Il cappotto
nero
Il contatto ha assorbito orizzonti
E lievi nevicate ad oriente
Quantunque
Fulgida e dritta di reni
Io fossi al tuo cospetto
I baci a mille
Dentro quel letto
Mi hanno spossata
Prima che cavalcassi
praterie sconfinate
di cui ignoravo l'esistenza
Lontana da te
Come non mai
Infissa dal tuo dardo
Io volavo via
Seppure in quel letto
mi tenevi allacciata
Ricordo il tuo volto
Chino sul seno
A suggellarne la pace
Ma io ero altrove
tu ostinato
Ripetevi il mio nome
vinto dall'incantamento
dei nostri comuni destini
di piccoli mortali
dal fegato mangiucchiato
il fuoco ho rubato
e tu una mela
ma basta un anello di roccia
e d'acciaio a ingannare gli dei
Non ricordo null'altro
Se non le tue nere pupille
Che mi scrutavano
cercando invano
di venire a capo
di quell'iincantamento
inchiodata da te
il bambino segreto
vide la donna gioire
due altri da noi
stavan nascendo
noi attoniti vedemmo
la forza della vita
che raramente si disvela
l'inverno è alle porte
riprendi il tuo bel cappotto nero
e vai
la spalla piena di sputi
Haiku
Ottobre
Sotto l'albero
Una grande distesa di foglie
lieve discesa
a cavallo dei miei calzoni
leggera cammino
in lieve discesa
fra roseti sparpagliati
mezzo tacco
vernice rossa
tac toc
in lieve discesa
fra roseti
spanpanati
di un tardo ottobre
par quasi che voli
senza alcun sforzo
in lieve discesa
acceso il tramonto
sulle guance
tac toc
tac toc
nel silenzio
fra roseti aperti
e limitar di cipressi
in lieve discesa
sul cavallo dei miei calzoni
avanzo
tacchi rossi
battono il selciato
senza alcuno sforzo
2 ottobre 2011
Cuore di mela
Cuore di mela
Dove stai andando
Ferito
In cerca di essere
Risarcito
Fu un uomo
Ma tu mi cerchi
E mi temi
Sei solo un po’ matto
Cuore di mela
Ma la ferita
Che mostri con orgoglio
Ne Nasconde un’altra
Che tieni segreta
Dove vai
Cuore di mela
Perché vuoi e non vuoi
perché mi temi
Temendo te stesso ?
Previsioni nel tempo
Un sole
tatuato
sul polpaccio
una rosa
sul braccio
Conosco di te
ogni singolo anfratto
ma non so cosa dire
del resto tu taci
ed io da sola
mi annoio
e così faccio girasoli
di carta e collane
e gli uomini
mi tentano continuamente
è vero
io son continente
ma impaziente
e mi piace giocare col fuoco
del resto non sò cosa dire
e poi tu taci
ma oggi son nuda
allo specchio
e mi amo di più
di un tempo lontano
in cui era persa
ogni traccia di me
e ancora non sò
dov'ero finita
ma da sola mi annoio
e il sole che porti
ha un grande sorriso
ma il maltempo lo sai
da me viene in visita assai
la prossima volta
che vieni
ti voglio bendare
e sopra di te voglio invecchiare
fino a farti morire
L'errore
In un vortice
I tuoi capelli
Avevano il vertice
Spasmi fiacchi
Nella carne
Ad ucciderne i fiocchi
Del tuo amore
Quella rosa rossa
Giace ora
Con te nella fossa
Raccolte le mani
Non accarezzano più cani
Randagi
Come lui
Buffamente
Quel suo corpo strano
Nel tuo
Era andato lontano
Tristi parenti
Ne piangon l'errore
E' tornata
Alla terra
Ma quel suo fiore
È restato in serra
Eri così mesta
Quando ti ho scorta
A quell'ora tarda
Ma forte
Della forza
Invincibile
Di chi è già
Morto
E così
buffamente
Quel suo corpo
Strano
Nel tuo
Era andato lontano
Araruna
Araruna
arriva sempre
nella mia cella
La aspetto
sdraiato sul letto
e lei silenziosa verrà
col suo passo lieve
lungo le mura
penetrerà
con occhi di spillo
fin dentro al mio cuore
confinato
fra mura dolenti
vi scrivo sopra il suo nome
col sangue dei polsi
mille e più volte
un leggero squittio
da dietro la crepa
annuncia sommesso
il tuo arrivo
a me caro
come la donna più cara
che amai
dove vai tutto il giorno
...forse tu visiti un altro...
NASCONDITI
arrivano adesso
con passi pesanti
nasconditi
nelle crepe del muro
nasconditi alla vista dell'uomo
nessuno deve sapere
che tu ridoni la vita
scavando trincee di dolcezza
nel lago limaccioso
dell'anima mia
Occhi
Mi domando
perchè
ti amo di più
quando non sei qui
Amo il tuo sorriso
obliquo
la tua bocca
di carne
le spalle
il ventre
il sedere tornito
l'abbraccio
rustico e dolce
al contempo
quegli occhi
che da soli parlano
di praterie e acqua
da cui dissetarsi
occhi come laghi alpestri
gelidi e infiniti
occhi
che sanno nutrire
dei golosi di sperma
occhi
di vite bruciate
in un rombo
di folgore
e lampo
occhi che annullano
le mie distanze
e le mie fughe
occhi
che calciano precisi
palloni rotondi
occhi che nulla sanno
dei miei
che li guardano
a fondo
per trovare lì
un'anima errante
che non sa di assistere
alla sua liposuzione
Rebus
Una donna
Prega accanto
all'ara pagana
Un'ode
Rimata
Accostata
Ad un'oca
Fermata
Un treno
A vapore
E un uomo
In catene
Un poster
Lontano
Un cammello
E la cruna dell'ago
Un libro
Una sedia
Un vulcano
E le dita di una mano
Una nota
Sul pentagramma
E un bambino
Con la sua mamma
Rebus
Busillis
Affascinanti Misteri
senza alcun senso
appaiati
Cani e ombrelli
Stelle, Bastoni
E leoni
Busillis
Rebus
Disordine apparente
purtroppo sensato
Ho smesso
D'amarli
Quando ho saputo
Ho smesso
D'un tratto
Di sognare
Su quei rebus
Il caos primordiale
Denso di mistero
E d'insensate
ragioni
Occhi di gatto
Inquieto
Ti aggiri
Nella casa
Come in una foresta
Leggero di passo
E di cuore
Sferzi l'aria
Con la lunga coda
Di pantera
Dalla punta nera
Baricentro d'anelli
Scegli
Morbidi cuscini
All'inverno di neve
E dormi
Compatto e Assente
Ma al richiamo
ti desti
Al fiorire dei mandorli
Invano cerco
Il segreto
Nei tuoi occhi
Di ramarro
E Le mille battaglie
A cui ti prepari
Ti aggiri
Come in gabbia
Sferzando l'aria
Come una pantera
Con la punta
della coda nera
Baricentro d'anelli
E vai
leggero
Come chi possiede
Ancora una coda
Intatta
Sferzante e nera
Come di pantera
Rimango Sola e assente
E mi aggiro in casa
smuovendo l'aria
Di primavera
Che mi attira
Come una sirena
Con la coda
Scagliosa e vera
La mia
Coda di polena
I lavatoi di Via del Ferro
Dove sono
le donne che lavavano
panni sporchi in pubblico
scambiandosi confidenze
risate e canzoni
fra l'odore grasso
del sapone
Le acacie
son state tutte tagliate
e la gora coperta
Le soffitte polverose
ristrutturate
hanno cambiato nome
e son diventate altolocate
mansarde
le temute zanzare
sono altrove
insieme alle lucciole
I rovi di more
distrutti
i ragni crociati
emigrati
I lavatoi
son stati
tutti murati
E Gianna
e Katia
e Barbara
e Giovanni
ed io
spariti
distrutti
E Invece no
Gianna alleva criceti
Giovanni ha trovato l'amore
io scrivo poesie
di Katia
non sappiamo
più nulla
Profonde Radici
Dire che t' amo
non posso
ma fin da molto lontano
ti ho riconosciuto
non ti aspettavo
ma ora sei qui
e ti osservo
silenziosa
mentre sboccia
il cuore mio
ti voglio così bene
e lo dico
e lo ripeto
dentro di me
silenziosa
Radici profonde
cresciute negli anni
nei dolci terreni
di cui siam composti
più fonde
di quanto credetti
io stessa
Nonostante tutto
o forse proprio
per tutto questo
Vicini i nostri cuori
occhi negli occhi
vicini
Dire che t'amo
non posso
come non potei
ma ti vedo
e mi vedo
chiarissimamente
un tempo lontano
siamo stati anche amanti
Oggi
vorrei poter
alleviare
il tuo pianto
solitario
e scacciare
quella morte
che si posa
ostinata
sulla tua spalla
e scacciarla
per sempre
te lo prometto
con il potente ruggito
del mio cuor
di leone
Amico d'infanzia
Dicono di te :
"non l'avrei mai creduto"
e mi vien da gridare
e sorrido
Ti ricordi...
Certo che ti ricordi!
..la nostra soffitta....
era la tua
...il nostro rifugio...
e l'odore di polvere
di cemento
di cipolle...
E sul pavimento grezzo
Tex, Zagor, Topolino
e l'avida lettrice che già ero
e il grande letto di ferro
col materasso di lana
chissà come
era arrivato lassù
ma era tutto e solo per noi
che parlavamo
e stavamo zitti
distesi su quel letto
un pezzo di pane
diviso a metà
e gli adulti di là
in un mondo lontano
pensavano
che eri maschio e io femmina
soltanto
E così adesso
dicono di te:
"non me lo sarei mai aspettato"
E io sorrido
e vorrei gridare
Qualcuno mi chiama
Perchè i cromosomi
danno segni di irrequietezza
e la cervice
produce muco fertile
mentre il tuo sperma
è tutto un frinire
di code e di teste
non posso aspettare oltre
è giunto il momento
con te che hai saputo
tradurre il mio linguaggio segreto
e scrivi sorridendo beato
o sonno senz'acca
e mi instupidisci
di baci e carezze
e il mio corpo si apre
e ti accoglie
come in una casa
in cui sospiriamo leggeri
senza troppo rumore
Vile
Sfiorami le mani
Sfiorami i pensieri
Dissociami
Spezzami i fili
Sparpagliami
Cerca i grani
D'incenso d'Arabia
Osserva le regole
Osservami adesso
Lasciami andare
Oltre le regole
Oltre
La coltre
Delle furie divine
Oltre
Seguimi
Adesso
La notte è silenziosa
E carica di presagi
Mentre
I lampiridi notturni
Volteggiano
ubriachi
Ombra silente
Ombra silente
Di lampadine
Spente
L'eco d'amore
Lontano
Ombra silente
Che vaga ansiosa
Nel parco
Del ristoro
Caffè
Sigaretta
Niente è negato
A chi ha il futuro
Contato
Ombra silente
E dolorosa
Che vaga astiosa
E non vuole rassegnarsi
A divenir cattiva
Ombre silente
Che sente dolore
Che sente
Dolore
Dolore
Che piega le gambe
Ombra silente
Che vaga
Ansiosa
E dormiente
Ombra silente
Di lampadine spente
(a roberto d.)
Segnali di fumo
Come un cane
Ho segnato il territorio
Ho iniziato
Pisciando nel mediterraneo
Ho pisciato poi
Nell'Oceano atlantico
E nel Pacifico
In tempesta
Ho pisciato
Nel Mar Morto
Nel Baltico di Notte
E nel Mar Nero
Nel mar Giallo
Poi
Con particolare gusto
Ho provato
Anche nel Nilo
E per essere più sicura
L'ho imbottigliata
E gettata dalla nave
Poi ancora
Ho pisciato
Nell'oceano Indiano
Nei fiumi sacri
Nel Gange
Nel Tigri
E naturalmente
Anche nell'Eufrate
Nell'Arno fiorentino
Dove sciacquavano panni
Poeti e lavandaie
Ho pisciato fumante
Nel ghiaccio dei Poli
Senza bucarlo
Vorrei pisciare
Nel Mar della Tranquillità
Dell'oscura Selene
E nei giri vorticosi
Degli anelli
Saturnali
Ossalati cristalli
Di poetessa
Nelle code filanti
Delle eterne comete
Nelle lacrime notturne
Delle stelle
Nelle piogge acide
E infine
Nei vostri bicchieri
Di fine cristallo
La mia "grandeur"
Corde di gesso
Mi legano i polsi
Totalmente incapace
Di vivere truccata
Incapace di vivere
Smontata
Incapace di vivere
Annientata
Incapace di vivere
Dormendo
Incapace di vivere
Lavorando
Incapace di vivere
Procreando
Incapace
Di vivere in pace
Incapace di vivere
Incapace
In pace
Pace
Ce
E
…
Levogiro
Mareggia la marcita
Ingrottata di foglie
Estesa
La marcia maremma
Illividita galleggia
Scoreggia
Il mare scorato
Senz'altro segreto
Racchiuso nel seltz
Mandrie Agnostiche
Di trampolieri
Aigrette fluttuanti
d'albagia
ubbìa
sovente discinta
tronco d'alburni
girato
lacrima lacustre
ristilla
Anime dannate
Anime dannate
Rompete gli specchi
Ruttate lo sperma
In faccia alla vita
Animate le verghe
E le vulve
Ungete le ruote
All'amore
Splendete
Come astri vaganti
Code di ghiaccio
Srotolate a milioni
Alisei voraci
Frattanto
Scavano tombe
Presto sarò
Verme vorace
Sarò
Farfalla
E rondine
E maggiolino dipinto
Sarò il fuoco sacro
Che vi brucerà
Mentre
Gli alisei voraci
accarezzano
Dune intermittenti
tu guardi me
docile nell'amore
arresa alle tue labbra
come il toro
illuso
dalla rossa muleta
tu danzi
al ritmo stesso
della vita
inconsapevole
ami questa donna
che ama
il tuo essere
perfetto
illuso
come il toro
che docile
segue la muleta
ignorando
ogni cosa
all'intorno
illuso
di ferire
ma giocato
da un rosso mantello
ma il peggiore
dei tori
dalle corna scalfite
io sono
tu mi fai
danzare ogni volta
nell'arena
con la rossa muleta
che non posso
non seguire
con occhi
rapiti
perché
ha occhi di uomo
che sa
la donna
ben oltre
le corna
scalfite
come pugnali
puntati
ma con te
io abbasso la testa
ogni volta
ti ho mostrato più volte
a testa china
il punto perfetto
per la tua spada
da stoccare fino all'elsa
ma tu
esci ogni volta
dal cerchio magico
per rientrarvi ancora
e ancora
all'infinito
a danzare con me
senza matarme
mai
amore
dalla rossa muleta
Onde
Nei tuoi occhi
Ci sono maree
Che salgono e scendono
Maree di onde brune
Mentre piove
Nei tuoi occhi
Le ciglia
Come alisei
Spazzano via
Il temporale
Ho visto
Gorghi neri
E bionde sirene
Nei tuoi occhi
Bruni
Occhi
Che salgono
E scendono
Sui miei capelli
Occhi
Da regina di cuori
Su un letto di spade
Attesa sulla soglia
In una notte di fine secolo
L'immoto fragore del tempo
Scandisce solo l'aorta
C'è chi vorrebbe
Rumore
Di armi magari
O di grida di spasmi
Non io
Che riconosco ancora
La dolce melodia
Di un convegno d'amore
Ma…
C'è solo
Il rumore dell'attesa
Silenzioso e greve
Sulle cime dei pini
Tace la sua musica
Il vento
Taccion le canne
Intorno allo stagno
I concerti dei grilli
Si placano piano
I cerchi nell'acqua
Si aprono lenti
Il respiro
Trattiene natura
Dell'uomo e altri animali
In marmorea posa
Odore di morto
Nell'aria pesante
Che piega cipressi
E piccoli steli
Fine secolo immota
Di attese composta
E di respiri mancati
All'alba di un secolo
Nuovo
Senza titolo
Il nibbio ha una nicchia
Di chirotteri ubriachi
L'opale nuziale di una lamia onusta di paturnie
Trovato dall'ondina soave è l'oracolo orfico
Di una nottola che stride alle onde riflesse
Dai radar dalla base spaziale
Alando lentamente al di sopra delle orme dei mitili
Rasentando i coiti carpiati dei colibrì epilettici
Discende in picchiata sull'asfalto caldo del mezzogiorno
Tarsia vivente
Sotto le ruote di un'auto azzurra
Che non ne prova alcuna meraviglia
Chiuso nell'illusione della rapidità
Afferra l'ubiquità del bagatto nano
Della corte dei miracoli
Che moltiplica zecchini
Cap d'Antibès
Il cuore gonfio
oggi canta per me
una canzone
che non conosco
mi domando perché
non posso neppure sapere
la canzone che vibra
nell'anima mia
e sorrido
sapendo tutto
e tutto è giusto e logico
e conseguente
e siamo legati
da filamenti
legati uno all'altro
col tuo nemico
anche
o forse con lui
di più
ed io che non ho
neppure un uomo
sono uomo e donna
in questo momento leggero
che in un attimo
svanirà
e rileggendo
questi versi
non saprò mai niente
più di te che li stai leggendo
anche se adesso
come un derviscio
giro su me stessa
a braccia spalancate
sulla terrazza di questo Hotel
alla luce sottile
dell'alba
a CAP d'Antibès
magari chissà
è solo colpa del mare
che mi ha tenuta sveglia
tutta la notte
Odio sotto spirito
Una casa
di mare
come terra promessa
Ti ascolto
affannata
Rincorro altre voci
Terrene
Altre voci confondo
col rumore dell'onda
Tu mi parli
Mi parli del mare
E non ti ascolto
Lontana
Anni luce
Dal fondale marino
E dalle correnti
Ma tu
ostinato
ancora
non taci
Sorda
alle onde
non odo
dolcezze
non odo
non odo
che grida
e il sasso
che schiaccia
Si alzan le mura
perimetri vani
dove si coltiva
odio sotto spirito
per le generazioni
future
terra di dolcezze
di latte e di miele
in cui vengon sepolti
separatamente
i figli di sion
e di maometto
Revisione dei conti
Come vorrei amarti
oggi
come l'onda che lambisce
e subito arretra
ma costante ritorna
e di nuovo va via
con promessa di tornare
così vorrei amarti
oggi
come una carezza
di caterina
intenzionale e fugace
come il tuo sorriso
che contiene amarezze
e piacevolezze
come il chiaroscuro
del tuo volto
nell'ombra della mia camera
ho chiuso le imposte
per stare con te
come so
con labbra occhi denti braccia mani
mentre lenta la neve silenziosa
scendeva
fra le macchine e sopra la città
io e te
mentre la neve scivolava
sotto le ruote
informe melma cittadina
rinnoviamo
l'arcana promessa
tributo ancestrale
che non mi sono mai
sognata di non pagare
siamo forse in debito con la vita?
No
è la vita forse in debito con noi ?
No
Bene. Siamo in pari con tutti
Orror vacui
Chi sei
tu che mi osservi
dall'anta specchiata
del bianco armadio
a stento ti riconosco
a stento posso guardarti
capelli che dovrebbero
star su da soli
tinti e ritinti
su un corpo in bikini blu
ebbro di sole
non era per questo
che mi separai da mia madre
non per questa maschera
oscena e possente
non per questo aspetto
da robusta gitana
e' nel piccolo piede
che si cela l'anima dolente
che sa di dover
esistere
un'estate di più
sopportando
di avere un piede così minuto
da calzare scarpine di raso
e reggere
lui soltanto
questa povera bionda ritinta
che leviga il suo corpo
in amplessi ostinati
con uno
tatuato al polpaccio
e sorretto da un piede virile
che sembra tutto e più sapere
ma teme i fantasmi
e si confida con Dio
Ad Esenin poeta
A lungo mi dolevo
di non saper tenere
alla giusta distanza
gli storpi
i ladri
i perdenti
Qualcosa spingeva
a cercar ferite
a lenire dolori
Avrei voluto
essere asceta
nella mia torre dorata
e meditare a distanza
donando saggezza
Ma nulla da fare
amo salir sull'albicocco
a graffiarmi le gambe
per sentire
il sole in bocca
Qualcosa tintinna
nel mio piccolo cuore
all'incrociare
lo sguardo smarrito
di un cane azzoppato
o un gatto dolente
dalle chiose di rogna
Sempre
è stato così
quand'ero piccina
raccoglievo more
per darle agli uccelli
e molliche di pane
per anni cordialmente
ho diviso il cibo col cane
ossa di ogni animale
pastasciutta
pane e cioccolato....
volevo essere asceta
e meditare
ma sempre tintinna qualcosa
al vedere chinare la schiena
ho tuttora le mani imbrattate
di calce e di sangue
e le ginocchia sbucciate
e non mi è sembrato mai
di esser così viva
C'era un gatto
C'era un gatto
Bianco e nero
Seduto su uno stop
Precisamente
Sulla esse di stop
Lui nero e un po' bianco
Sulla esse di stop
bianchissima
Se ne stava lì
Seduto nel buio
Sulla bianca esse
E guardava con noncuranza
Ciò che accadeva all'intorno
La esse di stop
Abbagliante
Immacolata
Era il suo territorio
Le auto
Si fermavano
Rallentavano
Evitando quel gatto
Bianco e nero
Seduto nel centro
della piazza della chiesa
Sulla esse di stop
Ma lui non guardava
Nessuno
Stava solamente seduto
Al centro della piazza
Seduto
Sulla esse immacolata
Di uno stop nuovo di zecca
Che appena ieri non c'era
Le ruote dentate delle auto
Passavano a ripetizione
Sulla TI sulla O e certe volte anche sulla Pi
Già opache di strisciate nere
Ma la esse
protetta da quel gatto
Che del progresso
Signorilmente se ne impipava
Si stagliava
catarifrangente
e immacolata nel buio
sopra sedeva il Gatto
un po' bianco e un pò nero
Che da anni
Ogni giorno
si sedeva lì per ore
leccandosi con cura
lo stop
non c'era mai stato
Sulla piazza
Prima chiusa
Ma il gatto
Invece si.
E almeno oggi
Ho un motivo
Per rallegrarmi
La Patria
Vivo
Nel fondo degli oceani
Mangiando anemoni
Poseidone
I tuoi cavalli
Più non corrono
Muoiono
Senza un lamento
Ricci di mare
Sputati dall'onda
Vivo
Nelle fratture dell'oceano
Salutata
Dagli affogati
Che tornano a dormire
Non sirene
Non diomedee
Dai biondi cigli
Ho incontrato
Non l'ondina soave
Ma un'orca d'acquario
Che per spregio
Han chiamato Ulisse
Ulisse
L'Oceano circolare
Ha spezzato
La tua spina dorsale
Vivo
Nel fondo dell'Oceano
Nel mondo oscuro
Dei senza nome
La mia Patria
È la conchiglia mobile
e la bufera di polline
La mia Patria
è la crosta rugosa
degli alberi
abbattuti
fra le macerie
dell'esistenza
dentro i letti
degli amanti
nei furori
intatti
dei bambini
nel capo chino
dei vinti
nella catena
del condannato
nell'ultimo bicchiere
dell'ubriaco
vivo
nel fondo dell'oceano
E piango
Acqua
Dove scorri
fiume mio segreto
quali anfratti colmasti
con il tuo zampillo di cane
se sull'arida mia terra
non piove da decenni
Ma tu vai
nutrito di acque furtive
d'ineffabili vapori
di foresta
ieri zampillavi
alle polle
in tortuosi sentieri
densi di tritoni
Trasudan le grotte
di acque alcaline
turbinando densi
vapori d'origine
Stilla la goccia
scavando la roccia
di uguali composti
pregna di sali
Ma tu scorri
fiume mio sotterraneo
scorri fra i nervi
e le unghie
scorri appena
stritolato dai rovi
Di quale segreto
nutri le aride zolle
con quale limo
fecondi i miei campi
La tua voce di tuono
percuote le stanze deserte
ritmando il silenzio
col cupo rombo
di un salto senz'ali
giù dalle bianche falesie
orlate di sale
Ah! immobile
nel volo sospesa
chi sa il linguaggio arcaico
dei tuoi sassi bianchi
che battono alle porte
scardinando difese
di piccoli uomini
di tribù sconosciute
Ordinata barbarie
Un tuono lontano
annuncia orde di barbari
in giacca e cravatta
che ore sono
la da te
qui sono le due
e il sangue fra le gambe
mi ricorda
non so più cosa
son qui
sola
fra macerie
in una casa semidistrutta
a nord d'Eufrate
chinata
a raccogliere bottiglie usate
e sassi
cani sbandati
affamati sempre
girano all'intorno
gli tiro un sasso
è difficile essere buoni
quando nessuno ti guarda
malgrado ciò
non piangerò come
quel giorno che fathya
perse suo figlio
che spararono
agli amanti sul ponte
che uccisero per niente
un bambino
in braccio a suo padre
che urlava pietà
squisio squisio
allora almeno
funzionava
ma cosa mai puoi sapere tu
ragazzino d'Eufrate
Tasche di fiori
Non ho più parole
Per i sordi mortali
Non più idee
Per le menti sterili
Non più fuoco
Per sciogliere i ghiacci
Né ghiaccio
Per temperare la fiamma
Non ho più capelli
Da sciogliere al vento
Né storie da dare
A chi non ne ha
Solo il vuoto
Un vuoto fatto di nulla
Di bianco assurdo
Di pace assoluta
Solo a tratti
Sento fremere la spada
Dal filo teso
Sempre più sottile
In quei ho il dolore
Della morsa che serra la gola
L'angoscia mi preme le tempie
Mi schiaccia
Mi soffoca
Non ho più voce
Neppure per gridare
Non ho più denti per mordere
Né unghie affilate
Non più veli dipinti
O stelle brillanti
Né pazzie latenti
Non più fremiti
O pudori virginei
Non più Dio né io
Eppur nelle tasche
Ho tanti fiori
Ancora
Ma tutti stanchi
Come me
Trasimeno (Delenda Chartago)
Un uomo arava
nel ribollir della sera
Sacri umori
di fatiche
a trascinar mascelle
Arava l'uomo
e parimenti
aravano i buoi
fra picchiate di uccelli
su vermi dissepolti
che la luce improvvisa
illudeva
Lento rimestar di zolle
di un uomo ignaro
non più che i vermi
della polvere ossea
che si leva
di romani e cartaginesi
a migliaia
sulla sponda antica
del Trasimeno
Fu la domenica successiva
per una sfida indecente
che si aggiogarono all'erpice
elefanti del vicino circo
Nel mezzo della contesa
un elefante si impuntò
nel barrito del tramonto
non serviron parole
ne puntate di ganci
Lui rapito
auscultava la terra
dove dissepolto appena
fu poi liberato
un cranio grandissimo
dall'orbita ciclopica.
Maladomenica
Oggi le nuvole corrono
allargandosi
sfilacciandosi
sopra noi distesi
sulla nuda terra
e nudi noi
fra le spighe
immature
Quest'erba che
ci sovrasta
fruscia e vibra
come le foglie
dell'albero grande
Lassù
grida la taccola
travolta dalle correnti
ad ali spalancate
obliqua
discende
in picchiata
verso l'acqua
tumultuosa
Un cane
trotterella leggero
si ferma
compito
alza la zampa
e va via trotterellando
chissà dove
a completare
la sua domenica canina
tutto Fruscia
vibra
sibila
e il fiume corre
facendo a gara
con questo vento pazzo
che si origina
da chissà quale vaso
lassù verso la tomba
di Malaparte
che certamente
se la ride di me
e del mio cuore
di latte e sapone
che si ostina
a contrarsi
più forte
quando fa sbocciare
come dianzi
quel tuo sorriso
di guerriero
senza cicatrici
che geme
di piacere
nell'imbarazzante
azzurro domenicale
Occhi di cane
Ti vorrei avere
ai miei piedi
implorante
con grandi occhi
di cane
incatenato
al mio cuore
di raso e di rose
allora
lo so
scapperei
Ma tu hai
occhi sottili
come spilli
ancora più fermi
nell'amore
apro su te
grandi occhi di cane
che aspetta
impaziente
al margine
della strada
Ti vorrei
avere
ai miei piedi
implorante
con grandi
occhi di cane
allora forse lo sai
scapperei
ma tu
possiedi
occhi sottili come spilli
ancora più fermi
nell'amore
e così mi tieni
perennemente
inchiodata
al tuo cuore
di raso e di rose
No download
Un buco di scarico
Io sono
Usato e riusato
In questa fetida cella
Vengono qui a cazzo duro
E lo mettono dentro
Così come si sa
Pensando a chissà che
Potrebbero anche slegarmi
Tanto non potrei nulla
Per impedirgli
Di riempirmi di sperma
Ho pianto, pregato, maledetto
Ho gridato e implorato
Ma i cazzi duri in fila ordinata
Rispettavano il turno
Uno era solo un ragazzo
Cui s'accendevan le guance
Ma dei miei occhi ebbero paura
E una benda nera li coprì
Nel buio ascoltavo
I passi pesanti dei soldati
i loro respiri affamati
E parole incomprensibili
Col tempo li conobbi
Ad uno ad uno
Dai gesti e dalle voci
Dalle necessità idrauliche
Solo il ragazzo
mi stringeva le mani
Nei suoi spasmi felici
Col sangue che colava
Mi presero in otto e forse qualcuno
Oggi Vuol dimenticare la treccia bruna
Che sbatteva sul tavolo
Lui lo so
Si chinò come gli altri
E nel sangue e nello sperma affondò
Ma da lui una goccia di sudore
O una lacrima cadde sul mio viso
E come l'affamato si getta
Su una crosta lurida di pane
Così fu che nell'inferno di Vukovar
Io sorrisi
Le pommes bleuses
Hai mai visto
Le mele blu
Certo che no! Dirai
Come Darti torto
Anche un bimbo credulone
Sa che non esistono
Le mele blu
Con questa certezza
Percorri la vita
Penetrandone i meccanismi
E vedendo chiaramente
Gli ingranaggi
Che muovono
Timori
Livori
Amori
Hai un'età ormai
non puoi credere più
A le pommes bleuses
E vivi senza sogni
Nella tua tana accerchiata
Di cinesi
Mi guardi strana
E non vuoi più parlarmi
Perché io sostengo
E non demordo
Che Si!
esistono le mele blu
Potresti riderne
Sarebbe logico
E magari
Io riderei con te
Di me
Ma tu fuggi
Da chissà che
Forse senti bene
Anche questo meccanismo
E lo temi
Perchè e te lo dico:
Anche tu sai
Che le pommes bleuses
Si palesano
Soltanto
Quando il sole raggiunge
Una certa posizione
Evento alquanto raro
Ma possibile
Inclinazioni minute
Del globo
E l'uomo
HA fatto il resto.
Ma la combinazione
È effimera e non può reggere
La quotidianità
Le mele blu
Io le ho viste
E un raggio saliva
Obliquo
come una lama Radente
Crescendo lentamente
Ciò che prima
Era inesistente
Aveva ora
Lo splendore dei miraggi
E come loro
Svanì ben presto
Potresti aver ragione
Ma io bevo solo caffè
e qualche volta
Ho visto
Come Rimbaud
Quello che l'uomo
Ha solo immaginato
S.P.Q.R.
Quel giorno
mia madre
mi vide
cadere
la freccia
penetrerà
il sasso
mia madre
mi vide
cadere
la freccia
penetra
la carne
quanto ancora
ci vuole
si chiedevano
i saggi
ma il cervo
aveva occhi atroci
mi avvicinai
togliendo la freccia
e così seppi di essere
nel giusto
Mi madre mi vide
ancora una volta
cadere
Inchinati
ad ognuno
anche se invece
dell'acqua
ti porgono aceto
mia madre
mi vide
più volte cadere
il corpo trafitto
perché
perché
mi hai abbandonato
Io ho toccato solo la ragazza
Assicura il mio amante
Ma in tre eravamo
Avevam bevuto
Ci siam liberati
Dei vestiti cantando
E abbiam fatto l'amore
Io lei e il mio amico
Sai ci conoscevamo da un pò
La serata era strana
E fuori pioveva
È una cosa che vale la pena
Ma Solo una volta
Dicesti serio
nei baci ci siam perduti
Come ultimi nati
Sull'erba di fresco tagliata
L'orecchino sinistro
Ho perduto
Fra odore di fieno
Sei piccolo e sonoro
Come ciottoli rotolanti
E con lingua sapiente
Mi baci e aspetti
Low Profile
Tutto ciò che possiedo
sta dentro al mio stomaco
Attorcigliata
su me stessa
non mangio da giorni
conservando gelosa
il cibo di anni
Quanto mi costò
privarmi della coda
per sfuggire
di chi voleva far di me
un leader
dal suono fiacco
Orme a rovescio
lasciavo camminando
Più avanzavo
più le orme
tornavano indietro
Attorcigliata
su me stessa
sonnecchio beata
fingendomi morta
Dimenticatevi di me
e del sole malato
che nutro
accoppiandomi
Attorcigliata
su me stessa
digerisco
pian piano
sonnecchiando beata
e fingendomi morta
maremoto
Perduta
ricevo i tuoi baci
insicuri
Indolente
guardo
le palpebre pesanti
curvarsi
Hai fatto gioire
i miei nervi
scattosi e sensibili
guizzi alle tempie
martelli accesi
La danza estatica
dei levrieri alati
che si lacerano
fra le polpe azzurre
Gli zoccoli battono
le stelle
Fosco fuoco
che illumina
lo scalpiccio tremante
degli astri
Guizzano
le meteore impazzite
suggerendo arabeschi
cangiando
I drappeggi
infrangono la luna
si accasciano
danzatrici stanche
scivolando nell'oblio
Lascia che raccolga
le tue scarpette dorate
che fuggono
rapite dai flutti
del nostro mare
improvvisamente placato
Poeta
Avevi il mio corpo
fra le mani
eppure
non è stato tuo
Nelle notti d'estate
cantavamo coi grilli
e ci si beava
ridendo
della vita
Portavi un sacco
pieno di ricordi
qualcuno lo hai donato
insieme al sacco sdrucito
Un grande blocco
e tanti pensieri pensati
tracce del mondo tuo
sul tavolo mio spoglio
In te mi muovevo felice
scrollando il grigio di dosso
il mio io confondeva
i suoi pianti
con quel tuo strano
Scordavo i pronomi
o li vedevo sbiaditi
nella pazza girandola
del nostro giardino fiorito
Ma dell'amore
non ho avuto
che tracce leggere
Il grande blocco
sul tavolo spoglio
racchiude parole
cosparse d'amore
Ma allora
se il mio corpo
già era tuo
come mai non l'hai avuto
Forse
non poteva bastarti
eri un poeta, tu
un poeta d'amore
porpora unta di rosso
Rigagli di carne
composti sull'altare
Al dio offerta devota.
Maledetto
che di porpora rossa
hai unto il mantello.
Fra gli sghignazzi
risa di pazzi
mandi i razzi
sulle macerie
Guidi l'arto
che brandisce
il pugnale
Divino maligno
maledetto
voglio vederti
composto
nel gelo.
La mia bocca riversa
giace
persa
nell'unico rumore
dei morsi atroci
Una corale gemente
accompagna
la superba ascesa
di ciò che di me non resta
Dopo
i tuoi singhiozzi
immersa
nell'oblio assurdo
della luna
immagino soltanto.
Incantesimo cristallino
Con uno scroscio
nei fili incantati
la nota spezzata
crolla.
Dall'incantesimo perfido
finalmente libera
di non amarti.
Mi chiedevo perché
non mi stringessi le mani
mi accorgo che arti non hai
Mi chiedevo perché
non volgessi lo sguardo
sulla mia carne
l'immenso oblio
del buio ti avvolge.
Ghiacciaio fosforescente
quel tuo virile impeto,
gelato
come i mari del nord.
E le Sibille ridevano
del mio struggersi nella notte
desiderosa di te
o del nulla.
Serrando i denti
stramazzavo al suolo
coprendo le stridule risa
con le mani rapprese.
Per quei tuoi denti di aquila
avrei bevuto il mio sangue
rossastro e acido.
Inchiodato
su tavole variopinte
dai chiodi trafitto
non coli che vomito
e putrido pus.
Avrei voluto scivolare
nascosta nella tua carne segreta
fra viscere ed organi pulsanti
Squarciato
il ventre canceroso mostri
agli occhi corrotti
dei giocondi umori
della mia libertà resuscitata.
Ti sfai lentamente
e sulle tavole variopinte
solo macchie e rigagli leggeri
Nulla è rimasto di te
nemmeno il triste ricordo.
Accompagnata
da muse canterine
grido, ridendo
con le sibille maligne.
Atlantide
Schiuma calda
gremita di vita
fra le labbra
maculate di iena.
Spumeggia sussulta
il cono bollente
rilutta ributta
fiotti corposi
Lenta la lava
scende in picchiata
nei solchi profondi
di terre straniere
Lapilla scintilla
il corpo tremante
vertiginosamente
vorticosamente
incontro alla morte
Fumi sulfurei
dall'acre sapore
investono l'alone
della fetta brillante
Mangiarti succhiarti
pezzo per pezzo
volando, nuotando
nel tuo mare di panna
Nella relatività incerta
del tempo umano
non cerco cavalli di luce
mi basti tu solo
Con la lentezza atroce
di una lunga agonia
sposiam la follia
a dispetto dei savi.
L'aurora è bagliore
e pomeriggio assolato
ma nella stanza ombrosa
il tempo stufo
davvero se ne è andato
la tela muta
Lassù con le stelle
corre il pennello
tra veli e mosse feline
ad incorniciare Dei
Rumore di tegole smosse
da un passo felpato sconnesse
Dalla tela un niente dipinto
aggredisce lo sguardo
urlando la sua vendetta
implacabile contro la morte
Fra cuscini
riversa
giace la tavolozza
colano lentamente
arabeschi variopinti
Succhiano
fiori immensi l'aria rarefatta
nutrendosi della sua pace
Rumore di vetri infranti
ed il passo felpato, muto
Livida nella nebbia
la carne sul selciato
Nell'assurdo silenzio
bisbigli infiniti urlano
implacabile contro la morte
la vendetta
Dalla tela un niente dipinto
aggredisce lo sguardo
felice l'artista
sorrideVuoto
Niente attraversa la mente
stasera
Rende la pioggia triste
il mio mutismo ostinato
Spezzate e grezze parole
frantumansi
nell'irreale carosello infernale
Più dolci del sangue non sono !
Ancora
alza su di me il tuo sguardo
irradia la cupa lama tagliente
nella fantasia
Seziona
scarta ed illumina
quella pelle e quel grigio,
offuscati ormai
da un piccolo cancro
Libera i tendini
affinché la vita scorra
Affinché gridare ancora
nelle tiepide notti
fra stelle stanche
io possa
L'ostinato grumo persiste
accelerando la mortale crescita
Ecco lo vedo !
Smeraldino osserva
potente invalicato
la vittima agonizzante
Tutto è perduto ormai
strappano nel sangue colante
la polpa col becco forte
l'osso si sbriciola
l'alito si disperde....
Per chi, come te
scese a valle
come fiume scrosciante
a cercare il suo delta
nell'immensa pianura
dei preziosi umani
Per chi si è perduto
mai voluto
Per me che ogni tanto
mi perdo
nel continuo divenire
dei mutamenti onirici
Per noi che non siamo
che solo
esseri infiniti
come segmenti spezzati
Per noi
liberi ed espansi
come goccia fluente
ci scopriamo
mare, morte
odio scuro, arida terra,
amore folle
Per noi
che ci scopriamo
bagnati di sole silente
Per noi che ci perdiamo
senza scordarci
per noi....
Oniriche illusioni
Per quanto non so dire
in nome di un Dio
che amo
come sole, sidro
sogno mio.
Per quando muterò
forma e colore
unendomi all'opposto
complementare
Per come allora
diverrò luna e sole
acqua e fuoco
notte e luce
terra e aria
Per il gioco
delle parallele passioni
che fan perdere il sonno
ai tristi beoni
Per te che conosco da sempre
anche se mai ti vidi
Chi cerca l'assoluto
in un corpo
il diamante nella roccia
la statua perfetta
da ruvida forma
mi cerca
Ed io ho sempre cercato
per quante volte non trovai
ciò che bramando
ho maledetto
Per quanti,
sulle rupi di una gola scoscesa
imploranti
per quanti
su alberi di carne
appollaiati
restarono.
Prova 1 (Da un dipinto)
Di riccioli immoti
è cosparso
il bianco d'intorno
Immerso
il tuo sguardo indagatore
luce da
al rosaceo collo dolce
Schizzi strani
come di aliti mossi
d'intorno
dagli amanti da te
derisi.
- Attenta ! -
Il più fulgido
scagliasi
verso il tuo viso
Corroderti
il volto malizioso
la sua vendetta desidera
Ma sorridi
la sua debolezza conosci
Immobile
attonito
vinto
nell'immoto fragore
dei tuoi riccioli
torna.
Era un gran giorno
Oggi hanno detto:
- "disarmiamoci" -
Felice
con gli occhi brillanti
ho sperato
Mi son vestita
di luce
e con una scarica di dardi
ho bruciato
i cannoni e le armi
Fine rugiada
di un mattino pulito
è scesa sul sibilo spento
del bazooka distrutto
Ruggine e muschio
nel cimitero immenso....
Poi...
Un tuono
ha squarciato
i bimbi indifesi
Fra luci accecanti
anelava
il danaro
di chi ha sete di potenza
non di vita
Il sogno di sempre
al risveglio
era un grumo
di sangue
Giocando
Io borghese Signore ?
- Domanda -
SI, nella vita.
Il mostro salvato
s'era drizzato
Attonito,
pensava
di illuderci fama
coi suoi amici
Non possediamo latte
nicchie rosa
fatte
con pietre donate
Caldo bagno di pittura
ossessione del sesso magico
punto massimo
di un viaggio sprecato
in un paradiso mitologico
Donna e ragione
sapore arcano
Fantasia
pianto lavato di paura
la morte ucciderà
cadaveri sconosciuti
Guerra sepolcrale
innalzata a ragione
Isole galleggianti
Angeli ribelli
dagli occhi lucenti
strali di fuoco
prismi sfaccettano
El Dorado
irriso di stole
acqua benedetta
sui Teocalli
Angeli ribelli
dagli occhi lucenti
aspersori di veleno
candele troneggiano
Are gotiche
ricamate di occhi
tappeto umano
fino all'abside
Principe Azteco
usurpato
invano narravi
le isole dei fiori
Angeli ribelli
dagli occhi lucenti
strali di fuoco
prismi sfaccettano
Dal capo cinto
l'aurea Tiara
si innalza superba
Te Deum
bestemmia superba
spacca il diaspro
Cerchio
Così come
la sorgente
rifluisce
al fiume
nel mare
all'oceano
per tornare
acqua
e ruscello
e fiume
Così amore
rifluisce
e torna
e si divide
per tornare
a rifluire ancora
nel continuo
divenire
dell'immortalità
raggiunta
Gorgoglia
flette
muore
il dolce sogno di te
che torni lontano
come il fiore
dal deserto arido
Sobbalza
si attenua la mente
che cedere non vuole
al corpo immobile
Sincronicamente
inizia la danza
al suono di un diapason
lamentoso e lontano
vibrante come il mio corpo
sotto le carezze
Lenti
armoniosi
i tuoi gesti si mescolano
insieme alle tue forme
perdendosi
nell'irreale ed ovattata
luce crepuscolare
Irrora
scoppia
il nettare alle vene
che si contraggono nel corpo
impazzite
Improvvisa
la voglia di te mi avvolge
lacerante
la spada corre sulla crema bianca
di un bimbo dagli occhi macchiati
di stupore e paura
Ora
la tua vita
finalmente sparsa in me
dilaga
Notturno
Come dev'essere
una canzone d'amore
quando sale la notte
come marea crescente
verso corpi lunari ?
Suadente come Sirena
o dolce come Ninfea
Enigmatica come sfinge
o allegra come Satiro ...
Il mio amore per te
è un satiro giulivo
che spoglia dei veli
una Sirena leggiadra
E' una Ninfea posata
sul. lago dormiente
degli occhi infiniti
della Sfinge vivente
E nel profondo, oscuro
notturno silente
le note calde dei baci
intoneranno l'eterna canzone
di tutti gli amanti
nenia d'amore
Come gira la giostra
e senza valigie
senza partire o aspettare
ci trovammo ad una stazione
Era stato lo "spirito Nuevo"
come dicevi ridendo
o la "nina del Mar"
a portarci quaggiù
Sentivo mordere
la catena coi denti
nel basso del ventre
come cane affamato
Per dio
se ci capivamo
La bocca tua
deliziosamente
offrì la sua linfa
con gioiosa follia
Ed intrecci di nervi
e di caldi ricordi
in quella Firenze
come sempre
affollata.
Zenith
Per scoprire un giorno
una stazione di periferia
ero andata cercando
un giovane arabo
Ed ecco la folla
colorata di sugo
e uva polposa
salire la scala di accesso
Alle narici arrossate
del mio vento toscano
entravan folate
di freddo sapore
Esalava
da valigie piene
di vicinanze ostili
da zaini e capelli
nel grande magma pulsante.
Ci trovammo ugualmente
senza sapere di esistere
non più di come un picco
sa del mare
La grande stazione deserta
in quella sera d'inverno
fra gesti usuali
di lingue diverse
Passavano file di treni scuri
nuovi di gente
vicine alla meta
Noi seduti leggeri
non avevamo treni e saluti
se non la ricchezza beffarda
di uno spicchio rubato
Due occhi scuri
come inferi danteschi
perdevano il sole
del composto sorriso
luce ed ombra
Ti ho rubato un occhio
per mangiarlo
Ti ho rubato
quel tuo unico
occhio
perché non andasse
sprecato
Ci ho nutrito
l'anima mia di poeta
di ciò che vedesti
riflesso
negli anni tuoi trascorsi
Immagini
intatte ancora
impresse a fuoco
nell'iride
Non ti servirà
come mai ti servì
povero occhio volenteroso
Ti avrebbe regalato
un'immagine scomposta
nelle infinite volte
del prisma mentale
Quest'occhio tuo
che mi accingo a divorare
mi guarda
grato
Finalmente avrà modo
di liberarsi
della sua sapienza
Stolto cieco
che mai vedesti
brillare il sole
nel ghiaccio
Ecco
l'occhio rubato
a chi ciecamente
non ha mai saputo
di averlo posseduto
Riti bellici
Quattro file di paura
sorrette di vita sfuggente
Quattro mani bambine
aggrappate ad una bambola
Quattro file di umani
da uccidere solo
vicino alla fossa di terra
e una bambola rossa
Quattro file che pagano piano
in silenzio la colpa
di essere nella guerra stretti
bamboli e bambini
Quattro file di morti viventi
Quattro file a fronte
di vivi morenti
in mezzo all'abisso
Quattro file cadute
di vinti nemici
Quattro mani vincenti
di nemici erranti
Quattro file di carni
nel sangue di loro
e una bambola
e una bambina
con loro
XX ° Secolo
........ Treno d'invidia
di valigie
di sugo polposo
ferraglia fuligginosa
rotaie afrore rugginoso
pioggia acida sul cammino
vomito sui sedili
ventre molle
corsa sul posto
lamiere marcite
cimitero d'auto
zanne di coccodrillo
treno d'invidia
valigie sventrate.......
La conchiglia
Percorsi maree
correnti fluviali
calme acque dei golfi
vidi irarsi gli oceani
e incauti dugonghi
sbattuti agli scogli
....... E l'urlo dei tonni
all'uncino aggrappati....
Ora, spiaggiata,
mi beo
di tante attenzioni
ma se guardate bene
noterete
di tanto in tanto
un leggero rossore...
La casa degli amanti
Ho vissuto l'amore
nella morta Pompei
piena di luce e calore
La Casa degli Amanti
ci accolse
fra le sue mura discrete
aprendo le auree porte
sui sogni di giada
Entrammo
macchiati di sole
e tremanti
nell'atrio
di affreschi dipinto
E lì fra sassi di lava
e colonne di pietra
sciogliemmo le briglie
ai nervi scattosi
E d'improvviso
vedemmo davvero
animarsi le camere buie
E in esse l'aurora
i soli di pietra
le onde sui cieli
dalle spume d'argento
gli astri dai giri di cromo
i vasi dei venti
le danze dei suoni
Poi al mattino
fra i turisti e gli affreschi
mi copristi
di baci e calore
e scappammo via ridendo
con le coppe protese
ancora colme d'amore.
Mutazione
Per ciò che è stato
e ciò che sarà...
siano esse risa felici
o torri di pietra
larve di terra
o prati fioriti
Non importa ai miei occhi
guardare al domani
ho lasciato le carte, i libri
gli incensi e i dadi
Ho dimenticato le segrete formule
del sibillin sapere
e spezzato i viscidi fili
intessuti col male.
Per ciò che non è stato
e mai sarà....
Mi sono nettata
d'ogni scoria del nulla
lasciandomi linda
per ciò che avverrà
Non m'importa sapere
se la gloria
mi attende alle porte
o c'è solo la morte
Per ciò che non è stato
e che invece sarà'....
Apro le mie segrete valli
(che poi così segrete non furon mai)
e lascio entrare davvero
chiunque.
Offro il mio corpo
sgombro d'affanno
inserendolo nel giro vitale
da forze armoniche mosso.
Per ciò che è stato e magari
mai più sarà....
Non porto affanno o paura
ho occhi avvezzi
a pianti
sorprese
gioie e cose segrete
Se nella mia mano
è la tua
niente importa
Per ciò che ora
è di me
che tu vuoi.
Cecità
Confuse
le parole fendono !
Niente
getta la penna
Sordo
il cuore urla
Perse
le membra brancolano
Oscenamente
il cuore fluttua
Sola
la fantasia corre
avanza la paura di essa
Niente....
Troncare qui
lasciando in veli grigi
avvolti gli occhi.
Ero la mano
I tendini scoperti
dal vetriolo corrotti
mostrano ciò
che resta di me
nella vostra testa
I miei pigmenti
urtando la luce
vi inebriano l'iride
di prismi confusi
Il mio monchetto
par che sorrida
piegando le dita
Voi
con le vostre
belle mani curate
allungatevi la vita
allungando la lista
Anch'io ero una mano
la mano di un'artista
Ora,
dagli occhi osservata
mi beo
di tante attenzioni
e se mi guarderete bene
noterete, forse
le mie leggere effusioni
Attesa sulla soglia
In una notte
di fine secolo
l'immoto fragore del tempo
scandisce solo l'aorta
C'è chi vorrebbe
RUMORE
di armi magari
o di grida di spasmi
Non io
che riconosco ancora
la dolce melodia
di un convegno d'amore
ma ...
....C'è solo
il rumore dell'attesa
silenzioso e greve
sulle cime dei pini
Tace la sua musica
il vento
taccion le canne
intorno allo stagno
I concerti dei grilli
si placano piano
e i cerchi nell'acqua
si aprono lenti
Il respiro
trattiene natura
dell'uomo e altri animali
in marmorea posa
Odore di morto
nell'aria pesante
che piega cipressi
e piccoli steli
Fine secolo immota
di attese composta
e di respiri mancati
all'alba di un secolo nuovo
Follia (Ouverture)
Fiotti gonfi
di delirio
irrompono ai nervi
ghignando
lamento lordo
di giada
rotola
alla palude
sfondando
paralisi ebbre
d'angoscia
vergano
ai lacci
graffiando.
Sabbie mobili
succhiano
lune gelate
e capelli
Preludio
Giuoco
coi prismi
di luci radenti
confusa
da troppe visuali
Sintetizzo
e porgo
il mio vino
in auree coppe
Son colma
di spume vitali
son come roccia percorsa
d'acquose spirali
Ai versi seguenti
è una goccia
che sgorga
Ne brindo
senza ristoro
con voi
ai sensi perenni
arsura divina
Corallo nero
Guizzi fiammanti
della carne
dai fumi inebrianti
Lenti della Vestale
i gesti danzanti
fra i bracieri sacri
immagini creanti
Soli sussulti
nell'incenso impregnanti
dolci singulti
nell'aere penetranti
Dagli occhi cola la vita
Sacri bagliori ardenti
dolci profumi esotici
innalzanti
glorificano il Dio.
Nei dolci paradisi dell'eden
un solo caldo effluvio
si sprigiona evocante
La Vergine
sgusciante fra gli oli
avvolta in candidi veli
di fumi ambrati
giace, fra cupi guanciali.
Morbida
la sua pelle scottante
dolci
i suoi capelli invitanti.
Guizzano del Dio biondo
i muscoli sottopelle
eccitata la fantasia
dal dolce succo
proveniente dalla penombra
si sveglia.
Tremanti
le sue mani avvicinano i balsami
corrono fra il grano
nel solco netto
Risalgono
per morire ancora
nelle fosse profonde
di un abisso senza fine.
Bagliori misti a smeraldine pupille
del Corallo Nero presagi inerti
Poi gli effluvi
soavi e puliti
gentili corolle nei capelli
ricamano
Tenero e profondo,
Morfeo
scalda i ricordi
Sete d'infinito
Sciolgo le briglie dorate e dure
che imbastiscono
in fitte reti cromate
i pensieri
spensierati e fluidi.
Lascio che il magma bollente
nelle vene
cunicoli impietriti
che oscillano violentemente
ad ogni stilettata crudele
scorra.
Ondeggia il mio corpo
nel vortice disumano
che mi attanaglia, serrandomi
la riarsa gola.
Con le labbra
il fresco nettare del tuo corpo
assaporo.
I veli impalpabili si scostano
da un alito infernale mossi
e la tua figura di incantatore
coperta d un alone mistico
mi appare
in tutto il suo splendore
Disteso nell'ombra mi attendi
degli antri marini il Signore.
Suda
la grotta spugnosa che ci protegge
mentre una tenera fiaccola
si materializza nei tuoi occhi
Le mie dita
da una forza sconosciuta mosse
si protendono
verso il tuo giovane e delicato
corpo
Il tuo calore riempie
la buia notte che è in me
Ampie
convulse grida
escono dalla mia anima
sofferente
Un soffio d'ali
e lo sguardo scorge
uno sciame di pipistrelli
intonanti una dolce nenia
per la loro Regina
mai sazia di sangue
Brilla
il suo dente grondante
all'incontro col corpo
martoriato ed orrendamente ceruleo
dell'ultimo cadavere
Donna
Di qual corpo
è brama la mia bocca ?
Non lo so
ed il terrore mi assale
Labbra carnose
o fini brine d'amante ?
Non lo so
ed il terrore mi squarcia
Capelli corvini misti
o la nera palude
di occhi nervosi ?
Non lo so
ed il terrore mi avvolge
mi strenua mi dilania
mi sconvolge
Vi amo
spiriti neri
che accovacciati
sul mio povero cuore
il sangue mi prendete
Corvi maledetti, Vi odio
Odio i vostri denti
lucenti e malvagi
i vostri occhi malefici.
Ed amo
Amo che tu mi guardi dolcemente
....e strappo la tua carne
schizzano i tuoi occhi nella melma...
Le tue orbite nere
mostrano
di qual vuoto contenuto
la tua testa è piena
Vi odio, ragni maledetti !
Le vostre setole morbide
nella nera carne
infidi veleni
iniettano.
Sporchi insetti repellenti
lasciate che il mio cuore
viva
fino alla morte
Non voglio morire
non è la mia ora
o è già scoccata ?
Non lo so, ed il terrore mi consola
Preghiera
Del tuo ricordo lontano
odo i fremiti.
Sconvolta
del tuo corpo
la pelle contratta.
Di nascosti desideri
brillano i tuoi occhi.
Danza ancora
o mia passione
fra gli oleandri dipinti
Con un sol gesto
il ridente sorriso
maturerà i frutti
Il grano splenderà
fra le dita
divine e sacre
la tua ambrosia lo disseti
ma tu non puoi
lo so bene
ma come un frutto
il mio essere
si sazia del tuo miele
Voglia ancora
il Dio divino
concederci il piacere
di averci
Dagli inferi
immutabili e tetri
si elevino le nostre anime
avvinghiate
Con un fragore immenso
la mia bestemmia
spacchi la terra
se la tua
alba non fosse.
Scese la luna
Una scala di stelle
calò
all'orizzonte incerto
volgendo la prua
nel mare disteso.
Con passo sicuro
scese degli astri la Dea
ed ogni stella piano
tornò al suo posto
nel cielo.
Immenso
lo specchio infranto
riflesse
la pallida figura
dall'alone tremante.
Rotolò nella sabbia
vicino alle onde sopite
che d'un soffio
sentiron di Lei
il fascino cupo.
Onorando la notturna sirena
la testa inchinando
si ritrassero
le creste spumose innalzando.
Segreto lo scrigno
si aprì
la perla più rara porgendo
omaggio soave
dovuto
Rilucendo
la sfera perlata
verso l'oscuro vuoto lasciato
diresse lo sguardo
salendo di stelle la scala.
Staticità nuova
nella volta azzurrata
van fiaccolando le ancelle
in danze rituali.
Abdicò la pallida luna
donandosi alla terra
che la vita godeva
dell'animo umano
Le spire
le alghe marine
l'avvolsero tutta
come carezza d'amante
Con un ultimo bagliore
sorrise
più raggiante del sole
e nel mare svanì.
Sarà Maggio
Mi attendi
Levato l'abito
Del mezzogiorno
Mi attendi
nell'ombra
Amante silente
Che attende
arriverò
Arruffata
Dalla vita
Alla deriva
Sarà Maggio
Quando arriverò
Disfatta
Cogli abiti laceri
In fiamme
Arriverò
In cima alla prua
Del mio vascello ubriaco
Avanzerò nella nebbia
Sbattuta dai venti
Cullata dalle bonacce
Avanzerò
Con ciò che rimane
Dell'albero di prua
Con ciò che rimane
Della velatura
Avanzerò
Fra risa di scherno
Trafitta
Avanzerò
Nella mia fiaccola viva
Finché un afflato di vita
Mi sosterrà
E poi
Mi scioglierò
Nelle acque spumose
sprofondando
E non rimarrà
Di me
Che una increspatura
vaga
Alla superficie
Le Déclic
Amo il cane bassotto
dal muso di lupo
e le screziature
del mio gatto striato
questi occhi
polle gementi
tra il verde e il marron
mi piace l'utopia
la follia
di chi rimbalza
o stramazza
su muri di gomma
e di granito
odio
autostrade e incroci
amo le strade di zoccoli
nella savana
amo i viottoli di campagna
che deviano alla cuccia del cane
o al noce solenne
e queste mie rughe
di capitano sconfitto
nel vento che sbuccia
e i girasoli sazi di sole
a capo chino
davanti alla mia finestra
amo il mulo bastardo
il leontigre
e gli infecondi
amo ciò che non dovrebbe essere
ciò che è sepolto
Le coquillage
Percorsi maree
Correnti fluviali
Calme acque dei golfi
Vidi irarsi gli oceani
E incauti dugonghi
Sbattuti agli scogli
……e l'urlo dei tonni
all'uncino aggrappati…
ora
spiaggiata
mi beo
di tante attenzioni
ma se guardate bene
noterete
di tanto in tanto
un leggero rossore
La penitente
Non chiamarmi
Sono assente
Frustami e incatenami
Ho peccato
Con furore e paura
Frustami
Ti asciugherò
I piedi
Con i miei lunghi
Capelli
Salvami
Assolvimi
Purificami
Netta la mia anima
Dal peccato
Verghe potenti
Ho incontrato
Verghe d'acciaio
E d'ebano
Purificami
Assolvimi
Altrimenti
Come potrò
Come potrò
Peccare ancora ?
(il basilisco)
Il resto biologico
di una mosca
sulla tua bocca
superba
Occhi lacustri
molto perversi
mobili
come le stelle
inchiodati
all'asse terrestre
Correvano i
Rettili Accesi
Fate morgane
Illudevano
Viandanti
Aie deserte
bruciavano
nell'eco lontana
della velocit?
l'autostrada del sole
srotolata
fra tappeti di papaveri
sanguinari
affranta dai gelsomini
stillavo miele
dalle ferite
Occhi di basilisco
avevi
ma una mosca
era venuta a morire
sulle tue labbra
inquiete…
Raccolta indifferenziata
Al lazo
Presi un'ombra
E la pagai
Ballai sul tavolo
Che era mezzogiorno
E il crepuscolo avanzava
A grandi balzi
Sulla grondaia
L'orologio avevo
sul fuso sbagliato
E vi avvolsi il filo della mia vita
Ragnatela cui nulla sfuggiva
Sistemando quei fusi
Sui loro treppiedi
Facevo nodi complessi
Parlando d'amore
Da vecchio lupo di mare
Mi circondavo di pirati
Cercando il supremo tesoro
Spalai sterminate distese
Di melma
Coccodrilli vi trovai
Ancor nelle uova
I loro richiami
Non mi facevan dormire
Assente ingiustificata la madre
in fondo io non ero un rettile!!
Ma non mi lasciavan dormire
Pigolando coccodrillescamente
Li presi in bocca
Delicatamente
Ad uno ad uno
Liberati nel centro del fiume
cacciavan edotti
salamandre e piccoli pesci
A cavallo delle loro squame
Raccolgo di tutto
Si sa
Basta che pigoli piano
E se poi dicono
Che ci son coccodrilli
Nelle fogne di New York
Io vi avverto:
di lì non sono ancora passata
Ossezia - settembre 2004 -
Una candela
accesa
nella notte
per ogni bimbo
la cui vita fu spezzata
come un niente
di formica
Metà del globo
nel chiarore del sole
e l'altra metà
accesa di luce
Miodio....
accecante luce
più potente
della più potente
stella atomica......
Terrifica lente ustoria
nell'antro oscuro
dell'universo percorso
da radiofrequenze
con canzoni inutili
che non muoiono mai
i bimbi di qui
non sono che stelle
spente
fra zolle gelate
e le fiammelle
tremano
alle finestre
Sottovento
Cammino
sottovento
diffondere non devo
il mio odore
Nascosta agli uomini
crebbi
inconsapevole
fra animali
fantastici
Sottovento
rimango
come un
ambito trofeo
da salotto
Non ho la velocità
del ghepardo
l'aggressività dei felini
l'agilità della gazzella
o l'autorevolezza
dell'elefante
Non ho
l'abnegazione del cane
o l'indipendenza del gatto
né l'utilità
della gallina
o del coniglio
Non produco latte
ho mammelle asciutte
ma
sottovento devo stare
visto che mi si caccia
con tanta ostinazione.....
Underground
Palazzi di cristallo
E stagioni
Ombrature
Di tendaggi
E tendoni
Ippocampi neri
Nel ribollir
Dei simulati
Orrori
Simposi ridicoli
Di solerzia
Per solenni scorpacciate
E spellature di mani
Stupefatta
Ascolto il vento
Pernicioso
Del divulgatore
Di scoregge
Italia - Marzo 2004
Tre soldi
ho donato
ad un uomo
dalla grande
mano nera
un uomo
dal naso africano
dal sorriso africano
in giacca a vento blu
tutta bagnata
Ha sorriso
di gioia
guardando
il denaro
Oh! Fratello...
ma chiamarti
fratello non oso
io non sono nessuno
io son come te
ho solo, oggi,
tre soldi da dare
Li ho guadagnati
turandomi il naso
Mi sono strappata
la pelle di dosso
Ma del mio lungo silenzio
chissà cos'hai pensato
“grazie” - “io contento”
hai farfugliato
Io non mi sono mai sentita
così misera
mentre mio padre
diceva:
-“gli hai dato troppo
tre euro
son quasi seimila lire..” -
Varichina
Che mi spunti la coda
spero ogni giorno
E cammino senza camminare
Le strade deserte di me
Oscillo impaziente
Sul bordo di grandi vetrate
La tua casa
Sa di abiti smessi e varichina
Cos'altro pretendi da me
Che spargo d'intorno aculei invisibili
Sentimi i polsi che battono
Di sangue fremente e cruciverba
Il parnaso aspettavo
Ed ho avuto un bikini turchese
Sotto la luna nera
Con i piedi nell'acqua
Vedevo luminose perseidi
morire ad oriente
Qui tace l'onda muliebre
E tace il ramarro
Tace il vento e le canne
Tace l'uccello notturno
Ascolto stupita
il tam tam
di piccoli uomini
In coda al supermercato
canestri di frutta finta
Nei loro sacchetti
di plastica riciclata
Che mi spunti la coda
Io spero ogni giorno
Vorrei essere una leonessa
Piena di cuccioli dorati
La mia lingua ti ha accarezzato
A lungo da capo a piedi
Ed era solo ieri
All'ombra di persiane chiuse
nella tua casa abusiva
Ora Vago stranita sulla crosta del mondo
Seguendo la scia del tuo odore
Che non si stacca da me
Odore della tua terra spezzata
La scia della tua lingua sconosciuta
E del tuo orgoglio spropositato
Senza identità tu sei venuto a me
Ed io priva di identità ti ho riconosciuto
Esseri eternamente perduti
fra cavalli di luce e cruciverba
Imprevisti
Penne che
non scrivono
fanno adirare
il poeta
zanzara
pregna
del suo sangue
sei una macchia
il cui inchiostro
solidificato
ha intasato
i ventricoli
spennandogli
l'orgoglio
Arpa eolia
Dimora in me
un'arpa eolia
A cagione di ciò
sono mobile
pur avendo
grosse radici
Amplifico
il battito
potente
della terra
e la pressione
delle maree
Il vento
mi parla
accarezzandomi
con suoni
ora dolci
ora acuti e stridenti
ora inascoltabili
come il pianto
di una madre
sul corpo
trafitto del figlio
ascolta…
io rimango quieta
a vibrare più forte
amplificando
il suono stesso
dell'universo
Pappagalli Verdi*
Sciogli o padre
Il tuo turbante
Scioglilo
per tuo figlio
maciullato
Scioglilo e asciuga
il sangue
e la terra
di tuo figlio
spezzettato
Correva
come corrono i bambini
ignaro su di un prato
coltivato a mine
non piangere padre
non asciugare le lacrime
col tuo turbante
E' per quel tuo figlio
maciullato
chissà perché
dai pappagalli verdi
Avvolgilo forte
Sull'orrore informe
A Trattenere
il filo esile
di aquilone
che vola via
E tu Padre,
sorveglia tuo figlio
ai giardinetti cittadini
corre
come corrono i bambini
ignaro su un prato
coltivato a margherite
Sciogli per lui
il tuo più dolce sorriso
e abbottona bene
il suo cappottino
e presto
che devi andare a lavorare
presto che devi rientrare
a disegnare e progettare
sempre più
allettanti
e letali
Pappagalli verdi
Pappagalli verdi
*mina antiuomo
Ero forse io
Ero forse io
poeta
quando lunghi
andavano
i giorni d'estate
e ampie strisce
d'acqua turchina
solcavano piccoli piedi
calzati di polvere
forse ero un poeta
di quelli sgangherati
l'onda lunga
di un terrore
che schiaccia
meningi
come imposte
sbattute
La mia casa
non aveva
campanelli
e vi soffiava
un vento caldo
che spezzava
l'onda anomala
del grano
La mia casa
non aveva tetto
e le pareti
non arrivavano
a terra
Giovanni
il gatto
cercava il mio viso
troppo umano
per lasciarvi
l'orma preziosa
di un sorriso
Forse chissà
anche le spalle
incurvate
di un vecchio sarto
sanno raccontare
poesie
o un oncia
di semi di zucca
dimenticata nell'oscura
galleria di un cinema
e la bimba
col mio nome
che ride
in fondo
al viale
ha la bocca
piena di denti
e rossi mirtilli
Ero poeta persin
nell'infanzia
compagna leale
di bisce verdi
e biondi ramarri
E i miei piccoli piedi
erano piedi che camminavano
e camminavano
piccoli piedi
che nulla sapevano
ma sapevano
camminare
e la bimba
che sorride
nel fondo
del mio oceano
ha piedi piccoli
ma così piccoli
come non li
ricordavo
e cammina
Ombre cinesi inverse
Ci sono stati
imperatori di cinque anni
che per amico
avevano un grillo
un tempo lontano
aspettavano
fra le mura proibite
che giungesse il temporale
come il vento
il cammino arrivò
fin sotto al palazzo
in sordide folate di sudore
la lunga marcia
attraversò il paese
ingesssato
di rosse lanterne
Al di là delle mura
gridavano pavoni
privi di coda
e si alzavano urlando
fagiani stanati
dai cani
le parole disdegnano
a volte
amore
che èper gli occhi passa
portando un topolino
nel taschino
e un grillo verde
sotto il cappello
L'onda lunga
monta ad oriente
distruggendo ciò che trova
energia pura
che tutto travolge
Panni stesi e mitili
che vanno in bicicletta
in cesti di vimini
illudendosi per l'ultima volta
che una pozzanchera
o una pentola d'acqua
sia la loro ultima (nuova) casa.
Dellafilosofiadellamore
Il segreto
ti abita
come
un cuore
pulsante
Il sorriso amaro
e la luce spenta
nelle tue mani
i miei seni
nella mia bocca
la dimora
calda
dell'acqua
feconda
che stilla
con dolore
dal midollo
spinale
sento
gemere
la mia musa
inquieta
nel disagio
profondo
del demone
che mi possiede
tu
con pochi
baci
scardini le difese
e langui
indolente
fra labbra
divaricate
mi piace
guardarti
mentre
dolorosamente
fai l'amore
come
una via crucis
porti
la tua croce
di carne
e cadi
e cadi
ad ogni
colpo di reni
cadi
ad ogni fermata
dolorosamente
Ad occhi chiusi
vai e vieni
spolpando
le tue ossa
odiando
il flusso
maschile
che circola
al di la delle vene
ogni stazione
una fermata
ogni fermata
una scudisciata
un'ombra
ti attraversa
come onda
d'oceano
infine
esausto
giaci
sudato
sul petto tenero
del tuo calvario
Fiore di Loto
Dell'amore dei sensi
voglio cantare
e con Erato al fianco
i suoi rapimenti
hai disfatto
il mio delta
con l'omega
infuocata
a trasalirne
il volume
eri tu
ad alitarmi
nel cuore
il tuo soffio
di drago
eri tu
ad iniettarmi
il succo sublime
del loto
dai petali friabili
come marzapane
ardeva il mio cuore
nell'estasi
che nessun fiore
potrà mai donare
appartiene
alla tua lingua
l'onda sinuosa
del mio ventre
appartiene
alle tue ciglia
l'orma di seta
che racchiude
occhi di cervo
accerchiato dai cani
Formiche
Chinata per terra
guardavo andare
file di formiche
cariche di pane
Tutte uguali
in fila ordinata
entrar nella breccia
Le vedevo sparire
trascinando
forti mascelle
enormi molliche
Obbedendo
all'ordine arcano
piccole perle nere
in file ordinate
E' arrivata mia figlia
e ridendo
ne ha schiacciate
a decine
Gran brutta razza
Gran brutta razza
I poeti
gran brutta razza
se son poeti davvero
si uccidono
o li mandano in esilio
o li mandano in galera
o li mettono in manicomio
a volte li uccidono
un poeta vivo è un infortunio
Quando il carcere
pullula di poeti
le sbarre fioriscono
fioriscono gli ospedali
fioriscono i cipressi dei cimiteri
(forse non solo grazie al cadavere illustre)
chissà se il volontario
che trasportava un poeta
nel suo adempiere
al T.s.o lo sapeva
e il medico
che dice?
Dissociazione
doppia personalità
psicolabilità
Schizofrenia
Cazzo !
Stiamone alla larga !
Eppoi la sua cacca
è cacca qualsiasi
e il suo sangue zampilla
come gli altri
ed ha piastrine e ventre
e occhi e orecchie
e piedi che puzzano
se non li si lava
qualcosa ha
qualcosa gli manca
Ma è incredibile
come si possa
andare nel bosco
di notte
e non accorgersi dei lupi
andare all'inferno
e non bruciarsi
andare in manicomio
e non impazzire
andare in carcere
ed essere così liberi
da acuire il senso di
oppressione
delle guardie
fino a che il capo-guardia
di nascosto
stacca una rosa dalle sbarre
e te la porge con un inchino
Il Disinganno
nudo
come l'uomo
primordiale
eri su me
pericoloso
audace
tiranno
pazzo
di una pazzia
segreta
che non sapevi
nudo
di una nudità
intellettuale
eppure accessibile
seppur ostica
come un'ostrica
nudo
come sa essere
un uomo
nudo
cangiante
avvolto
di malia
così disvelato
avesti vergogna
della tua
nudità
in abiti costosi
rinnegasti
le notti in cui
eri su me
nudo
selvaggio
pericoloso
indomabile
in furiosa tempesta
solo allora
vidi com'eri
vestito
per il tuo
funerale
La mangiatrice d'uomini
Ascolta
Raffaello
bello è il vento
fra le canne
laddove
frammezzo al fruscio
due verdi bisce d'acqua
si accoppiano
senza tanti complimenti
Ma io temo
questo vento parlante
che so decifrare
non ho la forza
per chiuder la porta
in faccia al temporale
e rimango qui
sulla vecchia soglia
ad ascoltare
il sospiro
dei rospi in amore
e a contare i capelli
ad uno ad uno
un tuono lontano
increspa l'acqua
la tigre affamata
alza la testa e fiuta l'aria
acquattata nell'erba
aspetta il calar del sole
e poi silenziosa verrà
ombra lungo le mura
a prendersi l'uomo
prima che il temporale
ne spazzi via l'odore
L'acqua intanto
Inizia a cadere leggera
e tutta la mia paura
si acqueta
in un lungo brivido
che mi scuote
da capo a piedi
La Rechèrche
Ho cercato
sul mio corpo
confuso
tracce di te
ho cercato
e cercato
lo scavo infuocato
della parola tua
nella lingua
non intesa
Ho cercato
tracce di te
nel silenzio di un chiostro
nella mente
il tuo volto più segreto
e ho detto di te
al vento
Ho detto il nome tuo
facendoti
protesa nel vuoto
oltre questo silenzio
oltre le mura antiche
negli spazi immensi
solcati di deltaplani
Ho parlato di te
ad un gatto modesto
Ho parlato di te
ai sassi e ai fiori
di te e del tuo riso
di te e del tuo viso
di te del tuo dolore
delle tue ferite
del sorriso biondo
che mi viene incontro
Ho parlato di te
perché non posso
parlare a te
ne stasera
ne domani
Ho parlato di te
e dei tuoi sogni
ad una coppia in gita
che non capiva
Ho scritto
il tuo nome
su un vecchio mattone
e l'ho guardato
con stupore
Ho parlato di te
e di me
bambini ritrovati
in fondo al pozzo
interi
intatti
fatti uno per l'altro
come questo vento
e l'odore dei cipressi
per la collina
ma così distante da noi
è questo rifugio
lontano dagli uomini
e dalla vicinanza con Dio
A coda dritta
Mi hanno detto
che sono ammalato
è scritto nel mio sangue
che sussurra
come in una mappa
hanno decifrato
corpuscoli e particelle
ma devono ancora indagare
laddove si annida
il dolce midollo
e io mi domando
a cosa serve sapere
con tal precisione
quando si debba perire
vi sono studi attendibili
non servono cavie
e dunque che vale contare
il tempo funesto
con tal precisione
so già che devo sparire
come lo sa il mio gatto
e non se ne cura
e vive ogni giorno
ignorando domani
alieno di certezze
bramando carezze
io sono un gatto corsaro
che scrive e fa l'amore
e se ne va in giro
coi piedi sporchi di cenere
e il sangue balordo
A coda dritta
mi godo ogni giorno
in cui ancora sto bene
e sorrido fra i baffi
leccandomi il sedere
Acqua
Dove scorri
fiume mio segreto
quali anfratti colmasti
con il tuo zampillo di cane
se sull'arida mia terra
non piove da decenni
Ma tu vai
nutrito di acque furtive
d'ineffabili vapori
di foresta
Ieri zampillavi
alle polle
in tortuosi sentieri
densi di tritoni
Trasudan le grotte
di acque alcaline
turbinando densi
vapori d'origine
Stilla la goccia
scavando la roccia
di uguali composti
pregna di sali
Ma tu scorri
fiume mio sotterraneo
scorri fra i nervi
e le unghie
scorri appena
stritolato dai rovi
Di quale segreto
nutri le aride zolle
con quale limo
fecondi i miei campi
la tua voce di tuono
percuote le stanze deserte
ritmando il silenzio
col cupo rombo
di un salto senz'ali
giù dalle bianche falesie
orlate di sale
Ah! immobile
nel volo sospesa
chi sa il linguaggio arcaico
dei tuoi sassi bianchi
che battono alle porte
scardinando difese
di piccoli uomini
di tribù sconosciute
Cimitero d'elefanti
Il cimitero degli elefanti
Trasuda rimmel
Mentre il pantheon
Degli uomini
Cova larve di mosca
Il cazzo
Entra nella fica
Si dice
E non l'abbandona
E tu vi entri
E vi esci
Come da un mondo
Distante
Non bastan le ore
Passate
Dentro la mia fica
A farti felice
Ne del resto
Io provo gioia
Nell'unione con te
In silenzio
Osserviamo distanti
Le nostre ossa
in movimento
Nella mia testa
Vi è un cazzo gentile
E nel corpo
Una fica ombrosa
Nella tua testa
Vi è una fica d'ombra
E più in basso
Un cazzo gentile
E dunque perché
Se i baci di ieri
Parevano aprire
La strada maestra
Oggi
Ombre divise
Vagano assottigliandosi
Fino a sparire laggiù
Dove gli elefanti
Vanno a morire
Aprire
Aprire
la porta
gettare un sasso
scoprire uno stelo spezzato
ordinare
pile di scatole
saltare nel fosso
qui lo dico
qui lo nego
mi si chiedono
certezze
io apro la porta
a chi bussa
e bussando
bussando
e aprendo
io apprendo
contorte radici
le mie gambe
si avviluppano
il sasso cade sul fondo
i cerchi allargando
l'acqua chiarissima
rimane
Cordiali saluti
Cazzo
sono le otto
e questo stupido computer
completa per me le parole...
comMOZIONE
ma venerdi
ti darò una leziosa
lenta e lucida lezione
voglio giocare con te
dai, vediamo cosa sai fare
Fetida
oscENA
mi segue indolente
tu sembri tutto sapere
commOZIONE
ancora parimenti
tu sostenendo vai la mia picchiata
nordica e miliardaria
cartaginesi infORTUNIO di romani e di rozzi segreti
encausti chiamavo
segni sul corpo come saluti
di un popolano ciarliero che squittio non tace
a verbale; a verbale;
a dicembre allora vi giunge
ogni proverbiale matassa
perfetto cordiale per indomita seta
a settembre e di martedi
le centurie rinnovan parole
di un computer cretino che conobbi
non già perfetto ma stolto e vigliacco
commOZIONE
posati gli stivali
il gatto rimase
nell'inferno
dei disabili
disdico il segnaposto
e liberato vago
disdetta generale
disdetta
Ero forse io
Ero forse io
poeta
quando lunghi
andavano
i giorni d'estate
e ampie strisce
d'acqua turchina
solcavano piccoli piedi
calzati di polvere
forse ero un poeta
di quelli sgangherati
l'onda lunga
di un terrore
che schiaccia
meningi
come imposte
sbattute
La mia casa
non aveva
campanelli
e vi soffiava
un vento caldo
che spezzava
l'onda anomala
del grano
La mia casa
non aveva tetto
e le pareti
non arrivavano
a terra
Giovanni
il gatto
cercava il mio viso
troppo umano
per lasciarvi
l'orma preziosa
di un sorriso
Forse chissà
anche le spalle
incurvate
di un vecchio sarto
sanno raccontare
poesie
o un oncia
di semi di zucca
dimenticata nell'oscura
galleria di un cinema
e la bimba
col mio nome
che ride
in fondo
al viale
ha la bocca
piena di denti
e rossi mirtilli
Ero poeta persin
nell'infanzia
compagna leale
di bisce verdi
e biondi ramarri
E i miei piccoli piedi
erano piedi che camminavano
e camminavano
piccoli piedi
che nulla sapevano
ma sapevano
camminare
e la bimba
che sorride
nel fondo
del mio oceano
ha piedi piccoli
ma così piccoli
come non li
ricordavo
e
cammina
Giochi di ruolo
Forse
è il maschile
che emerge
dal fondo
dell'anima mia
Forse
il femminile
ti scuote
in amplesso
Così uniti
non v'è differenza
verso di te sospinta
e tu attratto da me
in un gioco
di vuoti e di pieni
Un maschio io sono
che ha i tuoi calzini
e tu la femmina
che sorride
con occhi di ragazzo
Mi tieni i capelli
per meglio guardare
alle mie labbra dischiuse
Ti carezzo la schiena
dal leggero sudore
e sei maschio quando mi vuoi
e come una femmina io rispondo
semplice
come avvenne e avverrà
maschio e femmina
da riunire
Seppure nato maschio
tu sei ed io femmina
l'animus è in me
e in te l'anima
Italia - Marzo 2004
Tre soldi
ho donato
ad un uomo
dalla grande
mano nera
un uomo
dal naso africano
dal sorriso africano
in giacca a vento blu
tutta bagnata
Ha sorriso
di gioia
guardando
il denaro
Oh! Fratello...
ma chiamarti
fratello non oso
io non sono nessuno
io son come te
ho solo, oggi,
tre soldi da dare
Li ho guadagnati
turandomi il naso
Mi sono strappata
la pelle di dosso
Ma del mio lungo silenzio
chissà cos'hai pensato
"grazie" - "io contento"
hai farfugliato
Io non mi sono mai sentita
così misera
mentre mio padre
diceva:
-"gli hai dato troppo
tre euro
son quasi seimila lire.." -
Ascolta
Raffaello
bello è il vento
fra le canne
laddove
frammezzo al fruscio
due verdi bisce d'acqua
si accoppiano
senza tanti complimenti
Ma io temo
questo vento parlante
che so decifrare
non ho la forza
per chiuder la porta
in faccia al temporale
e rimango qui
sulla vecchia soglia
ad ascoltare
il sospiro
dei rospi in amore
e a contare i capelli
ad uno ad uno
un tuono lontano
increspa l'acqua
la tigre affamata
alza la testa e fiuta l'aria
acquattata nell'erba
aspetta il calar del sole
e poi silenziosa verrà
ombra lungo le mura
a prendersi l'uomo
prima che il temporale
ne spazzi via l'odore
L'acqua intanto
Inizia a cadere leggera
e tutta la mia paura
si acqueta
in un lungo brivido
che mi scuote
da capo a piedi
La Patria
Vivo
nel fondo degli oceani
mangiando anemoni
Poseidone
i tuoi cavalli
più non corrono
Muoiono
senza un lamento
ricci di mare
sputati dall'onda
Vivo
nelle fratture dell'oceano
salutata
dagli affogati
che tornano a dormire
Non sirene
non diomedee
dai biondi cigli
ho incontrato
Non l'ondina soave
ma un'orca d'acquario
che per spregio
han chiamato
Ulisse
Ulisse
l'Oceano circolare
ha spezzato
la tua spina dorsale
Vivo
nel fondo dell'Oceano
nel mondo oscuro
dei senza nome
La mia Patria
è la conchiglia mobile
e la bufera di polline
La mia patria
è la crosta rugosa
degli alberi
abbattuti
Fra le macerie
dell'esistenza
Dentro i letti
degli amanti
nei furori intatti
dei bambini
nel capo chino
dei vinti
nella catena
del condannato
nell'ultimo bicchiere
dell'ubriaco
vivo nel fondo
dell'oceano
e piango |