Racconti di Stefano Cosulich
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Il palloncino azzurro Domenica 12 maggio - ore 11.55- Chiesa della SS. Annunziata di Sturla - Genova E' una luminosa domenica mattina di maggio e sul piazzale antistante la chiesa, il Don ha radunato tutti i suoi angeli bianchi, cio è i bimbi che hanno appena ricevuto la prima comunione. Ognuno di loro trattiene tra le dita il filo di un palloncino a cui ha strettamente legato un foglietto arrotolato. Presto tutti questi palloncini multicolori si libreranno nel cielo portando chissà dove l'annuncio di questo importantissimo evento e la speranza di ogni bimbo di ricevere una prova di avvenuto ricevimento. Ognuno di loro in cuor suo spera che possa arrivare da molto lontano per poterne andare orgoglioso. Domenica 12 maggio - ore 11.59 - Via Isonzo - Genova. Un filo della luce e uno scoppio pochi minuti dopo il via, il viaggio di un palloncino azzurro fu molto breve e disgraziato e il suo prezioso carico, un messaggino scritto da Anselmo G., finì in mezzo alla strada e venne schiacciato da molte ruote e poi, finito sul marciapiede, calpestato da molte scarpe. Ernesto lo raccolse incuriosito, lui raccoglieva sempre tutto quello che stimava degno di attenzione: monete, figurine, cicche, bottoni (di questi ne aveva proprio una bella collezione di tutti i colori nello zaino). Guardò con interesse il foglietto stropicciato che srotolò con cura e poi lesse con interesse " Sono Anselmo G. , ho fatto oggi la mia prima comunione, abito a Sturla in Via Pelio 189, sarebbe bellissimo per me trovare un nuovo amico in un paese lontano. Chi leggerà questo messaggio dovrà rispondermi con una cartolina bellissima". L'importanza di chiamarsi Ernesto Ernesto, si sentì improvvisamente molto triste nel pensare che amici non ne aveva più da tempo, da quando era uscito dall'ospedale. Srotolò dolorosamente il filo dei ricordi e si vide in una bella foto accanto ad una donna meravigliosa vestita di bianco e poi scorse Luca, l'adorato figliolo, saltellargli al collo come un cagnolino al suo rientro a casa, quando faceva il suo ingresso trionfale vestito di tutto punto e con un pensierino in mano, stanco della dura giornata lavorativa ma soddisfatto. Piombò a ripensare alle partite a carte, alle sale fumose piene di slot divertenti ed ai bicchierini bevuti in compagnia di amici sempre nuovi e ridanciani. Rivide, come in un vecchio film in bianco e nero, le liti furiose, le bugie, le piccole fughe da casa e la gelida lettera di licenziamento. Un giorno rientrando a casa si accorse che era vuota per sempre, non c'era quasi più niente, neanche la moglie e l'adorato figliolo. Poi diventò tutto freddo e buio e si risvegliò in ospedale dove rimase per giorni, per mesi, per anni. Quando uscì nuovamente nel mondo andò a cercare la moglie, il figlio, gli amici, ma non ritrovò più nessuno; sì qualche amico pensò di averlo trovato ma non lo riconoscevano più, sembrava quasi che non lo vedessero che fosse diventato invisibile. Certe volte fantasticava proprio di essere diventato veramente invisibile, era quasi divertente, nessuno lo guardava e gli rivolgeva la parola, tranne qualche vigile che lo strattonava svegliandolo quando andava a dormire in qualche posto sbagliato. Trovare un letto era per lui diventato un problema dal giorno in cui era uscito dall'ospedale; si ricordava ancora di come ci rimase male quando, cercando di introdurre quasi tremando la chiave nella serratura, scoprì che la Banca, dove aveva entusiasticamente acceso un vantaggiosissimo mutuo, si era presa anche la casa, la sua amatissima casa. Pensò a quando cercò di morire, di farla finita, ma come? No, non aveva avuto neanche la forza di farlo, si sedette per terra e aspettò, una pietosa coperta e qualche moneta, poi un giorno trovò un vecchio zaino e decise di percorrere a piedi tutta la città portando con se l'essenziale (tutto ciò che gli era rimasto), fu così che iniziò un nuovo cammino per un nuovo destino. Infatti Ernesto del tempo aveva cancellato proprio