Periferia
Si staglia il rombo intenso
Contro il cielo grigio di metallo
Mentre il cieco
Allenta il suo bordone
Austero annaspa
E stenta
E brancola
E vacilla
E in contropelo disfiora
Le pareti ed un passante incerto
Un cane abbaia
E gli risponde
Un vociare sguaiato
Chissà donde?
Chissà in che modo?
Chi ?
Quanto distante?
S’apre un ombrello nero
Un grido umano
Dice nel cellulare qualche verbo
Stare?
Pagare?
Leggere?
Milano?
Sparare a zero?
Senza alcun riserbo
Un ciclista
Tentenna contromano
Il tempo sfila
In questo coacervoCosa vedo dentro i tuoi occhi
Sei qui serena
ed io non posso dirti cosa vedo di te
mentre mi guardi
rapidi occhi aperti
occhi vegliardi
incerti occhi
che non so sopirti
Sguardi sabbiosi di deserti mondi
arsi suoli
assolati di miserie
d’infami guerre
d’ignobili macerie
Dispersi sguardi
sguardi fremebondi
stagni di cielo
verdi di foreste
in processione ai piedi del ghiacciaio
messaggeri di soli
e di tempeste
Non c’è amore
che paghi le tue pupille
profonde cavità
piene di nulla
crateri spenti
zeppi di faville
Pianura
Cos’è questa pianura che si perde inerme
sotto la rotaia molle
La polvere corrosa sulle zolle in quadrati
si mischia al poco verde
Automobili in corsa verso il nulla sospese
nel proscenio indifferente
Un trattore fra i solchi si trastulla
razzola a sbalzi l’airone renitente
Cos’è questa pianura che si perde senza tregua
per l’occhio
per la mente
e per l’ansia improvvisa che ti prende
Sembra infinita verso l’orizzonte
persa nelle foschie
rosa dal niente
che alle frange del sole
si confonde
Ora però fate silenzio
Ora però fate silenzio
Voglio toccare l’universo
La notte mi porterà lassù
E starò immobile ad osservare
I miei sogni
Dispersi
Voglio ordinarli
Catalogarli
Ripercorrerne le pieghe indefinite
Le frasi smarrite
I volti
Definirli quei volti
Una buona volta
I luoghi senza terra
E le mie età
Griderò alle stelle
Ridatemeli il tempo che occorre
Non tornerò più miei cari
Accontentatevi dei ricordi
E vi prego
Non lacrimate perché io sto bene
E amen
Per una amica
Forse sei qui anche tu
Fra le mie cose
Riposta insieme ai versi
O nelle trame
Di vecchi libri
Con gradite prose
Forse sei qui anche tu
Nel mio ciarpame
Zeppo di aspirazioni ormai appassite
Di memorie
Di sogni
Di illusioni
Velleità represse
Sempre ardite
Forse sei qui anche tu
Nelle passioni
Che rinnovano il corpo ormai cadente
Ai richiami del tempo
Negli oblii
Nei luoghi frastagliati della mente
Nelle impazienti fughe
Nei rinvii
Nell’andatura noiosa del presente
Negli eventi felici
Negli addii
Per Eluana Englaro
Potrei anche non parlare
Tacere
Per sempre
Non esistere più
Come un grano di sabbia su una spiaggia
Che non determina l’essere
E la spiaggia
E l’onda che getterà la sua rete
Come un filo d’erba su un prato
Che non determina
Il vento
E l’universo
E lo spavento che ingiallirà le foglie
Potrei anche non pensare
Campane
E sia
Lascerò il corpo inerme
Per la luce
All’albore
Che scruta
Che dissolve il tempo
Illumina
Risolve le cognizioni del sonno
E riconduce ai rumori consueti
Ed alle voci
Un indugio mi prende per la mano
Via lontano
Via lontano
Lontano
Le campane che suonano precoci
Socchiudo gli occhi
In un gesto vano
Cos’è questo travaso
Questo discanto
Questo lento sentire
Questo umano travaglio
Questo ritorno mesto e piano
In un mondo
Di cui non ho rimpianto
Via lontano
Via lontano
Lontano
Solo tu puoi guardare gli occhi miei
Fino alla fine
Scrutarne i desideri
Penetrarmi nel ventre
Aprirmi il cuore
Tacer l’orrendo muscolo
Sfibrarne sentimenti dispersi in un cordame
Ostruire i ventricoli
Succhiare
Nell’inutile ormai sbiadito seme
Legarmi mani e piedi ed affogarmi
Nei tuoi pianti insicuri
Nelle rabbie rapprese
Ed i sarcasmi
E le violente risate
Trascinarmi in un ballo
E dilaniarmi
Puoi tu sola coprirmi le ferite
Fagocitare i membri sparsi
Ed amarmi
Per l’Italia
Mi perdo spesso
Fra i colori smorti e la ragna
Precisa
Razionale
Punteggiata
Dai gradi
Dalle scale
Continenti
Nazioni
Cime
Porti
Ma mi sfuggono nessi e relazioni
Khartoum
Shanghai
Zenith
Nadir
Italia
Al-Mamlaka al-’Arabiya as-sa’udiya
Metropoli
In antipodi
A milioni
Genti che marciano
Verso un posto ignoto
Esseri persi
Dentro un contrappunto
Dite a chi giova
Dite a quale scopo
Ci accalchiamo impazienti in un assunto
Senza un motivo certo
O alcun intento
Siamo qui nell’atlante
In questo punto
Mentre leggo
Ecco ora
Nel silenzio trasferisco me stesso
E lo abbandono
Chiuso nella mia stanza attendo
Muovendo un passo verso l’infinito
Da qui odo voci
Il controluce dei mobili non risalta i dettagli
Le poltrone ricamate di fiori
Paiono assenti
Non dicono di sé
Non descrivono un mondo
La natura è una riserva dispersa
Forse non c’è una lingua universale
Che dia senso
Le mie parole sono solo suono
Il libro di lettura
Una risma di carta impaginata
La prima volta che ho visto il mare
Il deserto si perde
Su calanchi
Disseccati da raffiche
Sferzanti contro gabbiani
Spaesati
Stanchi
Su faraglioni
Spersi
Sciabordanti
Ora lo so
E non mi perdo
Nel ciarpume di confuse visioni
Nel trascorso
Disperso in un probabile barlume
Che non è
Né memoria
Né rimorso
Perché non è
Il fiabesco mare
Di fanciullo impaziente di esistere nel tempo
Né
La trepidazione od il trastullo della mia gioventù
Dell’incoscienza
E’ il sublimarsi della sua presenza
Stalker
Tutto è bianco
La brina ha congelato le stoppie
Costrette a spigolosi steli
Le ossidate ramaglie
Nel fossato
Sono in attesa
A prossimi disgeli
I tralicci disperdono gomene
Nel tempo
Abbordano lividi licheni piloni grigi
Di cemento armato
Io sogno scogli grondanti mareggiate
E’ cielo
O terra
Universo
O creato
Solitudine
O poetico abbandono
Quiete perenne
O effimero tumulto
Riposerò per ora
Nell’attesa della guida perduta
O la sentenza
Che definisca sostanza ed apparenza |