio gusto
che si ripete
in quella risata del
Santo Spirito.
Finire in bellezza
E corro, corro, corro
e rincorro affannato
l'avvenire che sembra ancor lontano
e il tempo che mi resta
per giungere alla fine
mi toglie quel respiro
necessario al traguardo.
Continua la musica di quel cello
nei due quarti costanti d’un adagio
che portano all'obblio
di ciò che mi circonda.
La felicità è muta
come l'ansia nella disperazione
che il successo non sia
in quel dopo che ignoto
m'attende nel buio del nulla o nel tutto
di luce e paradiso.
L’alternativa mi dà quella forza
che mi manca per finire in bellezza.
Così riprendo il fiato
per giungere al traguardo
che comunque m'attende
e corro, corro, corro,
consumando quel fiato che mi resta
anche se inutilmente
disperato, con la sola speranza
di finire in bellezza.
Summertime
Fior di meraviglia sulla soglia
del piacere nel rivedere il sole
che illumina il tuo volto silenzioso,
bellezza del tuo viso nel sorriso,
estate di pensieri già vissuti
d’amore per la vita, fra le dita
di quella mano forte e coraggiosa
che calda m’accarezza nella brezza
dolce della sera. Cerco lontano
nel tuo sguardo e intravvedo nel mio credo
quella luce corroborante e vera
che mi dona il calore del tuo amore.
Convivenza
La convivenza è coi
dissensi, con gli eccessi
di chi ti guarda; poi
non sono che interessi
dei quali tu non sai
nulla se non che sono
dei vecchi calamai
d’inchiostro senza tono.
Così vado via solo,
spirito di conquista,
guardo il mare dal molo
lontano senza vista
tale quale un barcaiolo
disposto e fatalista.
Quel filo di ragione
Mi parlo, me lo dico,
ma non m'ascolto mai
quando la primavera
mi gira nell’intorno
per far del mio pensiero
ragione della vita.
Allora mi rivolgo
al Santo Padre Eterno
per trovare quell'aiuto
che mi serve per vivere
il piacere dei sensi,
piacere del respiro
e non sentire più
il parlare degli altri
che porta al lor mulino
quel filo di ragione
in un bicchier di vino
Canzone
Si, la poesia è un bisogno
come il cibo per soddisfar la fame.
anche se il cibo ha tanti
sapori, ne rifiuti
i peggiori per rivivere al meglio
nel conoscere i fatti della vita.
Al meglio non vuol dire
vivere nel migliore
dei modi ma il potere sopravvivere
a quel peggio che ti può capitare.
La poesia dice la tua verità
e lo dice a te stesso
quindi non può mentire.
se mentisse non sarebbe poesia
ma un brutto racconto di fantasia.
Frastuono
Vivere le bugie
di quei monti lontani del pensiero
fra gli alberi del bosco delle idee
ormai privi di gemme,
mentre il forte rumore dell'oblio
assorda dentro la pace dei sensi
e aiuta il tuo respiro.
Ascolto con attenzione il rumore
del mare che lontano
richiama nell'orizzonte dei sogni
il passato trascorso ormai remoto.
dove nel bello il buono
dava senso alla fede.
La giostra continua. Nel girotondo
il dettaglio mi sfugge
nell'attenzione del giorno che passa
dentro quella perdita inosservata
del tempo che mi scorre fra le dita:
la vera felicità sta nel dopo,
non può esser che così:
mistero della vita.
M’abbandono nel sonno
M’abbandono nel sonno
per vivere nei sogni
liberato dal ciò
che ti costringe a fare
il senso del dovere
nell’oggi quotidiano.
Libertà del pensiero,
forza della ragione
in quel mondo che è tuo
nel silenzio del tutto
dove nessun t’ascolta
e te ne vai nel borgo
di quella solitudine
per viver l'infinito
dei tuoi pensieri veri.
Torna l'estate
Torna l'estate dentro i nostri cuori
verso quell'infinito che ci attende
tutto da scoprire.
Vuoto nel vuoto ma colmo d'amore
del soprannaturale,
il sapere del sapere l'ignoto
dentro la musica del quotidiano,
visione del tutto a noi sconosciuta.
Otto note d'un cello
che ripetono basse
la vita del momento,
Canone in Re Maggiore
nella dolce alternanza
di quei violini per l'imitazione
dei pensieri del giorno
oltre quell'orizzonte.
Estate di speranza,
il sole mi sorride
nel rosso della sera
d'un domani sereno.
La musica della mente
Quando dentro le note
nel corpo della mente
corre vera la sensibilità
del giorno, quella musica
ti porta altrove, là
nel silenzio del bosco
dove le idee sovrastano
la voglia del non fare
e la vita trascorre
oltre la tua realtà.
Mi scompare il trascorso,
tutto è nuovo e m'illudo
d'esser così diverso
nel saltare da un ramo
all'altro per trovare
cibo nuovo fra i frutti
di quelle gemme verdi
che nel pensiero sono
nate solo per caso.
Morire suona male,
finire suona meglio
conferma il principio
di poter ricominciare dal nulla.
L’uomo immutabile
Tutto tace, non parla,
tutto è fermo in silenzio
ma di un silenzio che non è tombale,
silenzio che dice della speranza
di poter fare ancora
quello che si vuole, anche
se in un modo diverso,
che però non sappiamo ancora quale.
Si potrà ancora nascere e morire,
si potrà ancora amare,
si potrà ancora odiare,
uccidere o salvare,
ma solo in apparenza.
Nella sostanza non cambierà nulla:
mangiar, bere e dormire.
L’uomo come tale è immutabile.
È venerdì e gioisco
È un venerdì sereno,
e gioisco nell'ascolto
di quelle note semplici e perfette
che portano lontano
dal viver quotidiano
e traducono in gaiezza
la melanconia del tono minore,
con trilli moderati e concludenti
che la vita compie
al culmine del giorno.
Sera di primavera
diario del presente appena trascorso
nella speranza del suo ripetersi,
serenità del suono
del piano e un violoncello
che solo si disperde
irripetibile nell'infinito.
(Ascoltando Canon in D di Johan Pachelbel
1653-1706 musicista di Norimberga (Germania))
Chi sei tu
Buttarsi nel dissenso
per sentirsi libero di pensare,
è il tuffo dentro il vuoto
per saperne di più,
il circolo ambizioso
dell’illusione di sapere più
di quelli che hanno torto,
così mi sembra o pare.
È lì che ti ho incontrata,
combinazione del caso curioso,
nel comprendere il senso
del non senso dell’essere
dal nulla dove il nulla
ne ricopre l’intero indisponibile
riservando uno spazio
giusto solo per noi.
Tu sei la mia certezza,
quella di godere la libertà
di non essere quello
che sono sempre stato,
dal tutto da imparare
mal certo d’aver imparato tutto
nel mutare, invecchiando
per volontà di Dio.
Fine del virus
Essere sul culmine, disperati
dal senso di vertigine
che quella lotta politica genera
sull'opinione pubblica,
toglie il senso alla vita
del cittadino qualunque che attento
vuol capire il pericolo che corre:
prima fase, un disastro;
seconda fase un rebus;
tutti parlano di linee guida
che nessuno osa dire,
così al mistero si aggiunge ancor quello
di un fondo di bilancio
per un'assistenza psicologica
del povero ammalato,
affinché possa morire convinto
della convenienza della sua fine.
Il problema è risolto,
con mani ben lavate,
con mascherina o senza,
a rigore di legge.
La gente dall’alto di un albero
Salire su quell’albero
per guardare dall’alto
la gente che corre per le strade
indaffarata, allegra, indifferente,
ognuno per i fatti
suoi che non vuole far sapere agli altri.
Così ci sembrano in solitudine.
ma se ne vanno tutti insieme a casa
sapendo di non essere da soli,
anche per quel vicino
che tanto li disturba
con quei piccoli bimbi
che guardano con l’indifferenza
di come se tu fossi lor nemico.
La mente dei sogni
Corrono i miei pensieri
giù per la contrada dei dolci sogni
nel corso delle trame
dei racconti infantili
delle storie dei maghi,
le glorie degli eroi,
per non dimenticare
il passare del tempo
nell’imprevisto amore
nel respiro di vita
del giorno che trascorre
uguale nella gioia
d’essere per non fare
altro che congetture
dal destino invisibile.
Domande semplici
Darsi al desiderio
per sentirsi libero di pensare:
immergersi nel vuoto
per saperne di più.
Proprio là ove t’incontri
per comprendere il senso della vita
il principio del poi,
dove il nulla ricopre
l’intero disponibile,
così da rimanerne immerso al punto
di godere la vera libertà,
di non essere quello
che eri, sempre lo stesso
che per volontà altrui cambia invecchiando,
quell’altrui che non vuole
mostrarsi per evitar
domande imbarazzanti
sul senso per cui siamo e sul perché
siamo per così poco
e solo inutilmente.
Il dono del disturbo (l’Acufene)
Mi parli ancora, parli,
parli, parli, urli senza dire nulla,
come un rumore, non sei un suono, una voce
insistente per dirmi inutilmente
tutto quello che non vorrei sapere.
Monotonia del vivere comune,
l’attimo del prima che si ripete
per dirmi tutto quello che ha già detto,
modo ripetitivo e convulso
da non esser compreso
se non nella vera inutilità
del suono mono-tono.
Ti chiamano disturbo,
non sei una malattia,
non ti servono cure,
sei il vero simbolo della salute:
di cosa mi lamento!
non mi resta che ringraziare il cielo
che mi dona un qualcosa
d’incurabile perché non è un male
ancor meglio del bene
che mai è così insistente.
Te lo dirò dopo.
Perché non dirlo subito
ciò che senti nell'io
oltre i fiori dell'orto
dei tuoi pensieri così misteriosi.
Perché non voli libero
sopra quelle scogliere
irte di ciò che pensano
e non dicono gli altri,
forse temi il confronto
come il bocciolo sullo
stelo di una rosa ch' è già fiorita,
forse non sei sicuro
che la gente capisca
forse perché alla gente
appari come uno in più
e il tuo pensiero non può che turbare
la comodità del viver comune
sull'io dell'ignoranza.
Cosa mi resta
Cosa fare nel poi
della fine imminente
incognita nel termine
come nel principio.
È curioso il pensare
all'essere nel dopo:
è l'essere del tutto
in assenza del fare,
è l'unica esistenza
senza uguali e contrari
priva di differenze
priva di sofferenze,
ne azioni, ne reazioni
come il pensiero in libera caduta,
unica e vera immaterialità
di quell’anima che ci aiuta a vivere
per giungere a quel poi
che è il tutto da scoprire:
proprio quell’infinito
senza resistenze ne dinamica
che sarà tutto mio.
Rose di maggio
Boccioli di pensieri
che si ripetono non letti
e lasciano intravvedere
l’illusione d’un fiore.
Ne sento la fragranza,
l’incantesimo di quel dopo
che ricompone la ragione
e m’illude la mente.
Il maggio scorre via
come quel tempo che fuggente
fluisce imprevedibilmente
fra le dita socchiuse
sui petali di rosa
che profumano di quel vento
tiepido della speranza
d’amore per la vita.
Osservando il tuo sguardo
L’archè del tuo respiro
è il principio della mia esistenza che
mi governa l’amore,
fruscio della natura che riascolto
nelle foglie del bosco,
vita delle mie idee,
sei l’acqua che disseta
l’apeiron dell’aria
che respiro, l’origine
del fuoco del mio bene.
mi avvolgi lo spirito e mi ridai
lo spazio infinito di quei pensieri
che la mia mente genera
osservando il tuo sguardo.
Al di là del sole
Una musica suonava lontana
priva di note, solo un'armonia
di suoni sconosciuti
portati dal dolce vento d'estate
nel fruscio della sera.
Il mio pensiero s'assopisce stanco
d'essere stato altrove,
lontano da quella voglia di fare
l'impossibile oltre il bene e il male,
liberato dai limiti
della vita normale
nel luogo inconsistente
dell'esser spirituale
oltre il tatto delle mani vogliose
che servono al peccato
di portare quel cibo
utile sol per giungere alla fine,
nel al di là lontano
dalla luce del sole,
lontano dal non senso
del senso di vivere per morire.
È un attimo la vita,
attimo che riappare
inutilmente lento
solo per chi rimane
per dimenticare quello che ha fatto
quando è al di là del sole.
Fra le tue calde braccia
La bottiglia si vuota
adagio adagio mentre
la mia mente sen va
per i fatti suoi senza
saper cosa pensare.
Le parole non servono,
i verbi, che traballano
fra presente e futuro.
Confusione immanente
ma l’ordine al volere
rimane indisturbato.
Il tornare da dove son partito,
partire nel viaggio di fantasia
in un futuro ignoto
che rendo noto in immaginazione
assopito nel sonno
del tempo che mi manca per avere
senza idee sufficienti
quello che non avrò
per avere successo.
Correre sulle sabbie del desiderio,
nuotare nel mare dell’infinito,
senza vivere il confine del fare
e la libertà d’essere pensiero
senza quei limiti del faccendiere
dal fare inconcludente
ma libero di respirar l’amore
per la vita dell’essere per sempre
fra le tue calde braccia.
Libera/mente
Le idee di quel tipo che non conosco
incatenato sino dalla nascita
sul fondo della grotta, (*)
m'hanno portato altrove
luoghi lontani dove
la vita è un'opinione,
la fine inesistente
senza esser ancor nato.
Amar l'inesistenza,
essere dentro il tutto
nel sentire quelle ombre
che corrono sui muri
parlare con le idee
della luce nel fuoco
della mia mente libera
dalle catene della conoscenza
del sapere comune.
Quel tipo, che è la mia ombra,
s'allunga sul tramonto
per svanire nel poi
della vera inesistenza del sempre.
(*) La grotta immaginata da Platone
L'amore dei sogni
Dimenticare tutto quello che so
per andarmene libero
da quei pensieri costruiti nel tempo,
correre senza inciampi,
volare fra gli alberi diversi da
quelli del bosco delle idee trascorse
e adagiare la mente
sopra quei bianchi flutti
burrascosi delle onde
che mi fanno sognare l'impossibile.
Scarpe grezze per un cammino
curioso senza meta
per andar lontano in quell'infinito
di sopravvivenza piena di luce
del senso della vita.
Una sensazione meravigliosa:
sapere di non essere
ciò che sono ma un altro,
vero ma sconosciuto a me stesso
con cui poter parlare
nel silenzio misterioso e buono
che mi affoga la mente
nell'amore dei sogni.
Sulla riva di quel fiume
Sulla riva di quel fiume che scorre
fra le mie idee incantate, non curante
dentro il costante riflusso confuso
dei miei pensieri che ne condivido,
belli o brutti che siano, dentro o fuori
dal mondo che vivo senza inciampare
nei passi del cammino quotidiano.
La' nell'incanto del suono d'un'arpa
corro lontano, fuori dal cerchio
delle cose che vedo sempre uguali,
nel preludio divino del silenzio
della solitudine che rincuora.
Flusso d'origine, destinazione
ignota del poter fare di tutto
me l'hanno insegnato a scuola ma senza
dirmi né come, né quando, né mai
così nel mistero del fare non ho
combinato mai quello che sognavo,
nulla di bello ma soltanto guai.
Ritornare da capo
Ritornare da capo
dopo aver camminato tanto e stanco
accorcia inutilmente
ciò che mi resta per andare avanti.
Il tragitto non cambia:
sentiero di montagna
che sale e poi scende senza mai giungere
alla meta voluta
se non a quella valle
che tanto mi spaventa
così nebbiosa e opaca
e colma di mistero.
A che serve ritornare da capo,
se non vedi la fine!
Non mi resta che trasformar l'attesa
gettando la coscienza
in quel sonno improvviso
nella speranza di goder del tutto
che dona l'infinito.
Il non perché del perché
Il perché di un perché
non ha un perché, perché
risponde ad un perché
col senso del non senso.
Sapere di sapere
è il non sapere per quello che manca
per saperne di più
di tutto ciò che non sai di sapere.
Il limite di un limite
non limita il principio
del limite che può non aver limiti.
Andare avanti è sempre
avanti anche se vai
la' per tornare indietro.
Veder non impedisce
di guardar ciò che vedi
guardar non impedisce
di veder ciò che guardi
anche se vedi tutto
ciò che non vuoi guardare.
anche se guardi tutto
ciò che non vuoi vedere.
Il senso del non senso
è il non senso del senso
del vuoto che è lo spazio
di misura del pieno.
che non serve se il vuoto
è pari all'infinito,
che non sembra interamente occupabile
per eccesso di spazio
che, d 'esistere, è la nostra fortuna.
Il tratto è breve
Il tratto è così breve
che il principio e la fine
si elidono nel tutto,
l'esistenza scompare
e prevale il non essere,
quello che sei, che non è
quel tutto che ti sembra,
se non inesistenza,
compromesso del punto
nel comporre linee.
Il sapere
Minuscolo è il sapere
che sta di fronte a Dio
La sapienza non serve
perché è solo per l’uomo
che scompare nel nulla
del dove è stato creato.
Serve solo a chi vive
soltanto per quel poco,
utile per restare
nel migliore dei modi
e solo per alcuni
che nella parità
se ne andranno con gli altri
dopo, come nel prima,
che nella specie estingue.
Tornare laggiù
Tornar laggiù puntuale
dentro il profondo senso
di quella vita amabile
che trascorro alla fine
di ogni giorno di sole
per trovare il principio
d'ogni cosa che tocco.
Scoprire il paradiso
del far quello che vuoi
per il bene di lei
nell'essere lontano
dalle immaginazioni,
bugiarde più che mai
nel mutare i pensieri.
L'amore gioioso
verso la donna che amo
lei, unica mia certezza
nel tratto che m'attende
sereno nella gioia
santa di aver vissuto.
Oltre la meta
Ripensaci, vai,
ritorna sui tuoi passi,
ricominciare da capo migliora
quella speranza sul come del quando.
Non disperare, riprendi coraggio
nel fare gloriosa la vittoria
vicina della vita.
Andarsene oltre la meta ne libera
il sapore, così,
tale e quale ai tuoi desideri veri
per aver l’impossibile.
La fortuna è vicina,
il passaggio è breve,
la mente oltre il corpo
che ne è ‘unico schiavo.
Poi raggiunta la meta te ne andrai oltre
l’infinito di cui
sarai parte e padrone.
Il tuo sguardo
Giorno di sole, luce
del pensiero che vale
la pena di sorprendere
nel vivere l'idea
d'una vita migliore.
Petali colorati
di nuove aspirazioni
della voglia di fare.
L'impossibile torna
nella paura d'esistere
sul bordo di quel vuoto
che mi turba il respiro.
Il sentiero è impervio
e di facile inciampo
ma la luce mi toglie
l'incertezza del passo,
la luce del tuo sguardo
m' illumina il percorso
per giungere alla meta.
L'amore dei sogni
Dimenticare tutto quello che so
per andarmene libero
da quei pensieri costruiti nel tempo,
correre senza inciampi,
volare fra gli alberi diversi da
quelli del bosco delle idee trascorse
e adagiare la mente
sopra quei bianchi flutti
burrascosi delle onde
che mi fanno sognare l'impossibile.
Scarpe grezze per un cammino
curioso senza meta
per andar lontano in quell'infinito
di sopravvivenza piena di luce
del senso della vita.
Una sensazione meravigliosa:
sapere di non essere
ciò che sono ma un altro,
vero ma sconosciuto a me stesso
con cui poter parlare
nel silenzio misterioso e buono
che mi affoga la mente
nell'amore dei sogni.
Desiderio sorgente del pensiero
Volevo esser ricco
e non ci son riuscito,
per caso o per sfortuna.
Ma che serviva essere
ricco: solamente per soddisfare
il corpo di cui il pensiero ne è vittima.
Sentire il naturale,
percepire e comprendere,
nel concepire, con l'intelligenza
del giudizio cosciente,
la realtà manifesta.
L'impegno della vita
è saper più del dopo,
per perdere il timore della fine.
Il corpo è l'esperienza della vita,
la vita è l'avventura della mente,
coglie la sensazione
e ne riveste la sua nudità:
desiderio, sorgente del pensiero
m'illumina il percorso
per giungere alla meta.
Bisogno di pensare
Parlare con i fiori
di quegli arbusti del solito dire
che soffocano il giorno
nella nebbia d'autunno.
