Lamento d'immortalità
Immortale è per chi vuol chiamare
Qualcosa d’insipido, irreale.
Per chi vuol chinarsi
A raccattare
Frammenti di vita non vissuta:
Innamorarsi,
Vivere e creare;
Per chi, deluso,
Vorrebbe infrangersi su altri scogli,
E ammirar qualcuno che si dogli.
Immortale è per la terra e il mare;
Per chi vorrebbe naufragare
Nella felicità ormai perduta.
Per chi rifiuta
L’effimero soffio vitale.
E’ per chi non accetta il dolore,
E nel profondo soffre d’amore.
Per chi ha cercato la purezza
Rifugiandosi nell’amarezza.
Immortale è forse la pietra
E tutto ciò che si sgretola
Senza mutare.
Immortale è per fermo la morte,
L’anima forte,
Il giorno e la notte.
Non l’uomo, non lui.
La sua condanna è diventare,
E la speranza
La sua vita non può quietare.
Nell’epoca del segreto perduto
E’ tutto oro ciò che più risplende;
Ciò che appare scuro non vale niente,
Schernito, deriso come un rifiuto.
Nella società dell’apparenza,
L’Ego è come un ombra nella notte,
Sterminata da una luce sì forte,
Sfarzosamente chiamata bellezza.
In questa società falsa e bugiarda
La verità fa posto al pregiudizio,
Allorché, per quel che mi riguarda,
Vorrei non esser mai nato uomo.
Siamo Uomini…
Né più, né meno.
E nondimeno
Siamo creature,
Non creatori.
Siamo inventori
Di gioie e paure,
Speranze e illusioni,
Sofferenze e passioni.
Siamo Uomini…
E nondimeno
Siam quasi animali.
Ci perdiamo tra i mali
Per istinto ferino.
Per la sopravvivenza
Combattiamo ogni giorno,
E non fa differenza
Se il pasto non è adorno.
Siamo Uomini…
Falsari di bellezza,
In cerca di purezza.
Erranti sognatori,
Sperduti in una terra
Immersa in guerre e orrori,
Celati dagli onori
Di chi non ha compreso
E alla morte s’è arreso.
Siamo Uomini..
Varrebbe a dire
Ipocriti e incoscienti,
Ignoranti e veementi,
Vili e fraudolenti,
Restii a perdonare
E ancor meno a donare.
Siamo inguaribilmente
Ambiziosi, indubbiamente.
Che dire, sono un uomo;
Ho un cuore e ragiono.
Eppure, in questo mondo,
Qualcuno, nel profondo,
Parla d’amore,
E, stranamente,
Non ne ha il terrore.
Caro Me, ho sedici anni
E, come puoi ben notare,
Sono dolceamaramente intrappolato
Nel profondo abisso adolescenziale.
Allorché mi potresti spiegare
Con semplici ma chiare parole,
Perché mi sento vecchio cent’anni?
Sono nel Fiore adolescenziale,
Ma lo son solo nella mia carne.
E mentre gli altri, allegramente,
Rincorrono e calciano un pallone,
Io, solo, sto dinanzi a un portone,
Assorto nei miei buffi pensieri,
Chiedendomi se potessi essere,
un giorno, come Socrate,
E non temere così la morte,
Mentre altri, in assoluta frenesia
Si prendevano a botte…
E ancor solo, dinanzi al portone
Portavo gli occhi al cielo distante
E, dopo un lieve respiro,
Mi pareva di volare.
Caro Me, ti scrivo perché
Oggi, mio caro compagno,
Ho scelto la Via Spirituale;
La guida della Ragione;
L’armonia del Silenzio.
Oggi, mio caro amico,
Ho scelto il percorso del guerriero,
Ambiguo, mortale e incosciente.
Ho scelto come compagni
Il libro, l’inchiostro e la spada.
Oggi è iniziata la mia ricerca,
Che viaggia indomita tra le Virtù,
Che si perde nella dolce Essenza.
Per arrivare dove, mi chiedi?
Caro mio, per arrivare all’Esistenza!
Mi perdo nel mio essere,
Cercando in esso una ragione.
Mi dissolvo a sprazzi in un mare
Che sa un pò d’amore e un pò di sale.
Finalmente apro gli occhi:
Ancor sono dinanzi al portone.
