Racconti di Arcangela Contessa


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche


Leggi le poesie di Arcangela

Rendez-vous
Una donna ben vestita e gradevole era seduta in uno di quei piccoli bar del centro storico.
Io la osservavo furtivamente, temendo di infastidirla qualora se ne fosse accorta.
Ho sempre amato essere discreta ed a maggior ragione nelle giornate tristi come quella , in cui
avevo scelto quel bar per la leggerezza dello stile con cui lo stesso era arredato: un discreto liberty
che poteva fungere da contrappeso alla pesantezza dei miei stessi pensieri.
La donna , aveva con se una di quelle borse sufficientemente grandi per contenere molte cose e da essa ogni tanto prendeva fuori fogli scritti, li leggeva, ne prendeva altri; pareva ci affogasse ora il viso ora l'anima.
Dopo averne tirati fuori tanti da aver presumibilmente vuotato la borsa, li riguardava e sistemava come a dargli un suo ordine cronologico.
Mentre faceva ciò alternava momenti in cui era seduta con le spalle adagiate allo schienale della sedia, come si preparasse ad un metafisico decollo; a momenti in cui quasi a denunciare avversità per i sogni , poggiava appena il suo fondo schiena e con la gamba sinistra radicata a terra sembrava pronta ad alzarsi di scatto.
Intanto dal suo sacco, aveva tirato fuori due agende di cui una professionale ma un po' lisa e disfatta, l'altra quasi nuova, di quello spessore consistente che può armoniosamente contenere sogni e realtà. Le sfogliava, ora l'una ora l'altra e lo faceva con una sobrietà, con una gestualità cosi lieve attenta amorosa, da sembrare un rito.
A me appariva come se le stesse confrontando, come se attraverso quelle pagine guardasse la sua
stessa vita. Ciononostante, era come se al suo bel viso fosse stato applicato un sottile strato di carta pesta che non lasciava tradire né con un aggrottamento di ciglio, né con un sorriso, i suoi pensieri.
Beata , pensavo. Forse le riesce bene indossare maschere oppure è così centrata su se stessa che solo poche cose la sfiorano? Ne ero comunque incuriosita , pur riconoscendo che ciò
scaturiva solamente da ciò che di Lei, io immaginavo.
Una sola cosa ci accomunava a ben guardare: due grosse rughe poste in verticale tra le arcate sopraciliari.
Così pensai che anche a me, soprattutto se fuori dalla città in cui vivo, piaceva sedermi in un bar, scrivere ciò che sentivo, osservare i volti delle persone, fantasticare cosa quelle persone facessero.
Ma lì in quel bar del mezzogiorno non riconosciuto tale, quella donna non stava scrivendo.
Poggiava in modo quasi pesante la penna su fogli scritti, come ad apportare piccoli ritocchi, non alzava la testa, non fantasticava.
Mentre Lei era così rapita dalle sue cose da non aver spazio per guardare chi le era intorno, io mi sentivo sola e vanesia , come se all'improvviso non sapessi più fantasticare.
Il fatto che l'altra non avvertisse neanche il disagio per essere comunque osservata, mi fece pensare
per un attimo che stessi sognando.
Come per svegliarmi da quella sorta di torpore, accesi una sigaretta; la prima di quel lungo tempo che la mia amica mi aveva costretta in quel bar ad attenderla.
Iniziavo ad innervosirmi per quell'inconsueto ritardo.
Al mio primo soffio di fumo, mentre con gli occhi lusingati seguivo il cerchio che nel formarsi mi
faceva credere che qualcuno mi stesse pensando, la donna era in piedi davanti a me.
Con tono garbato, mi rammentava che quella sala non era per fumatori.
Scusandomi per la distrazione aggiunsi : "questo poco amore verso noi stessi, ogni tanto ci assale "
e spensi subito la sigaretta.
A quel punto Lei sorrise ed in modo cortese , come chi ama essere rispettata ed è disposta a rispettare rispose " Sa anche io ho fumato molto, ma vedrà che quando deciderà di smettere, ce la farà".
Sorridendo le risposi : " dovrei e vorrei capire perchè di fatto , non amo molto la mia stessa pelle".
Guardandomi dritta negli occhi,la donna scostò una sedia del mio tavolo e con molta sicurezza ed incurante di cosa io stessi facendo o attendessi, mi si sedette accanto.