Poter fare e disfare
costruire nel distruggere
le idee di quel passato
frastuono che ci assorda
e ci lascia pensare solo al nulla.
Nascondersi dietro un tronco d'albero
per non essere visto
da quel corvo curioso
che t'anticipa il passo
e ti guarda con severa insistenza
come se ti dicesse
di stare attento al come
per non fare del peggio
il fine della vita.
Camminare sulla fune per fare
di ogni cosa un soggetto in equilibrio
col brillare improvviso
dell'ultimo passo della ragione,
bisogno di pensare
per dare ancora di più vita alla mente
nel dar senso al respiro.
Il tempo fugge
Il tempo trascorre come le note
del cello che risento per sognare
d'esser altrove, la'
dove la gravità scompare e nulla
mi fa temere di tutti i pensieri
che mi nascondi ancora.
Segmento d'infinito
inesistente forse
sconosciuto al gorgheggio
insistente d'amore per la vita
Istante dello sguardo
fugace del pensiero
che se ne va lontano
nel mondo delle idee,
compare nel presente
e scompare per sempre.
In casa (da virus)
Noi oggi siamo in casa
ne scopro l'accoglienza
per obbligo di legge,
è una vera fortuna
per potere pensare
tranquillamente a tutto,
senza nessuna urgenza,
come se nulla fosse,
come dovrebbe essere
nella vita normale,
senza impegno ne fretta
ma...soltanto per poco,
perché giunti alla fine
tutti i problemi saranno irrisolti
e moriremo d'ansia
per non avere fatto
tutto ciò che non volevamo fare.
La fortuna sfortuna
dell'umana impotenza
dell'incontro scontro con l'invisibile.
Ma si! Ce la faremo
anche per questa volta,
poi....... sarà il paradiso.
Pasqua al chiuso
Pasqua chiusa così fra quattro mura,
non l’avrei mai pensata
perché non c’è mai stata
una così tanto grave impostura
da costringerci seduti sul letto
del risveglio al mattino,
per correre giù in giardino
nel timore che ci caschi il tetto
inaspettatamente senza avviso
sopra il capo intontito,
dal colpo intorpidito,
privo dell’essenziale e del sorriso.
Cosa fare allora, così al chiuso
prendo la penna in mano
e scrivo del malsano
mondo in cui viviamo del tutto fuori uso,
parole vane che sembrano astratte
perché sono vere e crude
e scritte a mani nude
come se fossero espressioni matte.
Quel suono lungo la valle
Torna il racconto lungo
la valle verso il fiume dei ricordi.
Alberi incolti e il suono di parole
confuse dal fruscio
del vento freddo di immagini opache.
Allungo la mano per ripararmi,
dai tralci secchi di spinose fronde
che mi ostacolano la corsa verso
il senso della vita.
Pensieri appollaiati
con lo sguardo socchiuso
sul passato che scorre
dietro le mie spalle senza ritorno,
frenano quella corsa
verso l'ultimo ostacolo
nel breve tratto della fantasia
lento e colmo d'affanno.
Poi la pace e il riposo
nel ristoro dei sensi
che mi hanno reso utile la vita
per giungere alla meta.
È' Il principio d'un dopo sconosciuto
e il suono che sento lungo la valle
m'illude la speranza
verso l'eternità.
L’anima mia
L’anima mia parla con il pensiero
che è nato nel destino
dentro me ancor bambino
per capire il senso di ciò che è vero,
ma ciò che è vero, all’anima non serve
serve soltanto all’io
per soddisfare Dio
solo per questo e in quel momento ferve.
Vivere sol di corpo è una finzione,
tale da non vedere
ciò che non puoi volere:
del corpo rimane solo emozione
perché te ne vai e ciò che di te resta
non serve a nulla e puoi
saper quello che vuoi,
saper di non sapere e farne festa.
Poesia dell'altrove
Farne ancora una, prima
di coricarmi nel soffice letto
della mia fantasia,
mi riporta altrove oltre
quel clima dell'autunno
di sogno delle foglie
ingiallite che dipingono il bordo
del prato, nel giardino ove quel passero
sfruguglia innervosito
alla ricerca di un cibo qualunque
ancora sconosciuto
che attento egli dona alla sua presenza.
Poetar mi giova al senno
della vita del giorno,
mi libera la mente
oltre i limiti di sopravvivenza
del pensiero comune
al pane quotidiano
Quel passero mi guarda sospettoso
dandomi quella gioia
tanto rara e diversa
dell'amore impossibile
che sognavo bambino.
Scrivere
Scrivere, poi riscrivere
e trascrivere musica d’incenso
mentre il giorno trascorre
furtivo fra le dita della mano
che battono instancabili
l’amore per la vita.
La verità non manca
quando, solo, la sera
trascorro nel canto del preludio
mio preferito del sole calante.
Il blu che mi circonda
scompare nel silenzio.
La mente vaga in cerca
di note nelle ottave
alte di melodie
rincorse in assenza di silenti pause.
Tanta è la voglia d’esistere, sempre
lontano dalla inutile realtà
circostante il cammino
voluto da quel prima
che insiste e mi mortifica
il respiro nella poesia del tratto.
Quella solitudine che nel verso
mi porta in paradiso
in assenza di contradditorio
nella vera libertà del pensiero.
Bisogno di pensare
Parlare con i fiori
di quegli arbusti del solito dire
che soffocano il giorno
nella nebbia d'autunno.
Poter fare e disfare
costruire nel distruggere
le idee di quel passato
frastuono che mi assorda
e mi lascia pensare solo al nulla.
Nascondermi dietro un tronco d'albero
per non essere visto
da quel corvo curioso
che mi anticipa il passo
e mi guarda con severa insistenza
come se mi dicesse
di stare attento al come
per non fare del peggio
il fine della vita.
Camminare sulla fune per fare
di ogni cosa un soggetto in equilibrio
col brillare improvviso
dell'ultimo passo della ragione,
bisogno di pensare
per dare ancora di più vita alla mente
nel dar senso al respiro.
Cosa fare
Guardare per pensare,
leggere per sapere
più del necessario,
amare per amore
non per la voluttà
di soddisfar l'inutile.
Ritornare bambini
per riscoprire il bene
ormai dimenticato
dalla gente comune,
mutar la società
della ricchezza egoista
dell'essere di pochi,
nella comunità
dell'altruismo sincero
per dar senso alla vita
di tutti in egual modo,
oltre la sofferenza
nella disperazione
d'esser in solitudine
dentro l'umanità
che ti si affolla intorno
nel confondere il volto
della tua verità
d'esser uno dei tanti.
Fra le tue braccia
La bottiglia si vuota
adagio adagio mentre
la mia mente sen va
per i fatti suoi senza
saper cosa pensare.
Le parole non servono,
i verbi, che traballano
fra presente e futuro.
Confusione immanente
ma l’ordine, al volere
rimane indisturbato.
Il tornare da dove son partito,
partire nel viaggio di fantasia
in un futuro ignoto
che rendo noto in immaginazione
assopito nel sonno
del tempo che mi manca per avere
senza idee sufficienti
quello che non avrò
per avere successo.
Correre sulle sabbie del desiderio,
nuotare nel mare dell’infinito,
senza vivere il limite del fare
e la libertà d’essere pensiero
senza quei limiti del faccendiere
dal fare inconcludente
ma libero di respirar l’amore
per la vita dell’essere per sempre
fra le tue calde braccia.
Te lo dirò dopo.
Perché non dirlo subito
ciò che senti nell'io
oltre i fiori dell'orto
dei tuoi pensieri così misteriosi.
Perché non voli libero
sopra quelle scogliere
irte di ciò che pensano
e non dicono gli altri,
forse temi il confronto
come il bocciolo sullo
stelo di una rosa ch' è già fiorita
forse non sei sicuro
che la gente capisca
forse perché alla gente
appari uno in più
e il tuo pensiero non può che turbare
la comodità del viver comune
sull'io dell'ignoranza.
Il mio vivere
Sento il tempo trascorrere vicino
il giorno mi sorvola inosservato,
e non vedo l’istante della luce
che si spegne la sera per tornare
a viverla sogno a notte profonda.
Non dedico lo sguardo alla mia vita
che conduco senza sapere nulla
di quello che ancora mi può accadere
e che vorrei fosse quella di un tempo,
quand’ero ancora incerto nel pensare
alle cose belle e a quelle che avrei
voluto fare per vivere a lungo
nella gioia dell’amore poi trovato
nascosto dentro quello sguardo di chi
curiosa mi sta vicino per darmi
conforto senz’altro scopo e vedermi
vivere nel mondo mio, quello vero.
Dolce musica
Di tutto può accadere
oltre il tuo ben volere
e questa è una condanna.
Il peggio sta nel non saperlo mai
in tempo per evitar
il pianto del perdente.
Nell’attesa una dolce
musica mi soccorre,
è il canto dell’amore
nascosto nel profondo del tuo cuore
là dove la speranza
del tuo sguardo affettuoso m’aiuta a vivere
per essere vincente.
La vita che sorride
La vita mi sorride
nel pensarti al di fuori
del viver quotidiano
con quello sguardo mosso
da un vento di speranza
che mi fa intravvedere
la voglia del tuo bene.
Noi siamo verità
nella sincerità
di quello che pensiamo
attraverso il miracolo
della nostra esistenza
ignota nell'origine
del perché del sapere.
L'archetto fa vibrare
le corde che tocchiamo
in un gioco scherzoso
e il suono è la sorpresa
che ci fa innamorare
nel sogno di una vita
uniti nell'insieme
dei nostri desideri
come petali rosa
che non sanno mentire.
Il nettare d'un fiore
sparso sulle tue dita
profuma le carezze
d'un desiderio vero
che ci unisce per sempre
indissolubilmente.
La musica della mente
Quando dentro le note
del corpo nella mente
corre vera la sensibilità
del giorno, quella musica
ti porta altrove, là
nel silenzio del bosco
dove le idee sovrastano
la voglia del non fare
e la vita trascorre
oltre la tua realtà.
Mi scompare il trascorso,
tutto è nuovo e m'illudo
d'esser così diverso
nel saltare da un ramo
all'altro per trovare
cibo nuovo tra i frutti
di quelle gemme verdi
che nel pensiero sono
nate solo per caso.
Morire suona male,
finire suona meglio
conferma il principio
di poter ricominciare dal nulla.
La mia inesistenza!
Si, me lo sono chiesto tante volte
ma senza una risposta verosimile.
Ma chi sono per essere
il cosiddetto umano
di origine animale
senza sapere il senso
di questa affermazione.
Eppure se Padreterno
ci ha inventati così
fatti, come esteticamente siamo,
belli, brutti, più buoni, più cattivi
degli altri con i quali conviviamo,
senza saper d’essere, per ciò che siamo,
nel senso del non senso
d’esistere per caso,
senza capir perché
c’è stato consentito,
è solo per quel poco che ci serve
per fare tutto ciò che
alla fine poi finirà nel nulla
senza eredi, almeno del nostro tipo,
come è successo a noi
con chi ci ha preceduti.
Per quanto ci sforziamo di sapere
non sappiamo chi fossero costoro,
forse d’altra sostanza
e senza un Dio creatore
o se lo stesso è stato,
ci ha fatti in tale guisa
solo per cambiar la monotonia
dello stato di cose,
limitandoci poi nel senso critico,
motivo di inutile discussione.
Non saprò mai chi veramente sono
nel disuman senso d’essere ciò
che puntualmente muore
per ricomporsi senza
memoria del principio.
Esistere quel tanto
per non esserci più:
come per gli altri, è la mia inesistenza.
Fiori del mio giardino
Parlano sotto il vento che li muove,
sole di primavera,
tepore della luce del mattino,
profumo di pistilli,
polline dolce che invadente impolvera
i pungiglioni d'api
che laboriose e vere
ne fanno cera e miele.
Parole del pensiero
per dire ciò che non riesci a capire,
che senti e provi tuo
malgrado, col piacere spontaneo
che la natura ha dato
per apprezzare il senso della vita.
Fiori senza l'autunno,
assopiti nel senso del godere
di gioia e di verità,
in versione divina del rinnovo,
sabato di preghiera
che mi ricorda d'essere chi sono
per aver consumato
ciò che Dio mi ha donato
senza voler in cambio
null'altro che il fruscio
di simboli di gioia nonché stupore.
Fiori del mio giardino
Parlano sotto il vento che li muove,
sole di primavera,
tepore della luce del mattino,
profumo di pistilli,
polline dolce che invadente impolvera
i pungiglioni d'api
che laboriose e vere
ne fanno cera e miele.
Parole del pensiero
per dire ciò che non riesci a capire,
che senti e provi tuo
malgrado, col piacere spontaneo
che la natura ha dato
per apprezzare il senso della vita.
Fiori senza l'autunno,
assopiti nel senso del godere
di gioia e di verità,
in versione divina del rinnovo,
sabato di preghiera
che mi ricorda d'essere chi sono
per aver consumato
ciò che Dio mi ha donato
senza voler in cambio
null'altro che il fruscio
di simboli di gioia nonché stupore.
Vita d'altri tempi
Gioia di vivere con te
ignota vita d'altri tempi quando
non sapevo ancora nulla di vero
di quello che vedevo.
Non ignoravo d'essere
quello che ero fra tanti mascalzoni
quello vero che gli altri non conoscono,
quegli altri benpensanti.
Libero di pensare
quello che non avresti mai saputo
fare, volare la nell'infinito
fra le stelle lucenti.
quote millesimali
d'un volere lontano sconosciuto
che ignoravo da fanciullo fervente
di preghiere al mattino.
ignoto e meraviglia
non vedere tutto ciò che accadrà
Gioia dell'innocenza del non sapere
del bene ne del male.
Tornare indietro
Tornare indietro lungo
la strada sconosciuta
di quel trascorso che ho dimenticato,
m’incuriosisce l’anima
per aver vissuto in modo inconsapevole,
come i fiori della scorsa stagione,
appassiti nell’oblio del profumo
dei pistilli cosparsi
di nettare aromatico di vita.
Son stato e non son più
quello di prima, quando
ho vissuto nel meglio
o nel profondo peggio,
acchiappando farfalle.
Quel capire che mi è stato donato
da due esseri distinti
che uniti a mia insaputa
hanno goduto inconsapevolmente.
Rivivere il passato
non interessa all’anima:
essa non ha passato,
ma vive d’esistenza.
Amore per la vita
Correre per le strade
del pensiero, imprevedibile e audace,
per cercare ciò che di inverosimile
mi propone la mente,
strana curiosità
per conoscere un mondo inesistente
mentre quello certo se ne va via
per conto suo, sfuggendo
alterno alla mia sensibilità
di pura solitudine
e al fascino di quella indipendenza
che mi dà il vero amore per la vita.
L'azzurro del cielo
Cielo azzurro colmo di quelle stelle
che guardo una per una come i fiori
dell’Eden in vetta al Purgatorio
fra il Lete e l’Eunoè (*)
la divina foresta
fonte di ardimentosi pentimenti,
universo che nel suo silenzio
vero sconvolge l'anima.
Azzurro evanescente che intangibile
dentro mi lascia scorgere
l'infinito che non immaginavo
così vicino nella trasparenza
del pensiero di quella verità
che m'hanno insegnato quando ero piccolo
che dovevo creder senza capire.
e che ancora oggi è tale.
(*) il Purgatorio di Dante nella Divina Commedia
Andarmene via
Andarmene via per tornare là
dentro il fondo del vaglio
dove scorre l'acqua oltre
la riva del sapere
e rincorre in pozzanghere
l'invito a non pensare.
M'accascio affranto, affaticato e stanco,
nell’affanno legato alle vicende
che non mi garantiscono la vita
nel pentirmi di non aver usato
abbastanza quella giovane età
che mi donava d'essere
sempre lontano dai fatti del giorno.
Attento nel decalogo
m’incammino nel riposo dei sensi,
incerto del dopo, ancor da scoprire,
colmo di tutto ciò che oggi m’ è ignoto,
resto fuori dal limite
del possesso della sopravvivenza.
Il principio mi conduce nel poi
dove quel tutto è mio
senza mancare agli altri,
dove i piedi non toccano
quella terra del fare,
dove non si costruisce per bisogno
nel limite del giorno
e non si fa nell'obbligo di dare.
L'assenza di distinzione dei volti,
nel tempo e nello spazio,
nell'assenza di gravità il pensiero,
mi riporta agli albori
quando l’inutilità del fare era
la tua esistenza, quella
dell'infinito che non ci appartiene
oltre la gioia del vero.
Nel silenzio
Non voglio più pensare.
Preferisco alle parole il silenzio
che mi parla di tutto
senza termini ambigui
senza quei compromessi
nascosti fra le cose
che non si voglion dire.
Il silenzio è loquace.
Il silenzio è la pace
vera di tutti i sensi,
è il tutto, è l’infinito,
l’universo, l’inferno e il paradiso
del meglio incomprensibile
di lacrime e sorrisi,
il tutto m’appartiene,
scorre dentro il sangue nelle mie vene,
lo sento mio, me lo ha donato Dio
in silenzio senza volere nulla
in cambio, oltre la vita
che trattiene in silenzio fra le dita.
Non mi spiego.
Guardo curioso gli ultimi scalini
di quella scala ch’è irta e incerta, dove
il salire vuol dire consumare
lo scopo dell’attesa verso il cielo
nell’infinito sconosciuto e buio.
Come la pioggia che scende costante
oltre la sorpresa attonita e muta
dell'improvviso che sordo m’ aspetta
e si nasconde dietro le bugie
di quel pensiero errante senza meta.
Che devo dire del fare nel poi
se quel divenire m’appare oscuro
nell’attesa timoroso da dove
son partito ancora ignaro del dove
giungere nel forse che mi era incerto.
Fisso là, lontano senza vedere
nulla di nuovo anche se dentro il nulla,
il nuovo piace nel tutto, la vita
risorge nel continuo e all’insaputa
la morte si contorce disperata.
Arrivo così in cima a quella scala
sono all'ultimo piolo, manca un passo
breve e sicuro come i precedenti
lo farò convinto a volar nel vuoto
che sembra nulla ma invero possiede
ciò che la vita non mi ha dato ancora:
la certezza dell’illusione d’ essere
silenzio nel suono dell’esistenza
musica del senso che mi conduce
ancora ma per poco in fin di vita.
Tornare da capo
Tornare da capo è un modo di dire
per riscaldare l'acqua
che si è raffreddata per fare un tè,
un modo per migliorare il malfatto,
riprendere il tram perso,
iniziare l'atto dimenticato
di quella commedia,
riamare l'amor che hai abbandonato.
smettere di star con le mani in mano,
Pietro che torna indietro,
chiodo che scaccia chiodo,
il pulpito da cui viene la predica.
Perhaps la Pavane
che ha introdotto il ballo della mia vita,
il cigno (the Swan) di Saint-Saens
che mi fa intravedere ciò che non è lontano.
Riflessione notturna
Assenza di colori,
momento di evasione
fuori da quelle regole del vivere
alla luce del giorno.
Sei sconosciuto fuori
dalla corsa del ramarro che vaga
timoroso sul muro
della testimonianza,
fuori dai gruppi d'animali veri
che se ne stanno soli
a rischio di sorprese
di leonesse aggressive
di fame naturale.
Felicità pura del nulla privo
dei sentimenti umani
che mutano i colori,
non solo in apparenza,
nella sostanza rosa
che ti illude del bene
che vorresti sul fare della sera.
Primi passi
Vedere lontano dove non sai
nel vuoto dell’essere ancora vero
sciamannato (1) gaglioffo (2) e solipsista . (3)
Vedere nell’inesistente opaco
quello di cui non pensa
il taciturno distratto dagli altri
che danno fastidio.
Primi passi verso il nulla ch’è il tutto
oltre la conoscenza
di ciò che non dispongo,
fuori dall’avvenenza,
sagittabondo (4) sguardo,
dei tuoi begli occhi che amo.
Primi passi verso quell’infinito
dove soltanto l’anima
che ascolto misteriosa
può vivere felice.
(1) Sciamannato:disordinato, trasandato
(2) Gaglioffo: briccone
(3) Solipsista: chi ha un atteggiamento di soggettivismo estremo
(4) Sagittabondo: che scocca sguardi che fanno innamorare
Il pitosforo
Quelle foglie sempreverdi a mazzette
Lucide e spatolate
un poco coriacee
rustiche e vigorose
accenti musicali
tutti armonici e uguali
di quei piccoli fiori profumati
quel tanto sufficiente,
per essere gustati
tanto armonici e uguali.