Il Tempo è un vago pensiero
Eternamente effimero,
In ogni attimo morente.
Il Passato non è altro
Che un groviglio di eventi
Scritti in un confuso libro
Ormai perso per sempre.
Il futuro è il ritratto
Dei nostri desideri,
Onirica visione
D’una dolce speranza.
Il presente è un soffio iracondo;
Attimo fuggevole
Che trascende l’eterno.
Percepisco la vita
Come un gioco tra opposti,
E non è manichèo il mio pensiero,
Poiché esso è libero da imposizioni.
E se vi fossero varie fazioni
Unite da una lotta sempiterna,
Che si sfaldano nella loro essenza,
Trascinate dall’impeto del Tempo.
E se l’aria fosse acqua
E se l’acqua fosse terra.
Se il vento si perdesse
In una fiammata baluginante.
Se la notte ospitasse il nuovo Sole
E la Luna annunciasse il nuovo giorno.
Se la pioggia fosse il mio freddo pianto
E le nuvole il mio letto di cera.
Se solo i fiori prendessero parola
Mentre il fiume s’innalza verso il cielo.
Se il bosco fosse un mare di smeraldo
E il monte fosse tenue come nebbia.
Se la mia anima si dissolvesse
Nell’archetipo della felicità.
Se il mio cuore potesse esprimersi
Nel tempio inesplorato della verità.
Immutabili Equilibri vitali
Che scandite il tempo dell’esistenza,
Vi imploro, anche per un solo momento,
Di muovere tutto ciò che è fermo.
Il Guerriero senza spada
I - Il sogno di un bambino
La guerra s’avvicina;
E i guerrieri son pronti;
Cremisi è la bandiera
Che sventola alta e fiera
Sulla torre, sulla torre
Dove il cielo è in tempesta.
Ma il tempo s’arresta
Dove il Sole è oscurato;
Dove il vento è si secco
Che non trabocca un fiato.
Lontano, tanto lontano;
In una terra sperduta;
Nel cuore d’un bambino
Fioriva un desiderio.
Figlio d’un contadino,
Schiavo della terra incolta,
Compagno della fatica
Ma padrone del destino.
Nel calore dei campi
Viveva il suo tempo;
Così fino al meriggio,
E poi a giocar sì contento.
Finché disse allegramente:
“Vorrei dirvi miei cari
Cosa vi è nella mia mente.
Non c’è altro a cui aspiri
Che diventar guerriero
Per difendere la gente”.
La madre accennò un sorriso,
Poi disse gentilmente:
“Se vai a morir da solo
Chi ci aiuterà a lavoro?”.
Disse il padre severo:
“Il tuo sogno è invero
Un capriccio e altro niente;
Lavorare è il tuo destino”.
Detto questo se ne andò
Parlando inutilmente.
La notte tanto scura,
porta seco le lacrime
Di chi non ha paura
Del suo destino infame.
E’ mattino è mattino!
Il Sole illumina i campi;
La lieve rugiada è fresca
E rende l’erba un cuscino;
Ma davvero il bambino
I suoi campi mai più vedrà;
E’ fuggito, se n’è andato;
Nei campi mai più verrà.
Vaga nella selva
Senza meta né rifugio;
Un pensiero fisso in mente:
“Son partito inutilmente?”;
Ma lui, dal cuore forte
Non s’arresta al primo indugio.
Incontrò un alto uomo,
Nel fitto bosco errando;
Ora, in cuor suo pregando
Che non fosse un malandrino.
“Che ci fa un contadino”,
Disse con mellifluo tono
“Sì piccolo e indifeso
Nella selva, di mattino,
Credendo d’esser illeso?”;
Poi sorrise benigno.
“Sono un povero bambino”,
Disse timidamente
“Scampato al suo destino
E illuso eternamente.
Questo io sono tristemente
E forse sarò sempre.
Ma dimmi gentil signore,
Vuoi forse farmi del male?”
“Vi è male nelle parole?”,
Rispose egli sorridendo
“Non ve n’è alcuno, spero
O non ti starei ascoltando.
Se sei schiavo del destino
Vieni con me, bambino”.
Sfiducia maledetta;
Non sempre in ogni cuore,
In ogni anima sì detta,
C’è del male e non amore.