Non dissi nulla, accettai la cosa con piacere e come chi si sente se pur senza apparente motivo lusingata, contraccambiai l'attenzione rammentandole la sua borsa, i suoi scritti, forse i suoi stessi pensieri lasciati sul tavolo accanto al quale prima sedeva.
Lei si alzò, con fare molto femminile si chinò per raccogliere le sue cose e con il corpo eretto ed un passo sicuro, tornò verso di me.
Mi disse che negli ultimi anni aveva conosciuto molte persone e che aveva capito che raccontarsi, come gesto di onestà intellettuale per dire " io sono questo" non era stato utile. " Raccontava di aver costatato a volte, che ciò piuttosto. aveva contribuito ad innalzare tra Lei e gli altri un muro di gomma. Mi venne così spontaneo chiederle:" l'ha rintracciato questo, sia negli uomini che nelle donne?" . "Più negli uomini, in verità . Con ciò non e' che sto' dicendo che noi siamo migliori"
"Migliori, peggiori non ha senso. Siamo complementari. Amo molto credere che se ci rendessimo
conto della dualità insita in ogni cosa e reciprocamente ci rispettassimo e sostenessimo in questa accettazione, faremmo dei grossi passi avanti." Era interessata a questo mio dire e continuai."Circa il filo rosa , io ritengo che noi siamo portatrici di differenze e valori che nella loro complessità provata, vanno sistematizzati e assunti tra quelli universali, così come sono convinta però che questo deve ancora passare, essere interiorizzato da molte di noi, poiché troppe hanno scelto di avere ragione con la forza (scimmiottando i maschi) e non la forza della ragione (scegliendo di vivere la dualità armonizzandola con il cuore)." "Femminista?"mi chiese, ed io " Non di quelle
fanatiche. Diciamo che adoro la consonanza tra diversi equilibri."
Durante il mio parlare, il suo volto sembrava avesse perso quella sottile maschera che l'aveva resa fino ad un attimo prima fredda ed impenetrabile. Con un luccichio negli occhi disse "vedi,tu forse inconsapevolmente ma, mi hai detto io sono questo, no scusa anche questo. Non capita spesso, oggi tendiamo tutti a nasconderci,a lasciare l'anima fuori da noi stessi, per timore che ciò ci renda più vulnerabili. Conosciamo il mondo, l'universo, ma poco di autentico conosciamo degli esseri umani che ci sono più vicini." "Condivido, è come volare sul mare,senza mai immergersi . Chissà? Forse e' paura di annegare?" " Ma l'annegare non scaturisce dall'immersione, caso mai dal tempo in cui restiamo sott'acqua, non trovi?" " Sai cosa mi richiama alla mente questo tuo dire?
Il modo con cui molta gente, si pavoneggia di aver viaggiato molto. Io un po' ho viaggiato, ma ho sempre ritenuto che prevalentemente esso e' servito a verificare l'assemblaggio delle notizie che avevo di quei luoghi. Poiché per il resto, vale a dire la conoscenza di un popolo, le sue autentiche abitudini, molto poco o nulla si prende dai viaggi che sono in grado di fare le persone che come me
dispongono di tempi limitati e percorrono itinerari turistici. Sai se potessi scegliere tra un viaggio,
o la conoscenza a cuore aperto di una persona, io sceglierei quest'ultimo" Scoppiando in una bella risata Lei incalzò:" Ti contenti di poco:io vorrei una bella persona, che in un bel viaggio ha voglia di raccontare di se, in modo autentico, senza falsità e mistificazioni." Mentre il suo dire,mi rammentava il mio contentarmi, Lei chiamava il cameriere per l'ordinazione che fu due tazze di cioccolato amaro. Le gustammo dicendoci i nostri nomi e i nostri anni.
Mentre con fare certosino ripulivo con il cucchiaino la mia tazza ,lei riprese a parlare . "Anche se sono pochi minuti che conosco il tuo nome, ho scelto di fare un dono a quella parte del tuo essere, così felice di conoscere e sapere degli individui." Mentre con la sua mano destra quasi accarezzandosi la fronte , raccoglieva dietro l'orecchio un ciuffo di capelli sceso sul viso, fece un profondo respiro e il suo sguardo incupì dietro un orizzonte lontano. " Non ti avevo neanche vista, prima che il tuo fumo arrivasse sotto il mio naso. Stavo provando a trarre alcune conclusioni sulla mia esistenza, sui miei ideali, sui miei amori, perno di tutta la mia stessa vita.