Musica che mi pensa
altrove e mi nasconde
fra le braccia inusuali
di quei rami inzuppati
d’amore per la vita.
nel silenzio mentale
del verso incuriosito
del poetar che mi è dolce.
Gocce di rugiada
Trasparenti di luce
riflessa del mattino
sono piccole bocce
sopra il verde all'aria
purezza dell'amore per la vita
che accoglie l'abitudine
del divenire fuori
dai bordi delle idee
del vento che le asciuga.
Umore della notte
forma buona dell'essere esistente
sorsi di luce vera
che si rinnova ognora
nello spirito dell'essere altrove
dove si vive in mente
nel silenzio del tutto
che ti circonda vero e inesistente.
Il perché senza risposta
Il meglio dei perché
senza risposta sta
nell'immaginazione
che fa rivivere la verità
intatta dei miei sogni.
Dentro e fuori dal sonno
nel risveglio improvviso
della realtà immanente
vivo nel quotidiano
sempre uguale nei gesti
che non posso evitare,
nella contraddizione
con l'essere normale.
Il fare e rifare le stesse cose
per sopravvivere è un obbligo cinico
per il sostentamento,
è il senso del perché senza risposta
il nonsenso del nascere per vivere
il senso di esistere per morire.
Il sole
Il sole risplende per tutti come
il mare disponibile
ad esser navigato
oltre la fantasia dell'uomo esperto,
come il vento che non sai dove nasce,
ti giunge inaspettato
e ti avvolge amorevole.
E’ vita, imprescindibile
ritorno del pensiero
al mattino sorgente ad occhi chiusi
per lasciarti sognare
passi colmi di luce
oltre il buio della notte.
Fuoco che brucia lontano dagli occhi
che non sanno guardare,
rabbia che si trasforma
nella curiosità
del vedere lontano
inebriato dal lindo
colore inerte e vivo
del raggio trasparente.
Voglia di libertà
come voglia d'amore
voglia d'indispensabile
luce solo per vivere.
Mi sono chiesto ancora
Mi sono chiesto ancora
chi sono e a che servo, ma la risposta
manca di contenuto.
Il corpo se ne va per conto suo
parla con sensazioni,
belle brutte che siano,
la mente le commenta
per descriverle poi
col pensiero e il pensiero
le traduce in parole
che esprimo in controluce
e scrivo con le mani
del corpo che va via
oltre l'onniscienza.
Vivere per servire
agli altri che hanno la stessa attitudine,
arricchirsi per abbandonar tutto
agli altri che vivono nel sistema
del fingere di creare,
mostrarsi di distruggere la terra
che ci illude d'esserne ognor padroni
solo per quel momento.
Voglio scriverti
Pensieri d'altro mondo
di cose belle, di fatti di vita
tante parole buone
una sorta di favola,
storia di storie d'amore sincero
racconto passionale
tazza di sensazioni
di note musicali
di vibrazioni tenui lungo il cielo
sereno dello spirito
di una dolce canzone
di soli sostantivi.
Miglior senso dei sensi
oltre la fantasia
di un cuore immacolato
nell'irrealtà d'un sogno
lontano dall'inganno
del mero dormiveglia,
realtà effettivamente
credibile al di fuori
dal bugiardo raggiro
dell'amore apparente.
E poi ancora ancora
e ancora all'al di là
dell'inimmaginabile
dove il bene è infinito
per l'inesistenza del male e dei
valori di contrasto
tutto è bello, tutto è condivisibile,
il tutto siamo noi.
In punta di piedi
La gente corre solerte e confusa
il giorno che sorprende
d’amore e di bellezza
di sguardi incuriositi
di dolcezza e virtù.
Fra petali di rosa sorridenti
i miei pensieri cercano il tuo sguardo
e lo vedono dolce e comprensivo.
Vita mia che trascorri
così, in punta di piedi
definita nel desiderio vero
che mi conduce verso il paradiso
e ci accoglierà separatamente
solamente per poco
per goderne di più
poi insieme all’infinito.
Andarmene via
Andarmene via per tornare là
dentro il fondo del vaglio
dove scorre l'acqua oltre
la riva del sapere
e rincorre in pozzanghere
l'invito a non pensare.
M'accascio affranto, affaticato e stanco,
nell’affanno legato alle vicende
che non mi garantiscono la vita
nel pentirmi di non aver usato
abbastanza quella giovane età
che mi donava d'essere
sempre lontano dai fatti del giorno.
Attento nel decalogo
m’incammino nel riposo dei sensi,
incerto del dopo, ancor da scoprire,
colmo di tutto ciò che oggi m’ è ignoto,
resto fuori dal limite
del possesso della sopravvivenza.
Il principio mi conduce nel poi
dove quel tutto è mio
senza mancare agli altri,
dove i piedi non toccano
quella terra del fare,
dove non si costruisce per bisogno
nel limite del giorno
e non si fa nell'obbligo di dare.
L'assenza di distinzione dei volti,
nel tempo e nello spazio,
nell'assenza di gravità il pensiero,
mi riporta agli albori
quando l’inutilità del fare era
la tua esistenza, quella
dell'infinito che non ci appartiene
oltre la gioia del vero.
Esistere
Esistere non è un sogno, ma è vero,
esistere è tutto quello che siamo,
esistere è tutto quello che abbiamo
esistere è un disegno in bianco nero.
esistere è l’amore per la vita
esistere è lo scorrere del fiume
esistere è nel mare fra le schiume
esistere è ciò che sfugge alle dita
esistere è il pensiero dell’amore
esistere è ciò che del bello amiamo
esistere è il tuo sguardo nel mio cuore
esistere è aver quel che vogliamo,
esistere è il silenzio nel rumore
esistere è tutto ciò in cui crediamo.
La modernità Perché poetare sempre allo stesso modo, un po’ leopardiano non meno pascoliano con endecasillabi, settenari di rigorosa metrica. Certo é che cambiar modo é come camminare fuori strada oltre quei paracarri tanto cari allo stile: se li urti, ti fai male, se li eviti c’è il rischio della monotonia d’andare ancora avanti sempre allo stesso modo. Non bastano le note per fare bella musica, occorre l’emozione di quell’ispirazione sincera che trasfonde dal profondo dell’anima dove l’arte del bello non bada alle regole della metrica va con la libertà dell’espressione per non sembrare vera per essere bellezza o della peggior moda. I lacchè (persone pronte di servile ossequio) Pensiero obnubilante nella valle aprica rabbuiante di buriana d’un pedissequo lacchè, tre piedi d’un grinzoso e ganzo poeta dei soliti metri, in sdegnosi argomenti sinecura, privi d’unità e costanza, incoerente separazione di cuore e ragione “che ben mostrar desio di corpi morti”(*) “anzi che fosser semplicemente fiamme”(**) Un impiccio intricato, che nell’epitome intrude e protrude, dentro un comune crinale, il fuori luogo di un focastico modo esclusivo e corrivo di ottundere una catena di cianfrusaglie. Vernissage d’un vino di nitore e buglianza, giulebbe d’acribia dentro nel buglione di un acusmatico sensale, salapuzio burbanzoso. Note: (*) Dante Paradiso XIV, V. 63) (**) v. 66 Aprica: esposta al sole Acribia: precisione, accuratezza Acusmatico: suono che si sente senza sapere l’origine Buriana: chiasso, baldoria, trambusto, scompiglio Buglianza: imbroglio Buglione: mescolanza confusa Burbanzoso: borioso, arrogante, spocchioso Corrivo: che scorre, avventato, permissivo Epitome: riassunto a scopo didattico Focastico: selvaggio Giulebbe: bevanda dolcissima di frutta e fiori Lacchè: persona pronta di servile ossequio Intrude e protrude: includere e cacciare fuori Nitore: lucentezza - nitidezza Ottundere: smussare – privare di vivacità Obnubilare: annebbiare – ottundere le facoltà sensoriali, psichiche o mentali. Pedissequo: che segue l’esempio altrui senza nessun apporto originale. Sinecura: senza cura Salapuzio: ometto saccente Sensale: mediatore di affari e matrimoni L’essenza della vita Cogliere il vero senso della vita è svanire nel nulla. Si nasce per morire provarne il contrario non è stato possibile. E’forse l’immortalità dell’anima esistente ancor prima d’esser posta in noi e solo per volontà di Dio. Me lo dicono i fiori del giardino, guardandomi curiosi sullo sfondo del cielo, me ne parlano ripetutamente i tramonti, poi le albe che ascolto incuriosito, e attento non capisco, canto di una canzone piacente che scompare poi fusa nei ricordi del passato. Forse l’unica essenza della vita è il senso dei colori, è il senso dell’amore, è il senso delle cose che vediamo, è il senso di tutto ciò che sta intorno che per la verità del tempo che mi resta mancano d’un perché. Vedere con la mente Vedere con la mente è parlare di bellezza è il volere del sentire ciò che sono consapevole, semplice senza inganni lontano dalla fisica del luogo dalle molestie dell’altro che è nemico dell’epifania. Il mare dell’essere è luce vento e suono nella melodia del sentire l’estasi dello sguardo in sintonia con la risonanza del pensiero vibrante dell’anima, nella promessa del tuo aspetto. La mia leggenda La leggenda si svolge muta nel canto della fantasia. Falchi che volano con batter d’ali minacciose sentenze ingarbugliano il suono nel vuoto del principio del fare per non essere diversi dal nemico dei sogni. Ballo senza regia, libertà di pensiero oltre il cielo dei tartari nella torre di un castello di carta libero e felice d’esser bambino nel perdono di Dio. Haiku 俳句 Profumo rosa – Bisogno di sapere di ciò ch’è vero. Sento una canzone Sento una canzone e cambio d’umore ritorno con la mente quando c’ero e non c’ero disattento a quel suono che oggi ricordo d’avere buttato inutilmente fuori dal giardino fiorito dei pensieri d’un tempo. Bastano poco più delle dita di una mano per giungere alla meta e me ne rendo conto senza il timor di finire nel vuoto senza rischio o pericolo. Così volgo lo sguardo quel tanto che basta per rivivere il vissuto riconquistarne il senso e lasciare il rimasto senza rimorso alcuno. Tornar da capo Per tornare da capo mi occorre troppo tempo e il tempo che mi manca molestam senectutem (*) non merita futuro. Vivo in pieno l’attuale, la bellezza del giorno quale cibo essenziale della sopravvivenza. Ciò che non ho fatto è un’impertinenza così gioisco dell’essere in assenza di dolori e rimpianti di quella gemma e del fiore d’un tempo or godendo dei frutti, allungando oltre il massimo quel poco che mi resta di gaudeamus igitur. per non essere quello che sarò, il nulla dentro il tutto. (*) scomoda vecchiaia Così succede anche oggi Il caos produce l’ordine, dove c’è discordanza si genera armonia e l’essere è in eterno divenire. E il divenire nasce dal permanente scontro degli opposti così Il fuoco ne è il simbolo e il fiume la metafora ove l’acqua vi scorre, non per volontà sua, ma per consenso della gravità, come la verità che nasce dal vedere dentro la menzogna ciò che non è. Così come la pensavano allora oggi pure succede. Lontano dai confini del buonsenso Andare lontano fra i suoni bianchi delle note impossibili, vero amore del bello di quei fiori di campo che illuminano la mia fantasia. Il rumore mentale del temporale, la pioggia ricadente, continua e rilassante piacere affascinante speranza naturale della vita. Il trascorrere in silenzio del giorno fuori dal quotidiano frastorno delle idee, come la neve al sole lontano dal desiderio di tutti: tale quell’orizzonte, che scompare a sera per dar sogni. Così nel dunque, via via sempre più lontano, fra i folti e verdi boschi di ceduo, il fruscio inebriante delle foglie si mischia nelle cose addentro i miei pensieri nel tutto in grande festa lontano dai confini del buonsenso. Nel poco che mi resta La giostra torna al principio del cerchio uguale del giorno, e sfoca d’ogni dettaglio il mondo incerto che sfugge. Il suono tondo di fiera della musica paesana del dire e del fare d’ogni momento, mente nel ritmo del sapere e mi ritorna da capo, furioso istante la voglia di cose nuove: la sorpresa del remoto che mi diventa imperfetto, Avaro di sufficienza è il volere che non serve più, nel poco che mi resta. L’aria di Anassìmene L’aria che dai per certa aria, fonte di vita, Arché dell’ esistenza il respiro del mondo rarefazione in fuoco che si condensa in terra nutrimento dell’anima alimento d’amore, fruscio della natura fra le foglie del bosco, alito del pensiero fra le tue braccia amiche. Sembra di nulla ma si trasforma in vento ti coinvolge nel bene, alimento dell’ansia ti travolge nel male ti conclude nel nulla ti migliora l’età come il cencio che toglie la polvere grigia al tuo vecchio armadio che nasconde il passato e ti riappare nuovo. Sognare invano Guardare il mondo nel cogliere ancora tutte le cose che vedo distratto mi porta sopra la riva canora d’un fiume in gran tumulto, insoddisfatto. Sono le onde delle mie idee confuse che credo utili per convenienza come il canto soave di quelle muse nel cauto poetar mio d’ambivalenza. Così penso ad altro con fantasia nell’incantesimo d’esser lontano per combattere l’immane follia e con l’ amore a portata di mano vivere il giorno con tanta allegria certo di non aver sognato invano. Il senso d’una vita Rimescolo il risotto adagio adagio, pensando alle mie idee m’assimilo a quei chicchi che ammollano sul fuoco. Aggiungo un po’ di vino al condimento ne immagino il sapore, il gusto dei ricordi pensati a mia ragione. Qualcuno riterrà che sono matto ma insisto nel rimescolo dipingo le mie voglie, per renderle cogenti le definisco, ne assaporo il gusto, per trarne poi motivo di senso in una vita color di zafferano. Nel mondo dei sogni Mi guardo e non mi spiego l’immagine del tempo che trascorre. Dov’ero l’ultima volta, la volta prima, la volta dopo? Fuori dalla mia fantasia dell’altro da non ricordar dove, fuori dall’idea del fuoco selvaggio che brucia la guglia di Notre Dame, m’immergo dentro l’onda del volere che mi coinvolge ancora. Parlo senza vocali, e vocalizzo senza consonanti, mi cerco, mi ritrovo, nel senso del contrario dove il vero mi illude sconosciuto, al di sopra del muro della vita, mi cerco ancora, colmo di speranza, dentro il mondo dei sogni. Il tuo sguardo Il tuo sguardo mi parla nel silenzio del giorno e mi dice chi sei. Le parole non bastano per sapere di te, è la luce degli occhi che recita il racconto di tutta la tua vita come fosse l'abbaglio della luce al tramonto che adagio s'attenua per dar luogo alla sera nell'ideale dei sogni. A volte mi contrasti per avere frainteso un pensiero d'amore. A volte pure piangi nel vedermi soffrire d'un disturbo impossibile, e resti sempre al passo d'un amore sincero e te ne sono grato, grato infinitamente per essere amor vero. Quella luce La luce che trastulla il buio dei miei pensieri mi porta lontano, fuori dal mondo senza fame ne sete di sapere chi sono ne il perché. Polvere di stelle bianche remote confusione apparente d’ idee libere scomposte nel vento d’attualità imminente, prive dell’ansia di voglia di vita. Oracolo struggente dell’imperfetto vero di quel filo d’argento che mi lega alla mente al di là di ogni ostacolo. Haiku 俳句 Torna l’amore - Il sogno che non manca Dell’infinito. Stormir di mente Un forte fruscio fisico mentale incombe accanito e confusionale, silenzio colmo d'un tono fremente senza fine, costante e sconvolgente. Lo penso ma non lo vorrei mai dire quanto è grande la voglia di morire anche perché di tutta la mia vita restano soltanto ormai poche dita colte dal struggente formicolio di conoscere finalmente Dio. Certo è che non ti voglio lasciar sola andarmene così, l'amaro in gola, gli occhi tuoi bellissimi e il cuor in petto che m'ha colmato il vivere d'affetto. No, non è ancora giunto quel momento non so rinunciare a quel sentimento che voglio rivivere a tutto tondo per goder la mia vita fino in fondo. Prendo appunti Rumore, ch’è dell’essere, suono, ch’è del silenzio, menzogna e verità ch’ è tale in sua presenza diversamente è vera. Che fai con la matita? mi chiedo: prendo appunti scrivo in nero sul bianco come il grigio nel chiaro del bello sopra il brutto del buono sul cattivo del dolce sull’amaro del falso dentro il buio nella luce del giorno ch’è il suono del silenzio nel rumore dell’essere menzogna e verità. La vita è del non senso. Diversamente fosse, morirei inutilmente. È tempo di finirla (L’acufene) Quel fischio continuo monotono e costante che mi porta lontano contro ogni volontà vivace e pieno di vitalità parla della mia fine, unico vero modo per togliersi di mezzo, ma quando? vorrei farlo io, ma perderei la soddisfazione d'essermi liberato. Allora insisto ancora ma pensandoci bene non cambia il risultato, l'unica differenza è il tempo dell'attesa che trovo insopportabile. Una rosa appassita, diversamente, puzza, rimane, imputridisce. per toglierla di mezzo te la butti in discarica: per me è ciò che mi resta, così dal nulla al nulla. E me ne sto seduto col gomito appoggiato al ginocchio e la mano a sostegno del volto pensando nell'attesa al rumore di pioggia che m'hanno consigliato, bianco senza rimedio. La luce che s'accende La luce che s'accende là dove il sentimento vaga ignaro nel desiderio oscuro di conquista e vittoria. Parole sconosciute fra di loro che vorrebbero dire la verità del proprio sentimento. Mi sforzo con sinonimi e affogo insoddisfatto nella similitudine che mi allontana dal vero di ciò che vorrei dire in breve. Poi rileggo il mio scritto straccio il foglio con rabbia e distruggo il mio dire impreco con me stesso sull'incapacità di tradurre quel pensiero nel dire e dare alle parole il senso della vita. L'aria del respiro Tornando là nei luoghi. dove si rimescolano amore, indifferenza, gli spazi del pensiero ricorrente che mente la verità dei sogni, le mie idee si disperdono nell'aria del respiro e comincio a volare oltre la gravità che mi vuol trattenere sul suolo della vita. Spazio nell'infinito senza principio, fine, solo continuità unidimensionale dove l'intelligenza è l'inutilità. Fra poco è primavera Fra poco e' primavera, la sera s'allontana nel giorno che si illumina d'una luce accogliente che sa del mio avvenire. Penso e ancora ripenso al volo curioso delle farfalle ai sogni speranzosi che incerti stanno fra le mie idee per coglierne il profumo e restarne inebriato. Sognar m'e' indispensabile per saperne di più nel guardarti negli occhi e scoprire la tua anima che mi ho fatto innamorare. Nel sempre vivere non mi basta per saper del miracolo del nostro dolce incontro. Fuori dal mondo Fuori dal mondo guardo l’incolore dei sogni la verità dei fatti incerti e inutili nell’infinito che ovunque mi circonda. Corro, corro e ricorro quell’impossibile che non raggiungo. Il percorso è trascorso in un solo momento raccolgo le mie forze per assolvere quanto mi rimane con la serenità di tanto amore nel sempre che mi attende. Tornare all'aria aperta Tornare all'aria aperta per respirare meglio, uscir dal quotidiano il tanto sufficiente per vivere il diverso andarmene via altrove, vedere cose nuove belle o brutte che siano, per conoscere il mondo quello che mi circonda che nell'aria viziata di vita d'ogni giorno m'impedisce il sapere. Curiosità che supera il timor dell'ignoto, il sapore d'un frutto sconosciuto, l'inganno d'essere soltanto uomo e non sostanzialmente libero nello spazio di quel cielo, che ancora m'appar lontano e grigio in quell'insufficienza tanto gloriosa e forte d'esistere nel tutto. Il mio romanzo È proprio il mio romanzo quello che nascondo quando ti parlo, e mi disperdo nel vento del dopo fra gli ulivi selvaggi al limite del bosco del volere curioso del poi mentre fuori piove a dirotto. La matita si spunta, nel narrarne la traccia si rifugia nella malinconia, lo spirito trascorre nel tardo braciere e arde. Come salire su un vecchio tranvai solo perché funziona a sufficienza per andare altrove. Mi siedo, guardo fuori la gente che cammina fra pozzanghere e fango, frastornato dal rumor di ferraglie delle idee lontane, e dallo stridore del freno del sapere insegnato quand’ero ancor bambino dove la ”a” ha sempre un’acca per avere, do e dà anche senza accento e cuore con la “q” non ha fortuna. Non penso più, solo che per avere Non penso più, solo che per non dare Non penso più, solo per non amare Non penso e ciò mi basta. Nel breve percorso che mi rimane m’appresto senz’affanno come l’orata d’argento distesa sopra la carta oleata della spesa