Racconti di Marco Casalboni


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Monologo
Aspettavo l'autobus alla fermata di fronte casa mia. Era inverno e un gelido
vento spirava tra le fronde degli alberi. Erano già venti minuti che
aspettavo, ma l'autobus ancora non arrivava. Così decisi di sedermi su
quella fredda panca, sulla quale c'era ancora del gelo. Si fecero le sette e
ormai mi aspettavo di vedere l'alba. Ero solo, un pò triste e malinconico,
così aprii lo zaino, presi il mio lettore CD e i miei appunti. Non feci in
tempo ad accendere il lettore che l'autobus arrivò. Mi alzai dalla panchina
e salii sul pullman. C'era altra gente ma, per fortuna, c'era un posticino
solo e isolato per me e i miei pensieri. Mi sedetti, accesi il lettore e
sfogliai il mio blocchetto. Era ancora buio, e tra una canzone e l'altra,
ascoltavo la quiete che c'era, disturbata solo dal rumore del motore.
Continuando a leggere, cominciai a pensare a una ragazza. la sua dolce
presenza talvolta dominava i miei pensieri. Tra una fermata e l'altra, i
pensieri su di lei divennero sempre più profondi, e immerso tra di essi e la
mia musica, mi abbandonai al sonno. Ad un tratto mi accorsi che l'autobus si
fermava. Il mio lettore era spento, e i movimenti e il parlottio delle
persone attorno a me, mi fecero prendere coscienza di essere sveglio. Ancora
un pò assonnato, mi accinsi ad arrotolare gli auricolari attorno al lettore,
ma poi vidi la sagoma di una persona che si avvicinava. Non ci badai molto
all'inizio, ma poi, quando si sedette nel posto davanti al mio e iniziò a
parlare, mi accorsi che era lei... A un tratto si girò e ci salutammo. Avevo
una voglia matta di parlarle ma, non sapendo cosa dirle, tornai ad ascoltare
i miei pensieri. In tanti dicono: "se desideri una cosa con tutte le tue
forze, questa cosa succederà". Beh, io volevo un amico, ma poi ho perso
tutte le persone che mi parlavano. Desideravo avere una ragazza al mio
fianco, con la quale dividere tutti i momenti più belli della vita, ma ho
solo trovato un mucchio di persone insensibili, alle quali non importa come
mi senta, le quali non sanno che un ragazzo può piangere, che anche un
ragazzo possa desiderare solo amore dalla ragazza che gli sta più a cuore.
Con poco spreco di tempo si riesce a capire la naturale superficialità delle
persone. Intorno a me è pieno di persone che non hanno voglia di aiutare gli
oppressi, che non hanno orecchie per ascoltare chi soffre, che per assurdità
odiano chi vuole loro del bene. Poi però ho conosciuto quella ragazza... Ha
un cuore grande, che ha spazio anche per me e i miei problemi. Forse conosco
un angelo, un angelo venuto dal cielo per illuminarmi la giusta via ogni
volta che vago nel buio, che mi aiuta a rialzarmi ogni volta che cado a
terra. Lei non è di questo mondo, perchè nessuno si era mai fermato da me
per ascoltare i miei problemi. Un giorno mi scrisse cosa pensa lei del
mondo, e in quelle parole trovai mille verità, mille idee giuste che non
consideravo neppure. Così, illuminato dalle sue parole, provai io stesso a
pensare a cosa vale per me questo mondo... Sono giunto a un orrendo stato di
cose... mi sono disgustato, quando ho pensato a tutti coloro che fanno del
male alle persone umili e buone, alle persone che danno tutte sè stesse per
aiutare coloro che hanno bisogno. Ho provato odio verso me stesso, sapendo
di appartenere alla stessa razza degli egoisti, dei terroristi, di tutti
coloro che non riescono a vedere oltre la superficialità delle cose. E'
questo che mi fa arrabbiare, che mi fa avere disprezzo del mondo, della
vita, delle divinità che promettono, ma non mantengono, che non fanno
niente, nonostante sotto i loro occhi avvenga questo orrore. La storia del
mondo esprime l'egoismo che accomuna tutte le persone. La nostra Terra, è
fonte di sofferenza, e dalle sue sorgenti sgorgano lacrime amare. Tutti
cercano di opprimere tutti, nelle proprie vite, ferendo il prossimo, per
arrivare a vivere a scapito dei sentimenti e delle vite di altre persone. In
pochi si preoccupano di quello che una persona fragile e debole abbia
bisogno per vivere, per sentirsi come essa considera gli altri: normale. In
essa domina il dubbio, il suo cuore piange ogni volta che si sente sola e
abbandonata. Ad essa viene privata ogni speranza, ogni desiderio. Il sogno
della vita per una persona sola, è irrealizzabile in questo mondo, per via
di credenze e persone insensibili. Pochi al mondo, comprendono queste
parole, ma messi insieme, devono contrastare e vincere la forza del male. Il
male non è imposto da un'entità, bensì ciò che la nostra mente giudica. E'
uno stato di cose. Il male è soggettivo, è qualcosa che se arrivasse al
cuore di una persona, le farebbe capire quanto sia disgustoso, perverso e
ingiusto quello stato di cose. E' questo, quello che penso del mondo. Dire
"mondo" equivale a dire "male". Per questo, *****, dico che tu sei un angelo
venuto dal cielo... Tu non sei di questo mondo. Sei sola, proprio come me...
Anzi, io non sono più solo, perchè ti ho trovata, e combatterò tutto il male
che incomberà prima nella tua vita, poi nella mia. Sento una voce... Forse è
frutto di questo mondo in rovina. Vuole qualcosa di più, quando già non
crede a quanto sia fantastico quello che ha... Vedi, questa vocina, viene
dal mio cuore, e dice che si vuole unire al tuo... per sempre.