Ora te la riassumo, affinché ti possa essere d'aiuto se, e ti auguro mai, tu ne dovessi aver bisogno"
D'improvviso io ero come tornata bambina e sentivo in me la stessa gioia che ebbi un sei gennaio in cui dalla Befana non avevo ricevuto caramelle e lenzuola ma un gioco, uno strumento per fantasticare : un piccolo pianoforte.
Una cosa che non sarebbe servita, futile quindi, ma che gustandola non sarebbe neanche finita.
Quel pianoforte aveva rappresentato per me la possibilità di giocarmi tra i personaggi che via via sceglievo: una allieva di una scuola di pianoforte, la componente di una ipotetica orchestra, la maestra di musica, una concertista. Intanto, con gli occhi spalancati e forse la bocca aperta continuavo ad ascoltare.
"L'amore incondizionato è stato tra i più forti elementi della mia continuità storico-esistenziale.
Amore per mia madre, per il gruppo dei pari, per lo studio, per l'uomo che sceglievo ed ancora per mio figlio,per il lavoro, per i fogli bianchi per gli impegni scelti. Impegno amore, dolcezza dedizione piccoli e grandi pensieri che sovente hanno avuto come risposta, tradimenti, amarezze, sottrazioni, incurie, apatia . Da qui la necessità di sperimentarsi in cose altre nuove, non sazia ancora di donare e donarmi. Un nuovo impegno, nuova dedizione, sacrifici, nottate senza sonno passate a studiare o scrivere interventi.. Il bisogno di triplicare il tempo per dividermi tra famiglia, lavoro e sociale.
Progetti, idee, cose da fare. Note di spesa fatte su fogli di puntuali relazioni. Anni legati alle mie agende, dove annotavo di tutto: dagli impegni ai soldi spesi, dalle feste di compleanno dei compagni di mio figlio al regalo che io o qualcuno per me doveva comperare per l'occasione.
In una di quelle agende che avevo poco fa tra le mani, quella un po' rovinata, era colma di numeri telefonici di conoscenti, colleghe, amici, di associazioni e sedi di partiti, di sedi e persone della mia stessa organizzazione sindacale da Trento a Messina.
Al suo interno, come se non bastasse, fogli aggiuntivi sui quali avevo scritto probabili articoli, spunti , relazioni o interventi. Ed ancora , articoli ritagliati di giornali, conservati nella speranza di
trovare magari viaggiando in treno, il tempo per una articolata riflessione.
Vivevo questi ritmi e l'intensità di questo impegno, quando la consapevolezza di un profondo bisogno di amore anche verso me stessa fa scaturire,nuove scelte.
Nei ruoli che sceglievo di vivere volevo sentirmi legittimata,riconosciuta.
Ogni ruolo ha il suo statuto etico, morale ed intellettuale ed io volevo difendere sia esso che me stessa. Esigevo dagli altri rispetto, né più ne meno di come io rispettavo loro, le loro idee e le loro fedi. Non più mediazioni quindi, ma con un po' di saggezza del tipo chi non mi vuole non mi merita, spade lucenti ed affilate iniziarono a far saltare molte teste che mi erano accanto.
Le teste di chi tradiva con falsità le amicizie, quelle dei mistificatori di ideali, quelle di chi finge di
lavorare per un disegno comune, mentre cerca prevalentemente di realizzare i propri scopi. Quelle delle donne che conoscono solo lo strumento più vecchio del mondo per rendersi uguali agli uomini, quelle che dichiarano di ricercare la parità ma rinnegano la loro diversità, quelle che per non soffrire hanno deciso di essere stolte, quelle che amano incondizionatamente, senza esigere rispetto, rinnegando quindi se stesse. Da ciò puoi capire perché confrontavo le agende.
La più nuova non conteneva più i vecchi numeri ma altri: quello di un fioraio per rallegrare la casa,di una rosticceria per poter ordinare gli gnocchi che solo io mangiavo,ed ancora il numero del signore per le faccende pesanti, dell'idraulico del falegname;di tutte quelle cose insomma che per più di dieci anni avevo delegato ad altre, ricercando come una trapezista di mantenermi in equilibrio tra tempi diversificati ed assorbenti, per non produrre disagi con le mie assenze. Il numero dell'estetista e tutti gli altri che servono ad una donna che per libera scelta e con consapevolezze nuove rientra nelle file della non delega della gestione di una parte del proprio privato.