con l’occhio vivo solo in apparenza d’un pensiero ormai assente. Così rimango e attonito attendo nel silenzio della mente le parole che non odo al brusio costante della gronda nel temporale nero delle mie idee scomposte. Un sonno sereno (alla madre) Quello che tu facevi quando ero ancor bambino nelle nostre lunghe ore d’attesa, in un guizzo d’amore portavi le mani appoggiate in grembo immersa nella fede dell’alba d’ogni giorno. Parole dolci e aperte nel gesto di speranza simili nell’uguaglianza al bene ed io le ascoltavo incuriosito appoggiando il capo al tuo ginocchio in un sonno sereno d’allegrezza e sollievo. L'aria del respiro Tornando là nei luoghi dove si rimescolano amore e indifferenza, gli spazi del pensiero ricorrente che mente la verità dei sogni, le mie idee si disperdono nell'aria del respiro e comincio a volare oltre la gravità che mi vuol trattenere sul suolo della vita. Spazio nell'infinito senza principi e fine, solo continuità unidimensionale dove l'intelligenza è l'inutilità del sapere del mondo, la vera libertà del senso d'esistenza: essere per non essere ciò che mi pare d'essere. Ridere del tutto Ridere, camminare senza scarpe con in mano l'ombrello per ridare il non senso alla vita del giorno ch'e' tale per distinguerlo dalla notte buia utile solo al sonno. Rido quando rivedo il vissuto che disperde nel sempre diverso e inaspettato. Rido di quei fatti che si ripetono a insaputa degli altri che non sanno. Nel ridere del tutto, storpio e disprezzo il bello m'immergo nel diverso delle circostanze che mi circondano imperfette e confuse, m'immergo nel non senso della vita del giorno che si ripete solo per finire. L'aria del respiro Tornando là nei luoghi dove si rimescolano amore, indifferenza, gli spazi del pensiero ricorrente che mente la verità dei sogni, le mie idee si disperdono nell'aria del respiro e comincio a volare oltre la gravità che mi vuol trattenere sul suolo della vita. Spazio nell'infinito senza principio, fine, solo continuità unidimensionale dove l'intelligenza è l'inutilità del sapere del mondo la vera libertà del senso d'esistenza: essere per non essere ciò che mi pare d'essere. Ritorno all'aria aperta Ritorno all'aria aperta per respirare meglio, esco dal quotidiano il tanto sufficiente per vivere il diverso andarmene via altrove, vedere cose nuove belle o brutte che siano, per sapere del mondo quello che mi circonda che nell'aria viziata della vita del giorno m'impedisce il sapere. La curiosità supera il timor dell'ignoto, il sapore d'un frutto sconosciuto, l'inganno d'essere soltanto uomo e non sostanzialmente libero nello spazio di quel cielo,che ancora m'appar lontano e bigio, vivere d’apparenza tanto gloriosa e forte d'esistere nel tutto. Non sono un santo Quando il cuore mi disse, vai, è inutile peccare, pensai che il mondo mi cadesse addosso mi sembrava impossibile riuscire a camminare con le scarpe strette dal desiderio inappagato e poi, mi sarebbe mancata la soddisfazione del pentimento per divenire santo. Così, nel più e nel meno il cammino s’è fatto sempre di più in salita, mi batte ancora il cuore, come nella contesa per un chicco di grano per essere nel non essere santo sol per aver vissuto Fare sulla soglia Cosa dire del fare sulla soglia in mancanza di voglia. La noia di quegli alberi tutti uguali su quel sentiero in fila che portano lontano m’arrende. Mi rifugio nel giardino della fantasia che applaude l’idea di fondere il nonsenso col senso della vita, e scopro cose nascoste nel fondo d’un cassetto chiuso dentro l’armadio della mente e come un rospo guardingo in attesa di prede sconosciute, fermo, dentro lo stagno delle idee m’affanno incredulo in ciò che m’attende. Nel pensier mio Farfalla che voli in mille colori distratta dalle voglie in cerca di profumi convincenti dall’odore d’incenso, verbo di gioia e di vita dell’esser nel volere per avere tutto dal mondo là dove il bene si confonde col male in tinte gradevoli a quel piacere di vivere con gusto. Nettare degli dei miele della ragione risorsa del mio vivere nel respiro dei sensi che natura ci ha dato senza un vero perché. Così nel pensier mio. L’attimo che trascorre Ingannevole istante, valore d’infinito, l’attimo che trascorre ormai s’è consumato. Il tempo se ne va. Mi sento senza fiato nell’ attesa di finir inutilmente casto, là nel nulla del dopo che m’aspetta, o nel tutto che non trascorre, ove già ne son parte. Così, nel trascendente ascolto l’impressione del rintocco puntuale del suono di campana che ripetuto e stanco chiama sul far del giorno il pensiero di vivere, parlare di scrivere e poetare la verità dell’essere che non mi so spiegare. L’orizzonte azzurro dei sogni Quell’orizzonte azzurro dei miei sogni distingue la burrasca della vita, giunta improvvisamente e inaspettata, dall’essere più vero del presente nel manto naturale della sorte. È il brulicare ventoso di ortensie colorate a mo’ di ciò che non toglie il gusto del colore e del disegno nella forma delle idee più bizzarre vaganti senza peso e orientamento. È quello che vorrei essere nel dopo senza limiti di tempo e di spazio in quel giardino di petali rosa dove il tutto si distingue dal nulla di cui sono veramente il padrone. Così mi sento libero, vagante nel silenzio della sera d’estate e di volare oltre la gravità delle cose che tocco inutilmente con l’alito intuitivo del pensiero. Il mio sguardo corre all’impazzata oltre la soglia dei frammenti di tramonto che mutano nell’essere l’essenza dei miei sogni che tardano a morire nell’orizzonte azzurro di speranza. Oltre i confini Ritorna sempre, mistico, l’assillo proprio là dove vivere non serve e le nuvole sfocano il mistero. Guado curioso l’avvenire, vado oltre l’incanto della fantasia e m’ammollo nel sale del sapere per pensare meglio di me e del dopo. È in quel bosco fitto d’alberi ignoti il mistero dell’essere informale dove la mente supera il pensiero oltre i confini del mondo e non parla. Il mai impedisce il respiro del poi, non mi resta che andare al di là della siepe, per immergermi nel dunque di sempre. La piazza A che serve la piazza se non per far girare tutt'intorno lo sguardo della gente, per ben vederne il centro e distrarre l'attenzione dai lati che gliene danno forma. A che serve la forma se non a ingolfare il traffico fermo ai bordi per dare la precedenza a quelli che non l'hanno. La piazza è strana è come la mia mente che fa girare in tondo lo sguardo delle idee per distrarne l'attenzione al di fuori del buon senso di cui ne han ragione. Al centro sta il pensiero con le sue mani in tasca distratto dal profumo dei fiori del giardino, da quello sguardo dolce dei tuoi occhi che fa dimenticare il male della gente per godere d’amore nell’incommensurabile. Spazio mentale Passate sono ancora molte ore consumate dentro l’immaginario collettivo dove son perso e vivo. L’attesa è insopportabile, amore, passione, gioia e delusione, nella corsa disperata in quel bosco affollato di idee, strane, ricche e omertose che mischio, rimescolo e giro dentro lo spazio mentale senza confini sciolto dalla metrica gravità dell’essere sincero in un cielo che libero m’appare inverosimile. Il tuo sguardo Ho visto scomparire la passione nascosta del prima, che indiscreta turbava l’apparenza del giorno. Quando il nuovo combatte la sconfitta, la certezza del poi resta nell’infinito, musica del silenzio, felicità vera del divenire, dolce melodia dell’abbraccio amico, che vedo nel tuo sguardo. Nel silenzio della sera Poetare nel silenzio della sera, eco di versi sciolti che rimbalzano sui coppi dorati della casa dei sogni. Musica con accenti prevalenti di riscosse vincenti oltre il fumo degli argomenti vaghi che pervadono il tempo in armonia nascosta. La magia del pensiero in abbandono mi fa vivere quello che non sono come la prima volta curioso della luce che s’accende per infrangere il nulla che mi aspetta. E smetto di parlare da solo con me stesso ormai assopito nel buio che mi è rimasto così, adagio, come se nulla fosse senza pormi domande, nella normalità dell’assoluto e tale sarà anche l’ultima volta. Il giallo Il giallo, colore dei miei sogni si rivela nel quadro ricorrente del fare quotidiano. È come la luce che s’accende nell’istante inquieto d’un asincrono battito di palpebre. Sorpresa che mi da pace e vita nell’immenso. È il gallo col suo chicchirichì prepotente e acuto che mi sveglia al mattino insistente, nel sonno che vorrebbe durare un po’ più dinanzi la giornata di sempre ch’è stupore. Il caffè delle idee Bevo il caffè delle idee, lo trangugio con grande avidità senza timor ne indugio. Me ne vado via con la mente e torno per appoggiare il volto sul guanciale, nella stanza dei sogni sperando nel mistero della notte che scopro col risveglio del mattino. Quando poi sarà per l’ultima volta mi fermerò per riposar le membra dissolvendo nel sempre il sale del sapere. Sentirò la tua voce gridare: dove sei! Ti risponderò urlando a squarcia gola ma tu non sentirai perché sarò al principio trovato fatalmente all’infinito. Diluvio sugli abusivi I fiumi invadono, le case cadono, e la gente muore senza difesa nel buio del fango che li travolge nella disperazione silenziosa del nonsenso di stare dove sapeva di non dover essere. Scompare l’inesistente di cui ha goduto al di fuori dalle regole del gioco, impunemente. L’incolume non deve lamentare, la natura ha provveduto per legge. Il color della scrittura Scrivo in rosso dall’ essere commosso, e scrivo in blu per esserne di più. scrivo in nero per essere sincero. Diversi sono i colori dei versi ma la gente non sa che non so leggere ciò che scrivo se poi non lo riscrivo per passar dall’inverno a primavera e divenir più saggio godendo di quel sole che riconduce a maggio. Poetare non confonde le regole del gioco, esprime il sentimento che sento mio nascosto in ogni egual momento. Mi conforta il color della scrittura per fare dei miei versi un’espressione pura. Haiku 俳句 Mela frizzante – Vita che scorre via in controvento. Dopo cena Dopo cena la sera m’alzo da quella tavola per andare a guardare la Tv gesto abituale d’ogni giorno quando curiosità dal vivo rimaste insoddisfatte sovrastano la mente inconsapevolmente. Ecco che sento notizie e racconti li vedo e li rivedo con quella curiosità ch’è distratta da mille e più pensieri. Mi pongo la domanda del perché questa vita va via così, da sola, non per volontà mia schiava d’una altrui voglia un potere divino che diffida la scienza, dal capirne il nonsenso e affida al Santo Padre. il gesto di quella porta che s’apre all’insegna d’amore, sguardo azzurro d’un desiderio vago che prorompe fra i fiori più belli del bosco crepuscolare della sera dove nel tutto uguale la mia mente si svaga. Il sole del mattino. Urlo di canto astratto nella gioia del respiro ripete il gioco imberbe che mi porta lontano. Mi stiracchio ancor stanco d’aver dormito a lungo. Sorpreso d’esser vivo mi tocco, mi ritocco il viso nello specchio e mi chiedo il perché sono quello che sono che vedo capoverso. D’essere non mi basta, ne voglio ancor di più e il sole del mattino me ne indica la strada. Stupito all’alba Sveglio stupito all’alba plenilunio dei sogni girotondo del sole parole vaghe silenziose e belle dalle viole profumate d’addio nel volgere le spalle al buio dove la mia ombra s’allunga nel silenzio per svanire al cospetto d’una rosa fiorita. Profumo dolce, voglia di pensare. Poi una pioggia di stelle cade sulle cime spoglie degli alberi diradanti nel bosco delle idee per dare spazio al gioco dei salti degli scoiattoli allegri e pensanti che si trattengono noci rotonde fra le nocche delle dita e le stringono guardando al domani per dar titolo al senso della vita. A norma di legge Corolle di commi dentro le righe del fare e del non fare. Poi corolle di deroghe per vivere ancor più nel meglio che nel giusto, nell’osservanza dell’inosservanza della norma del vero e fare tutto il resto, anche tutto ciò che non si potrebbe. Così nel sopravvivere, per vincere la vita con la morte, vittoria ch’è vera e unica nell’infinito preambolo del forse. La stanza del poeta Buon poeta vero è quando del suo poetar non fa mistero, non fa che dir di sé, ne parla molto, tanto n’è sincero. Batto il tempo Mi sfuggono le immagini preziose d’ogni dettaglio perché penso ad altro sviato dai problemi d’ogni giorno, stordito dai rumori cittadini svagato dalla luce abbagliante del sole. Però d’esser distratto non mi torna, perché guardo curioso oltre lo specchio del giorno che passa e batto il tempo col piede per terra per non perdere il ritmo della vita. Poetare Poetare non vuol dire imbrattar carta di parole inutili senza senso. a meno che si voglia far da sarta per rivestire poveri di censo. I poveri in tal guisa sono tanti che non amano leggere ne scrivere come esistono tanti benestanti che possono non lavorar per vivere. A costoro che leggono distratti non gli importa la metrica adottata leggono versi sciolti lunghi e a tratti come uova per farne una frittata valida e gustosa per cani e gatti senza capirne l’anima incantata. Ciò che non sono. L'acqua scorre per conto suo e per volontà naturale come le voglie di coloro che pensano a ciò che non sono. Allora me ne vado via alla luce dei miei ricordi per non voler dimenticare i sedimenti della vita che trascorre per conto suo all'interno di quella favola del giorno e della notte fonda che ti fa godere al risveglio nella pacifica arroganza di volere vivere ancora nel perché di ciò che non sei. Il parco delle rose Torno nel parco delle rose rosse dove ti ho incontrata giovane e bella gioventù che mi donasti l'orgoglio di vedere lontano oltre i confini. Quei petali odorosi d'inebriante prassi, davano tutto per scontato. Preferii camminare a piedi nudi sfidando l'aiuola dalle ombrose spine per vincere quella scommessa vera di sopravvivenza al pericoloso naufragio sopra il margine dell'onda che inaspettatamente la' s'infrange. Così riprendono luce le forze dormienti nel silenzio della notte, quel caldo raggio di bontà che il sole del mattino m'accoglie con affetto. Vento d’autunno L’equinozio è trascorso, il sole si rabbuia nella foschia di nuvole bige in cerca d’ autunno. Pensieri ingialliti cadono sparsi disordinatamente, nella mitica attesa di Persefone, e li raccolgo per farne dei mazzi con le cose che mi stanno sfuggendo. Cerco curiosamente d’immaginare quello che m’aspetta, dentro il buio che s’allunga, è la quiete sognante del domani. Voglia di vivere Il godere dell’essere quello che sono, tocca il tetto della mia felicità. Il suono del cello vibra nell’aria che respiro e sorrido ai fatti della vita. Curiosamente guardo, curiosamente ascolto, curiosamente penso al tono di quel lampo e di quel tuono che non mi spaventano più di prima quand’ero ancor bambino e la vita era tutta una sorpresa. Il viaggio è stato breve per il tempo passato troppo in fretta nel fare e nel disfare la maglia di quei sogni fatta di quadrifogli nel misterioso ritmo della voglia di vivere che mi fa dimenticare la fine. Domande A che serve il lavoro? a perdere del tempo prezioso per pensare? A che serve pensare? a sapere il perché di cose che non sai, per saperne di più per quel poco che stai in questo andirivieni senza sopravvivenza? Allora perché darsi da fare per finire inaspettatamente nell’indeterminato inutilmente noto. Mi domando, che fare? È meglio lavorare per occupare il tempo e non pensare ad altro. Giammai perdersi d’animo! Quello che poi non sono Non posso pensare a ciò che non sono anche se non mi sembra d’esser vero quando mi prende il sonno. Allora penso d’essere immutabile, e non intendo separare il giorno dalla notte perché la conoscenza esprime la mia ignoranza, nel poi, che era la mia conoscenza di prima. Sono nato per finta, e morirò per finta, ora fingo di credermi quello che poi non sono. Me ne sono convinto. Culto settembrino Mi son posto lontano dai petali d’un fiore fuori dall’ombra scura di quel raggio di sole per salvarmi dal nulla. Mi son posto lontano da quel profumo dolce del culto settembrino di Cerere e Proserpina in Demetra nel sogno dell’immortalità. E’ questa nostalgia che mi fa vivere ognor quel poco che mi manca dell’ultimo boccone, Così la faccio mia. Voglia di piangere È la voglia di piangere che mi porta ad infrangere il bello della vita d’ogni giorno. Senza causa apparente confonde nella mente la nostalgia di ciò che mi sta intorno Lacrime inaspettate d’autunno oltre l’estate dei sogni vissuti nella speranza del fare e del non fare quello che non vuoi amare per illudermi cocciuto ad oltranza di libertà apparenti prive di sentimenti. Mancanza d’un perché Le note sconosciute d’una musica struggente, invadono di idee la mente. Penso e non so il perché, vivo e non so il perché, mi vedo e non intendo il senso del non senso d’esser nato e dell’essere poi ancora per poco. È il volo d’un gabbiano che lento guarda e scivola sull’onda della vita che scorre. Mancanza d’un perché anch’io guardo voglioso ciò che non mi succede. Bormio, piazza del Kuerc Corro giù strombando dal Kuerc in piazza e m’accorgo turbato che la folla nel centro sguinzagliava tutta pazza stringendo la guinzaglia che non molla. Allora mi son detto, il mal m’assale affogando gassullo in fin di vita, l’afa di quell’arbusto che fa male se lo stringi con rabbia fra le dita. L’ombra scura del dirupo barcolla e la gente gremita al sol di sale mangia coi palmenti d’un brillo e molla mescolando l’argano dentro il male. Mentre la folla inerte s’accaniva, mordendo l’ascia fuor dal grimaldello, m’affogavo nell’orrida saliva godendo dentro il trucco del più bello. A quel punto d’arogna e di carmeglia, mi sono detto in tutto, alla malora! brando scarpe con giacca e con la sveglia me la scappo quatto e quatto ed all’ora dimentico del tutto l’arpigiano che dirotto n’aveva lo scompiglio d’un misero lombardo ed un persiano. Mi sbatto giù nel fiume sotto un tiglio. Luci ed ombre d’anguste fuor di senno rincorrono la pila e con la mano mi schiaffeggano d’olio sul berghenno tornando sulla piazza in modo strano. Del Kuerc la piazza penso a ricordare del pianto il gene e sulla strada nera, corolle profumate d’annusare di quel tiglio al riparo della sera. (Poesia metasemantica) Relatività del poetare Vorrei essere “scacciato dagli agoni ed essere frustato ugualmente ad Archiloco” fuori dalla mentalità dei pochi pur se il sapere è falso se per saper di più non vale quello che sapevi prima. Vale il vero di ciò che vedi dentro i fatti del passato, che ti aiuta nel guardare ciò che ammiri sul fronte dei tuoi sogni. Vale il saper tutto dell’armonia segreta delle cose, che l’apparenza inganna, dell’archè nel molteplice, reductio ad unum nella fantasia che Parmenide ridona in poesia. Estate Luce calda che filtra fra le foglie della tua primavera tepore dell’affetto profumato dei fiori, speranza di quel tramonto agostano che si riflette nel mare dei sogni. Sotto quel ponte Di quel ponte è rimasto incombente un moncone sulle case di gente sconvolta. Giorno nefasto, si torna ai camposanti, orgogliosi, sconcertati, ma increduli e timorosi del peggio, pensanti nell’ attesa di ciò che può accadere, se succederà per avere quello che non si può, un ponte d’acciaio ex-novo per far dimenticare l’altro, vecchio e osservare un inutile rinnovo. Manco quarantun morti bastano per cambiare il nostro paese: restano i politici senza torti. Piscina dei sogni Uno due, uno due, incrocio, poi incrocio Avanti, poi avanti, prendo e porto indietro, poi spingo e rispingo, gancio dopo gancio: piscina dei sogni. Uno due, uno due, musica insolente d’un pensiero ardente. tuffo nell’incanto del volo dell’angelo fino al poi del dopo. Petali di rosa Petali di rosa volano