… stavo guardando la tv seduto sulla poltrona, quando improvvisamente il trillo insistente del telefono mi svegliò. Erano le tre di notte. Chi mi stava chiamando a quell’ora? E io mi ero addormentato. Con la tele accesa. Ero messo proprio male. Non avevo più un amico, la ragazza mi aveva lasciato. Ero veramente triste. Il telefono squillava. Ripresi il controllo di me stesso:

«Oh, dannazione! Chi è che rompe a quest’ora!»

Alzai la cornetta e la avvicinai all’orecchio sinistro. La mia voce era roca, il tono, triste:

«Pronto»

Non rispondeva nessuno.

«Senti brutto imbecille, se è uno scherzo vedi un po’ di andare a farti friggere. E che diavolo sono le tre di notte! Sono stanco, triste. L’ultima cosa della quale ho bisogno sono i tuoi scherzi idioti. »

Inutile, il telefono era muto.

«Ma dannazione! Va a dormire!»

Ero in procinto di riporre la cornetta, quando sentii una voce. Era lei:

«Chiara! Cosa fai ancora sveglia alle tre di notte?!»

«Marco non sapevo chi chiamare. Scusami se ti disturbo ma ho bisogno di parlare con qualcuno»

«Ehi, non ti preoccupare. Mi fa piacere sentire la tua voce»

«Sei sicuro che non disturbo?»

«Tranquilla. Mi hai svegliato, è vero, ma mi ero addormentato sul divano. Poi hai bisogno di parlare con qualcuno, giusto?»

«Beh, si…»

«Allora non farti scrupoli. Per te ci sono sempre»

«… Non so davvero come ringraziarti. Sei sempre così carino con me»

Tra parentesi… lei è una mia “amica”. Uffa. Io farei tutto per lei. Bè, ci sono dei sentimenti dietro a questo. Soltanto che lei non li ha mai capiti. Fatto sta che adesso sono disposto a fare tutto per lei, senza rinfacciarle niente. Burattino? No, direi… innamorato.

«Marco, ci sei ancora?»

«Ehm, si, si sono qui. Comunque non ti sentire in colpa. Lo faccio volentieri»

«…»

«Ma vuoi parlarmi qui, al telefono?»

«Ehm, no, forse è meglio incontrarci, se te sei d’accordo»

«Ti ho detto di non farti scrupoli» le dissi con tono rassicurante «Incontriamoci dove vuoi»

«Facciamo in piazza?»

«Come vuoi! Tanto a quest’ora non ci sarà nessuno… Solo il tempo di rendermi presentabile, ok?»

«D’accordo. Ti aspetto. Ah, Marco…»

«Sì?»

«Grazie…»

Neanche il tempo di dirle ancora una volta che lo facevo volentieri, che chiuse.

«Ancora con questo graz… dannazione. Ha chiuso. Mmh. Forse è meglio. Mi sarei ripetuto» Riappesi la cornetta. «Ok, adesso devo solo pettinarmi» Accesi la musica, anche se ci avrei messo meno di cinque minuti. Io non faccio niente senza musica. Poi mi dovevo dare una svegliata, no? Mentre mi pettinavo, pensavo alle tante volte nelle quali ci siamo incontrati, ma ogni volta era un’esperienza nuova. Che bello. La vedevo ancora.

«Perfetto» spensi la luce e uscii dal bagno. «Ora devo trovare le chiavi e… azz! Lo stereo!!!» Avevo scordato la mia tristezza. Che ragazza magica. Trovai le chiavi. Spensi lo stereo e uscii. Pochi minuti dopo, mi trovai in piazza. Eccola. Sotto il lampione. Mi aspettava in piedi. Quanto era bella… non sono molto bravo a descrivere le caratteristiche fisiche di una bella ragazza. Ma mi attraeva. Sapevo esattamente che mi piaceva più di ogni altra, ma non sapevo spiegarmi il perché. Beh, sinceramente non volevo saperlo. Mi vide, e mi salutò. Portava dei jeans neri, una maglia bianca con sopra una giacca di jeans, un cerchio nei capelli. Non mi importava di come era vestita. Tanto per me era bella anche con la faccia coperta e un impermeabile. Mentre il mio cuore mandava scariche di sentimento a tutto il corpo, mi avvicinavo a lei. Eccomi, ero arrivato. La salutai. Non ero uno di quelli che si facevano problemi su come salutare una bella ragazza. Dicevo semplicemente…

«Ciao»

«Ciao Marco»

Si fece leggermente timida. Io lo ero sempre stato. Ma le parole mi uscivano lo stesso:

«Ti vuoi sedere?»

«Come preferisci…»

La feci sedere. Era incredibile, tutto quello che toccava si rendeva bellissimo ai miei occhi. Peccato che io non lo ero altrettanto per i suoi.

«Eccoci… Allora… Di cosa volevi parlarmi?»

«Beh, vedi… ci sono tante cose che non vanno come voglio… ma stanotte…» Distolse lo sguardo e lo rivolse a terra. «Vedi, stanotte…» La guardai più attentamente. Misi un ginocchio sulla panchina. «Stanotte avevo solo voglia di vederti…» Mi volse le spalle. Si sentiva in colpa. Io ero rimasto un po’ stupito. Non trovai subito le parole giuste da dirle:

«…»

Si alzò, sempre con le spalle volte a me. Avvicinò una mano al viso. Forse stava piangendo. Mi diedi dello stupido per non averla fatta sentire a suo agio, poi mi alzai. Mi avvicinai a lei. L’abbracciai e le accarezzai i capelli. Non piangeva ma stava male.

«Ehi, dai riprenditi. Non è successo niente. Sono qui»

Non mi aveva chiamato solo per vedermi… forse ciò che doveva dirmi, la feriva.

«Marco, scusami per il mio egoismo…»

«Ma che egoismo… Sono venuto qui per te»

Le sorrisi. Lei si asciugò le lacrime e ci sedemmo nuovamente.

«Probabilmente ciò che ti tieni dentro ti fa male. Ma se te ne vuoi liberare, devi parlarne con qualcuno»

«Ma io…»
«Chiara, non avresti pianto…»

«Ok, scusami. Io ti ho chiamato anche per parlare»

«Allora… cosa ti turba?»

«Simone… ci siamo lasciati»

Ah, già, il suo ragazzo. Dannato. Me l’aveva portata via. Ci stetti male quel giorno. Ma cercai di sopprimere momentaneamente quel dolore e di comprendere la situazione. Ora non mi importava che si erano lasciati, mi importava che ci stava male lei.

«Acc… come mai?»

«… S’è trovato un’altra»

«Ecco. Il solito stupido che non capisce quanto sei speciale»

Stava piangendo. Le misi un braccio attorno al collo e la avvicinai a me. Non sapevo cosa dire.

«Chiara, non posso capire quanto ci stai male in questo momento, ma posso immaginarlo. E vorrei tanto sbagliarmi… quello che immagino è un dolore che non fa dormire la notte, che ti impedisce di distogliere i tuoi pensieri da esso, che reprime la felicità…»

Mi strinse. In quel momento persi il filo del discorso e balbettai un po’.

«E… e… oh, Chiara, non ce la faccio a vederti così…»

Si asciugò le lacrime. Riprese a parlare:

«Marco è già tanto quello che hai fatto per me, questa sera. L’ultima cosa che devi fare è stare male per me…»

«Ma non posso non pensare a me stesso, quando una persona vicino a me sta male»

«…»

«Chiara, io ti voglio ridare il sorriso. Potrei dirti di dimenticarlo, di non pensarci, di non starci più male. Ma so che adesso è impossibile. Perciò… non so cosa fare»

«…»

«Per ridarti il sorriso starei qui tutta la notte con te. Starei sempre zitto se vuoi che non parli. Ti terrò sempre stretta se vuoi la mia compagnia… Ti…»

Mi guardava. Persi nuovamente il filo del discorso.