Poi ancora gli indirizzi di quel me nuovo in cerca di esplorarsi:conoscenti e nuove persone disposte ad ascoltare le mie poesie. Un numero nuovo importante tra i tanti;quello del nuovo studio del padre di mio figlio, dove non c'era più la segretaria che incarnava un fastidioso vecchio modello: l'essere multiuso.
Prima era come se tra tutti quei numeri, cercassi la consistenza valoriale del mio errore: l'incondizionato amare. Per esso, avevo perso il filo del mio stesso essere e solo ora forse conosco che potrei ancora donarmi, a condizione però che sappia dosarmi.
Ho compreso che il troppo, rovina forse più nel bene, che può essere coinvolgente, che nel male che può allontanare.
Così oggi non so bene ancora chi io sia, conosco da dove vengo ma non mi è chiara la strada che ho di fronte. Non so se sceglierò di camminare o correre, se sarò rispettosa o me ne infischierò del mondo, se dovrò ancora svuotare la mia macchina che riduco a pattumiera o sporcherò le strade.
Non so se sceglierò amicizie o compagnie, se lavorerò per lo stipendio o perché credo ancora che sia bene essere onesta.
Sono confusa insomma, ma disponibile e pronta a donarmi ed a prendere da chi vede la vita come quella grande cosa che và vissuta, nel realismo della sua quotidianità.
Troppe amarezze per credere ancora nelle utopie, nell'onestà dei pochi che sceglierò, voglio sperare.
Che poi io cercando, ne trovi un folto gruppo che accresca la forza per educare ancora mio figlio in modo sano, senza temere di farne un emarginato, questo mi piacerebbe proprio.
Come puoi capire, stò rivoluzionando la mia vita e questo si dice sia il momento ideale per fare amicizia. Ora è tardi, debbo salutarti, ma se vuoi sarei felice di conoscerti e raccontarti ancora di me" Si alzava e mi porgeva la sua mano. Scambiandoci i numeri telefonici per risentirci e rincontrarci , ci salutammo
Mentre Francesca, con una frettolosa andatura stava uscendo, Laura entrava.
Raggiunse il mio tavolo e non terminava di scusarsi per il lungo ritardo, come a voler far svanire le mie ire. Io che non ero affatto infastidita, la tranquillizzai sorridendo dicendo:" amo dilatare i tempi, l'attesa non intesa come modus vivendi, ma come imprevisto può essere un dono. Abbiamo
tanti di quei tempi stretti, che non controllare l'orologio mi rende felice. Del resto, amica mia è già così breve la vita che se non si avesse mai l'opportunità di gustarla lentamente, sarebbe solo una vergognosa abbuffata o un ingiusto digiuno.

Lettere antiche - 1995
Cara Laura,
oggi e’ la mia prima giornata di
cura. Ieri sera ho fatto come mi dicevi; per una ora ogni cinque
minuti, ho posto sotto la mia lingua quattro gocce di Rock Rose.,
Cercavo attentamente di sentire
il mio corpo affinché con una qualche
reazione mi raccontasse che so’ ancora reagire. Ma le reazioni sono
state impercettibili. All’inizio una sorta di calore alle spalle, poi
per un attimo un dolore ficcante e breve all’ovaio sinistro almeno
credo ( sarò più precisa dopo aver riguardato le carte).
Altro
piccolo effetto e’ stato come una sorta di rilassatezza alle gambe:
come dopo una lunga e serena camminata. Questa constatazione, mi ha
fatto sorridere, mi sono detta: vuoi vedere che questo e’ l’effetto
della piccola parte di brandy che i fiori di Bach contengono?
Dopo un’
ora di somministrazione infine, un bel mal di testa frontale e dopo
ancora un’ora un gran sonno, che cercavo di allontanare aspettando che
mio figlio rientrasse.
Al suo rientro verso le ventitre e trenta mi
sono coricata nel letto, ma non ho riposato bene: ho preso sonno molto
tardi e mi sono risvegliata spesso.
La mattina seguente di certo
comunque non mi sarei alzata ed ho fatto fatica a farlo. Al lavoro poi,

i soliti numeri con i loro giochi, hanno finito di succhiarmi quel poco
di energia vitale che mi e’
rimasta e verso le dieci ho iniziato a
riprendere le gocce. Ho come mio dovere quadrato i miei conti ma lì
mentre continuavo a scrivere solo numeri avrei voluto scrivere altro e
loro che non si sentivano amati, provavano a rovesciarsi sottraendomi
briciole di tempo.