via da quel ramo di spine del pensiero lontano della ragion veduta, oltre il sonno ambiguo del mio passato. Stasi, stallo e stupore d’essere ancor padrone in mente mia, la primavera della verità lo spirito insensibile ove dell’eterno è ciò che mi resta. Penso e ripenso Penso e ripenso ancora al volo curioso delle farfalle dei sogni speranzosi che vanno fra le stelle per coglierne l’accento e restarne inebriati. Sognare è indispensabile guardandoti negli occhi è scoprire la tua anima che mi ha fatto innamorare per sempre. Il sapere non mi basta, per vivere cosa serve di più, volare così come le farfalle dei sogni speranzosi, nella mescolanza e separazione di amicizia e contesa, quel soffio di energia per gioire di avvolgente solitudine nei colori sfumati dello Sfero rotondo (*) senza conflitti nel vedere lontano. (*) Lo Sfero di Empedocle Sera agostana Il caldo soffocante del tardo pomeriggio corrobora la voglia di far niente, come le foglie verdi di quegli alberi del mio giardino, ferme nell’intorno del gioco folle e astratto del pensiero. Un ronzio di idee nel dissenso va oltre la siepe del volere indisturbato sciame di voglie antiche rese insoddisfatte da quell’ordine umano delle cose che va contro natura. Guardo il quadro della mia vita appeso a quel muro assolato senza scritte di quotidianità e vivo l’indifferenza del bello, assopito e colmo di fantasia. Vivere all' insaputa Scendo giù per la strada e guardo il volto assente della gente che vive ignota a mia insaputa. Ma che faranno mai per mangiare ogni giorno, per dormire ogni notte, per svegliarsi al mattino come me, puntualmente come fossi un cretino. Del resto anch'io sono sopravvissuto nel poi dopo aver mangiato e bevuto senza saper chi sono, anch'io dal volto assente, ignoto, all'insaputa della gente fremente che mi osserva distratta, sempre, giù sulla strada di corsa, avanti e indietro, movimento incessante del fare, per non fare di vita quotidiana. Haiku 俳句 Guardare avanti – L’inverno in primavera genera estate. Nel poi di lunga attesa Frammento su frammento s'e' consumato il tempo. Non me ne sono accorto. Ero distratto. Me ne son ben guardato di stare attento al computo finale di ciò che non ho fatto che avrei dovuto fare. Fra poco e con sorpresa il suon d’un campanello, a quella porta che non voglio aprire. Si è lei, si è lei che chiama, bianca, di marmo eretta con il tono suadente della grande emozione, così improvvisamente, è lì fuori, m’aspetta per condurmi per mano nel poi di lunga attesa della resurrezione. Speranza È la luce del sole che intravvedo assopito fra i fiori del giardino, il sapore dello sguardo curioso della promessa d’un bocciolo chiuso, che sono certo fiorirà di maggio. La primavera del sentire australe nell’incanto di quel clima amoroso mi porta ancor più lontano fra le onde della gioia nascosta in quella luce e mi fa guardare sempre più in là oltre il mare burrascoso del giorno che non s’acquieta, per fare ritorno fra le palpebre socchiuse dei sogni. Haiku 俳句 Nasce la paura – Il cuore batte forte ansia d’amore. Questo viaggio Questo viaggio che non finisce mai non mi sembra poi lungo più di tanto, un po’ di cose belle e un po’ di guai, molte rinunce per sentirmi santo. Così come tutti i fiumi, mi butto nel mare, nell’ infinito confuso del blu eterno dell’essere, nel tutto indistinto come oggetto fuori uso, non sarò più nulla o sarò qualcosa che sa d’insieme, passato e presente smarrito fra gli altri, in unica posa irrilevante frutto della mente, pensiero astratto, profumo di rosa nel silenzio vero di luci spente. La notte è tempo perso La notte è tempo perso, già ne abbiamo poco a disposizione ne usiamo più di un terzo per dormire fra i falchi e le colombe del nostro divenire eppure ci svegliamo normalmente, come se nulla fosse viviamo e la giornata se ne va via col vento generando tormento. Non ne posso più Non ne posso più d’aver pensato d’essere nato per una vita intera. Non ne posso più d’aver amato la mia coscienza senza l’arte ne parte. Non ne posso più d’aver vissuto strade diverse e le scommesse perse. Non ne posso più d’aver guardato il mal guadagnato senza avere rubato . Non ne posso più di guardare lo specchio dicendomi bugie senza vuotarne il sacco. Son giunto alla fine mi guardo indietro e dell’essere stato ne sono ancora grato. Ciò che vorrei fare Colgo l’occasione per parlare di ciò che non posso fare, la voglia di una corsa all’impazzata sui muri di contorno del proibito lontano dal vivere d’ogni giorno che noioso e rituale mi confonde il senso della vita esistenziale. Provare all’infinito il piacere della soddisfazione, poter toccare tutte quelle cose che sembrano lontane, volare in alto, in alto oltre la gravità dei miei pensieri, poter vivere l’oggi senza ieri, profumo colorato senza storia, starmene nel futuro del mattino e goder della sorpresa dell’impossibile che imprevedibile si manifesta oltre i limiti oscuri al di la delle stelle che danno ancora luce alla speranza della resurrezione. Fra le azalee Fra i boccioli dei boccioli delle azalee germogliano le dolci parole della speranza, il rosa avvincente del sentimento d’un amore che gioca col miele del desiderio. Ah, poterle toccare per poi coglierle con le mani pulite del bambino, carezzarne il profumo e gustarne il sapore, correre sorridente a perdifiato nella vita che aspetta, senza inciampi senza avere il timore della fine. Come nascono le cose Tutte le cose nascono dal moto delle idee stravaganti del sapere mentre la scienza cresce nel vedere quanto sia, oltre la soglia dell'ignoto. È come riempire d’attesa il vuoto inatteso delle frasi insincere senza pensare a ciò che può accadere, un’onda violenta di maremoto che s’abbatte sull' umana coscienza, ignara del voler della natura per ritrarsi come se nulla fosse, vagante, distruggente, senza scosse arrogante ardore fuori misura per essere più grande dell’essenza. Per evitar gli inciampi Andare avanti, guardando lontano senza vedere la punta dei piedi col il rischio d’inciampare e farsi ancor del male. Eppure quel cielo non ha confini, ovunque è nuvoloso ma dietro il temporale c’è un azzurro infinito, è lo sguardo che pensa e mi porta fra i fiori di quel giardino sempre in primavera. Per ottenere quello che sarà non è solo questione di fortuna se pur dalla volontà mia dipende il guardare lontano, ben sapendo dove mettere i piedi per evitar gli inciampi. Haiku 俳句 Governo misto - Quei settantotto giorni oscuri e bigi. Trambusto della fine Spinto dal forte vento si rannuvola minaccioso l’essere del vivere di sempre, trambusto della fine e tutto si fa oscuro. Non mi resta che cercare riparo fra le tue braccia e guardar ben oltre l’orizzonte dei soliti pensieri. Grandine violenta di affermazioni prepotenti e ingiuriose di chicchi rimbalzanti ghiaccio fra le mie idee che rimangono uguali, omofonia del dire e del fare sempre le stesse cose. Poi l’empatia del tuo sguardo che dolce m’accarezza e la vita. per quello che mi resta, riprende fiduciosa. Chiudo gli occhi e guardo Chiudo gli occhi e guardo nel rosso e nel turchino del mio pensiero assente. Il silenzio non mente: senza parole, là nell’infinito. Non vedo più nei fiori i sogni colorati di pianto e di chimere, intravvedo il tuo volto curioso nelle fiere compaesane tenendoci per mano sulle giostre rotanti delle chiose: quei pindarici voli che ci fecero così innamorati per non essere soli oltre i limiti della fantasia. Cogliere quei fiori Ritorno ancor da capo incuriosito al nuovo, poi quello che sarà lo dirà il Padreterno. Non è la prima volta, l’ho pensato anche allora nel cogliere quei fiori attratto dai colori strappandoli dal gambo, che ritenevo inutile, ma restai poi deluso nel veder da li a poco i petali avvizziti e tutti quei miei sogni che s’erano smarriti. Compleanno Compiere gli anni è un rito senza inganni, compierne molti è da accorti e non da stolti. Andare avanti con idee stravaganti mi torna bene, buon sangue nelle vene che scorre sano e non prende la mano, è l’essere Uno nel modo più opportuno. Guardando altrove ove nulla si muove in bene e in male, il mondo resta uguale. Il tempo è spazio per la noia come l’ozio nelle stagioni in scarpe e ciabattoni sempre le stesse che restano inespresse. In altri insiemi cammino per estremi fuori di mente con spirito fremente. Saperne di più Si, è vero non mi basta il saperne di più, per salvarmi dai guai. Si, mi occorre sognare, sottofondo di musica d’un giardino fiorito di parole e farfalle che ne colgono il volto. È il senso della voglia, bicchiere d’ingordigia di tutto ciò che vedo per andarmene via come un soffio di vento nell’empatia del mondo che invano mi circonda. Inaspettatamente Mi son trovato solo inaspettatamente. È stata una sorpresa, il capovolgimento dell’essere nonsenso nel prevedere il dopo. M’è valsa l’opinione di spazio insufficiente di tutto questo mondo per alternar principi, la felicità alla malinconia la delusione, al ben della speranza, il silenzio assordante del buio, all’infinito della luce dell’anima nel guardare lontano senza veder la fine. Son nato così, per sostituzione morirò poi per determinazione nel mantener costante l’esistente. Nell’ attesa di quello che m’aspetta, “mi getto, e grido, e fremo”. (*) Della mente che non occupa spazio, ciò che sarà per sempre, indefinitamente, non ne sarò mai sazio. (*)da: La sera del dì di festa (Giacomo Leopardi) Nevica Di tenui e insistenti farfalle s’ammanta il ruscello dei pensieri miei che scorre sommerso nel silenzio delle tue parole. Davanti al fuoco del camino guardo incuriosito il divenire incessante che punteggia le cose scompare sui muri sempre più grigi. Odo attonito, soffice il silenzio che mi da pace. Il crepitio del ceppo che m’illude, protegge l’insidia del giorno che fuori m’ attende. Legge dei momenti Alici, aringhe puzza di pesce crudo, aroma naturale della scienza pronta a cambiar d'opinione al nuovo effetto. Come nella moda dove il pensiero è un soffio, vanità della vanità. Per tutto c'è un tempo, è la legge dei momenti di chi governa la natura: nascere poi morire, piantare poi sradicare, uccidere poi curare, demolire poi costruire, piangere poi ridere, cordoglio poi gioire gettare poi raccogliere abbracciare poi allontanarsi guadagnare poi perdere conservare poi gettare strappare poi cucire tacere poi parlare amare poi odiare guerreggiare poi pacificare Glossa da espungere visto che il tempo nell'infinito non trascorre. Tanka Cammino e incontro Il mio amico nemico E gli sorrido. Lui sta al gioco, mi guarda, Poi me ne vado via. Tela di ragno Torna tra i fiori la rugiada del tuo sguardo che volge altrove, torrente d’acqua limpida dei sogni. I colori rincorrono fra i petali sparsi d’incenso, l’alito di desideri vogliosi, tratti d’ombra e di frastuono nella foschia insistente del giorno, tramonto d’un bacio dolce, umido e traditore, morsa avvolgente della tela trasparente di ragno che mi trattiene nel nulla e mi costringe al dolore. Sublimazione del pensiero assente che penzola inerte dai riquadri di parole inutili, scusanti, e fa, dei passi, salti nel vuoto, lungi dal senso dell’acqua che scorre trasparente fra i sassi verso il mare sconfinato d’un sentimento d’amore. Fuori dal tempo Con gli occhi chiusi guardo il passare del tempo e vedo scorrere senza ragione quella biglia nera in cerca di un numero che potrebbe essere la mia fortuna. Numero del fra poco dell’ultimo intervallo, la fine dei miei sogni nel frattempo di inutili speranze, dove il mio fare resterà a chi resta per togliermi d’impaccio. Poi nell’atipico del non ricordo d’esser stato prigioniero del tatto, libero dalla gravità apparente, felice d’esser parte d’infinito ove non serve vedere o guardare dove mettere il piede, oltre l’esser del tempo, la vera inesistenza dell’esistere. Per salvarmi dai guai Guai se fosse soltanto il nero, dello scuro che circonda la luce. Guai se fosse soltanto il silenzio, la voce parlante del pensiero. Guai se fosse soltanto emozione, il vedere in lacrime il tuo viso. Guai se fosse soltanto vita, la soglia inerte di starmene da solo. Guai se fosse soltanto il gusto, per piacere alla sopravvivenza. Guai se fosse soltanto sete, quel desiderio che confonde l’amore. Si, è vero, ma non basta il saperne di più per salvarmi dai guai, si, …..mi occorre sognare. Lontano dai sogni Vivendo lontano dai sogni, la vita mi scorre sfrenata, sprezzante la quiete, allarmata m’induce in lamenti e rampogni. Cammino chinato sul dorso guardando per terra i miei passi che appoggiano incerti fra i sassi dei giorni del tempo trascorso. Scorgo lunghe file di pioppi tutti uguali, verdi, tremanti, pensieri con voci rampanti, ripetono privi d’ intoppi negli eventi del quotidiano, scogliera lambita da un vento autunnale, che in un momento mutano e scappano di mano. Lucenti e silenti le stelle mi guardano con tanto amore mi liberano dal timore di idee d’un pensiero ribelle. Così torno ai sogni e vi immergo il senso vero della vita che fugge via dalle mie dita e in quelle idee ritrova albergo. Sono già ciò che sono Mi rinchiudo nella stanza dei sogni finalmente libero di pensare ciò che voglio e parlare con me stesso, dirmi la verità, adagio senza inganni, intimamente, fra balzi rossi e blu nel buio pesto e nella luce accecante del vero insopportabile senso delle parole, del nascere e morire del vuoto ch’è nel pieno dell’acqua in un bicchiere. Così immerso nella desolazione del so di non sapere, mi ritrovo nel nulla. Consapevole d’ogni movimento, porto l’attenzione sul mio respiro, e grande è l’emozione dell’essere esistente, riscopro la mia vera identità: sono già ciò che sono. Senryu Andar per rane - (*) abbaiare alla luna (**) tornare bue (***) (*) perdere il filo del discorso (**) imprecare invano (***) andar vitello e tornare bue: cominciare con grandi aspettative e finire delusi Quel sorso di dolcezza Quel sorso di dolcezza che mi aspetta quando mi stringi forte sul tuo cuore, m’aiuta a camminare senza fretta, passando così, gioioso, giorni ed ore. La pazienza che tu m’hai dedicata per conquistare quello che volevo, non so d’averla sempre meritata anche perché, distratto, m’illudevo. E allora mi domando che farei se tu m’abbandonassi ad altra vita, no, non me ne andrei altrove, morirei dal gran dolor d’averti ormai smarrita. Si, brindo alla fortuna mia che sei, ponendo sulle labbra le tue dita. Tornare all’origine Dimenticare tutto, ritornare all’origine, risorgere dal nulla, frutto del divenire un composto mutevole di elementi immutabili, esser solo apparenza nel nascere e morire nell’unione e nella separazione e così, indistruttibili, soffio d’energia eterna, dolce carezza d’antico benessere luogo di scoperte, viaggi e avventure, luce corroborante, uniti in amore, senza contesa insieme, nell’armonia dello Sfero per godere l’estasi del sublime, un dolce sapore di solitudine. Intrappolato. Intrappolato cerco di pensare ad una via d'uscita, liberarmi da ciò che mi circonda, alberi sconosciuti, rami secchi foglie di gemme verdi di pensieri ribelli, strade d'asfalto nero che conducono altrove, incroci, bivi, divergenze e idee vaghe di desideri che nascosti mi riappaiono come dimenticati. Allora cerco di andarmene via, ritrovare il tuo sguardo, un risveglio cosciente che mi darà la forza di non abbandonare il mio pensiero per isolarmi nella percezione dell'inconscio contenuto dei sogni. L’orazione della sera Vorrei andarmene via dal giogo della notte, dal ronzio del buio che non ha traccia nel silenzioso mare dei pensieri. Poi il giorno si rivela nel traffico della gente per strada che lamenta lo specchio per nascondersi nel guardare gli altri. Salto di pane in frasca al di là del cibo che non mi sazia, gioia, delizie e dolori al suono d’una inutile zampogna. E il tramonto si allunga nel silenzio della sua verità e riascolta paziente l’ orazione del mio ringraziamento. Corsa in affanno. Che cosa sono io per essere l'altro fuori dal mondo d'ogni giorno dove la gente sconosciuta pensa ai fatti suoi e mente. Io nella nebbia che offusca la neve cadente dei pensieri, cerco invano il mio nome. Le scritte sopra i muri mi dicono che esisto ma che non posso dormire oltre il canto delle sirene. Tempeste di sogni veri, tutti diversi, mi riempiono l’anima di ricchezza senza virtù che inesistente dono agli altri per catturarne il consenso. Corro nel bosco fitto d'alberi di voglie colmi di frutti là, dove merli ingordi ne raccontano le storie. Li ascolto com'esseri umani che si trastullano recitando frasi d'appello, brulle di non senso, lontano oltre il tramonto. L'essere di me ch'è rimasto là, coi piedi in terra, è l'altro, si ripropone ovunque, fra i pensieri di quella gente, nella confusione di parole piane prive d'accenti, Ibis redibis non, e me ne vado di corsa come prima da quel bosco fitto di desideri beccati da merli golosi, scappo lesto spaventato oltre le montagne scansando guerrieri con lance in resta, privi d'esistenza con lunghe barbe di vermi verdognoli e semoventi dentro una coppa ricolma di nulla. Quel volto della luna Nel suono dell’incanto le note si rincorrono ordinatamente fuori dal tempo come il battito d’ali del falco pellegrino, musica del silenzio dove gli occhi socchiusi nell’immaginazione guardano l’impossibile. L’impossibile, si, come quel volto bianco della luna dentro il buio sconfinato che solleva lo sguardo nel sublime oltre il cielo stellato sopra di me, (*) nel sogno dell’essere infinito. (*)”oltre il cielo stellato sopra di me” forma del sublime secondo Kant L’errore pervicace L’errore pervicace fa della vita un tratto permanente, peccato originale frutto del desiderio d’essere per avere ciò che non si dovrebbe, nella gioia del contrasto oltre la monotonia del bene. E lei è sempre lì al semaforo rosso, prepotente, sagace, insistente, mendace, con in mano il barattolo vuoto della carne in scatola, che porge nel dire “dammi qualcosa” tu lo sai, guardi altrove e te ne vai mentre lei urla minacciosa “alla prossima”. Parole al vento Sono parole candide, vaporose che vanno via anonime e confuse fra la gente che guarda e non ascolta. Sono isole lontane dove il mare è atmosfera, la terra, chicchi di sabbia sfuggenti fra le mie dita nude. Mi gira il tutto attorno, se ne va via la mente. Sono qui, seduto in poltrona, solo e parlo ad alta voce ma nessuno mi sente. Con ansia le rincorro, senza fiato, per dir d'amore, d'odio vendetta e farne un gioco. Suono di note al vento sono mie, sono mie, la gente se ne va via ammutolita per questo sono libero. Libero di pensare nel vero e nel mendace, libero di pensare ad alta voce quando la gente tace. Proprietà transattiva del poetare A che serve poetare? Poetare serve al nulla il nulla serve al tutto, poetare, serve al tutto, nasce dal nulla e mi porta lontano per questo lo rincorro su per quelle montagne da cima in cima, via dal quotidiano, via, storpiando le parole per dare senso al colore dei fiori. Là, chiacchierano ininterrottamente, inutilmente, ahimè! E il sistema solare se ne va per conto suo e poetare insieme a lui percorre nel sempre l’infinito. La mia poesia Musica di parole e di accenti sinceri, espressione parlata del suono della banda del paese dei miei sogni dove il tutto rivive nell’ordine delle cose impensate, quotidiano disordine del non dire per fare ciò che voglio oltre il senso della vita. Il solito libro Guardo e poi riguardo il solito libro, sbadiglio adagio, adagio, quasi annoiato Vorrei pensare ad altro eppure quel testo m’incuriosisce. Le pagine si sfogliano col pollice sull’indice per giungere al sommario che percorro nel cercar tutto ciò che m’interessa. Leggo fino in fondo, prima del poi, un vero resoconto di ciò che non ho fatto. e mi chiedo