tutto, anche la sua identità originaria, aveva scelto un nuovo cognome e non si sa proprio come ma così risultava anche all'anagrafe registrato: Ernesto Errabondo. Domenica 12 maggio - ore 12.30 - Via Isonzo Ernesto lesse e rilesse quel piccolo foglio di carta, e si accorse che stava piangendo, erano lacrime dolci che gli entravano dentro e che lentamente sembravano destarlo dal suo grigio torpore; aveva intravisto la possibilità di avere nuovamente un amico, un vero amico, di ricominciare a colorare il suo grigio destino. Ma per farlo doveva andare lontano, lontano il più lontano possibile da Genova ; si ricordò di colpo il ritornello di una canzone che da ragazzo gli piaceva tantissimo "…e lontano, lontano, nel mondo una sera tu sarai con un altro e chissà come e perché ti troverai a parlargli di me, di un amore ormai troppo lontano" e rivide un volto che cacciò subito, quasi con stizza, dal suo presente. Ritornando lucidamente in sé, si disse che avrebbe dovuto prendere un treno, ma per dove? Vide appesa ad una finestra una bandiera del Doria la cui estremità sbatacchiava verso il nord, ecco quindi dove erano diretti i palloncini! Dopo qualche riflessione pensò che il suo obiettivo sarebbe stata la Svizzera e, dopo aver gelosamente riposto il foglietto nell'unica tasca sana che aveva, si incamminò di buon passo verso la Stazione Brignole. Pensò quasi con gioia che non avrebbe dovuto perdere tempo, aveva tutto l'occorrente nel voluminoso zaino che portava sempre con sé, avrebbe quindi preso il primo treno in partenza per il nord. Il nuovo viaggio Salì sul primo regionale in partenza per la Stazione Centrale di Milano col cuore che aveva ripreso a battergli nel petto, erano anni che non pensava più di avercelo, quasi anestetizzato dai bicchierini elemosinati e dal fumo. Si vedeva già in Svizzera davanti ad un grande lago, circondato da verdi pendii e con una bellissima cartolina in mano. Dal sogno ad occhi aperti passò presto ad un sonno rumoroso e pesante che si interruppe bruscamente a Voghera, quando il controllore lo scosse per controllargli il biglietto che non aveva mai fatto. Lui gli mise direttamente in mano un portafoglio logoro e gonfio solo della sua disperazione. Il controllore lo prese e lo aprì con aria sbuffante e sconsolata ma poi, dopo aver guardato dentro con attenzione, divenuto serio lo ringraziò come se avesse trovato quello che cercava e glielo restituì quasi sorridendo. Non essendo questa la reazione che si aspettava dal controllore, Ernesto, come inebetito (ma erano ormai almeno quattro ore che non beveva un goccio), guardò a sua volta nel vecchio portafoglio alla ricerca di un improbabile e miracoloso titolo regolare di viaggio. Guardò e riguardò ma l'unica cosa che vi trovò, inserita in una tasca trasparente, fu una consunta immaginina di Sant'Antonio che teneva in braccio un bambino. Inevitabile un tuffo nel suo lontano passato quando con Luca e Maria erano andati a quella festa di Sant'Antonio a Boccadasse partecipando alla processione con la banda e i portatori di crocefissi; quella serata si era trionfalmente conclusa con i fuochi d'artificio e il gelato di Luca spalmato sulla sua Lacoste nuova, ricordò di essere rimasto imbronciato senza dire una parola per un bel po' e di aver fatto irritare molto Maria. Alla Stazione Centrale di Milano prese la coincidenza con Zurigo, ma questa volta ebbe meno fortuna, il miracolo non si replicò e il controllore lo fece scendere alla prima fermata. Provò e riprovò a prendere altri treni ma invano, la Svizzera rimase un miraggio e si dovette accontentare di Como. Eccolo quindi in una città che non conosceva, non c'era mai stato nella vita precedente, e gli richiamava i Promessi Sposi letti e studiati da giovane; aveva quindi l'opportunità di passeggiare lungo il famoso ramo del lago di Como e cercare una cartolina per Anselmo che non avrebbe dovuto sfigurare con quelle delle località svizzere che aveva vagheggiato raggiungere. Prima però bisognava darsi da fare per trovare qualche "spiccio" per poter comprare