Ad un certo punto della mattinata poi, non so dirti
l’ora, senza ritegno ho iniziato a fare aria (era molto tempo che non
mi succedeva più), puzzolente e canterina.
Forse questo non è
importante, forse è legato solo al ciclo mestruale che sta’ finendo; ma
te lo racconto perché ho voglia di scrivere cose scurrili. Sai Laura, l’
ammiro la scorreggia come entità,
è cosi diversa da me. Non chiede mai
scusi, posso, disturbo. Non valuta mai se è il momento giusto o
sbagliato, se ne esce dal fondo schiena impertinente, alla faccia di
tutto ciò che le e’ intorno.
Non lo fa alla chetichella, perché se va
bene che e’ silenziosa, magari ti invade con il suo tanfo.
Ecco, mi
contenterei di essere come lei, forse e’ questo che sto’sentendo.

Riflettendoci bene, mi piace perché la reputo una entità libera che se
la costringi a non uscire sa ben vendicarsi. In dialetto si dice : ti
fà torcere. Pensa un po’ cosa avranno pensato d_i Mozart che lo faceva
a corte. Il mio amato Mozart . Il suo pensiero, mi riporta nella cara
Austria. Ricordi quando mi leggesti interpretando dai tuoi fogli
gialli, che nelle vite precedenti sono stata una nobile?
Io non
conosco affatto questo discorso sulle vite precedenti, ma sono una
possibilista per natura, cosi posto che sia stata una nobile, di certo
potrei essere vissuta durante l’impero austro-ungarico.
Si potrebbe
spiegare cosi la commozione profonda vissuta durante i viaggi in
Ungheria e Cecoslovacchia e l’amore che nutro per la terra d’Austria.

Terra d’Austria perché amo sia le sue valli ombrose e chiuse, che
quelle aperte e assolate. Amo quei monti, quei ghiacciai, i tappeti di
mirtilli. Dei forse pochi paesi che conosco al mondo, non c’e’luogo
che mi incuta più tranquillità.
Sogno da qualche anno di andarci da
sola, magari in compagnia di un grande quaderno che sono certa ,
riempirei di parole che mescolano sapientemente desideri e realtà.

Andrei in uno di quei piccoli paesi adagiati su una valle aperta , uno
di quei luoghi che ti fanno scegliere se restartene nel torpore quasi
immobile o muoverti e camminare. Camminare su sentieri che salendo
salendo prima tra i prati e poi tra gli alberi ti conducono tra
nevai, tra le cime che ti fanno abbracciare l’immenso, oppure possono
condurti tra tane i fischiettanti marmotte e poi ancora ai piedi di un
ghiacciaio.
Forse Laura, aspiro a non sentire più nulla e diventare
cinica e fredda?
Purtroppo per me, temo che non sia così poiché anche i
ghiacciai ,almeno quelli che ho visto, non mi hanno mai richiamato l’
idea del freddo dentro, anzi, mi e’ sembrato incutessero tepore..
Il
tepore della vita comunque, anche se compressa, anche se raggelata,
anche se ingrigita.
Quell’azzurro poi così intenso che a volte la neve
gelata lascia intravedere con pudicizia, quasi come una ferita
nascosta; pare mi regali la serenità della speranza: quella che
sommessamente racconta che tutto può cambiare. Come se l’acqua, fattasi
neve poi ghiaccio, possa tornare a fluire.
Andare correre vedere
guardare udire toccare sentire sorridere piangere e ancora ,sorridere
sentire toccare udire guardare vedere correre andare.
Forse i fiumi che
nascono sotto i ghiacciai e che con fragore scendono a valle tra pezzi
di rocce che levigano, e’ questo che vogliono ricordarci. Ricordarci la
vita.
Ora Laura, bisogna che ti saluti. Questa volta sono nata
proletaria e debbo provvedere a svolgere tutti quei lavori che la
casalinghitudine chiede. Grazie comunque non solo per i Fiori di Bach
quanto soprattutto per avermi indotta attraverso essi,a tornare a
scrivere. Ciao Arcy

Voilà
I dubbi sull'incapacità di saper tornare ad amare erano numerosi.
La mente si era rimpicciolita ed aveva lasciato il posto ad una corposità fatta di occhi che cercavano nel buio, di mani che accarezzavano il vuoto, di sapori del nulla e di rumori freddi.
Nell'assenza di amore, sopravvivevo a me stessa naufraga dei miei stessi bisogni.