il perché, tanto ciò che mi aspetta è il nulla, anche se il nulla è tanto, è ancor di più di tutto l’infinito. Mente libera La mente s’arrovella nei pensieri del buio nella notte dei sogni s’è liberata d’ogni sentimento bizzarro come lo sguardo verde d’un ramarro che si ferma curioso sopra il cuscino erboso d’un sonno caldo e beato per fuggire allarmato senza una vera meta che appare poi discreta nel sentirsi un po’ meglio di un normale risveglio. Quella TV Ferma sopra quel mobile, dal viso piatto e scuro d’incerta indifferenza, orca che ingoia questa mia solitudine con le fauci del tempo sullo spettro fragile e colorato che vedo e che non voglio. Voragine del nulla che cattura gesti, colori e immagini che mi guardano distratte e dimentiche di tutto ciò che fuori mi circonda per andarsene altrove oltre il mare di stelle della mia fantasia. Luce dei sogni Ritornare sotto le foglie verdi di quegli anni trascorsi di speranze, sfogliare i libri non letti per caso, correre lungo il fiume dei ricordi nascosti all’ombra dei disagi per riconquistare la libertà di volare via con la fantasia e vivere a modo mio nella luce dei sogni del passato, appropriarmi del mondo dell’altro che sta dentro il mio desiderio e sottrarmi al gioco dell’esistenza in un luogo di parole d’adozione del gusto della vita, per viaggiare ad alta velocità fra i dettagli dei sensi dissociati dalla loro apparenza. Solo e libero Con molta discrezione non mi cercano più ma tanto gentilmente mi salutano con un cenno del capo per non dar l’impressione d’esser così distratti da un papavero da poco sfiorito che mette in mostra l’unico pistillo. Ma lì il grano era già stato raccolto insieme ai rossi petali che molti mi cercavano per farsene un gran vanto. Per questo l’emozione d’essere solo e libero d’amare e di pensare mi da soddisfazione e mi consola. Il discorso elettorale È ripetitivo, lungo e noioso, marmellata di parole e di semi smancerosi, stracotto di frutta già appassita e priva di sembianza. Ognuno racconta le stesse cose per il bene di tutti quelli che poi se ne andranno a votare. Ma chi sono costoro che li ascoltano attoniti ed applaudono tale ingannevole dire? Sono sempre gli stessi, quelli che s’accontentano di mangiare le minestre stracotte di rape e dei fagioli per contorno. Notizie del giorno Buttare nel cestino le notizie del giorno, frottole del destino ormai trascorso da dimenticare per liberare la mente dal pensiero del giorno prima per il giorno dopo, alle notizie nuove da dimenticare non avendo altro da pensare nell’attesa del poi. Vado allora in un isola deserta fuori dal mondo, privo d’ansia nell’esser l’unica notizia buona del giorno dopo e pensare liberamente ad altro. Rivolta Dire di più è sempre meno di quello che si dovrebbe dire, fare di più è sempre meno di quello che si dovrebbe fare, amar di più è sempre meno di ciò che si dovrebbe amare, l’alito insufficiente della vita, vera oltre l’esistente. Preghiera, attesa e veglia di rivolta al panico del buio, fondo segreto della noia. Passione del risveglio nel respiro della gioia trascendente Io e l’Altro sconosciuto Le foglie silenziosamente cadono Io le guardo distratto. Le parole riecheggiano e fanno un gran rumore nel silenzio dell’ascolto, s’impigliano nella tela dei sogni e i sogni s’alimentano. La soglia del desiderio vagheggia in assenza dell’Altro deluso dall’anelito del niente. Non mi resta che invocare l’Altrove, là, dov’è l’orizzonte, oltre il tratto paludoso dell’io, nel gorgo della mia reiterazione, desiderio, follia dell’esser mio. Sulla strada dei sogni Ritorno sulla strada dei miei sogni lontano dalla gente e dagli dei che non hanno capito della mia solitudine la commedia. Di nube in nube il soffio di quello che sono, scuote le fronde e disperde il mio sorriso fra le onde d’un mare insoddisfatto. Mille luci nel sonno Quarzo nell'alba consenso, trasparenza, volto corrucciato che s'oscura e mi dice: avanti, non è ancora l'ora. Si svuota con frastuono di vetri, il contenitore, poi accelera il motore e si allontana. Scopro che ti scopri, te ne vai di là e scompari nel quarzo dell'alba. Sotto i petali rosa che tardano a rifiorire si allunga l'ombra verso il tramonto, si, perché è bello diventare nonni, d'una margherita e di un tulipano. Ma la rosa sbocciata perde i petali sul prato del tuo giardino, io li raccolgo e cerco di ricomporne il bocciolo, e ci riesco sino a che cede la presa e cadono nel crepuscolo della sera, nell'attesa del buio dove il tuo volto si confonde nel nulla, poi mi rannicchio nella medusa del lenzuolo invaso dal luccichio di mille luci nel sonno. Haiku –Tanka Cielo d’autunno – Per la strada la gente se ne va sola. Io la guardo sconvolto e vorrei esserle amico. Tornare da capo Tornare da capo, ancora una volta coi soliti rimedi dei colpi di luce, delle promesse, una boscaglia di fragili arbusti curvi davanti ai venti che spirano contrari, senza drizzarsi mai. Ascoltare distratto senza impegno il sentito dire che si ripete inutilmente e a noia con le cose di sempre. Allora curioso sbircio più in là guardo dal buco della serratura quello che mi circonda che il tutto mi dice d’essere mio: che meraviglia delle meraviglie! la sorpresa è di vivere la scoperta del mondo. Quante volte ho pensato Quante volte ho pensato di andarmene via correndo nei campi di stelle alpine per coglierne a mazzi e farne dono a tutti come amici. Ma le insegne dei ricordi divergono in bivi malpensanti, le notti se ne vanno silenziose dentro il buio di pensieri senza sogni. Così raggiungo il punto di rifrangere le onde del volere, in quell’ avanti e indietro soffocante che m’impedisce di vedere l'alba. Nel frangente le idee s'ammassano come foglie d'autunno, un turbine di vento le rimuove nella consuetudine d'ogni giorno. Parlar del giorno Parlar del giorno è come spremere dall’arancia il succo della vita, gustarne l’agrodolce e buttar nell’inutile le bucce. Dall’alba al tramonto il tragitto è breve, la delusione gioca la speranza, rosa che si appassisce nei ricordi trascorsi del piacere. Haiku Ultimi odori Nel vento dell’estate – Voglia di canto. Eccomi: voce del verbo essere Io sono, ciò che gli altri in verità non sanno Tu sei ma di me non te ne frega niente, Egli è per se e non per l’esistenza altrui, Noi siamo quello che non sappiamo d’essere Voi siete massa di emeriti sconosciuti, Essi sono, quelli che mi consumano il cibo. Eccomi homo felix l’unica ragion vera del mondo (*) (*) vedi Massimo Recalcati: ritratti del desiderio Sagome di pensieri Torna e ritorna nel contorno dalla sagoma informe l’idea d’essere cosa. La fune si spezza sulla strada nella vigna d’uva nera ingombra di grappoli dove la pioggia delle idee scorre fra i chicchi che s’arrotondano nel gusto della vita. Più in là Milano, strade curve nel disordine quotidiano delle voglie smunte d’amore della gente. Abeti cosparsi di desideri dei bimbi nudi di capricci migranti nelle scuole di periferia. Canti, gioie, profezie, dove supersiti su carri gremiti di stelle danzano disuniti l’oggi e il domani, sagome inutili di pensieri fra gli occhi che guardano il cielo nella speranza che illude la corolla bizzarra del glicine dei giorni che scorrono veloci nell’umanità dei petali d’una rosa. Haiku Petali rosa – Profumo della pioggia là, verso sera. Andarmene ancora. Ancora m’incammino (per non so quale dove) lungo la stessa strada evitando buche e le onde del mare inzaccherandomi nelle pozzanghere dei ricordi trascorsi, dentro l’acqua che continua a cadere. E la luce del sole sbatte sui tronchi tagliati, impilati sui lati del bosco dove le idee rimbalzano sommerse nei pensieri di sempre come la legna da ardere nel fuoco che la riscalda e distrugge. Mondo ribelle e pali della luce dai fili che si impigliano legati nelle voglie improbabili dei lampioni che bucano la nebbia dell’inverno cittadino. M’inchino fuori dalla porta di quella stanza dove guardo la vita che trascorre desto fra i muri dipinti di rosa, le serrande alzate sopra le ciglia per guardare lontano. Allora me ne vado via archettando sulle corde tese d’un violoncello, fra le note più basse che mi fanno sognare. Mi trovo altrove alla guida del carro, attonito, sorpreso, vigile, frastornato dai sassi di pietra sotto le ruote scricchiolanti, nella strada di terra battuta delle frasi polverose ricorrenti in passato. La luce si fa buio, nell’ombra dell’inverno delle idee mi converto. Alla fine un fremito di voglie m’invita a sopravvivere e mi spiego flessibile nel tempo che se ne va. Parlare con i fiori Parlare con i fiori, strapparne i petali, farne parole per un discorso al di fuori del mondo. Nel profumo che diffonde i pensieri, i miei sogni restano nel ricordo d’un amore vissuto. A che serve il sapere se alla fine ritroverò il principio nell’aroma di un fiore mi è dolce il polline della ragione. Per essere diverso Per essere diverso, semplicemente un altro animale ormai stufo d’essere come tale, le gambe non mi servono per fare ne le mani per scrivere ciò che non serve, allora guardo quello che vedo, senza vedere ciò che guardo, ma ripenso a tutto ciò che sogno senza sognare ciò che poi penso di fare, sento quello che ascolto senza ascoltare ciò che sento dire, mi perdo sempre più in un bicchier d’acqua lungi da ogni emozione, per ritrovarmi in tutto quello che della vita mi circonda, simbolismo antitetico, del viver col respiro utile per morire. Ricomincio da capo Aria e tepore di stelle e d’amore il respiro profondo della soddisfazione d’avere superato il seguito del dopo. Ricomincio da capo: m’immergo nel poi e sogno campi fioriti di lillà e di rose, abiti bianchi e spose sorridenti di gioia, ateo esistenzialismo d’angoscia e scacco della finitudine. Quel guscio di conchiglia Cercare lontano là dove il mare tocca l’orizzonte estremo dei sogni, far tardi in cima alla montagna fuori dall’abituale pensiero del giorno, vagolare nel bosco delle querce all’ombra di quelle voglie nascoste che nessuno deve sapere più di quanto non lo voglia l’esser mio. Il mondo mi scompare, finalmente libero d’essere vero nel forse del sole ardente che brucia ogni cosa che trattengo nel cuore dei pensieri. Braccia lunghe e mani con mille dita che battono sui tasti di quel piano la musica del tempo che va via nelle orbite immanenti del trascorso. Entro nel guscio di una conchiglia e mi perdo nel girotondo. vago consumando la suola delle scarpe. Nel parlare d’autunno Nel parlare d’autunno, i pensieri come foglie assopite cadono sul cammino che ricoperto sfugge, gli alberi delle idee si spogliano nel bigio trasparente del tramonto dei sogni, desideri dal volto che si macchia di giallo e sbiadisce nell’alba di ogni giorno che sempre tarda in odore di pioggia. Le parole si vestono come di vento tremulo fra le piume del gabbiano che fermo guardingo e muto ha smesso di volare nell’eco fugace d’un grido stridulo: intorno un mare privo d’orizzonte. Compleanno La luce che fugge lontano m’acceca lo sguardo, vago senza meta nel buio dei ricordi per capire il perché del bene ch’è tale per merito del male. Il sangue scorre la vita nei dirupi delle vene, rimbalza col battito che non muta, vertigine senza fiato nel prima e nel poi che s’intrecciano nel giorno del mio compleanno. Ciò che ho fatto è stato, di ciò che farò sarò colpevole di non averlo fatto prima. Se ne vanno le nuvole Se ne vanno le nuvole fuori dal tempo e via le inseguo con lo sguardo senza credere mai in quello che sono, l’anima e il corpo dei miei pensieri, quelli più sinceri, un po’ chiari, un po’ scuri un po’ cumuli nembi che mutano d’aspetto liberi dall’essere comprensibili, cadono in cascata, poi mi travolgono nella bianca schiuma dei desideri e scorrono nell’acqua confusi in trasparenza verso la foce, senza saper dove, impalpabili e veri dentro l’anima che ne sono parte sua sostanza, senza necessità d’esistere, facili da riavvisare nel torpore dei sogni. Il tutto impossibile La strada di una volta quando non mi sembrava di andar così lontano: del tutto, l’impossibile! Ciò che è stato non è che quella parte che ho dimenticato con gli errori del fare e del non fare ma il percorso si accorcia, m’incuriosisce assai per scoprire ciò che sta dietro l’angolo che mi farà dimenticare tutto e mi farà tornare come prima, senza alcuna ragione, del tutto inesistente, illustre sconosciuto dentro il tutto impossibile. Voglia d’amore Torno sul prato a calpestare l’erba dei sogni, nati nella primavera della ragion veduta, panno bagnato che s’asciuga al sole nell’apparenza del pensare dopo che la realtà s’è fatta. M’accorgo del respiro nell’ansia della mia sopravvivenza. M’accorgo della luce pallida della luna che si nasconde dietro le nuvole della mia fantasia, il mondo delle illusioni d’un tempo, neve che si scioglie sotto la coltre del non senso del giorno che trascorre oltre la mia volontà per dirmi che la vita se ne va. Voglia di trascendenza, voglia d’amore soprannaturale, poter dimenticare d’essere stato inutilmente vivo. Quella campana La campana che suona le ore, l’ascolto distratto dal sogno della luce del giorno, ma insiste oltre il tramonto e non finisce mai. Non mi resta che pensare a tutt’altro nell’attesa dell’alba moribonda. Allora conto le cose esistenti, conto le parole scritte sui muri, luoghi dimenticati, nell’umido del vino che m’inebria. E’ l’autunno che arriva inaspettato e sordo, che m’ inganna la vita, mi spunta le unghie di tutte le dita che servono a graffiare. Così quella campana tanto amica d’un tempo mi strugge sino alla disperazione. Gioia di tutto Gioia di pensare che nessuno ti sente, gioia del presente che assapori da solo, gioia di vedere ciò che gli altri non guardano, gioia di sentire tutto quello che ascolti, gioia di ascoltare il silenzio degli altri, gioia di capire ciò che vuoi e che non vuoi, gioia di godere del non senso dei sogni, gioia di non esser ciò che gli altri vorrebbero, gioia d’esistere nel perché sconosciuto, la gioia tangibile di non essere un santo, gioia di sapere la tua vera ignoranza, ciò che non sei o che non sai d’essere, gioia di finire nel dopo misterioso e gioia sublime, non saperne il perché. Alla fine poi gioia di morire libero finalmente senza l’impegno di dover sopravvivere. Il senso della vita Buttarsi nella piscina dei sogni dove l'acqua non scorre e la gravità si perde nel tempo. Tuffarsi dal bordo dell'illusione per galleggiare ancora nella speranza di restare soli a pensare, liberamente muti fra i petali dipinti sui muri incerti delle tue opinioni. Un respiro profondo, la soddisfazione d' essere veri nella felicità di poter amare ciò che si vuole. Così, voler cantare a squarcia gola la tua miglior canzone per far capire al mondo il senso della vita. Ricordi del passato Torno contento e solo là, dove tutto è vero la luce delle stelle ne rivela il mistero. Il buio che mi circonda mi da ancor più coraggio mi fa sperare il meglio mi fa sentire saggio. Sono libero, pieno, sento il mio cuore battere il senso del pensiero che mi porta e riflettere sulle cose di sempre. Che succederà poi se me ne vado via senza pensare a voi ricordi del passato che resterete soli nei fatti quotidiani curiosi e civettuoli. No, non vi lascerò. Insieme a me, mie muse sarete i testimoni di palpebre socchiuse. Estate Quel sole riappare dietro gli scogli e mi torna attonito il pensiero del giorno. Col batticuore dell’onda l’estate si ostina nel rifrangersi del caldo raggio del mezzogiorno. La gente scompare all’ombra delle chiome d’un bosco ceduo, affaticata e stanca si appiana, ferma in attesa contro natura ingombra la sabbia paziente e formicosa della spiaggia. Ma il sole è buono, coltre di luce che bacia il tuo corpo nudo e il vento incanta con rumore di foglie la mente assente che si ricompone all’insaputa dell’inverno. Languore della bellezza Guardare un fiore bianco, tornare all’altro capo del discorso quando era ancora tutto da scoprire e osservavo curioso quei petali di velluto profumati d’inesistente magia. Ora l’illusione più non mi basta per avere coraggio mi basta tutto ciò che mi circonda al mondo, mondo estroverso, festa di nozze, languore della bellezza presente in armonia col mio respiro. Il silenzio Il silenzio é la voce dell’espressione, è il modo migliore di pensare. Le parole mutano citano sinonimi consumano incertezza oltre l’incomprensione, tradiscono il pensiero ci indicano il peccato per non capire il bene, l’anomia del potere per farsi una ragione del senso delle norme, il vaglio cateconico, secolarizzazione, la parusia, l’apuleia, e l’aporia che emerge dentro l’Apocalisse. Il silenzio mi dice di Epimèteo, distratto da tarda riflessione, che rifugge dall’orcio aperto da Pandora. Così oggi sono stanco, malato, vecchio e pazzo, desideroso e….assente. Libero la speranza. L’orologio mi scassa le camice per dirmi ch’è tempo di cambiare: per questo sto scrivendo ma…… ancora per poco, e poi…. sarà il silenzio. Apparenza Capire sul finire che il sapere non basta, sospeso nell’ammanco d'un recipiente vuoto. S'arrende alla demenza senile anche il sapiente. Ricordare è inutile come l'aver peccato nell'arbitrio libero, il colore d'arancio dell'insipido agrume che ti disseta ancora. Il desiderio conta i colori più attenti dell'alba e del tramonto. La pagina web Se il giorno si ripete è perché non mi riesce d'infrangere la mia ombra e solo a sera, quando fugge, stanco mi stendo per riposare. Incanto del cammino, merito della gravità che da la gioia al salto con l'asta e al planare guardingo del falco pellegrino. La mia voce che sento è la luce che vedo perché il tutto è allo scuro e il resto è un gran silenzio. La vera pace è il nulla nel senso dello sguardo amico del nemico sentimento di allora nel cogliere l'acino d’uva ch’è nell'autunno della stagione antica e dare verità alle cose che sono e solo per quel poco, disegno di matita che per sorte scompare nella pagina del web. Ormeggio all'ancora Geranio fiorito silente luce del vascello in testa d'albero nel mare calmo della sera. I miei pensieri sono altrove sottocoperta al lume della torcia nel tepore della lana grezza al contatto dell'avambraccio assopito nei ricordi del passato. Fuori il volo di un gabbiano curioso nelle leggera brezza increspante delle idee del domani che mi aspetta. Parole vane Io parlo, parlo, parlo, curiosamente guardo l'acqua che scorre fresca e butta nello stagno tutta la sua energia, la forza dell'amore che si disperde inutile. Ogni cosa che dico l'intendi come accusa ogni cosa che faccio la ritieni dovuta e guardo, guardo, guardo l'abete millenario che non parla e non dice perché ha vissuto tanto. Chiederti scusa Nel chiederti scusa dal caos traggo la ragione della colpa scopro il principio, l’attitudine a render conto nel dogma del peccato. Temporale inaspettato, fulmine a ciel sereno, dono della natura, realtà secondaria perenne relazione di causa effetto di tutte le cose: frutto impavido dell’opera di Dio. Lo specchio Consapevole e libero di fare quello che voglio, volgere le spalle al sole per rincorrere la mia ombra fuori dal vicolo cieco, dell'amletico destino, ritornare a respirare il tuo sorriso nel vento che ti scompone i capelli e che mi fa avvicinare le labbra in un affettuosa rivelazione d'amore. É l'ape sull'oleandro, sul pitosforo fiorito che ne inebria il pungiglione, é la formica che insiste decisa nel suo percorso, la lucciola che sorprende la curiosità del bimbo, è il mio volto che rifrange nello specchio la sua età... e ad essa non può mentire. Haiku Petali in bocciolo – La vita che mi spinge Oltre il consenso. Ciò che rimane Ciò che rimane di quello che vedo sta dentro i ricordi in buona salute della mia mente. Per effetto poi d’un misterioso addio, ciò