«Dannazione, adesso non so più cosa dire»

«Marco, lo senti? Senti questo silenzio?»

«…»

«E’ il silenzio del vento. Imitiamolo»

«Ma…»

«Shhh…»

Chiuse gli occhi. Si addormentò. Io non provai nemmeno a prendere sonno. Il mio compito era vegliare su di lei. Era caldo, perciò non dovevo neanche preoccuparmi di tenerla calda… Dovevo solo tenerla abbracciata a me. Finchè non si fosse svegliata. Passò circa un’ora. Si svegliò lentamente. Mi guardò.

«Marco, sei ancora qui?»

Sorridendo le dissi: «E che credevi, che ti avrei lasciata qui, da sola?»

Sorrise. Le sussurrai:

«Ti è tornato il sorriso»

«Già. Ce l’hai fatta»

Sorrisi. Era quasi l’alba.

«Adesso però devi tornare a casa»

«D’accordo. Mi accompagni?»

«C’è da chiederlo?»

Sorrise. Ci alzammo. Facemmo due passi e subito mi diede la mano. Wow. Questa volta ero soddisfatto di me. La accompagnai in silenzio a casa. Aprì il cancello. La fermai. Le dissi:

«Non so mai cosa dire quando devo salutare una persona, se non è sufficiente un “ciao”»

«Mi basta quello. Marco, grazie di tutto»

Mi salutò con la mano. Mi girai.

«Ah, Marco…»

Mi girai nuovamente. Si stava avvicinando. La aspettai. Avvicinò il viso a me. Le sue soffici labbra toccarono le mie. Chiusi gli occhi. Il cuore mi batteva a mille. Quando li riaprii, si stava girando.

«Ciao…»

Andò in casa e io rimasi lì, fermo. Non pensavo a niente. Ero completamente in trans. Quando mi ripresi, le prime luci dell’alba stavano bucando il cielo. Tornai a casa con il sorriso sulle labbra.

Mi stesi sul letto, non per dormire. Incrociai le mani e le misi sotto la testa. Avevo lo sguardo felice. Stetti lì per circa un’ora. Quando finalmente mi ripresi, alzai la serranda e stetti a guardare il paesaggio che si mostrava davanti la finestra della mia camera. Pensavo a lei… pensavo a quanto sarebbe bello guardarlo insieme. Abbracciati. Mi ripresi dopo qualche secondo. Andai in cucina per prepararmi la colazione. È inutile, continuavo a pensare a quel bacio. Già, niente di speciale, ma era da così tanto che lo sognavo, che, quando finalmente è arrivato, mi è sembrato… unico.

«Non lo so… forse, se troverò il coraggio, la telefono oggi…»

«Già, ma se poi dorme? Dannazione non lo so proprio» Dissi, mentre sorseggiavo del latte.

Con questa indecisione, mi stesi sulla poltrona e cercai di “congelare” i pensieri guardando un po’ di tv. Stetti tutta la mattina su quella poltrona. Quando mi alzai, era quasi ora di pranzo. Non avevo fame, volevo vederla… volevo sentirla, sentire come stava.

«Basta, la chiamo!»

Alzai la cornetta, stavo per comporre il numero. Mi tremavano le mani, ma composi il numero. Era libero. Dopo i primi tre squilli avevo già perso il coraggio. Ero in procinto di chiudere, quando mi rispose… Dannazione, cosa le avrei detto?

«Pronto?»

«Ehm, ciao Chiara, sono Marco…» Aspettai un po’

«Ah ciao Marco!» Sembrava felice, così ripresi un po’ di coraggio.

«Come stai? Ti sei riposata bene?» Mi diedi un pugno su una gamba.

«Va tutto bene! Se mi sono riposata? Ma era già l’alba!»

«Sì infatti io non sono riuscito a prendere sonno» Avevo paura della sua contro-domanda. Rise. Ci furono alcuni attimi di silenzio, che a me sembravano non finire mai. Non sapevo più cosa dire… Si fece avanti lei:

«Marco volevo ancora ringraziarti per ieri sera…» Per fortuna sapevo cosa rispondere:

«Ma Chiara! Mi hai già ringraziato abbastanza, non credi?» Lo dissi con tono allegro.

«Forse, ma il tuo comportamento è stato eccezionale»

«Beh, mi hai chiesto di parlare, e quando mi hai detto quelle cose, avevo capito che ti sentivi proprio male. Dovevo consolarti. Poi ti sei addormentata e ho cercato di non svegliarti… in fondo si stava bene, lì… no?»

«Non immagini quanto… sei stato così dolce»

«Ma dai… l’avrebbe fatto chiunque per te…»

«Non credo» Riuscì a zittirmi. Non sapevo nuovamente cosa dire. Nuovi attimi di silenzio intercorsero nella chiamata. Poi lei riprese:

«Marco, dobbiamo vederci, ti devo dire ancora qualcosa»

«Ah… ehm… va bene! E quando vuoi fare?»

«Anche adesso se per te va bene»

«Ehm… certo. Sono vestito come ieri, forse un po’ più sgualcito, ma va bene!»

«Okay, allora ci incontriamo nel posto di ieri…» Chiuse la conversazione.

«Va ben... Uffa»
Mi diedi una sistemata e mi recai in piazza.

Questa volta arrivai prima io. Mi sedetti su quella magica panchina e l’aspettai. Arrivò dopo qualche minuto, ed era vestita come ieri… come me! Quando la notai, mi alzai dalla panchina e mi misi a posto le pieghe dei pantaloni.

«Ciao!»

«Ciao Marco!»

Aspettai che si avvicinò di più a me per dirle…:

«C’è qualcos’altro che non va con il tuo ex?»

«No, guarda, ci ho ripensato. Era solo un grande stronzo»

«Bene! Allora adesso stai meglio?»

«Decisamente»

«Ma allora… perché hai voluto rivedermi?»

«Beh, ti devo dire una cosa…»

«Vai» Ci sedemmo sulla panchina. Ad un tratto si fece più seria.

«Marco, io ti piaccio, vero?»

Azz! Scoperto! Dannazione! E adesso cosa le avrei detto? … … … La verità…

«Beh… molto drastica come domanda… comunque se proprio lo devo dire… beh, sì. Per me sei molto carina»

Annuì.

«Ah. E da quanto lo pensi questo?»

«Ehm… per la verità… due anni»

«Due anni???»

«Da quando ti ho conosciuta…»

«Già. Devo aver fatto colpo. E cosa provi per me adesso?»

«Non riesco a dirlo… Girando le parole: “provo qualcosa per te”, ma penso tu abbia capito»

«E questo sempre da due anni?»

«… Sì»

«E io non me ne sono mai accorta… ma perché non me l’hai mai detto?»

«Beh, vedi… all’inizio volevo aspettare che te ne accorgessi, ma poi mi sono chiesto come l’avresti capito… per cui, ho deciso di dichiararmi, ma quel periodo sei stata con un ragazzo. Così aspettai, aspettai il momento giusto, ma non è mai arrivato. Quando ti sei lasciata con quel tipo, sei stata male, e ho preferito non dirtelo. Senza rendermi conto che ti era passata, stavi già con un altro ragazzo. E io ho fatto lo stesso gioco di prima. Beh, siamo arrivati a ieri… Mi hai baciato, e per me è stato fantastico. Solo che non capisco tutte queste domande…»

«Quanto sono stupida…»

«Ma no, cosa dici!»

«Marco, ieri ho capito quello che provi per me»

«Ah… e quindi…?»

«Sei ancora innamorato?»

Stetti un po’ in silenzio, poi dissi:
«Beh, sì»

Fece un respiro, mi guardò negli occhi e mi disse:

«Marco, vorresti stare con me?»

Io strabuzzai gli occhi e guardai in terra. I miei occhi si riempirono di lacrime. Mi inginocchiai e le baciai la mano.

«Se dicessi di no sarei un cretino»

La abbracciai, poi ci alzammo.

«Chiara, questo è il giorno più felice della mia vita»

Sorrise e mi strinse a lei. Ci fu il vero bacio. Non potevo crederci. Era stato coronato il sogno della mia vita. Stemmo fuori casa tutto il pomeriggio. Andammo al parco, al cinema, in gelateria… poi però, dovevamo salutarci. La accompagnai a casa. Vicino al cancello le dissi:

«Chiara, come ti ho già detto, questo è il giorno più felice di tutta la mia vita, e sono felice di averlo passato con te»

«Piacere mio!» disse scherzando. Ridemmo

«Ora però è tardi, devi andare…»

«Già. Ma c’è domani!»

«Sì, è vero. E lo aspetterò con impazienza per vederti ancora»

Mi baciò nuovamente. Ero al settimo cielo.

«Ciao Marco» mi disse sottovoce.

«Ciao Chiara»

E tornai a casa nuovamente con il sorriso sulle labbra.


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