E il bambino diede ascolto
Al suo pensiero profondo;
Perché l’uomo in fondo in fondo
Gli assomigliava molto:
Desideroso e contento;
Gentile molto, e sincero;
Nel suo volto alcun rimpianto;
Lo sguardo d’un guerriero;
L’aspetto dell’amico;
L’amico, quello vero.
“Dimmi caro bambino,
Qual è il tuo desiderio;
Cosa vuoi far davvero?”.
I suoi occhi brillarono,
Quando infine riuscì a dire:
“Il guerriero è il mio sogno;
E’ questo il mio volere;
Questo è ciò a cui agogno”.
“Bada: Quello del guerriero
E’ il più triste sentiero”,
Disse malinconico.
“Non avrai pace alcuna
E implorerai la fortuna
Di morire indomito”.
Tanto fiero era il suo cuore
Da non capire il terrore;
Tanto ferrea volontà
Da non comprendere pietà.
“Signore, so d’esser pronto;
sarò solo e vagabondo;
Sarò felice, in compagnia;
Sarò orgoglioso e sfrontato;
Gentile e raffinato;
Rude, ma dal cuor leggero;
Sarò un compagno vero;
Sia quel ch’è giusto che sia;
Ma prometto a me stesso
Che diverrò un guerriero”.
“Se questo vuoi, t’insegnerò io
Che son solo da tempo”,
Disse quasi lacrimando.
“Ora sono il tuo tutore,
E mi preme sapere,
Se possibile, il tuo nome”.
“Sono Imuel, signore
E Imuel è il mio nome”.
“Addestrerò il tuo corpo;
Alleverò la tua mente;
Ti renderò il più gentile;
Ma non dimenticare
Che la forza non è niente
Se non ci metti il cuore”.
E’ così che il loro fato
S’intrecciò inevitabilmente;
E’ così che il suo voto
Prese vita lentamente.
II - Il Soffio della morte
Le foglie son rossastre;
Cadenti come lacrime
Accompagnate dal vento
Che irrompe dal mare.
“Maestro, oggi è il grande giorno”,
Disse il ragazzo ansioso.
“Non esser così giocondo,
Imuel, caro figliolo.
La guerra può esser un gioco
Molto pericoloso”.
“La guerra è così crudele,
Questo lo so per certo”,
Disse chinando il capo;
“Caro maestro mio
Mi avete insegnato molto,
E per ciò vi son grato;
Ma a me stesso ho giurato
Che cambierò il mio destino”.
“Si uccide nel nome di dio;
Rosso, il sangue sulle lame;
La nostra vita si spegne
In un attimo infame:
Questo è il gioco della guerra,
Senza pietà né pudore.”
“T’ho insegnato il rispetto;
Il tuo braccio ho guidato;
Ora, la lama hai impugnato;
Usala con diletto”.
Svetta il monte nel cielo;
La bruma è rigogliosa,
Come un piccolo velo
Dal tessuto di rosa.
La pianura è silenziosa;
Non il canto di un uccello;
Non il sibilo del vento.
Tutto è in preda a un sonno eterno;
Tutto è effimero e spento.
E’ l’inizio o la fine?
Distante, si ode un frastuono;
Il corno, il grande corno
Riecheggia sì spietato:
Arriva il nemico odiato.
Navi percorrono i flutti;
Salgono il colle gli arcieri;
Eserciti schierati.
Ora vive l’incubo di ieri.
Imuel aveva paura;
Le mani tremavano
Sull’elsa tintinnante.
Il terrore della morte
Gli si leggeva in viso;
Ma lo teneva invano.
“Orsù caro, fatti forza!
Anche il coraggio è paura;
Ma esso è la via sicura
Per uscire dalla morsa”.
Nella mente la sua voce;
Il maestro lo incitava.
Non poteva ignorare
Quel che in mente risuonava.
Volteggiò la sua spada
Nelle schiere nemiche,
Infrangendo le vite
Di quell’odiata gente.
Il suo cuore era ardente
E la sua lama tagliente.
Quei momenti eran freddi;
La ragione abbandonata
Per far posto alla spada.
Era l’ira a dominare.
Una guerra immotivata,
Come tutte del resto,
Ma a parlar si fa sì presto
Per chi l’ha dimenticata.
Quando il sole s’innalzò
La piana era di rosso
Infestata e dipinta.
Erano sparse le ossa
Senza onore e senza fossa.
Il calore asciugò il pianto.
