Notte di San Silvestro
Colme le coppe,
come lo sdegno
si scontrano
frizzanti
in un carnevale
di scintillii opachi
e scollature voraci.
Risa, fracassi e spari
da Caos primordiale
paradossalmente però
lo contaminano,
scenografie mostruose
indegne
intrise di follia
e stordenti
più dello champagne
che anche spruzzato addosso
non lava le sozzure,
mentre un ronzio
nel cervello va.
Stupro per l’orecchio
immolate alla mondanità
rintoccano le campane
da cui esce la brace
dei giorni venturi
scottanti
pallidi
vogliosi.
E sia:
illudiamoci
che un tappo di bottiglia
scoppi
annientando
il sofferto
proiettandoci verso
un futuro aperto
a ogni possibilità.
Bellezza
Il viso più bello
è il tuo quando sorridi
le mani più belle
sono le tue quando ne stringono altre
le parole più belle
sono le tue quando vengono dal cuore
e il giorno più bello
sarà quello in cui al tramonto del sole potrai dire:
"Oggi ho vissuto pienamente".
Casolari abbandonati
Tra sentieri tortuosi
gravidi di sole
e rocce immobili
sporcate di verde
cammino sola
meditando piano.
Mi osservano
gli occhi neri
dei casolari abbandonati
e divorati dal tempo.
Aleggia
un venticello incerto
che raccoglie nel grembo
l’asfissia del presente
e il loro florido passato.
Dunque che sento?
Grida di bimbi infangati
e nenie di giovani madri
dalle grassocce mani infarinate,
il calpestio degli scarponi logori
dei padri
al lento tornare dai campi
all’addio del giorno,
le voci sagge degli avi
e crepitii di caminetti accesi
nelle sere inclementi d’inverno.
Realtà remote
dalla storia sgretolate
che hanno lasciato un segno
nelle dimore
spente e desolate
che ho davanti…..
nel vento.
Amore giovanile
Se mai seduta in penombra
ti troverai a passare
e mi vedrai
io inizierò a raccontarti
la fiaba di un passerotto
appena volato dal suo nido di piume;
porgi l'orecchio
all'eufonia lontana
di pallide mattine
e sere in un luogo
che nella mia memoria
non ha mai taciuto
come i canti di grilli e cicale
che udivamo nel raduno estivo.
Lo scudieroè morto
e adesso fili d'erba
avresti potuto calpestare,
pensalo quando mi guardi
e mi beffeggi
come la mia paura.
Felicità Un’iride penetrante un sorriso genuino mani che si protendono una luna calante …..e il caldo abbraccio dell’amore. Si ingoia in un secondo come semplice assenza di malinconia e di sofferenza. Il suo segreto….. Non essere.
Solo il piangereè autentico Il bacioè inganno il sorrisoè veleno. Essi si spengono sulle labbra. Solo il piangereè autentico. Amori da niente Una scintilla da feccia accende un fuoco fatuo, come quelli che si vedono di notte nei cimiteri. L’eccitamento vacuo si consuma spegnendosi come candela a un fiato debole debole, rimedio di fortuna per la luce mancante, estinguendosi come papaveri rossi rossi, reclinanti il capo molle in un bicchiere vacante. Dove sono il calore e il colore? Vacillano valetudinari, lasciando sommier deserti quali vestigia profanate da animalesche brame. Reso il tributo a Venere sepolti i sentimenti sotto la cenere, sono scappati via gli attori di questo teatro osceno. Peschereccio Peschereccio rubato alle umide spiagge dagli sfondi neri dei fantasmi marini. Una lanterna: emulazione di appigli nell’esistenza cupa, tra chiaroscuri perversi di quotidiani contorti e sonni esagitati di generazioni infelici. Si perde… Ritorna… Approda. Guizza la vita, mentre gronda il sudore umano: ricompensa cercata tra la malia delle acque impietose. Rimembranze Nelle mie rimembranze disegnano tomboli di stelle argenti ineffabili; scivola via un amore solo assaporato, piagando l’anima muta. Fuochi d’artificio a Ferragosto. Si sono spenti con le nebbie di novembre. L’eloquenza del silenzio Nell’aula vociare sommesso sotto epopee di retorica vuota. Fonema alcuno non han proferito coloro che più d’ogni altro hanno detto. Infanzia Voglio affogare nella mia età d’oro, nemica dell’amarezza e di coloro che la loro infanzia vorrebber rinnegare. Voglio le dita tenere che scompigliavano i mucchetti di tufo sulle case delle formiche e che la mano grande del nonno stringeva affettuosa. Che sfida agli incubi dei miei sogni di bimba! Voglio il nasino delicato che le