La sposa del soldato
All alba parte il bon milite di schioppo armato,
di spada cinto di coraggio invitto.
Il bel cimiero adorna il giovanil volto
di chi alla guerra sente il cor pronto.
Ma ,nella stanza profonda sta una donna ,
nel pieno dei suoi anni prega e in cristo si conforta .
La dolce sposa non udra' il brontolio dei cannoni ,le cariche variopinte di fanti.
Sta lì accanto alla sua finestra ciondolando
una corona .
Povera giovinella che assaporavi i giorni pieni
di sole e campi inondati di luce ove correre col tuo sposo godendo dei frutti d 'eros.
Stare lì al frinir delle cicale e bionde spighe odorose.
Conta i.mesi come un doloroso scandir del tempo .
Sente la sposa un gran dolore in petto ,quel che lui bacio teneramente al sicuro nel letto
Fuori cadon le piogge l 'estate segue l' autunno dai miti colori.e dal silenzio del tutto.
Oh giorno pesante e greve come opprimi ,
quando il tacer rende i pensieri ostili.
Nell 'orto la vita continua le foglie cadono tra erba e secca
ginestra ,giocosi scoiattoli raccalgon le ghiande
novembre pressa e incalza.
Il viso sempre li infisso tra finestra e quel piccolo spazio della vecchia cascina .
Non s' adorna più la chioma non son più rosee le labbra
Le vesti non piu fresche di lavanda
Ma il solo pensiero dominante è l amato sposo ,lontano al freddo tra ferro e scoppio.
Teme e freme la dolce mogliera il tristo nunzio .
Il consorte caduto da eroe al foco nemico ,
l' alloro della gloria.
Inver nulla copre l orrido inganno
dell uomo sull' uomo
IL vostro spirito riposa lì nella nella terra avida ,
a lei al fin solo una medaglia ed il cordoglio
della vita che è andata
Le pigiatrici d'uva
Salta salta bel piedino ,
nell 'uva fresca ,odorosa di vento ottobrino
Le verginee fanciulle fanno nel mosto una danza antica e allegra .
I grappoli si sciolgono in dolce nettare ,
rosso sangue di bacco .
Tutta la cascina è in festa ,
Carri e Carri d' uva dai bei vermigli colori ,
tirati a forza dal pio bove al giogo ubbidiente.
Danzate nei tini di castagno stagionato ,
si sprigiona nell 'aere festoso qull' aroma
d' erba ,d' uva novella frizzante.
Nei tinelli le. donne all 'opra intente
tra gli schiamazzi dei pargoli ,
riecheggiano canti agresti di chi sa quanto e dura
madre terra .
L 'effluvio d'ottobre s" unisce al profumo
della pelle delle giovinette che unite per mano fino al ginocchio affondano
.
Gia' il succo esce copioso con il color del uva fragola che par sangue del
cor della natura .
Di poi i tralci foglie tutto si pone alla pressa .
Sta il bon fattore e pensa agli anni suoi,
sudati tra campi in polvere.
Pensa al suo vino che darà conforto
nei duri mesi avanti il foco.
Che giorni soavi il primo autunno dona ,
un mite clima che ha ancor il ricordo d estate quel filtrare della luce tra
le foglie gialle la serenità d 'un cielo non gravido di nubi .
Intanto nel cortile s' accendono le fascine,
edd il fumo si perde , si sposa con la fragranza
del pane,del legno imbevuto d 'acini ,
di carni già alla piastra .
Un vociare un giubilo di gente che canta ,
l' antico rito con fanciulle spensierate
a pigiare .
Questo e un bel vivere del tempo che va
mentre more il giorno coi suoi bei raggi
su un di' fecondo
Due marzo
Amor d'arbore e d'arbore funesto sonno
perché il rio destino sono' per te quel giorno
dolenti note.
Nasceva marzo e di primavera era tutto un canto.
Tu assai contento nel sol ridendo eri come solevi all' opra intento .
Ma il silente inganno era già al suo mero intoppo.
Un tronco che lavoravi con certa mano,
fu complice e nemico , mettisti in fallo il pie'
dal legno,cadevi in rapida discesa per spirar
tra terra ed erba .
Oh fato beffardo che giochi a dadi con la vita umana ,come fanno i
rugosità marinai nelle stambeerghe del porto ,che litigiosi vedono tutto
nel bussolotto , schiamazzando gridano un due un tre o doppio due.
Allor come il mare accoglie la nave in docili acque se il vento è amico ,
O la tempesta lamenta la sua pena
e vuole nel gorgo il naviglio ,tormentando
gli scalmi,
al pari tu vecchio tessitore di sorti,
se ci arridi ci conduci per roseo cammino ,
ma se trami ci pingi in rovinosa valle.
Giano ,ti apri' doppia porta tra la notte e il giorno lui che vede di
lungi gia' sapeva
che il guacial del mattino non avrebbe avuto piega la sera .
Fai il tuo viaggio pellegrino metti poco pane in bisaccia che nel convento
senza pena
non ve fame ne miseria.
Va Oh uomo pio e dii agli alti dottori
che qui sulla terra si versa lacrima alla partenza .
Con l 'amor che dietro rechi ve certezza di clemenza , che non fa male il
giudizio .
Cosa rimane quando la carne e cenere e vecchiezza ?
La veste celeste, che in eternità riflette
l'infinita gloria ,solo quella ci resta da uomini, e della memoria
Dedicato al caro Giancarlo morto prematuramente
Guerra in follia
Ares furioso ,odiato dio ,riottoso funesto ,
batte i suoi tamburi all' arme ,voca l' animo guerresco .
Ma mentre nel giardin glorioso dalla cintola marina, già e in festa la
madre offesa per la sua Perserfone ,
oltre la terra di valacchia s' ode un pianto,
un gemer del popolo che vede affranto il sol natio.
Riceve tra neve e ghiaccio il sangue caldo
d'animo invitto .
Gelidi.monti state a guardare contanto
oltraggio. ?
La terra sovrana non mostra il capo al suo capestro ma canta inno di vita
di libertà incatenata .
Allor uomini fieri correte incrociate i ferri
che il metallo fenda l' aere nevoso e nebbia .
Le acque del Tanai si ribellano si gonfiano,
alla follia che in cuor dimora ,
non vuol resti di padri e figli nei suoi gorghi.
Ma il limaccioso fondo ne vedrà se
piombo li spinge al fango.
Tanti volti da lacrime e pianto ,
preci al vento e ognun al sacro.
Ferma madre Europa questa danza
che non ve nessun ovazio nel triste teatro.
nella candida landa il vital liquore si commista di rosso di bianco ,
nell 'ultimo giorno di follia e inganno .
Pasqua Aprile chiama,
saranno sereni i campanili ,
le rondinelle nei loro nidi,
del mero ferro fate lame per dolci
e vivande ,
non cerchi più lo straniero.
Le fragili manine non tocchino più lacrima,
ma ogni bimbo abbia la sua pisanca .
L 'adorni con nastri ,fiori primaverili.
I pensier più fini ricoprano le brutture ,
e tu fanciullezza torna a volar nell azzurro che t 'attende
Autonote:
1)Il giardino glorioso è la nostra Italia
2. )La madre offesa e la dea Demetra
ade re degli inferi rapi persefone figlia di Demetra .
La madre ottenne da ade che sarebbe tornata sulla terra dopo un periodo di
tempo e cioè il periodo che sarebbe la primavera la rinascita della vita e
la gioia di Demetra che puo rivedere sua figlia
3. )Il Tanai è il l antico nome del fiume Don che scorre tra Russia e
ucraina
4. )La pisanca (pysanca ) è un uovo decorato dai
Bambini ucraini durante il periodo pasquale
Gli angeli decaduti
LE bianche penne avete perso per amor perverso e ghiotto ardore di maggior
guadagno.
Or vedete il dolce cerchio dal tristo abisso,
ove vi pose l esser superbi al creator,
che plasmo' stelle e pianeti.
Chiusi in eterno nella spelonca nera ricordate i giorni d' esser belli
purezza nata ,
avulsa dalla colpa di poi macchiata.
Neri , combusti nel foco sporco ,
nel sudicio letto ,ne giorno e notte vi da
conforto.
Ove sei speranza gridan in coro!
L' orecchio e' sordo a cotanto lagnar di perdono già furono fatti i giochi
quando voler esser più fieri cavalieri che umili stallieri
Così decade per superbia chi si loda e ingloria .
All' umana semenza che alza voce e crede di squillare più d una tromba ,
memori l 'atto di superbia ove porta !
Angei belli e capricciosi ,
guidate il buio l' eterna notte ,
fare dei vizi vostra virtù,
del fango la vostra gioa .
Quivi son posti i riottosi alla legge
all amore alla vita .
Chiasso si leva ed orgia di peccato ,tra fumo lacrime rimpianto.
Una ed unica voce in coro,
ancor maledice il di' del gran misfatto .
A capo chino sergenti e fanti
della grande ruina
tramano all 'alto cielo vendetta
e rapina.
Anime bionde come siete fatte brutte
alla disfatta !
Se fosse meno grave il chiedere grazia ,
forse a pietà si sarebbe mosso il buon pastore ma inver battete ancor il
ferro dell arroganza
Qui si ferma il vento di primavera e il grazioso volo di rondini
la spe è più nera della sera.
Amor e solo amor che vinci pieghi
lance ,scudi ,
sii nostra fortezza.
Noi che abbiano ancora carne
e rossi tramonti ,
restiamo d 'esser nave per tempesta .
La cava bieca è prigione dei miserrimi
Impenitenti
quinci ci illumini la luce del giorno ,
perché non siamo pellegrini in quella
foresta nera ove more il ben che in noi
alberga
A un passo dalla sera
Prima che finisca il giorno,
mira nella crepuscolare luce ,il volo di placide
rondinelle che tornan dai cuccioli affamati.
Rossa e vivida ,fine delle ore diurne ti scurisci diventi fredda ,si veste
di stelle la notte.
Si brindi nei lieti calici perché la vita è breve ,
quanto un giorno che more di poi nulla rimane se un labil ricordo ,quinci
perduti paesaggi miti stagioni ,e venti di maggio spenti ,nel nostro breve
passo.
Agli amori fugaci , furtivi, gli amanti che ruban baci e sogni che si
frangeran come le spumose onde, nel silente pianto del mai dato sperando
in novelli intrighi facciano del giorno il loro perdurante tempo.
Pur i rami in fiore pria che il sol tolga il suo talento,donano soavi
profumi,
dolci aromi chd fanno sognar
Infinite volte nel bel mese delle rose.
Rimembro ancor quel rossor del cielo ,
quando lo guardavo con occhi di fanciullo,
Il frullio d ' ali il cinguttio frenetico
la brina della sera !
Prima che finisca il giorno
vivi , non lesinare ma godi
del bel sereno della bionda luce
del suo calore
dei rumori e sapori .
dormire ,sperare ,lascialo al domani
Amore
Amor ferito illuso,tradito,
volea l 'eterno giorno ,i variopinti colori
d'ogni raggio, inver fu nutrito dal gelo e perenne notte .
Amor battuto,vinto da male promesse ,che poi non son d'oro le parole ma si
piegan come stagno .
Tu che non fosti vigile al mal chr spira sei stato piegato dal vento
,quelle forti correnti ,
che frangono i rami disperdono le foglie.
Un seme malvagio infetto' gli amorosi sensi quinci cambiavi pelo ti
inaridivi qual ruscello in agosto.
Spento giorno per giorno,rinsecchivi , povero germoglio del cor mio.
Scintille vive e gaie nei tuoi occhi di chi la vita morde ma non sa quanto
veleno scorre ,
Amaro fiele.
Amor unico, puro ,forte roccia ove era dolce
ogni ora finché non moriva il sol,
e ancor più le furtive parole
dolce sentire il ritorno della sera ,
tutto ciò il petto ravvela.
Ma ciò che nasce non more miserrimo ,
ne si consuma cone cenere.
Ritorna a battere se buon foco
arde in vena.
Come le spore dei fiori non sono marcite in terra ma danno nuova vita dove
li porta il carro d eolo ,
gli amori germogliano gaiardi leggeri,
Felici .
E tu randagio,pellegrino ,
trova nuova radice ,
novella goccia di sangue
per esser schietto,
rinverdire ancor .
Il fanciullo che non divenne uomo
Tristo pianto per te oh fanciullo,
che hai sentito il tetro bacio della morte ,
una lunga eterna notte prima che sorgesse
Il giorno.
Ora sei nella nuda, brulla, arida terra ,
tu seme della vita non germogliare mai.
Il dolce fischio del vento tra i rami secchi
d' autunno non allietera le giornate ,
ne quella lenta pioggia novembrina ,
ed il calor de foco nella casa Infreddolita.
Mai sarai padre,nonno perché la ria sarte
sciolse per te un lungo riposo.
Le Forcidi non segneranno il tuo ultimo cammino ne le Grazie il vigor dell
inizio.
Ampi prati in fiore dolci dolci soffi di zefiro
fresca natura che rinasce .
Eppur in tutto non sarai attore ,
solo silente spettatore.
A chi gli abbracci ?il mieloso bacio d 'una madre ,il canticchiare delle
nenie la notte ?
tutto tace .
Il gelido sguardo di Tanato porse madre e figlio sotto il peso del marmo
Ambedue in un unico passo, vita mai nata ,
e di lei un troncar gli anni sereni.
Così maggio rimbiondisce il giorno ,
risorge la rosa al canoro volo d 'api
rosseggiano i papaveri .
Una rondine. venga sulla muta pietra,
annunzi a voi la primavera !
Ma lacrima il volto di chi vi amo'
per tanta cruda amarezza
Tuono
Plumbeo ,pesante,spento questo ciel
m'appare.
Scoppia ovunque la folgore e l" orizzonte
par un mare di fiamme
Rintrona per tutto la sua estensione il rombo sordo dei fulmini, un lamento
antico che viene dal ventre del bell'azzurro.
Pioggia che piega la mente, cade copiosa come pianto d'una donna .
S'abbatte ovunque e piove dai monti ai colli
ai muti marni .
Bagliori sinistri , violenti e cupi
a rischiarar di lungi.
Esplodono i lampi come bocche di cannone
v'e' forse una guerra tra quelle nubi nere ?
Giove tonante come solerte arciere scaglia
le sue saette e quelle martoriano la livida notte .
Che far dunque?
Scintillio sui vetri freddi tra acqua e foco
nel buio si scorge solo qualche ramo tronco .
Niun sa ove cade sibillando questo fragore , ma lacera il silenzio tra il
ticchettio della grandine e vento.
Tutto par un fremito di pavor .
dalle case alle umide cucce ,
pur il fogliame fugge dal vento
rapito .
Ma,come s 'era di pelle leonina vestito il cielo
ruggente,a brano a brano si quieta .
Lontani e flebili son i fuochi il rossastro
manto si dipana.
Ecco di nuovo una limpida notte stellata
con il chiaror della luna ,
ed uno stonato gufo il suo eco risuona.
Il Marinaio
All' ora del tramonto,quando è più dolce l' aere e l 'inbrunir e' già
pronto,si tinge il ciel d' un rosso profondo che par di sangue i polsi
laceri sian sfondo.
Un lento mormorio di donne e fnciulle ,
riempir i lacrimosi quai, e l' onde giu' nel porto fan da concento al
malinconico coro.
Baci baci e ancor baci sulle sode guance ,
quando bellezza di gioventù arride.
Carezzevole e trista mano sulle chiome ,
e insu' le barbe di chi già conosce il mare.
E' l ' ora dei saluti delle parole rubate ,
dell' amabil dire ,promettere.
La grande nave ringhia nelle livide acque ,
spuma come se avesse fameliche canne.
Ad uno ad uno nel ventre di ferro s' apprestano,
Il bianco della veste stride tra pianto e doloroso abbraccio
Solca il pelago stanco ,tra vapor ,fischi
Il ferrigno naviglio .
Di lungi il sol e ancor più basso
Che si sposa con il silente gorgo della marina.
Che porti con te nauta?
L 'alba dei tuoi campi ,
Il focolare d'inverno
la pioggia fredda e greve .
Taccia questo lamento
Il bastimento non merita tanto
onore.
Riveda il cuor sincero
l' amor della tua sposa
lo sguardo di tua figlia.
Tempesta
Incalza la vagabonda nube i biondi raggi,
plumbeo il ciel si veste e mutisce la natura
attonita.
Sentor di pioggia si leva,
tutto tace.
Spazza la veloce mano d 'eolo il velo del mare ,ribolle dal fondo , si
scurisce,
il blu profondo ,si muta al color della notte.
Soffia tra i poveri rami gia ' spogli un gelido
vento,sollevando in ogni dove la voce dell '
autunno.
Tremano le tettoie ,i comignoli fumanti ,
e il fumo si perde in giocosi vortici.
L' eco delle correnti violente nei boschi risuona,
In un pallido manto di foglie morte .
S' inseguono l 'un con l' altro questi ventosi
puledri che scalpitano ,padroni
dei pigri sentieri.
Ulula dai monti fino a valle ringhiando
la bufera .
che par lupo nella foresta.
E quando il fortunale giunge, punge per ogni calle,
tristo pensier percuote, come se il cor s' unisse all 'inquieto tempo.
Quasi a lacrimar mi porta
la pigrizia che arriva in sua scorta
S'insterilice il petto ,quai gli sterpi al brullo suolo.
Ma quietanza ,m' aspetto,
Che non faccia poi male
questo sospirar
La contadinella
Il pruneo frutto assaggiavi, un po acidulo
Inver ,ma ricco di quel sol che soverchia l' alte colline ,di lungi stan
gli alberi come dolce
Imago , nella luce immersi.
Al far del mattino già verdeggia
Il bel pesco che s' adorna festante dei suoi violacei fior.
Tu contadinella assai felice per balzi vivi
I giorni più gai.
Li ,ove si respira aria tersa di frutti e fiori
sei spensierata ,voli nei campi al par d 'una vespa.
Odi rinascere la natura dal feroce verno,
che soffio' vagabondo per ogni colle
un gelido spirar.
Ah giovine vergine, dai sorrisi vivi
come ti poni serena tra i pini,
che donano al sussuro di primavera
l' alito di resina .
Sta a capo basso il bue domato
I solchi scavar ,
al giogo dell aratro piegato.
Spandono i semi i molli venti e di uccellini
un canto.
Eppur nella nera zolla polverosa ,dura
non si spegne il tuo melodico intonar
non ti tingi di fango,
pura rimani nel duro rassodar.
Ciliege , fragole
Saporiti lamponi
son il tuo manto ,
e ne assaggi le primizie
con la rosea bocca.
Che bel veder
Che dolce vita!
Ma orsu 'senti
gia i rintocchi di campana dal borgo?
E' il vespro che s'avvicina ,
corri alla tua cascina.
Fochi alti e giubilar contenti
l altri tuoi pari
Carni succose
E fumi densi di prelibati
manicaretti intringono
la sera, .
Di gia la caciara rintrona
per l 'attesa festa .
Torna il sereno suo visi
arrossati e l 'odor di terra
si spegne su abiti profumati
di lavanda.
Stan allegri alla brace,
sognano tra vino e abbracci
vecchiarelli e figli.
2 novembre
Al tuo avello muto,
vengo ,recando un fior.
Non muore nel freddo marmo
chi amammo in cor.
Or i santi , gli angeli
Il cristo signor ,il tuo albergo ,
ma vive e spira il vivido ricordo.
Odorosi crisantemi,e mille capolini
Impregnano l 'aere d,intorno
Il calpestio, il vociar sommesso
alla lapide.
Ognun e tristo all 'amor perduto ,
solo il malinconico rumore dei giorni
passati.
Il secondo di' novembrino ,
porge il suo onor ai figli del perpetuo sonno.
Questa pallida natura di foglie morte,
dal lento scandire delle ore ,
dai venti più frizzanti e dal picchiar della pioggia sui vetri ha un sapor
diverso.
Lunghi viali di pioppi ricurvi ,
ed il gracchiar d 'un corvo che s 'attarda
Di poi longilinei cipressi che svettano il cielo
ed una lunga infinita distesa di lapidei cippi.
Amen sussurrato a viso basso ,
mille più pensieri a rimembrar.
Il crocchio s 'unisce alle preci,
In questo giorno del ricordo
Cielo d 'ottobre
Mirando quel ciel quando l' azzurro opaco
more e di lungi la lingua del vespro già vole il suo passo ,mi perdo pensoso
tra
le rossastri nubi .
Nel silenzio del tardo meriggio
vanno i miei pensieri a migrar,
come stanche colombe dopo duro viaggio.
In quel muto spazio, vedo gli orti
malinconici, e quell 'antico sentore di foglie ,
che mi rammenta giorni lontani.
Il gran pino festoso ,odoroso di resina
or tace e nonpiù spande al vento le maestose chiome.
Il castagno ricolma di ricci il.suolo,
sento l' aroma dei duri frutti sulla brace,
Il malinconico spegnersi del giorno .
Monta la sera in su la volta ,
con la luna bella ,chiara e sue sorelle ,
che danza con l' altri pianeti.
Un flebile frullio d'ali rompe il
silenzio,e' solo un furtivo pettirosso ,
che s'asconde nel suo nido.
E' ancor presto per l 'allegro
foco,
ma ardera' il ciocco,
quando sarà novembre
Malinconia
Mirando il.mar sotto il soffio d'agosto
e i suoi movimenti ,l' increspature dell onde
In dolce gioco,in un pensier profondo m'assonno.
E il.mio pensar va oltre l.'imnenso deserto d'acqa che fa perir chi le sue
leggi stenta.
Al son della sua voce tanto allegra e cara
che risonava del mio nome ,
alle perite stagioni e al buon tempo.
Se fosse stato più caro il sentir vero
non avresti ceduto al vil argento.
Le false promesse ,con far gentile,
avean il sapor di velenoso miele,
ed io ignaro ne prendevo maggior parte.
Mi chiamano gli antichi amici ,d 'una fanciullezza allegra ed or tutti
uomini
al mio occhio ma giovinetta la voce.
Vidi infinite volte denudarsi i miei alberi e piu volte prendere nuovo
ramaggio
Quinci si perdevano gli anni adagio.
io son qui come quel che fui quando correvo in maggio tra api e miraggio
d' un eterno
Infante.
Qui mi poso ferno,rivedo con coraggio
Il buono è il bello che ho fatto in questo viaggio.
Se ben compresi il sapor della vita mi sia omaggio del vincitore ,ma se
caddi in fallo l' oltraggio al perdente.
Noi siamo quel che nasciamo,
esili come sterpi d erba ,se ben viviamo
veniamo a bel vedere oppure cadiamo nel pantano.
Ed in questo putridir nel dolore di quel che persi se ebbi inganno ve il
marcir del cor.
Malinconia che prendi e lasci a caso,
ci fai riviver qurl ch il tempo rese ghiaccio.
Più antico pensier della mente emerge
dalla palude del passato.
Sottil sentire a te lega la terra secca
sterile ,il mutir del giorno la luce debole ,
del veniente autunno
Ritratto
Miravo quel giovin riccioluto
assiso sull 'arenil tra onde incerte e vispo agosto.
Ne copriva le spalle l 'erto monte che dall' ombra fredda lesinava di
scacciar il sole.
Ed ei era lì pensoso e giovine con suoi crucci
o sofferto amore.
Che pensavi cola' dolce e silente?
Io nel suo pensiero m'ero perso,
come un tempo ormai remoto feci
or lo stesso rivedo .
Cosi passano i giorni amico caro ,il vento migliore della vita soffia pria
che tu ponga freno
I desideri son cone foglie in autunno libere e giocose di perdersi nel pigro
giorno.
I sospri ,dolci aliti di maggio
Dormire,vivere sognare!questo è quel che vuol la sorte si cavalchi.
Muti i desideri spariscono come fa il sole in autunno dietro un umbrifero
colle .
Il patto con l' eterno non si stringe
Vivi sol lo spazio di un giorno
come se tutto fosse a compiersi
al suo finir.
Speranza
Ultimo appiglio del mortal disio ,
quante nel cor ne ebbi di poi molte abbandonai per rio destino e
malaffare.
Quando par che tutto navighi per dispettosa vela che non.si piega al
mocchier ,
allor vuol l 'animo sperare ancor.
Come fa chi del pelago e 'stretto e fiacco e gia' non vede l alba del
nuovo giorno ,prega gli avi suoi ,
ma scorge con occhio basso un fortunal sasso quinci prende nuova lena alla
vita .
Spera , il buon fattore in pioggia d' autunno che sia forte il suo tetto
e di frutti gran copia.
I giorni possono esser duri,freddi
con un malinconico rumore
Cosa sarebbe senza Elpis che conforta?
S' affida a carte e dadi per vedere se ella e' in sua scorta chi il futuro
indaga.
Ah se fossero più fausti i fati,
allor non ci sarebbe tanta incerta sorte.
Ma inver rinfranca che in ogni destin contorto ,
V'e' chi il ben governa pur se tutto sembra alla ruina.
Speranza,tu chr fosti di Pandora l' ultima a far lancia dal fatal vaso,
Illumina ogni via che monta storta .
L 'ultima che cede quando tutto sembra perso
navigando ,in acque perigliose sei la luce che rafforza.
Nei fragili amori amante e amato
fanno doppio gioco
Allor nel cor che langue,
vi sia un soffio di ristoro ,
Ispera prega che quella danza
si spenga come incerto foco
Non solo all' umana schiatta porgi un raggio nel cammino ,
financo l 'aquilotto coraggioso e gaio. che vole falcar l 'aere si sente
sicuro e saldo liscia le penne al balzo.
Ma correnti avverse piegano le ali,
già sente che il solo sarà l' ultimo canto .
Quinci
volge il capo riprende quota, come foglia innalzata d folate giocose,la
spe lo solleva che rivedrà il nido
Ove sei oh graziosa dea ?accompagnami
in questo viaggio e se fossi
sull 'erta strada rendi sicuro il mio
passo si che ritrovi di nuovo
ardor di risalir dal fallo .
Cala la sera dai brulli.monti alla collina
con quel sentor d ' amore che il.novello
di sara' ancor sotto la tua guida .
Preghiera.
Oh divin pastore
custode di stelle capo d'angeli
di lucenti penne,
amministratore dell'universo e dei
mobili pianeti ,
guida tra questi rovi i tuoi amati armenti.
Un di' scendesti e prendesti carne ,
or prendi le redini,che languiam
d',ogni male.
Padre,guidami tra le genti
del bel mondo d'azzurro profondo,tanto è amaro il giorno che la notte
non miete pavor.
Recalcitra il branco litigioso e l.un con l' altro scaltro quale ordine
alfin?
Pronti ad esser come lupi se il padron non.posa sguardo,ma se ben vede
si fanno agnelli al docile comando ,
siate retti e non mucchio selvaggio .
Tenete il vostro lignaggio ,
non siamo pecore matte ma
d' umano imbraco, con chi vi fe,
non servi della terra ma signori alla sua imago.
Eppur mio bon pastore ,
par d 'esser all 'ultimo viaggio
per questo umile branco
detto uomo.
Ove son le giuste mete?
possiam dipanare le tele
per il giusto viaggio?
Ormai siamo fiacchi ,
da quando Gea danza nel nero
manto e due volte reca qui sol
danno e pianto.
Lagnarci d' un nemico beffardo ,
che stronca e reca affanno.
Non verdi pascoli ma bolgia
e chiasso.
Ave a te vergine madre
stella del mare !
Rinfranca queste anime lasse ,
porta una prece all' alto trono
quinci rintroni il suo verbo ancor .
Alzate le vele ai docili navigli,
soffi il dolce spirito ,
e guidi per tranquilli flutti .
che male potrà mai colpirci
se tu ci accompagni?
Padre santo non lasciar le
nostre mani ,siamo troppo
deboli come fili d 'erba, ci pieghiamo
se non sei nostra sicura canna.
Portaci fuori da questa umida
foresta dal suo pantano.
Menaci in spazi più verdi
con luce amena,
possa rallegrarci il dolce
cinguettio , Il frullio d'ali
Il pigolar di pulcini,
Il canto dei grilli in estate ,
il sicuro fuoco in inverno.
Lascia che possiamo sentir
la fresca aria odorosa al mattino
di poi il tuo vigilar la sera
Pratoline di marzo
Il bel marzo giunge a pie ' veloce
disgela tetti e rami ,impregna
l' aere di polline.
Dai monti scende giù un florido fascio
di luce,caldo, che m'avvolge nel suo
abbraccio.
Nei cespugli del mio orto,
tra morti rami d'inverno e prepotente
ortica,
sbuca timida la prima corolla d'un esil
pratolina.
Tra i cespugli ne vedo ancor coi loro
candidi petali e il capolino d'oro.
Oh bel fiore del cielo ,
figlia d',una timida stella nascosta in terra ,
come mi sollevi ,intenerisci il mio sguardo ,voli del pensier.
Quinci la il bel Apollo guadagna le distese azzurre ,
voi sempre più siete orgogliose ,belle
tra una siepe o sperduti campi.
Fior della purezza , figli
della madre divina che impallidiste,
quando il velo sfioro il gambo
Vita che rinasci in te si immola
Il mistero del continuo ritorno.
Pasqua in te risona,
ed il cristo è già sul suo legno .
Quante fanciulle in un mar
di bianche margherite
e inver l amor dava stagioni
migliori vi tenevano tra le mani .
Per ogni petalo il pensier più bello!
Ordinate per balsi ,pascoli
tra primavera e luglio ondeggiate
ai rapidi venti in un frinir di cicale.
Screziate di rosa, e rosso
brillate finché non more il giorno
Si ritira al far del vespro ,
la bella stella che rubo' le ore più dolci
da spendere soavi
Voi riponete i fragili petali,
vi chiudete ed è quindi già sera .
Narciso folle
Oh bel narciso crudel per se amante,
di se stesso unico amore ,
togli dal petto.cotanto dolore ,
rasserena mente e spirito .
Giovine di corpo ma dal morto onor,
Il viso sempre altero gli occhi di
ghiaccio perché anco le dolomiti volea
servaggio.
Nato al confin della bella Italia,
che mira la pennuta Austria ,
spendeva la giovinezza ,
In gaiezza del fanciullo e' salvezza
Ma un buio profondo pur maggiore
d' una notte senza plenilunio,
albergava nell anima torva.
La sera i monti si tengon di rosea tinta
Ove laurin avea suo campo
Inver tu serbavi nel petto Ispida rosa.
Va nell 'eterno corso il gelido fiume ,
tra valli e ponti ,
a rinfrancar il bel vedere.
Le acque sposano.il cielo in gocce
adamantine che fa lacrimar chi gode, quinci tace.
Or quelle fluenti correnti ,
portano seco vita e lacrime.
Lacrine di voi padre e madre ,
che nel suo fondo trovate
precoce riposo.
La voce si confonde con il gorgogliar
del fiume e si perde per balsi ,valli.
Bel giovine ,avesti in dono.i frutti
d'Afrodite.
Il demone che sempre alberga,
mezzo uomo mezzo alato,
per bocca di platon saggio ,
ha corrorto la natura tua.
Qunci mano al coltello, allo strazio.
Fanciulletto cullato e amato ,
hai dunque infisso ferro nella carne
dei tuoi ?
Fini' la loro vita pria che tramontasse
Il giorno?
China il capo e fai ammenda ,
dalla terra si grida inganno .
Sii cauto già le Erinni son al tuo fianco
Fiato in fiato unite con te
Che del sangue hai fatto amaro pasto
Autonota:
Laurino e il.personaggio
Di una favola del Trentino
Gia in Platone il demone e 'una entità negativa che si impossessa dell
'uomo
Ma nella mitologia greca non è del tutto un essere negativo
Le erinni
Sono spiriti che perseguono chi ha commesso omicidio
Mi riferisco al recente caso di cronaca
In cui il giovane bolzanese benno e'sospettato di aver ucciso i genitori
Scorcio d'inverno
Dall'alto loco ove io mi trovai ,
miravo il bel paese destarsi a giorno.
Le nubi coprivan il bel sorriso d'Apollo
grige,fredde, mute,
tutto era ancor nel pigro risveglio
d, intorno.
Ma come ferro fende telo,
squarcionsi la nubila al raggio guerriero
gli alti pini eran meta di sparuti stormi
Infreddoliti.
Io nello scuro giorno ero spettatore.
Di lungi la marina brillava oltre i monti ,
si che mi sentivo rapito dal lontano
mareggiar.
Mi dava il duol veder questa natura
spenta
volevo sentir l allegro cinguettio,
Il profumo del polline ,
l 'aere mite gravida d 'aromi .
Luce bella,calda che popoli i giorni
della rinascita .!
Eppur in quel mirare mi era dolce
sentor di ricordi ,
giorni lontani; affetti
nel mese di gennaio
Amorfe
Il bel giovine dai riccioli d'or che il sole
Incarna,danza nel ciel silente,
e vien in unione col capricorno,
s uniscono tra le stelle belle.
Ma ,nel bel pianeta d'azzurro e di verde ,
l' alba non fende il suo duolo
che nel continuo tribolar la rapprende.
Volti celati da panni ,lurido cotone
ogni viso offende.
Non piu la bocca si tende al bel sorriso
poscia il petto pretende ,ma amorfe non mostra il suo pensar.
Ognun si cela per sua paura dietro
lorda pezza insulto al bel vedere .
L' orror del viscido nemico il venti
tenne con lama alla gola ,
or si protende al suo vicino
che già a vagir si prende.
Oh infido guerriero quante vite
Il tuo orgoglio pretende?
mi duol il core veder quelle bende
su vecchietti e giovin imberbi.
Non s' ode un gaio riso,
le labbra celate da ogni dir.
Date alla verginea sposa nel di nunziale
Il bel mazzolin di fragili gelsomimi ,
s'adorni la chioma di viololacea lavanda
Inver il suo profumo e 'vacuo .
Siete vergognose o temete
Il mal che l' aere asconde?
Baci rubati ,negati all 'amato ,
non piu tenere carezze al chiaro di
Luna .
Ne guancia a guancia tra genitore
e figlio
temer la vita per un rapido sorriso
al padre infermo , sarebbe battuto ,vinto.
Inver il tristo andar delle folla sembra
senza un anima o ricordi .
Tutti mutano il viso
nei falsi teli .
Nemmeno in Cristo
la bocca si toglie lo squallido feltro.
Tutto tace nel bieco
tempo che
m' e 'dato di veder .
Prece al divin fanciullo
Oh tu fatal pargolo
scendi dalle stelle focose e belle,
nella fredda notte rischiari le menti,
li tra poveri pastori a vagir ,
come umana carne.
Tu, nato per amore dalla vergine
madre,
Imago del gran fattore ,
padrone di cielo e terra .
Oh, soffia in ogni casa,
sulle anime pigre,
su chi verso' pianto
e non piu risorge .
Sui fanciulli che sperano
sulle madri che pregano
sui padri laceri dal duro lavoro.
Guida i saggi e gli impenitenti
al comun cammino ,
che si sorreggono l 'un con l altro
da fratello a fratello.
Al calor del foco dal freddo di.
questa notte difendi
I miserandi della terra ,
che solo negli occhi
tuoi trovan respiro .
Piega le spade ,
dipana l 'ira cone fitta nebbia .
Ora nella sera di tuo nascimento
Insegna la pieta e l 'amor .
perduto .
Dona pane agli affamati
calma i singulti
E noi miserrimi accoglieremo i santi
doni che rechi ,
Oh bel fanciullo
Vento
Un. Vento gemebondo,
s' abbatte sulle mie finestre ,
con lamentoso stridore che par quasi
una voce.
Non e' quella folata autunnale,
che m ' accompagna da bimbo,
In se quel soffuso dolore del coevo tempo.