che è stato scompare nell’infinito dove la memoria s’immerge nel perdono d’aver fatto inutilmente anche il peggio, per poi passare al nulla dove il tutto è per sempre. Per saperne di più Mente mia meraviglia, coppa dei sogni dove mi disseto e sorrido nel dirti i miei pensieri, la causa delle mie curiosità, l’assenza dell’essenza dell’essere così che il fuoco brucia ma non sa il perché, conoscenza causale per saperne di più nel mio tempo ancor libero di pensare di tutto “ciò in vista di cui” tutte le cose devon esser fatte. Haiku Piove sul bosco scorrono le parole – fruscio d’autunno. Quel timor di Dio che mi resta Torno a credere d’essere stato ancor prima delle sensazioni, torno a credere di permanere nel sempre, con l’ausilio dei doni che hanno dato senso alla mia vita. La sapienza, spiritualità del principio di tutte le cose nel timore di avere coscienza dell’intelletto, la conoscenza di ciò che pensano le persone. Il dare consiglio di salvezza e di felicità ai nostri amici con la virtù di quella fortezza che ci fa resistere alla moda della convenienza personale. La scienza per ammirare tutto ciò che mi circonda di natura lodando l’esistenza con pace, godimento, gioia e la soavità dell’anima, luce di pietà nella preghiera di adorazione. Nel vedere tanta meraviglia ancor di più mi conforta il credere che il principio della mia sapienza sia il timore di Dio che mi resta. ( I doni dello S.S.) Ricominciare Tornare ad essere noi come all'inizio del giorno di colori sconosciuti, tornare ad essere buoni al fonte battesimale e senza voler intendere il perché di ciò che accade all'alba senza contorno, le forme della sostanza che ti lasciano senza aiuto, le persone che intravvedi nelle code agli sportelli non pensanti nell’attesa di concludere, impazienti, la pioggia che bagna il prato e la rosa che fiorisce per essere primavera. Tornar da te Tornare a pensar prima di noi e col senno del poi, Tornare a bomba fuori dalle mura del quieto vivere, Tornare a esistere di stravaganze e gioia e di acume e noia, Tornare fuori dall’umiltà del giogo dell’ età, Tornare giù dalla montagna d’ idee innovative, Tornare oltre l’infinito intangibile dei sogni, Tornar sui passi per combinarne di tutti i colori, Tornare a mangiar tanto di quel poco che troppo storpia, Tornare ad aver ciò che ho perduto e che non ho mai avuto, Tornare in me per non spendere ciò che devo rendere Tornare in via, senza il rimpianto di aver fatto tanto, Tornare indietro, raso men che meno fra il vuoto e il pieno, Tornar da capo frutto del fare per aver distrutto, Tornare insieme, nelle follie d’un tempo senza vie, perciò non mi resta per far meglio, che Tornar da te. Spruzzi di vernice Inventarsi qualcosa da sperare Nella vita che trascorre ogni giorno Una forma che riesca a deformare Tutte quelle strade senza ritorno Immerse dentro l’insoddisfazione Lungo il mare burrascoso dei sogni Edulcoranti colmi d’emozione. Spruzzi di vernice sopra le tempie Per non smentire il peso dell’età Effetto per non essere guardato Raccolto e chiuso dentro la mia stanza Appoggiato senza speranza al muro Nero dell’illusione di apparire Zombi, sempre più da lontano Abbandonato dietro la facciata. Conosci te stesso Mi occorre un foglio di carta bianca piegata in quattro e una matita per dir di me della mia vita. Son nato, ma non l’ho voluto. Son stato, ma non ho vissuto e non ho fretta ne di concludere ciò che mi aspetta. Stanca è la mano, e il foglio resta di carta bianca. Così ho smentito ciò che sta scritto sull’architrave del vecchio tempio. (a Delfi: conosci te stesso) Senza ragione Pressappoco nel medesimo campo agito la bandiera. I colori mi riverberano l‘ansia dell’attesa di ciò che priva il dopo, dell’inverno senza una primavera. La neve si discioglie non in sé ma per sé si disfa d’esistenza nel volto del tramonto. Intemperanza indomita del bimbo, desiderio di bene privo di medietà, amore a prima vista disciplinato e dolce nell’inutilità della ragione. Parole inutili Le mie parole sbiadiscono l’idea che avevo del mondo, suoni convulsi, vocali di vocaboli accentate, nel silenzio del pensiero che va via per conto suo. Rimango così stupito con gli occhi sbarrati a sentir dei suoni che stravaganti allacciano consonanti per fare delle parole da riporre nel passato, scritte in nero sulla carta che nessuno leggerà per mancanza d’attenzione. Il pensiero non ha voce se l’esprimi poco prima di parlare sillabando con rumore e con fervore bla, bla, bla, o non più di un blà, così non l’ode nessuno. Il gioco dell’oca Come prevenire l’imprevedibile se non è immaginabile. Se fosse possibile l’impossibile questo sarebbe il tutto che ad esser tale equivarrebbe al nulla. È quindi inutile darsi da fare nel fare il preveggente, tanto il nostro destino è nell’imponderabile perché il nulla è il principio il che è la nostra meta per disfarci del tutto. E così, per ritornare da capo, per sempre all’infinito. Tanka Lunga è l’attesa nel corridoio pietroso. Cumuli nembi Occupano lo spazio delle idee ridondanti. Perdono di che? Non devo chieder perdono se sono, né di quello che ho fatto, perché è il sole che illumina le stelle, l’acqua che scorre chiara é dissetante, i fiori si alternano in primavera e gli animali si amano senza fare peccato la luna che compare, scompare poi nella cruna dell’ago e mi ricuce l’essere di sempre. Haiku Le cime guardano- Solo, sul fondovalle Abbasso il capo. Il glicine Il glicine discende dalla gronda in corolle celesti senza fine. Corolle di parole assomiglianti e uguali fra di loro incredule, pensanti e di speranza. Vita prima del nascere delle gemme che verdi danno luce al tuo fare. Così nelle parole del nostro grande amore che fanno capolino all’alba di ogni giorno quando volgo le spalle al sonno, melodia di un sogno che riappare. Il silenzio che mi parla M’attrae quel tuo silenzio nella notte di sogno e mi butto vagante incuriosito, accorto nell’ansia del peccato, cercando le parole nel senso del non senso di quello che non dici. Poi il tutto è per finire e finisce in silenzio silenzio che mi parla molto più del tuo dire. Pensare per morire È così bello pensar di finire nel passare le mie giornate a leggere poeti, colti filosofi e Vangeli e così per tutto il tempo, restare senza quelle monete per sopravvivere, così care al pensiero che fare è per mangiare, se non mangi non vivi, se non vivi defungi. Allor che serve vivere quando basta il pensare per morire? Haiku La gente pensa – I fatti se ne vanno Per conto loro. Voler esser di più Voler esser di più di quel che resta, gloria del dispetto al nemico che ti è sembrato amico. Ritorno sul passato e me ne guardo bene dal dire ciò che vorrei fare ancora per non portar ragione all’illusione del mio volere istante. Ma allora che m’importa se il dopo si ripete assomigliante. Sperare nell’immenso, svelare l’energia del raggio di sole che inaspettato illumina il cuscino là dove appoggio il capo nel pensare al grigiore nero di burrasca che s’avvicina, mi rincuora per sempre. Intuire o dedurre? Il bene non è senza il male ed è vero per questo, guai se non ci fosse il peccato non sapremmo d’ essere puri il male è la cura del bene, e il peccato, della purezza. Perciò il sincero è tale in presenza del falso, e per l’incorruttibile essere anteposto al corrotto. I pensieri non son sinceri se non son falsificabili. Ogni scoperta è vera se è vero il suo contrario, vivere di vero nel vero è solo questione di metodo come il falsificazionismo nel relazionismo critico ed allora: gaudeamus igitur! (vedi Popper e Kuhn) Pensare non mi basta Pensare non mi basta, mi affascina il contrario delle cose rispetto a quelle che mi sembran vere e il tempo è insufficiente. Non penso per legittima difesa di quello che non so, e mi scarseggia il fiato in questa corsa ripiena di ostacoli. Il tragitto mancante è così breve da considerarlo ormai già concluso. Che mi serve pensare al dopo, forse per superare l’ansia del finire, e capire la soglia del sia quello che sia che il mio buon Dio non voglia. Destino nell’infinito Correre a spalle nude senza meta sotto il sole cocente del pensiero, mi porta trasognato all’immagine vera del destino. Lui, che m’aspetta dietro quello sguardo severo e intransigente; lui, che non mi perdona il peccato di vivere; lui, che fa di me tutto quello che non t’aspetti; lui, che a sorpresa appare sempre allo stesso modo e io inaspettatamente disarmato e indifeso. Sapere o non sapere ciò che mi può accadere m’avvolge nell’autunno dell’incoscienza del tempo che passa ed inciampo nelle buche di sabbia del tormento nel dubbio. Il sonno poi all’alba tramonta dietro sbarre arrugginite di palpebre che restano socchiuse. Guardo senza vedere, e odo senza ascoltare quel ronzio costante uniforme e sordo del vento che mi sorseggia e delude l’inconsistenza del senso del buio, e mi porta riflesso oltre il traguardo, senza vittoria e lode, in quel tutto tondo che non s’impone: in fine l’infinito. Là dove noi non siamo Corro intorno a quel verbo d’oro che ruzzolante mi parla del tuo amore come se le cose andassero tutte per il meglio così mi butto fra le stelle che vegliano sul campo una ad una dove l’erba è alla brezza come l’ape nel nettare dei fiori e portano l’amore là dove noi non siamo. Passo dopo passo Steso, immerso nell’ansia della curiosità, guardo attento lo spazio dipinto in trasparenza sul soffitto. La luce si sottrae al buio della stanza, disperdo le abitudini nello stravento senza alcun rimorso. Me ne vado via passo dopo passo nell’attesa del tutto e il tutto s’avvicina finalmente, solo anima senza la gravità del peso che m’appiccicava a terra contro ogni volontà. E le parole si faranno mute, nel pensiero dei verbi, vera poesia dell’etere senza principio e fine, nell’essere del tutto dimentico d’essere stato in tutto. Me ne vado distratto Me ne vado distratto fra la gente che pensa ai fatti suoi non curante di quello che si dice, non curante di quello che si fa, quand’anche fosse lor di gradimento. Occorre liberare la boscaglia da tutti i rami secchi, dai temperamenti umidi che non pensano mai senza chiedere nulla a nessuno e ridare luce al buio ed aria allo spettacolare intruglio del parlare che a vanvera come sempre si spiega nello stringer fragili fra le dita le ali d’una farfalla per convincerla della libertà di volare di fiore in fiore dentro la serra delle idee. Haiku Boscaglia fitta luce nella radura - aiuola d’oblio Haiku Sete di vita – le gemme in primavera tazze d’amore. La gente a caso La gente a caso se ne va per il corso: è domenica. Non mi pensano, a loro sconosciuto non mi parlano. Se non ci fossi sarebbero a passeggio come al solito, se non ci fossi avrebbero più spazio per camminare, se non ci fossi avrebbero ancor più aria da respirare, se non ci fossi avrebbero più cibo da masticare, se non ci fossi avrebbero un posto in più sulla panchina, se non ci fossi non farebbero caso alla mia assenza, se non ci fossi io sarei forse altrove a guardar giù la gente a caso che se ne va nel corso distrattamente senza badare alla mia non presenza di sconosciuto per l’ignoranza d'essere sopra ogni cosa dell'immortale. Marmo bianco Luce del marmo bianco e liscio del pensiero, nel compormi l’idea dell’ andare oltre il mondo quotidiano libero nell’immenso dalla voglia del bere e del mangiare, oltre la logica del far di giorno ciò che nel buio del sonno mi è impedito. Le vesti più non servono, mi basta il corpo nudo che non si vergogna d’essere tale di marmo bianco e freddo immobile solo nell’apparenza dell’immanenza michelangiolesca del restare nel sempre. Speranza Sbatte nell'ansia di quelle pozzanghere sparse occasionalmente su quell'asfalto nero e s'infrange gaia con schizzi di luce la speranza nella città impazzita della ragion veduta dentro il traffico diurno delle idee. Pesce rosso che dietro il vetro guarda il resto di quel mondo che ti ha messo in prigione ne odio, ne vendetta, ne solitudine vanagloria di guida in contromano nei sensi vietati della tua libertà, come la pioggia poi si asciuga sulla pelle della faccia senza lasciare traccia, se non la soddisfazione di avere pensato di volere. L’eternità infinita. Che m'importa il sapere del prima se la fine è il principio del poi che mi è del tutto ignoto. Se poi il poi è l'infinito, allora sono nato utilmente, per aver ottenuto del tutto quello che mi mancava, il perché del perché, sia nel più sia nel meno, senza contraddizione che non sembra e mi pare d'esser vero nel nulla. L'esser vero del nulla, la libertà del tutto, e allor,” chi sa se il vivere un morire non sia ed il morire, un vivere”. (*) Nella morte la vita, l'eternità infinita. (*)Euripide 486 - 406 a.c. Haiku Dolce pianura - Vita di primavera caleidoscopio Il linguaggio politico Carnevale festante, villan servente, novità latente, eloquenza pensante, elegante e sorprendente di varianti concomitanti, vocaboli altisonanti, ricorrenti, per esser persuadenti, per noi viandanti, scimpanzé pensanti ridenti, piangenti, circondati d’affetto e sincerità. Vorrei spaccare le parole in pezzi, vocali e consonanti da mescolare insieme per farne vocaboli parlanti convincenti, assordanti, arcani, incomprensibili, esoterici, strabilianti, inaccessibili, impenetrabili, oscuranti, per far domande ai politicanti e ottenere risposte comprensibili, eloquenti, pensanti, sorprendenti, con varianti concomitanti, alternanti, appaganti, altisonanti, veritiere e convincenti: ……..soddisfacenti! Saper tutto del mondo Pensare solo dopo che la realtà s’è fatta, tornare sul prato a calpestar l’erba di quei sogni dentro la primavera della ragion veduta, panno bagnato che s’asciuga al sole nella bellezza d’una vita arguta. geometria e finezza, ragione e cuore malinconia e dolcezza, disperazione e amore saper tutto del mondo, una grande emozione. Prendendoci per mano Percorso d’ogni giorno, boscaglia fitta e ombrosa nel ripetitivo senza illusioni. Cerco di farmi largo con vigore fra i rami rinsecchiti dai soliti pensieri per incontrarti al centro e dar luce ai miei sogni là dentro la radura illuminata dell’esistenza insieme prendendoci per mano lontano da angosce e disperazione. Fine scontata Il bene è dato per saputo, il resto è male, è peccato, e come tale è giudicato. Se poco prima, ti sarai pentito senz'altra pretesa, dall'obitorio nel purgatorio resterai in attesa della Corte Apocalittica Celeste che esprimerà il suo giudizio, già scontato, di assoluzione universale. Diversamente, andrai da subito all’inferno, luogo eterno, che non gestisce Padreterno. ma un suo subalterno. Haiku Stormi d’uccelli le idee che se ne vanno – io resto solo. Tè e caffè il caffè delle idee gorgoglia eccitante mentre il te delle opinioni stimola al cospetto dell'ironia a fior di pelle. Vivere sotto le acque dell'umanità che campa di espedienti in superficie ti affoga nell'oblio dell'ingegno di Esiodo dall'amore al caos per giungere inerti al principio. (Esiodo, VIII sec. a.c. richiamo A 4 nel libro A della metafisica di Aristotele) Vanità immensa: tutto è vanità A proposito del ..tutto è cambiato dopo Alessandro(Magno) Qoelet – che ho tradotto in endecasillabi e settenari - ha detto a suo tempo: “Una generazione va e una viene, eppure la terra sta sempre ferma. Sorge il sole e tramonta e si affretta al suo luogo. Va verso sud e verso nord il vento e ritorna sempre sulle sue spire. Tutti i fiumi scorrono verso il mare, che non si riempie mai. Ogni discorso resta a mezzo chè l’uomo non sa concludere. L’occhio non si sazia (mai) di ciò che vede né l’orecchio si riempie di ciò che ode. Ciò che è stato è quello che sarà. Niente di nuovo sotto il sole. Qualche volta si sente dire – ecco questa è una cosa nuova – ma questa fù già nei secoli che furon di noi prima.” Mentire al senso compiuto Rimbomba il rombo di parole inutili nella perfezione del mio silenzio e cerco cento storie da pensare lungo la strada che mi porta via da questi luoghi noiosi per scoprire la verità del senso delle cose. Il senso del non senso delle dita di una mano che servono ben poco oltre a quel cibo che mangi ogni volta, e a sfogliare il corriere quotidiano per legger nelle notizie del giorno prima, ciò che oramai è già accaduto. Cento righe di versi a suscitare rappresentazioni immaginative senza raggiungere mai la certezza probabile che libera dal modo d’ essere o la qualità delle cose che vedi e che non sai. Cento versi d’amore sul passato per fingere il ricordo di ciò che vorresti dimenticare. Cento modi di consenso apparente al contrario delle altre cinque dita della mano sinistra che non uso. E allora muovo le cose dal loro posto per mentire al senso compiuto e compiere nell’autonimo il vero. Ero piccolo Ero piccolo e guardavo le foglie della vite così grandi fra i grappoli dei sogni colorati dell’autunno, così distanti e veri che la gente coglieva con un taglio deciso senza scrupoli. Vedevo i papaveri ormai sfioriti e guardavo le rose senza petali, e i gigli rinsecchiti. Non capivo perché le cose belle finissero così. Poi ho scoperto le note, che un sommo a Samo con tanta pazienza ne pose sette in fila, invisibili, permanenti e vere impalpabili ma udibili e soavi, così su e giù, su e giù per quelle scale mi sentii instancabilmente felice. Guardandomi nell’anima Cinico, epicureo, un po’stoico, un po’ scettico, come l’esser furtivo del greco nel divenire macedone (rinunciando alla Polis), essere individuale nell’imparare ad essere. Il mondo rimane quello di prima, epistemologia, particelle indivisibili e vuoto turbamento e dolore per qualsiasi voglia di verità che non trovo se non guardandomi nell’anima, pensiero senza voce ne parole che mi riporta amore. L’erba dei sogni Il fiato c’è, costante ritmico come sempre. Nel vuoto del silenzio le parole si mescolano spinte dalla voglia insistente di pensare fuori dalla prigione delle solite idee. Mi siedo nell’androne in cerca di una luce dalla porta d’ingresso che non s’apre. Poi un suono di musica suadente socchiudo gli occhi e smetto di pensare in ginocchio nell’erba dei sogni smossa dalla confidenza dell’aria settembrina del tuo sguardo. La nottola di Minerva Civetta un poco astrusa che spicchi il volo sul far della sera, la mia ragione è vera ma fra non molto ne sarà delusa. Retro di un tetradramma d'argento in uso ad Atene 1 euro greco nel 480-420 circa a.C. La figura di quest’uccello capace di vedere di notte è strettamente legata alla dea della saggezza che, fin dalle prime raffigurazioni, è dipinta con la civetta appollaiata sulla testa Gli occhi e il becco del rapace seguono la linea della lettera φ (fi), simbolo alfabetico greco della filosofia che accomuna armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca in senso lato. La nottola di Minerva compare nell’ultimo capoverso della Prefazione dei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel, che la dipinge come l’uccello che inizia il suo volo sul far del crepuscolo. La filosofia non può essere l’anticipo di un mondo che dovrà venire: è il proprio tempo appreso col pensiero. “….Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è invecchiato, e dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo. » Con ciò il pensatore tedesco intende significare che la filosofia giunge a comprendere una condizione storica solo dopo che questa è già trascorsa (quando il processo di formazione della realtà è già ultimato), attuando il senno del poi senza poter offrire capacità precognitive. Secondo Hegel la filosofia sboccia sempre al momento culminante delle civiltà: Socrate e Platone sono vissuti quando cominciava la decadenza della Grecia, ed essa iniziava a lacerarsi al proprio interno, non sono fioriti quando la Grecia vinceva contro i Persiani.