Tanti videro la luce
Sfumare nella notte;
Verso un destino truce
Che porta dritto alla morte.
Poi una sensazione;
Come un fremito maligno,
Un’infausta percezione,
Come un sinistro ghigno.
Il maestro giaceva a terra,
Sofferente alle sue spalle.
Sempre aveva protetto
Lui, Ragazzo incosciente.
Sanguinante, gemeva;
Eppure sorrideva.
“Prode guerriero, figlio mio”,
Disse pian piano ansimando.
“Devi guardarti alle spalle
Se la vita ti preme;
Non solamente la speme,
Né l’illusione di dio
Ti potranno salvare.
“Maestro, non mi puoi lasciare;
Io non saprei cosa fare
Senza te e il tuo consiglio.”
No, non mi fraintendere;
Sono solo un povero egoista,
Poiché se tu morissi
Null’altro potrei perdere”.
Lacrima che bagna il viso;
Si spegne il bel sorriso.
Egli andò contro la sorte;
Contro il soffio della morte.
III - La scelta
Quest’oggi la terra geme;
E presto la tempesta
Un diluvio diviene.
Fulmini baluginanti;
Frastuoni martellanti;
Ora è il cielo che fa festa.
Le nubi invocaron pioggia,
E la pioggia si mostrò;
Si confuse con il sangue
Che l’intera piana irrigò.
Imuel sollevò il manto
Logorato dalla guerra;
Per sempre quella terra
Per lui sarà un rimpianto.
Atroce è il suo destino;
Solitario il suo cammino.
L’amico della vita
Dissolto nell’eterno.
Adesso comprendeva:
Un vincitore o un vinto
Di certo non esisteva.
La guerra è solo un ciclo;
Come un insensato canto
Da sofferenze affranto.
Il passato si ripete,
Infrangendo la quiete
Che si sparge in frammenti
Così fragili e distanti.
“E’ stata forse vana
La mia ferma promessa?
Come il mar che s’allontana
Dall’incerto orizzonte.
L’orizzonte che mai vedrò
E il voto che mai compirò.
Sarò sempre incatenato
Al mio sempiterno odio;
Imperituro rancore
Che spargerà il suo fiore.
Giammai a te mi prostrerò.
Sarò avvolto dal pianto;
Trafitto dal metallo;
Pian piano mi dissanguerò
Sull’incolto terreno.
Che sia bestemmia il mio nome;
Accada che il mio spirito
Mai conosca redenzione.
M’accada tutto questo
E ben altro subirò
Ma al destino mai cederò.
E poco importa il resto;
Che la morte mi prenda
Ma non mi ghiaccerà il cuore”.
La forza di volontà è la speme,
E quando il cuor ti preme
Saprai che anche il dolore
Col passar del tempo muore.
La guerra s’avvicina;
E i guerrieri son pronti;
Cremisi è la bandiera
Che sventola alta e fiera
Sulla torre, sulla torre
Dove il cielo è in tempesta.
Ma il tempo s’arresta
Dove il Sole è oscurato;
Dove il vento è si secco
Che non trabocca un fiato.
La torre s’erge infuocata.
Le fiamme del rancore
Bruciano al ciel sfavillante.
E’ giunta l’ora beata
Dalla dolceamara certezza
D’un destino inquietante.
Il tuono ruppe la quiete
E la speranza con essa.
Imuel avanzò deciso
Lungo l’irto sentiero
Che porta alla torre.
Si ode il fiume che scorre
E con il suo dolce fruscio
Rincuora chi è ferito.
Voci del mio pensiero,
Cantate la melodia
Che racconta il mondo vero,
Dove non v’è prigionia.
Ogni passo che incalzava
Segnava il suo cammino.
Ogni attimo che passava
Era preda del destino.
S’offuscò l’orizzonte
In un confuso grigiore
Che lambì la tempesta.
Era la via del terrore,
Dove una strana figura
Si ergeva nel pallore.
“E’ sì ardente il tuo volere”,
disse il sinistro signore
“Da venire al mio cospetto;
O è forse follia la tua
Che guida il passo impudente?”
Non son qui per la mia vita,
Ma per quella della gente.
E’ tempo che sia finita
Quest’insensata guerra”.
Il signore fece un ghigno,
Poi si sollevò dal trono.