mani lunghe della nonna afferravano monelle fingendo di strapparlo e che io affondavo nel suo scialle fatto di lana blu. Che profumo di saponetta e di pulito! Ricordare mi procura dolore: quel tempoè ormai andato. E’ eterna l’assenza del passato, ma io ho ancora nelle nari quell’odore. Giuda Giuda. Inferno, Purgatorio o Paradiso… Che importa? Io vedo solo quel Viso che si porse al suo bacio con Amore. Giuda. Quanto di lui s’è detto! Obbedì a un disegno sovrumano invece l’umanità l’ha maledetto e lo condanna per l’errore commesso. Giuda. Se non si fosse appeso ad una corda il Maestro l’avrebbe perdonato; Chi ama a tal punto non si scorda persino di colui che l’ha tradito. Giuda. Attirò su di sé il disprezzo degli amici di quel Cristo abbandonato che egli vendette per un prezzo e che per mezzo di lui a noi S’è dato. Incubo (Sognando le nuvole) Ghiacci statuari e informi gessi duri e compatti, si stagliano contro di me. Impugno un pezzo di diamante appuntito e nettamente ne squarcio il cuore. Sangue scarlatto e caldo stilla dalla mia mano, mentre rimane madida d’acqua, asciutta d’Amore. Il mio Dio libero Sono stanca di incensi fumanti davanti ai feticci della paranoia, di sottane lunghe e nere che sanno del bene e del male, di dogmi stalattitici di riti monotoni di comandamenti abusati di abluzioni endemiche di donnicciole oblunghe o grasse coi talloni consumati dai marmi di luoghi ottusi di confessionali temuti di altari enfatici di sorrisi repressi dalla sacralità elefantiaca amante dei lutti di iuta da tabù formulati e imposti che sanno far tacere le armonie di ipocrisie palesate o appena appena taciute. Io voglio il mio Dio di Amore, il mio Dio Libero! Il sogno infranto Che stupore passeggiare tra la neonata erba del parco affollato, quando tenerissimi si piegavano a sorridermi i salici piangenti e sparite le fiabe mi raccontavo leggende lungi ancora dalla verità crudele e pur piagata l’anima ancora protetta ignorava le atrocità umane cercando le tue carezze giovani e il viso s’imporporava tutto. Adesso i fiori della tua pianta ti circondano dischiudendosi lentamente e io mastico remoti i tempi che furono avviandomi quasi nascostamente a una maturità più piena . Ah! T’avessi trattenuto nel mio castello di sabbia! Forse l’avremmo costruito in pietra. Alla mia guida (A Biagio, mio nonno amatissimo) Tu non abiti oltre questa casa, oltre il tempo che ti ha visto qui esisti. Edè straordinario esserci ancora senza piangere né soffrire. Vedi, siamo riusciti a ingannare la morte stessa che non può sbrindellare legami di corda e roccia adesso mi sei dentro. Piangerti dinanzi a ossa umide che non t’appartengono non ha senso alcuno, il tuo Amore libero si propaga all’infinito. Ti invidio quasi per esserti guadagnata così l’Eternità. Solipsismo Aggrappandomi ancora incerta a una consumata speranza mi allontano salutandoti semplice in apparenza alla tua sortita, s’è sciolto l’incantesimo e in me persistono i perché del solipsismo che nemmeno l’abitudine più sopporta. Verde acquoso di una sera l’iride che ambisce a carpire io rivedo, invece l’apparizione recente la memoria ha gettato in una gora pur compiacendomi di me stessa per non averti ignorato la finzione ignorando. Poche ore ancora e poi Eros famelico ti si dà come te ellittico a chi sebbene ruotandole intorno non incontrerai mai e tradendo ti tradisci. Capelli da demonio intrigante che si burla di putti stupidi noiosi suonatori di ottavini purpurei si scompigliano lunghi durante il viaggio dell’auto puttana che contemplo ferita e sardonica da fuori. All’amo di un pescatore ignoto ha abboccato il pesce goloso che dibattendosi muore mentre il mare sorride sarcastico perché sa cosa perde quel misero. La sediolina (A mio nonno) La sediolina di paglia consunta sulla quale sedevo da bambina ad ascoltar parole di dolcezza che la favola più bella non eguaglia. Ora nonè che oggetto da buttare, dimenticato nella cantina buia; ma per te, se ancora qui, io la riprenderei te la farei vedere e… “Sei contento? Ricordi quando la usavamo insieme?” Non dirmi: ho già capito tutto. Sorridi e teneramente non rispondi.