L’antivigilia del venerdì di Sesto San Giovanni Traffico d’auto ferme nell’ interminabile coda dell’antivigilia che vivi al venerdì di Sesto San Giovanni. Una folla di pensieri imbottiti d’ansia per il ritardo, ronzio dell’acufene di quei motori al minimo, volti sudati e tesi un po’ muti o ciarlieri per ripassare il tempo trascorso insieme e soli nell’attesa del verde che non arriva mai. Pere cotte che guardano, sguardi smunti e assopiti. Poi accendo la radio e mi attendi stordita, poi ti spengo la radio e mi badi stupita. Percosse sul volante che non c’entra e tu mi chiedi ancora”che cos’hai?” mi guardi e non rispondo ma si apre uno spazio e inverto la marcia. Così ce ne torniamo come anonimi guidanti al varco dell’inesauribile antivigilia del venerdì sera di Sesto San Giovanni. Voci di parole, fiori e figure Voci di parole, fiori e figure gironzolano in mente, e vedo scritte e dipinti sui muri delle strade di un paese che non conosco ma che ogni volta rammento con la stessa curiosità infantile. Do parole ai colori, alle immagini e ai fiori pongo le vecchie sillabe al posto delle nuove poi le mescolo insieme per rimetterle in fila lungo i vicoli aperti del pensiero, ma non bastano ancora, danzano sulla neve libere dentro i versi di sofferte poesie che non voglio svelare per chiedere perdono, come un ramo spezzato che non serve altro che accendere il fuoco. La musica dell’anima Voce del pensiero senza parole lontano dalla piazza che m’ascolta, liberata nella poesia del verso che sciolto mi sorride solitario racchiuso nel silenzio vuoto e lungo del sogno. L’odo sull’umida spiaggia dell’io rimossa dalle impronte rimaste del passato, piedi nudi nella corsia del tempo ricomposti nel ballo quotidiano dell’andirivieni del mordi e fuggi. Musica dell’anima, armonioso suono che trema fuori dal traffico confuso delle idee e delle voglie del far tutto il far niente. Suono libero al canto, gioiosa voce sommessa che mi porta lontano oltre i cumoli nembi del destino oltre il non senso dell’esser quel poco che non so di sapere. Quel picchio Fiocchi di neve lieve sulle piume del picchio che mi guarda infreddolito e non parla fra i rami dei pensieri rimasti senza foglie di ricordi sfocati nel passato. Quel sole che s’affloscia alla soglia del cielo, preme sull’orizzonte dello sguardo Io cerco nel tramonto il conforto del fuoco della memoria e lui batte insistente, quel tic-tac ripetente che porta fuori luogo, lontano e penso ad altro. Stranamente un andare e venire di voci, che raccolgo incuriosito, sepolte nel tempo. Il cielo torna bigio e il picchio corre via di ramo in ramo e mi sorprende muto nei miei pensieri assorto in quel tic-tac corrente di passo in passo verso l’infinito. Il cielo è terso Qui è l’alba e il cielo è terso, il vento dell’autunno sta calando lo sguardo della gente mi saluta ma non tendo la mano che in tasca giocherella con i centesimi dei pensieri ever green scesi in lacrime d’Etra. (*) Passo leggero sulle foglie secche della notte di sole che scricchiolano nell’anima ardente in attesa del sempre. Fischiettando contento col respiro m’ispiro in quell’avvenimento. (*) pioggia di idee dal cielo sereno: Etra, nella mitologia greca, moglie di Falanto Non pensare a nulla Ancora una volta vado cercando qualche altro modo per lasciarmi andare sotto il pelo dell’acqua a vedere deformi le forme dei pensieri, quelli veri che si possono udire nello sciabordio dell’onda del mare sugli scogli anneriti delle idee che sbiadiscono i miei convincimenti, bolle d’aria verso la superficie, schiuma che si dissolve in fastidiosi spruzzi di parole non dette. Silenzio nello spazio da colmare nella memoria brulla attenta al mio respiro così mi sento finalmente libero di non pensare a nulla. Versi diversi Ritmi curiosi di senso apparente dove il suono dell’io entra in risonanza con tutto l’esistente aliquid stat pro aliquo (come disse quel Santo) (*) dissimili rumori dell’immaginazione impronunciabili nell’assenza del respiro colti dall’emozione attenti dentro il silenzio irrompente della bellezza del giorno nascente. Suoni di petali raccolti in mazzi dentro il ballo sfrenato dei ricordi, splendida mania, la resa degli inganni che alla deriva se ne vanno via. (*) Qualcosa che sta per qualcos’altro: Sant’Agostino
Il tempo che passa Il tempo passa e accorcia quello che mi rimane, né conosco gemme di primavera che m’aspettino ancora. La melodia d’un suono colora la voce del mio pensiero, si diffonde fra gli alberi del bosco confuso della vita quotidiana. Tutto trascorre immune fra le palpebre mosse dalla curiosità del mondo intorno che gira intero per ricominciare da capo e così via, oltre la noia della ripetizione d’ogni giorno che passa sempre uguale. Ma io e il dopo ci parliamo come due vecchi amici per combinarne di tutti i colori e vivere felici di finire nel sempre. Peccato mortale Mi giro e mi rigiro insonne e disturbato dalle metafore del mio linguaggio. Un alito di vento rimuove quel foglio di carta bianca colmo di parole sdrucciole e tronche, si spunta la matita e il filo del discorso si disperde nel gusto del pensare. È il discorso ch’è scritto sui muri grigi dei vicoli ciechi, è la promessa che temi di fare, che vuoi dire per avere il consenso di chi t’ascolta attento. Nell’ansia di sembrare ti sei fatto la barba, hai cambiato l’abito, hai tolto la cravatta, ti sei anche spettinato, il tutto per apparire sincero nel dire il contrario di ciò che pensi in apparenza vero. Ultimo sole dicembrino Cielo terso di spazio celeste per far luce fra i rami dell’abete assopito in attesa del Natale. Torpore d’inverno in aria di festa nella gioia dei passanti ricoperti di lana ardente di soddisfazione e cera tessuta nel profumo dell’incenso. La notte è trasparente, volo di bimbi che sognano svegli l’attesa del Presepe in dolce fantasia. Dopo, la luce nell’alba dell’ultimo sole dicembrino che ancor si accende. Dall’al di là vorrei Sul fare della sera dall’al di là vorrei tornare ancora al mondo, per far capire meglio a chi non l’abbia inteso di far della bontà buon senso per normali, convincere la gente, per diventar migliori, ad essere più amica, tornare ancora al mondo (ne sforzo ne fatica) a queste condizioni per fare dei miei sogni, la vita d’ogni giorno. Guardami Guardami dentro gli occhi per capire la pioggia dei pensieri vaganti là dove vola l’inimmaginabile confusione apparente dell’acqua piovana che traspare cristallina per confondersi nel fango in pozzanghere. Guardami dentro gli occhi per capire la foggia dei pensieri che fanno del tuo volto uno sguardo innamorato. Guardami per scoprire quel volo di farfalla che va di fiore in fiore per cercare il nettare della vita, assaporare il gusto inebriante del perdersi fra le stelle del cielo per dimenticare quello che siamo. Guardami ancora, guardami e portami lontano dall’orlo del vestito che copre l’abitudine del giorno.
Haiku Lo sguardo umido giornata novembrina – consenso languido. La retta È insistente, arrogante, tutti quei punti così appiccicati, sono in fila raccolti dal nulla che si svuota ancor nell’immanente, definitivamente. Ammiccante onnisciente è il suono prolungato dell’eco all’infinito è tutto e non è niente è il passato e il futuro che si elide nel presente, è apparente senza traccia sulla lavagna nera dell’immensurabile. Colpo di scena. Percorso ininterrotto. Scomparse le parentesi, di passo in passo me ne vado via senza ricordar nulla del perché e del percome sono andate le cose: così, velocemente, nell’incommensurabile dello zero assoluto fuori oltre i limiti dell’impossibile, dietro la tartaruga di Zenone che mi guarda ancor più incredulo! Notizie del giorno Le notizie del giorno vagano sulle dune d’un pensiero distratto senza lasciare impronte. I titoli in grassetto vagliano e dicono realtà ripetitive di un’attenzione sola. Il turbamento è vago curioso insincero dell’io che si nasconde nel palmo della mano. Che siano belle o brutte, son grandi, illudenti, ti soffermi incredulo per poi passare ad altro, come un’illusione ottica sul muro deformano le strisce tutte uguali della caffetteria (*) . Per esser conosciute da tutti fanno il meglio, pensare che di me non sa nulla nessuno. (*) l’illusione ottica dell’ingannevolezza dei sensi del”muro della caffetteria descritto dallo psicologo Richard Gregory nel 1973 L’inutilità L’anima scorre lungo le righe del non detto. Invisibile e acuta mi riconduce libero sulla strada smarrita del nonsenso dell’essere in assenza di perché. Cerco la risposta ma non la trovo fra le carte che leggo, e con rabbia le brucio nella stufa per godere il calore dell’inutilità definitivamente. Quel sonno oltre a quello che non sei Il silenzio alle appendici del sonno dietro il vetro trasparente del buio. Settantasei trascorsi, per più di ventisettemila volte di prove generali ora so tutto di cosa si tratta ora so tutto di come succede. Vivo per voglia o per necessità anche se mi spaventa l’uguale momento che attendo e inaspettato sopravviene e m’annulla senza una difesa, allo stesso modo. Perché darsi la pena di quel sonno, t’accorgi al risveglio e in assenza non t’accorgi per sempre perché la tua esistenza nell’infinito eterno, sta nell’inesistenza, non più acciacchi ne voglia d’esser ciò che non sei perché ciò sarà il tutto oltre a quello che vuoi. Parlare del più e del meno. Parlare del più e del meno mi riempie di noia e nel replicarsi del sorgere del sole, attendo il tramonto dei miei pensieri inutili e apparenti. Luce della speranza che adagio si affioca nel vento tiepido della sera, trascorre senza sosta nel tempo perso a guardare la gente camminare distratta e sconosciuta. Il fiume che discende sotto le palme delle mie affermazioni non lascia traccia, solo umidità appiccicosa e blanda che infastidisce e irrita il mio passato. Cosicché nel parlar del più e del meno la smorfia del destino mi coglie beffarda nel separare le idee dalla sostanza delle cose, mi fa numero nell’eternità, indifferentemente privo di unità pari e inesistente ove guarderò buffa quella pia identità che mi ha fatto innamorare del tempo. Il linguaggio politico Carnevale festante, villan servente, novità latente, eloquenza pensante, elegante e sorprendente di varianti concomitanti, vocaboli altisonanti, ricorrenti, per esser persuadenti, per noi viandanti, scimpanzé pensanti ridenti, piangenti, circondati d’affetto e sincerità. Vorrei spaccare le parole in pezzi, vocali e consonanti da mescolare insieme per farne vocaboli parlanti convincenti, assordanti, arcani, incomprensibili, esoterici, strabilianti, inaccessibili, impenetrabili, oscuranti, per far domande ai politicanti e ottenere risposte comprensibili, eloquenti, pensanti, sorprendenti, con varianti concomitanti, alternanti, appaganti, altisonanti, veritiere e convincenti: ……..soddisfacenti! Missione compiuta Si, come vorrei restare da solo per tante ore pensante, vegetante percorrente i fiumi della fantasia, fuori dal torrente vorticoso delle preoccupazioni, solleoni agostani, vicini allo spirito vacanziero di ogni mio pensiero. Tornare da capo per commettere gli stessi errori gli stessi amici, nemici, gli stessi amori, solo ora che stremato, manca poco alla fine? La missione è ormai compiuta, e proprio per questo non può essere perduta. Solo il trifoglio ogni anno può ripetersi dallo stesso seme, fiorire e profumare l’alito del vento, che va e che viene a suo piacimento come il senso della vita che vale solo per restare e che scompare nel ripetersi della tua generazione. Solo la poesia mi rigenera il passato, in quelle tante ore che sono stato e che vorrei restare da solo nel silenzio del mio giardino e dell’animo tuo che mi sta vicino. Solitudine Io ti credo ma di te non so nulla. Non ti vedo perché tu sei indiviso. Tu m'hai fatto e di che non so ancora. Quante volte t’ ho chiamato ma senza alcun cenno di risposta, giammai. Tu mi cerchi? Non sento la tua voce. Tu mi vedi ed io non me ne accorgo perché sei dentro tutte le cose anche in quelle che non si confessano, e per questo provo solitudine proprio or ora dove non so se devo vivere per morire o finire per esistere in anomala specie, disattento spirito impalpabile. Sole agostano Descrivere l'impossibile fuori dal mondo, immergersi fra le acacie multiformi esoteriche ateniesi per perdersi fra i bicchieri vuoti di intelletto, i furbi deliberanti saturi nella breccia d'esser saggi senza virtù. Il rintocco delle campane sorvola il vocio peripatetico dello Stagirita (*), m'inebrio nel sole agostano e chiudo gli occhi in fuga con la fede oltre l'immaginazione. (*) Aristotele di Stagira Tutto è vanità (Haiku multiplo) Nuvole sparse, primavera alle porte, beata speranza. Giova pensare che l’inverno finisca nel quotidiano. Soave la neve scompare inesistente - acqua nel fiume. Permane il tempo, si vanifica e fugge, nulla di nuovo. Il prato è secco, l’estate mi sorride e muoio di sete. Nebbia leggera il senso del non senso caduco e assurdo. Il tutto è vuoto indifferentemente di stolti e saggi. Rapporto in stallo con Dio, mio unico sballo, sapienza amica. Inconsistenza, pienezza evanescente Hebel habalim. Lo dice Qoèlet il tutto è vanità, soffio di vento. L’imbroglio. E' l'imbroglio che m'incanta, è la vita che m'imbroglia, la menzogna è ancor più vera. È il sapore delle cose che mi porta lungo il fiume dove l'acqua scorre e parte da lontano come il senso delle rose che d'inverno s'appassiscono in attesa del tepore nel torpore. Penso allora che fra poco non farò più differenza fra il contare ed il sapere sull'essere ed il volere. L’imbroglio è la gravità Che la’ mi costringe al suolo, l’imbroglio è la verità che ancor non mi fa comprendere quale tipo di battaglia desidero ognor combattere per non essere perdente se non vivere o morire. Imbroglio è nel non capire che per essere vincente devo fare ciò che gli altri non sanno, per mentire ancor più di ciò che gli altri fanno. Allora non mi resta che mendicare il tuo perdono per avere sempre detto ciò che appaio e che non sono. Quotidianità Vesti, svesti e poi rivesti di parole i tuoi pensieri. Mangi, rimangi, e poi elimini le scorie di ciò che ascolti inutilmente. Ti svegli t’addormenti e ti risvegli nel sogno del quotidiano di guadagnare per spendere sino all’indebitamento, morire nell’insolvenza della morale al contrario, non aver capito ciò che non potevi capire per la tua incapacità di vincere le stagioni. Il mio armadio L’anta dell’armadio è socchiusa lascia confusa intravvedere scelte usate nell’emozione del tempo. Scanzonate idee liberi pensieri nascosti che avevo riposti la sera nel riserbo della giornata. M’ ascolto in silenzio, riguardo quello che ho tolto dal cassetto m’appendo in abito dismesso arreso nel sogno segreto d’essere quello che non sono. Nel sempre d’ogni giorno Ancora adagio, indago nelle stanze vuote del mio pensiero per trovare le verità nascoste cui non posso mentire per il timore d’essere infelice, quelle che non si possono inventare perché so che son vere. Un soffio di realtà quell’alito di vento che trasforma l’estate nel miracolo del crepuscolo innocente del sogno, di vivere fuori dall’utopia dello spazio oltre il tempo del sempre d’ogni giorno. Dolce malinconia Rattristarsi è arrendevole. È come accordarsi col nemico che tradisce il patto e non sai mai come potrà finire. E poi tu mi domandi: ma cos’hai questa sera? Come il fiore di loto nello specchio dell’acqua, curiosamente guardi riflessa la mia immagine muta che non risponde. Attonita raccogli dei pensieri gli stracci per fare pulizia in quel mobile io antico di ferro arrugginito. Questa matita nera che non sa più che scrivere ti racconta la mia dolce malinconia. Finalmente libero Amare quella strega selvaggia ch’è la vita, che crea, distrugge sempre all’insaputa del giorno e della notte, che si salutano all’alba e al tramonto come se nulla fosse. Si, rifare poi il tutto da capo, con il volto nuovo della gioventù trascendente che distrugge per creare oltre l’illusione di quel passato dimenticato, poi la dolce melodia della musica soave del risveglio nel quartiere dei sogni dove incontro il tuo sguardo ammiccante che mi riporta altrove finalmente libero. Nessuno Mi son trovato nato senza averlo mai chiesto a nessuno, perché non ero ancora stato ed ora che lo sono mi domando il perché: non risponde nessuno. Forse perché nessuno non ha quel modo buono da potermi ascoltare, forse perché nessuno non ha quel volto vero da poterlo guardare. Se nessuno non parla se nessuno non guarda nessuno non esiste. Eppure prima c’era. Ma se cosi non fosse quel nessuno sarei io, di ciò ringrazio Dio. Quotidianità Vesti, svesti e poi rivesti di parole i tuoi pensieri. Mangi, rimangi, e poi elimini le scorie di ciò che ascolti inutilmente. Ti svegli t’addormenti e ti risvegli nel sogno del quotidiano di guadagnare per spendere sino all’indebitamento, per morir nell’insolvenza della morale al contrario, non aver capito ciò che non potevi capire per quella incapacità di vincere le stagioni. Cosa c’è di vero Cosa c’è di vero, forse ciò che vedo? Ciò che penso? Ciò che ricordo? Ciò che accarezzo? Ciò che vivo? Il senso del non senso? Forse sei tu. Si, perché prima non eravamo insieme, perché poi non moriremo insieme, ma prima e poi siamo sempre stati e saremo insieme nell’insieme. Non lo sapevamo nell’eternità priva di memoria, il vero è che l’abbiamo capito. Clochard Non cerca un tetto gli basta il cornicione, non cerca un letto, gli basta del cartone. Cosa ch’è certa é sempre in emergenza, una coperta gli da sopravvivenza. Non fa una piega, non ruba, non imbroglia, non gliene frega d’oltrepassar la soglia. All’imbrunire, guanti bucati e sciarpe e per dormire si spoglia delle scarpe. Viavai del Venerdì Venerdì, vivace viavai, veicoli e vetture variopinte, verdurieri vaganti, vetrai e vinai, velatamente vanitosi, vanno venali vantandosi. Volubili e vulnerabili venivano vecchi vegliardi, verso vergini vezzeggianti verosimiglianti e vereconde, veraci e variopinte, vittime vanitose, volti vacui e vogliosi. . Vicoli, viottoli e viali, vedo vigili verbosi voltarsi verso viandanti vistosamente vestiti: Viceversa, al venerdì volutamente volo di volta in volta venerando vanamente il vuoto. Voce senza senso il senso non ha parole le parole hanno voce e la voce non ha senso, la balumina trattiene il vento maestro e da sola si ripone nel gavone, la mente trattiene il senso che solo è senza parole e senza parole non mente. Nel silenzio il mio pensiero è il libero incantesimo delle foglie del castagno indistinte folte e gialle che si muovono nell’aria, fioco fruscio dell'autunno come i versi della poesia, ritmici, soavi e insensati per chi li ascolta distratto da parole che hanno voce una voce senza senso paradiso del pensiero. Quel mare di ghiaccio Un mare di ghiaccio scende fermo dalle cime bianche dei miei capelli che radi imbrogliano il mio passato. Si, perché tutti ancor credono nel pitosforo che saggio continua a fiorire bianco profumato per cent'anni attraente le giovani api che gli ronzano sperdute intorno molto curiose di saperlo gaio e prestante. Non so volgere lo sguardo altrove, m'illudo d'esser vero come allora quando correvano le mie mani attente sulle tue vesti nel timore di peccare e tu attonita guardavi incredula e innamorata. Per questo parliamo insieme di quel tempo che ci resta per scioglier tutto quel gelo dalle nostre cime bianche e riaccendere lo sguardo nel profumo del pitosforo per riporre le mie lacrime nel palmo della tua mano. |