“Ti sembrerò maligno
Ma non in questo modo
Avrai il mio perdono”.
Il perdono non mi preme.
La pace è ciò a cui agogno;
Perciò vorrei che insieme
Realizzassimo il mio sogno”.
“Se è la pace che tu vuoi,
Questo è ciò che ti propongo:
Sfida il mio grande guerriero
E otterrai fiducia da noi”.
“Son solo come una volta;
Di morire non m’importa.
Che cessi la sofferenza
Di quest’insulsa esistenza.
Accetto dunque la sfida
Che cambierà la mia sorte”.
Il grande guerriero era alto
E dal fisico possente.
Impugnava una scure
Dalla lama rovente.
Gli occhi eran neri abissi;
Un pozzo di rancore.
Iniziava la sfida
Voluta dal signore.
Fu Imuel ad avere la meglio.
La punta scintillante
Della sua cara spada
Rivolta verso il collo
Del guerriero noncurante.
La fredda lama tagliente
Si frapponeva alla sorte.
A un passo dalla morte
Il gran guerriero ansimava;
Del resto non si curava.
Imuel posò il suo sguardo
Sul guerriero sofferente,
e con aria di riguardo
Ripose l’arma scalpitante
Che tintinnò, gemendo,
Sul suolo insanguinato.
“Lo scontro è terminato
E questo è il risultato.
Mantieni la promessa
O che tu sia dannato”.
“Riprendi la tua spada
E finisci il mio guerriero.
Voglio vedere il suo sangue
Scorrere sul terreno.
Non merita il perdono
Chi dalla vile sconfitta
E’ calpestato e umiliato.
Prendi dunque la sua vita”
Oh giovane e generoso
Imuel, dal cuor pietoso!
Dinanzi a te c’è un bivio
Costellato d’incertezza
E ornato di fermezza.
E’ il momento della scelta.
Azzurrini eran gli occhi
E pallido il triste volto;
Fermezza e volontà a fiotti;
Felice il dolce ricordo.
Il ricordo del maestro
Risiedeva nel suo cuore,
Ora, tornava con amore
Dalle immortali terre.
Come un eco le sue parole
Portavano consiglio;
Il suo fuoco vermiglio
Ardeva nello spirito
Dalla guerra ferito:
Rinato dalle ceneri.
“Ho rinunciato alla spada
Ma non al mio giuramento,
Ed è ora mio intento
Fuggir dalla guerra ingrata”.
Il nemico signore
Irruppe d’ira funesta;
Sfoderò la sua lama
E decapitò la testa
Del suo fido guerriero.
“Ebbene ora morrai
Trafitto dal mio metallo”.
Così il signore con viltà
Trafisse Imuel, il giovane,
Ponendo fine al suo sogno.
Cremisi è la bandiera;
E cremisi fu la scelta
Così insensata e fiera
Che segnò la sua vita.
Non fu vana la sua morte:
Ora la gente invocava
E in bel coro acclamava
Imuel dalla triste sorte.
Il popolo si ribellava
E il suo nome risuonava
Fin Su i colli e nella strada:
Il Guerriero senza Spada.
Inverno
Or fuggente ed effimero
Affabile compagno.
Tristemente morente
Quando vien la Rossa Stella.
Nel tuo azzurrino manto
Mi specchio allegramente
E dolcemente un brivido
M’accarezza la pelle.
Celestini son i tuoi occhi
E candido il tuo abito.
Ah il tuo bell’abito!
Ornato di ramoscelli
Che scricchiolano al vento;
Punzecchiato d’alberelli
Coronati da neve
Argentea e splendente.
Grigio nel crepuscolo
E’ il cielo sconfinato;
Grigia è la nebbiolina
Nel firmamento stellato.
Notte fredda e accogliente
Che libera i pensieri
Da quel sonno perenne,
Dal gelido presente.
Odore di pino
Nel paesaggio silvestre.
Graziose foglie d’avorio
Dal finimento ambrato;
Piccoli arbusti intrecciati
Oltre la siepe pungente.
Il ruscello è uno specchio
Dall’incantevole riflesso.
Canta la Luna beata,
Lì, nel suo giaciglio d’ombra.
Mi chiama, odo la sua voce;
Triste melodia d’amore
Nella solitaria notte.
Percorro il soffice sentiero
Verso la soglia della fine,
Perso nel candido abbraccio. |