Uomini come noi
(la tragedia nel sud-est asiatico - dicembre 2004))
Uomini come noi…
quelli,
attori di un film dell'orrore
protagonisti di un incubo
senza la parola "Fine"
né risveglio,
sbranati dalla sorte
che capricciosa li ha scelti
e noi ha risparmiato
lasciandoci sulla bocca
perché errabondi,
e piange il Neonato
lacrime che non cancellano;
Uomini come noi…
quelli,
divi diventati senza sforzo alcuno
quale fio pagano chi può dirlo
quando il male lacera le loro carni
che si mischiano a quelle maleodoranti
degli andati.
Sullo schermo
da telecamere beffarde
facce e macerie
che con un pulsante
abbiamo il potere di cacciare,
noi
che domani ci alzeremo
ancora più megalomani
per aver dato il qualcosa (quello in più),
e sempre più onnipotenti credendoci
non ci chiederemo
perché non a noi
Uomini come loro.
Postriboli Notti deste ai lampioni di città assistono a orgasmi venduti che si ripetono quasi fosse un rituale. I postriboli hanno anch’essi una storia e un’età, ma il godimento effimero è sempre uguale; così il denaro sporco come ai tempi della Maddalena. Urlano le donne sfruttate che non meritano tale sorte feroce un riso di iena.
Fato infame Il geco si aggrappa al muro come l’uomo ai suoi sogni e centinaia di foglie cedono al vento potente come l’uomo a un fato infame e la nave sprofonda nell’oceano come l’uomo nella tomba. Notte di San Silvestro Colme le coppe, come lo sdegno si scontrano frizzanti in un carnevale di scintillii opachi e scollature voraci. Risa, fracassi e spari da Caos primordiale paradossalmente però lo contaminano, scenografie mostruose indegne intrise di follia e stordenti più dello champagne che anche spruzzato addosso non lava le sozzure, mentre un ronzio nel cervello va. Stupro per l’orecchio immolate alla mondanità rintoccano le campane da cui esce la brace dei giorni venturi scottanti pallidi vogliosi. E sia: illudiamoci che un tappo di bottiglia scoppi annientando il sofferto proiettandoci verso un futuro aperto a ogni possibilità. Tramonto Tramonto: ampollosa erubescenza astrale. Agosto Gelide aritmie di giorni infuocati. Tedio quotidiano. Scorrere di notti vane e profonde. Sogni assassini. Eppure Morfeo mi vuole bene: che pace tra le sue braccia! La madre E quando tra cent’anni (o anche meno!?) vagherai lontano col pensiero vedrai la madre che correva alla culla ad ogni accenno di pianto che di fare attenzione ti raccomandava che presto o tardi che fosse sveglia ti aspettava; tu la vedrai lasciarsi alle spalle la giovinezza. E la cercherai. Oh sì che cercherai tra le profonde fosse il ventre che ti nutrì e che ora giace nella nudità; le carni ti faranno male e ti avvolgerà assurdo il riflettere che il Cielo non le concesse l’immortalità. Caducità Mi ubriacano le stelle che giocano l’acqua nella notte silenziosa. Domani io non avrò che l’eco di un momento; e della vita il nulla scivolerà tra le mie dita fragili come polvere avara di profumi. Il mio Natale Accecanti vetrine frastuono di lussi e stranezze e clacson impazziti che gridano insolenti la fretta diabolica spirale di un marasma fatiscente, si consuma così la gioia di carta stracciata dopo la festa che lascia dopo il dunque. Quietamente raccolgo in un fazzoletto di carta stampata il presepe desueto con luci docili e la capanna semplice, spoglia di misfatti e tragedie del disgustoso obbligo dei regali che qui sono poveri portati dai pupi: pianeta di fogli stellati iato col mondo. Visitando i loculi Uomini vigorosi profumati di lavanda e seni prosperosi di donne alla veranda che sguardi acuti e maschi cercavan di carpir. Nei vuoti stretti e lunghi il buio li riveste non mostran più i vestiti di tanto attese feste ma solo una roccia lucida e un lume fioco fioco. Un nome ben inciso legge nei vari visi a volte certo mesti, ma spesso indifferenti; muto esso non giudica, ma se potesse parlar! Incidenti Tregende con bacini ondeggianti come nelle rumbe da sballo volteggiano agli angoli schivi tacendo il quando e il dove, ascoso o forse inesistente il perché. Una forza non scibile ci trascina vessatoria, strappando via le parole dalle labbra che la paura serra. Frasi stantie accompagnano ceste di gesti pietosi innati e senza remore. Non raramente presentimenti taciuti e insondabili precedono vivi gli accadimenti con un nome, ma perpetuamente senza volto. Andiamo verso un ignoto; Volontà Divina o Caso Egli sa e non dice. Amica mia selvaggia Tra gli scogli una buca profonda, e la evitai; e all'orizzonte il cerchio dell'Ovest arancio carico si dileguò poco dopo senza che me ne accorgessi. Così ti elusi "amica mia" selvaggia e venni via da te d'un tratto, ma come un temporale dopo essersi espresso con i suoi tuoni . Chi ora prenderà il tuo incendio per farne una cascata? Obnubilato ricordo Obnubilato ricordo mi si distende accanto e con esso i riflessi argentei dei fari delle strade la sera. Un pianoforte con sordina: il feltro dei martelletti copre soffocante il suono che stento a captare. Non così tu che comprendevi lesto le brame del mio cuore preso a calci. Ora più dubbi non lo macerano e solo l’intelletto pudico rinvia a quegli incontri travagliati e attesi, la tua camicia leggera e semiaperta su un petto cinico e villoso. Noi Noi. Un abisso. Il dispiacere del non dire la distanza da te voluta le risate che andavano a morire. Noi. Logorìo. Superficialità. Incomprensioni. Menefreghismo. Vietato sapere le tue opinioni. Noi. Cosa dire? Un segreto mai saputo. D’altronde nulla mi era dovuto. Cosa fare? Niente. Ormai sei scivolato dalla mente. Noi? Ma perché? Semplicemente io e…mai te. Attimo Attimo. Respiro. Lo afferro:è mio! Lo inspiro fino a riempirmene i polmoni e lo lascio battere in isocronismo col mio muscolo cardiaco. Lo amo sempre e lui mi trasporta ovunque. Attimo: Vita. Attimo: Eternità. Mezzanotte e mezza Domani. Domani sfiorerò col medio l’ala del gabbiano e prenderò una manciata di stelle e le butterò sul capo di mia madre; sarò libera e pur sempre figlia. Domani. Domani ruberò con la mente il mistero del sole e raccoglierò goccioline di pioggia e le porgerò a un chicco di spiga; sarò sapiente e pur sempre umile. Domani. Domani mi innamorerò di me e mi concederò un ballo sgargiante e suonerò i colori della Terra e canterò il pianto del neonato. Mezzanotte e mezza…..Domaniè già! |