Ah quale tristo viaggio all' incerto,
tra un fine inganno ed un morbo,
che soffia piu di Levante.
Vite che si frangon come spumose onde
sulle rocce,s uniscono alla prece,
di chi ancora la sua tiene.
Eppur pare tutto cheto!
Le foglie continuano a cadere
dagli alberi nudi al passo di
Novembre.
Il ciel ancor fa navigare le sue nuvole.
Inver in questo autunno,dai suoi rossi colori,dalla pioggia lenta ,dal
profumo
di rami in marciume,
v'e un sentor di lacrime,dolore.
Dolci giornate scandite le ore,
seppur da retro un vetro ,
per alcun e' l 'ultimo tramonto.
Da una spe' sommo giudice,
spazza via la fine morte il tradimento!
Il ventuno ,s appressa da lungi ,tra nebbia ,e vento .
Venga il nuovo verno
a gelar questo foco infetto.
Gia respiro, a breve andare,
un gaia stagione ,al sole di maggio
con la sua danza
d'api e di rose.
Fabbro
Batti e batti sul ferro ancor caldo,
non ha un'anima se non quel che tu infondi .
Brace ,calore nell',angusta fucina
cadon gocce di sudore,
S' imbrilla la fronte ,
par quasi un cielo autunnale ,
pronto al fortunale.
Quanta passione nel corpo vibra,
quand'e che da nuda forma .
prende vita tua creatura.
Son scintille sull' arido metallo
che mal si piega al tuo volere ,
riottoso piega le membra,il corpo.
Arte antica li rinnova.
Efesto ti fu maestro!
Il buon gigante ancor si lagna ,
alla tartarica rocca avvolto.
Del foco ci fe omaggio ,
al diniego del dio falso e bugiardo .
Ma tu artigiano del vinto
metallo in me ti raffiguri,
ed io te mi specchio.
Noi creatori da materia informe,
lavoriamo e diamo vita ,
quel che il nostro amor produce .
Lavori di incudine pesante ,
martello,sull altro rimbombante ,
a far della lastra vivida sostanza.
La pinsa s' arrossa nella fiamma ,
e non combusta la rozza mano ,
che s 'adopera alla fattura.
Così tal mi vedo,
nulla creo ma dalla carta tiro fuori
quel che nasconde .
Cesello i miei versi,
che veloci corrono
In .libero andare
l' un con l altro .
E s' uniscono in dolce
melodia in melodiche
strofe.
Oh mio dolce fiume
del bel rimar,
mi sei conforto in un mondo
buio,
In giorni.pigri.
Come ribolle il mio
ardor fi far con l 'estro
dato in culla ,
nuovi canti ,
di cordial natura
Alla memoria di Gigi Proietti
NE Re ,ne corona,
non seta, palazzo ,
e Tiara del bianco padre,
eppur fosti la maestà del popolo.
Un pianto si leva da Roma Novembrina,
quella bell 'urbe tanto amata
dei giorni mortal;or ti saluta.
Mira gli alti obelischi ,
le mura possenti ,
l'ombra del Colosseo ,
la severità degli imperatori.
Or la conocchia d'alloro si tolgono
al tristo feretro che innanzi gli para .
Roma e figli tuoi,or
un altro tuo eletto si diparte,
sona all' uninsono le tue campane,
le tue trombe come un di'
furono vanto dei vincitori ,
siamo da trapasso a chi
Con l 'arte sua t 'ha fatto brillar
d' orgoglio.
Dal palco ligneo ,
quanti ne facesti beffa ,
del poter dell.intoccabil casta
ma non per incendiar gli animi
Inver scroscio di lieto plauso .
Il vero attor cone camaleonte
entra e si fa proprio quel che crede.
Inver e' il tempo del tuo riposo
dal lungo teatrare,
Togli il pesante trucco ,
la cipria, la cera.
Qui ve' solo um uomo ,
al suo tratto con l'ultimo
atto della storia carnale ,
con la morte non puoi esser
beffardo .
Ella reclama quel che vole.
Ai pie' di Cristo,
Tra incenso e un amen
assisti al pianto
dei fedeli.
No ,non lasciate che salga al sommo seggio
Con questa nenia di dolore,
ma vi rassereni il viso
che del dolce giubilare
ne fece arte della vita
Natura morta
Odo mugir il vento tra queste foglie arrossate senza più vigore ,
romba fra rami franti e frutti a terra.
Ogni cosa par pronta ad un lungo sonno
che tutto rabona
Non odo più dei passerotti un dolce canto
ma solo il gracchiar d'un corvo che s'attarda al tramonto .
Mi volgo a boschi silenti, ed e tutto un mutir d'intorno .
S' ode da lungi un frullio d 'ali son l' ultime rondinelle a fugir in
terra d'africa
Un lento morir delle ore che il crepuscolo chiama al desinar rende tutto
men vivace
del brioso giugno.
Questa pioggia che cade da mane a sera
m'attosca soffoca il pensier mio ,reca in se
Il sentir che la natura e morta ,
Vuolsi così che mi mergo nei miei ricordi
Aquilone
Quando ero un fanciullo,guardavo incantato,il leggero volo del
colorato
aquilone.
Semplice carta colorata pendolo da un filo
eppur spiegava le sue ali al vento.
Si innalzava tra le correnti ostili e solcava
l' azzurro tra gridolin di bimbi.
L 'odor dell'erba in primavera e' ben vivo
In me ,le corse in prati bagnati di luce
e lo stupore quando si librava da terra.
Mi chiedevo quale anima battesse tra legno e tela se ,avevi volontà del
volo.
Mille forme , nella fantasia fatte realtà ,
e tra le nostre esili mani voi sfidavate
I rondinelli ,stanchi del lungo viaggio.
Li tra nubi e sole si perdea lo sguardo mio
oltre non osavo andare quasi pudico
di saper al di la .
In maggio sembrava un volo di farfalle ,
ma tutte unite dalla fanciullesca allegria che e' della prima età
Facevan a gara l 'un sull altro in una corsa
a varcare le nubi.
Ah quanto era dolce il bel vivere paghi di poco ma esultanti in cor.
Messaggeri senza spirito e senza tempo
al divino tendete un assaggio di quanto
e' pura l' alma che lo manda ancor non corrotta ne guasta.
Or che non sei più qui al mio fianco
O dolce mio padre rammenta con me
Il volo di quel bel gioco di tuo figlio vispo e spensierato.
Bianca carta
Come colui che il marmo squassa ,
tra polvere e schegge il grezzo scampa e ne cava bell 'arte ,
così io la bianca carta il mio,
talento accampa.
Candidi fogli senz 'anima,vita
sostanza io vi dono la mia creanza!
Li sulla rugosa cellulosa il mio estro
dilaga.
Non son bel dir quel che il mio spirito
guadagna quando s 'immerge nel sacro cuor di questa possanza.
Ma diventa un foco che arde e non combusta fiananco l 'estro non.lo
lascia.
Mie carte mie compagne di viaggio
di giorni pigri e bui,quanto di me a voi lascio.
Li in quell' oceano bianco sono solerte nocchiero so dove diriger
le vele ,la navicella vola leggera
tra rime e inchiostro.
I miei pensieri vanno liberi ,
veloci l' un segue l 'altro
In un gioco d 'emozioni d'incanto.
Siete i padroni di quello spazio ,
non v'e' divieto o intoppo
Io ,solo io diriggo il vostro viaggio.
Quante ne scrissi con vostro conforto
Da che capii ed ebbi intelletto del bello ,il buono di poesia,mio ristoro.
Voi custodite quel che io provo
mute confessori !
Un di' verra' che sarete dal tempo
confuse, scolorite ,
ma in voi c'è il mio marchio
degli istanti vissuti e amati.
Posate le bianche carte sul tristo
marmo tra un cero ed un amen,
e noi voteremo ancor
ove non piu pianto
Giugno
Dolce mese del grano che ingiallisce
nei campi, tra un canto di bimbo
ed il falciar del contadino.
Son più miti le giornate,
la luce batte sui vetri come mar
per tempesta.
I cieli riecheggiano per tutto il raggio d 'apertura d' uno stridio
quinci l 'allodole e le beccacce risuonano all 'uninsono.
Le ali apre al mite vento ,
beccaccia striata tra il nero e terra ,
con rapido volo,messaggera degli immortali del lor volere.
Tanta cara a chi ama le messi,guardi,proteggi i frutti d,oro.
Inver il mantovano , con calamaio
canto' il bell'Enea trionfo d 'amor
per la patria per la vita.
T 'avrà mirato con occhio stanco
quando lagnando temeva le zolle
lasciar.
Giuno, per balzi e valli le selve serva
I docili cervi governa.
Di lungi pavoneggia il colorito uccello il suo talento donar,
alla dea che si incapriccia per ogni
fuggir d' ,amore che il marito arriccia!
Ma giugno sei il mese dei sogni !
Sogno d'un viver più gaio.
Lo spirito si fa giovane non pute più il suol di pioggia
e marcio .
Eolo governa venti più leggeri
che spazzano le fertili terre ammantate d 'ogni fior come un imperituro
di' festoso.
Dall 'ovest il libeccio fa sentir
la sua brezza che tra il finir di grilli
porta con sé acqua fresca.
Le nuvole risplendono nell 'azzurro
del meriggio,in questa nuova danza
d'armonico sentire io mi fingo .
Quel profumo di nuda stoffa messa
ad asciugare e che ogni folata rivolta,
spande nell' aere l' aspro odor di lisciva,lasciando la mente al tempo
nuovo.
Gridan di gioia ovunque i bambinelli
dalle pesanti carte della scuola liberi
I libri dormiranno fino a settembre!
Spuma il mar nella riviera
S' accoglie la corsa su roventi piagge.
Pensieri,amori andranno via
Il ventuno già passa ,s inchina
ed apre il tempo d'estate .
Sia così
Lasciamo che il giorno muoia,
e la notte corra veloce .
Lasciamo l 'amore ai poeti ,
ai sognatori,
utopisti d'oggi e di ieri.
Che nascano nuovi fiori
sui campi di guerra .
UN cuore gentile
si liberi degli affanni,e sappia
trovare il suo ristoro.
Vola placido un gabbiano,
al far dell'alba
sparisce tra il ribollir della marina
nascosto dall 'ombra e sabbia.
Siano gai i fanciulli,
corrano nei verdi campi
ed un mutir di cannoni .
Sale dal colle la verginella
allo spirar di levante,
Quanto sei dolce gioventu'
che dai sapor alla vita.
Mi sia sempre caro quel
frullio d'ali di uccell fuggitivi
al tramonto,
mentre il rosseggiar del vespro
tinge le timidi nubi.
Sia sempieterno,il fruscio
del vento tra le verdi foglie,
che cantano melodiose
melodie,
rallegrando chi sa intender.
Muoia il pensier pigro
sia un'inno alla vita.
Gli amori trovino il posto nel mondo.
Non piu il lacrimar alla porta
d'amanti freddi,
che di cupido son in difetto.
Sia tenero il bacio
della madre,
pur quando siam di barba e pelo
coverti,
ma il viso non è mai pago
di quel bel sbaciucchio.
Le anime belle tornino
al primo luccichio
che han già vinto la seconda morte
Le brutte tacciono,.
gia il sonio del monito le imbroncia
dell'eterno sopir.
E tu pensier mio,
lascia questo corpo alla fine del giorno .
E' risorto
Su questo legno ,
che gronda di sangue
e amore,
legno di Giudea ingrada,
Ei e 'risorto, già vivo
lascia il suo sepolcro.
Santo ,immacolato spirito
vinci la morte,la notte
allo squillo della vita .
Sora nera s'arrende la falce getta
per mancato pasto .
Per valli va il nuovo uomo ,
colui che dal chiodo non gridò
dolore ,odio ma perdono.
Si squarcia il ciel già pronto alla sua
ascesa tra gli eterni giorni
e attende la sua parente .
Un giubilo d 'angeli in volo
quali dolci colombe dal vento
rapite e fan festa tra folate
e sbuffi ,cantan le Lodi di cristo
redentore.
E' risorto il figlio dell' uomo
che morte avea nel segno
del buon giorno.
quinci l'oscuro passo nel silenzio
ha reso vano.
Odi?questo e il di 'del gran risveglio
rinasci anche te umanita'tutta,
scrolla il torpore dal peccato
che non solo devi amar il pane
ma pur la voce del beato , che
mena questo gregge al giusto
ovile ne lo sparte per angusti campi e monti .
Miro d' intorno il suo creato
la bellezza delle fonti,
l' incanto di un mare placido ,
le stelle della notte
Il vento di primavera ,
dono di lui di un 'infinito
amore.
I morti son desti,
I vivi si pentono ,
I peccatori si piegano ,
e' Pasqua nel timido
ramoscello d 'ulivo ,
trova il tuo consolamento.
Il pastore bianco
L 'uomo ,pastore,padre del mondo
sen va per la solinga strada
muta,deserta con l 'eco del passato.
Stanno i marmorei pilastri del fattore napoletano ,in Roma le spoglie
,duri eterni,come pioppi.
Filtra il nemico tra sassi ,fonti
case e parchi ed un continuo
mutir d'intorno.
Pioggia greve ,fredda della sera
che porti via pensieri,lacrime ,
ove andrai a riposar?
Solo una voce nel vespro si leva
e' quella di colui che di Pietro
Continua a regger le pietre.
Nubi oscure , per ogni borgo
la loro veste stendono si che noi
non possiamo più amar le stelle ,
ne baciar il disco d 'Apollo ,
perché siano fiaccati deboli
da feroce morbo.
Va il vecchiarello sotto il segno
della croce
Il viso si contrae in dolore .
Prega a gran canne il nome
Di te Oh Maria santissima e casta ,
gravida di Cristo per alta possanza.
Orazioni e un gloria a Dio nell 'aura
santa risona da cappella a cappella per ogni esultanza.
Te deum ,padrone di questa povera
arca troppo tempo violata,stuprata.
Quinci or viene il nostro verdetto :
Siete uomini o di poca sostanza?
Dietro s 'auna la lunga folla
dal perduto sangue e corpo ,
quelli vinti ,ombre innocenti
di cotanto scoppio
Nelle vostre membra il peso del male che vi ficco ' l 'ultimo colpo .
Storie d' ognum di voi ,
si perderanno come polline in
estate se non vi sarà un misero
sepolcro .
Ma ad una ad una
le vostre voci risuonano nella coscienza ,
che della morte foste acerbo pasto.
Mira a noi popolo pazzo
ma pur sempre figli tuoi
Oh santo nume immacolato
dei secoli tessitore
dei millenni governatore ,
resta questo duro passo ,
si che noi torniamo redenti a riamar la terra .
Oh marzo bello e gentile ,
perché non ti ammanti
di primule,di viole?
Ancor non pende il violaceo
glicine dal rami secchi dell' inverno.
Sembran muti gli orti
che di giorno in giorno si destano al novello sole .
Ma, risuona pianto, duolo
che ammutolisce il core.
Dall' alpi allo stretto ,
scorre dolore che in seno pon
fatal sconcerto.
Morte fine ,vile
senza lingua e credo ,
popoli diversi tutti uniti
al tuo tormento.
Nemico altero vile senza amore
che a pugna ci porti,
a viso ignoto ,sei punitor,
per l 'umano vizio agli occhi del
Signore ?
Non bardate i vostri cavalli
non fate risonar le lance
che qui non ve onor ma vanagloria
Non segue disciplina ma porta a ruina quelli che gradisce
ne spende fatica.
Alla voce della prece ognun s 'affida
Ispera grazia per la sua dimora.
Serpeggia fra noi
Il mortifero coronato,
lambisce coste
da un lato all' altro ,
dalla croce al corano.
Passa per l 'eterna e gloriosa
Capitolina
Tocca terranova Berlino,Barcellona
Parisi langue la torre tace.
Dei morti lunga folla,
alla terra misere spoglie,
Il fango ingoia.
Si strozza nella gola il nome
d'ogni caro ,
maledir il giorno
l' anno di cotanto inganno.
Cielo plumbeo senza sole ,
di' lugubri avulsi da spe',
ma solo il mieter
di sora morte .
Peste infame del popolo tiranno ,
fuggi via lascia le nostre strade
I nostri campi ,
la primavera bussa ,
e l' aere deve esser pregna
di floreal aroma.
Angeli in bianca veste ,
non vedono notte,
ristoro ,
con vetri e infusi ,
strappando alla bara
un moribondo .
Ma come tutto inizia
di poi si resta.
Per ogni borgo
della patria mia ,
non più il vociare
per i viali ,
non più mercanti
all' opra intenti,
bambinetti correr
alle scuole.
Italia bella ,
gloriosa ,
fiera,
più volte ferita
ma sempre eretta .
E' guerra nel ventre
tuo ,
Il nemico e 'all' erta.
Squillo di tromba
tutti al tuo grido
al tuo richiamo
l'.onor affida
Hai visto il tuo
solo offeso
da alemanno
e teutone ,
eppur brilla la tua corona.
Pur ora invasa ,
da chi si nasconde
nell' ombra,
Sarai vittoriosa
sarai odorosa di rosa.
Aprile
si versa a maggio
Tosto saran alla tua porta .
Un mio pensiero
sulla epidemia di corona virus I
Sofia
I biondi riccioli d oro li fai spettinar dal molle vento,
che carezza la bella chioma
Negli occhi suoi ridenti e fuggitivi il canto della vita
che tutta t'arride.
Ah, che dolce stagione vai vivendo
tu, che la fanciullezza stringi con ambo le mani.
Potessi goder di questi giorni nel coevo tuo tempo
Sarei ben lieto di spender un sol di", Veder il mondo come tu lo colori, con
il canto della prima innocenza!
La voce fine odo risonar per le vecchie stanze,
quando all'ora echeggiava quella di tua madre!
IO che fui di leggero appiglio al tuo andare,
Or mi resto e sento quel cor dipana.
Fui duro al primo appello ma al secondo , pronto
al lusinghiero incontro.
Porti nel pensiero e nel corpo i segni della carne.
Fulgido astro nella notte,quel dolce afflato m'avvolge.
Ei vocifera allo spirto inquieto
che tu sei speranza e conforto
Se pendessi dal destin selvaggio
Martedì 28 gennaio 2020
Il vecchio porto
M'innamora questo lento frangersi delle onde sulle rocce rose,silenti
,stanche .
Ricadono le adamantine gocce nel ventre del mar .
Quivi si perde il pensier mio tra questo mormorio .
Se ben ascolto ,odo la voce dell"infinito .
si perde ogni fardello ogni cruccio , perché ben mi nascondo in voi vivide
acque di perduti giorni .
Il vento fa garrir le bandiere dei navigli ,
che due braccia di roccia difendon ,
dall'aperto subisso.
Rilucenti raggi riscaldan l aere di gennaio ,
ed un brillamento mi desta m' avvolge
tra spruzzi ,sentimento.
Biondo gatto s' asside a rimirar questo canto mai saprò cosa batteva in
petto !
Per mano due vecchiarelli guardano di lungi ove il mar incontra il cielo
Voi che percorreste la medesima via
rimembrate la dolce vita ,
d' amor e intento .
Ah che pace qual piacer ,
mi dava quella visione ,
che mai avrei voluto un tramonto !
Falcia in due il pelago come un aratro ,
l'eterno monte che vigile sta ad ogni
mutamento .
Dal porto un odor misto a sale ,e reti Vetuste marcite al sole mi solletica
le nari ,fiere compagne delle lampare, ,pregne di dolore quand'è che da
correnti avverse eran divelte dalla riviera.
Una dolce brezza mattutina che ricoglie ogni
sospiro mi rallegra mi sento anch io leggero in questa immensità della
marina.
porto di san felice Circeo
Domenica
E' pur il di del dolce riposo.che sia di
vento o pioggia ,neve ,tempesta che i rami sfronda, non ve
mutamento,nell'aspettar.
Si desta il popolino al suon delle campane, mentre pigri i bimbi nel sonno
ancor son soporosi.
Nelle case al sentor dei camini e legna che arde si mischia l' odor delle
vivande
che allegre cuocion nei forni per il mezzodì .
Per le vie stuole di fedeli,s' a avviano
alla celebrazione del Signore ,
cantilenando le litanie
e far atto di contrizione
avanti all 'altare .
Corrono per i giardini ,i parchi i fanciulli
non carchi per quel di' con libri ,pensieri dello scolaro.
Si respira festa in ogni dove
le tavole imbandite ,
Il vociare sereno dei commensali
fuori tutti i tristi pensieri
per quelli ci sarà domani .
Foglie secche a novembre
Come le caduche foglie lasciano l 'alido ramo
Così i miei giorni cadono nella rimembranza.
Dall 'uscio vedo vortici di secco fogliame
stormeggiar,tra alberi e sentieri:e'
Novembre !
S'adunano ai cancelli del parco del silenzio stuole di gente ,
che recan mazzolini di pallidi Crisantemi
di lucida camelia ,sospiro d 'inverno .
Paion in quella turba multicolore
che gli stessi campi siano animati,
e vagare per ogni dove.
Un soffio più pesante smuove
le chiome ormai cadenti .
Ognun in quel mazzo porge una lacrima
Il rimemorar quel che fu' chi giace nel
bianco marmo ed or non è più .
Un profumo acre di cera si spande
nell ' aere autunnale ,
misto all' aroma di castagne marcite al
suolo .
E' un rito antico l 'onor dei defunti !
quel che si lega in vita non si solve
nella morte,
ma un foco arde il core ,
qual il camino d'eterno frio.
Più stimola il pensier della bella primavera
ancor più morde il fio dello sfiorir
dell' amato viso .
Di lungi folate ventose si mescolano
A petali ,pensieri e tosto volan via,
Io dal mio giardino pensoso calpesto
Il nero manto delle morte fronde,
e ascolto la voce di novembre
Era un uomo
Allor che le membra son smorte
fredde , pallide,
e l ' umano patir quinci si resta al
passo di sora morte ,
cosa resterà di quest 'uomo ?
Solo pianto , rimpianto ,indi
polvere ?
Tanto amaro il passo
su questa terra ,
eppur una vita ,ah mala vita ,
senpre punge il cor allo svilimento.
Siamo ombre in un mattino
pallido pronte a sparir alla prima luce .
Cosa sei povero uomo se non l 'ultima
polvere da tutti dimentica ?
Chi piangera sull tuo muto marmo ?
chi dirà di te bene o male ?
chi ancor mesto posera' un fiore ?
Temp'era della stella in bilancia,
O natura matrigna
perché ci inganni ?
Qual tristo fio
ci attende?
Tu madre non ci serbi
dal fato ,
non ci culli
come piccini quando eravamo
Nel grembo ?
Qual' è il senso
della vita se poi
siam tal quale
erba recisa?
Lontani i giorni d' estate ,
ancor da lungi si aspetta la primavera
Ma tu non più ti rallegri dei giorni ,
del vento ,del mormorio del mar
Perché giaci in eterno
nel tuo avello al peso degli anni ,
delle nuove stagioni
Foglie d 'autunno
Foglie stanche ,pendule da rami secchi,storti che rammentano tristi
il vento di giugno .
Fanno tappeto nei prati ,
al soffio d' autunno .
S' involano lontano in colorati
turbinii ,
tra il rosso e il giallo.
Cadono pigre e son gocce
di ricordi , di rimpianti
d' un tempo che fu.'
Ah dolce sarebbe esse cone quelle
foglie,
rinsecchir in ottobre,
ma esser gaie in aprile .
Al canto dei grilli si fan belle,
sicure tra i rami s' aggiran lancerte .
Son giorni spensierati tra sole
e aromi d' una natura ridesta .
Ma or tutto sopisce
La pioggia molesta quei poveri
cumuli di foglie d' esil ramoscelli,
che presto saran sterpi e pacciame.
Odo lo scroscio della pioggerellina d ottobre picchiare su vetri ,tettoie .
Che malinconia !
Eppur in se dolcezza reca
questo lento morir
della natura .
Pensiero sul mare
Mare blu, immenso e profondo,
e quel color in me si perde Infino
allo spirito inquieto che sovente si rabbuia.
Un gabbiano plana leggero a pel d 'acqua,
sfiora le onde e va migrando come pensiero,
si perde nel biancor del cielo.
Che pace che armonia io sentivo in core,
le parole son povere per dir come io ero libero.
Spaziavo per tutto il profilo che gli occhi
eran ghiotti di cotanta grazia.
Lo spumar delle onde , il brontolar
morendo sul lido,
un leggero vento ed ero rapito.
Cola 'm' era dolce spender il giorno,
le ore cariche di luce il tremolar
Incerto tra scogli e sabbia.
Mi si pararon di lungi le tre sorelle
ché circe soverchia
col monte.
Ponzia già nel tuo nome il mar risuona.
Isola spazzata dal vento baciata da Elios
Come s'ascode in novembre,
tra pioggia e tuono, il pelago s 'intravaglia,
molestato da correnti povere del sentore estivo.
Un graffio in quel silente vasto ponto,
tal m' era palese la nera terra col chiaro
bordo del fondo che la cingeva.
I colori si susseguivano a colori cangianti
giocosi , briosi.
Ma affacciandomi
mirando da quella grotta,
sotto
la scogliera tagliente e trita,
più nuovo velo mi risveglio il sentimento.
L 'odor del mare si confondeva con quell' aroma
d'acqua al sol immobile in pozze
e fosse.
Salivo l 'arduo declivio pini resinosi.,
pioppi stanchi, vivida selva
Quinci l' infinito riverbero
tra vista e costa
Come un abbraccio stringeva
le sue creature
Incastonati lidi
nascosti, rifuggi ove ombra
lottava con luce.
Qual maraviglua dalla spelonca,
era ritrovar se stessi, tra perduta innocenza ed onda,
Che mutava come fiamma incerta alla mia vista..
Toccai quelle acque diffiili indomite.
Mi sentii piccolo come un sasso,
quivi dimora.
Un leggerissimo vento filtrava nel nero
anfratto con un canto ignoto, strano.
Ah quanto era dolce spender il giorno,
Inebriato in un turbinio d" incanto m" ero
dal empo distolto.
T 'amo, t amo natura amica, a chi sa esser
umile, allor non rechi fatica
Era settembre tutto era immerso nel sonno dell estate
morente.
I risvolti di ponente rallegrava il. mio sentire.
Per quanto ancor la dolce stagione
Sara' sovrana?
Ottobre di già rugge scalpita
chiama pioggia,
meriggi corti.
Si rabbrulla son muti i grilli,
le foglie saran presto gialle.
Ma nella memoria e' vivo
Il dilagar di quei marosi,
la voce del mare,
e quella rocca ove io a sospirar mi posi.
Pianto interiore
Vieni rapida morte giungi presto
e fa del. mio corpo scempio.
Sollevami da questa vita troppo stretta,
troppo cruda troppo acerba.
Vieni Tanato,
che sei il. piu miglior amico.
Quando è freddo il mattino,
e la luce dl giorno par sempre
notturna che amor ha viver ancor?
Non è più dolce l ultimo commiato,
a un mondo a un "esistenza maligna?
Non v'e più dolcezza in ore tristi
In momenti fugaci
Sempre il pensier dominante
è la fine del tutto.
Pur la madre rese tristi e incompresi
I miei pensieri.
Lei unico asil ove fuggire i chiude il porto,
a lei che ogni pensier è dolce or
distorto
L immenso soffrir vorrei finisse presto,.
Che tacciano i rumori, gli affanni
I rancori.
Mi spoglio della mia veste mortale,
pellegrino già busso alle porte
dell' ade.
OH mio petto troppo ferito
Umiliato, sconfitto.
Non batter più.
persi i principi migliori
la speme.
Seme ero,
e tal auspico il ritorno nell'a negra
gelida terra.
Noi
La luce d" argento della luna
si allungava sul mar nero della notte,
con lente onde come un flebile sussurro.
Noi eravamo sul. lido,.
lieti con pensieri lontani.
Festosi canti di lontano, s"udvano,
ma io ero al sicuro li con te,
ed il. mondo furi.
Nulla ci poteva turbare!
Sentivo il battito di due cuori
vicini , vivi!,
gonfi d 'amore.
Eran il mio è il tuo
dolce mia parte,
Simone!
Ricordo quella sera sulla spiaggia con te
Vallone di Rovito Irruente gioventù che non freni i tuoi strafori,giacche 'credi tutto sia dolce e quieto,non conosci quanto sa di veleno l' imprudenza che viene retro. Pria che saggi l 'onor del vero ,sora morte spiega il velo ,dei suoi doni :lacrime e dolore . I due gigli d' Italia nel vallone calabrese Impararon a lor spese ad assaggiar Il nettare nefasto quanto sa di sale , Il.morso del destino che si piega ai giochi perigliosi . Le parche che tesson filano e tagliano ne stroncaron due ,i giovinetti , che credevan d 'essere immuni . La falce reale di scudo e corona inclemente , recise la speranza che li all'allattava. Ma tutta l 'Italia e 'un foco aperto . Ah serva Italia e il tuo fardello non sicuro Ostello ma bordello! Guarda come divorano le tue carni , Come offendono le tue strade Come umiliano i tuoi tesori! Ove sono i giorni lontani dell 'impero ? Rammenti l'oro e l 'alloro che ti cinse la fronte ? Sia fonte ,conforto ,il fasto del passato per esser grande ancor . Alto coraggio mosse i due veneziani , a calcar la terra del sud ! Ove pieta' non ebbe il fucile straniero . Morendo di lontano il miraggio d' una Italia unica, sola ,indivisa Qui peria la miglior gioventù Il puledri Mazziniani Viso torto tra le mani stanche , lacrime al par d ' un padre , per il sangue puro in suolo irredento. Ma come il fuoco gaio ,robusto ben tiene il vento , così germogliano nel bel grembo , Infiniti valori ,tutti uniti nel canto della patria tutti mesti per il suo dolore . Orsu ' giovine Italia risorgi ! Il maestro astuto ben ti governa , per lodar canto di libertà Or piu non puoi spegnere mille ,ancor mille fiammele, il sudore d 'un popolo Vince su ferro ,sul piombo . Dolce cader ,rialzarsi ancor , col petto più rosso del crepuscolare tramonto . Ad Emilio ed attilio Bandiera 25 luglio 1845
Campane Di morte o di vita In guerra e per gloria , In ogni sono sonate , per ogni favella ,favellate. Quinci più e grosso il tintinnio di campane quand'è che giubilar ci face ,a pasqua ,al cristo la salita al ciel rammentate . Ai sovrani devote , In nuova legge , coro al banditore . Come un frullo d 'ali leggere , vanno le note talora stonate nell 'aere libere e lontane . L' ora del vespro v intonatate come un canto soave , che rallegra la sera . Di lungi tra le foschie del crepuscolo , svetta il campanile qual torre ferma al vento non cade . Par che s'introna tra colli ,monti, tra prati giallo di grano , balzi rocciosi ed aspri. La domenica lo stuolo di fedeli , ricorda il Signore . Sì rincorrono lodi d' amore , scandito dal rintocco di campane. E' la fede che urla ,grida alle porte del cuore . Io mi ricordo le giornate lontane, del bel canpanil nascosto dalla siepe lontana . Ei di in ora in ora segnava la giornata . Per chi suona ,la nota di campana triste e lenta? Era per te padre ,nel far di settembre , ma ben avrei amato un grillo fra erba al sol di fine estate . Di Francia o d Anglia Germania ,d Italia ovunque Il loro ritoccare , ti rende cittadino d 'ogni patria . Per la patria avete lottato al fil di baionette e cannoni sangue ,dolore . Militi sconvolti ma nel petto il disio di.liberta'. Dolce e morir per il suolo natale , ma piu dolce' s'accompagna Il vostro melodico lamento .
L'esule romantico Tacciono le bocche dei cannoni , le cariche di cavalleria , Il luccichio delle baionette . Tutto piomba in un lungo silenzio , I giorni di gloria han perso talento . Or ramingo vai dalla patria tua , di lungi un naviglio , ti reca in seno straniero . Il mormorio del tuo popolo , le sudate carte , Il grido di liberata ' ti porti poeta ,romantico inquieto. Or dai piglio alla penna ! Se prima lottasti con piombo , ora risuona d' inchiostro! Non son le idee, le rime morte , ma riposano , son chete nel petto . Già pronte alla carta e sussurrare al vento . Si ,t 'han ferita la carne hai abbandonato il tuo tetto , giammai ti terranno in silenzio. Come puote una catena serrar il moto del mare? ammutolir, la risonante saetta ? Dilaganti e cocenti le strofe , che piu urlan del ferro . Un foco che si alimenta ed è gaio , l'ardor che entro ti spinge non si resta a lancia o Inganno . Vai veloce per le vie del mondo , messaggero intrepido , Il tuo canto smuove monti e valli ,fa eco come un sibilo dal cielo . L' aquila rampante al suo serraggio tiene per la gola la patria offesa . Non può tener più di tanto perché liberta' taglia la sua presa . Artigli e penne saranno retaggio d'una stirpe in servaggio. Hai fatto vibrar le corde dell' alma, eppur chi s' era in se chiuso per esser codardo i versi tuoi han seminato prodezza . Dal buio del secolo affannato da pianto risorge Il ricordo del figlio triste , Alla matta natura , Il suo lamento , povero poeta che oltre la siepe non vedea il confine . L' irruente cantor del suolo patrio, campione , la sua amata Zante culla del suo vagito rammenta mesto e affranto . Ai tamburi di Marte ostentate Il dono d 'Apollo .. Siate come l' odorosa lavanda che sboccia al primo sole la gramigna del verno dipana . Esuli ,militi ,poeti, I bei versi non sono come un pallido autunno Inver i primi boccioli della fulgida primavera . Il cacciatore Quando la bianca alba s’affaccia al vagito del novello giorno dipana la matassa della morente notte. Tra fiochi raggi confusi nell’ aere più fresca del mattino, si leva il cacciatore già pregusta il suo bottino. Rozza sacca lo adorna. Ispido pel il viso ricolma. Lo schioppo al petto stringe come se fosse la sua donna, ed un cappellaccio il capo adorna a mo’ di corona. Fischia è conforta il suo levriero che con scatti fulminei la preda addenta. Per balzi e clivi segue lo stornir d’oche pellgrine, il ciel di piombo riecheggia come un temporale d’aprile. Prende la mira e colpisce, vengon giù le sventurate qual foglie d ‘albero ai soffi d’autunno. Si colora l ‘erba di rosso sangue. Riecheggia per il canneto il latrato, pute d’ intorno quel pungente aroma dello sparo. Come van leggere quelle creature all’ aria libere né le piega la canna del venatore. Al tramonto tutto tace. Avanti l’uccellatore segue a muso basso il fido azzannatore Esausti ma paghi del carnier ricolmo. Rosso fuoco arde nel cascinale gira lo spiedo sui carboni ardenti Va tra canti e suoni l’odor della carne. Inonda il vino, calici. Fermenta allegro il mosto nei tinelli Si perdono tra giubili e sollazzi le ore del vespro, ed un muto silenzio, Copre il fumo, i resti del banchetto Mentre di lontano tra le rossastre Spire monta la luna Che alla tarda sera apre il petto
Vidi acqua Di lungi, dal natio borgo s’increspa la roccia in doppio lato, quinci in vaso sta il bel lago, che s’apre come in un abbraccio agli occhi incantati di chi mira con dolce sguardo. Contorno d’alberi dal fulvo tronco, all’altro fianco le casupole arroccate del suo villaggio. Nera sabbia, si sgrana all’urlo del vento, tra cespugli e il muto canneto. Per tutto il suo circolo, chiuso, le acque non fuggono nell’orizzonte, come son note sparir tra cielo e terra, nel grembo del suo fratello maggiore. Placide onde toccano la nera terra, che non rilascia l’odor soave di conchiglia e sale . Che pace, che abbandono O lacustre piacer che fremer mi facevi di sasso in sasso, ti nascondi nella tua valle . Nel meriggio fui sulla tua arena, al mite soffio dal monte, all’odore acre di canna marcia. Mi Inteneneriva il cor il suo esser cheto, come se dormisse da sempre assai sereno, non già una morta gora, per il silenzio d’intorno . L’esser taciturno dava vita all’emozion d’esser con lui In un sol canto. Inver pulsava il nerbo della vita Sotto l’immobille livore. Altra storia il brontolio del mar, che rivolta il suo grembo minaccioso, e fiero piega il coraggio a chi gli mostra ferro! Voi acque mie, sonavate come violini In armonia, sa ispirar quella musica che a restar ti face. Al far del vespro sciamano i rossi raggi sul mite velo giocando tingono I flutti d ' amaranto Sul lago di Castelgandolfo
Madre natura Sostentami O mia musa a cantar la lode della madre castissima , di madre natura ! Alza le vele del tuo nutrimento che è si cosa di vasto ingegno. Madre benigna e dolce, Che d' ogni creatura hai core , fammi udir la tua voce , che dia coro alle mie parole . Infiniti campi di fiori , con alberi e frutti , che rosseggiano , all' aere liberi all' uccellin suo godimento . Quei colori del tramonto , ove si perde il.mio.pensier , tra quelle ombre infuocate che scandiscono la fine del giorno ! All' alba la dolce sferza del primo vento dipana la foschia della notte con il primo. fruscio d' ali di vagabondi passeroti . e l 'umida ruigida rinfranca la ridesta terra . tra un 'argenteo e un biancheggiar che nel petto fa lena. Guardo il mare il.loro eterno brontolio, lo schiumar delle onde , Il sentor del suo aroma , quel frangersi fragoroso tra scoglio e scoglio mi rammenta che siam meno della più piccola roccia . Va il timido naviglio sulla distesa equorea, ogni ora il nauta in se spera di riveder la costa . Quei fiumi lenti, miti , quasi pigri,s'insinuano tra lingue di terra , e in quelle acque che paiono dormienti s'annega il mio tormento, allor in esso m'immergo per sfociar nell.'infinito ciclo della vita . Odo il vento soffiar tra i rami, le foglie danzar ad ogni folata , ma fedeli al ramo che non fiacca . Come un canto soave si perde quel fischio tra campagne e colli . In ciel luna che fai ?dimmi che vedi Oh pallida luna Figlia d' una madre maggiore che a se ti lega prima d'ogni altra ragione . Li ,nei tuoi silenzi , nelle tue sterili lande Il secolo insegue il secolo sin dalla prima creanza . Nel.buio.,nel freddo voi stelle belle della sera al sol calante sussurrate, fiamme vive eppur lontane , v'unite in gruppi ,in scie di foco , per esser men sole . Vola il pensier mio, a quelle foreste tra un luccichio del sol tra fitto rameggio, ombre senza calore , Il rumor serpeggia In un 'arcano canto. Deserti senza vita ,senza pace , ne la quiete del fresco meriggio . Una luce abbacinante che di duna in duna si riparte . La morte vince e suona Il.monito che è pur matrigna la madre buona . Ci fiacchi d 'ogni male che la carne rode ! Oh madre santa prometti quello che alla nascita s'auapica? V'e 'dunque l' Inganno che la spe' falla ? Noi più piccoli figli tuoi siam conti della tua grazia ? Eppur magione , natura , mia e infinite anime che in te albergan quanti lingua non può numerare. Dona quinci il sollievo che non siamo pagliuzza in una bufera , ma abbiano certe radici nella terra . Pria che sorella morte venga e miete le sue messi, lascia goder dei tuoi doni , non far che il verno ci inaridisca come fil d' esil erba.. Poco io chiedo un clivio ,che sia adorno di cipressi ove dormire l' eterno sonno che ciascun attende
Girasole Quando monta agosto rovente con il suo segno Leon nelle stelle , In terra tra campi di paglia riarsa si spande ove l' occhio più non vede un mar di giallo fiore . Un profumo d 'erba secca dai raggi vinta, e loro eleganti svettar per interminabili filari. Oh bel fior triste e sempre vivo In te ricordo rimane dell 'amor proibito . Al ciel si volge la corolla bella ,segue con infinito pianto , del carro il diurno tratto. Clizia ,giovine e infelice Il cor d 'amor mancato sì strugge per il suo amato . Apollo adulterino ,dio dai mille talenti pietoso ,del sol cocchiere ti mise in terra in forma di fiore a veder in eterno la bella stella e il suo tiratore. Amor perduti amor traditi quanto pianto si verso" sul rigato volto ? E dunque tanto amaro il dono d'eros? Dolce il frutto ma Inver salato .! Ma in te dolce fior che in estate fiorisci e all 'autunno resisti , ancor rimane un po di quella passione , gioia pura oltre ogni oppressione . Raggio di sole in terra nato sei degli amori ,sigillo dorato.
La fine chioma dei suoi rami spande al novo vento di marzo, che s’appoggia alla primavera. Gialla, come sol che diventa robusto or che il verno lascia il tizzon combusto. L’aere impregna di quel dolce aroma di paglia e fiore. Finissimi ramoscelli tra campi ammantati, son sparti in bella mostra. Muove il femmineo tronco nei sospiri di zefiro tutto il giorno, come una danza elegante che fa già assaporare la Pasqua e le campane. La vedo longilinea tra i giardini odorosi d’alloro, di rosa. Grappoli eleganti dal ciglio di donna, giacche di donna hai sembianza. Adornar sono pronti per le gentil tempie. Una fanciulla al calar del sole s’avvia col canestro pieno di mimosa. Canta lodi al vespro, come futura sposa. Già s’è vestita dei suoi rami! Pria, che il marzolino evo faccia il decimo inchino, all’otto sarai pronta, per unirti a quel coro di donzelle, quinci sarete una sola cosa in quell afflato che v' unisce
Ai suoi abeti All’alte cime dei miei abeti io mi volgo. Oh miei fieri alberi fronzuti e mai abbattuti, voi mi vedeste fanciullo, alla vostra fresca ombra in estate. M’udiste dei sogni, dello stupore, ove tutto per me era meraviglia. Ricordo quel vento mite di giugno rinfrescare le giornate, e, l’ondeggiare elegante ma duro del vostro tronco. Rammento il brusio delle cicale, voi forti vi innalsavate, fin dove i verdi rami coprivan la luce del sole. Era un gioco da mane a sera, nel mio piccolo orto, far capolino dai vostri fusti. Quell’odor del vespro ancor mi sollitican le nari. Tutto avea un tono diverso, un viver più vispo. Non so se fossi io O più gaio il tempo. In autunno tra quel morir di foglie, e il sentor della terra bagnata, Mista alle castagne mi riempiva il cor, pur se il giorno era pigro. Eppur il camino era fratello di serate piovose, tra legna e fumo. Da una finestra vi vedevo miei dolci abeti, alla furia del vento, dei lampi. Sempre al vostro impegno di non mollar la presa al rinntronar del cielo. Pur ora che il mio tempo corre e non si ferma vi miro assai contento. Non più gioco con voi, li c’è solo il mio ricordo, che echeggia tra le vostre fronde
Il figlio del male Non Leon d 'Italia ,ma vipera di campo non liberator qual il savoiardo , Inver di sangue voglioso ,ingiusto, ,onesto . Te, che dalle sponde della bella patria fuggisti come cervo nel bosco or ritocchi il perduto suolo. Vile !guardi ancor questo cielo con gaglioffo volto ? Odi,il pianto amaro ,le lacrime sparse sul bianco mamo per mano tua ? Alla vita tendevano gli innocenti, caduti di piombo contusi I sogni divolano lontano qual nel vespro sì perde il pettirosso smarrito . Dolce il tuo riposo nelle calde terre di frutti ,di fiorì non ad Italo devoti. Ma quando il triste seme d 'Arimane monta e alleva il suo dono, alti lamenti straziano ,l acqua diventa foco ! Gli occhi gonfi di veleno Il corpo teso come il ferro cerca il ventre la mente persa nei suoi meandri. Più per scherno che per pentir, riso amaro il labbro produce Ah che triste visione ! Pur a pieta il.milite conduce , nella pugna feroce , ma ei no! Gode ,riluce del mal che gli fu 'più madre di quella che gridando lo mise a luce . voglia la guardia del ben condurre,vegliar Diche,stringi forte le sue catene che tal bestia a guisa di verme sempre trova la sua fuga. L 'amor che tutto guida , mai ti fe' alcun ciglio O fonte di saggezza perché tu avulso alla sua carezza voltasti la fronte per via perversa . Or piegati ,un petalo di papavero , porgi su quelle misere tombe , opera tua del tuo furore ! Il rosso fiore devoto ai caduti copra il sepolcro , da tanto tempo grida giustizia e gronda di dolore . La pace ritorni ai vostri cari . Possa il dio supremo darvi La consolazione e il ricordo Nel calor dei defunti . 1)arimane spirito malefico nella religione Sì zoroastro 2)Diche la giustizia 3)Italo antico re italico Questa è la mia visione della cattura di Cesare Battisti
Il passero Felice te piccolo passero che per l'immensita del ciel ten vai dal sorger del sole fino a naufragar nella luce della sera Alla pallida luna sfiori il velo,alle stelle notturne mostri la tua eleganza . Vola e carezza le rotonde colline le aspre montagne Dispiega le ali ,plana rapido su ruscelli su stagni silenti Degli altri ugelli non sei compare, voli pensoso dei tuoi affanni Intenerisce il cor e la campagna astante Il timido cinguettio da un ramo rinverdito E' primavera del biondo miele d' un muggir d' intorno degli armenti al pascolo all'occhio vigile del bon pastore Gioventu ' felice ma fugace come muori ed e' il tristo ricordo dietro il colle con il tramonto Ma a tenon grava il fardello del pensiero dominante della vecchiaia e del malanno Ah quanto vorrei librari con te in quelle giocose correnti di vento farmi cullare dal dolce soffio del mattino . Tu libero e felice non sei legato al quotidiano cruccio che l' uomo affligge .solitario vai per la tu via ed io ti miro ,ti invidio piccolo amico lontano . Ah ,offesa mia vita ,da tanto dolore Indebolita quando giovinetto il padre dipartiva Ne temi con affanno l 'ora di tua morte . ma vivi il giorno ed il vespro con amore finché il tuo indomito spirto sarà dall' umido scirocco consolato .
Camelia Quando quel freddo verno giunge e dilaga in ogni orto , tra parchi ,viali sfioriti , alberi dalle cime morte , allor tu germogli a dispetto del vento , che rompe spazza ogni fil d 'erba dal gelo coverto Oh rosa d' ,inverno come biancheggi!, qual pace per gli occhi ghiotti , che in tanta moria vedon quelle belle corollle che s ' aprono miti ma forti , al tocco di gennaio . Un turbinio di colori ,pur vivaci petali ostenti mentre attorno a te tutto tace . Tace il passero solitario , troppo intento a cercar riparo . Ammutolisce il mormorio di stormi caciareschi. Sol tu ti mostri bella ,forte ,vigorosa . tra soffi rigidi ,pioggia che annega ogni pensier , Io ti miro. Tu come madre devota che per ogni figlio il cor Intenerisce, proteggi quei timidi bocciuoli , temi il calcante dio inverno ,non te li strappi! Dioniso già dorme nel suo sonno invernale, Cerere ove sei ? Torna oh somma dea a ingravidar la terra del tuo grano Si brindi in lieti calici la primavera e 'ancor lontana. Io al camino che mi riscalda le sere do i miei sospiri. Intanto giunge l' inbrunir che cala di giorno in giorno In questo aspro tempo .
Il piacere Una folata di vento in primavera mi ristora il corpo e la mente. Il cibo preparato con tanto amore soddisfa le papille, ancor più il ventre. Un sonno ristoratore, dopo lunghe notti dal guanciale assente, rilassa il corpo fiacco. Mirar dalla finestra una fogliolina che cade si rigira nelle correnti dispettose e, frettolose rallegra il cor. Un tramonto sul mare quando par che vengono ad un patto cielo e terra, commuove, dolce quadro di emozioni Il volo sincrono di rondinelle stanche che si librano nell’azzurro, l’estasi della libertà, sogno, aroma di terra lontana Quinci un passerotto si riposa su rami contorti, che spera, è solo il piacer d’una piccola vita. Quel mite fluir del fiume tra ciottoli sicuri, la quiete dell’anima. Quei dì piovosi, la malinconia che prende , di poi il piacer d’un camino acceso dalla scoppiettante legna La lenta goccia di rugiada nella pineta, canta la sua melodia sussurra all’udito miti note. Ma più piacer è sentire, vedere, amar, soffrire. Allor ti sovvien d’esser vivo, che sei un’uomo il giorno ancor sorge, la notte rammuta da sempre le perdute storie.
A Bacco Ride Bacco il sommo dio che nel vino fa sua festa Gridano ,saltano fan pazzie le sue ancelle , per campestri balzi, invasate del suo umore Del piacere fanno un'arte mentre scorre nelle vene e riscalda i corpi squassati che ogni pensier il senno non tiene . Vanno le donne con tirso ed edera tra le selve, rivelano del dio il suo potere . Ebbre in volto del godimento sature di rossi pampini, che han segreto nel lor fermento . Scintillante nei calici cade dal sapor di bosco, di uva zuccherina , con quel sentor d 'agreste . Fuochi alti ,voci rotte dal buon liquore che la vite offre . Ancor ricorda il dolce creatore del frizzante succo la passione per la triste Arianna in asso abbandonata e che fece sua compagna . Oh bacco come ti fu pesante il ciarlare a tebe che il tuo nascer non fosse divino, ma solo carne umana e ne padre dell 'olimpo .Te che le mente offuschi e un seme di follia spiri sei il nocchiero del piacer carnale , del bel parlare ,in te i sensi dilagano. Quel color rubino che riflette la luce nel suo bicchiere tanto invita a farlo proprio che ogni freno cade e s 'arrende . Chi beve e si fa spavaldo O, si nasconde dal suo veleno per non mostrar vile inganno . Quanti cuori infranti han trovato in te riparo ,sollievo dopo copioso pianto . A te ,inebriante e sommo va il mio canto io che non son tuo vassallo ma nel tuo profumo amo la quiete d'autunno
L' arcobaleno dopo il fortunale Di gia e' finita la furia della pioggia d' autunno con il suo violento cader dal cielo senza posa. Allor ognun ritorna al suo officio a quel che era intento . Ma, tra la nebbia e l' ultima brina del temporale si insinua la prima falce d' arcobaleno che fende le nuvole e il grigiore. Risplende la sua luce che si offusca tra le goccioline dispettose. Supera valli ,monti poggi ,declivi. S' unisce al secondo braccio di colore che già lo attende in cielo. L' Arco attraversa tutto l 'orizzonte sotto lui ancor un lento dormire ed il sentor di quella terra bagnata odorosa di foglie morte . Allor i bimbi incuriositi guardano oltre le finestre ancor grondanti della piovana Stupor prende i giovani cuori ! Quanti sogni nascondi che a sognar ci porti ancor a fanciullina memoria Regno di folletti da pentole d 'oro strada tra terra e olimpo che iris crea, spaccatura del ciel per il sentir del Catai! Vai sognatore tra i due mondi oltre la conoscenza ,ove ti porta lo spirto vagabondo ! Ai sogni non si chiude meta e sono liberi come farfalle in maggio . Quando ero in dolce età ancor acerbo vedevo incantato il miracolo dopo cotanta bufera . Mi perdevo tra quei colori a ritrovar la stella . E pur ora che gli anni hanno inseguito l'un con l'altro tutti i miei giorni miro e sospiro al cessar del tuono , la volta che si rasserena Con la soffusa luce che riavvolge La natura d'amor che la piova spense .
“Vite stroncate” Alle fanciulle tenerelle, che mano nera portò a negra terra, una prece si tende. Cosa rimane a voi mestissime madri, se non carne fredda e lacrima amara? Cuor ferito, vinto, potrai viver ancor a tanto schianto? Le pietose spoglie alle braccia rese son povera cosa, non più sorrisi, non v’è sogno negli occhi spenti, ma solo un lungo silenzio. Sparte al suolo come povere foglie senz’anima, nè vita ancor. Maria, madre santa poggia la tua mano al capo esausto, al petto lacero. Te donna, che hai visto un tempo il figlio tuo fra sangue e legno ed hai bevuto dolor del figlio offeso. La vita che scorrea per voi come un torrente in piena, ha visto la tagliata vena. Quinci dilagar cone acqua in fango senza meta perdersi palmo a palmo. Ah primissima età della vita nostra sempre rimpianto, frettolosa, fosti inganno vile e ingordo mascherato d’avorio, bramavi di strappare dai giorni azzurri le fanciullette, con abbaglio fatal . Se il lupo blandisce la pecorella ignara, male tempo corre per lei, sotterfugio da tale canne vocato la porterà a incerta sera. Voi affidaste il destin cieco a vigilante assetato, bieco che morte reca a chi mal s’affida! In due caddero fiori recisi da vita stroncati. Un tocco di campana, un muto dolor che troppo non sfocia la parola è avara! Alla prima alba del cammino cadeste in fallo. Ma in cor si spera Sarete le prime a camminare insieme nel chiaro vespro che già vi tiene.
Pescatore Orsù pescatore tira ancor le reti in barca che sono piene dell’amor del mare! Quante volte ripetesti l’ontoso gesto quanto sangue hai versato tra i flutti lividi ed impietosi? Quanti fratelli e figli han perduto i loro sospiri in questa immensità che ti confonde? Tagliate le mani da fili, la carne bucata da ami, la fronte riarsa al sol questo ti fece uomo di mare! Il fido scafo, compagno di lotte e di pianto, di vento in uragano e sale che rode la pelle. Là nell’orizzonte che intimorisce Il cuore più volte credesti di lasciare Il tuo dolore. Ma la distesa equorea di nettuno ti dia sempre onore per riprendere la contesa il dì seguente. Giammai tornò persona viva alla sua riva Se il tridente rabbioso sul fondo batte. Sei fatto di niente qui pescatore Solo puoi stringer un pugno di pesce se il pelago te lo concede. Dimmi, quanti tramonti al brontolio dell’acqua quando il rosseggiar della stella del mattino si mutava nella tua sola consolazione di aver visto il vespro La sua ombra solcava come freccia veloce le placide onde, allor tutto si quieta. Gli affanni, la fatica l’odor del mare In quella pace che calma ogni pensier tu ti abbandonavi. Lo sciabordio del legno, la luce della tua torcia ti segni la rotta. Quando sarai a dimora, nel sicuro guanciale al calor del fuoco Il tuo spirito è già pronto. Quell’effluvio eterno s’appressa all’alba perché sei un tutt’uno con lui e con le creste che si frangono allo scintillio del luminar.
Una candela Nel buio che appesta ogni pensier e ogni speme dilegua v’ era una candela . Piccola luce ,tenue, soffusa, pallida eppur dura. In fede mai ,io credo le ombre spesse , grevi, mortal, ricevettero i biondi raggi del mattino, nel biancor dell alba . Un canto d’ usignolo a maggio , non s ‘udiva nel vibrar di quel silenzio che tutto chiede nulla dona. Tanto era pesante esser li nel ventre nero che già un lagrimar m’ era spontaneo . Io cercavo quella graziosa fiamma che piccola squarciava l’ opprimente coltre senza vita ,sine amor. Oh fiammella lontana seppur minuscola, lotti ,difendi la tua lampa . Guida i miei incerti passi onde io non cada in fallo. Forte ,dilaga tra il torpore, il sonno, la pigrizia , della nera caligine. Seppur furon sempre più cupe , soffocanti bieche, non riusciron a placarla risplendeva come mille stelle. Tutto l’ universo non l ‘avrebbe mai vinto quel timido, umile cero Nel cupir dello spirito Che s’ era affranto da tanta pena, l’umano non regge siffatta meta l’ unico mio disio era uscir ,sentir Il fischio del vento, Il profumo del mattino
Sogno Relegati al confin del mar che sfiora il regno della negata spe' , nella caverna tramate quel che la notte sussurra . Oh ,oneiroi fratelli come ben piegate le vostri arti a far della mente mortal falso teatro di inganno e sospiro . Caduti nella quiete notturna nel sopor che le membra cheta , t' abbandoni al facil gioco , tra piume e lana s' assapora il lento dormir . Il carro d 'Elios già s'è ritirato nella sua spelonca , batte nel ciel trapunto di stelle alla finestra dell'universo ,madre sera il silenzio ogni mormorio ritiene . Amor , dolce amore , nel giorno. donasti i perduti baci il fanciullo ancor ne vuole cerca nel sonno il desiderio di cotanto ardor. S 'appressa , si camuffa Morfeo tamburella sulle chiuse palpebre infonde il ricordo. Come venti ammansiti dai soavi soffi di zefiro volano lontano gli amanti istessol fan nella vera sfera ,così nella seconda, giacciono ancor !. Il mieloso canto non dura molto , l' altro fratello nuove il calcagno preme ,vuol diriger la marcia . S' insinua ,Icelo irato ,graffia ,stride nel dolente petto pungola il cor all' affanno tutto si contrae, le membra tremano! Ecco , ti reca il pavor ! Un 'assaggio di tormento arcano bestie feroci ,inumana forma d' ogni animal che capir e' assai aspro . Fuggi cerchi il giorno, finché ei comanda non su puote uscir dal suo passo . Si rasserena con Fantaso il più bello che mena per sconfinate mete ! Montagne innevate , volar sugli oceani combattere pugna qual mai terra vide . Assaggiare il frutto degli dei disquisir con filosofi, con santi. Nuotare nel. mare al fianco di sirene , Correre in rapida caccia con artemide . Questo il bel dono. ma la notte e 'breve Il buio che fu tanto molesto Come il sale lacera la ferita, ti fe piegar a viso basso Al par di chi nella foresta si perde , sì spaura ., Apollo ha ripreso il suo trotto la luce fende il viso , Respiro l 'aere del nuovo giorno
Padre e figlio Carne nella carne Sangue nel sangue In te oh figlio mio sì riflette il mio cuor Quand'ero fanciulletto pensavo da giovine . Ma gli anni mi misero a maggior ragione del fuggir del tempo . Fatti per lasciar ognun il suo segno io mi rifugio in te che sei il mio domani . Sorella morte non vince la sua partita ,coprirà le mie spoglie, ma inver la vita vince e si rinnova . Saremo corda unita oltre I meandri del tempo. Quando dal duro lavoro ti ritiri ,padre , e corre alle tue ginocchia il tenerello non è forse il maggior diletto che la vita ti dona ? Ambedue ,anime vacanti ,tendete all 'eternità dell'amore , Un foco caldo che rischiara la notte, dal pianto e ghiaccio . Ah mia semenza ,unica ragion di calcar la terra ,figliol sarai il mio legno ,ove troveran riposo i mortali pensier . Un di' quando tuo figlio avrà la guancia di pel coverta , rivedrài i suoi occhi . Tu ormai nel corpo defesso In lui rispecchi la luce . Braccio a braccio di aver percorso la strada della vita .
Anime Anime morte ,anime stanche ,anime che ancor la luce le appaga. Respiri immortali, persi come semi in una tempesta di vento eppur ancor legate all 'amato governo. Parti infinite del naturale concento ma note soavi del firmamento. Voci in un turbinio del continuo evolversi dell 'universo inver non mute fiammelle alla pioggia e gelo. Anime bianche o nere, pur sorelle inscindibili dalla loro natura ineffabile. Pallide idee ,pregne del primo amore. scintille del foco primordiale atomi di luce in cui risplende il vero sole.. Anime ,che non sperano più ,che han perduto il filo di quel dolce calore , le chiama come falena alla torcia.,l'altissimo dottore In se chiudono quel sentimento , che si nutre ,si rinnova quinci l 'antico disio le sprona come indomite giovenche, allor l'architetto incorrotto ,a se le aduna. Anime dormienti , ferme nel.loro moto prive della graziosa linfa. Eppur la cristallina acqua scorre nel suo letto con ogni molecola che segue la fiumana , fonte e guida della madre acqua. Così di anima in anima, energie purissime del fulcro che le allatta sì riuniscono come stormi di uccell al tramonto che cercano il caro nido. Quelle bramar il lor fattore Colui che alla terra diede in serva la luna , la morte non le piega . Nell eterno abbraccio gioiscono le libere essenze ,nomadi e solitarie d 'attinger a quella quiete che mai al tempo si piega
Oltre la finestra Oltre la finestra io vedevo infiniti spazi ,giardini ,colli ,siepi. Ed era come volar via dalle amate mura , fin dove l' orizzonte non si confonde . L 'aria tersa del mattino rinfrancava la mia mente fanciullina , di quella che sa ancor goder delle sparute cose. Mi sovvien la dolce voce dei ricordi , dei muti giochi ,di sogni fugaci . In primavera l' aroma Mieloso dei fiori si confondeva con il ronzio delle prime api laboriose. Io un poco tralasciando gli innocenti giochi miravo lontano . Assaporavo quelle fragranze spezzate dal pungente olezzo della nuova resina . Odo il.mio vociar ,e le ore delle sudate corse .Dolce tempo mio ,compagno di lontani ricordi ,guida e supporto di rimpianto . Nascondersi dietro il rugoso nespolo tra ulivi rinverditi , temendo le spine di maggio delle pavoneggianti rose . Ah dolci occhi miei ,cone vorrei rivedervi in quell 'incanto . Ove siete perduti passi ? In questo vento di passione mi faccio rapir . Vi attenderei ancor ,col primo ritorno delle vagabonde rondini , se tanto voi aveste l'ali. Un velo nel cor mi cala m'offusca il mio pensare . M'affido alle vele del mio spirto che traborda tempo , cavalca gli anni , mi salda ,ancor mi chiama. Allor tenace mi resto ,e sto ad ascoltare .
Triste viaggio Giovinetta del tempo andato ventun lacrime il tuo viso han rigato. Ancor troppo giovane per capir il mondo troppo acerba per perire oh tenerella! A ventun anni tendeva la dolce età quando tutto ride ed è gaio . Ma al Canal di ferro del binario amaro finivano i sogni ,gli abbracci ,la gola si strozza come si intoppa il fluir del fiume se sasso lo stronca . Incerto viaggio, nel vagone nero che sbuffa,stride ,ferro a ferro . Quanti pensier si perdevano in quel viaggio che strappo' da ogni tetto madri figli padri e pargoletti ,per un campo spoglio,freddo ,straniero . Austria ,Polonia di lungi vi chiamano al tristo appello del destino fatal. Morte ingorda e senza patria , attendi ,speri la turba ignara ? La vanità dell 'essere il fascino del male hanno tessuto catena a catena . Povera gente umiliata e unita, tutti in riga, qual vigili soldati , ma sparti ,in fila che parevan interminabili filari . Tanti quanti più di due mani non posson contare , due volte il dieci,ed uno lo tira. Allor la memoria corre ed è contrita all'afflitto cammino d'onde s'eran parati. Piangete?quanti singulti? Troppi che è affanno a narrare ! Scoppia il cor di dolore soffoca l 'amor che brillar non puote Siate uomini e non pecore in sangue che ancor la dignità vi scuote. Or tutto tace ,le grida son nell 'aere dissipate. Non son ventuno gli anni infranti ,inver in tre volte sì rigira . I giovinetti han varcato In carne e spirito i giorni del perduto sorriso. Son deboli le ossa s 'e incartapecorita la pelle un tempo fina ,grigie le chiome un di' sciolte al vento ,spento l 'occhio da vecchiezza e verno. Ah belta' svanita e mai fiorita ! Tu vecchio corso antico sei ancor li ,muto , stanco d' esere stato Il varco ,per il passo , ove morte era la sola amica . Ricordando il triste binario 21 a Milano Ove gli ebrei venivano portati nei campi di sterminio.
L'uomo e il mare Nato in quella terra ove il profumo del sal vince sulla primavera , avea più acqua che sangue . Il volto segnato ,solcato da fatica e sudore lacrime ,amore! Ma le potenti mani ne facean uomo onesto probo che nessun mal in lui si leva . Quanti tramonti con occhi bassi alla luce della Sera ! Le acque docili all piè giungevano . allor come colui che si compiace Di cotanta lena ,le contomplava Con malinconico amore . Al far del Vespro si placava Il rubicondo splendore . Il.mar come culla ,dondolava gli ultimi ricordi del di' morente . Eri li Benedetto di nome e in petto ! Ah quanti sospiri commisti alla salsedine Cola' avevi il secondo parto dolce come il primo dal grembo materno nato . A te gli onori della costa che piange, si lamenta da piaggia a monte Mute giornate dalla tua voce assente , Corre il ricordo ,si rifuggia al tempo migliore ove il rammarico non s 'accora. All estremo respiro la mente mai s'allena giacche speriamo sempre di sentir la nova brezza . Qui che si ferma l.'umana spe ,risorge il cuore libero , inviolato ed eterno. . Nel giorno del dolor che seguir morte e pianto , non.sia il ricordo amaro . Ove nascono. I primi raggi che per pigrizia portano. le creste delle onde sul lido. , li segui col pensier ed il sorriso , che non son morte le idee lo spirito gli amori , ma solo questa carne che in terra mi resta . A ricordo di Benedetto Cerasoli
Lupo Selvaggio lupo dal fulvo pel che l' uomo teme dalla sua storia . Se fosse pavor il vello pieno non vi sarebbe rifugio e tetto. Feral il morso che infinge non per sua rabbia ,funesto intento ,ma come Artemide, dall arco d'oro ,ditta dentro per suo governo . Natura ,d'ogni creatura albergo , fonte di vita dal monte al deserto. Quando la lupa s 'aggira per i bosco, non s'ode pigolar il passerotto , Il vento trema al suo passo , al suo tono . Lupo che pensi ,temuto amico ? Ti rifugge ognun che la vita adora , simbolo di morte di cruda sposa . Gli occhi indomiti fissi e fieri non conobbero mai chi piego ' capo e artiglio, Oh terrifico ringhio Che entro ti brucia Tormenta come un vento In tempesta allor che a cacciar nella selva sei all "opra ne catena ,capestro per suo onore . Bramosia ti scorre come fiume In piena, maestà 'del regno fatal e antico che pietà non nuove al suo cospetto virtù mai fu seme di tua struttura , amor dell arte e sua scrittura . Sol segue il bestial core Che entro ti vince . Siamo noi di genio pieno , uomini onesti, o più fratel del nemico altero ? Quando ci lordiam le mani di sangue e lacrime chi più cruento? Le morte idee risorgono illuminano Il sentiero chi più affonda le zanne E l' uomo ! Il male serpe senza freno ma non di muso, sì veste di pelle ,viso verbo e Cristo! Il cupo pensier che toglie notte ,quinci sonno e' la coscenza che bussa ,tormenta , raminga senza meta
Airone Vola ,vola alto airone bello tra cielo e terra Voli e ti innalzi dai venti ti fai carezzar Le ali aperte dignitose e fiere ogni soffio D'eolo usa ,nell aere giocar . Te che vedi tra le bianche nuvole , Il nascer e il morir del sole , l' inizio ,la fine d'ogni giorno ,ti perdi alfin nelle rosse spire del tramonto . Tra le perdute sabbie del deserto , nel cor di coloro che resero eterno il loro passo eri un mago! Messagger tra questa vita e quella dell 'oblio in cui siamo solo vapore , ricordo di quel che fummo , ombra dell "uomo disfatto , pensiero di un' infinito dormir . L 'anima del Cristo in te respira Vuolsi cola' ove tutto sì puote che morir venisse per le sonate storie . Lui solo e ramingo umile fra gli umili , nell 'istante fatal la fede si franse . Quinci si vide a viso con la morte , pudico passo d'ogni spe' collasso . Mente e spirito dei saggi antichi te vocar , per ritrovar la via , la propria ragione . di inizio ,della conoscenza , del continuo fluir tra mari ,fiumi , nel vortice della vita . Oh airone , dolce uccell quanto hai seminato In queste vite ! Ma in te libertà , sorella amata dal sapor acre si impone . Libero ,elegante bianca piuma al ciel, Leggero qual il soffio di zefiro In primavera . Sei avulso dal peccato , fuor da grigie idee , dal morso del disio che in terra s' incarna . Porti co te quella purezza beata, per la grazia, gli orizzonti d' amor infiamma .
A Goffredo Mameli Ardor giovanil irruente , cone un mar in tempesta ci muovi per arditi passi . Spirar tra le braccia del generale savoiardo Il poeta sognatore ,che un canto d' italia aveva per la patria dal cor creato . Una sola e indivisibile , che unisce la lingua e inchiostro . Ah roma al poggio 'del papa tiranno un lamento dalla mura si leva ! Scorri Popolo come fiume in piena non sia catena a troncar la via . Farsi libero governo e non un chiostro santo, al canto del chiercuto che semina inganno . Goffredo dal petto impavido giovinetto di tutto entusiasmo , per roma liberata al suo gran salto, periva tra mura e sasso ,al colpo .del francese che pria canto la marsigliese poi fu lupo in agguato . Oh libera città in libero spazio coi tre saggi al tuo comando , volevi repubblica , alla ferrigna corona . Quanti sono i prelati che mangiano al tuo piatto? Quanti ancor più vorrebbero sotto la veste far misfatto? Goffredo , figlio di roma campione d 'italia come l 'altri fieri alzo' la testa contro Il tiranno bianco . Alla fede, alla carità s 'affida il sovrano arcano ma inver come vipera soffia veleno e affanno . Risorgi dal lungo sonno ,dal cupo pianto In cui ti verso il popolo infingardo ! Dalle tue ceneri di antica gloria uno squillo di tromba ti sprona E' l urlo dei giovani combattenti degli eroi puri che han scavato nella coscenza . Montà dilaga in gni dove quel grido fiero come un mar deborda ,forte minaccioso,non teme freno o porto . Al capo il bel poeta che mai vide l' età migliore ma muore da profeta ! Era il tempo di battaglie ardite di cimieri franti di cavalieri armat,i di spade sonanti. A te il dolce ricordo vate d 'italia. In te base e amore che ci unisci qual vele di una nave , che rende forte il naviglio nel temporale . Con te, il coraggio che infonndesti nel tuo canto ogni italiano sì inorgoglisce , pronto a morir al par tuo che solo a venti l' anima hai reso, per la gloria dell eterno . tributo a Goffredo Mameli Giovane patriota che morì nella difesa Della Repubblica romana nel 1849 A soli 20 anni
Sotto la croce Sotto la croce lugenti, le donne si battevano Il petto gli occhi pietosi rivolti al capo reale. Nel santo nome di quello ,figlio redentore , Maria ambo le mani a terra sparte , come se volesse riaver la carne che ebbe in grembo . Ma d'ella sangue s "e fatto che riga il legno imbeve, il terreno. Al santo.lume spirano i pensieri e nel funesto giorno s 'assidono come neri corvi sugli alberi . Piange l' apostolo eletto, la peccatrice che della pietra già sentiva il petto lacero. Deserto dell anima che non trova quiete, vita più non risorge . Ed è brulla ,spenta come il dorso del Vesuvio che non si copre di primule in primavera . Pietose lacrime di madre amaro vino dal sapor di morte . Stanno i militi muti all' orrendo fatto Ancor il Vigor dell'uomo hanno nel palmo . pioggia violenta cade sulle teste matte , sull' orgoglio dell uomo ,sul destino che ha avuto il suo andare . Piove e par che il ciel si gonfi e rugge Come furiose canne di leone . Brontola e si accapriccia l' universo ! La natura s' appaura ,ognun in se se stesso sì rifuggia del perverso che ilcorpo ha offeso. Tace , tutta trema la terra al sonio del giudizio eterno . Or rendete il messaggero , lo spirito di corpo vestito Il capretto ubbidiente al suo coltello. Maria ecco il figlio con le braccia pietose Lo colse si tinge il manto del suo umore Per sempre la colpa è resa il pacificatore s' e fatto carco di tanto dolore . Il volto contrito che ogni madre Non vuole ,nel pietoso viso diventa amore ! Amor si leva e vince, che sotto la croce La morte il suo piè non smuove .
L' inganno della morte Ah morte beffarda ,cone ti nascondi per esser men nota a chi teme le amare mire. Vigliacca ,travestita ,ti Insinui nel giorno nella luce bionda quando è più lontano il tuo pensiero Qual'ora veniamo al mondo col vagito e nolenti lei già punta il dito . Nell 'andar della vita come belva senza remora , nella foresta attende , gli artigli liscia stronca chi non teme viso a viso . Agosto robusto ,giocondo trionfo d 'estate dal sapore di mare . L 'urbe viva ,che s affaccia sull'onde con baldanza ,vedea i figli migrar per sparu to tempo finché settembre non galoppa , reca seco Il profumo d 'autunno . Allor foschi presagi s 'adunavano sulla folla gaia! Quella vena di terra che l 'uom sospende per sua maestranza si franse cadde al suolo Come tronco segato dal legnaiuolo. Ah quale tristo pianto! Tutta la patria si leva, un singulto sale dal Monte bianco alle coste di capo Rosello luce d' Agrigento . Figli che non ebber spazio di baciar la madre Marito che non die' mano all' amata Compagni Che periron all 'uninsono per uguali danni . Tutto fini' nel duro fosso. Sì spense ogni disio tra fumo e roccia . Ah nera sorella che mai posi il tuo manto era questo l' inganno chec ordivi Con silente passo ? Confuse son le foglie in inverno tra lampi e pioggia così tu mesci la spe con la tomba . Pianto ,pianto infinito pianto per voi illusi d 'esser felici ! Cosa dunque la felicità ? Soltanto un fruscio un battito di ali Uno spuzzo d 'acqua in un oceano di ignoto . Crollo ponte di Genova 14 agosto 2018
Il popolo in cammino Risorgi Israele ,dal laccio di babillonia dagli artigli d' Egitto che piago ' per tempo padre e figlio. Orsu' risorgi ! Giacobbe, Dio ti ha chiamato e tu hai risposto .sei puro ai suoi occhi tu che l' antica disputa hai vinto e con il padre celeste sei a consiglio. Popolo vagabondo ed errante ,catena sonante sul tuo cammino il fio ti porge. Bandito, senza terra ,nel nome dell 'inviolato ti consoli in lui riponi il pianto . Oh patria amata di lontan saluti , figlio d' Israele quando ancor una volta rivedrài le amare mura ? Se l' uomo si pone contro Iddio ,triste spina nella carne si infissa ,più quella gira ,scava la ferita rende miserrima ogni parto ch'ella terra genera . In un ora barbara di già le acque son aperte ed il mare non ti ferisce. Qual'era attraversassi il fuoco la fiamma non ti brucerà giacche'ti stringe al petto il re degli oceani. Soppiantator , il primo frate tenesti a calcagno ,sei la stirpe eletta nel libro del misericordioso che ogni cruccio allenta . Di lungi le foglie d 'ulivo si librano al soffio del deserto ,soffrirài il colpo inferto per il Cristo sconosciuto . Ma tu sei benedetta Israele, seme di Abramo e Isacco il tuo errare riponi , giungi al tuo porto per i sentier che ei dispone .
Eclissi di luna Il sacro apollo ama i due pianeti Li riscalda li stringe nel bacio di luce . Ma Ecate e Gea l'un nell altra specchio si confondono nel silenzio del firmamento . Copre il bel volto della dea potente il cono che l 'azzurro astro protende . Silente danza fanno nella volta nera , tra stelle ,comete da infinita sera . Ed io che fronte al mar miravo cotanto abbaglio ,rimasi attonito ,incantato . Squarciava il vermiglio velo il pelago ,dilaga ndo come sangue da corpo contuso che libera il vital liquore Onde lente nella notte d'estate stavano a guardare diventar rossa la luna splendente Occhi mortal che alla alla falce sono resi godevano estasiati, il due astri giocar ed esser leggeri . Le nubi eran lontane per non esser moleste loro sempre danzerine tra tuoni e tempeste ,donaron siffatta notte di mirar quella festa di fissar nel cuore ,nella testa Le due fiamme far piroetta. Risaliran la china fisse ancor nel tempo novo oltre i padri ed i figli che si strinser al petto . Anche tu padre ,che sei diafano e muto alla finestra dell 'eterno ,stavi a guardare .
Il profumo della pioggia Di gia e finito il fortunala, si rasserena l Aria umida e frizzante . Libera un aroma dolce ,acre la pioggia tra la terra bagnata tra i Cespugli matidi d acqua . Un profumo di fiori ,erbe di campo si mischia E impregnano l aere che fatica a ritrovar calore . Cadono lente le gocce dai pini ricurvi, portando quel sentor di resina. Le rose dal capolino carico lasciano scorrerle come sudor ai piè del gambo . Nei campi le balle di fieno da troppo tempo Alla furia del temporale son pregne di rugiada . Al contadin le nari solleva quel sapor di paglia che ovunque su leva . Pioggia sul mar commista alle onde , Triste quadro d 'inverno quando dell' estste Il baglior più non preme . Raffiche di vento le spazzano, disperde Quell aroma di sale, che nei ricordi Il piacer riaccende . La malinconia della pioggia d 'autunno si sposa con il fuoco placa la cenere che arde Mentre il buon fattore cuoce le sue provviste per i duri mesi . Nell aia lo starnazzar delle oche confonde Il ticchettio del temporale sui tetti , Per le vie del borgo . Mi porta quel sapor di antico
L' angelo Pensier del primo respiro dell' universo emanazione di colui che le galassie muove, spiriti eletti di profondo intelletto . Tra i cieli puri e senza colpa, candidi come piumaggio di colomba ,volate nell 'aura serena ove il tempo non trionfa . Per amor suo fatti materia intonsa alla prima morte siete guardaini dell' inviolate sponde. Ne uomini o donne ma pura corrente del divin potere che creo' dalla terra sua simile Visione . Cantar le lodi del celeste padre dai soavi Corni, tesser melodie dai sublimi cori. Come le farfalle cercan e fan cerchio sulla lampa notturna, al par quelli s 'avvolgon su quel globo pulsante di calor amor infinita pace . Corda d 'argento tra noi e la sacra famiglia eletti ,messaggeri benigni , del buon pensare . Viso sfavillante ,ove perdersi sarebbe caro, Un dono del bell' albergo ove il mal non dimora . Fanno danze a lui devote ,come storni di uccell che vogliono ingraziar il cielo d 'esser lor parente ,al bon signore , fanno omaggio di cotanta foggia . Sembran mille candele che il vento non piega ma l' un con altro uniti son un foco che arde gaio ,robusto ne la pioggia ne la neve sono fiere d' averlo muto . In fervida preghiera il pianto riga ,solca l' affronta carne , Un soffio il cor rabbona, la rabbia si scolora il cor giubila ,s 'avvampa al fervido calore . Fratel pennuto non berrai mai in coppe di vino ,non godrai del rosseggiar del camino in inverno ,ne un fremito per la desiata donna ,sol il sospiro dell amor purissimo ti garba ! Alla sacra croce fissi ,legno sanguigno, inno di vita ,innalzano a gran voce un ave. Quali legiadri usignoli cantano dolci note levandonsi tra traslucide nubi ,fan corona, Vengono all' unisono alla riva ai piè della vergine Maria madre che nutri' il figlio per esser silente spiro redentore. Oh Angelo santo ,benedetto che come un padre il figlio rampogna, mostra a chi a te si volge perdendosi per l' Ingorda via, la fiaccola del giusto andare per giungere a quella gloria , Un mar che onda dopo onda reca pace .
La Piaggia tra le rocce Alla destra del bel lido l eterno. monte dai pini coverto ,di lungi tra il tremolar della marina il porto ove navigli tiravan L' ancora. Temp'era del cancro nel sole , giunto al suo primo mezzo Oltre, io vedevo i rocciosi appigli la selva riarsa dalla calura d 'estate. Tra il baglior dei raggi scintillanti come gemme intorno , ni perdevo in quel loco , che dal tempo era difeso. Rapidi gabbiani sfioravano il pelo dell 'onde che già bramavan,di veder la riva . Un uomo coi suoi pensier li si rallegrava , lodava la dolcezza del giorno , Lo Sfioravano i profumi del mare . Li dove cielo e pelago trovano il confine respirava la brezza gentile . Era dunque re non v 'era tempesta che molestava il rifuggio. Scemavamo una ad una le ore del giorno. Smavamo come farfalle in primavera I soavi sentimenti che amor governa . Tra quella sabbia riposa ll cor compunto , da cotal piacere ,l' animo non più si spaura, al calar della notte,ed ogni piacer serra in sua natura .
Il figlio del sole Per amar troppo il sole perse lo scettro quinci dal basso all alto regno fu maledetto. Al tempo degli dei bugiardi e ingannatori finti padri degli uomini . Falsi idoli ché più preghiera che verità dispongono . Ma del disco del giorno adoratore Voleva cone severchio ,vero dottore ! Può inver il placido fiume rivolger il suo Verso ,se per natura e scritto ove sia diretto ? Folle chi contro il patto vuol esser diverso ! Allor gli altissimi lo vider come perverso , chi contro ogni Dio rifiuta il capo chino. Oh sovrano eletto ,sei forse di quella stella spirito in carne serrato ? Tanta luce ti avvampa in quel disio che solo a lui spezie e onore ? Gli uomini che superano il loro bordo son di rara specie che han breve polso . Quei eletti fulgide passioni del tempo In loro dono sarebbero simbolo , se non fosse men duro il rifiuto ,l 'oblio . Tu gran re da tanto fango sepolto hai osato il libero volo . A tutti i pensatori ;Santi ,profeti quelli che non vogliono catene ma del ben della mente difensori ,custodi io umile mi porgo . Non si può negar la pioggia Il soffio del vento le mareggiate violente. Allo stesso piè sicuro non si ponga ostacolo ma siate fari del mondo . Pensiero , libero e puro ,non conosci divieto se vuoi cambiar il fiacco sentiero poni i tuoi santi ambasciatori a riordinare la via . La terra attese il fresco germoglio di giudea , Colui che a mani nude ne spada ne Oro amo' talmente questa selva che al sangue giunse pur di vederla bella. Contro l'ordine del Cesare ,dei bianchi templi si fe' scudo, rischiarar le nuove scole ove il vero detto fosse saldo perché tu del padre adorato sei stato freccia d 'amore . P.s in questo mio componimento mi riferisco in primis Al faraone akenaton Che nel 1300 a.c voleva abolire gli dei E imporre il culto del sole Per questo fu Bandito e Maledetto il suo nome rimosso Dai papiri e documenti . Poi mi riferisco a tutti coloro che non accettano lo stato delle cose e vorrebbero Cambiarlo e in ciò mi riferisco a cristo Che in un mondo pagano volle far conoscere Il Dio universale
Lasciare Lasciar ai defunti il dolce ricordo dei viventi ai viventi il dolor della perduta carne , ma la spe che non è solo polvere . Agli alti pini i suoi aghi perche si pavoneggi tra monti e valli ! Al fiume che scorre impetuoso nel suo letto Il sapor del ciel ove nacque. Al vento ,che tormenta o carezza Il freno del bacio d 'Eolo delle divine guance Alle spighe ,oro nell erba ,la membranza di seme ,vita che sempre meraviglia. Al petto delle madre preme il bocciol delle labbra, il figliol che amor riceve. Al mar, suoi segreti i pianti di dolor I navigli fatti tomba . A chi per l 'onde cerca nuova lena , dal braccio di sicilia ricolti nati dalla terra nera , Il bacio delle sposa Le carezze dei fanciulli . Al foco che arde gaiardo e forte ,rimanga Il crepitio ,la legna fatta cenere. Pittori ,la vostra reliquia una tela che il tempo il color non scema, Musico ,all estremo passo, il flauto Il tuo ricordo . Il giorno insegue la notte quella fugge al primo sole . Ma l' un con l 'altra lasciano vivaci ombre . Ed io cosa lascerò , se non queste rime dettate dal cuor, per amor di te, poesia mia vita, briosa compagna
La rimembranza Nell 'ora dell ultimo giorno degli ultimi amori del comiato , s' offende la memoria al rimembrar , perché più la tormenta e strazia il core . Allor si affanna a riveder l' amato volto il suon della voce i perduti verbi . Più more il giorno più tormenta la notte , trancia il petto un dolore battente, Il disperato disio di sentir l 'amato sono . Sovvengon le idee i giorni persi ammutolisce il pianto di non aver vissuto Infino all' ultimo raggio . Nel pensier si fugge a furor d 'animo. per non patir il silente dardo. Ove sei perduta parte che il corpo e' tanto lasso? E' forse più duro della morte non sentir l 'amato chiasso ? Quando un onda si stacca dal pelago non va per suo passo , subito la sorregge la sorella , non soffre del primo parto. Eppur il vento ad un fischio l' altro l' attende per crear burrasca . Noi incerto destin se uno segue troverà stesso viaggio ? S' incupisce per lo svanire d' uno sguardo , Si sente come seme che cade di vaso in vaso ma non trova mai la terra A Mnemosine i sinceri vati l'accurate preghiere Oh grande dea non far Immergere questa nostra carne nell oblio di Lete Ove il tuo dono annega ! Dolce rifugio della memoria certi di ritrovar l 'amato lume . Quanta dovizia d 'amor in quei fiori, lacrime e dolore , se a lacrimar ci pone il freddo marmo. Lode a questo ramo d' oro che entro sì nutre di immortal sentir ,s 'alimenta di tempo in tempo come fucina ,un foco qual non teme d 'esser cenere ! Sogno , ricordo eterno ricovero ove fuggir.
Cielo di Roma La candida cupola si staglia nel ciel nell' ora del tramonto si confonde con il rossastro sol che allunga i suoi lamenti dal qurinale al campidoglio Nell aula stanca di croma antica si ammazza di pennello Michelangelo maestro cerca DIo con amor .ma trionfano i suoi pensier con l 'arte di immortal gloria . Riluce l 'urbe ,di fama ,di lode, perso nel vento il tuo nome, figlia gloriosa di troia in fiamme . Nel petto l 'orgoglio che Ulisse perdesse l 'onor , quinci sul platino Infisse la spe del nuovo seme . L' invitto impero ancor risuona oltre il Tevere infino al Reno, regio dominio ,eterno ,fiero. La lupa a maggior consiglio allatto ' i due fratelli, già sa che sarà grande il passo terreno . Un pianto ristagna nei cuori, nei petti come foglie d 'autunno che non soffrono vento . Quando dal giogo dei porporati, i romani troncaron le catene e liberi i polsi, al ciel risorto il novo spirito , del quarantotto ,ancor repubblica prima che regno fulgido splendor di libertà, che il Francese Irato divoro' per lo sdegnoso papato . Il buon Camillo a veder il ciel di roma su tutti , per amor di patria e spirito libero ! Luna ,argentea luna che ti specchi nel livido volto Tiberino, nel cor ti punga l 'amor di tener La dominante rocca, culla di imperator di Papi poeti togati . Roma,Roma odiata e amata ,ambita or dominata odorosa di glicine In primavera, di gelsomino ,lavanda sudario di Pietro in croce Verso ,in cristo riverente Hai un patto,tra cielo ,Terra e l infinito .
Il fiore del deserto In una infinta distesa senza confine che preme, solinga in un silenzio che atterra ,ogni spe che s'albera , ne sente la brezza che dal mar si leva , sta l' assetata pianta dal capo adorno di spino ingordo , come il Signor che del dolor di quelli nella pelle era contorno . Ah inviolate montagne oltre il qual Il disio non giunge ,l 'orizzonte affogate di calor e li si perde ogni ragione se a cagion di tanta pigrizia la mente si confonde . Tra il tremolar della luce nell 'incerto biancor del mattino spazza la terra di nessuno ,il vento , governa a suo comando ,piega modella le dune ,a suo garbo . Ma nella notte il bel fior del cacto , sboccia del vermiglio color,breve che al mattino s, e ' già disfatto . Occhio.mortal non gode di tal maraviglia ! Tra pastori erranti in cerca d'acqua per lo sparuto gregge, cercator di seta e di gloria ei rinfranca e intenerisce d' amore. Nel ciel fiero e invitto nella notte trapunta di stelle sta la bella luna affacciata qual giudice supremo dell 'umane gesta . Quanto rumor a lei giunge singulti ,promesse vane del sangue più che pace per furor e mal animo . Che godi uomo della tua vana gloria, se poi sei solo terra al tuo sopir? Il tuo cammino dura quanto Il passo tra il di' e vespro . Oh età felice che vieni e vai sei come Questo fiore bello la notte morente il giorno Che cosa ci lasci allor ? Perché sei tanto lesta se poi si rimpiange? Vita che scorri come sabbia del deserto sei sempre dolce o nascondi il duro seme ? Natura ,quanto sei madre per le tue creature ? Lode a te Gea che nel tuo ventre sempre spira il fiume dell' essere . Anni e poi ancor più anni montano,crescono per perdersi nella memoria, veloci come quel vivace fior che nel più profondo confine Alberga .
Spartaco e crisso Pria che l' uom di giudea spirava con amor sul legno grezzo a gran scotto vendettero la vita, per liberta che non ha prezzo . Dal duro ferro , a catena tenuti battuti e umiliati dagli elmi pennuti Morse l 'onor nel petto di morir per se non per diletto . Spartaco e crisso l" un per l' altro frati d' ogni stampo volean liberi dal servagio , chi sente d 'esser per sé per suo coraggio Alto lamento del fascio littorio che cagione del suo potere non teme, ma impone Virtu e dovere . Come un fiume dirompe I suoi argini se troppa acqua lo empie così dilago' la folla inquieta da troppa boria ,e nerbo umiliata . La nera danza tra le bianche pietre , il plauso la polvere ,sudor dalle ferite vive , per il goder del popol sovrano dell mondo, dei destini di figli ,o figlie . Crasso già morde il freno del comando , piegar sotto l 'invitto piè quei disperati che a madonna liberta' volgean il pianto . Lancia le sue legioni come cani nella foresta Il latrar , il timor molesta la preda ,che non trova scampo . Oh Spartaco che co crisso dividi Il fiato ,duci fieri ultimo amor dei miserrimi , derelitti, dimentichi . Allo strazio son pronti , per saggiar quell 'ultimo bacio della vita matrigna . Fiero coraggio che gli occhi Illumini, e scacci il lagrimar , pronto il ferro , sul volto già il disio di votarsi al dolce fato. Ecate benedici i tuoi devoti che sussurrano , pregano ,fidano nel conforto . Faro , luce divina , Madre benigna, del tempo più bello , al vento i pensieri migrar, tu che plachi il pavor In canto,gloria nel petto che ogni uomo preme . Pompeo s 'unisce alla triste caccia , lupi rabbiosi di cotanto oltraggio . Or tra fili d 'erba imbevuti di sangue, il dolce riposo. Lottar fu onor pur se la carne subì lo scacco. Ma risorge lo spirito Rinfranco che non volle perir per capestro e silenzio dell amaro Lacche', maligno compagno . Ricordando l epopea del gladiatore ribelle Spartaco eroe dell 'antica Roma
Anemone e zefiro Anemone con zefiro si divertono tra lievi venti che dal gelo son liberi E rallegrano i campi ove la neve scavo' Fossi piegando le spine ! Cavalcano e domano i rapidi rabbuffi di correnti capricciose che scalpitano Per cercar nuovi spazi ove sfogar l' impeto . Soffiano sui nuovi amori, sulle rosee guance delle verginelle ai primi sguardi Ah, quanto fu duro e grave il vostro disio che Borea ne voleva il cor della fragile pulzella. Spirano veloci i venti tra le colline rideste ai primi pallidi raggi ma la nebbia ancor le gela . sorridono ad anemone incatenata bel dolce fiore che ai primi soffi ti Frangi come ali di vespa combattuta per l Amor che non garba a chloris infuriata . Sollevano le azzurrognole corolle del mieloso glicine le giocose folate d 'Aria . Cancellano il ricordo i tristi giorni Il buio del cor gli amari affanni ! Soffiate su sogni rapiti mai venuti su istanti persi mai vissuti sulle tettoie ancor di foglie coverte, e ai rami sfrondati spargete il polline sfidate le alte montagne sollevando la stanca neve. di poi tra orti, vecchie cascine campi pronti ad esser gravidi di sementi Ah ,te delicato fiore piccola ninfa quanto mal Ti fece l essere ambita ora più fuggir non potrai dalla nuda terra . Al pianto di Maria sotto il legno di giudea per detto antico dal sangue puro nacque un vermiglia corolla del redentore ultima gioia . di amor perduti e mai durati Sei l’ esil pegno . Tu fior del pianto di venere Per Adone nascesti da tanto dolore! ma or la primavera s' appressa adornala coi tuoi colori , profumi e Che sia mite il passo di Flora , cingiti di trifoglio dolce m'è viver Meriggi della stagione nuova
Waterloo primavera dei popoli Il gran francese di parto italico Che Calliste avea a primo vagito si assise tra i suoi troni. vede oltre le correnti di Sequana , folgore e tempesta . Timor dell ‘Alemagna piange l’ Italia s’ arma la Bretagna ulula il lupo di Siberia ! Per gendarmi di Francia In ogni cosa d’ Europa sale l’ impeto d’ aver la lama ancor, contro cotal boia. Morte dei pensieri, della virtù ,della fame di patria che ognun nel cor solleva. Si consola inver la polvere di Spagna, ma più del sovrano alieno sia pane e acqua a suo alimento . Salito al sommo del fatal Impero al par dei porporati latini gloria d’ eterno onore, faceva della figlia di Agenore ,rissosa e fiera sua gilda e potere. D’ ogni spiga suo volere per logorar nella mente e nel ventre Il leone impenitente, che rugge oltre il canale , tra due regge. Al sonio del piombo, e della lancia schierava le sue armate lanciati come dadi sul tavolo del continente. Ah gran duce mal gioco intentar con LAchesi ! ella sempre al fuso pende, non teme i tuoi orgogli illesi . Da austerlitz ove le penne spese l’Aquila umiliata a Mantova che ancor più la mise in gabbia. Manto piangente le acque rese sagge della sua fine per vegenti onde. Carezza le piramidi per cercar Il trionfo . li il fiume dei secoli Insegue il suo lasso mortal. Tutto fece della vita impetuosa cadde la prima e vinse, ma il secondo fallir lo tenne alla tomba . Ma quanto possano i rabbiosi popoli esser legati a catena ? quanto sale sulle ferite pria che urlino Il rancore ? Quinci ogni uomo che ama la sua nazione sprezza la morte e l anima immola alla gloriosa libertà per la patria e la corona. Una voce, di poi mille si levano nel vento come stormi d uccel al tramonto Echeggiano, come miti pensier persi nel brunir. Così a Waterloo dolce fu morir i primi figli , padri e fratelli, tutti uniti al fischio del risveglio . Inglesi Russi Polacchi Scozzesi al canto sonoro d’ ogni favella ogni pavor cacciano e stridono. Nel mattino sereno di giugno cavalli bardati, moschetti Ingrassati ,lagrime versate per nova virtù. Atti d’ eroi nel tempo legati Inni di gloria ,di gioventù Come bocche di cane pronte all ‘azzanno I cannoni tonavano. Mangiate la carne ma lo spirito e’ salvo ! Questa è la fine del gran capitano genia d'Italia all’ amore negato . sangue e spade nell’ erba or sono i militi ignoti, fra sassi il riposo. fanciullette festose madri piangenti l’ infausto giorno, Ma guardate che splendor ove era secco, il verde ricopre la nascita e il valor della primavera dalla schiavitù risalita .
Il Pastorello Ti lodo pio pastorello tu che all' alba ti levi , al primo canto coi timidi lumi che squarciano le nere tende della notte . E con amor per la natura ti rechi. dai sopiti animali per ricominciare Il novo giorno . Uno scampanio d' intorno si leva che si confonde tra un muggir e un belar, con il latrato potente dei cani che guardiani ,son il fianco del gregge. Armati di bastone e cappello in bisaccia metti formaggio con rozzo pane . Ti incammini per valli ,colli aperti sconfinati in un verde fiumar. Oh tu che vai per campi, sentieri al sol cocente del giorno coi tuoi armenti respiri della natura il suo profumo , Il suo vigore . All ombra d 'alte querce secolari riposa Il pastorello ,dolce e' sentir come zufola con il suo flauto menando il giorno . Tra l erba fresca che la rugida ha fugato mira l 'infinito ciel i suoi giochi di nuvole ed i venti carezzano d' intorno spandendo lontano il bel sogno . Ubbidienti al son della tua voce stanno a capo basso al voler del comando . Così di canto in canto si tronca il meriggio E dal fumoso monte già sale la rossa falce del sol morente che spande dilaga l'ombra sua come sangue , ed i raggi smorti son le vene del crepuscolo tempo Allor si ritira stanco ma gaio , al capofila i suoi segugi che annusano l 'aere più fresca . rientrano all ‘ovile , cala la sera sui campi sulle chiome dei fieri pini. Un malinconico silenzio , Il ricordo di chi all'opra intento fu la voce ,or dal sonno coverto che placa ogni intento , riposa al crepitio del foco. Luna ,lucente e bella ,d', argento sii sentinella del giovinetto! Ma quando saran le lampe diverte e salirà in su 'la fiamma d 'oro sara' allor un nuovo venir .
Morte di un giocatore del pallone Nel cuor della notte quando il sopir E' dolce ,ei lasso alla vita, cedette al duro colpo . come è amaro l.'inganno nell ora del sonno quando era indifeso fu preda e offeso . Il giovanil vigore non fu scudo, che può restar il passo della morte ,se lei decide di recider il nostro gambo ? Mai più la gloria oh atleta sfortunato ne le mani al ciel per il trionfo ! Non potrai udir la voce del pargol , ne la tenerelle membra,baciarla ancor non t'è dato se non nel ricordo ; nell 'incerto sentier che mai si placa E mena ognuno per il suo destin. Del lacrimar fate un voto , ma è nell' umano gioco d'esser polvere come in un giorno d'estate che rompe Il silenzio il rapido vento . Ah mala sorte,impietosa dama, come vendemmi ad ampie mani nella vigna della vita, Ed ogni grappol che tronchi un altro ne nasce nell eterna ruota , nell 'infinito sorger dei secoli . vai per il nero borgo, d' onde niun fe ritorno ancor vivo Attoniti al tuo cospetto , l'amor che lasci e il sanguinante petto, troncato negli anni tuoi ,nel fior del cammino da tanta acerba fine Impreparato . Addio agli allori ai fasti al clamor denudato , umile , più ci pungola Il capir che siano uomini , al suono e comando del fato,capriccioso ,infingardo .
La costola di Adamo La prima creatura ,l' Amor che lo fece, Riposa serena tra alberi e campi in fior Tra soavi e leggeri venti odorosi E l' eterna primavera che mai tramonta. Ma il buon dottore Tolse una costola Onde farne carne nuova ,li il tuo respiro al mondo. Ne duro lavoro che piega Ne cibo che tormenta Nutriti protetti nel ventre Del giardin senza tempo ! Se fosser stati più puri Docili mai le bionde porte Sarebbe state per lor Serrate. Il mal frutto agogna ,di Più del viver sereno, Oltre il divin divieto . Vi fe malconci tristi Profughi dall' eterno Or conosci morte fame Sudore e polvere Tu donna Gridar nel dar vita A nuova stirpe. La macchia originale Dal di' prima d ogni Sospiro sempre pungola . Ramingo tra terre sterili Rimpiangi il primo asilo ? Ombre funeste S' adombrano sul tuo sentiero Primo uomo menzoniero. Deh non fu' tutto mal quel che crebbe La donna fu moglie compagna Sposa ,madre di figlia in figlia Come semi sparsi rese bella La culla ostile . Nei sorrisi dei figli Risplendea l 'antica dimora E il padre celeste che Ognun in lui S 'adorna . Quanto amor, il pargolo Sì perde negli occhi generosi Di chi al petto lo stringe Ed ella nei suoi Oh amor che tutto vinci Chr sormonti valli Oceani Che sani ferite risusciti i cuori Non è un dolce dono Quel che dispensi? L 'antico attrito Tra voi e il paradiso E dimentico ! Orsu' risorgi perduta Gente ritorna alla tua gloria Che un onda di Infinita purezza riempia I nostri fiumi La nostra mente Scaccia il fango che attorba Quella luce dorata tenue Ma robusta che sfida Ogni ragggio di stella Splenda ancor Quinci chiarissime Acque per immensi fiumi e naufragar in un turbinio D 'estasi che l alme consola
San Giovanni d' acri La rocca antica Che mira l’ orizzonte D’ Oriente , Cadde e risorse Or nella culla del vangelo Or nella fede del corano Ma l' un e l' altra parte A uno stesso fio Giunse. Del cristiano si fe’ oltraggio Del saraceno alto lamento Quando col Ferro alla mano E cristo nel cor Non trovo’ scampo l 'odiato Barbuto . Le mura piangono La vista del mar si fa cupa Onde giace la virtù Perduta Crociato e islamico Ambedue alla pugna Cechi ,non ve piu bene Che separi gli armenti. Al sonio delle frecce Allo scoccare del arco., Alle grida confuse Al vagito di fanciulli , Ove è la gloria ? E’ questa la vera fede? Ora la polvere han calpestato Due lignaggi ne sa quando La madre terra ancor piangere Dovrà ! Un grido di dolore Alto si leva ,morde , tormenta , Acuto,da quando le verginee Auree Furon negate. Ai falsi profeti alle false Dottrine ,voi fate rapine Dell umano spirito. S’ incupisce il ciel di plumbeo Coltre ,al suol sparte Le troncate gole Che sembran Le foglie dal vento agitate. Fu’ vera l' ardua impresa ? Ne roma ne la mecca Son padrone di tanta amarezza Signore ,altissimo , A te il giudizio Han versato sangue e Pregato ,scoppiano D' orgoglio dell ‘orrendo Fatto ,in mome tuo ! Sei poca e misera cosa Questo è il duro nodo della povertà della arroganza Che mai sazia Sempre intigne Nella più bassa Natura ,ove sei in sudditanza Il primo mobile Che mira e e governa Il bel pianeta , Irraggia il suo amore E mai si piega Ma per i valli Di sangue asperti Fa che cali una veloce sera Che la vergogna A umiltà ti pieghi Ingordo divorator Di vita al par della tua Che non ve riga A sanar tal ferita Ne Gabriel incita E guida l'armata che offende Il bel giglio ,il primo lampo che Di se l' universo imbeve nel 1191 i crociati conquistano san giovanni d’acri in mano ai mussulmani causando dopo la resa la strage dei medesimi
Terrore Fobos e Deimos Fratelli antichi,che del latte di afrodite, Alla sua poppa nutriti,di Ares il talento e il pavor! Serpeggia il vostro fluvio sulla terra,or non piu’ Si placa al tempo mio il vostro soffio e impeto. Due terre ,a vista sorelle l’una da Pietro retta, l’altra da Maometto diretta,s ‘affrontan per odio e per diversa meta. Al fianco d’Europa il pugnale infisso, scorre sangue ove un di’turbolento era il torrente. La vecchia nave sempre tormentata da guerre e gelo, or soffre,il terrore del guerriero nero. Il califfo che s’ammanta di fede e vero senno, le tempie si cinge di veleno,per orgoglio e imbroglio. S’annida,in oriente,al vento di scirocco tiepido, un sordido odio ,che il cor rese ceco. Placida notte di stelle, trapunto il ciel, nulla s’udiva ma gia’ piangeva, la sequana acqua, era commista d’anime e lacrime della peritura gente. Quale morte,Lutetia attende? Parisi,dormi? Eppur nel tuo ventre s’insinua la bramosa cagna, di carne ,mai sazia e sempre ringhia. Rotto il silenzio ,quando il popolo, al gioco,alla liberta da’ servaggio, allor ecco colpir ,alla gola, il milite codardo. Cadde la bella gioventu,i sogni,la spe’ La vita e la fe’,si fecer lago tra terra e sasso. Grida e sconquasso,Parigi or sei la madre Di mille piu’ di mille donne col figliol martoriato. Che v’e dopo ,tetro passaggio? Visi ridenti ,fatti a squarcio Parole, d’amor,fatte a strazio, la morte cammina veloce e senza intoppo, falcia e gode di tanto chiasso. Questo è il terror del tempo basso, alto malor di cattivo passo. Vuolsi nelle sfera di saturno, ove gli spiriti contemplan viso a viso il fatal miraggio,placar cotanto oltraggio. Persia,America Europa,non Date alle ortiche i vostri spiriti, innalsate le menti,trabocchi il calice d’amor ,siam tutti figli di uno ,fatti di fango,ma la carne che vestiam,non sia cenere, quinci inchiostro per riscriver il nuovo patto, uomini ,solo uomini e null’altro-
Venere Quando il ciel Che sempre Sussurra infinita grazia Della sua stella si muta, il sol si calma Allor s ' appressa all infinita coltre Selene,chiama a se per salir la bella venere . Espero lucente che nella prima notte Canti e nell ‘alba risplendi Dei due versi prendi i sensi . Tanto bella che il fratel celeste Per evitar tra gli eletti Dolori e screzi A vulcano ti diede in fede . Del popol romano. Dea beata ,che in amor Per te bramar. Fuoco del cor per gli Amanti quando splendi Nel firmamento riaccendi I sopiti battiti Viso ,nel viso persi Sì cercan negli occhi Lo speculo d’ amor che alimenti . Della terra gemella ardente Fiammeggiante nei suoi cieli , Ma al cor non si pone ferro Quando del fatal veleno Ei e gonfio e pieno. Tu perduta ,vinta Al mortal hai dato gioia Quando da anchise Nacque Enea. Tu fonte di turbamento nel petto Come desister Da cotal fermento ? Si Discioglie il nodo D’ ogni patimento Abbandonando Il pensiero al tuo Talento . Madre ,che gli spiriti Allevi fucina d’ alti Sentimenti E dolci sospiri Sposa divina , Quanti sorrisi Agli amanti hai dato Quanti crucci hai curato Quando nel ciel D'ogni tempo Infuocato Il carro dell ‘infinito Sogno di anima in anima Hai tirato , Guardando in te ogni Mala fede si dissolve. Ed io che miro Il ciel Che annunzia Il primo albore,in te mi Incanto,oh bella luce senza macchia!
Sangue di donna Grida,grida la donna il suo dolor Al suolo alle origini dell ‘uomo Piange e si raccapriccia,della fatal ferita Il sangue copre e muto resta , Mentre la vita lesta il corpo lascia Cagione della carne che l 'umor stilla. Le chiome sconce, il bel visin freddo Mai più la gelida mano sfiorera ‘ il petto. Da lontano il tempo unisce il terribil Scanno, che delle fanciullette fa pasto. Di odio s' erge la mano ,pria quella Aveva dato fedele abbraccio . Perché dalla Roma che troneggia I popoli avea posto a suo Corteggio, Il Latin loquere a sostegno del mondo Vallo e Regio Lucrezia per non esser umile e viziosa Per il cor di Collatino , Quando sestio Tarquinio fece affronto con morte ,rese onor al bel marito . Giovinezza Che splendi or e dall' infinito Quando l' uom divenne retto,non chino Sempre le labra ,gli occhi dai dolce respiro . Ah Virginia ,quanta e' amara la vita Puote esser tanto aspra quanto il velen Delle serpe che inganna. Appio ti fu' dolce il deridere La puella? Tirarla nel fango nella miseria ? Quale libertà per te? Solo la lama del padre ti rese libera ! Si strazian le donne d ogni tempo D ogni stampo per Amor Negato o imposto , Nel fosso ,nel fuoco L' ingiusto riposo . Alla folle mente di nero Che roma diede il trono Per esser cenere Al vento persa Due volte si macchio ' Dell indicibile impresa Una alla poppa lo tenne L' altra al ventre ricevette Il pie' , Madre ,perita, Mai vide il volto del suo seno. Narra il padre inglese Sotto Elisabetta il suo Trionfo ,come otello Per ira a Desdemona Tolse il fiato . Nel canto del fiorentino Saggio dei tre regni Pellegrino, Nell infero passaggio Geme la sua Colpa La cognata per l' ingiusto Legaccio. Madri ,donne sorelle Spose ,non siate mai più Capretto al macello ! Non tenete questo dolor Che entro vi squassa Cupido,qual freccia scagli ? Come può esser vera passione Se poi per ignoti sentieri vi reca ? Può quella devozione esser scintilla Di tanta rabbia? Ove sono i sogni le promesse di vecchiaia Sotto un tetto, Un unico letto finché l 'Aria spira ? Fuggite non più date pegno Il patto di anime e 'sacro Non si frange Come cristallo al primo tocco. Amor oh vero amor libero , Gaio sia chi alla tua mensa banchetta! Si beva nei lieti calici. Oh Apate torna nel tuo vaso, Pandora già ti diede troppo guinzaglio ! Vengan le verginette tra fiori E allori a sognar il giusto sposo ! Si levi un canto di giubilo La vostra carne sarà intatta Non sporca per l 'altrui disio Ma renderete le vesti Sol quando per ragion del Tempo ,tutto tace ,al suo silenzio
La sacra notte Il fatal fanciullo, Scende dalle stelle Nella notte silente , Già da re ha cinto le tempie. Per voler del padre celeste Or respira ,ha sangue e vene , Lui,che della carne si veste. Pietoso viso della inviolata Madre ,in cor sa e teme quel Che l 'aspetta. Di lungi la cometa guida E annunzia al mondo la gaia Novella. Venite pastori ,lasciate gli Armenti, Adorate il figlio del tempo Dono di chi d amor pieno Il suo pensier ha fatto terreno . Sta il pargol tra schiere D 'Angel attento , Attende il segno del suo vestimento. Si piegan i magi tra fieno E vento ,ai tuoi pie ' Capo nudo , Ma in se lo scettro Del celeste regno . Fan i fanciulli nel mio tempo Gioco e scherzo S Aunano in folle Per viuzze a schiamazzar Con la virtù della spensieratezza . Arde il camino intenso in ogni Casa , visi felici Per l 'infinito evento . Silenzio !ascoltate I cori a gran fiato Il lento cader di qualche fiocco Il tintinnio di campanelli in festa Adorna la massaia la tavola Bella con coccarde . Tira fuori dalla panca La stoffa più ricca. Natal che le famiglie scaldi I pensieri calmi Il pianto asciughi Le armi ammuti Dolce notte ,che di lontano Porti il ricordo del vero Della spe' e virtù che ognun Cerca. Ricordo da bimbo il mio Esser vispo sotto il grande Albero Allo sguardo di te padre Che di me sapevi ogni respiro Or di nuovo vivo il festoso di' Risento i profumi , gli odori I sorrisi . Ma tanto il mio di Disio sarebbe Di tornar al mio spensierato natale ,ancor
L ‘unione degli elementi Quando il foco Avvampa Ha bisogno della legna Per arder, venir poi in brace e cenere! La pioggia ,lenta o irruenta Come può cader dal ciel se prima Non si nutre d' acqua dai monti ? Eterni, puri ghiacciai, sterili dai fior Avversi,d' onde nascete se il liquido non Si rapprende? Può volar la variopinta,legiadra farfalla Se il vento non la sostiene ? Le nubi sempre gravide non posson Inver far temporale se caldi con fredde Correnti non vengono a pugnar. Quando l 'orizzonte ci nasconde il suo Segreto oltre l infinito , E Gea che danza nel nero teatro,Allor lo sguardo nega . Tutto s’ unisce a far concerto , Nulla Va per suo parto Ma cerca l’ inverso per esser completo . Il duro verno che fa tremar col suo tempo Al sol il difetto che più bacia La figlia sua ma l 'abbraccio e' disperso ! Un torrente che scorre tra foglie d' autunno E ghiaia per esser vasto Alla vena del mar e sempre verso . Il canto degli elementi tutto prende E l 'uom da quello non si dimette . Lui carne ,sangue e cervello Ma per esser sempre unito Al respiro dell universo Deve bramar la luce , Che ci illumina di immenso
Il ruolo del poeta Non chieder pecunia Non lesinar di porta in porta Cibo ,O pagnotta. Sei il freddo preme ,la neve Gela Mordi e soffri ma non lagnar la tua ventura. Nulla chiedi ,poeta solo un ceno un plauso Alla tua natura ,per la tua fortuna! Sei colui che irriga i cuori Risveglia le menti. Allor solo uno il tuo ruolo :servire. Esser la penna dello spirito Far da inchiostro alle tue rime Ricordar al mondo d'onde viene Dove va! Il mio genio s insinua nella natura Nella sua sostanza Io vedo quel che all' altro sfugge Amo ciò chi di li' fugge Come potrei rimaner muto In un tramonto ,al Suon del Mar che muore ,agognando il nuovo giorno ? Allor dico ,non son da tutto disgiunto. Poeti,noi siamo quelli che sussurrano Dolci verbi ognun come ei sente Ma sempre oro ,che non arruginisce Alla pioggia. Scriviamo ovunque in terra ,su marmi , Su sulce ,Quel che sentiamo dentro . Artigiani del verbo maestri del sentire Come piombo saran i versi Più caldi del sol A scaldar le vite. Sarem Come le pietruzze Che scalciano nella notte di mezza Estate briciole eppur lascian Il segno . Un di'sarò anch'io A servir il mio popolo , Con le strofe dopo strofe ? Alto ingaggio m' assumo Ma mai, l 'arte sarà a blandir Qualcuno . Universo ,e misterioso fato Che ancor non scorgo L' Alto lavoro e sempre in Officina ,mai si placa La mia fucina . A chi mi nacque pria Che io fossi pensiero , Quel che verranno Quando sarò nel silenzioso Albergo , Fui di carne con vizio Umano . Fui io il poeta che scrisse e visse ! Ma tutti un di' verremo a giudizio Se vorranno nell azzurro cerchio Nominati chi più chi meno Per il nostro onore ,dovere ,e volere. Rimembrar dovete a voi che leggete! Abbiam reso le giornate più liete ? In qualche inno vi siete persi ? Muti sono i ceppi che vi legano Grande il vostro passo nel mondo Oh padri eletti! Timido busso alle vostre porte Mi immergo nel vostra gloria Avete reso il sentiero più umano Guardate a me me io umile al vostro nome Cavalco due secoli un lo lascio L' altro lo sprono Se m 'accompagnate salirò sul vostro soglio Poesia sei il mio mondo , Sempre io giocondo A far della carta il mio tornio Onde esser servo , Pastore di parole , Nel nuovo tempo . (questo è il mio testamento ideologico sul mio ruolo di poeta e il mio destino cioe' servire per far gioire in rime)
Francesco Forgione Da umile terra,di piccola casa Di gente che la campagna piega,e nella membra han la polvere Di zolle in pietra, per il borgo ove nacque ,non conobbe l ‘argento,ma lo spirito d’Estia. Va il pargoletto tra viti e fossi,a scroprir la sua meta, sa che è servo della grande miseria. Tu uomo dalle carni lacerate,dalla fronte bassa E calzari ,fai del tuo corpo la copia del grande Agnello che in noi ,per noi si immola. Piagato,piangente,devoto e pur irriverente Questo visse ,onde far novello patto sulla croce. Ne porti il segno nelle pietose mani Nelle bende di sangue matide,nel costato dilaniato. Ubbidiente il bon frate, alla voce del Padre Di ricordar quanto dolore nei calici si versa Per noia e falsa fede. Fulminato dalla volonta del primo sole Mosse i pie ,ma ,fai ammenda non son tutti Dei suoi disii riverenti,ma fieri! Miglior pianta del suo giardino Percosso dal mal ,dal dolor inardito, radice d’amor in te si infonde rifletti ,la luce ,il biancor delle sacre porte. Non si volse a negar il disegno, uomo casto e probo, dell’alto stupor si fece pegno Piu’ volte le terga gli volse il soglio di Pietro Chierici e chiercuti,odiavan lo straniero Qual follia ,diniegar velluto e seta oro E cibo,letto e fuoco, e mangiar sulla nuda pietra patir il gelo, piedi sul lurido fango? L’orrendo cane che sempre latra per La spelonca nera, manda retro,gia si mostro’ amico, e gustava il suo successo. Tienilo a guinzaglio che non morda e per invidia Porti il pellegrin perduto nella tana. Via maledetta bestia Rodi della tua rabbia? No ,vana speranza tu aduni,non saran Le colonne del porticato,dimora dei moribondi. Deh ,or sai quanto è amaro questo vino, quando inver lo si vuol di miele! L’occhi oltre questo petto oltre Il vociar,scruta e indaga di questa selva umana. Han dimenticato gli antichi detti, di lesinar e non odiare di amar e perdonare, ove sono i giusti ? Guarda come si è fatta compagna la figlia di cristo Tra il gozzovigliar e l’abbondanza Al soldo e l’ozio. Francesco,dolce fratello,Pio ! Noi siamo poca cosa,non conosciam le alte vette L’eterna loggia. Sussurra e ammaestra,mostra la ferita, e il sangue di Iesu,e’ vita. Or siedi tra gli eletti,d’gni tempo Santi ,martiri , che lo spirito reser integerrimo Un canto d’amor per noi intonate ,umili penitenti, dal mondo frastornati, e come i dolci venti di primavera rallegrano i nidi e carezzano i bocciuoli in fior date un sorso d’acqua e di celeste pane che il peso sia men pressante! Tu tra questo mondo e il Paradiso,sei ad un passo Tra qui e l’infinito.
Lago Calme ,Placide chete acque del lago Astante la vostra sassosa Costa d'alberi Contorna,non v’è vento che vi turba O che increspi l onda. Silenzio malinconico ,fa romba Quando sole mute nessun frastorna. Si riflette nelle livida specchiera Un vecchio salice ,che le radici affonda Alla Riviera. Po vero tronco malconcio ,già precipita la fronda Nell acqua torba. Si leva quel sentor di muschio bagnato A quell ‘odor di corteccia e foglie. Va la navicella leggera scivola a pel D acqua che rinfranca e carezza La cristallina linfa. Corre veloce la vita, Come il legno nel suo liquore , Ingegno del saper delle cose Del mondo e le sue storie . Come il poeta che scrive E s 'affissa nel suo pensier Crea le sue rime Scorre la sua penna Come un Lago Di parole . Storni di aironi Fan gaie figure Nel ciel che più Della sua immensità Ogni pensier Migrar suole. Greve pioggia Con lento cader Le acque scuote E un fortunale S avvicina. Gonfie ,nere Il sol offusca Tutto si rabbuia Al par della notte Che il giorno ammuta. Ma come si rasserena quando L arcobaleno troneggia , un Misto di nebbia E brina si dipana Ritorna allor l’uccellin Al suo tronco L Airone riprende il volo. La bella gora nel cor Dilaga quando ogni passion Amore placa col fulgido Sentir Che Eros comanda . Al tramonto la tenue Luce solare si lagna Traccia l ultime strisce di foco Nell'aura stanca Più scure più fredde l’ ombre del Vespro sulla pozza si staglian Lasciando quella tristezza Che un poco fiacca. Di lungi la stella va a dormir Sul lago tutto si quieta Ed è subito sera .
Il nuovo sole Nasca il nuovo sol dai biondi raggi ,risvegli le coste Del pacifico oceano, onde poi destar la terra dormiente del deserto, fuggendo sulle cime delle ande,per ridestar mediterraneo mare. Chioma d’argento il bell’astro s’incappella,dipana la notte troppo Lenta. La spe’ che s’era persa,nel lago del cor da pianto stretto, galoppa ancor e si solleva. Troppo tempo corre tra il vero lume e il buio che appesta. Stuoli d’angel in festa dalle gaie arpe, s’affaccian dalle terrazze bianche Per amor nati da Lui che del mal si fece cesto Per ridar la nuova luce,al mondo che s’era arreso. Voli di candide colombe squarcian il ciel da ogni parte, e del cinguettio di nidi un’arte. Si rinverdisce la brughiera di fior ,di rose ,di viole Dei frondosi alberi che al vento spargon Le nuove foglie, i nuovi frutti. Rosso, intenso canto d’Apollo, astro del giorno Rischiari le mie giornate. Seppur la pioggia ,fredda ,imperversa Sento che tu ci accompagni, nascosto dalla coltre . I campi umidi riscaldi I ciottoli rischiari La lancerta al novello calor s’appressa, intepidisce l’aere d’intorno dimentica il ‘ di il freddo della rigorosa notte il bucato al tuo bacio, s’affresca,con aroma d’antico. Il bimbo dalla finestra chiusa Dopo il fortunale esulta , l’arcobaleno fa il tuo ingresso per ricolorar il cielo terso. Profumo di pioggia fugge via, sta sull’uscio la massaia, il buon pane di nuovo ammassa, torna all’opra il contadino, e nell’aia,un solo squillo d’animal ridesti. Corro con la memoria A ricordar te quante volte Avro’ guardato ,gioito Della stagione bella, di maggio canterino. Orsu’ il nuovo sole Gia bussa,tutto si veste Al nuovo giorno,alla prima fiammma Che la vita accese.
Temporale in un giorno di sole Alle calende di marzo Già il piè di zefiro s appressa Al suo vantaggio . Or qui or li di rose purpuree Di Gigli di Amarillidi Cespugli e filari di soffioni. Il ciel si placa dai venti Dal turbinio di grandine , Da giorni spenti. Un acre odor di polline Il continuo ronzio Laceran le ore nell 'orto Ove il ghiaccio ne fece fosso. Non è forse ivi il dolce riposar ? Ma il ciel di nuova veste, Pur dal gelo memore Sì gonfia ,si fa cupo Dell ontoso urlo dell inverno . Lente ,ma decise le goccioline Falciano l' aere di aprile , Quando il seme tra zolle e spine Sperava di diventar gambo ,fior Onde fanciulla ornare il.petto Fanciulli intrecciarli, per gioco Nel giorno di festa del borgo . Zeus aquila d'oro sorveglia Le infinite distese Per capriccio o voler che lo Allena, la mano già arma alla saetta Aduna le nubi dai confini Le gonfia ,le allatta Alla novella tempesta . E quelle al par dei militi Che lo stratega tempra , Son pronte a ghermir La primavera . Fruste di fuoco A gran lena s' abbattono Sulla valle che s 'era fatta bella Venti minacciosi piegano le fiere Chiome ,un Rondinello Fiaccato dal viaggio Non.piu temeva la procella E pigolando nel nido rientra . Al bel tempo volea Cantar L' usignolo , Ma chi l' udra Se Apollo non invita il suo cocchio ? Corre veloce artemide di valli In balzi quivi regna , La natura serba Ma di lungi il brontolio Impone lesta fuga Teme ogni creatura La veniente furia Belle Napee ove Siete ?voltate La schiena ? Piange il salice Sperava di far brillar La chioma ! Sale ,sale la nebbia Agli alti monti La brina Soffoca i getti Che attendevano Il novo sol Per esser al ciel protesi ! Ove sei vento leggero Di aromi nuovo ? Tace così la primavera ? L' autunno ha rinverdito Le sue rime ? No ,Terra di maggio Non soffrire oltre Ls piova sarà breve! Di già scende L' aere lieve Un frizzante ritorno A placar i capriccioso libeccio
Termopili Il furore nero d ‘oriente il gran dario che nulla teme, per ingordigia e arroganza la grecia volea a sudditanza. Ma un vento d’amor e di patria si also contro cotal tracotanza. Gia squilla la tromba dell ateniese e spartano Il ferro nella cintola ,lancia in resta ,la mano a scagliar Il fatal giavellotto. Stuoli di giovinetti in festa padri armati di bronzo, Di scudi,gia le citta’ d’ellade son in marcia di guerra! Liberta’, liberta che sei sempre cara,che i cuori sollevi L’orgoglio inciti,contro angheria e miseria. Per l’agora donne piangenti al fatal momento Del distacco dallo sposo guerriero, ma in ver la fede ,la patria gli dei ,lo stato avean forgiato il primo grido. Giovinezza che ti immoli sull’altare supremo Che non temi il dolor sangue e patimento, simbolo di virtu che nell’uomo freme. Temistocle vi guida al gran fiato che non sia il Sol di grecia dal barbaro violato Nessun per l’egeo che ti bagna culla del saper,del greco non ha verbo, non si nutra del tuo latte,non trovi rifugio ne sonno,mai.! Come in un campo di grano spunta prima un esil germoglio Del nuovo stelo e di poi ,diventa biondo e bello Cosi mille e ancora mille alsarono il capo La catena pesa,il popòlo non è schiavo. Non darete i vostri figli in servi, non sian per vostre mogli nuovi mariti ,i serpi. La voce di leonida dal sangue invitto, gia echeggia nello spirito ellenico,, nei suoi che avean , negli occhi il furor di marte che tambura ,sprona alla lotta,viso a viso corpo a corpo, nell’orrendo cerchio. Capo artemisio,il primo intoppo Al tuo galoppo, del mar han fatto sepolcro navi,uomini, comando e scettro. Mardonio ,Oh general del invitto Regno come è amaro il sale Di grecia ,come sa di morte l’onda egea Che si sfama e nutre del persiano Cocchio, per la costa che volea pago’ la sua spocchia. Un pugno d’uomini, indomiti, fu il vostro peggior acciacco. Alla termopili il duro nodo! Eravate uno sciame in fiera, che potevan far contro tal creanza? Eppur una sola ape se punge, piega ,piccola si ma battagliera. V ‘accalcaste l’un sull’altro Al tristo passo, Dalla scogliera greve pioggia Fermo’ i passi ,i bardati, come erba falciata facevan della carne pietoso ammasso. Vedevan del sangue farsi lago, perir cosi come la preda sente la lancia. Fu vera gloria? In nome del poter Che l’uomo infetta Che vole sempre piu e non si lecca Il suo dono, si fa scotto della boria. Che acceca Giovinezza sempre amata Come sei effimera! Tutto passa, e il tempo Tronca vite, storie, Glorie antiche! Ma mentovar in nome Della franchigia, la tua pudicizia l ‘unico fior di questa vita e il suo sfiorir è aspro quando son canute le chiome la voce del pargol che fummo un tempo al suo malincomico pianto, ci fa lagrimar . Questo l’amarognolo Compagno,dei giorni perduti Che ci fa riposar
Ballata macabra Brinda alla morte ,chi della morte e' amico! Al sorriso beffardo dell ultimo vagito , Che l 'uom suona pria che sia dipartito. Alla procella che mangia il lido E la serenità del giorno Gioisce chi alla vita e sordo . I tristi fior di Crisantemi adornano File interminabili di color che non fan Ritorno . Il lamento del gufo Rallegra l 'ossa Da troppo tempo pigre Ormai lontano dalle antiche sfide . Oh notte così cupa ,coperta di morte , Silenziosa scendi dal colle , E ammutolisci i canti Giulivi . Tetre figure ancor più scure Fendon il buio per le ore dure. Canto lento dell upupa assissa Chissà dove tra il fogliame di Scura pelle . Alla fine di se uomo giunge Per dolor o noia Perfora il cor di atro sangue che non Riluce al giorno Ma cone pece cade al suolo . Ah come ferisce Questo silenzio Che conduce alla perduta via, Della follia . Amaro amore ,sciolto Nel pianto nel ricordo . In questo io mi fingo , E osservo : Quando spunterà il giorno ? Intanto le tenebre son fredde Grigge, penetranti ,maledette Tetro ballo della morte Con la vita uno serra l' altra Cerca il lume . Fitta nebbia cala che stringe E assorbe lo spirito incerto , Sempre il rimpianto porta retro Chi non giunge alla nuova riva . Dimmi hai mai danzato Con questa trista amica In una notte di plenilunio ? Era infida non lasciar Che combatta e vinca ! Or la pioggia greve Bagna quelle secche Foglie Fan felice le creature Del Bosco che del giorno Han timore. Non più il docil profilo Del monte ai tiepidi Raggi di primavera Ma solo per le scure Vie del infernale Deserto , Erebo attende in gran segreto . Storni di uccelli neri Come pensieri, Volano nell 'incerto . Senti questo bel vento Che scuote i pini ? Questo profumo Che solletica le nari Dopo il mancato respiro ? Già il sol non è più Coverto Fuggi via ballo inferno , Emera illumina la nuova Valle ! Era il far dell alba I primi Infocati raggi Rivestono il ciel Da tanto pianto Versato nella spelonca Aversa. Tiche la bona sorte M'è sorella Mi cinse la mano Dimenticai Il vortice di tanta pena .
Il brigante L 'ombra nera di Sicilia tace ! Montava nel sol di novembre lo scorpione , e il mese era cadente. Ei fu gran sicario,ma inver ai posteri L' estrema sentenza . All 'ombra degli aranci in fior nella bionda conca , Crescea il monello , Correndo il verginel allo spirar Di grecale ,sotto lo sguardo Del Monte nevoso , Che rotola lingue di fuoco Di caliginoso fumo. Fu 'uomo ,ma del ben non aveva Vista se non del soldo, e di conquista . Vita vissuta senza Pietà che a rimorso lo piega . Del buon Federico la terra calpesta Ma non per saper o conoscenza, Sol rotto a ogni nefandezze. Per ogni lacrima che trinacria Versa ,lui il capo non piega a vergognoso Viso .piu ode il Tintinnio dell' oro che a Gaudio lo alletta . Quale onor cinse la gloria e tempia? Ove la patria la fede l 'amore ? Lui al sacro patto che l' uomo governa , Alieno ,già a era aperto e dato il braccio Ad astaroth,nemico eterno che la mente Porta a follia e perverso. Non a Michele e cherubini ,ma a demoni E suoi amici s' era converto La dolce spiaggia di corleone ,che dorme E piange il figlio che del sangue s 'era fatto sazio ,lava le piaghe E il veleno sulla bianca veste d 'Italia . Nella notte vanno placide quelle onde Lontano ma il dolor sale con il vento Che fischia a pel del mediterraneo . Anime perse,senza più dimora senza Salvezza perché la luce in Lor non più Alberga. Quanto amaro seme s 'era sparso Per la terra del fu normanno . Le mura di Palermo ancor ricorda La gloria del califfato. Come a triste la bora soffia E agita le vele Tu ,vecchio ,scialbo hai Mangiato l 'orgoglio del Popolo sconsolato . Polvere ,grida ,lamento Questo si solleva Per tuo giogo e diletto . Eppur fu uomo ! In lui l 'altissimo Il pudore incise Per l Amor che lo preme , Al primo figlio ,e dono ,per l' Universo il redentore Or non sa qual altro Male la sicilia la sua terra calca. Maggio del tempo mio Più bello ,vide Il volto pallido dell 'omicidio . Sulla strada ,l offesa Suono al rispetto.! Due pilastri della bilancia Antica perser la vita Per inganno e ira. Alle porte di Palermo Nel lor petti Giove spira , Per giuramento a giusta Via che mena Per perigliosi Sentieri. Nei lor pensieri Diche e'viva. La fiera che in lui S 'incendia ,non Si resta ma sempre incita A sfamar ingordigia , E non lo spaventa Il ventre grasso . Lo sguardo mai tenne Basso ma sempre a puntare La mira con gran Gradasso. Come lo spada Dalle lampare Sorpreso , Già sa che la rete lo avrà Stretto ,trema Per la mattanza, Non desiste Ma batte e schizza Per lacerar la maglia. Tu feroce canaglia Braccato ,fai lo stesso . Davanti il crocefisso Prega e studia il Libro , Ma inver lo spirito Guasto che il petto Stringe , Gli impedisce il giudizio ! Or finisce il tuo delitto ! Muto al silenzio della morte , S 'abbandona la stanca carne , Come Ognun che vive E sconfitto .! Al passo tra questo regno E l 'abisso se ne va Nel buio Nell 'incerto . Chi ti bussa or sulla Tua porta? Colui che si fe 'servo sul Golgota ,infisso O il ribelle Al padre e cristo ? Canti di Angel Al suon d 'arpa O legioni di demoni Pien di rabbia? Questo sarà il tuo Ultimo giudizio ! La storia umana Che più non tiene L isola a briglia con angoscia e pena Sì spegne . Nell ora fatal lo spirito Lascio il corpo , Or mira, Fu tutto per orgoglio O difetto ? Siam tanto brutti Che cechi Non vediamo Lo scempio ? Già i viventi T'han tolto lo scettro Maledicono Il tuo nome e il tuo letto. Alla terra natia le sue spoglie Alle zolle il suo ricordo Tu nudo e spoglio Il tuo avello Vocar. Siamo polvere in un suolo , Quanto Potremo viver ? Fu vera vita ? O beffa del destin che si congiunge . Cenere sarem Oltre questo evo Un alito di vento . Come un Camin Il legno combusto Erutta in scintille E schegge , Così noi nulla resta Se non ossa e vesti Lese. Saran per te le giuste pene O sperare nella notte Che vede il giorno ? Inver le bianche porte son Serrate Pietro sulla soglia Non t'attende, Se non ti mondi Dalle malate vene. Genuflettiti e fai ammenda Sei solo un.mortale, Saran i tuoi passi Diretti al suo concento. Per voler di colui che i pianeti move . Nulla teme , Non sperar nell inghippo. Come il giunco obbediente Prende piega E da duro si modella , Al luminoso viso Chiedi pena Perché sol lui e il tuo Nocchiero. Ti salverà dal graffio E patimento ? Cerca il nuovo giorno , Non esser troppo fiero , Per non esser legno Schiavo delle Palago nero . Abbraccia il disegno del gran Architetto Che la morte ha sconfitto Nel nome di colui che tutto puote, I celi sono pieni della gloria dell etrno dell infinito . Padre benigno , Che promise di recar Nel regno chenon sente Più ne freddo ne gelo . Ma ci rallegrar Coi bei raggi d 'or.
Il canto delle stelle Belle stelle,eterne luminose e fiere Ognun Che in voi si immerge , Sospira alla volta nera che vi regge . Infinite Galassie e mute fiamme L universo protegge Ecco che miro del toro il regno Elegante fiero brilla nel suo ventre antareres Regina che risplende Tu un di minotauro seminasti terror All’ uomo ,quando in cnosso ti sfido' Teseo,,con abil filo,schivo, il tuo morso. Sette sorelle ,il toro serba Elettra ,Alcione,Merope, innamorata D’un mortale che si diparte,fu perduta. svavillanti mirate il sol da lungi Mostrate il viso nel crepuscolo Che addolcia,alla mietitura, date opera se il contadin Vi prega e mira . Sussurra di lontano il capricorno Il bel dio cornuto . Al galoppo, Nei prati d'arcadia che il giorno Rallegra va con siringa e armonia Generi aldebaran che rifulge , E s' introna a a tua torcia Dal tuo seme venne croto,antico Satiro che ora tra le stelle S immolato a sagittario. Rischiara il nord dal cielo azzurro la polare stella che nell ‘orsa minora Alberga . Come fu inganno a Callisto Il fatal incontro , Che in orsa si muta Ma arcas che in rabbia preso già La vita della madre voleva Fatte stelle minore e maggior In cielo . Deh per il mal fato sempre in tondo andate per il pungolo di Teti ,in continua volta non restate il piede Vengono poi Marte dal rosso viso Misterioso senza paradiso Segue venere dell amor Segno e foco Nettun che si gela , Non ha lampa che lo sveglia Regna i pianeti Juppiter immenso Solo anima , Non oppresso dal suo peso Al sol tutte si volgono La stella più bella Che il sistema tiene Nella notte il latte di era ad Eracle Risplende tra le Galassie ,cone Fiume d 'or. L incanto della Sera e' si breve Inver l infinito non teme il voler Del tempo Solo noi umili frammenti di paglia Al vento Ci perdiamo con la mente Tra le fiamme ,chiare,pure . l’ immensa grazia.
Peccato Sotto il segno della croce, Nei vecchi luoghi ove si canta a gran Voce la lode del signore , Stan i fanciulletti sicuri che l 'ostia Li salvi da ogni cosa . Ma nella notte silente quando la falce Lunar placa lo spirito e la mente , Allor s' aggira il predatore Uomo di fede inver ma serpente ! Come nella foresta l' innominato rettil Cerca le uova e agogna il nido , Tu al par suo serpeggi, e vai cercando Di pungere il cor ,come sei infido ! Già pregusti la tua preda,ma in Ver quale Fede servi ?quale dio ti armo' La mano per pugnalar la speranza dell 'uomo? Sta il verginello tra soffice coperte E guanciale in profondo sopir. I bei riccioli sparti odorosi di lavanda . Il bel visin roseo che ammalia. Le tenerelli membra già agguanta E toccar,per ingordigia e infamia Non s'ode grido o pianto , Non lacera il silenzio il singulto. Ah fanciullezza violata e indifesa ! Ove sono i giochi?le corse campestri , Il nascondersi tra alberi secchi? Tutto finisce nelle tue fauci Lurida bestia fatto uomo! Gli abbracci sicuri hai sconvolto, Il morbido giaciglio, tana mortal . Ma ,già son discese le furie , Megera, aletto, tisifone Sorelle antiche, Che terra e sangue le rese unite Lanciate a caccia con la inarrestabile Lena ,frugate e tormentate L 'attentatore ! Fate scempio delle sue carni e divorate l impostore. Vendetta fatta saran serene E tornerete a riposar. Or risorgi fanciulletto, Ferito e inaridito, Il male non toccherà mai più I riccioli le innocenti mani. Sorgeun nuovo sol Clizia in eterno gia lo Segue, Congiungiti a lei e mira Il futuro. Eppur un uccellin dalle frante ali Pigolando poi riprende il libero volo Il torrente senza piu acqua rigonfia le Sue onde ,riprende il suo corso E sfocia nel mar
Eros ed Eris Amor perduto che già il fanciullo Benedetto non è più pennuto, Piangi e non trovi quiete Nel luogo oscuro . Chi ha Bandito il fatal segno Della freccia d'oro sta in se chiuso . Ed Eris trova campo fertile per il tristo Traguardo . Fa scempio del vecchio amor ! Furiosa ,veleno serve nei suoi Calici perche'discordia germogli e Colori dei nefasti fior ! Non più baci dal trepidante cor Sguardi appassionati Ma odio s 'affilan le armi . Discordia antica parte del uomo Nascosta ma sempre pronta a trovar sfogo . Si raccapriccia il contadin quando , La bella rosa pone al suolo Spera nei bei vermigli fior . Come è amaro inver se ghiaccio e vento Gelano il gambo e marcisce la corolla Allor gramigna cresce e il terren discolora cosi il cor si gela e si volta All’ altra faccia ,già Eris e’ li Che chiama e comanda. I Lari prottetori della famiglia Son persi se ce chi il foco della Discordia svavilla. Dolce fanciullo ricogli le tue penne Aprì ancor le ali Che Eris rimanga muta . Se l 'amor in discordia si commuta Ragion, sia del disiato sentimento,gia Eros ha la sua punta . Beati i novelli amori, Gli amanti e i felici giorni . Nel bel campo nascan Delicati fiori or rossi O azzurri come il ciel Che li sovrasta . Cacciata dalla foresta l infame cagna Eris fugge e assai si lagna . Correte giovinetti nella nuova Valle nel nuovo prato Eros s'e destato ! Le nubi e la foschia Sul carro d ‘eris ,la follia Son già lontane Che niun gli dia la chiave Del petto. Sorge or il Bell astro Un vento caldo percuote Non ve più il gelo,rifiorisci ancor.!
Venezia Venezia,perla del mar che riluce,la tua gloria Il tuo nome gia all’onde l ‘hai affidato. Le antiche pietre nell’acqua cheta risuonano i giorni che furono, Quando la serenissima il suo passo imponeva Al mediterraneo. I tuoi canali,i suoi profumi ,e di lungi il ponte dei sospiri Rimangon vissillo del fu. Baluardo al saraceno crudele,che armato d’orgoglio E fede volea piegar le tue vele . Di pianto s’ era ammantato san marco Per i figli della republica al nuovo attaco. Ma gia rugiva il leon d’oro ,a spronar la marcia Conro il regno infingardo. A lepanto nella domenica nera, il tuo talento, quando le frecce con venier che comanda e giovanni che appoggia fecer vittoria nella feral bolgia. carpi franti come frutta or marcia lambivano le gloriose golette turbanti di seta ,pregni del sangue e di lacrime eran fatti. Venezia,che nella tua laguna te ne stai, non temi il lo stranier ma arte musica ,doni allo stivale. i tuoi cristalli ,come gocce di diamanti ,le tavole dei re chiedon posto e son cari. Ah ma quanto e amaro il compromesso Napoleon mezzo figlio della terra nostra , Ti prese a sua custodia Per l’arte dell’inganno che mai invecchia e si rinnova, ti fe’ da patto all asburgo assetato no, grido il fiero capo,il veneto e il lombardo non sia da me segato! Il poeta combattente che in te spero’, adirato ,tosto un coltel nella finestra avea ficcato. Piccola perla come innamori i cuori, come sospiran gli amanti a cotal incanto e nel petto per te l ‘amor in ognun è nato. Risona per il canal l’amante intrigante , Mago , scrittore,spia che ai piombi fu legato! Manin ,bel figlio d’italia Che tanto sognavi la nova patria Hai lottato, il tricolor sventolo’ fiero Sotto la cupola che guarda il ciel! Una sola unica e indipendente , patria che a niun e serva. Il tramonto carezza i tetti delle case, l’onde paion si tingon di rosea luce e un calma serena lambiscon i porti . la luna s’adorna d’argento , nella laguna, lente gondole tornan per il canaletto. Non s’ode che lo sciabordio del mar , E la pallida luce sulla schiumosa veste Segna la via per l’infinto.
La divina arte di michelangelo Io vidi la magnificenza Senza fine, dove L' uom si spinge per amore Scienza e ardire. Immobili figure nell alta volta , Eterne e fiere al baratro del secolo. Passione ed estasi presero Il fiorentino che per dover E impeto pose il pennel Sulle bianche mura . Da Roma che governa, Giulio lo porto a cintura E il vecchio rifugio Ne obbligo a pittura . Visi severi Candidi manti Saper universale Del giudizio che ci Attende . E si seguono l 'un con l 'altro In coro e in canto. Ti tormentava il duro ingaggio Tu uomo fatto grande Per salir sulla gloria Tra sudore e marmo , Michelangelo a te Onore! Asteria che non conobbe il pane di Cristo gia ti porta nei ciel E, a i dottori,che Amaron il crocefisso ,ti consegna Per il talento C'hai inciso . La Toscana donò l' onesto Figlio ,fiume Tra questa terra E il paradiso ! Quando poggiai gli estasiati occhi Nei loro ,fui preso da singulto Pianto come mille tuoni mi Scossero ,E persi il fiato Nella santità ,nell infinito . Le morte idee si disperdon Come le foglie secche In un giorno di vento . Fisso in voi eminenti Padri della romano ceppo, E a te maestro , Mi perdo in quel Ritrovar se stesso . Bello e 'il morir e viver Ancor Nel tempo oltre il, tempo .
La forza della poesia A ognun che s 'abbandona A questo torrente Sempre gonfio , Il cor giubila E non conosce fosso . Dolce come quei venti di maggio Ma più carco ed io ne son pervaso . Si piega il duro acciaio ,freddo Sen'anima a cotal bacio . Una danza d'amor il mondo Ammanta,troppo muto Che a questo canto non pute Rimaner selvaggio. Taccian le bocche dei plumbei Cannoni ,sol affamati di pianto e Dolor. Marte come dirigi trionfante La dura marcia. Ma da cotanta luce bianca Scende la sacra poesia! Ah giovanil fanciulla come sei snella Come la tua molle chioma Eolo dipana ! Allor son proni i poeti Al tuo petto tu allattali Con tuo talento Riempi i ruscelli D acqua scintillante I prati d erba Di rugiada pur mo nata Nel bel giorno Che il ciel rende giocondo Due fanciullette Dal vergine pie' Disceser il Monte di beozia E nell' ozio che prende Chi le arti ha lontano Risvegliano le menti . Una dolce vision Che mai mortal vide Tersicore ed erato! Figlie sante date il frutto amato Quinci come il sol stende i raggi Istillo'nei petti la poesia d 'amor ! L 'altra nel vorticoso ballo Freno' la lenta marcia di tamburo E rallegro' col flauto . Fate del piombo amaro Risonanti campane Tramandate l' incanto O poesia come sei bella Come dai sapor alla vita Eppur quella che pare indegna Al tuo tocco Ratto risorge ! Come Mida quel che volea Era sol oro Tu rasserena e rendi giusto Quel che è torto Parla per i potenti Amor sulle lor labra pendi . Vanno lieti nel tramonto, Infuocati pensier. Tu mia compagna Or la mano mi guidi Mi culli Nel tuo culto E se son degno Fa di me poeta Del tuo regno Vuolsi così Che io mi merga Alla fonte di ippocrene! E dissetarmi alle sacre acque D'olimeios, Per risorger a Nova vita, La mia ispirazion sia perpetua Come il fiume che la serba.
In trincea Luna ,pallida luna come sei ancor Bella la sera nella terra ove niun Ormai prega e spera ! Lucido ferro , nella notte risplende Trema la terra al novo tuono Che atterrisce, un dolor forte Che il cor preme. Voci perse nel lungo fosso, Freddo, non il soffice letto Della casa lontana . O morte cone cavalchi Libera tra questa gente Dimmi :e si copioso il tuo raccolto? Nei volti spauriti dei giovinetti In armi ,negli spiriti affranti, si rispecchia il ricordo, Degli affetti più cari . Gaie giornate nei prati, sudati aratri, Or muti . Lieti natali di povertà Ma veri ! Quanti abbracci rubati Quanti baci mancati ! Per l 'odio che ti spinse, Paladin di sarajevo, Mano nera hai affondato Nella domenica triste ! Or dal tuo asilo tutta l' Europa metti In sanguigno. Un sibilo ,una Luce e balzan Fuori dal nascondiglio Come sciami di cavallette Ma al son di baionette Sì lamenta il milite Cadon come neve In gennaio Ma non si resta , L 'orribil assalto. La polvere, la romba Che assordo' rese ceco E spavaldo ! Figli del secol nuovo quando l 'uom si credeva Più saldo , La vita era bella Pria che l 'aquila Perdesse le penne . Tomba silente, tomba Tra fossi e pianto , Fumo ,terrore Or sei la madre Del disperato branco . Corpi laceri In quelle trincee , Terra di nessuno Eppur la luna, rischiara il ciel Profondo ,sempre Più Nero. Quanti sguardi Prima di lasciar Quell faticato fango , Tutto tace Pochi torneran In quel misero Stagno . Piangeran le madri Saran curvati I padri ! ADDIO Sogni Spensierati Han bevuto la gioventù Il Moschetto Il vissillo , La patria dei folli ! E le distese immense di Terra ove dormiamo .
Terra bagnata Sale l 'odor della terra bagnata Quando l' autunno fa marcir le foglie con quel malinconico Profumo . Alla terra tutti giungerem un Giorno ,quando il fato vuol Che la miserrima carne Riposi tra i silenti giardini. E di lungi un bianco marmo Già attende e muto sta. Terra, amor e dolor per l'uomo Che s accapriccia quando Il seme nasce e muore . Negra madre un po matrigna Che tanto burla I figli suoi ! Nera sotto il sol d Africa S 'arrossa E non conosce fresca vena Distese immense d 'ogni odorosa Pianta che da Gea riceve frutto e vita ! Terra con fiumi e torrenti , E il fango genera melma . Van i pensier Alla terra ove nasciamo ! M' incanta Quella terra bagnata dalle Leggere piogge primaverili Ed è un trionfo di color le foglie matide d 'acqua Di poi i bei germogli S' apro ai tiepidi raggi, Le zolle indurite, riarse, Son generose Alla nuova spiga Al sudore si piega il contadin . Un' eco s'ode nella memoria , Ella attende! Non più ti scalda il sol O padre mio ne ti stringo Ancor ,sei nella terra nera , Fredda ,non sei al mio fianco amor.
Giorno d autunno E' gaio,giocondo il di autunnale Quando il sol intiepidisce le giornate E ancor si corre nei prati Tra l 'erba ormai più spenta ! Lievi venti ,altri aromi si librano Nell aere ,Sovente con odor di Pioggerellina. Tra i color più opachi del rosso e giallo Fogliame si perde ogni pensier In una stagion che un po Di noia reca. Timidi gattini si tuffano tra i rami Spogli ,un po silenziosi . Sta il Rondinello all 'erta Per unirsi a enormi stormi Per la nuova terra . Ma la luce morbida che filtra Dalle finestre , tra gli alberi Tanto ammalia Orizzonti lontani Dal soffuso ciel Han altra vita Le ore più corte Il silenzio del meriggio Mi porta via con sé In questo sopir
Il semplice voi che ormai avete dimenticato Il primo vivere quell innocenza Che mi accompagna non guardate Come colui che si lagna ,ma a voi Che negate il giusto amor! Io che vedo il mondo Come fanciullino, Non odio,non intrigo Non bevo nel calice della GUERRA mai Scaglierei pietra Contro il mio fratel! Son leggere le stagioni del mio Cor ,m 'addolcisce un piccolo Bombo variopinto in maggio Una ventata di primavera Rinfranca il mio di. Un bocciol che viene a Nova vita Incuriosisce e ammalia. Nel mondo mio Senza pena, tempo Viene e va non incupisce Il petto sempre arde il foco Di un patto sacro con la Fanciullezza! Dolce ,fragile uomo Come vorrei un po Del tuo spirito Io che rimpiango l 'eta Perduta verrei con te in Sentieri leggeri ,soavi Per ritrovar me fanciullo! Non aver disio d' entrar in Questo mondo Ormai grigio Senza più sogni Sempre più amaro! Cosa pungola questa gente ? Arrivar più in alto ove il piè Duole . Mentovate babele Li porta l 'ardir dell' uomo. Chi ha più pena Per un cucciol intimorito? Chi al ciglio D'una strada vede il derelitto ? Ma tu figlio puro fra questi Folli hai la chiave della vita ! Vita vissuta in eterna grazia Con il sentir della natura Col tempo che non opprime a morte E vecchia! Allor vieni con me sediamo, Lasciamo ai loro affanni Gli arroganti Vediamo all infinito questi Tramonti queste primavere , E i candidi inverni. Ed io con gli occhi tuoi Pur da semplice ,miro !
Nel giorno del compleanno della sorella cinzia Allor che il quarantesimo anno, tosto giunse alla tua soglia tu l'accogli ,come colei che la sua vita infiora,e non vede sfiorir la santa fiamma della grazia. A te gli anni migliori i dolci baci dei figliol speranza tua quando un di' saran piu' fredde le sere. Fummo fanciulletti felici al suon della gaiezza non v era un vel di tristezza quando correvam in quel giardin sotto l ombra degli alti pini la voce del padre e della madre risonavan gentili. Ne il disio ci lasciava di lasciar quello spazio tra grilli e rose, finche non moriva il giorno. Quanti fiati,e corse nelle estati che vivemmo in villa, focolare per noi ,antica famiglia. Or che luglio prende il passo e s'ammonta a festa,il tuo petto sussurro 'quaranta volte allo sgranar degli anni, rammenta quanti sogni ,spendesti tra i primi amori,i primi rossor che la giovinezza chiede. Come un dolce canto i ricordi si legano,s 'abbrcciano come una nota segue l'altra e al cor un canto ,un rimpianto. Piangemmo un tempo l'amato padre che riposa nel ricordo, l 'amor cancello un poco lo sconforto lui salito nel regno di colui che i pianeti move guarda dalle stelle fisse a te oh sorella che or ti mostri doonna,madre ,sposa ai suoi antichi e vivi occhi sei la sua gioia Sovente lingua non dice quel che il petto ditta per timor quinci indugia ma sempre pulsa si riempie d'amor per la propria carne. Io che non dissi mai molto teste son le ali del vento che cullano i pensier, mai fui da te volto tu che sei seconda guida in questa incerta vita, tu certo porto ove rifuggiar se ostili passi mi assillan, ed io ad amor m'abbandono Voi parole che sembrate vuote seguite chi vi crea,io vi ammaestro affinché voliate veloci da lei, per me baciate e ponete certo appiglio a gran voce cantate che questo giorno, è solo l'inizio
Nefilim. A voi settanta che assetati di gloria alsaste il capo contro colui che le Galassie crea,perdeste le bianche ali,generaste tra cielo e terra, Seguiste chi al par del fattore voleva il comando,or piangete L alto inganno. Nei cieli azzurri,nei limpidi orizzonti ,liberta 'vi mosse Ma per la fame che prende chi tutto vole, Or scendete nell infido castello di fiamme cinto E per dolor che lo piega or avete la regia. Caducita' delle cose ,come sei aspra Che non poni freno al tuo disegno Amari lamenti,e rimorso eterno,il vostro cibo Il disprezzo del mondo la vostra sera. Tutto perisce ,nell'ombra dei secoli Dei millenni,che si inseguono Come un gioco fra cuccioli. Perisce la vita e disfiora la belta' Che ride nel volto del verginello Decadon i regnanti ,investiti dal manto divino E credon d'esser fuori dalla fine. Le stelle eterne luminose e chiare Sentiranno un di' il tristo ricordo Che tutto e'labile Nulla e'eterno,se non il pensier che Le pose in culla. Perisci anche tu ,O patria mia! Suolo adorato della mia stirpe Asilo dei miei antenati. Or ti rode il calcagno Quella gente vile che per Odio e invidia Vorrebber la seconda rovina Ti dilaniano indegni Color che nel tuo ventre pasteggian Vedi,come navighi in fredde acque Tu che fosti padrona del saper Tu che Roma la madre La luce dell'umanita'! Ah breve vita Che ci lasci per piu tristi attimi Quanto contiamo in questo turbinio eterno? Attimi,o quanto una goccia dio rugida in un Pallido mattino di maggio? Siamo come tappeti di foglie In autunno,basta una pioggia per marcir in poco! Anche tu padre mio hai sentito Il venir meno della carne, Il vento esser troppo forte, La morte reclamar la sua preda. Gli angeli ribelli, Non patiranno la fine del tempo Pur se condannati all'eterna ombra. Ma noi che siamo come polver del deserto Temiamo la fiune dei giorni, Sperando in cor di riabbracciar la sera
L'istrione Dormi istrione ,e' calato il sipario sulla tua vita ,istrione! Gli scherzi e i burleschi hai lasciato a memoria in questa tua venuta Non periranno come la carne nel tristo avello! Quanti sorrisi hai strappato per far risorgere uno spirito affranto già preda Della misera pena I buffi passi e l inceder grottesco Beffeeggiar te stesso questo ti ha reso Più umano ,solo un uomo che vede il Mondo come quotidiana sfida Allor si vince or si scende la china ma sempre Pronto a risalir la vetta ! Cosa è la vita se non un grande teatro Dell uomo per l uomo ,un gioco, un attimo dell 'eterno scorrer del tempo ? Siam tante maschere in un mondo che Sovente preme vuol scavar nel fondo Ma tu dal volto disvelato hai affrontato Da maestro e giocato da saggio la tua partita hai vinto e avuto il plauso l onor Che la morte non resta . Adesso la tua commedia si ammuta Il corpo troppo stanco non sustiene Il ruggir dell anima E Quinci cone legno dal mar gettato e franto a riva Tu ti sei abbandonato all soffio che ogni uom che respira tosto abbandona Lode a te figlio del dolce vivere Sei stato l abile burattinaio In questa scommessa che è terrena Or riposa non calerà mai la memoria su te Istrione!
Il paradiso Allor che sono' l eterna ora L'alma raggiante lascia la sua spoglia Mortal ,non pena la prende Ma guarda il primo corpo piegato Dall' amara morte che per niun ha risparmio ! Quinci si veste di luce ,e guarda gioconda Al pensier supremo che a lui tutto conduce! Ah quanta grazia negli occhi lor che han lasciato Questo soglio i crucci e pensier che ogni giorno governa Sei dunque tanto duro Angel nero che ci traghetti Alla porta senza ritorno ? E sol il pago che devi mortal per lasciar questo sentiero ! Fiumi d'amor che tutto avvolge dal principio Della nuova vita per l eterno! E l'amor puro Santo e Benedetto che germoglia Come seme per nascer nel legger petto! Chiare giornate ove non più tramonta notte Li l' infinito regna e protegge Gli spiriti eletti che già han salito nella luna Il primo passo . Pregano e sperano di calcar I cieli Per giunger al primo respiro dell universo La gloria del perdono del Santo nome Per le bocche dei beati già risuona Fissi nel signore !quella purissima Fiamma che Penetra i pensieri Conosce di ciascun i giorni sani e amari Ma già tutto e lontano or si Bean della gioia Che mai fu così piena ,e vera I cerchi del regno celeste Accolgon le varie classi degli Spiriti li giudica e li divide Per vari gradi di purezza Stanno i santi nel primo mobile Accanto al padre e il figlio Quel giudeo che dide il sangue in terra Eletta per la speranza senza fine. Il legno inumano ha fatto della carne Strazio ma in lui il patto solenne Di rinascer nel suo regno Oltre il tempo e lo spazio Il suo vigore lavo il male del mondo Con una grazia che Mai vide La piccola razza. Siedon i santi e i martiri Che con il sacrificio final onoraron Il bel figliol Or si giungan e cingon il padre e il L 'eletto spirito ,L alta classe celeste A giudicar chi ancor preme e geme tra I legacci Terreni Un canto idlliaco che supera l 'umana sapienza Dilaga e copre gli animi santi come pelle di luce Fulgida chiarezza di abbacinante bellezza Che spalanca le porte di grazia Riflette nei lor occhi come specchi L 'amor che è dono di lui ! Al par delle stelle inondano E rischiaran L infinito ! In quei mari di allampante eleganza Nuotan in una liquida luminanza Ogni anima che guido' la sua vita Al passo di danza e ubbidienza Giocan cantan in quel luminar Che ha in se la polvere di stelle Pioggia ricade luminescente E in quell affocar di lucido Fulgore I volti dei cari Che lasciammo lacrimando sul marmo ! Li infinite colline che potevan Rallegrar l'occhio Campi di fiori e acqua purissima Ove naufragar nel piacere Nessun giorno umano e 'al pari d un secondo Con voi che già avete scoperto il vero! Nel volto pietoso della Vergine Il riposo ,tu madre fra le madri Che attendi all ultimo passo chi a te Chiede asilo . Non più chiasso non più lagnar Non più pena che appesantisce Ma solo l ' armonia nell amore e nella luce Che chiude il confine
Purgatorio All anime purganti che furon in parte fallaci e arroganti che dell umano han ancor intatto il pensier io in versi a voi mi verto Fuggite dalla fucina ardente che miete come il grano dal campo si senton salve han già abbracciato la salda riva e mai vorrebbero tornar nel gorgo di incerta Fatica. Solinghe a viso basso rammentan i focosi giorni d una vita non sempre retta E stretta dal desiderio aversa all insegnamento Come un affamato che agogna il pane ma vuol pur vesti calde e lusso voi foste combattute da due verbi Sontuosa veste o carità a chi la chiese ? Quando vedeste in terra il derelitto pietà vi colse o un beffardo sorriso certe d aver un allegro focolare ? Quanto dolore avete dato padri figli mogli Or tutto uno nel branco nel silenzio , un lungo letargo ! Sonno della coscienza che fiacca e rende lassi che ottunde il ben dell intelletto E ci meni nel deserto dei morti sensi Lontani dalla fonte del bello e del vero Vedete or voi anime in bilico tra i due mondi Il vostro peccato l occasion della vita sprecato per giungere ai santi cancelli Dovete lesinar chieder un amen e Attender ceri ,sollievo dei viventi Che il vostro nome risuoni sugli altari In nomine domini! Ah cattivi anni vissuti nel disagio A digrignar chi vi porse mano Calpestar patti santi ma in Ver Vi fu dolce andar contro comando Sul viso un velo che copriva la luce Del bel sentiero Preferitsti digiunar che pranzare con chi ti Apri il cor Or benedici quel pane vorresti Un certo posto da commensale Ma son i giochi ormai finiti e tu pellegrino Vai per il tuo cammino a passo lento e riflettendo Sul giorno che fu' indi non si torna indietro un tramonto che non vede l alba Un dolor che vi pungola a cercar rimedio Del malfatto questa la vostra pena Finché non sia pura i bei vermigli fior i ruscelletti Timidi e allegri l'aroma dei germogli vedrete ancor ma prima pigerete il calcagno tra fango e roccia ! Vi dà la somma somma speranza la certa grazia che vi attende Dopo aver pagato lo scotto del vostro Debito Non pianti e lamenti come nel fatal asilo Ma in coro mormoran gloria al padre e santa fede Orsu 'Cingi la vita di docile giunco Sii come lei piegati ai voler Pia e monda salirai La scala per l eterna gioia
Inferno Guardando al basso regno Loco di colui che fece il gran dispetto Sta e rugge per la pena che gli fu inferto Nel gran pozzo Stan l'anime smarrite Che in fino all ultimo respiro negaron la luce Or s 'capiglian e fan l'un con l altro schermo Al foco che divora ma non consuma l' infermo Alti pianti e gran lamenti nel regno senza tempo Ante creato prima del nostro ingresso nel mondo . Aduna a se la sua Corte dell' infero governo Il gran re che dell' umana sorte ha spregio Tutto l'universo ha in suo segreto di giocar in sorte E porre nel suo grembo Volti sconvolti senza più umano segno Foste un di voi il marcio della madre terra Chi fe per voi l' ingaggio? Or espiate la giusta pena Non vi lagnate di questa catena voi la forgiaste anello Per anello ! Vengono alla riva maledetta del Lago flegetonte Come naufraghi dopo grande pena Cercan di riguadagnar la terra Ma l 'onde che per voi non han alcuna pieta Vi rigettano nel gorgo La speranza e vana e fioca Così ricomincia l 'amara giostra Ogni di per l ' eterna sera Batte i pugni sul putrido fondo Urla e bestemmia e ancor gli rugge L' amara sconfitta , Quando Also 'a testa bella e fiera Contro colui che gli diede Le bianche Ali . Cacciato e maledetto dal giardino eletto Rabbia lo rode brama vendetta E con lui tutti coloro di mal' anima Adesso vorreber lasciar la spelonca nera Il fumo li attosca co ne li confuse Nella prima vita a cercar peccato e non la giusta via Tu seme della discordia dei mali in vita Sei giudice e seduttore Dottore che conduci all' ingiusta via Dannati e lontani nella memoria Persi per sempre dall 'infinita gloria Rimpiangono in eterno il giorno Che voltaron le spalle al gran architetto Pensosa anima quanta malinconia ti porti Retro ora che il cancello e chiuso Sogni le praterie i fiumi e il chiarissimo giorno Ricordi quando eri fanciulletto Puro nato come le creature nel dolce segno E or navighi e affoghi nel foco e rimorso. Attenti voi che ancor respirate nel regno Terreno ! Sempre pronto e 'quell antico Angel caduto A tentar ! Ma voi come querce che sfidano il vento Fermi restate !
Le due serpi In un giardino ove la primavera rinverdiva Il rinato orto e lancerte fuggitive trovavan riparo sotto sassi o cavi alberi tra i cespugli odorosi mi si pararon a fermare il passo due serpi minacciose e orrende Che l occhio non sopportava tal turpitudine Strisciando e sibilando avanzavano con loro grottesco incedere Qual orror nel mirare che quelle bestie avean sprazzo umano Un avrebbe generato per sua natura identica creatura l altra il ventre per contatto si sarebbe incinsa dell mala creanza Fui più volte tentato di lasciar quello strazio Fuori matura e oltraggio ma con mano ferma presi Un legno con furore difesi il mio Calcagno dal veleno maledetto E sudicio sguardo Madre Gea a te vengo supplice e basso Caccia via allontanale dal mio cor Dal sentiero si che e solo un guasto parto Di due si fece tre per poi una sola venne Con Gradasso Ma io che non ero lasso Brandi il legno E ne Fracassi il cranio Sì che cadde senza vita Fece del suo sangue lago Ritornai più leggero e senz 'affanno Sulla strada del sol nascente Beato tra il mar e le stelle
Vecchio piano Un vecchio piano coverto di polvere Giaceva in una soffitta ormai mangiato Dal tempo e da fil di setose ragnatele. I suoi tasti muti le sue corde rigide Sembrava morir di lenta agonia. Ma orsu destati dal tuo torpore Ove sono gli anni ruggenti dells tua gloria? Quante note avrai vibrato Tra tormento ed estasi Quanti a quel piano pieni di passione Con te creavano ,e soffrivano! Quante notti al piano sotto tenue luce Tra mille pensieri il pianista con te Sfiorava l altissime del sublime Malinconiche o vispe D amore o di pianto Sempre quelle nenie toccavano il cor Nelle uggiose giornate d ottobre Quando la pioggia cade lenta e pigra Al ticchettio sui vetri alternavan Musiche ,sentimenti ! Una fanciulla col condor della sua vita Canticchiava quei motivetti che dal Basso saliva ! Rammenti? I concerti il clamor del plauso che sale ,sale a voi rendeva omaggio Ed era come un tuono che squarciava il silenzio dopo ogni canto . Veloci volavan le dita sugli avorei tasti Un turbinio di note ed emozioni che nascevano come acqua per dilagare nei torrenti dell anima ! Ora tutto tace . Ove sei pianista compagno , Dell eburneo strumento Attore e regista di tanto godimento ? L 'uomo crea il tempo serba Come piccoli frammenti siamo in questo Mondo sovente lasciamo il segno Un eco di ciò che fummo! La cantina impietosa macera il legno Il ventre che tonava tutte le sere Ora rifugio di un topolino Le corde rugginose son vene senza più Sangue ! E tu pianista sei stato un sasso Che ha increspato lo stagno della vita Ma già l onde sono tornate alla riva In un attimo e il velo torna cheto! Leggeri come i fori di pesco in primavera siam corpuscoli al mite vento. Tutto è muto dormi tra la malinconia del passato ed un presente che ti ha dimenticato tutto diventa ombra E vano
Francesco Tra campi in fior e terra generosa Sì sposa Assisi su uno speron di roccia, Al riparo del subasio monte,un dolce vento che spirando pose il germoglio Dell amor! Di Bernardone figlio umano , Già avea in se lo spirito immacolato Quinci tra soffici sete spezie d'oriente Carezzato visse il primo tempo Pria d'esser chiamato all 'alto ingaggio Pose corazza lancia e spada sognando Battaglie campali vittoria di rosso sangue Della cavalleria l' ideale Del Bon cor giovinetto come suoi pari Appezzava la Gaia vita Quanti pianti l Umbria ! i suoi figli Sempre in ira per ogni città vicina Ma quando dal sonno si desto ' Rifiuto 'il caldo cibo L' oro zecchino un sicuro letto di piume , Frizzante vino . La parola di colui che nei secoli non more Fecesi di novo carne più umile Di chi di fame si dibatte. Ah come feriscono or le mani i Rovi come si laceran i piè Tra zollose strade Alla porziuncola il novello rinascere Oltre i vizi del mondo Tu re dei derelitti ,ultimi e dimentichi! Pioggia lenta ,fredda ,nemica Non fermi la fatica Non fiacchi la salita Ne il vento spegne il foco Che vi pungola il petto. Ma fratello santo Una la pena Il gregge eletto s'e' fatto Cupo e' perverso Nella Roma dei pontefici Serpeggia ingordigia Gettano ai cani Povertà ,castità Per i beni temporali. Gregorio all 'altar di cristo S 'aggrappo al crocefisso In lui con gli occhi fisso Riconobbe chi dal fosso Rialso ' il nome di Pietro . Nella luce dell immenso Cammini uomo riconverso Al primo amore Santo tra i santi Guida all 'altissimo Noi poveri sterpi Che bruciam Di peccato Al vento mondano Dedica al santo di Assisi
A ricordo di zia Maria Nata nel borgo all ombra degli ernici monti,spendesti i giovanil giorni, quell’ameno luogo di tuo conforto,fu un di ante che noi fossimo fatti,scudo a roma conquistatrice! Quante corse per le viuzze antiche nel tempo tuo beato Allo spirar di venti e ai profumi della primavera, tra vetusti palazzi e i primi amori di giovinetta, miravi sempre con ardor a novi sogni. Ma or tutto si resta,non echeggia piu La tua voce,le strade le fontane un ricordo. Era il primo vagito di febbraio,il sol con suo passo entrava In acquario,il sonno che non desta ti strappo’ Con feroce pasto all’amor nostro,ai tuoi offici, a chi con te divideva i meriggi. Attonito al nunzio sto del triste inganno Carne delle mia carne,perche ti abbandonasti Al rio fato? Vennero al tuo cospetto,l’amati figli E parenti lugenti,mesti penitenti Resi,abbattuti al passo della nera signora Che niun dimentica pronta a ogni ora! Il tuo volto non avea piu il sorriso che Conobbi,ma livida silente Le chiome sparse sul cuscino Le membra turgide e alcun sospiro. Li mi sovvenne i giorni di nostra vita, feste spensierate,giornate al mare carni cotte su ardente brace discorsi persi nel ricordo. Amatissima nostra parte, sei nel sentiero di color che abbracciano la luce, al giudizio dell’essere supremo che a noi ti diede e ora richiamato al suo petto. Non si more in eterno,vivendo Nel cor l’alma santa ha gia mutato Libera nel giardino senza tempo. Ti vidi porre nella negra terra, ancor i monti ti fanno schermo la fontana ove tu giocavi sgorghera’ ancor! Ti culla il paesello Rifugio per te! Mira l’orizzonte, e l’alte mura che mangiano l’infinito corrado cioci ricordando zia maria
L'amor maschile Cosa temi uomo dal volto torvo? Temi malanno che infetti le tue membra Il sangue o la mente ? No.nessum morbo reco placa cotal rabbia! E' solo amor quel che mi spinge a dar baci e abbracci a sospirar la notte se il letto langue ! Alieno impeto dell uomo virile che cerca la servil donna con tutta passion la tiene Nulla turba ,ma se ad occhieggiar son Due fanciulli di mascolina natura rode e rugge la gente pura. Eros dall arco d'oro tira frecce in cor gentili ove il foco divora per quel sentimento che nasce e germoglia ! Come il contadin mette a dimora i semi nei conosciuti solchi e li fan radici sovente il vento ne disperde per strade straniere eppur li novella pianta! Così nei lor cuori nasce un amor nuovo ma pur sempre dallo stesso seme Quanti abbracci negati dolci sorrisi Stroncati per timor e vergogna Ma quando il gentil morbo tracima i cuor ben dura e piegar la voglia di tener la mano sfiorar la chioma! Insulti e alti castighi in questo mondo O tenerelli ! SIETE fragili navi in mare tormentato da infidi venti che vorran nascondervi nei gorghi per paura e noia Cavalcate l onda oltre troverete più calme acque ove si dirigono l alme candide che il fiume della luce le mena. Amor ,amor e ancora infinito amor che governi l universo illumini ogni cuor d'immenso chi inver lo credea perverso
Nessuna risposta Ove andrano le gocce di rugiada che fuggon al Primo mattino ,sotto foglie verdi al destar d’elios? Chi mai narrera’ delle onde che montano e schiumano per morir Sienziose su desolate piagge? Riuscira’ mai un coraggioso aquilotto a spiccar Il primo volo nel vento,nel profondo azzurro? Un fium iciattolo,tra vallate e ciottoli s’unira’ Alla grande sorgente che tutte le acque comanda? Chi sa inver se la voce dell’uomo Giungera’ tra gli astri piu lucenti eppur lontani? Un fanciullo viene a nova vita,mangera’ sabbia e dolor O vincera’ per rialzar il capo come colui che si salva dal Pelago e tocca riva? Del dolor d’ogni petto dei sospiri e dei pianti Chi li ascoltera? Una donna che si batte e si dispera,e stringe Il suo figliol che ormai la vita lascia,chi Calmera’ il suo strazio? Chi sa se alla prima morte ,si rivede il ciel E mai piu la sera? Solo il tempo,e ogni quesito cade ,sordo rimane.
A Lidia Il rosso tramonto allungava le sue lingue di fuoco Nel ciel fosco,seguiva un’assolato giorno, e in quello vidi il volversi della vita. Ad acilia,,che di lungi vede la costa, e ad ostia si sposa ,venni quel di’ da te. Rividi la donna di un tempo,ma Il mal che t’attanaglia rese lo sguardo piu spento E muto era il tuo verbo! Rimasi attonito al tuo letto ,nel veder La fragil figura,li ,cruda e ferita dagli anni. Che cosa è dunque l’umana vita? E’ degna d’esser vissuta se poi giungiamo a tal fatica? Cosa sei tu povero corpo di fronte all’eternita’ assoluta? Ah natura,che ci culli ,la nostra carne è ben povera cosa Per i tuoi costumi ,che macini i millenni! Mi sovviene il ricordo di te , della dolce eta’,quando servivi nella mia magione. Il suon leggero della tua voce Il frinir dei grilli, e mi rimbrottavi se sudato mi stendevo al soffio di maggio. Rivedo mio padre,i nostri giochi da fanciulli , quelle giornate che perse ritrovo in te ,quei fuggitivi momenti di infinito amore. Or è giunto il tuo ultimo atto Di questo lungo teatro umano, esci con orgoglio,non feristi,non hai fatto peccato! L’alma che or si contrae e cerca spazio, perche’ è offesa dai legacci terreni, si libera e riprende il suo viaggio, nell’infinito oltre il tempo. Quando pia andrai pellegrina Nella dimora eletta,siederai su candidi seggi e rimirerai. La bianca donna che tanto il cor t’accese T’accolga nel suo manto,or ti conforta, come madre ritrova novella figlia. Lei che i destin governa Non la turba il nostro fallar, Indi,se saran benigni i suoi sorrisi S’aran aperte le sante porte, allestirem il nostro convivio e non calera’ mai piu la sera.
La scelta di costantino Imperatore ,oh mio imperator Quando su ponte milvio ti schierasti Per la bianca croce qual disio avevi in petto? Credevi che la nova gente avrebbe reso il mondo un luogo Eletto,lontano dall’inganno,e dal ferro? Vento,se avessi alzato un muro,le frecce Vocate sante sarebbero state disperse e dar quinci vigore Al pagano passo del massenzio vittorioso Giove e giunone al suo polso! Ma il novo tempo bussava alla porta del Cambiamento! Glorioso impero ormai morente,hai datto l’ultimo guizzo D’onor come la fiera che infino all’ultimo non si piega. Trono di cesare e d’ottaviano legislator Culla di cicero e d’alti filosofi dal verbo greco Or ti lassi e mostri il ventre al dente fino! No costantin placa la tua foga e l’entusiamo si Accompagni alla ragione usa il saggio Motto e ingegno che del bianco pontefice Non saran rose ma piu fieno! Pensi che la lor fede non sia oscura come La notte nasconde la luna? Eppur intrighi saran lor comando del gregge muto Si,ma dal lupo si faran oltre lo sguardo. Pietas romana dei costumi antichi ove siete or Che roma ha i suoi fianchi feriti? La citta’ eterna diede nelle mani del novo Sacerdote,e apri’ le porte per la sua schiera. Non piu soggiacer sotto cupi nascondigli Al lume di candela,al pianto e terrore della era,ma or Diurno canto fan per le vie e non temon oltraggio! Guarda figlio d’elena come si è fatta marcia Quella razza,che tu elegesti pura. Mira come han piegate le genti con fiamme al Credo e non con mano e bacio Han ucciso il respiro di color che s’alzavan a ostacolo Sputavano se un si allontanava dal verbo. Grida la terra dei misfatti della plebe conversa Sanguinano le ferite di quelli che periron Per mano vostra. Venduta e poi malata quella spe’ Della bianca croce,fe piu malati che sani! Or combusta e infangata quella promessa Anche il dio che apri le acque ,che diede il figlio Sulla croce di giudea ,vede come è misera La sua discendenza. Risogi,dunque,non mostrar ingordigia di vini Pani profumati vesti d’oro,sonante moneta, ma vai pellegrino per terre lontane povero,senza calzari a rinnovar la vera essenza della prima vita.
Vecchio soldo Vecchio soldo,antico e sporco Dimenticato,dalla rugine logorato, eppur malinconiche storie in lui racchiuse di lontano passato. Percorresti ,un tempo anche tu, in sarculi colmi d’oro , su dorsi laceri,passi lenti di cammelli la mitica via della seta? Quel fiumed’avventure di uomini Sangue ,guerre,tra le sponde d’oriente e occidente! Scoribande di saraceni La sabbia si macchio’ dell’odio delle due fedi! La verita’ non ha volto,scellerata la vanita’ Dell’uomo! Comprasti,dimmi vecchia moneta La liberta’ che or il ceppo serra? Al banco ove il padrone il servo piega Il grido del non uomo simile all’uomo echeggia, ma un sul piano dell’eletto, l’altro al pianto del suo primo sospiro. Or vede il suo pie’ piagato dal ferro del tuo potere. Fosti un di’ pegno d’amor dei primi amanti Focosi nel petto,trepidanti delle lor carni, che gia’ sognavan infinite notti tra abbracci e cuscini! Ah quante storie vecchio e consunto peculio! Eppur tutto è lontano. Chi ti lodo’ chi ti strinse ,dopo tanto pianto in te fidando Di giorno piu gaio! Amato compagno del soldato di ventura, senza patria o patto santo al son del tuo compenso,fecer guerra,tradimento e inganno. Quanto fuoco nel villaggio terra desolata, ove regna il brigantaggio,soldo tu amara preda! Delizia e rovina dei potenti Dolente affanno per i miserrimi, lesinar un quattrino per un pane insipido. Or sei qui,tra terra ,fango,acqua , vento che cancella i ricordi e l’onda dei secoli che divora l’umana gente.
A mia madre Gli angeli del ciel che Vivon tra le stelle eterne,luminose e belle Desiderio di colui che le galassie move Guardan le creature. Inferme! Un a me si volse lascio' il,piumato manto Discese dall astral paese Mi tenne in,grembo Per amor che l,universo inbeve! Da quando uscii dal sicuro ventre Io fissai glli occhi suoi e per Me s 'apri il,mondo che ognun attende! Le tenebre del non essere si dipanaron Allor mi,illuminai del sol nascente! Pargol giacoai piansi al caro petto Da cui vita ebbi oh,mio sicur governo! Mossi i primi,passi fanciulletto Sempre incerto. Siamo fragili cone canne al vento e li c era il,mio primo appiglio Lei che mi cullava la sera,m'addormentava Al suon della sua voce Ero un re il suo canto oro per il miorecchio! Gli anni volaron dolci come farfalle sfioran un prato Fui passerotto che stanco del nido cercavo il primo salto ma sempre brama l,uccellin,il forte piumaggio. Naviga sicura la navicella sul placido Mar il roccioso scoglio dimentica se il Nocchier ben il timon dirigge Alto,pianto incede se vuol sfidar questa estensione senza padrone Allor la roccia rammenta si lagna del suo languore Cosi io tu mi,guidi m ammaestri sulle vie Doimini l insana passione! Quando un,cruccio mi,prende Non,ve parol tra noi Doni quel seren che il cor attende ed e subito giorno! Or ti vedo in queste carni che il tempo Piega, Eppur nulla muta nella tua essenza Risento quel fremito,mai placato dall,innocenza Ti riconosco angel,mio Primo amor che ebbi e che ancor,m allena Sei la carissima madre Mio scudo .ti porto sempre Nella mente ,nel petto Noi,non ci perderemo come semi nel Vento sempre figlio. Tu genitrice in eterno
Il pagliaccio Ridi e poi gioca che la vita e breve E il giorno insicuro Si copre il viso di cera rosso,il naso Strano il suo vestiario ,la chioma gonfia Ha i color del cielo dopo un fortunale Canta note stonate deride se stesso E il suo andare Si picchia ,si rotola tutti gridan a gran voce il fanciullo cerca le sue burlesche storie! Tra motti ,filastrocche ti solleva il cor Ricordi gli anni da pargoletto ma or Ridi ancora come un tempo Tu pagliaccio che pari sempre gaio nascondi in vero un vel di tristezza Che si nasconde in quella faccia finta Tra trucco e parruca! Tu piangi dentro povero buffon del nostro Evo! Che ti tormrnta?lA VITA CHE NON, promette quell che deve? Quando la giostra chiude il suo velo Sen va il poverello Si sveste del suo fardelll torna uomo Vero! Ha donato ore liete a chi era affranto Si resta del capriccioso pianto il monello Dimentica. E va via felice chi della giornata era stanco Notte silente tutti taccion Tornera per la mattina il pagliaccio Col suo. Bagaglio,umano
La facil donna In,una strada buia Solo la tenue luce d un fuoco mosso Al vento,fendeva la muta via Sedeva la donna,di vestiti succinti Co suoi pensier e crucci Gli occhi fissi al gaio ceppo Attende un furtivo amor Un tiepido abbrccio senza cor Che nella notte la plachi del suo dolore femmina che hai perduto l'onesto E pur lo fai il mestier per diletto Or fuggi da un,letto or cerchi l'uom Perfetto Un poco la pena solleva dal petto La spe la prende che dorma braccio A braccio nel sicuro focolare Ah fanciulletta d un tempo come delude La vita per colpa o difetto! Rada promette quel che si vuol crescendo Ma tu o figlia taglia la catena Recidi la radice del triste gioco Torna fiore del primo amore
Bianco oleandro Io ricordo Quand'ero fanciullo Un bianco oleandro nel giardino della Perduta villa ond' io nei Meriggi estivi correvo spensierato Sento ancora quell acre dolce aroma dei suoi fiori e il sole faceva brillar le sottile corolle! Era il tempo beato quando le giornate e erano inondate di luce ove io Mi perdevo tra fanciulleschi sogni Vedevo di lontano il tremolar del mare Il brontolio delle acque fra i rocciosi anfratti ! La sera il bianco oleandro ancor tutto Fiaccato dalle roventi ore Augustine Salutava il vespro e il fresco della Sera Le cene al leggero vento estivo Sotto l ombroso pergolato Era caro e ramentar amaro! Tu muto sembravi aspettare il novo Giorno E rinnovar il tutto ! Mio padre fischiettando Delicate note mi conduceva Al mar tra conchiglie e spruzzi salati . Il primo saluto era a te quando con il primo tepore del giorno estivo Liberavi quell inconfondibile aroma Ah fanciullezza quanto sei dura nel ricordo Quando poi ci lasci troppo in fretta Mio padre non mi segue più non mi Conforta ! Non calco più il ghiaioso viale di quella casa E tu bianco oleandro non ci sei più Tutto è svanito ora vive solo un malinconico ricordo
il destino Ognun che move i pie su Questa terra ha già il destin che lo Attende alla sua sera Siam come stampi di creta In cui s infonde la sorte Che per tutta la vita ci mena ! Qual destino m' attende All ignota metà? Le tre sorelle tesson La fatale seta E quando l una s'accapriccia Taglia e una vita si resta ! Vana Spe' chieder responso A Delfi ! Che su foglie il fato scriveva Inganno sopraffino Dell vecchia fede! Come la mia gatta Nel tranquillo meriggio di Giugno nel sonno che alletta Aspettava il fio del suo destino Mi sovviene la certezza che non Ve strada sicura per saper i giorni futuri se allegri o di veli! Sovente lesiniam Baci e carezze certi di farlo ancor Ma se il destin male pensa Cadono a Voto perduti abbracci ! O futuro tempo piega il velo Che da uno squarcio si veda retro Crogiolandoci di miglior sentiero Ma poveri noi sventurati Di quel che sarà non sapremo mai il vero
L'arciere Sta il prode arcier a tender il duro arco E il pizzicor della corda gia’ freme di scagliar la freccia al proprio Segno! Voli fulminea lucida sagitta a cercar la tua dimora Fendi cielo e terra ,finche’ ti resti di te solo il sibilo sottile. Sotto i torrioni del castello antico s’accalca la folla del nemico Crudele,tu arcier paladin del vero difensor del popolo Segni uno a uno col tuo rapido scoccar le vite da spegner Cadon un sul l’altro gli attoniti guerrier Che gia’ assaporavan l’altrui delizie Case e terreni donne e fanciulli di porre in ceppi. Sembran quelle carcasse come fieno! Quando s’accatastan alte balle mucchi a mucchi! Un ronzio che stordisce breve come un frullar d’ali E poi nulla piu’ silenzio e pianto,giusto O inganno ma solo carne compunta stremata. Lacera l’aere d’intorno la freccia che vola al Passo di guerra,e come fulmine squarcia in fortunali L’eterna quercia cosi lei dinuda i cuori e i pensieri Di color che a lei si piegan e temon colpo. Arciere e freccia un sol respiro una sola anima Lui in quella si fissa e s’affida E spera che la punta vada profonda Il legno s’affonda nel tirator Reca il vero se ei sia giusto O vendetta se quel pianse affronto! Nel clamor della pugna non v’era Piu ‘frontiera eravate padrone dei destini Dei disii della spe’ di riveder la sera! Al canto di pace dormon l’un e l’altra Ma se marte move pie’ Allor arcier tendi l’arco E lei è gia li tua compagna e sorella
gladiatori Nel clamor della folla che soffoca col Sangue ogni disio Gladiatore ti sei fatto onore Sotto il ciel di Roma che non conobbe Dio! Il ferro il valore l amore Questo il motto del tuo cor Che ante tribuna inumana Del vostro umor era affamata! LE bianche pietre stavano a guardare casa e ultima culla Per voi che per ogni di' La morte avea la chiave Dell estremo ultimo fiato Da questa valle. Quali pensier mirmillone. Focoso Sotto l elmo avei di questo mondo? Di lacerar carne e bever l altrui Lacrime? E tu reziario? Non è questo il modo Di andar per mare Ma brami co reti di far la carne Tuo pasto! La polvere il ringhiar di fiere moleste il pianto d un fanciullo Che del padre vide il corpo Tra sabbia e lancia trucidato Tutto era tuo pasto quotidiano Silenzio andate adagio uomini Che follia e' mai questa? Le menti percuoti Gli animi inciti quando Tu gladiatore vibri L ultimo colpo liberatore Allor esplode in giubilo Ed è una danza! Macabro canto La morte vince Porta l ultima volta al viso La sanguinante mano Il ferro ha avuto il suo capro! Scintillante gladio Dorata corazza Pesto cimitero Abbiate requie e Morto il combattente Vile volgo famelico Come sei brutto in questa Maligna giostra! Sorgea il giorno Chiamava a se la notte Tutto tace s aggruma Il sangue tra le pietre E la fronte Ode il canto d una civetta E spera il povere l Che la nuova alba Non sia matrigna! Questo è accaduto Sotto te mio imperatore Ora siamo solo ombre E polvere al cospetto dei secoli
L infinito Sopra la Duna di un deserto ammirava L infinito.quel senso di eternità che si Spandea in ogni piccol granello di sabbia. Li v'è silenzio,.fischio di un tiepido vento E cielo ininterrotto se non dall orizzonte Perdendosi tra il biancor delle nuvole. Rimanevo attonito,bussava alla porta della mio pensare il mistero delle cose create. Sulle cime dei monti con le nevi immacolate coi ghiacciai perenni.era pur li l infinito ! L'uomo pareva talmente esser piccolo Che ogni roccioso appiglio era di lui Il maggior potere! Volando sulle creste degli oceani Quando le onde si gonfian e minaccian il cielo mi perdevo in un infinito mondo d'acqua,con tutte le sue creature Il color profondo che penetrava ogni sua fibra Sì sposavan i raggi del sol con la salina Figlia perdendosi in uno scintillare di Inegual meraviglia sentivo la potenza della marina I venti spazzavano la sua veste da quando la terra ebbe la sua prima vigilia Toccai le foreste vergini della più bella Figlia Che naviga con noi nel buio e non reca Fatica ! Le verdi fronde il filtrare dei primi raggi Tra il fogliame Il perfetto innalsarsi dei tronchi verso il ciel .I rami schermar la notte come mille Braccia Quello era infinito! Quinci dopo aver viaggiato tra mari Monti , deserti, Tutti imponenti e che non temon il pugno Dei millenni Mi setii fiacco e picciol davanti a voi Signori potenti! Ecco l eternità si ferma con noi Poveri esseri che crediam d esser Eletti L infinito che io carezzai si resta qui più non va oltre l uomo non è che altro polvere in una giornata di vento.
la voce del silenzio Ascolta,ascolta la voce del silenzio, Questo infinito vagare per la propria coscienza,la propria natura. Odi ?il lento scandire del tempo e la ragione che si interroga? Nasciam nel silenzio solo il mondo è la selva che ci attende. Ma tu uomo medita! Il silenzio del cosmo la sua profonda sostanza,m'affascina e mi ammalia. Cosa è la morte,se non un lungo ed Immobile silenzio che dal mondo ti bandisce? E dunque il vuoto?la rinuncia del tutto, La fame e la sete dello spirito? Se si potesser far tacere tutte le voci, Il rumor,il mormorio,scopriresti una nuova,casa fatta di contemplazione, Di ricreanza! Eppur anche nel silenzio piu' cupo Ve' un legame un sottile richiamo che unisce tutte le creature Anche il mar che par sia muto canta la sua voce, Che s'ascoltar che si denuda dei legacci Troppo terreni e infonde la sua anima Nel turbinio universale. Un albero è dunque silente? No,anima curiosa, Sa far sentir le sue vibrazioni solo se ascolti la voce del cor. Nel silenzio di un rosso bociuol di rosa Mi perderei,ascoltando il suo fruscio Ed è il sorriso del giorno! Allor mi piego su me stesso e capii Che il silenzio piu' assoluto non esiste! Solo se trovi la tua sostanza ascolterai L'armonia del perfetto.
Pianeti novi Quando credevam d’esser soli, in questo nero manto ,silente e lucente, ecco che sotto il suo palmo,alzaron il capo novi mondi,lontano dal nostro sguardo, sette lustri da passar,per respirar la novella aria! Scrutavam l’eterna volta,con viso incantato, come fanciulletti che vedon il mondo con infantil entusiasmo. Speravam di sentir altre voci,oscuro canto! Scorre li’ tra muti giorni un timido ruscello Che sussurra e si insinua tra i canali? V’e’ il verdeggiar di foglie coverte Di brina,al primo mattino? Che amor quando rimiro Quei paesaggi ,che il Mondo mena per i cor gentil,che l’apprezza! Laudati siate dottori del ciel Che all’uom ghiotto, avete dato la gaia novella! Il sol si specchia con l’altra stella Anche lei madre benigna, della vita che infonde sulla sua pietra. Ci saran giuchi innocenti, tramonti coinvolgenti, e albe che risveglian il profumo dei fiori? Dimmi l’autunno è cosi malinconico, quando denuda le sopite piante ,con lor foglie fa turbinii,nell uggioso meriggio? A questo dimandar non v’e risposta, il mio quesito cade nel vuoto! Ma un di’ verra’, quando saremo noi che sognammo , solo spettro di quel che fummo le due terre verran a un sol respiro, calchera’ il pie’ gentil la sabbia fine vedremo il saper in occhi sconosciuti, nuove idee,nuove lingue , oltre ogni confine in onore della scoperta recente di tre pianeti abitabili scoperti a 40 anni luce da noi in questo mese di maggio 2016
vecchio naviglio In un porto senza nome di nessun suolo patrio, un vecchio naviglio era ancorato. Vergognoso tra inponenti scafi di legno Pur or forgiati. Antico veliero,narra un po’ del tuo passato, quante volte avrai tu navigato, quante genti attraversaron il mar infiniti sospiri passaron per le tue assi.! Notte e giorno non era mai una pena Ne ti fiaccava la continua lena. Vetusto naviglio,quanta spuma ,avrai solcato, quante tempeste puoi raccontar ,tu, quando quell acqua brontolava dal suo ventre,allor la sperduta ciurma, s’affidava a te e in cor sperar di riveder, le ridenti distese in fior! Per tempo infinito,avrai navigato Cullato dall’indomito pelago Che ti chiama ancor. Un marinaio ,guarda con occhio umido, l’amico del passato,e rammentar gli sovviene,delle tue vele, delle fredde notti,quando il fortunale spezzava le braccia ,ed esser nocchier in burrasca,era si dura e pur quasi senza speranza. Hai perso compagni che ancor serbi in petto, un malinconico amor che t’aspettava quando lasciavi il porto, tutto li or giace,dolci ricordi della gioventu!
La danzatrice Danza, danza vergine scalza sul letto di fiori! Danza finche’ non giunga il tramonto , e nasconda la tua grazia al crepuscolo. Scorre nelle tue vene la forza dell’arte, impetuosa tra estasi e tormento cosi’dilaga il torrente nel suo letto! Figlia beata ,Tersicore t’accompagna . Ogni sua mossa era amor per la vita. Leggera,si moveva al son di dolci note Che lo spirito solleva! Quell’anima che si abbandona al sussurro Del canto del cor, E liberta’ che si move nell’aere Fresco del mattino ,quando quell’umido Della notte rende frizzante le prime ore. Ed era come un volo di timide farfalle Quella danza tra le rugiadose viole, le pungenti rose dalla chiusa corolla. Il suo inceder leggero e soave Rendeva piu’ gentile la collina, ancor sopita. Li perivan le idee malvage ,per lasciar Un sapore di eterna pace. Danzatrice che sai mover il sentimento A far esame di se stesso, sei regina del divin amore ,che scava nell’ “io” maestra nel suonar le corde piu profonde. A te m’affido mi lascio Trasportar dal tuo gioco! Chi ti instilla tal creanza? Come movi i pie’ che volan A fil d’erba quasi tu non abbia piu sostanza? Negli occhi di colei, che guidava tal maestranza ,mi sentii perso. Avrei sfidato il tempo, guardando in eterno il tuo talento. Silente notte quanto mi sei ostile, sento gia’ la bruma del vespro, quella foschia rossa ,che stacca il di’ dal sonno. T’attendo pallido mattino, rivedro’ quella danza, ricomincera’il mistero infinito
L'ulivo Un pugno di terra per affondar le radici, una lacrima d’acqua per ristorarsi,cosi tu ci insegni rugoso ulivo. Splende al sol l’argentea corteccia vibrano all’uninsono Le foglie di un verde in tenso,che si specchiano nel cielo terso. Le mite distese di toscana tu copri ,li ove il tempo Sembra piu lento,tutto ha il sapor una vita serena,una vita Che se io potessi spenderei in arcadia! Un fiume d’oro ci dono dal sapor dei frutti, aspro,si ma succo della tua vena. Sta il contadin sull’aia a sgranar le dure bacche,cantan festose Le fanciulle con la chioma al vento,il viso segnato seppur Giovinelle dal sol e dal sudore. Gioca il bambinello nei fanciulleschi giorni, rimira il fattor il suo regno e zufolando contento, si bea del suo lavoro. Torchian le olive i frantoi,si libera nell’aere quel sottil Profumo d’erba che rinfranca il cor e lo spirito. Bagna nel novello olio il pan del suo mulino,li il Sapor della campagna ha vinto. Cala dietro i monti ,sulle campagned stanche, sui pollai,e la fattoria il tramonto, quel rosseggiar tra i rami d’ulivo,e loro foglie, che si nascondon dall’ultima luce,lascia lo spirito ammaliato da tanta grazia di te oh creato. Silenzio,è notte! Mormora or la civetta tra quegli ulivi Che vider il lavorio dei campi, e ricordano il biondo olio del giorno! Un di,Sali al colle,nella terra Di giudea un saggio carico di dolor Ma certo della gioia. Voi ulivi ricoglieste gli ultimi sussulti gli ultimi singulti Di una vita che periva per noi Per quel che siamo! Antico ricordo gezemani porti, di quel bosco le fronde aqsciugarono il pianto del figlio dell’uomo
Il giardino dell’anima Caduto in un sonno che ai sensi tolse poter, camminavo d’incanto in un bel prato,ove ordine e armonia cantavan in cor li senti vibrar la coscienza mia. Nel far del giorno sorgeva la stella e irradio di sua luce l’universo Mi prese tal gioia che mi sentii perso. Era il giardino dell’anima quando nasce pura e casta Dal primo pensier che l ha creata Il sentier s’adornava di tanti e tali fior che non potevo Toglier lo sguardo da tal miraggio. Mazzi di gialle margherite mi accompagnavano il passo, di lontano sentivo l’aroma del violaceo glicine che s’adagiavano su argentei ulivi. Scorsi, in quella aurea una donna Di bianca veste,che mi sorrise ,con lei mi fermai a Ragionar del nostro essser creature,or fallaci or fanciullesche. Tant’era il disio di comprender quel mondo Che la fatica non era d’intoppo. Tra l’erba una madre che s’adorno le spalle Di rossa lana e un pargol al sen tenea, vidi quella figura, che tanto mi prese che quasi restai il mio viaggio. Se fosse stato un miraggio ancor m’e difficil capir Perche’ io mi inginocchiai ai suoi pie quella pia donzella Di verde panno e chiesi:”prendimi sotto il tuo braccio” Ma d’un tratto mi si paro’ un triste viale,scuro e senza luce Ne fior, ne canto che penetrasse l’eterna notte,il freddo m’ Attanagliava ,persi la speranza di riveder la strada maestra. Ove porti torto viale? Scarpate profonde,di spini aguzzi,ne la gioia di rose e di viole Caddi in un baratro e non sapevo riveder la china,gia temevo Che fosse finita! Il fango maledetto mi impediva la salita E quanto io facessi mi tirava giu ove ero prima. Il male che tutto offende mi impediva di raggiunger L’agognata riva di stringer la spe’ di nova lena. Sussurri dal profondo del dirupo,mi mettevan pena Ove io che ero gia sull’orlo di cader nel fondo,vidi al sommo Una fanciulla tutta bardata di salda armatura mi die’ la mano Ella mi sosteneva. Quando fui al fin giunto,ancor l’ombra m’opprimeva I suo dubbi mi ponevan in basso loco Mi blandivan quasi lasciai quella via che è vita. Ancor mi soccorse una fanciulla che grido in quel bosco tetro: “fuggi di qui pellegrino e segui il sentiero sin dove vedrai il novo Giorno” Mi incito’ brandendo una spada e rinnovando l’orgoglio. Alfin rividi l’alba il fruscio del vento, lo scorrer d’un ruscello,mi vidi retro del pericolo e del suo veleno. Sorgea il caldo sole quel giorno, ed io pellegrino del suo giardino mi rivolsi al primo amor dell’infinito
La morte di un poeta Fu,giace la morta carne, scompigliati i capelli,freddo il cor che brucio di passione. Fuggon le sue muse,guide d’una vita A cercar altre alme da ingentilir Coi dolci doni dell’arte. Ma i versi che irrigaron le silenti carte Non son muti,persi nel tempo ,e nel ricordo Vivon oltre la vita che si spegne al son Dell’ultimo respiro. Uscite dai chiusi quaderni ,volate or di Bocca in bocca,a cantar quel che ditto L’eletto,l’unto del dono leggeroe soave. Allor come le bionde api in maggio che S’impollinano di fiore in fiore Risuona la dolce melodia di parole Un fiume che dilaga nei petti, una luce che brilla,sono i suoi versi!!!!!! Quante donne al rapido amor portasti Inebriandoli,coi mielosi sonetti? Or piangono,sulla nuda terra, vorreber ancor vibrar suoi tuoi verseggi! Non perisce quella scintilla Che rinvigorisce l’anima dei poeti, sono come il vento,che si crede sopito e poi rinasce! Gia il seme della poesia cerca chi L’alberghi Per liberar dolci pensieri. Risorgi dal tuo sepolcro Torna Oh maestro! gia’ il mondo grida uno spirito puro energia fatta umana, che plachi un po la voglia di infinito che dona il canto dei poeti
Il superuomo Umano,troppo umano,per poter sfidare il creato! Uomo rientra nella tua natura,che sei di fronte all’infinito? Nulla,se non un minuiscolo granello di sabbia nel vento. Vanagloria tu avanzi,mai avrai il vero potere sugli elementi Acqua,vento,fuoco,ancor ti piegano e ti fiaccano, e te come un fanciullo intimorito,ti nascondi cercando il ventre materno. Eppur ti inorgoglisci,senti d’essere superuomo! Poni il calcagno sul capo del fratello,lo poni In ceppi,umili la sua carne,ti credi d’esser Di lui piu grande. Ma la vanita’ delle tue azioni,rispecchia La piccolezza del tuo essere! Prova a placar un mare in burrasca, per quanto tu faccia cadono le fortezze, il mattone in cui fidavi,è una pagliuzza che voleva fermar la bufera! Il cielo stellato e i suoi profondi misteri, ti pongono inferior alla piu pallida di loro. Qusta nostra natura,tanto superba Ci spinge a dura caduta,ferita imnperitura. La voce dell’eterno risuona ti scuota E ti rammenti,non sei nulla Piccola arrogante creatura, solo una virgola nell’incessante correre del tempo.
Furia umana Feral sentimento in cui l’uom trova sua culla, quanti pianti,semini,singulti e patimenti, come la gramigna infesta i campi,e soffoca le sementi. Ove sei luce della ragione, che rendi questa creatura specchio dell’alto rettore? Fuggi via male animo,che attoschi i cuori e le menti Coi tuoi veleni,tu diniego del ben a cui noi tendiamo, sei la polvere che offuschi e vergogna mieti ,ignominia di chiamarci umano. Quel padre che stringea al petto i pargoletti, gia in seno covava il tuo soffio nero amor lo prese per una giovinetta, e amorosi baci volea,ma al gran rifiuto la vendetta,ne faceva della sua carne scempio e desiderio impuro,l’affido ‘alla negra terra! Al pie’ d’italia spendea i suoi anni La giovin bambina dal biondo capel Gli o cchi puri come il primo di’. Chiamo madre il sangue del suo sangue Ma Oh sfortunata verginella,doloroso fine si parava sulla tua strada,ferita e poi Umiliata,dalla carne che amava,perivi Tenerella per invidia e vendetta. All’ombra di cesare nella roma che fu’ Luce del pensier Ordivan congiura perduta gente, dal cor guasto,e istinto inumano, di gustar il sapor della morte, chiunque cadesse sotto lor mano. Affondaron la lama una e piu volte Su te,ragazzo,vittima del caso. Quali sensi scateno’ Questo serpeggiar di male? Quel che ditta il fatal inganno, che armo’ mani e disii e non vi fu scampo. Questo venne nel tempo novo Gia’ hai avuto nel patrio solo Le tue lacrime. Mi sovvien un antico verbo, tu Oh uomo sei lupo dell’uomo
La donna alla finestra Alla finestra,guardando lontano stava la donna,la chioma d'argento carezzando con la mano. Di li spaziava nell'orto tra cespugli di mirto e bionda ginestra, andava rammentando il tempo beato. Seduta tra ciuffi d'erba sognava la stagion dei primi amori,dei giochi innocenti. Quanti meriggi tra quelle piante al soffio del vento che annunziava i giorni di festa. Salivi per la collina tra i longilinei cipressi, cullati dal maggio odoroso. Le notti d'estate alla finestra, tra il luccicchio delle stelle e il gracidar del grillo, sospiravi,si perdea cosi il tempo di tua giovinezza. Tutto sopiva in autunno,tra foglie secche giornate pigre ,castagne scoppiettar nell'allegro foco. I sogni e i disii albergavan tra quelle poche piante non piegate dal frizzante ottobre. Ancor vieni alla finestra vedi oltre il giardino,oltre la collina il sentier di veloce passo senti la voce di te bambina, bagnan le lacrime le antiche guance rivivi il tempo della prima vita
Pensiero Non perisce quel pensier al gelido soffio Dell’angelo nero divoratore d’amore,divoratore dell”io” Il seme del pensier non soffoca col ghiaccio,non si Piega come il timido bucaneve in inverno ma vince! Oh primo vagito dell’uomo,che nutri il ben dell’ Inteletto,e rendi eletto ,nella valle terrena ,la creatura che pensa, ove nasci linfa di vita che nell’altri animali sembri persa? Da un pugno di terra plasamato,specchio del pastor dell’universo, avesti in dono quel pensier,allor capisti,d’esister ,aver la vita. I giorni si perdono,le stagioni passano, l’infanzia,ti preme,eppur il povero ulivo un di’ sara’ cenere. Ma non tu pensiero,che cavalchi l’oceano dei secoli Il turbinio dei millenni,per esser sempre perfetto, luce dell’anima,sicuro porto dal difetto. Li nei cerchi celesti,siedi tra gli spiriti eletti lontano dai mali del mondo troppo puro per essere umano. La gabbia di carne ti serra e ti offende, non puoi esser quel che in seno ti splende, sei come il forte aquilotto che se una prigion lo chiude, si intristisce,allor spazia con il pensier infinite vette, ove l’azzurro, di piu il sol riflette. Quando un di l’alma nera senza pieta’ Chiamera’ colui ,che la vita abbraccia Sonera’ il giubilo perche’liberta’ l’attende. Il cruccio prende,ma non sapete, a quale meta, gia protende per quella grazia senza tempo d’anime felici, di pensieri puri, ove il nostro saper prende posto,nulla l’offende. Pensiero!vincerai la morte Varcherai quelle porte, ove partisti al nascimento. Uomo sei crisalide in terra, all’ultimo sussurro,sei in pace farfalla che torni nell’eterno.
Il povero Sporco,derelitto stava il poverel al ciglio D’una strada con occhi bassi e vergognoso sguardo Chiedeva un tozzo di pane ,o soldo alla mano. Quanti insulti,figlio sfortunato,quante risate Mentre te lamentavi il tuo malanno. Eppur avea ancor lo spirito umano Sapea gioir del giorno,della notte che riposa. Della pioggia che bagna e degli infiniti tramonti. Nella piccola casa una sposa or stanca,dai tanti Affanni della vita,un umil bracere,qualche Ciocco scoppiettante,riscaldar l’umile stanze. Ma il bacio dei figli ti illuminava tutto, gli insulti ,lo sporco solo un ricordo. Un di’ mori il poverello,nessun s’accorse Che la voce non turbava la vostra quite. Era il cristo,in altra carne in altra veste E voi persone oneste non guardaste al Fratello, di nuovo allor metteste il redentore sulla croce.
Verita’oh verita dimmi ove sei, in quale mente alberghi in quale lingua nasci qual uomo guidi per la via maestra,e gridi al mondo la vita onesta. Spirito libero e senza catene che voli e vai Mai ti resti,bagni le coscienze , e son lumicino per noi povera gente! Forse platon delle ombre nelle sue Caverne avea trovato il vero? O il buon rene’ che col far Matemtica e sapere volea risolver Le certezze che lo attanaglia? Verita’ che sempre fuggi, e mai vi fu’ uom che l’ebbe come sorella, sei del creato, la razza piu bella. Dolce spirito,che alberghi nelle stelle Soffio vital,della mente che freme. Per te s’affilaron le spade, noi mortali che credavam esser da te guidati.! Gia’ nel foco s’affidava il nemico, sicuro d’esser a te piu vicino. Morir con gli occhi pien di gloria Al trotto e lancia in resta il prode crociato Certo di spirar per giusto fatto. Un figliol di povera veste di poi sacrificato Per la terra di giudea facea serpeggiar un nuovo Fiato! Il verbo del signor l’unico che t’ha incatenato. Moriremo,lasceremo questo mondo , mai vedremo quel che cercammo, nessun si potra’ gloriar, verita’, fosti al mio fianco!
La donna nel fiume Chiare ,cristalline acque Che scorrete placide e tranquille Or serbate la mia carne, restituitela a mia madre! Del mondo di sopra porto il ricordo, il sol che splendeva fendendo le nubi,e il ciel misto al biancor e foschia. Il profumo delle rose di maggio Il vento di primavera tiepido e odoroso Gli amori di una vita troppo breve, i sogni,tutto riposa in questo umido letto.! Ricordo il suon della tua voce Oh madre che mi ammonivi,se ance Matura,commettessi bruttura. Le nostre giornate spensierate Quei piccoli intrighi di donna Tutto or mi lassa. Porto nella memoria il tuo lavorio Di lana ,lo scoppiettar del camino Il fortunale nel gelido inverno Quanto era sicura la mia casa. Fasci di mimose nel mutevole marzo E il dolciastro aroma per le stanze. Un di’ mi fidai del mio amor, certa delle sue braccia ,dei focosi baci, Ma l’ombra assassina gia’ voleva la mia anima. Vita spezzata quanto è duro Il mal che t’ha violata. Volevi volar nel sogno perfetto Ma ti smarristi nel buio piu tetro. Ancor ti prego oh fiume Che sei or mio fratello Sii pietoso grida a gran voce il mio nome. Qui giaccio tra ciotoli E fango il freddo intenso, tanto vorrei il calor d’un bracere. Brenta,lascia la tua preda! Le mie ossa rivedan la luce Per un attimo il sentor di primavera, il ciel mi guardi ancora,ora mi attende l’eterna lunga notte. Il popol cristiano pianga, e ponga i miei resti in terra sacra,ove verrai tu oh madre con un fiore
L‘ inganno di gabriella rosboch Amor,che sempre chiama amor lacero’ il Mio petto,credevo in quel tremar sincero, fu il mio veleno. Il dio fanciullo,un po monello Nel suo disegno tesseva il fatal tranello. Spendeva la pia donna gli anni suoi Non piu dei venti ruggenti,ma piu calmi E queti che ricordar la faceva ancor lacrimar. Quanti amor quanti sguardi avrai desiderato Storie lontane della tenerella eta’. Eppur ancor pronta a salir la china, gia ‘sperava di veder lontano altri tramonti,mano nella mano altri profumi al suon d’un bacio! La bella costa dai color del ciel sognava Co quegli occhi puri,lontana dal mal Che sovente l’uom accompagna. Ma il destin gioco’ triste carta Oh quanto è aspro e sa di sale E l’ amar che lascia se a verita’ si monta inganno tristo fio. Un giovinetto di bell’aspetto Scavava nell’intimo la donna Poneva il frutto della discordia Tesseva la sua tremenda tela! Parole sparse al vento, altri mondi e molle vita, al riparo di palme e sabbie d’oro. Tu ti perdevi i in quegli occhi falsi E ciechi,sentivi il vento della Passione percoterti ,sollevarti Nei suoi vili inganni. Quanti sussurri alla luna, e ripensar al profumo della sua chioma tutta ti arrossivi,come verginella al primo di’! Cosi’ cedeva la donna alla viperesca lingua, che instillo poesia ma gia’ tendeva una mano e si ingegnava ,por fine all ‘infelice dama! Piange la madre che ti tenne in grembo Si struge il padre ,che fu’ tua guida Quand’eri la sua bimba. Tacciono le voci dei tre Neri compagni e come si chiude nel Recinto la fiera molesta,quella ringhia E morde se qualcun la pressa,cosi Voi affondate i denti nella vostra carne. Fine d’un amor e baci perduti, sopir d’una vita,che credea di fiorir ,indi si resta a lamentar la mortal ferita.
Una tempesta Silenzio,non gracida piu la verde ranocchia nel suo stagno, un lieve ma gelido vento ricoglie piccole foglie,e le invola in alto chissa’ dove spargendole come vuole. Non cinguetta piu il passerotto rifuggiatosi nel cavo tronco Attendende e nutre il pulcin che questa tempesta si quieti. Fischia tra i rami rotti,percuote i salici, tormenta i roseti,con grandine e sferze violente Corre il cocchio d’eolo in ciel e comanda i suoi Stalloni d’aria di sfogar tutta la forza ,che a lui aggrada. Rientra veloce il naviglio quando il brontolio si fa cupo E le onde livide sembran mangiar il ,legno. Sta al calduccio un fanciullo nel suo letto Mentre fuori imperversa la tempesta e lo culla Il calor piu bello,l’amor materno. Mi sovvien la tempesta che sovente gli Animi molesta! Chi per passion perde il ben dell’intelletto Si getta in balia del talento Chi per amor si dispera,odia la sera Per non poter veder la sua bella, o amari morsi d’odio che il cor concupisce per vendetta,desidera sfogar le sue ire. Amara tempesta dell’animo quando Lucifero il gran demone spinge Un padre a spegner la vita del figlio. Pur si piange se il figlio brama la morte della madre! Tempesta ,tempesta della terra , o degli animi deboli che non trovan meta ma sempre van vagando a cercar il lor riparo. Ecco i venti si fan men severi,la pioggia meno greve Esce di nuovo a giocar la fanciulletta nel suo Orto,torna al suo ontoso canto il gallo Al finir della tormenta,e si rischiara L’aere fosca di brina. Cosi come il sol scioglie Le gonfie nubi, il ben che il mondo governa sciolga i cuor di chi al suo dominio,si nega
Speranza (dedica agli emigranti sui barconi) Muto s’allontanava il triste naviglio dalla Sponda d’oriente recando non cannella Ma ben pregiata,la spezia umana! Le placide acque accoglievan il dolor E la spe che quella viva mercanzia recava in seno. Qual sogno avete povera semenza umana, dalla terra or rigata dal sangue di chi un di’ v’amava? Perse per sempre le dimore Il ricordo d’una vita ,che val piu Dell’oro,della mirra. Vento d’oriente che sai ammansir L’eterne dune del deserto or spingi ver Noi la gente che ti porta nel petto, che di te conosce amor e difetto. Ma se natura comanda il lupo Di dilaniar il capretto, cosi foste ostaggio d’om piu nero onorar creso odiar che è infermo. Chi siete adunque? Sol denaro non carne e sangue. Madre che stringi al cor l’unico Figlio vedi l’infinito e il mar Farsi amico e infin nemico. Quanti pianti,quanti sospir Alle correnti donati,frutto d’anime senza Pace,senza terra. Ah natura come sei dura! Non ami tutti come figli? Perche dinieghi a lor I tuoi sorrisi? Come farfalle libere e beate Al ciel giungevan le Preghiere non cristiano, mussulmano ,l’unico creator dell’universo che non conosce nome umano. Gia carezzavate le nostre spiagge Vita nova il ferro lontano La morte nella sua dimora! Fu allor che il pelago ordi’ Il suo inganno e in sol istante si spenser Le speranzose voci! Odi?il pianto del pellegrin che all Acqua s’affida e trovo’ la sua rovina! Le lacrime s’uniron al sale,tutto fini Sul fondo del mar. Madre che per sempre cullera’ il Pargoletto,fanciulli per sempre,che Mai vedran le rughe sulle tempie. Signore,tu che poi muover le stelle Che ordini ai monti di nascer, al sol di governar alba e tramonto ove sei in questo morto sonno? Sangunianano ancor le ferite di tuo Figlio,la croce riprende nuovo respiro Sulle italiche sponde s’erge Il redentore v’accoglie nel suo regno Di luce ove li mai piu vedrete Quanto puo esser l’uom crudo e truce
Vento Soffiava sulle verde vallata carezzando i docili monti Scuotendo i possenti pini,i longilinei cipressi. Come una carezza sfiorava l’erba intimorendo timide lucciole. Piccole gocce di brina venivan strappate da umidi fili d’erba E si perdevan tra i turbini del giocoso vento. Soffioni li libravano nell azzurro ,sembravan anime Che tornana all’antica casa. Soave e carico d’aromi,mi inebriava,il cor e la mente Mi sdraierei in quei prati lontano dal mal Del mondo,dal rumor del borgo. Li tornerei ancor fanciullo co gli occhi fissi al ciel Ove si formavan le camaleontiche nubi. Quanto vento sulla terra,in mare,or molesto, quando il fortunale s’infuria e il ruvido naviglio par dai venti un triste gioco, spera il nauta di riguadagnar la riva lo trattengono le correnti, come il ferin leon non lascia spe alla preda. Vento che gonfi l’ali degli aquiloni E s’alza un gridolin dei fanciulli. Nelle giornate mie assolate In riva al mar mi facevi compagnia Recandomi il tuo profumo,del sale,delle onde. Vorrei camminar in eterno in una fiorita vallata, una perenne primavera,io libero solo in quel mondo, riveder gli antichi amori forse sentiro la dolce voce di mio padre.
Riflettendo Se siedi di fronte a un mar in tempesta nella silente notte allor capirai la tua piccolezza nel creato. Che è' la tua vita,uomo al par dell'eterno montar delle onde un su l'altra? La tua esistenza dura quanto un raggio di sol del primo mattino e nulla piu'. Odi?lo spumeggiar delle saline acque, e muta si frange sulla roccia fredda ma tosto lascia il posto alla sorella nel rincorrersi di un eterno moto. Tu uomo vivi ma non rinnovi la tua carne in primavera . Perche' non siam come le rose di Maggio che muoin in settembre ma rinascono al primo caldo? Perche' vediam senescer le chiome, le gambe esser inferme e tutto è un tremar nel corpo? Quando siam fanciulli liberi di ogni catena giochiamo su pascoli erbosi godiam della natura e di piccoli attimi fuggenti. Ma non sai O bimbo quanto sia dura inver la vita? com'e salato il sentiero Deh natura e incerto fato perche' tanto ingannate gli uomini? Vedi O uomo come sei innocente da pargolo e come è aspra la sferza della vita. Di nuovo al mar guardo alla sua eternita' al suo esser senza padroni e capisco che l'uom sulla terra è solo polvere, foglie al vento ,fango che si fa' carne al soffio dell'unico creator
La rosa e il fango In una landa desolata ,senza alba ne tramonto Ne sol che ristora,acqua che fa germogliar Vento che rinfresca ,nacque una rosa. Piccola e pallida di esil spine,di fragil corolla! Povero fior che non hai speranza di sentir cinguettio In maggio o veloci api cercar nettare di campo in campo. Triste melma che non hai accarezzato mai la vita Come sei greve a chi ti osserva ,togli la spe’ Di una dolce via,tronchi chi credea di traversarti E non toccar il fondo. Se un di mi si parasse tal palude, che sarebbe di me io esil in balia di amari giorni? Tutto era spento li pur la mente Si perdeva,come colui che Nel cor ha sol dispetto E non vede oltre il suo sentiero. Inver lei resistette Non crollo ‘ il gambo Al peso del marciume Ad ogni fibra del suo esser L’ estremo amor per la vita. Se pur v’ era una goccia Di putrida acqua La pallida rosa seppe mostrar La grazia di lottar. Nel silenzio di quella Morta gora,ove mai Avrei creduto di spuntar Una timida corona Vi fu un miracolo:la rosa vinse il fango
Inno alla donna Ecco,io umil mortale Voglio dedicar questa lode, Che sgorga dal cuor come fonte, A quella creatura di tale eleganza Che da noi donna è chiamata. Quanto avrei a narrar di te,donna, Io,che lessi rime Lamenti e gioie di antichi poeti, Che presi d'amor per la lor donna Tutti ardevan di fatal furore. Chi andava solingo per monti e per valli A sfogar alla natura il suo gaudio O lamentare il dolore di un cuore fiaccato. Ma forse voi ben sapete Che anche la natura è donna? Non è anche Selene astro eletto della sera, Cantata dagli antichi Qual donna immortal? Or vo' capendo quale passione Prendeva quei poeti del dolce stil novo Che in rime dettate dal cuor Alla carta si confidavano. Rapido vento e placide acque Annunziate alla donna Le gioie di color che per lei trepidan. Perdendomi nelle pieghe Della coscienza mia Una donna vedo che sale in sul colle Mentre dietro vien nascendo E far omaggio con i primi raggi L'astro del giorno.
Al crepuscolo Nell'ora dell'ultimo respiro degli ultimi amori, degli ultimi pensieri umani ,nel giorno che fu, si prepara il mondo tutto al crepuscolar tempo. Ritira i raggi belli il sommo Apollo alla divina corte quasi li nomasse uno ad uno quei fedeli servitor che nel giorno sereno furon gloria della lodata fiamma. Gia' l'aere intorno si tinge di sanguigno, e punge il freddo della notte veniente. O tu crepuscolo passaggio di due mondi , governo del certo per l'incerto. Mira allor il pio agricoltor al ciel,che a brano a brano si scurisce, l'azzurro si nasconde dietro bruni bagliori rossastri,indi si asciuga il volto sudato dal sol,e al vespro ritorna alla sua dimora, recando placide e silenti le obbedienti caprette all'ovile. E' tutto un prepararsi alla notte, vola bassa la rondinella con egual canto, s'aggira in ogni dove a richiamar la figliolanza. Il cicognin che tento' il volo nel giorno torna a cercar riparo sotto la materna ala. S'ode nel bosco un frenetico scricchiolar di foglie secche , i giocosi scoiattoli trovan riparo nelle cave querce,e cosi' nei campi ben arati tra gli ulivi i frondosi pini ed esil arboscelli, cala un manto di silenzio. Ora è notte e par che tutto sia nascosto, non piu' si puo' andar tra i boschi tra il certo e l'incerto. Il passaggio tra il di' e la notte fu ' breve e in quel lasso di tempo si vide cangiar questa terra tra l 'incertezza dell'essere e l'infinito silenzio della notte
Il suicida Se ne stava quell ‘uom stanco tutto in se romito coi Suoi pensieri assorto,fronte bassa e occhio spento Se ne andava coi pensier vagando ,a rammentar il passato. E arida in lui la vita? No!ma gia tende una mano alla dama nera Che cerca e mai nulla a pieta’ la piega. Qual pena,qual tormento quell’anima spenta avea, il mal del mondo il dolore profondo lo pose in via di non ritorno. Solo, con il suo pellegrinare non trovo conforto Non gli fu di pace il nascer del giorno,quel biancor Che si fa grande tra il torpor del sol che nasce. Parla o uomo del tuo strazio,se gia vedi il tuo Viaggio nel doloroso recinto del tristo pier Che per soffrir dello stesso disio,or giace nella disperata Foresta eterna. Vai lontano da questo amaro pasto! Ne il bacio del figliuol ti pone il petto A diniegar il gran inganno? Le carezze della sposa,risollevan l’affanno.? Nulla ,ei gia avea deciso il suo passo, come un fiume che non vole sfociar l’acqua e si fa torbida, cosi il miserello non volle giocar sul teatro della vita Qusta e la giostra umana or si sale Or si scende,per te non v’e Piu luce ,sara una eterna notte. Ma il bon pastore che per ogni sua creatura Ha in sen il ben della ventura Anche per te ha parato il nuovo Mondo ove li in fede Rivedrai il giorno.
La carta e la penna Corre veloce la penna sulla ruvida carta, cerca e crea quel che il cor comanda. Nulla inventa la volonta’ umana gia ‘nel silente Piano si nasconde la novella e il poeta ne trae Linfa e amor per la sua creatura. Quanto inchiostro rese eterno il dire umano E apri nuovi mondi e nuovi universi Che sol la fantasia varca. Sei custode dei mondi perduti,di sogni Vissuti,di viaggi oltre i confini del ver! Se tu pallida pergamena non narrassi il duro Itinere dell ‘itacense da secoli Nessun saprebbe del suo dolore, di vincer il mar per ritrovar la terra Da verona ancor risuona il fatal amor Dei giovinetti montecchi e capuleti che pianser per non poter vivere assieme a te carta il loro ricordo e a te penna i loro sosipri. In ispirate mani sei lo scudo del poeta Come lo scalpello per il marmo Il pennel per leonardo, a te s’affida chi gia i suoi pensier vole render eterni. Ed io che scrissi versi or Amari or dolci, per la natura che mi ammalio o il mar placido con carta e penna trovai sfogo per lo spirto mortal.
Il giorno della memoria Nel tempo prima del mio nascimento , si imbarbari l'europa tutta,piange ora quella turba ormai perduta! Si fe del giudeo gran scempio per ira e follia Del teutonico che credevasi eletto,e il Suo dolor in seno sfocava sulle carni del Suo fiero pasto. S’ umiliava quella gente di colpa antica, ma qual mal pote portar il vecchia terra alla deriva? Oscure immagin sulle braccia fiere ,inneggiar un dio Ma che gia mcinava il suo torchio di ossa e dolor! Cacciati come selvaggina nella foresta Correvan or a destra or a manca a cercar Rifugio da quella mala vita ! Madri che stringevan al petto la figliolanza E pianti di dolor sulla strada,ma nessun vi porse Lana o mano salda,da quel malor. Ove sei pieta’ che e tanto salda In quella pietra del michel toscano? Dimentico’ l ‘umano il valor del ben Che infuse il creator nella pelle? Si volser al signor della notte Piu facile il sentier che l’inganno scorre. Ma,se tanto tu povero giudeo vedesti Del tuo popolo le ceneri,non disperar Il ben dell’intelletto ancor illumina. S alsaron allor come torri d’avorio Uno ,cento,mille respiri al vostro Rio destino. Anime pure che pur rischiar la vita, non esitaron di gettarsi in mischia, di strappar dalla lista quanti poteron afferrar. Co navi o carri,fuggiron, Il foco non mangio tutto Il ben vince, una fiammella Non perisce al vento, Eroica resiste. Quelle voci disser no in coro! Furon come gli scogli che frenano il Mar quando si gonfia ,per molesto vento. Quei campi muti del tormento Dormon ma il mormorio, il pianto,la fame sembran fissi, nelle assi,nel cemento. Eppur da quel patimento non fu la fine! Per quanti caddero,tu fiumana Innocente hai vinto. Quando in un campo di grano Cadono fulmini,nel mite giugno, e divorar tutta la bionda valle di spighe, si lamenta il contadin,ma se ben vede una spiga è salva e allor si rallegra: e’ un nuovo inizio
Memoria di un cavaliere Ho visto le bianche mura di gerusalemme, ho creduto nel Dio celeste,ho combattuto in questa veste,il ferro al mio fianco il cor rosso batteva e ardeva come brace in inverno. Ho sentito il mormorio del mare E il vento che ha soffiato nelle Vele,che dalle calde spiagge di palermo M’ha portato alla terra del giudeo. Romba di tamburo, un giubilo nella gola cresceva ,cresceva come fanno l’onde tormentate da correnti possenti le fanno franger sulle rocce schiuma ,e fragor si perdono nei gorghi. Gridavam oltre la nostra vita: “Deus vult” E non temiam ferita! Archi gia pronti a lanciar le Piumate frecce,pensieri volavan con Quelle. Rosse come scintille di un fuoco Nella notte eran le stelle piu belle. Il rumor del ferro,e del sangue Un unico canto, un unico feral inganno. Volti sconvolti Oltre l ‘alte mura , pelle brunita,vesti straniere ma pur un tutt’uno dell’unica famigli umana. Anche lor invocavan un dio, un vissillo del loro amor. Ma ove eri dio in quei Di’che avean il sapor Della fine? S’alsa il vento della guerra Ma non reca odor di Gelsomino del pungente Frutto d’ascalon,di aranci in fior Ma pute l’aere di odio e morte. Combattiam quinci per dio L’orgoglio o l ‘onore? Tremar il soldato bardato Al primo cenno di battaglia Scalpitar i cavalli al lor destin, morir un fanciulletto che col flauto scaldo’ gli animi e or a cristo l’alma innalsa, gli occhi si chiudon su una landa amarara,guasta. Al fin della pugna Ebbi pesto il cimiero Trafitto lo scudo Spezzata la lancia grondante La lama. Cosa resta della mia carne? Solo il ricordo,l’ossa Carezzate dalla sabbia d’oriente L armatura,bevette la mia vita, or rugginisce al tempo, lontani or i giorni di gloria! Peristi anche tu prode cavalier Sulla terra d’antiochia Non ti solletican le nari il profumo Del cocco,della mirra . Che cosa è questo male Che ti opprime? Solo la fine di una vita, il rimpianto d’una ferita il segno della follia! La tua polvere si perde nel tempo, all’altissimo l’ultimo verdetto! Giaci e piu non dico Per amor di Dio hai preso il ferro E dato il cor.
Mite novembre Ove sono quelle foglie rosse autunnali? Ove le piogerelline lente sulle Piante or stanche? Eppur di un manto foglioso e coverto Ogni sentierio che par non veda piu ristoro. Novembre di mite veste mi rammenti L’estate che fu con quelle mattine smarginate Di sole tra il tremolar del mare e il bianco Del ciel ,quinci la prima pallida luce Ristorava il giorno , tra frinire di cicale E odor dalla marina di cocco. Dolce questo mite novembre di giornate Spensierate di soavi venti men aspri D’ottobre ! Ma tutto cambia di giorno in giorno, finira questo mite clima dal sapor di maggio, e dicembre mordera il cor e il paesaggio,tornera il fischio del vento, sara’ grigio il ciel ,attendero’ un candido e soffice manto di neve
Ricordo Io ricordo, gli anni che furon , si dolci e cari che or mente e cor son prese da cotal piacere. I volti di voi, le voci, e gli amati sorrisi ,tutto fa turbinio e il passato punge e commuove! Ah dolce tempo antico,come vorrei Solo un ‘attimo ,ricader tra le tue braccia E risentir con sensi mortali quel che fu’! Quanti sogni spendavamo tra quei banchi Quanti sospiri che or sembran un sogno. Eppur fu’ tutto vero! Come una sol anima un sol sospiro Vivemmo un comune destino, una sola strada e or si tace. Se quelle malinconiche mura Potesser narrar sarebbero gaie. E tu silente compagno che hai cullato I nostri giovani e freschi sorrisi, hai gran segreto. Quanto è bello esser giovinelli E innocenti guardar il mondo Con il puro spirito,noi fummo cosi’! In maggio quando la primavera Dilagava in ogni dove , l’ aere sereno e odoroso inebriava e il sol filtrava sulle nostre finestre, allor un poco i pensieri volavano via lontani dai pesanti studi, e ci perdavamo nell’ infinito Ma or siam qui’ ancora Contro le beffe del tempo Che ci separo’ per condurci su Diverse vie , ognun il suo sentiero. Ma cio’ che è vero e saldo Non si perde come sabbia al vento Non perisce come il timido giglio In inverno! Qui abbiam ritrovato il comune sentire Il comune amore. Anche se il tempo ha piegato e mutato La nostra pelle, non svanira’ mai In noi quella fratellanza di un di’ Quell ‘ entusiasmo di fanciulli 6 novembre 2015
La forza della vita V'era un campo,ove svettavan fieri i longilinei Pioppi,le dure querce e il fronzuto abete, Che domavan il fischio del vento! Piu' in basso esili e mosse dai capricci del tempo , Un manto di bionde spighe ,or piegate dalla pioggia Or beccate da furive creature. Eppur fiere dominavate il paesaggio , Nel caldo giugno tra grilli e verdi lucertole Al sol stese. Un biondo mare si moveva al soffio del vento Un profumo soave di grano. E li' giungeva ogni di' un rugoso contadino ,segnato In volto da anni di fatica,di barba incolta E canuta chioma. Armato inver di scure , DOCILI spighe piegavate il capo al sicuro taglio E s' univa nel capo sudore e amor Per la terra. Un pugno di grano poteva competer coi signori Della collina,una manciata di spighe ,eran Regine del prato . Nel seme la vita ,ne faran soffice pane Si nutriran i fanciulli saran conforto a Mille e poi ancor piu di mille sconosciuti. Siam anche noi sementi del mondo? Anassagora antico illuminaci il sentiero! Uomo anche tu vagavi nell'universo, Prima d'aver terra nel grembo di gea! I bei vermigli fior ,le pavoneggianti rose I candidi gigli,la dolce lavanda Tutti semi un di'! Non siate dunque superbi Robusti alberi dal tronco intonso Da un pugno di semi la vita!
I misteri della vita Qual forza vi spinge ,O sementi del mondo, ad unirvi in tal armonia? Qual mistero uni’ il possente monte alo scoscesso colle? E voi chiare e cristalline acque perché vi uniste al lago ,al fiume ,al mare? Nuvole del cielo svelate il vostro mistero: vi spinge il vento o chi vi creo ‘ oltre questo terreno regno? Cara quercia con fronda e frutto dorato nascesti anche tu da quelle eterne sementi che vagan per mete ignote nell’universo? Anche tu ,uomo,dopo la tua morte come quelle sementi ti diedor vita al volger della fiamma che il cuor avvampa, ritorneran anch’essi a vagar per gli eterni misteri
La specie umana Finche' il cielo sara' fulminato dai raggi del sole che il giorno rinnova e l'astro volgera' l'inizio della notte e il volo degli uccelli sara' perenne allora esistera' la specie umana. Finche' le acque verranno alla costa il fiume scorrera' nel suo letto e il cielo s'effondera' di azzurro sterminato allora sara' vita Poscia le grazie render eterno tal regno ma se il manto di Marte signor della guerra tessera' le trame dell'oblio alto pericolo verra'a piaggia. Se l'uomo smettera' di tender la mano ai rossi frutti e l'alberello stanco e di non esserer umil di fronte al creato, allora lui piccola cosa, goccia d'acqua nel mare sara' della natura vittima indifesa
Elogio alla poesia O sacrissimo tempio della poesia a te vengo umile e curvo qual fedel servo a te ogni gloria innalzo , perché di scriver sulla carta cio’ che il cor detta ebbi omaggio Rifugio sicuro per gli amori infiniti a te vengono i figlioli che del mondo han dispetto e con occhio vedon il sospetto. Di quanto amor la carta ammanti! che sogni che sospiri l’amata fece quando l’amante ne scrisse i versi per sussurrare infinito amor. Quella perdea coscienza del tempo reale volando in ignoti lochi ove si perde l’infinito. Onore a te ineffabil essenza che il cuore dei poeti rendi caldo. Nel petto la fucina e il calor li si in fonde. Maestra, a quanti toccasti il dolce capo? a quanti dicesti “tu sei il mio eletto” A quanti movesti la mano a scriver versi che son piu’ dolci del latte e miele. Quanti ne vo a nomar e rammentar, non basterebbe tempo mortal. Da Saffo a Virgilio che di Ilio canto’ la fine al buon Giacomo che oltre il colle si perdeva nel mistero. Alla carta,alla carta correte O santi poeti che si posson vincer mille guerre parlar al mondo non spargendo piombo . Per i posteri e ai posteri lasciate il vostro dir che sia base del mondo nuovo Ed io a te madre d’elezione umile vengo alle tue labbra attingo nutrimento per il dolce poetar.
Temporale estivo Di gia’ e caduta la pigra pioggia,e tosto le vagabonde nubi han lasciato il minaccioso cielo libero da ogni insidia Si sente ancora il delicato cadere delle ultime gocce di pioggia. Dalle foglie stanche ,dai pini ricurvi dai salici curvi, s’effonde l’odore acre di terra bagnata smorzata dalla caluria del meriggio ,e un grillo solitario rinnova il suo ontoso canto. Si liscia le penne un passerotto solitario,che gia’ s’adopera a cercar nuovi rami ove posarsio magari sotto un tetto o su un comignolo spento. Da un punto all’altro del ciel da poco rasserenato fa capolino il variopinto arcobaleno che s’erge come un ponte,un ponte che unis ce i sogni e i labili disii di chi gode’della generosa acqua cosi’ un ‘altro giorno estivo volge al suo ire, tra i sospiri i giochi vivaci le rane gracidanti ,timide rose matide di rugiada ,gli amori fugaci. E al vespro tra il confondersi degli ultimi raggi, e il rosseggiar del cielo che par si tinga di sanguigno , conta i giorni il buon contadino, e sa che infondo l’autunno non è poi cosi lontano
Vento d'estate Lieve e dolce soffia sulla terra riarsa dal sol tra le chiome sopite dei pini nelle ore del meriggio, soffia e con se porta l’allegro frinir delle cicale in festa soffia sulle spighe d’oro sul contadin all’opra intento soffia sui fanciulli arrossati intenti in innocenti giochi e par negli occhi loro si respiri tutta la forza del creato. Spira O vento leggero su tutte le creature e par che quella verde lacerta nel vento e nel sole rinasca . Il tuo tocco soave qual gioia porta al mondo e in special modo in quei dì quando il gracidar delle ranocchie mai si resta . O vento beato come vorrei da te esser rapito portato in antiche mete nell’azzurro infinito per conoscer ove tu abbia asilo soffia anche su me O figlio d’Eolo io figlio dell’uomo
L’antica quercia s’ergea sulla collina e mirava i monti d’intorno i comignoli fumanti e il lavoro nei campi Non temeva ne ‘ pioggia né vento ,né l uragano devastante, né grandine o saetta. Vedea in autunno morire i brulli campi,le altre campagne e li ì per prima rinascer l’erbetta al delicato soffiar di Zefiro. L’aroma delle imponenti fronde si spandea nell’aere mite diffusa dalle piu’ miti correnti d’aprile Forte tronco quante storie narreresti,se sol potessi far verbo! Gli amanti al sicuro dei tuoi rami sussurravano dolci parole,che l’amore instillava nei generosi cuori. Quanti pensieri, quanti progetti ·madre benigna- in te trovo riposo la coraggiosa rondinella che dalle terre infocate dal sole e dalle piogge aliene , varco i confini sino a te ,ostello dei propri figli! Veniva a te un fanciulletto di fiori adorno , un figlio dei campi e te prendeva per suo gioco: nascondersi dietro il tuo tronco mirar il paesaggio al tuo fresco riposo! O eta’ di giovinezza spensierata,quante corse fino alla quercia ,alla signora della collina! il duro inverno ,fischiando e ululando ,franse ramo , ma tu non fosti mai incenerita comeSemele antica. Muore l’uomo coi suoi progetti e speranze muta il paesaggio astante,ma tu al tempo non dai governo. Ricordi quel fanciulletto che veniva festoso tra il meriggio e il tramonto? Mai più verra’ al tuo sguardo: se tanto guardi ai tuoi pie’, vedrai un bianco marmo che serba colui il quale giungeva con fanciullesco passo
All ‘or che si placarono le amare lacrime I singulti furono più lievi E la voce riebbe il suo tono, è tempo di placar quel dolor, sia asciutto il viso ,il ricordo si fa spazio al pianto. Giungesti qui per le infinite strade del fato, da subito in cor t’ho amato! Curiosavi furtivo tra le stanze della casa, spaziavi giocoso negli angoli del mio orto qual meraviglia! Tutto ti inteneriva ,le rose rosse Che a te sembravan enormi Ai fieri abeti che per te eran monti. Scutavi l erbetta esile matida di rugiata , e ti rotolavi nel prato al meriggio,se c’era un formichino o una timida coccinella, che gran scoperta per te il giorno! A primavera ti tuffavi fra i soffioni Che si involavano leggeri nella dolce aere E con gli occhietti furtivi li seguivi Disperdersi nel vento, per te una pioggia di polline di mille e piu fiori e qualche gridolino per spino di rovi Quante volte ti ho visto ghermir Una spaurita lucertolina O un grillo fuggitivo! Sta giungendo il bel tempo Tu ove sei mio piccolo amico? Troppo silente questo giardino, s’ incupisce il cor se guardo d’intorno. Le lunghe sere invernali le ricordo Con te guardando i tuoi puri Occhi profondi il veloce batter Del cuor sincero,lo scoppiettar del camino E il suo calor che avvolgeva entrambi. Tornate ancor giornate lontane Tu anima pia chiusa in quel corpo Ha graffiato il mio spirito E affannato ti piango. Le foglie d’autunno marciranno Sotto la greve pioggia, che ancor di piu fa dilagar la mia pena. Pensoso cammino per il mio Viale e un poco l’occhio si ferma a guardar I segni dei tuoi unghioli su rigati tronchi A voi compagni di legno il suo ricordo! Il sepolcro ove t’ho abbracciato mesto L’ultimo giorno non cancellera’ mai Il tuo ricordo, verro’ da te carezzero’ quella terra sentiro la tua alma luce siamo in fisica materia in te è spenta ma arderemo ancora insieme lontano dai legami di pietra o mio eterno amico gatto
In ricordo di una madre:franca avarino La bella signora s’aggirava Nel suo orto ben ricolto, tra ortensie e spezie. In primavera la luce del sol Illuminava il tutto, tant’e’ che io mirando con fiato sospeso ed emozione pensavo l ‘intero universo li si fosse riparato. Ancor sento i profumi Del maggio antico Le vespe fuggitive ronzar d’intorno, facendo il nido grilli saltar su molli fili d’erba, rondinini cinguettar all’uninsono. Odo la voce di colei,padrona di quel mondo Ammaestrar con perizia L ‘idilliaco spazio. Tagliava con sapienza i rami Di odorosa ginestra dalla corona d’oro Per ornar la casa o atto di fede. Il sentor pungente della verde menta Si librava nel tiepido vento Portando con se aromi dolci E il buon tempo. Che pensavi bella signora? Forse mentovavi l’eta Di tua giovinezza e spensierati sogni? Ti vedevi giocar tra quelle erbette Piene di vita? Lontana la terra ove il tuo primo vagito Ruppe il silenzio L’amor prese il babbo e la mamma. In quella patria che tende Un braccio al continente E il viso all’africa, si spendevan gli anni migliori. Io che lasciai la fanciullezza E venni a eta’ piu’ dura Fui ammaliato per an ni Da quella visione Di te che amavi quel lembo d’orto. Facevi maxzzolin di vari colori Ti carezzavi la riccioluta chioma, donna quante storie hai vissuto! E i tuoi occhi eran specchio del passato Grazia del cor tutto era immenso! Or tutto pare sia fugace La memoria impallidisce E la tua voce tace. La casa ha cambiato pelle Altra gente per le sue stanze Ma la luce si fa ancor di foco al tramonto E d ‘argento all’alba. Tu or non sei nel regno della materia Non ti abbisognano cibo per vivere Acqua per non morire. Recati nel sole,nel mondo dei sogni, ove i pensieri sono piu’ puri le cose diafane! Qui è e sara sempre il tuo orto, risorgera’ ancora in maggio, quelle giornate i gridolini di noi bambini giulivi dopo un breve temporale le rivivo con la memoria lieto mi sia il ricordo del dolce vivere
Mani,che allor lasciando il sicuro ventre Sono il primo tocco alla propria madre Il primo assaggio con il mondo. Mani che posson dar vita a cose d’alta fattura, per durar al vento dei secoli. Quando michel,figliuol di leonardo dal Freddo marmo diede vita al davide, e quel maestro da vinci,dipingendo rese eterna la bella sposa del giocondo,eran le mani che guidavan quegli spiriti. Il figlio di salisburgo,le corde del cor Dolcemente carezzava,le sue mani Correan leste sui pallidi tasti, note d’amor salivan soavi Da Bonn un vento di passione Infiammavan gli animi Scorrevan sapienti le sue mani sulla Ruvida carta”stellae signa sunt in caelo” E di poi “fides et iustitia” L ‘europa svegliava dalla sua pigrizia. Quante cose potete voi O mani! Giunte a chieder grazia alle alte sfere del Ciel se un fiume d’amore qui piu non Ristora ma il male avvelena e attosca. Mani che asciugan un viso piangente Se amor o dolor pungon il cor. Mani che posson compier cose empie Di cesare ne fu il segno,cadendo sanguinante Ai pie’ di pompeo! Mani che scaglian frecce veloci messaggere del male Ansiose di bever la vita. Ancor mani che stringon l’amata sposa E cullan il dolce bimbo. Quelle di cicero trafitte da una lancia, che orror!per troppa amor di patria quando i potenti del suo tempo s’uniron ,le perse. Voi mie mani foste testimoni nel Mite settembre dell’ultima carezza All’amato padre. Voi che or ci conducete in questo mondo saprete un di’ toccar la nuova riva dei fiumi senza tempo? Vi vidi dolci mani sogno d’amor inanellarvi ancor Quando mia madre rinnovo atto di fede allo sposo Al giunger del venticinquesimo anno. Voi mani in bilico tra arte e musica Poema serve d’ogni giorno. La vita ha i suoi giorni gli uomini il Loro tempo laverete un viso non piu Concreto ma fatto di luce e aiuterete Gli occhi a veder sorgere la nuova alba
Sulla bontà di Dio Se il creator dell ‘universo versi bonta ‘nei Suoi fiumi se abbia progetto di pace o soffra Di quei difetti umani d’ira insulubile domanda Mi tormenta ma non per audacia,O Signor E’ nostra natura non sondar il divino Troppo piccoli per osar grande ardire Se tanto ebbero a dire i padri santi i figli del Sapere che Sofia avean dalla loro parte Sempre risuona:ove sei? Non vedi come la tua terra suda sangue? I tuoi figli mangian le carni dell ‘altro Non v’ e piu pieta e or pure i pargoli Bramano l arco e l’odio In quel mondo di luce che le tenebre pone sotto Il calcagno non si conosce menzogna e pianto Ma tutto segue l ‘ordine della perfetta creanza Gli spirti che lasciaron la malata patria fatta di pena e Paura han gia dimenticato i crucci e i dubbi . Sulla tua realta’ piu non han domanda tu sei l’inizio Il farmaco dell anima. Pietosi guardate a noi che abbiam sempre Lagna,e anche il buono che v ‘era ha lasciato L insidiosa barca chiamata umana!! Dove sei amore? Amore energia dell’universo piega il ferro Risveglia la parte sana che e in noi,ringentilisci I prati e che noi sian di pianto per i morti Vengo a bussare alla porta di Dio Umile e piegato come un cane dal suo Padrone piu volte lacerato. Son degno di violare le sante dimore? Ecco gia mi son vestito di bianco E servile come l umile giunco. Padre,da a noi uno sguardo Perdona quei figli che t’han piu’ violte umiliato, anche color che ti servon in nome dell’unto han perso la loro strada “vi donai per infinito amor mia parte Spirto fatto carne ma voi ciechi non lo lodaste Su un ruvido legno schernito e fatto perir Come capretto” Siam dunque meriti della tua ira? Come puo’ un padre lasciar nel fango e nel freddo La sua discendenza? “non puniro’ le mie creature aprite il vostro cor al vero Lasciate che scorra purissima acqua nei vostri fiumi e non sangue Che siano carezze al fratello e non piaghe Qui si resapira nel mio regno l infinito Principio della misericordia Non siate sordi al mio verbo e vi condurro nella nuova Terra lontano dalle miserie” Allor presi ragione della sua esistenza Capii quant’e dolce quel frutto Dell eternita ,quando si spegnera la luce Su questo mondo,non saremo cenere per Sempre ma s’apriranno le porte del nuovo universo
Occhi Occhi ,prime lanterne del nostro vagito al mondo Dal verde ,al nero,celesti or tagliati ,or lisci Ma pur sempre occhi! Occhi gonfi d’amor ,se la dolce punta di cupido Stimola il cor e par che un coro d’angeli Canti all’uninsono,oppur opachi ,se il dolor prende il petto e corrucciarsi gia il volto al pianto. Occhi furtivi ,che non han coraggio,o per timor di Guardar l amante ,si fan rosse le guance E guardan or qua orsa in un gioco di sguadi. Quelli ingenui d’ un fanciullo,che ancora non conosce Quanto e’ amaro e velenoso il mondo. Tanto vorrei che l ‘umanita’ mai fosse adulta Ma sempre candida con la purezza d’un tempo. Occhi severi d’un padre ,che ravvede il figlio Se questo per marachella o malcostume si perde. Ed io quante volte vidi mio padre accigliarsi Per cattivo verbo o malfatto! Occhi che bacchettano lo scolaro quando del saper Si fa beffe . Ma non ponete odio ,saran doni per la vita , memore son delle dure giornate in compagnia delle piombee carte. Occhi pieni di rancor ,quelli del popol di Francia Che non ebbe pieta’ ,quando il misero Capeto Saliva al suo capestro ,tra grida e gioia la testa finiva nel cesto! Occhi fissi al ciel a scrutar le stelle eterne luminose e belle Il Nazareno lavo’ il mondo con le sue lacrime dal peccato Per non far cader ogni anima nel lungo baratro ,quando Si chiusero tra sputi e scherno ebbe pieta’del suo creato. Mirate in san pietro la pieta’ vaticana sembrava che Avesse vita la pena d’una madre a mirar ai suoi Pie il figliol nell ‘ultimo strazio . Occhi di innocenti che han visto piover fuoco , scorrer sangue nei loro torrenti,spose pianger per mariti lurida piaga il tuo nome è guerra! Le iridi pien di coraggio del milite Brillavan come due fiammelle , la morte avea in sprezzo ,per amor di patria volentieri affido l’ alma al ferro tra affanni e rimpianti ,cadde al suol tra i bei vermigli fior. Dolcissimi lumi che avete visto tramonti Che infiammavan l’orizzonte E la sera trapunta di stelle, io vidi i conosciuti luoghi nei caldi meriggi d’estate al vespro il rosseggiar del sole dilagava in ogni dove faceva specchio tra cielo e mare, mentre s’appressava la notte scivolando dal muto monte. Cerchero’ per sempre il tuo sguardo O madre ,che ho amato dal primo di’,che Mi cullasti ,per me è sicuro appiglio Ai mali della vita ,sicura traccia sulla retta via. Ed andro’ oltre le soglie del tempo ,per guardarli In eterno tanto comprensivi e cari. Temo di perdermi nell ‘oblio se tu non mi Rischiari il cammino con le tue gemme. Ho cantato occhi che han diversa natura, or mi quieto dal mio sondar , mi volgo al fin al Dio benigno occhio del mondo abbi per me cura,guardero’ un di’ il tuo volto immerso in un fiume di luce |