la cartolina più bella e anche qualcosina da mettere sotto i denti, pensò che aveva proprio una gran fame; si rese conto che le priorità erano cambiate non era più il vino ma il cibo ciò che ora desiderava di più, doveva mettersi nelle condizioni migliori per scegliere la cartolina più bella e scrivere qualcosa di importante ad Anselmo. Stavano calando le prime ombre della sera e sul lungolago notò un mercatino di anticaglie e molta folla curiosa che si aggirava tra le sue bancarelle, Ernesto si procurò, pescando tra i rifiuti, un grande scatolone vuoto e un telo e, posizionatosi poco distante dal mercatino, rovesciò sopra di questi tutta la sua collezione di bottoni contenuta nello zaino. Scrisse poi su di un cartoncino, attingendo dai suoi lontani trascorsi di venditore creativo, "Questa è la mia collezione di lacrime (sparse, indurite, raccolte nel mio cammino) ognuna con quattro ferite: ho perso la moglie, il figlio, gli amici e il lavoro. Le vendo perché ho una gran fame e perché devo conquistare un amico". Molta gente si fermò incuriosita a leggere il messaggio e qualche moneta cominciò a posarsi tra i bottoni (anche se non li comprò nessuno), ed Ernesto vide pian piano materializzarsi i suoi piccoli sogni: un'abbondante cenetta e la più bella cartolina di Como, quando fu bruscamente richiamato alla realtà da un vigile che gli intimò di levare le tende. Con mite rassegnazione rimise i bottoni nello zaino e si allontanò e solo quando fu ben sicuro di essere uscito dalla visuale del vigile si mise a contare e ricontare il raccolto: dodici euro e settanta. La tiepida sera lo colse sazio (una ricca e saporita cena al prezzo fisso di dieci euro) e contento (aveva già i soldi per comprare cartolina e francobollo) su di una panchina del lungolago. L'indomani ci vollero più di tre ore per scegliere e poi finalmente per farsi regalare (per non vederselo più tra i piedi) la tanto desiderata cartolina: uno spicchio di Como adagiato sul lago pieno di luce in cui si rispecchiava una montagna alta e verdissima sulla cui sommità Ernesto tracciò, per vendere al meglio la sua grande e innocente bugia, una freccia con una biro nera: " Ciao Anselmo! Su questa vetta del ramo di Como ho trovato il tuo palloncino azzurro e letto il tuo bel messaggio. Ti voglio assicurare che hai finalmente trovato un nuovo e vero amico, firmato: Ernesto Errabondo". Quando imbucò la cartolina davanti all'ufficio postale si pregustò anticipatamente una saltellante gioia ed una fremente eccitazione al ricevimento; si rese conto, con un po' di mestizia, che immaginava Anselmo ma vedeva Luca. Venerdì 17 maggio - Sturla Quando la madre consegnò al figlio la cartolina di Ernesto fu un momento veramente emozionante; Anselmo non stava più nella pelle, la cartolina era arrivata da molto lontano e in tempi record, la mostrò quindi eccitato a tutti quelli che gli capitavano a tiro: al papà, ai nonni (che videro improvvisamente interrotto il loro consueto riposino pomeridiano), agli amici più cari ed infine al Don che la trattenne temporaneamente in Sacrestia per poterla mostrare ai parrocchiani in occasione della messa domenicale. Sul lago di Como Ernesto era ormai convinto di avere finalmente conquistato un nuovo amico ma come potergli indicare un recapito a cui indirizzare le lettere? Doveva trovare una casa, un indirizzo da mandare ad Anselmo, ma prima doveva cercare un lavoro e non sarebbe stato certo facile. Chi avrebbe scommesso un solo centesimo su di lui? Forse nessuno, ma lui si sentiva animato da nuova energia e gli venne l'idea di un annuncio, avrebbe utilizzato le stesse parole che gli avevano già procurato una cena e un francobollo. Il Lunedì mattina verso le nove, sbarbato di tutto punto (aveva trafficato un bel po' davanti ad una fontanella dei giardinetti per eliminare con una lametta tutti i peli superflui del volto) si mise a passeggiare davanti agli uffici di una nota società di ricerca e selezione di personale, tenendo tra le mani un vassoio di cartone contenente la sua collezione di bottoni e appeso al collo, con una cordicella, un cartello di cartone con il seguente annuncio "Questa è la mia collezione di lacrime (sparse, indurite, raccolte nel mio cammino) ognuna con quattro ferite: ho perso la moglie, il figlio, gli amici e il lavoro. Datemi la possibilità di rimarginarne qualcuna…cerco un lavoro per conquistare un amico…sono stato un buon venditore…mettetemi alla prova!". Incrociò molta gente frettolosa che però non poteva esimersi di lanciare un'occhiata furtiva ed incuriosita a quell'insolita performance promozionale e non furono in pochi a fermarsi davanti a lui per leggere il testo integrale, qualcuno gli diede anche una pacca sulla spalla; ad un tratto gli si avvicinò persino un vigile con fare minaccioso, che, dopo aver letto il messaggio e constatato che non vendeva nulla, liberò un sorriso e si allontanò borbottando qualche folcloristico intercalare locale. Allo scoccare delle undici un'impiegata della Società di selezione uscitagli incontro con un sorriso imbarazzato lo invitò ad entrare nei loro uffici. Tra l'incredulo e il trasognato Ernesto ascoltò la ragazza raccontarle di una importante cliente che l'aveva notato e che era disposta ad offrirgli un contratto di somministrazione mensile per un ruolo di venditore. Di cosa fosse la somministrazione non ne aveva proprio la più pallida idea ma un lavoro era la cosa più importante da conquistare in quel momento per poter coronare il sogno di avvicinarsi ad Anselmo, e lui avrebbe certamente dimostrato di poter diventare il miglior venditore di Como. Anche se insorsero alcune difficoltà nella stesura del contratto, sembrava non fosse possibile lavorare senza avere domicilio o residenza e un codice fiscale leggibile, la cliente fu così irremovibile che tutto si appianò ed Ernesto ricevette persino un anticipo per acquistare un abbigliamento consono al ruolo che avrebbe dovuto ricoprire. Sturla - Via Pelio 189 - Ogni volta che Anselmo riceveva una cartolina col lago di Como era proprio contento e, dopo averla frettolosamente letta, la incollava insieme alle altre su di una parete della sua cameretta, erano tutte diverse e molto colorate…stava diventando proprio una bella collezione. Il ritorno in patria Ernesto, ingranata la marcia del venditore di successo (dopo solo sei mesi aveva strappato un buon contratto a tempo indeterminato), da tempo indicava in fondo alle cartoline per Anselmo il proprio indirizzo (l'affitto di un appartamento nel centro di Como veniva addirittura pagato dalla ditta per cui lavorava) e bandito per sempre l'alcool e il fumo dalla sua vita. Era veramente contento, sentiva progressivamente aumentare la propria autostima come se fosse rinato, l'unico suo dispiacere era quello di non ricevere le attese entusiastiche risposte, anzi non gli era ancora arrivata neanche una cartolina da Anselmo. In cuor suo lo scusava sempre dicendosi che in fondo era solo un bambino troppo preso dalla scuola, i giochi, gli amici e rimandava le attese al prossimo postino. Ma poi si decise, doveva trovare il coraggio di andarlo a trovare, di parlargli, raccontargli un mucchio di cose, era così tanto tempo che non si confidava più con qualcuno, un vero amico…e sicuramente Anselmo sarebbe stato molto contento di conoscere finalmente l'amico speciale che gli aveva mandato quelle 46 cartoline (teneva il conteggio su un quadernetto). Un sabato all'alba, lucidata con cura la sua Ford Focus (l'aveva ricevuta in uso dalla ditta per cui lavorava) e indossato il suo più bel vestito, fece rotta gongolante su Genova, l'aveva lasciata da sconfitto e ora sarebbe tornato da vincitore. Assaporò ogni metro, chilometro del viaggio pregustando l'incontro e le feste, aveva tanto sognato quel giorno che anche una coda che trovò su un raccordo gli parve quasi piacevole. Solo al momento di fare il suo ingresso nella Superba si rese conto di un'imperdonabile leggerezza, non poteva proprio presentarsi al cospetto di Anselmo e dei suoi genitori senza un pensierino (col tempo aveva proprio dimenticato le buone maniere!), non ci aveva proprio pensato, ma cosa? Passò in rassegna una lista di possibili doni: fiori, giocattoli, dolci, vini, ma nessuno era in sintonia con l'importanza dell'evento, di un momento così irripetibile e unico. Restò più di un ora a pensare, seduto in macchina, in una corsia d'emergenza dell'autostrada e prese pure una gran bella multa. L'incontro Alle 15.30 di un sabato speciale, il suono di un campanello di un portone in Via Pelio ruppe il silenzio del meriggio e uno spiritato individuo molto azzimato salutò con inusitato entusiasmo la padrona di casa "Buon pomeriggio signora, mi scusi tanto per l'ora e se non ho preavvisato il mio arrivo, ma non avevo il vostro numero di telefono, sono Ernesto e sono venuto col cuore in mano (portandosi le mani unite, quasi a formare una conca, all'altezza del cuore) a donare ad Anselmo la mia più sincera amicizia. Non c'era nulla di più importante che potessi portare!". Teresa lo squadrò inizialmente con aria sorpresa e stupita e poi proruppe in un divertito sorriso "Ah! Ma Lei sarà certamente il famoso Ernesto, quello delle cartoline del lago, si accomodi prego Le vado a chiamare Anselmo, è chiuso nella sua cameretta con un amichetto a giocare alla playstation". Quando Anselmo fece capolino in sala, tenendo nella mano destra un telecomando, ad Ernesto parve di toccare il cielo con un dito, si stava finalmente avverando il sogno che aveva accarezzato per mesi, era proprio come se lo immaginava, forse solo un po' più alto e grande di come lo aveva pensato e gli si fece incontro quasi gridando "Ciao Anselmo! Che piacere incontrarti finalmente…sono Ernesto, il tuo grande amico". Anselmo rimase impalato e, con tono distaccato e un poco deluso, rispose "Buongiorno Signore, grazie per le cartoline, ma non la facevo così grande, pensavo avesse la mia età, comunque è stato gentile a rispondere al mio messaggio, ora debbo proprio salutarla perché sono molto impegnato con Guido" e poi, dopo avergli stretto frettolosamente la mano (così la mamma non lo avrebbe sgridato), si ritirò nella sua stanza in cui lo aspettava impaziente il compagno di giochi. Davanti agli occhi costernati di Teresa il volto sorridente di Ernesto si trasformò in una dolorosa smorfia sorpresa, e solo un ciao soffocato uscì a stento dalle sue labbra serrate per accompagnare l'uscita di scena di Anselmo. Teresa cercò in qualche modo di rimediare con "posso offrirle qualcosa da bere? Sarà certo stanco per il viaggio, Como non è proprio dietro l'angolo! Voglia scusare mio figlio, quando gioca alla playstation non capisce più niente, ma non è certo un cattivo ragazzo e le sue cartoline gli sono così tanto piaciute che le ha persino incollate sulla parete della sua cameretta". Ma l'ospite sembrava piombato in una specie di catalessi, era avvenuta un'incredibile metamorfosi tra colui che si era presentato alla porta e l'individuo stravolto e paonazzo che ora le si trovava di fronte, una situazione davvero imbarazzante. Ernesto, quasi volesse fuggire quell'incubo, balbettò a Teresa qualche saluto confuso e si diresse alla porta d'ingresso che aprì e richiuse di botto alle sue spalle. Scese le scale di corsa e cominciò a camminare, come se fosse in uno stato di "trance", lungo i marciapiedi assolati a cui si affacciavano rumorosamente i fantasmi del suo passato finché imboccò una salita quasi in apnea, come se inabissatosi volesse tornare a galla e, ad un tratto alzando gli occhi, scorse poco più sopra, sulla facciata di una chiesa, incastonato in un rosone di vetro abbagliato dal sole, un abbraccio materno. Entrò, quasi a cercare rifugio, nella penombra silenziosa e deserta di quella chiesa antica e vi si inoltrò fino in fondo, accasciandosi infine sui gradini di marmo antistanti un piccolo altare e qui liberò finalmente il suo pianto. Pianse a lungo come un bimbo smarrito dopo un lacerante abbandono e la sua sgargiante cravatta azzurra sembrava una stalattite gocciolante della grotta del suo dolore. Nell'asciugarsi gli occhi con la manica della giacca, scorse davanti a lui, illuminata da alcuni ceri, una Madonnina sorridente con in braccio un bambino e questa visione parve rasserenarlo anche se i singhiozzi continuavano a scuoterlo. Gli parve, ad un tratto, che la Madonna gli cingesse pietosa le spalle e cercasse di sorreggerlo e confortarlo. Avvertì proprio il contatto e stupito, uscendo dal doloroso torpore in cui era immerso, si accorse che era un braccio umano a cingerlo e una voce maschile a rassicurarlo. Il Don aveva da poco aperto il portone della chiesa, quando dal suo ufficio in sacrestia udì un pianto lontano e dei singhiozzi; uscito prontamente per indagare sull'origine dei suoni si imbatté nella visione di un uomo elegantemente vestito, riverso e piangente sui gradini di marmo antistanti l'altare della Madonna del Buon Consiglio. Gli si sedette accanto cingendolo con un braccio e con parole calde e rassicuranti cercò di calmarlo. Lo invitò quindi ad alzarsi e con poche semplici parole "vieni nel mio ufficio così possiamo stare tranquilli e mi racconti tutto" lo condusse con se in sacrestia. Ernesto seguì docilmente quella mano e quella voce, sentì subito che poteva fidarsi, che poteva finalmente condividere con qualcuno il suo grande macigno e aprì al Don, che pazientemente e amorevolmente lo ascoltò, il libro della sua vita. Domenica - ore 11.00- Chiesa della SS. Annunziata di Sturla - Genova Quando iniziò la funzione domenicale la chiesa era insolitamente gremita e coloro che non avevano trovato posto tra i banchi e sulle sedie erano addossati alle colonne e occupavano pigiati come sardine i corridoi, nei primi banchi davanti all'altare erano seduti i giovanissimi che frequentavano i corsi di catechismo compresi quelli che avevano già fatto la prima comunione. Dopo la lettura del Vangelo il Don fece ripetuti cenni ad un uomo di salire davanti all'altare accanto a lui e, dopo averlo abbracciato, lo presentò a tutti "Voglio farvi conoscere Ernesto, una concreta testimonianza dell'amore della nostra venerata protettrice, è stato uno dei palloncini partito dal nostro piazzale a condurlo fino all'altare della nostra Madonna del Buon Consiglio, facendogli superare ostacoli impervi e vincere sfide durissime. Dobbiamo considerarlo il nostro grandissimo eroe ed essere orgogliosi di lui, cercava un amico e ne ha trovati molti, lui sì che ha saputo dare un enorme valore alla parola amicizia!…(e il Don continuò infervorato a raccontare le vicende di Ernesto, prima e dopo il ritrovamento del messaggio del palloncino azzurro, senza però mai fare il nome di Anselmo, e poi concluse)… no, il suo non è stato un viaggio inutile, anche se devo dare una gran bella tirata d'orecchi a qualcuno che vedo seduto tra di voi, perché…(e continuò con voce ed occhi intaccati dall'emozione) …vieni, vieni qui sopra (facendo ampi gesti con la mano), vieni Luca ad abbracciare tuo padre! Lo credevi perduto e lo hai ritrovato così come noi abbiamo trovato l'amico più caro", e poi continuò senza più nascondere l'emozione "non è questo abbraccio il più bel regalo che Ernesto ci poteva donare?". Un applauso intenso, scrosciante, ininterrotto accompagnò l'abbraccio di padre e figlio ai piedi dell'altare e la fine di questa storia. ---- Dietro le quinte - Sabato pomeriggio il Don si era commosso nell'ascoltare la storia che Ernesto gli aveva narrato, tra un singhiozzo e l'altro, e aveva dato fondo alle sue energie per incoraggiarlo e alle sue capacità persuasive per convincerlo ad essere fiero di quanto era riuscito a fare. Poi, mentre un Ernesto ormai rasserenato veniva accompagnato dal sacrestano in un alloggio per riposare, il Don si era tuffato sul suo PC su cui aveva "smanettato" e navigato per gran parte della serata; infine era saltato fuori, grazie a Facebook, un Luca Errabono che aveva perduto (di vista) da piccolo il padre Ernesto, e che lo aveva fino ad allora vanamente cercato. Precisazione dell'autore: i personaggi e la vicenda della novella sono frutto della mia fantasia e non hanno alcun contatto diretto con la realtà.
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