…………… D'improvviso, inaspettatamente voilà un nuovo spettacolo inizia………………
Un prestigiatore appare sul palcoscenico.
L'azzurro cielo profondo del vestito che indossa, si espande. I suoi occhi sono simili a quelli dei Tuareg e come chi ha molta dimestichezza con l'oriente: con un flauto che non esiste ma che pur suona, incanta i suoi spettatori.
Le armi che usa, che in quanto tali feriscono o liberano sono: la parola, i movimenti del corpo ed un cappello a cilindro che prende vari aspetti a secondo della necessità dettata dal tipo di scena.
Le sue pupille lucenti e magnetiche, incantano ed attraggono.
Mi risucchiano per portarmi verso di lui, che mi avvolge nei misteri delle sue parole, mi spoglia con
i suoi sorrisi , con le sue carezze mi fa danzare tra i mille colorati veli che si aprono, tra le note di una musica fuori tempo.
Rapita da queste scene era più facile per me volare. Planavo, quando, con quel poco di reale che è
quel cilindro, inizia a tirar fuori uomini e cose che apparivano e sparivano, che facevano fare i conti, con le assenze presenze della mia vita.
Il suo spettacolo è un'avventura, un viaggio nei meandri di se stessi, una esplorazione del corpo, dell'anima, della mente.
Dal cilindro, prendeva ancor fuori fiori dai colori cangianti, dall'odore di infanzia che si trasformavano in rigogliosi rampicanti verde smeraldo.
Il verde dei mari puliti di quel favoloso sud, ormai inquinato e putrido che con la sua trasparenza
richiamava alla mente le acque dei grembi materni.
Il verde dei rampicanti che ti fanno sentire ancora nella membra la stanchezza, per lo slancio verso il futuro dell'età della giovinezza.
Poi il prestigiatore scompare.
Il palcoscenico è vuoto, impera il silenzio che taglia il buio soltanto con dei sporadici bisbigli.
Ecco però che dal buio nasce una piccola luce, che si dilata e torna lentamente ad illuminare di mezzogiorno la scena.
In un angolo, sembra ci siano rinfusi ed aggomitolati fili di seta e fiocchi di lana e così come il rosso colore del sangue brilla sul tappeto di neve,in quel pavimento di ardesia risplendevano i forti
colori dell'iride.
Una nuova musica animava quei fili che innalzandosi, prendevano le forme di un essere umano ricoperto di fili di seta rossi, dal sapore dei caldi tramonti.
Un odore denso pervadeva il teatro, i vecchi e secchi petali delle rose che gli danzavano intorno, riscattavano così la loro recisione.
Raggomitolato su se stesso l'uomo apriva le braccia, e l'aria muoveva verso la platea i fili di seta,
ora del colore degli iris.
Una musica più forte solleticava i pensieri ed i colori cambiavano ancora.
Ora ricoperto di fili viola, l'uomo correva verso una nuova luce, ma più lui si avvicinava, più essa si
rimpiccioliva, fino a riportare quel nero fitto del nulla, quel nero triste dell'assenza, il nero dei pensieri degli abbandonati.
Intanto sommessamente,lievemente, il battito amplificato di un cuore imponeva la vita, che continua, oltre gli odori, oltre il buio, oltre le assenze.
Come l'aurora saluta con il suo timido chiarore il nuovo giorno, una nuova grande luce carezzava le
nuove cose che erano sulla scena: tanti oggetti, tanti ricordi, tanti visi , tanti vissuti. Tante lacrime
qualche sorriso, tanto odio tanto amore.
Ancora in disordine, cose animate tutte che cercavano le loro sinergie, i loro giusti luoghi.
Dal nulla riapparve il mago, dichiarò che l'entropia è utile per le energie che ha con se e per apprezzare poi l'ordine e la quiete.
Con la sua bellezza entrante ed eterea, scomparve nuovamente dentro un fiotto di vapore donatogli da un cuore che sapeva ancora amare.
………………………………….Il prestigiatore era di passaggio anche sulla mia scena esistenziale.
Forse Lui non lo avrei mai amato, ma ciò che di Lui mi era già cara, era la sua capacità di liberarmi
dalle mille rugiade della mia mente, per spingermi verso la vita.
Avevo ora la certezza che il paese delle fiabe non è in questo o quel luogo ma è in noi, ed alle persone, ai luoghi reali spetta solo di farcelo ritrovare, riscoprire, reinventare.
Potevo ora riscoprire me stessa, trovare il mio uomo, inventare una fiaba.


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche