Me ne voglio i' 'A vita s'è tutta scarrupàta a cchiù nun dico saglie e cresce a mala salute spànteco e dulore s'appresentano a tutte ll'ore. 'O tiempo cchiù me ncurva spalle vraccio e cosce meneno strille 'e pazzo, pe' stanchezza ll'uocchie stanno tra veglia e suonno; dormo a surzo o quase maje sulo ombre e male penziere me fanno cumpagnia quanno ricorde 'e ati tiempe e lacreme s'arreposano; 'o core viecchio malato e appucundruto a parlà nun ce 'a fa cchiù. Stu martirio a chi e a che serve cchiù! Morte pecché ancora te vuò ‘ntallià cu me!? L'ùrdema sigaretta me l'aggio fumata, viene nun aspettà ca sponta juorno! Viene sùbbeto jammo, fa ampressa: Morte pe' sempe famme addurmì. E vuje sentite buono: 'e cose stanno accussì! Sta tutto scritto sta tutto signato e ce sta nu sulo finale. Mo che chiàgnite a ffà o facite 'a faccia appesa! C' 'o campà e cu munno chiurimmo tutt'e cunte e nun ne parlammo cchiù. Rosicchi mi sevizi e non mi uccidi! Affranto infelice e stanco annegar vorrei nel Nulla or che esausto di battere è il cuore e proibito mi è porre fine alla vita. Oblio pietoso perché diserti e ozi oh ulcere crudeli, crampi di morte! Luce mai sconfiggi il buio tutto si scompone e svanisce e converge in un puro zero che non si dispiega in nessun luogo. Mi son giocato tutto e ho perso e nelle tasche non ho più un soldo. Assonnati dolore che vivo e tu Moira perché ritardi e disconosci il mio diritto a non soffrire e più atroce fomenti la mia demenza se sono destinato a morire? Rosicchi mi sevizi e non mi uccidi! Non ostacolare il desiderio di farmi polvere, silenziami fammi tranquillo e sereno fammi sordo a rintocchi di campane a lutto salpi e ai miei morti mi ricongiunga nel caos e nella eterna notte io ritorni! Ha ogni giorno i suoi getti di orticarie e di spine un’implacabile logorio avanza pasce la mente acute pene asciugo lacrime di esser nato sconto il castigo di esser schiavo di un borioso corpo che ostinato il vizio di essere non abiura. Subita è la vita non chiesta e niente siamo io e te o morte! Amare, bere, andare al bagno illusioni, inganni addii e poi? Più nulla! O folli acquiescenti ciechi e illusi che accettate il calvario e la croce! A mani giunte e supino io sorrida prima di scompormi in atomi decreti il tempo che nel mondo tra miliardi di viventi a caso fui e che tanto per fato amai e piansi.E ora che più non ci sei E ora che più non ci sei che ieri sei andata via senza un bacio dimmi che devo farne della mia vita? Se avrò forza verrò a deporre un fiore sulla tua tomba piangendo ti parlerò ancora mi dirai senza voce e poi? Seguirti e unirmi a te quanto prima è il solo fine che ora mi resta ma come e dove ritrovarti se nell’aldilà non ho mai creduto e non ho neanche il diritto di morire per abbreviare l’attesa di raggiungerti? Nel nulla e nel vuoto imperanti come dove e quando ritrovarti! Se da qualche parte tu dimorassi mi basterebbe pur un vago indizio: un fischio, un riverbero nel buio assoluto l’eco del fruscio della tua anima che solinga vaga nel camposanto tra croci o fuochi fatui sarebbe sufficiente per rinvenirti! Come vorrei crederci estinta amata come vorrei che tanto si avverasse: starebbe in piedi l’estrema speranza abbandonerei la certezza crudele da tanto in me insinuatasi e cresciuta che si nasce per morire e poi svanire. Ah venisse un giorno prossimo un vento generoso a portare la mia polvere li dove oggi già la tua l’ha preceduta. Va là dove batte il sole Or che lo sfascio dell'insieme è alle tue spalle e lontano amico va là dove batte il sole e gli alberi fioriscono e le odalische danzano per noi; ritmo profumi e luci ritrova varca il limite e agogna annunci di altri fragori, fai urlare il cuore e per incanto l'anima gioire se nel cerchio in cui ti muovi ancor ombre dominano e vi dimorano. Insegui amore, fischia e balla altri sogni sventaglia e componi: più può accadere e vivere! Inane non restare sul molo con lo sguardo a immaginare fole ma imbarcati prima che veliero salpi e scompaia dall'orizzonte. La vita è breve e il tempo brucia la morte incalza e brama: orario è il verso in cui girano le lancette dell'orologio e ahimè al bene e neppure al male giammai indietro si ritorna! Con tasche zeppe di speranze va persuaso che la divina indifferenza nell'odissea non ti tocchi: non sempre il mare ci nega approdi o mortale trionfi ammalio di Sirene o antropofago ciclope nell’antro ci divori: una Nausica ci sarà oltre le dune! Va dunque, prosegui il cammino da uno svolto ricominci il tuo destino e in occhi stupiti ancora ricompaia il sorriso di chi rientra nella vita. Da un rifiorire di memorie vivida fuor or sbalzi madre nell'algido meriggio che mi trova triste e solo. Fluttuante tra il tutto e il nulla si riaprono al cuore itinerari di giorni remoti e rammento quando fanciullo al tuo braccio aggrappato mi facevo sicuro tra le vie ancora sconosciute di una città troppo grande per noi venuti da un borgo che poche anime assommava. Tuona e dardeggia il cielo in questo meriggio ottobrino fine e intensa cade la pioggia e dilava in me polvere di anni anni difficili, duri, insicuri colmi di stenti e patimenti difettivi per te di avvenire e sogni. Si viveva allora alla giornata fluttuando tra flutti e maree di precario: oh come rammento quante volte per stanchezza reclinavi il capo sulla sedia dopo un pasto frugale per poi alle prime luci dell'alba già essere pronta a fronteggiare un divenire avaro di prospettive ma senza abdicare del tutto per noi a una labile speranza che mutasse un prescritto destino. Da quanto da me ti sei separata non so più dire, il conto torna solo se sosto davanti alla tua tomba e mi costringo a contare gli anni non ammetto, e ostinato respingo, che tu da tanto mi abbia lasciato solo, in balia di un mondo balordo in cui pur vivo o sopravvivo che invecchiato schivo e quasi ignoro. Che sommo bene più mi resta oltre il tuo irriducibile ricordo e le avvisaglie della morte che a piè lento si avvicina dal confine di una luce oscura che abbuia e emana terrore. Nella rappresentazione reciterò ancora con zelo fino all'ultimo la farsa di essere, remissivo interpreterò fedele la parte che non scelsi ma mi fu assegnata. Fiducioso auspico di ricongiungermi a te quanto prima e darti un bacio. Riabbracciarti attendo e sogno! Trottano o vanno al passo Trottano o vanno al passo tra bigie plaghe celesti nubi maculate e orlate con bioccoli sfrangiati già pronte a scaricare folgori tuoni e diluvi. Abbattute sete e arsure estive sbuffi pregni di brume da zolle e botri s'alzano al sorgere e calar di luci, al mugolare di ridesti venti sopiti stormiscono canne barbute chiome pallide e ramate; poggioli e finestre si rinchiudono al venir di inumiditi giorni; di fiamme e dardi stanco riposa l'intiepidito sole. Transumanze. Remigar di stormi vagar di fucili ad armacollo lesti a impallinare suidi e alati. Da ramo al suolo, nei viali nei boschi e nei giardini, cadono fronde rogge e brune; mosti munge il torchio brulicano su vinacce moscerini; grembiuli e zaini si affoltano e si adunano dopo estivi riposi spauracchi su campi arati vegliano. Autunno, come puntuale ritorni! Più senile oggi ti incontro e la tua evolvente percorro fra arrivi di caligini e scrosci i tuoi coristi mesto ascolto! Primavera dell'inverno anche tu hai i tuoi frutti: castagne noci bacche e funghi; anche tu hai i tuoi fiori: crisantemi eriche dalie e zinne. Oh avvento di declini di luce mistica litania di funeree elegie epidemia di paniche malinconie accumuli di verdiccio per il pattume agonico proscenio di ingiallimenti! E tra queste foglie accartocciate che solinghe pendono dai rami c'è quella della mia vita brulla che ancor non si stacca e attende l'estrema e peggiore delle stagioni! Ammainate le fruste vele Ammainate le fruste vele raccolto sartie e stralli attraccato a una gomena è il veliero della vita che acqua imbarca da ogni lato; di aggiustamenti alla chiglia o alla carena ne abbiamo fatto tanti or increduli pur siamo qui in uno specchio d'acqua morta a chiederci se poi infine sia valsa la pena tenerlo a galla. Eh si! il fasciame è troppo marcio e l'affondare è solo un attardarsi che a mala voglia si rinnova. Nella volubilità dell'accadere senza croce né fede sciabordammo tra flutti di presente passato futuro fossimo a babordo o a tribordo poco o niente mai limpido si mostrò al limite dell'orizzonte fatuo a noi marinari attoniti testimoni di gommoni e affondi e mai invidiosi di regate traversate e navi da crociera che ostenti su azzurre pagine disegnavano strie di illusioni. Si annerirà del tutto il cielo infurierà una burrasca prima o poi: esausti e vinti, relitti inerti tra le fauci del gorgo spariremo. Più che mai oggi sappiamo che quanto conoscemmo o farneticammo -tinto di ottimismo o pessimismo- fu appena una goccia d'acqua e l'oceano ciò che ignorammo, che nell'oscurità dell'abisso ineluttabile affonda e si silenzia senza senso ogni vita vagheggiata. Si, anche dalla stiva buia sentivamo o l'avevamo intuito che pur se non si mostrava a pochi passi la morte volteggiasse che balordi sarebbero finiti i colloqui gli screzi e le schermaglie con le ombre! Allenti del tutto la presa la tua mano o vita generosa che mi trattieni tra viventi e presenti! Or scivoli io come acqua che passi tra le tue dita e poi evapori e non lasci tracce. Non vedi che al suo versante fatale e silenziosa mi tira la morte appostata e pronta a ghermirci sin dal primo vagito? Su molla tutta la tua presa precipiti di botto e tonfi e non scruti il baratro dal precipizio dell'agonia: si oscuri la mente lume e alla tenebra ceda il cuore che ancora vuol resistere come chi assalito dal sonno estenuo si opponga al dormire! Soggiornammo a volte nel paese dei sogni e delle illusioni ma la residenza era esclusa e non contemplata dallo statuto a meno di non essere divini! Ogni onda stanca del suo moto sulla battigia per sorte si spegne seguita da altre onde sgravate dai borbogli del mare. Si fosse prolungata Si fosse prolungata fino ad ieri la giovinezza più fischierebbe il cuore quando l'attimo edace con te trascorro e convivo più leggero sarebbe il passo greve con cui ti seguo quando spedita come gazzella mi distanzi. Oh come accorrente e soccorrevole dalla fossa cupa mi trai e mi rimetti ali! Lo specchio che mi mostra rughe non mente e spietato dice ad ogni levarsi del sole che troppo tempo è passato da che arrossivo se lo sguardo di una donna su me indugiava. Senza smentire il vero o il diario meno della sequoia e più dei fiori invecchiamo dice il responso sul poco o molto che duriamo! Il tempo ce lo portiamo addosso e nulla può scrollarlo dalle nostre spalle eppure altra consistenza e smalto tu mi dai nel gaio presente che incantatrice fai sorgere e fomenti. Era prevedibile e auspicato l'esito da quando ti ho incontrato nel viale del tramonto e non ho più perso le tue tracce: si! va messo all'ordine del giorno un'altra briciola di vivibile ci aspetta! Siffatto oggi mi zufola nelle orecchie già quasi sorde al canto della vita che va via. Sulla stinta panchina Sulla stinta panchina ove soli da tanto sostiamo in attesa di morire lo sognammo a lungo e dolcemente una compagna loquace che venisse a sedersi vicino e ci prendesse la mano nel saluto. Amara e dura è la solitudine oh sopraggiunta Simonetta! Sai, la beffarda appostata veglia non si lascia sviare e intrigante ci fa domande sul nostro futuro! Mi alzeranno in volo le tue parole se fervide si posano sul petto sereno concluderò il mio viaggio tra i fiori prossimi di una primavera che viene a cancellare i postumi di un uggioso inverno piovoso denso di assenze e fitto di nebbie. Fatti più vicina, su accostati avvinciti gioiosa alla mia vita riscaldami e ricuci i miei strappi. Da rovine e macerie affettive portami nel lussuoso centro della tua anima imbellettata ancor fluiscano acque argentate nel greto arso del mio destino e fruttifichino su rive abbandonate dovizie prelibate; fammi compagnia e rinasca su labbra senili un sorriso: da un cobalto cielo ruba una stella che pulsi per noi due! Attraversami feconda onda solare disperdi la torma di ombre rapaci che mi volteggiano intorno: batta il cuore sotto il tuo tepore si specchi poi nei tuoi occhi verdi nell'altitudine di una speme risorta! Luce che riverberi e mi guidi Luce che riverberi e mi guidi nel buio chiaro che incombe dimmi se oltre l'oggi più s'oscura e tremendo un acuto terrore sorge come sopporterò la greve sorte? Non ho tue notizie da giorni il cuore sbandato trema e presagi congettura mia tenerezza di sempre. Che ti è accaduto, dove sei che forza ostile alla vita ti assenta e di presenze mi priva? Preludio al peggio forse parla a vanvera la speranza? Valanghe di malinconia smottano da pendii di ore aumenta il freddo serale dell'invitto inverno si insedia il vuoto dell'universo sento della solitudine la mannaia che impietosa mi decapita vorace, intero una tristezza mi divora pene mi crivellano a mitraglia! Per riprendere fiato e coraggio per attimi bivacco con ricordi lieti mi riparo da funesti pensieri ritorno a quando baldanzosa d'amor leggera mi venivi incontro e al braccio forte ti attaccavi come edera ad un muro intiepidito. A quel tempo fuggito trionfava la tua buona salute, saltellavi tra cieli stellati e sorridevi: oh la fiaba che rapito raccolto ascolto quando il dolore sbadiglia e tregue dona! Non ti arrendere, or sbalza fuori: come una colomba apri le ali, svetta riprendi quel volo perché non sei sola perché ti amo e solo non posso restare! Ritorneranno le rondini tra le gronde all'ombra madidi correremo per ripararci dai dardi del sole ci riaddormenteremo e sveglieremo insieme sullo stesso cuscino. Oh restituiscimi la tua voce ch'io più oda di te e mi consoli: è la tua resistenza che tutto tiene in vita e ci solleva: a me appartieni non al buio! Passerà la piena avversa che vuole portarti via alla corrente non lasciarti andare caleranno le acque in turbinio mai straripi un fiotto e ci sommerga! Geremiade Reduce sconfitto e mezzo storpio dalle frontiere fumose della vita alla mia solitudine natia son ritornato: quanto tempo è passato, quanto fino ad oggi è accaduto! Non tutto è stato obliato nutrito e svariato è l'elenco delle cose non dimenticate tanti i momenti, le ricorrenze e i fatti nel pensiero ripetuti. Oh la lista di chi è partito senza averlo annunciato gli anniversari di pene mai confessate le tappe ad ostacolo degli anni dileguati! Alla mia prigione mi son riconsegnato inseguito da ignoranza e infantili paure tenute, barando, tante volte a bada. La litania di giorni che mi morde come eloquente ne è genuina portavoce! Dovrò gonfiarmi di calma e rassegnazione chiudere i conti con speranze e illusioni restare immobile o strisciare come lumaca per le poche energie sopravvissute. Per quanto è avvenuto o non si è avverato non si può far più nulla: auspichiamo che almeno si salvi qualche lapillo prima che raggiunga il suo punto di cenere o più maceria lo seppellisca e nasconda. Il buon senso, pervasivo e onesto, dice che mai si può ritornare daccapo la vita è così: il passato è passato il futuro è da un pezzo in frantumi e neanche più mi sporgo a guardare a occhi aperti l'abisso che conosco. Se non si può volare e fuggire bisogna subire le ombre che arrivano. Vulnerabile effimero corpo materia che tendi a scomporti inceppato l'ingranaggio ossidato del cuore motore, cadute le palpebre, senza anima, avvinto alle tue ossa finirai immobile e tumulato tra le dune silenti del nulla! Vivrò controvoglia ancora un poco ma non resti io desto fino alla morte che ha carta bianca e fa come vuole. Torrecanne Più marezza e parlotta al pre imbrunire il mare oltre, prima dell'occaso, al largo un naviglio vago strie nivee lentamente traccia brezza aulisce e mite spira addolcia la canicola. Dalla minifoce prossima del rio tra un alone di chiarore tenuo una cannaiola fra flabelli emerge e spicca un volo, sul bagnasciuga tace il calpestio del branco umano spostatosi nel populeio viale dell'estivo borgo marino; affrancato e spopolato si assonna e riposa il lido. Nell'indaco che affioca dal basso sorridente emersa candida si imbelletta la luna argentata per la sua passeggiata serale. Fiamma e fuoco che sfavilli Fiamma e fuoco che sfavilli quando ogni luce mente ascolta la dolcissima canzone che per prenderti il cuore intono: essa è discreta, è leggera come murmure d’acqua che schiumi. E' nelle pieghe del suo velo cristallino che borboglia il mio amore e soave in noi si insinua nel brivido di un sogno. Vivida parvenza come sfarfalli e in me celestiale alberghi quando in solitudini mi impiglio o altro cruccio si avvicina o tristezza tombale mi silenzia! Salvifica, giungi in tempo se in allarme va la mia vita, salvaguardami da sciagure! Il buio il vuoto e il niente non mi sottomettano a turno quando la mente dolente vacilla sul margine franoso di un pallente prossimo futuro. Da che presi colpi e pizzicate dagli inganni della gioventù e retrocessi nella sopravvivenza ne è passato di tempo. Ammetto, oggi-che tu ci sei- che già sia un miracolo accaduto se ad essi sono sopravvissuto! Oh vampa che abbagli e non ti spegni e mi affianchi nei giorni senza sole sei l'accappatoio in cui mi avvolgo quando tremulo dalla fredde acque della morte intirizzito emergo! Esulta! Al mio canto, batti le mani fino a che -addio!- la vita non ci dica: regga ancora al tempo la nostra sorte che sul pendio rotola verso la fossa. Ogni fiume segue il suo cammino. Lo spolveriamo e lucidiamo tutti i giorni quest'amore clandestino messo all'angolo e in ombra dalla cattiva salute delle nostre vite separate; sul giornaliero notiziario c'è sempre lo stesso titolo: alluso, senza lasciarlo a vedere pur ci auguriamo di sorprenderci per qualche nuovo trafiletto che possa per incanto strabiliarci ma ahimè tanto non accade e così con la randagia mente indietro e avanti andiamo rassegnati per trovarci sempre allo stesso punto reclusi. E intanto il mondo ruota il tempo incrina e fugge e noi confinati in quattro mura affacciati su uno spazio vuoto che solo aloni di morte emana. Tanto non ce lo aspettavamo di certo e or quasi cencio è questo destino che sfarzoso volevamo veder sfilare sulla passerella della vita, vita bugiarda che dirupa nelle tenebre e di spalle appena si lascia guardare negandoci i suoi rari sorrisi. Quanto fa ricordo sai, qual risacca fa quando camminavamo con doppio orgoglio, mano nella mano per vie soleggiate e altrui occhi increduli denunciavano stupore per vedere a spasso tanto amore: luce su luce su noi cadeva gioia nel tuo e nel mio cuore brillava! Che nesso dimmi c'è tra ora e allora che subdola legge impera, quale cieco fato ci piega? Può solleticarci e farci lieti ancora qualcosa e l'animo gonfiare di speranze veritiere, divertirci di sole e mare, ristorarci nell'alcova di un sogno vago? Che ci terrà fuori dal gorgo di funesti pensieri che atri ci fioccano intorno? Tutto è provvisorio: eccetto la morte che ci fiuta da mattina a sera! Ma non piangiamo afflosciati e vinti! Vano non è stato tanto amarci andiamo avanti, affrontiamo la sorte appoggiati a una esile speranza attendiamo con una menzogna confortevole ancora il sole che ignorando ogni diverso volere al risveglio pur albeggia e prosegue con noi nel suo cammino. Da secoli più non mi cammini accanto Da secoli più non mi cammini accanto ma pur dal tempo tanto sommersa dal fondo a strascico ti ripesco e un frangente di memorie borboglia se corre la fantasia in volo per le aiuole del tuo ricordo fiorito. In un decaduto regno mi riavventuro tra meandri e sentieri ameni come chi non ignori un percorso e sicuro punti a una meta ove ambiti si celano muliebri segreti inviolati. Pudica e candida silfide tra sogni svolazzi in veli avvolta occhi carezzevoli li trafiggono cercando un squarcio improvviso che riveli intatte forme evocate! Fulgida vampa, brama antica che ridesti i miei sensi spenti come ancor mi ardi e mi bruci! Ah quanta impertinenza e vigore per formicolii di antica giovinezza che ritornano vispi e audaci: circoli d'ansia increspano di dolcezze il lago del cuore emozioni a sciami lo sorvolano. Oggi come ieri che più non so se siamo morti o vivi sfaldati pensiero che ti avvinghi a richiami di altri tempi via immagini di amaro e miele non lasciatemi cadere in tranelli: tutto è già accaduto e passato e nulla si riprodurrà mai più! Su rendimi quiete e dimenticanza turbine di memorie! Poi che incenerito disperso sarò nel ginepraio di ombre e pur ancor mie notizie cercherai non chiedere il numero civico e il nome della strada del mio nuovo domicilio: nell'oltretomba non vi è toponomastica, stradario mappa o riferimento GPS che fornisca indicazioni: nel non essente, irrintracciabili sono i figli del caso e della pena nessuno può essere rinvenuto nelle foibe del vuoto ove oscurata è la vivida luce del sole. L'illuso credulo, pur mortale, brama nel suo apparire salvifiche chimeriche dimore ma nel regno del non essere ove anche l'incorporeo è di troppo e ha il suo culmine e epilogo la vita si è irreperibili e anonimi. Vero è, che rivendicando immortalità, drammaturghi e poeti ci siamo inventati inferi o mitici aldilà salvifici che perpetuino il vizio di essere assunto dalla mente terrorizzata ma atea la mia ombra diffida né la sua vanesia mortale lusinga e mai potrebbe mettere in gravidanza sterili e infruttuose speranze. Se tutto svampa affioca e si spegne nella ricerca di un come e perché della nostra peritura ventura si può procedere solo alla cieca; nel non ricordo più localizzabili fatale, oltre l'oblio ci scaraventa! Come potrei più dire dove mi trovo: sappi che nel silenzio massimo assoluto niente e mai si rinviene. -Dove sei, dove sei?- Informarti come potrei! Privato io dell'uso della parola: ti risponderanno forse le stelle o i cipressi dell'universo agitati dall'alito cosmico o da un immanente respiro che ahimè già oggi più non odo. Perduta e rinvenita amica Perduta e rinvenita amica a cui dea fortuna bendata ancora non arride, ascolta come una volta la mia voce. Accolti quanti ricordi di giorni condivisi s'affoltano quanto si addipanano e tessono trame immaginarie di avvenire nella comune disfatta di ieri! Più non si aduggi per te l'oggi un dolce affanno ti ritrovi un'affezione ancor vivida ti affochi! Ancor respira aria nuova e da una finestra spalancata scaccia quella stagna non si appressi altra malinconia non si intorbidi oltre il futuro sempre fumido se si assonna o sorte nera speranza folgora! Orsù renditi altera e fiera amazzone avventurati nel domani battaglia e realizza la tua vita tra brividìo di diamantate volte pur scorgerai l'astro che per te corrusca e arde. A diluvi e scrosci di gioia io assista nei tuoi occhi verdini da così tanto tempo illanguiditi: troppe illusioni ti falciò il tempo! Salvati dalle catene del vuoto pennella la vita con i tuoi colori sbreccia il muro delle tenebre varcalo e corri tra coriandoli di luce intatti si adempiano i tuoi sogni. Or non vedi che meno divampa l'Africo intorno a vesuviane pendici in questo albicare intorno? Altro verdire porterà il tempo a quanto oggi rannerisce! Tardiva ospite del mio cuore Tardiva ospite del mio cuore che prudente a distanza ti tieni quanto seduci le mie illusioni! Su in tepori avvolgimi prima che mi raggiunga il gelo della tomba, domani ancora regni una dinastia di regi sogni vieni e anima il mio spazio muto riparami dal dolore di essere solo! Sii approdo e isola lussureggiante se il flutto me naufrago reclama abbrevia un tragitto incerto se verso te mi incammino al bivio titubante poi dimmi certo dove andare traimi fuori dalla fila di chi nulla attende! Donami scorte di respiro quando l'aria manca e intorno tutto agonizza, se nel buio pesto brancolo facella fammi luce brezza agitami ancora prima che ogni speranza imbrunita cada sul viale deserto della vita. Destami se incubi sogno al risveglio non gridi di terrore accendi il mio sguardo deluso da ripetuti inganni e che dal tutto si allontana. Renditi primo giorno di un nuovo anno salvacondotto e passe-partout se non varco confini e porte blindate non scricchiolino le mie ali se in volo spinto a te mi porto; vieni, traimi dalla nebbia folta e distendimi in terso limpido possiedimi nella speranza che nel giorno ti cerca fatti ragione e mantice della mia fucina, pilastro del bene che mi regge: più trionfi il meglio e bruci il peggio! Da un balcone aperto si allarghi la mia vista per scorgere dove condurti quando mestizia si asserraglia in noi per somma di tristezze; ritrovami se mi smarrisco o una valanga mi travolge se claudicante mi trascino dammi il braccio e fatti appoggio afferrami se scivolo o nel vuoto inciampo; flauto la tua voce mi incanti fazzoletto asciuga le mie lacrime sii rintocco che ridesta e suadente mi attraversi rosa madida di rugiada che nella corte odorosa al sole si dischiude e abbella zampillo di gioia che disseta folgore di passione che non brucia; taglia e arretra le mie tenebre e vivifichino le mie iridi offuscate: infuria tempesta di dolcezze dammi soprassalti di emozioni! Ti applaudirà il cuore quando tra fiori giungerai sul sagrato delle vite cadute!Su corvine pigne di alicante Su corvine pigne di alicante e piedigrosso ambrato picchia un anticipato solleone, da ceppa a ceppa corrono forsennate cariche di bottino orde di formiche sonnecchia placido e non bruisce il mare nella bonaccia muta lontano traccia un naviglio pigro una lattea scia. Addenta e morsicchia l'afa moscai su mortizze spente or s'infoltiscono or diradano inaridiscono caldine aduste su pendici remoti brillano chiazze di fumo e fuoco punge e stringe l'arsura in quest'incendio di sole. Da troppo la calura stagna e inclemente si avventa su già moribondi campi morie di lumache e orti. E' tempo di siccità globale si diffonde alla tv e urge la pioggia per una terra tanto assetata. Urge che cambi turno il tempo! Passerà. Tutto passa! A meno di statistiche e annali non ricorderemo più nulla forse domani o ancor dopo di questi giorni infernali che pure cuori in ombra bruciano. Se l'idrovora non svuota la sentina Un sole tiepido da fori di nubi emerge lieve uno spirar le scardina silente oltre piccole bave e rughe remote scie solcano l'azzurro glauco dal fronte di frangiflutti semi sommersi gabbiani reali atterrano o decollano. In un meriggio al termine immoto sulla riva il cuore elabora lungo un orizzonte torbido che non ha segni chiari aspetta il pescatore che a una lenza un pesce abbocchi prima o poi. S'abbruna a poco a poco l'aria il cielo a mesto poi muta colore una moltitudine di pensieri salpa disegna spirali e cerchi concentrici a istanti di tristezza si cerca scampo mentre crolla su memorie il ricordo. Dov'è lo svincolo che evita una strada che non ha uscite e rimette in viaggio l'anima confusa la forza che sospinge l'uomo avvilito fuori del recinto chiuso dove stanno croci di eventi seppelliti? Domani ancora più ingorghi di disaggio più strapiombi deserti e inciampi altri fili si sfilacceranno dalla trama solchi più profondi scaverà l'aratro tempo che col coltro taglia e col versoio rovescia lungo il versante della vita che scoscende. Affonderemo quanto prima se l'idrovora non svuota la sentina che per stillicidio di tristezze si riempie! Tu, di certo, più non ricordi Tu, di certo, più non ricordi -e chissà da quando!- i lontani giorni d'allegria festeggiati gironzolando per le vie il nostro appartarci nel buio gli angoli fuori mano ove ebbre si ritrovavano labbra infuocate e voraci per donarsi baci di passione! Felici per un giorno o un frangente schermati e corazzati poco ci colpiva non punti da tristezze acute ignoravamo che la morte fosse la meta a cui giunge la vita per un tempo che tende al limite del destino. Che siamo e chi siamo oggi separati e indifferenti l'uno all'altro abbattuti da solitudini e malinconie confusi in una moltitudine umana arricchita o impoverita di illusioni? Quanto silente muta oscilla o si rafferma tra riverberi e abbui di stagioni! Oggi sappiamo che dolore e rinuncia sono preludio e preannuncio allo spalancarsi del vuoto e del nulla che non lasciano spiragli di luce quando a tutto spiano inesorabile invecchia e involgarisce il cuore! Baracconi zeppi di passato a rimorchio per urti ripetuti e buche malcelate ci sfasceremo quando di colpo si spezzerà il filo che resiste e ci trae in mille pezzi poi si disperderà l'esile vita breve e mortale e nessun prodigio mai lo scongiura. Oh si! Sparisti senza lasciare un'orma! Sento che il freddo sta per giungere e il tutto essente si ritira ma conforto oggi mi fa il ricordo in cui ti incarni nel lieve tepore di un dì primaverile. Non mi raccapezzo Somaro, il tutto e il nulla assiduo studio e non mi raccapezzo la coscienza del limite è palese. Pur io studio il tempo che fiume tra anse e pozzi passa e rode la vita che declina e muta la pavone bellezza che sfiorisce i moti pendolari del cuore le eclissi di ideali e amori le pozzanghere di malinconia che mi schizzano addosso pene l'orrore della morte invitta. Oh la ragione che tutto vaglia e indarno sempre indaga ciò che è privo di senso! Io studio i rami della solitudine che si infittiscono di angosce il futuro che più non mi impegna lo spasimo dei colori che scolorano la lucentezza brilla che si fa opaca lo spessore della polvere che cresce i feti e gli aborti di illusioni. Studio e so più meno di prima: ogni sunto o ripasso è vano e l'ignoranza intatta mi ossessiona. Incessante tutto si sconsacra! Quanti cespi secchi e petali caduti invasioni di pattume, realtà algide sterpaglie di intendimenti! Che intesi, che intendo vivendo? Dove sono i passaggi segreti per evadere dalla mia cella buia? Bere mangiare dormire amare e infine il dolce della morte! Giaccio tra due poli ambigui: abissi enormi e fiaccole illusorie! Cosa vuoi che sappia del dopo Cosa vuoi che sappia del dopo se sono impegnato con l'oggi e vano da tempo tento di riacciuffare remote piume di imprendibili ieri! Che posso dirti che valga e duri più dell'attimo impercettibile che nel possibile raccolgo prima che non mi sia vietato e silente rovini in ciò che è stato. Un tic-tac uniforme si replica ma l'attimo non si trasmette non trasla né precede né segue l'evanescente non si imprigiona solo nell'attimo che non afferri la corda emette note, poi è silenzio; silenzio prima, silenzio dopo e così è anche la vita che vivi. Nulla prima, forse essere, nulla dopo: nella sequela dell'accadere non si intrattiene il pensiero in atto che sorprende si accomiata e annichila. Ai mortali, solo d'idiozia della non durata è data il prima e il dopo restano punti di una traiettoria chiusa che si percorre in un verso solo. Siamo studiosi di cose svanite e presuntuosi estensori di futuro e intanto infingarda la terra gira e cammina tra masse stellari: necessità e fato imparentati appena si accorgono di noi nel pulviscolo di un'onda umana, in loro balia sospinti dal caso oscilliamo tra l'essere e l'esser nulla. Messa in opera, messa in cantiere sempre al varo nel mare della vita l'essente in respiro poi salpa per l'assenza si aprono falle, gotti invisibili si svuotano sentine, poi più niente al confine della coscienza incoscienza nei gorghi del vuoto affondiamo per sempre.. Ecco l'attimo illusorio e breve Ecco l'attimo illusorio e breve che sospende il prima e il dopo l'erba secca o lucente e umida che lancia il suo gemito muto al passaggio del cieco vento le nuvole che fuggono sotto il sole la vita che ci intontisce col suo mistero la lugubre eruttazione del cannibale vuoto. Siamo e non siamo nell'onda delle cose fatui nell'estendersi o contrarsi di un destino incomprensibile nel fluire di ombre sotto dardi di luce umani vaganti animati da chimere che accompagnano da mane a sera. Non ti voglio più bene vita su, lasciami andare via! Non senti come si alza il ritmo dello scricchiolio come il tempo ammala il cuore e ogni smalto stempra effimero? Più non zampillare illusione polvere già, in oblio io anneghi! Ieri amore, oggi morte! A sbafo e ingordo di tanto mi cibo! Verde e rosa, nero e grigio questi i colori dei miei arcobaleni quando si riflette o si rifrange l'astro dorato dopo un temporale infuriato nell'arco di cielo sotto cui vana e fragile scorre la mia vita! Ignoranza avvinghiami! Non sappia di un mostruoso irreparabile svanire! Ero sulla soglia dell'età verde Ero sulla soglia dell'età verde quando una sera ti vidi passare e seguii la tua ombra fino ad un portone serbando per giorni nella mente un viso viso vagheggiato e tinteggiato da un albore che spunta solo quando il cuore sogna e al mattino ricorda intatto il suo dire. Fu un inseguire furtivo e segreto che tallonava una femminea figura un affacciarmi continuo nella serra ove cresceva prospero il tuo germoglio. Trascorse del tempo, non so quanto prima che ti rivolgessi la parola e una vampa rosea abbagliasse i nostri occhi. Eri leggiadra, le tue unghie avevano il colore della rosa scarlatta, dardi scoccavi e infiacchivi il mio coraggio che a te mi avvicinava con passi intimoriti. Si accorciava poi la dolce lontananza petali spuntavano dal grembo del sogno il tuo respiro accelerato e ansante come il mio rompeva il silenzio e dava fiato a parole mai udite. Oh rosa come profumavi di soave e di speranza! Ancella in divenire quali mondi spalancavi come mi soggiogava la tua onda di tenerezza in una avventurosa incertezza e illusione mi cullava quante girandole multicolore esplodevano intorno: era stagione di fiori e tu l'aura grazia dell'amore! Cessati i preludi e tutti lontani alitammo felici tra divini riflessi di luce e vagammo tra le stelle nei pelaghi del cielo. Perché precipitoso poi vanì il nostro sogno tra i gorghi della sorte! Dove sei ora, sarai viva, sarai sepolta ? Te cercando va cuore immiserito di porta in porta te rincorro nelle tenebre infinite colomba bianca! Se cielo fiume mare monte o orizzonte affisso nella triste ora te va cantando il cuore illanguidito memore amore di mia prima giovinezza! Al farsi del mattino nel parco Al farsi del mattino nel parco per refolo sparuto e stento pur plana da ramaglie dorate qualche fronda nei viali; cani, in libera uscita, ma al morso del guinzaglio marcano domini altrui o inquietano piccioni isolati; vecchi su panche mezze sgangherate spolverano memorie tristi o liete di parlanti giorni passati. Il sole sale, la terra scalda corre il baio del tempo fra pensieri non detti e non uditi poi bruca tra istanti muti. E ancora l'ortica si mostra nell'aiuola di ghiaia che al solleone brucerà all'afa. Ecco ancor lì la gazza audace spintasi fino al cassonetto a cercare qualcosa da beccare e precedere altri famelici. Altrove e chissà dove tante cose stanno accadendo qualcuna tiene, altre schiantano effonde il vano, gemono illusioni. Ognuno per la sua strada accerchia invisibile la morte la vita che fa testamento del suo vuoto. Beati i galli e le oche già alle prese con i fosfori smart tablet e cellullari che tanto scomunicano e ignorano. A sentire la voce dei giornali ai più manca l'essenziale e strano ancora fanno scalpore i disonesti pizzicati in fragranza di reato: non passa più di un giorno che o di qua o di là nelle sue forme varie la pazzia non esploda. Dolora e abbatte il presente non la vecchiaia ma la giovinezza che non mi appartiene e all'oscuro per tanti deve edificare un avvenire. Occuperò anch'io una panca vuota? Indugio, si..no, decido: aspetterò che il primo che passi mi lanci un saluto e un sorriso. Senza più lacci e gravami Senza più lacci e gravami presto andremo via ai fumi al vuoto e al pieno al dolore e al grigio malinconico che ci assorbono allo spasmo di solitudine che l'anima torce le spalle volteremo e cerea trionferà la morte. Caduta ogni angoscia in nessun luogo sarò più pure al silenzio assoluto sarò sordo e il cuore affrancato del suo battito troverà quiete e riposo. Separiamoci senza rimpianti e stupori mondo senza fine e scopo: addio, ti lascio buio e luce! Vano tutto declina e perisce sai amore e fiore che profumi sole tiepido che mi desti! Su, vai oltre famelico vuoto qui non puoi più ingozzare nulla! Nessun giorno non tramonta comune e uguale è il destino così è e fatale deve essere dopo spari o inesplosi di sogni e di illusioni. Continuerà senza nessi e dèi a comparire e scomparire la vita febbre che in altri si replica e a futuri commiati già rinvia! Incapace di traversamenti alati marcirò come vecchio relitto sulla stigia spiaggia e se mai ritrovato un giorno non si saprà neppure chi fui! Se un verboso estro m'avviva Se un verboso estro m'avviva e ilare il cuore a te si volge non farmi silente incavo qual conchiglia arsa e inerte che dopo sciabordii il maroso sulla battima atterra e infossa dolce prediletta amica! Angelo dalle tenebre sbucato nell'anima e nel pensiero a me stesso non mi abbandonare nel mondo che ci frulla tra bolle fatue intrise di sogni e di illusioni ma tra baluginii e riverberi acqua bagnami, sole scaldami brezza accarezzami, respiro dona e tienimi vivente! Non apparenza di vacue essenze ma sostanza reale, tangibile, densa di trasalimenti e di sospiri saldi le nostre disgiunte vite all'accadere del serale incontro quando un tardo frullo ci innalza e trapunto di astri si fa il cielo. Parole corali raggiungano meta ambita prima che vaniscano o in gorghi di silenzi affondino nel farsi di un procelloso evento. Munifica, la penna nella tua mano racconti la favola che bramo udire che mi rasserena e mi rischiara; più affresca e abbella la tua figura! Fosfora nella nebbia la riconosca guardando in punta di piedi oltre il suo alto spesso muro pur quando il baluginio repente avrà ritirato la sua luce e l'etereo bagliore farà nero. Abbracciami e sovrastami strabilino occhi su te affissi dammi confidenza se, intimorito e mesto, in angolo buio m'apparto e cuore non sazio più ti guarda. Donna fatti fiore e profuma e io farfalla su te mi posi! Quann` hê campate pe` tant`anne Quann` hê campate pe` tant`anne e accumpare `o primmo capillo janco senza ca `o chiammo vene pure `o mumento ca t`addumande: "Ma ched` è sta vita?" Senza ca ce pienze rispunne sicuro: "E` pe` chesto e pe` chell ` `o ccampà!" Ma si te miette a ragiunà nun te cunvince e, quaso a te fà nu rispietto, 'mpruvviso `a stessa dumanda s`appresenta n`ata vota e da saputiello...addiviente 'ngnurante! Cu na santa pacienza, te miette a cercà n`ata risposta, speranno `e truvà chella bona e fernì stu juoco ca t`accumencia a scuccià! Ognuno `e nuje, a modo suoje tene na filosofia pe` se spiegà `a presenza soje 'ncopp` ` a sta terra e, cu sta certezza, affronta sicuro e cu fede `o destino ca l`aspetta! Ched`è sta vita?....... Vulesse risponnero cunvinto sicuro `e nun sbaglià sicuro `e sapè che sto facenno mmiezz` `a tanta ggente, sicuro `e sapè ched`è sta vita mia! Sequestrami vento e portami via Si è alzato chissà dove un vento stasera, sbuffa e fa udire inquieto la sua voce: spasimano le poche foglie su rami dondolano ombre e luci su viali carte turbinano in erme strade; passa, passò prima, passera dopo così come pensiero per la mente. Che è vento questo risuonar interior lieve lento o acuto di nostalgie e memorie? Oh tu orchestral strumento che il mio silenzio fendi e vele ideali enfi sei di ponente o di scirocco? Come orienterai la mezzana sulla cui tela è ricamato in un cuore in nome del mio amore? Su sirti gibbose o al largo mi spingeranno i tuoi soffi mi risparmierà la tempesta che attacca il regno dei ricordi? Oh dimmi, come fai tu inconsistente ad avere tanta forza e optare per tante direzioni? Sussurro leno o urlante sibilo che accarezzi o scompigli animator di chiome veli e vessilli al tuo ritmo batte il mio petto se dimentica il passo delle parche che mute incedono funeste per condurmi all'abisso. Sequestrami o vento che passi prendimi nel tuo viaggio più non sbadigli al mio destino se ancor a solitudini cedo o nei loro gorghi affondo: una folata mi strappi all'istante in cui languori e un corpo senza vita sento! Teatrante faceto e serioso Teatrante faceto e serioso su sveglia! Poltrone andiamo il palcoscenico del giorno è già pronto e allestito da ore il ruolo e la parte la conosciamo oltre la platea e il coro, sulla pedana comparse reciteremo il tiritera tra luci e ombre, fischi e battimani. Sei stanco del palco? Ma dài! Non puoi ritirarti o eclissarti se non si chiude il sipario e violare le regole del contratto che stipulasti col Regista all'iniziò della messinscena! Nella trama della commedia apparire, è la tua missione illuderti di essere, il tuo alimento domandare e non sapere, la tua pena amare utopie e amori, il tuo sogno! Respira le tue sceniche polveri tra la vigile gente di teatro e variegate illuminazioni filtrate e ricorda che sulla locandina pure in fondo e minuscolo a volte figura inaspettato il tuo nome. Dàì! La tournée è quasi alla fine. Comica assurda tragica o grottesca non puoi rifiutare la tua parte. E se dimentichi battute? Tranquillizzati:c'è sempre un suggeritore! Ncielo s'è spase nu lenzuolo niro Ncielo s'è spase nu lenzuolo niro chiòve primma nu poco po' assaje 'a stanza s'è fatta scura 'e gelata. I' vi sento penziere mieie ca nun parlate, diciteme: addò iate? Ah sta pucundria ca vene a ncuità ca saglie stregne e affoca! Miette vela e iammo luntano core scappammo primma ca cchiù s'accoste e st'anema ca tutto sente struje. Addà passa st'ombra, addà passà s'addà sbruglia stu velo niro! Vattènne, vattènne aria d'autunno nun te sta cu me abbracciata! Non è ancora il momento di partire Non è ancora il momento di partire devi ancora aspettare mi ripete una voce se tardo non è per colpa mia e così per digerire l'attesa mi vedo costretto a chiacchierare con i miei pensieri. I più prolissi certo sono loro io mi limito a poche domande: da dove vengo, dove andrò cosa ho fatto della mia vita e così via dicendo. Tra una pausa e l'altra a volte mi addormento o se non ci riesco alla fine finisce che miro una volta stellata corro a un mare remoto penso ad una donna o mi assonno su un libro. Bisogna pur far qualcosa mentre la vita si svuota del tutto e dissacrata stinge i suoi colori così vari. La noia e il vuoto come altre cianfrusaglie incursori del mal di vivere poi sono sempre in agguato pronte a sopraffarci a metterci un braccio attorno al collo e soffocarci: i malandrini incorporei nell'ombra appostati non aspettano altro! Senza compagne nostalgie figlie di passato e futuro vivo nella chiarezza frontale del mio destino vago tra sussulti di silenzi acuti; per essere obliterato un biglietto di sola andata valido, stretto custodisco nel palmo asciutto della mano. "Alluvione" Seguendo presagio meteo rovinosa imperversa l'ira autunnale dei Nembi sulle ubertose Langhe. Ininterrotta, ostinata, copiosa e fitta pioggia dall'alto inclemente ciel riversa su invasi rilievi terre e case! Torme di rivoli brulicanti sguizzati da monti e pendii, insinuosi, giù inondanti per crinali vanno. Come liquido che rigurgiti da colma coppa su tovaglia tersa , alterandone artificial disegno, così il padre Po col tributario Tanaro e la numerosa acquea famiglia dirompendo, dilagano sgualcendo la paudania piana. Violento e furioso il contatto con le cose: cede l'argine, rovina la muraglia; affonda il campo; s'accascia l'albero divelto, ferito a morte il ponte; annega l'arida pietraia terrapieni si disgregano! Vaganti, carcasse fluttuano, masserie, fabbriche impantanate stanno! L'omicida marea melmosa scompaginando corre itinerari di morte traccia avanzando! Reo del suo insaziabile potere di dominio sulle cose, l'uomo riflette imprecando: sulle guglie del dolore disperazione muta sventola! Che m'è succiesso! Che m'è succiesso da quanno mettennemo na mazza 'e scopa sott' 'e cosce, comme si fosse stato nu cavallo, cu na scimitarra fatt' 'e cartone rinfurzato curreva a fà guerra cu 'e nemico ca steva p'arrivà; da quanno m'abbuscaje na preta 'ncapo, doppo na secutiata? Che m'è succiesso da quanno appuntunato a l'angulo 'e nu vico apettava tremmanno ca passasse na figliola e 'o core dicesse: -Mò ca passa lle facce 'o surdeglino, m'accoste e lle dico : Vuje, mme facito suspirà!-? Che m'è succiesso 'a quanno na femmena me mannaje a dì ca me vuleva e i', gamme chïate, appuiato restai nfacce 'a nu muro c' 'o core ca sbatteva e tremmava p' 'a nuvità? Che m'è succiesso 'a quanno addiventato n'ommo, sturduto d' 'a speranza ca runzea, mpapucchiato da mille sbarìe 'o tic-tac 'e nu rilorgio accuminciaje a cuntà juorne, anne e malincunie? Che m'è succiesso? M'è succiesso ca me so' fatto viecchio! St'uocchie senza chianto e stu core tutto curaggio hanno capito 'a verità! Mò 'o saccio! E chi se ne mporta si me restano 'a sfuglià sulo poco pagine primm 'e nserrà 'o libbro d' 'o destino c' 'a vita, passanno comm'o viento arapette tàntu tiempo fà. Nero oltre il nero Luna piena luna nuova luna calante vestite di bianco velo fila Cloto misura Lachesi recide Atropo destini decreta la Possente Moira! Qui ancora io, in loro balia a sopportare un trascinamento che non amo a ricoprire illusioni interrate madido di malinconie. Si consumerà completamente il tizzone che arse e fece fiamma e sarà cenere muto ancora i deserti saranno deserti i fiumi correranno al mare foglie vive si avvicenderanno e foglie morte. A che affanni guerre vanità invidie contumelie e amore se al nulla tutto soccombe prima o poi miseramente. Povera illusa umana vita che in quelli che verranno trasmigrazioni e aureole cerchi fughe alla tua sorte! Creare per distruggere: quale perpetua stupidità divina per l'universo viaggia e regna e compie misfatti atroci! Nasce perendo ogni cosa per fato; drogati di vita, prede di passioni per istinto dimentichiamo la morte seguendo il sole e le sue ombre. Di me non hai ancora un volto Di me non hai ancora un volto ma solo una voce e un po' di tepore umano che un filo diffonde eppure ad ogni riascoltarci leggiadra ritorna un'antica gioia e possiamo respirare tra le stelle riamare i giorni, pur distanti melate primizie interiori assaporare tra polposi pensieri. Più ne voglio, né posso perderne neppure un poco troppo prezioso è per la vita che senza voltarsi sta andando via; ancora, oggi e domani, per te e per me voglio sognare distendermi al sole, andare per mare e cercare perle; abbandonato sentieri deserti di presenze vive a te compagno ancora intonare canti di emozioni. Avventizia non sia quest'epoca di ali: in volo due sorrisi esplodano nello spazio di dolcezze che sorvolano e altre luminanze sull'orizzonte allontanino le tenebre di ieri. Su, librati intendi questi spiriti aerei che parlano di albe future di preannunci di crociere di frescure di altri mattini di presenze di palpiti e tremori di sciami di trasalimenti! Acerbo e odioso un passato sia solo un ricordo seppellito nel camposanto del dolore. Schiudi le tue labbra, vieni dilatati a questa nuova era che tra la nostra meraviglia incede e odora di fiori. Se acrobata cammino oscillando sul filo teso tra principio e fine tienimi in equilibrio sicuro bilanciandomi con l'asta del tuo cuore e parlami perché io non veda gli aguzzi speroni che emergono dai precipizi della vita: un amore di essere e sentire ci risposi e un motivo nuziale ci commuova se ancor tempo scorre nella clessidra. Tiritera settembrina Ci sbarazzeremo per incanto di quest'afa malandrina che ancora ci toglie il respiro ritorneranno brume fumanti più fiato e forza avrà il vento dalle vigne ad una ad una si staccheranno foglie roggie docenti ambulanti precari nella "buona scuola" forse avranno cattedre e banchi ancora ci saranno scioperi per rivendicazioni salariali. E' già nell'aria, lo sento: al cuore che batte più piano nubi migrabonde infoltite autunno annunzieranno meste. Oh la pioggia, la pioggia che tanto aspettammo arsi dalla calura agostana la frescura serale dimenticata! Altre escare di speranza spunteranno sui rami secchi della vita che si accorcia per noi pendolari tra stagioni. Che scorgeremo tra le nebbie oltre riconoscibili malinconie qualche fungo, dei licheni e poi? Oh elegie, elegie in fuga che l'animo compone e scompone al piovigginare di fronde brune tra viali solitari di ippocastani! Lento ma inesorabile il tempo fugge l'animo cattivo di questo mostro senza testa né coda ci divora o ci spezza con la sua mole di eventi poi più si accresce l'effluvio denso dell'indicibile convinzione che tutto muore e mai più risorge. Lontana se ne sta la morte catastrofe o apoteosi in prospettiva quasi a temere di essere bene accolta. E intanto andiamo Tremoleranno qui a poco le fronde ancor più veloce dietro ai monti scivolerà il sole e sarà buio prima brume e piogge piomberanno su terre arse cedui boschi e case altre fratture avrà la salute che come cero si consuma. E intanto andiamo, forsennati o svogliati corriamo ma dove andiamo: dove! Forse verso il grande sonno che di nero si colora o di eterno s'indora nella povere che si alzerà col vento o inanimati nel nulla a fiottare? Nella probabilità di vivere o morire -varia e volubile- ci sballotta l'alta marea delle stagioni or su punte di scogli or al largo di pensieri dolci o atroci. Chissà quando, ma ancor più lesi crolleranno muri maestri di speranze e di illusioni dardi di angoscia centreranno il cuore senza scudi di fede; rapido, in sordina, rassegnata seguirà la vita la scia del destino. Camminammo verso l'amore un'estate portando un anello e una fresca rosa lo rammento nella folgore del ricordo risento i tentacoli delle meduse l'ammalio delle sirene adescatrici prima che si giungesse a un attracco! Altro tempo correva: più giovane, lieto e meno pigro era il cuore, schivo ero alle strade del silenzio che oggi mesto nell'assenza percorro. Si, altro tempo! Fu appena ieri e domani non so se più sarò vivo. Ah come monta la squassata mente pensieri che fanno ragne di schiuma e poi nell'oblio si incanalano. Vedi quelle nubi grigie sulle cimase che, come messi cupi concitati, in anticipo autunno annunciano in quest'ultimo scorcio d'estate? Sorte donami beata ignoranza nutrimi di salutare indifferenza paralizza i miei inquieti pensieri se a strascico l'abisso scandaglio! Forte su flavi campi picchia il sole Forte su flavi campi picchia il sole raro è qualche albero ombroso nelle gole rapaci diurni roteano rocce corruscano su declivi feraci. Giorni ferventi forieri d'afa per frescure in moratoria e lontane invieranno tutti ai monti o al mare si vuoteranno piazze e strade più morderà l'arsura tra i greti. Ciclico e uguale tutto si snoda nelle sue forme e nei suoi modi ripetibile scorre il nastro del tempo con le sue stagioni e nulla nel suo fluire lo muta. Chi va altrove in cerca di ristoro non fiuta il destino, miope poco vede: i bessi sognano bronzature invidiabili che diano nuova tonica all'eburneo corpo, i frugoli, sull'arenile intasato, (non contaminati da dolori e delusioni) armeggiano con i loro attrezzi friabili mure di cinta e torri erigono; si raccolgono pinoli, si vola su bici si bivacca tra boschi e si respira. Verrà poi la brevità del giorno consueta e in leggerezza la malinconia dell'autunno il freddo e l'uggia dell'inverno e si aspetterà di nuovo di partecipare a un'altra estate. L'egro ermo pensare del vecchio solo che non a garganella ma a gocce di vita si disseta sa e non ignora che non solo a scaglione ma pure a caso immite la morte viene. Sul contingente attuale e stagionale ci imbarchiamo e sbarchiamo acciuffando pezzi di vita che passano con un cuore sempre più disabitato. Se le parole sapessero dire Se le parole sapessero dire di una esistenza interiore se non effimere si opponessero al soffio che pagliuzze le porta via o rafferme figurassero illustrate la istanze pregnanti di chi le emise saprei riproporle, sceglierle in una gradazione di toni e di colori. Poi che dopo estrema attesa scalpitanti fremono e in ressa sfuggono a chi vorrebbe trattenerle segrete per non vederle morire e ad altri non dicono del cuore del suo cantare a squarciagola al venire di un emozione d'amore come ancora liberarle e trasalire? Oh l'indifferenza dell'uditore che sordo inanimate le accoglie oh insufficienza dell'abbondanza! Che potere può avere la parola se non svela retroscena o non attraversa la cruna di un cuore! Se non avessimo fiato o intrappolata tacesse la voce storie dolci idiote o mozzafiato non farebbero il giro del mondo: parlerebbero allora più veri gli occhi l'incapsulato farebbe più strada una lacrima sgrondata proverebbe una tenerezza un formicolio di sospiri racconterebbe la trama di un libro di batticuori. Ah quanto abbiamo riferito al mare ad una tomba o alla luna quando soli nessuno ci ascoltava e una solitudine ci strozzava! Tu non venisti né mai ritornerai. Amore che con cuore e respiro rimi nel corteggiarti la vita consumai slancio tenero del sogno la mia forza indomita eri poi le tue promesse disciolte nel nulla e il mio andar solo! Dimmi, in che sbagliai se vano dappertutto ti cercai? Un errore, un altro e poi ancora oh me asino insistente che dietro nuvole farneticando con te lunghi discorsi allacciava per reggere con ragione una vita pesante di angosce e di tristezze! Paradiso, purgatorio o inferno pur tu a bada tenevi pensieri neri quando una speranza si allentava. Premio mai ricevuto, fiore impallidito o mai spuntato dalla pietra lava raffreddata, bugia ripetuta sbatter d'ali impallinato! Oh signore che cuori padroneggi quanto ben poco mi sorridesti; raggio di luce non fendesti la muraglia di nebbie e a voce alta non potei gridare:- Sta arrivando mi acceca e per me splende amore!- La vita abbastanza non dura per attenderti negli anni tutte le macchie una volta fiorite or son distese desertiche e anche tu albero della vita non hai più radici né fioriture! Zitte cornacchie cianciose la morte è qui vicina, zitte io vivo appena e non per sempre.. Vita amore e morte Amore e morte, ermetici misteri sovrani della vita, enigmi irrisolti! Quanto vi ho studiato e approfondito nel flusso di desideri e illusioni nel viavai di nascite e di lutti! Mille chiavi di lettura ho provato per nei vostri recessi addentrarmi ma nessuna serratura è mai scattata e sempre fuori della porta son restato. Più inconoscibili ancor vi indago da reiterate inquietudini sobillato ma come riconoscervi per quel che siete se mai alla luce interi vi mostrate e interrogazioni da millenni eludete! Nell'avvicendarsi eterno voi fluite portatori di gioia e di dolore senza rivelarci mai scopo e fine. Da orizzonti estremi apparite or annuncio e sviluppo or bufera e eclissi adducete. Oltre la siepe il Recanatese nell'immago forse vi diede dimora molti con voi sul postremo limite allacciano discorsi incompiuti col vostro essere incompreso. Catastrofi di reale o di non essente nello spazio del divenire fluenti qual estro poetico vi ignorò allietato o contristato dai moti del cuore; tra monti o al mare o sotto luna, chi non vi parlò, che animula regale non vi affissò? Tutto è nascita o morte ogni vita o amore ha le sue ceneri e non vi è, sul fatto, ritrattazione o disaccordo nell'universo! Ah l'opera ininterrotta delle Moire oh alba al primo gemito o occaso muto! -Provvisorio è ogni durare- così non dice e significa l'oracolo. Dicono previsioni attendibili Dicono, previsioni attendibili, che l'atra nube della notte della vita già s'appressa e vagola sulla fossa buia e cangiamenti e albe più non si agognano. La tea rosata ingiallirà nel libro le chimere partoriranno ancora chimere la malinconia spumerà nel cuore all'alzarsi di maree di tristezze più bocca sdentata rilascerà sorrisi. Cosi lo schermo dovrà essere pezzato prima che varchi la soglia dello spettro? Tutto trascolora e non ci meraviglieremo se conforme poi concorda col previsto. Senza rinvenire tracce che adducano a sbocchi di domani fatto ignavo da eco di parole vane senza meta su l'orientato rettilineo non andrò né avanti né indietro e le ombre- ah le tetre ombre!- che ermetiche si insinuano ovunque con giuoco di fughe e di ritorni! Un altro modo di vivere mi sarei forse inventato se ne avessi avuto voglia e occasione e oggi che non si annunciano proroghe se un movente pur avessi non alzerei un dito per propiziarlo. A che esigere oltre quel che voglio? Oh essere e durare privo di futuro che mi irriti e a dispetto ti imponi che senso hai se pur devo andare dove giunge la fronda pendula? Crepuscolo, notte, buio.. e poi? Da scaturigini del nulla assodato non stento ma chiaro e risuonante odo dirmi da una voce: -Tu non ignoravi che la vita fugge e nell'oblio cadono le sue fandonie dunque, non vile, a imbarcarti per l'altra ripa preparati e prescritto un fatto si compia!- Or che lo sfascio dell'insieme Or che lo sfascio dell'insieme è alle tue spalle e lontano amico va là dove batte il sole e gli alberi fioriscono e le odalische danzano per noi; ritmo profumi e luci ritrova varca il limite e agogna annunci di altri fragori, fai urlare il cuore e per incanto l'anima gioire se nel cerchio in cui ti muovi ancor ombre dominano e vi dimorano. Insegui amore, fischia e balla altri sogni sventaglia e componi: più può accadere e vivere! Inane non restare sul molo con lo sguardo a immaginare fole ma imbarcati prima che veliero salpi e scompaia dall'orizzonte. La vita è breve e il tempo brucia la morte incalza e muta brama: orario è il verso in cui girano le lancette dell'orologio e ahimè al bene e neppure al male giammai indietro si ritorna! Con tasche zeppe di speranze va persuaso che la divina indifferenza nell'odissea non ti tocchi: non sempre il mare ci nega approdi o mortale trionfi ammalio di Sirene o antropofago ciclope al varco ci divori: una Nausica ci sarà oltre le dune! Va dunque, prosegui il cammino da uno svolto ricominci il tuo destino e in occhi stupiti ancora ricompaia il sorriso di chi rientra nella vita. Quando al di qua o al di là Quando al di qua o al di là di quel che diciamo vita la mente volge e tra ambagi il tutto sventra e discolora e crudeli corrono i dettagli di ricordi non più legati al me estraneo che fui ieri afono scoppia un urlo in gola polvere fine di tristezze poi da tomboli di solitudine s'alza e un turbinio segue mentre occhi e bocca sigillo. Da incalzo di riesumare irritato assente al domani ignoto presente in un presente fatuo pur qualche pensiero abuso su lapidi di memorie e giorni mentre per strapiombi vado e greve dilegua e muore l'attimo inutile vissuto. Quanto tonfa e come s'abbuia l'anima a visite di altri tempi: nessun prodigio passato si ripete nulla raggia da quel che avvenne scampo non c'è ad ambascia di morte che a tempo si accompagna e concluso destino ammanta! Ricompormi ridarmi forma e volto nella mora dell'ombra è poi il compito atroce per rientrare in un'esistenza che ancor a nulla riadduce. Ah quando per viali solitari andando non incontri abbagli e adeschi di speranze e un'angoscia come maglio cala e ti schiaccia cuore! Nullificata l'agnizione venuta meno per anemia l'illusione a che vale recluso opporsi al fato? Ahimè merlo che chioccoli tra cingolo di alberi frondosi mai più, come te, tornerò a cantare! Và, curro, jesce! Jesce ogge e dimane, và fòre và miezzo 'a via e cammina: che ce faje dint'a l'ombra 'e sta prigione scura ca te si fatto su misura? 'O campà sta là e t'aspetta: guarda 'e stelle 'a luna e 'o mare piglia sole e calore chiù ca può fatto na corsa e nun te fermà fino a che nun te manca 'o sciato! Chi t'o ddice have ragione! Và mmiez’a l'ato, tuzzele struscele e parlace di' chello ca maje dice astrigno na mano, dà nu vaso accattàte nu gelato: campa ovèro! Lascia stà 'e suonno ca te faje e 'a fantasia dille puro accussì: -Si, amica mia, tu me faje cumpagnìa ma sulo cu te nun se po' campà!- Mo' vene primavera và 'a truvà nu sciòre e siento comme addòre! Puro 'a vita toje e' comm'a nu sciòre nun 'a fà seccà e murì dint'a nu carcere comme faje tu! Nun saje c'acqua 'e sciùmmo passa subbeto e po' scumpare pe' nun turnà maje cchiù? Spaiamenti Pallido luminoso emerge a tratti un sole da nubi a metà cielo scorre nella mente mia il tuo volto lontano amore si compie poi il giorno in una densità d'assenza e malinconie aggrumate. Oh sciagura nell'attimo che non ci sei e cedo: gravosa prova di dolore pianto di anima privata cumulo di sospiri trattenuti avariarsi di baci appassiti! Vedi: spaiate, infelici allodole nel plumbeo grigio vagano. Tace il vento in questo torbido lago di fumi: nulla lenisce l'amaro di te disgiunta. Oh assente! Dal tangibile non spunti o ti ricevo né eco odo vano nell'invisibile poi occhi adduco per ritrovarti... Se da uno squarcio di tetro denso Se da uno squarcio di tetro denso di improvviso luminosa una cometa attraversa il cielo del tuo cuore adocchiane la scia filante pregna di fluvido fulgore docile e men greve altro ti appaia il tuo e il mio domani. Verso il nuovo giorno sgombro di nubi balza per l'aria tersa svolazza qual colomba innamorata attirata dal tenero tubare adescatore della mia voce. Oh fior d'amor vermiglio nato da sverno di radici che humus di cuore abbella repleto di linfa, saldo ostenta il tuo novello stelo tangente e carezzevole ti sia il respiro dei miei drudi sospiri carichi di rinate brame! Se esposta a disarmonie o a guasta di tempi ancor poi cangiassi ad altro volto scompagna d'amor non divenire prima dell'estremo silenzio che sconfitta farà la nostra vita. Là, nel rifugio che trovammo giochiamo a cantar la vita e pieghiamo la sorte dura per restare non vinti vivi convinti, che al tavolo di Eros, se non si bara, le sole carte che contino e diano punti solo seme di cuore possono avere! In copia conforme.. Chiuso è ognuno nella sua prigione e il mondo lo ignora, in poca aria dietro le sbarre invidia l'uccello che vola libero ad ali distese rari sono i palafreni senza briglie o che non hanno finimenti e pastoie: si vive in convenzioni, la farsa ha burattini e burattinai notte e giorno fanno da sfondo; i reprobi in asfissia all'angolo gli onesti maleodoranti esclusi! Chi si avventura oltre la maschera chi si tuffa in altre letture? La doppiezza non può essere sconsacrata l'ambiguità è difesa con le unghie: rimuoverla attenterebbe il convenuto vigili si sta in guardia i reporter devono stare alla larga ombre metterebbero a fuoco risalterebbe il lucore di Lucifero! Oggi l'oro è paglia a buon mercato sui deschi abbonda brodaglia la realtà occultata o stravolta spenti i radar che la rivelino franti e incrinati gli oculari! Bisogna accontentarsi di ciò che ad occhi nudi si vede il contraffatto come autentico accettare. I registi e gli attori omologati in club hanno il proprio albo e festival chiacchiericci privati o mediali a scadenze varie. Ridiscenderà mai un messia a rivelare la nuda identità del tutto sarà mai scoperchiato il pentolone per vedere cosa c'è nella brodaglia? Resurrezioni all'orizzonte? Niente! Si spezza e cade fuori del vaso la rosa avvizzita, un vento dal davanzale la spazza e la disperde inutili e inservibili raggrumano parole un silenzio tombale il cuore incalza. Labbra Labbra dai miei occhi appuntate perché cosi siete di baci disabitate? Vermiglie pieghe socchiuse parlatemi una schiuma vi bagni, un tremore per vicinanza sorriso vi dia fatevi fuoco, madide e lucenti carnose schiudetevi come fiore e eccitate pronunciate il mio nome lacerate i silenzi che portate in voi fine siate di un desiderio di baciare ardente tangibile e bramoso! Ad un avvicinamento un compenso offrite, non siate infedeli in una guerra di paure: non vi è minaccia ma desiderio di fusione in una sfera colma di mistero nel tempo e nello spazio sospesa; non isolatemi nella mia identità non appassite come ultime foglie sul ramo. Non so nulla di voi non conosco le ricompense che rilasciate a chi vi raggiunge quando ostili non siete e ad altre labbra vi attaccate! E' in fondo al cuore che risiede lo slancio che vi reclama: slancio non passeggero e fugace ma persistenza di sentimento ragione ed esultanza piena che concepibile vuole farsi in un coronamento di essere. Oh splendete, luccicate, addolcite desiderate di appartenere a chi vi attende, mutate i vostri orli vellutati, senza rossetto non impallidite ma rosseggiate e progredite di amore per raggiungermi e farmi immortale: vivente io sia vissuto su voi in una vita che muore e scompare. Senza contatto non vi è fonte vitale ma lesioni di solitudini e malinconie reiterazione di voglia di morire trasloco nel nulla e nel vano! Labbra non mi sfiorate appena ma soffocatemi di vita! Sospinto da soffi leni Sospinto da soffi leni sciame di nubi informe come sovraccarica giunca su fiume, lento si attarda tra piane di cielo scurito distante e immobile un orizzonte plumbeo sembra ad attenderlo quasi. Tra lagune violacee e turchine, or vivi, or stinti or patinati pozze mobili cangiano colore tra esili aureole che muoiono. C’è un silenzio per l’aria che raggela il cuore; tace ogni cosa nell’ora che passando s'abbruna. Sonorità di mistero io odo dal fondo variopinto del groviglio di lanugini che terra adombrano. Languido un fermento ignoto scrosciando, interior risuona, filtrato, tutto l’anima l’assorbe. Aprichi giorni di primavere lontane, a voi penso e credo, fate che ancora vivo vi incontri! Che riveda questa roverella, di foglie sguarnita, rinverdita ad altra tappa del mio destino! Arciere, da faretra di luce, incocca un dardo e scaglialo veemente al centro del cuore: senta io un crepitar di fuoco una fiamma mi avvampi prima che in cono di silenzio, spento carbone, io discenda! Non spegnerti desiderio sospira per la mia vita che non abbrutisca in amaro e noia per mancamento e misero a malinconia ceda o nella vanità del tutto si consumi.. Ina che ritorni oltre cortina Ina, la mia mente è oggi confusa pensieri in stormi vi sfrecciano atterrano e si ingabbiano e tutta, tu sola la possiedi! Dimmi, chi sei tu Ina dal volto radioso e dagli occhi suadenti che luce mi trapassano: indelibato non nato amore invito a novella ascesa o ineffabile necessitata amica? Ahimè, ho saputo, a breve per città natia partirai e di certo forse mai più ancora ci ritroveremo si spezzerà una corda della mia vecchia cetra e una bolla esplosa invisibile resterà nell'aria dietro di noi divisi. Ma prima di allora, ascolta: non è piacevole né dolce che il tutto creduto sia stato un'impostura atroce una crudele beffa del caso ai danni di due cuori illusi la fiaba mai edita durata pochi giri di sole. Tu hai conosciuto l'indirizzo del mio sogno la strada e il numero la porta da cui accedere e il suo approccio intimidito, l'hai stretto tra le tue braccia e ne hai ascoltato la voce! Codesto ci è vivo e presente ma mai un tempo reale nello svanire un sogno fu così tanto veloce. Ina, conquistati un domani una felicità a Pleven ritrova alla vita che fu ritorna Varbinka riusa il tuo nome molta percorsa strada più non ritroverai ma cammina va oltre, compagno il mio sogno di là della cortina adduci, non smemorarlo per lontananza nell'assenza non infrangerlo! Quando appunterà lo sguardo familiari volte stellate o borboglii ascolterai da una rivo o all'unisono vibrerai con stormir di solitarie selve spiane il ritmo e il respiro e ti tornerà in mente quello del mio cuore fatto mutilo solo e remoto. Ancora una cittadinanza tra le ore e i giorni che vivrai in te là io trovi; al mutar di una futura sorte un tempo duro, addolcito sia da una memoria enumerando tutte le volte che di getto ti ho baciato e mi hai sorriso. Ina, il futuro che immaginavi non è definitivamente chiuso: mai rinunciare alla speranza! Ricomincia! Tutto è possibile e pur nell'impossibile la vita meraviglia risorge e rifiorisce. Sotto la pioggia Diluvia! Obliqua e selvaggia scroscia la pioggia da un cielo che tuona. Dal cimitero, un uomo, incupito stanco ritorna. E’ il corpo del vecchio che viene, consumato e curvato dagli anni come travatura di legno tarlato. Un giorno, fu tronco monolitico, avrebbe resistito ad ogni colpo di vento le sue mani robuste torto un ferro tenace. Richiama l’impatto della goccia che gronda sul viso emaciato l’aspro e vicino ricordo delle lacrime ingoiate quando, morta la sua donna, col cuore vuoto solo rimase. Perdere il proprio vigore, restare nelle notti d’inverno nel letto senza compagna, sentire ad ogni passo le flaccide gambe piegarsi e le malferme mani tremare nel disperato gesto di aggrapparsi a un corrimano è tutto quanto gli resta or che dal dolore e dagli anni, sfigurato e scomposto, lieto svanirebbe ad occhi chiusi nel gorgo. Inutile a se stesso e agli altri, macero frutto avvizzito pronto a staccarsi dal ramo, nell’anima in pena ove par nulla accade e la vita ha disertato assiduo spala tristezze e seppellisce ricordi. E’ lunga l’attesa di chi vorrebbe sotto una pietra dormire! Fermo in un guazzo sotto la pioggia, l’uomo, appena si accorge di chi con cuore pietoso premuroso s’affretta ad offrirgli un asciutto riparo. Dolce sogno Dolce sogno, meraviglioso sogno effusione di sorrisi raggiati che adorni e illumini chi incontri se dai precordi del cuore sorgi non infuturati, dileguati, fuggi via: senile anima appestata sono io da funeste malinconie. Gustare non posso le tue dolcezze non posso risvegliarmi alla vita! Spodestato e negato da Amore io non ho vita, non ho speranza non risorto, vivo sepolto giaccio tra reliquie di trapassati sogni! Non transitare per la mia via, non attardarti oltre in questo regno di ombre: ogni festa di amore è finita e strapieno è il parcheggio dei silenzi incanto soave, vai pure come scia rosata in un'aria di vetro, attraversa albe, aloni di luna rossa e sideree vedute e separati dal mio destino chiuso. Se indossi i colori della fanciullezza e riappari alla finestra di chi sorride sicuro vai tra le sue braccia poi candido con un battito d’ali sollevalo e congiungilo al cielo: la concretezza delle stelle lo nasconda all’estremo abisso. Oh le tue incandescenze di amorevolezza che pur commuovono questo cuore pravo che irriconoscente per sentire ciò che sente ti estranea e ti elude! Nutrimento raro che dai colori a chi non è mai sazio di illusioni e iridi fiammeggi, occupa il mondo! Altri hanno ansia del tuo arrivo: poi che svetti e voli nel reame azzurro trapassa cortine di nubi, riaffacciati e purissimo ancora come spirito feconda! Brumaio Ascende e fitta avvolge l'aquea fumea vie alberi e case il pluvio giorno è stato breve e io no so cosa ho provato o inteso inseguendo le ore che isolato ho vissuto mentre il tempo le sfornava. Oziosio nuvolo bigio mese umido oh tu brumaio pregno di odor di crisantemi come il cuore incrini e mesto il tutto rendi, come di inquieti inquilini pensieri la mente affolli e le tapparelle chiudi ad una vita interiore! Vedi: piove; piove piove tristemente piove. Straripa inonda e infanga la fiumana, al feroce smotto titano che diroccia frana la casa, molle crolla il ponte; lago si fa il seminterrato e la piazza alla falla dell'argine abusato del naviglio intasato. Vedi: scroscia sui lidi sui binari, sulle lande, sui borri, sui marmi sui colli, sulla capitale su croci vecchie e nuove. Piove, piove sullo Stivale ovunque, insistente, a dirotto più e ancora inclemente al fluire dei giorni! Placatevi e assopitevi, se irati, dèi della pioggia dei fulmini e dei tuoni! Andate via fiotti bruni pregni di fanghiglia, nebbie e nubi cinerine sfollate da spazzi biavi: all'alba lasciateci intascare un po' di luce e di sole! Non è più tempo di celebrare morti e rovine! Solleticaci illusione, facci vivere ancora e riattacca al nostro cuore la speranza che si stacca prima che domani ingenerosa prenda commiato e si allontani. Infiorare avrei voluto i nostri giorni Infiorare avrei voluto i nostri giorni e il tuo capo infrondare con altri allori, il denutrito cuore saziare con bacche di gelso e more ma solo arse foglie e lazzi frutti di rinsecchito legno oggi appena so darti in dono! Viene il momento in cui tutto agonizza e ogni cosa, esangue e vacua, si scompone, da roghi morenti che più non si avvivano crepitii più non ascolti e nell’anima ammalata, che non sa più stare in piedi, solo silenzio di ceneri odi e rimane. Altro invaso fuor di me non ha questo mio male che fiotta con ardita foga e che se tracima o esonda nell’infinito vuoto sfocia. Ma nella fedeltà che non muta, dall’ ammutolito mio fagotto, per uno stretto forame un filo di speranze, fluendo a te conduce. E’ da questa mia prigionia che aspetto un gesto tuo, che pane d’amore mastico adagio e capriola qualche speranza; è qui che qualche foglia ancora riparo trova dal vento; è in quest’ombra che un sasso algido fonde fissato dal sole. Pur se scialbo e ambiguo appare il sorriso del domani e specchio d’acqua il volto sereno non rifrange, ignora lo stesso il mugolio che da quest’oggi in fuga tu odi; sfollato da un tuo bacio il lagno rauco del mio gemito, inudibile, si allontani e si dissolva. Fisionomie e inventive Nell'etra vagabondi biocchi di nubi transitano lo sguardo sperso li figge più pensieri germinano or titani or nani sbandati seguono e rincorrono poi fisionomie di monti e laghi. Altri mondi tra confini cangianti, altre conche e frange tra ragne tangibili o intangibili progenie del tutto nulla. Quel reame di forme vaghe che or si addensa or si squarcia indago: si rifà il nocciolo duro dell'essere mutevole e vario che cuore e mente intasa. Esiste forse e vige in quell'increspo grigio-nero, il vuoto, il tempo, la morte; vi è inizio e fine, stasi e moto; vige l'intralcio al bene all'amore e alla giustizia? Vi è testimone che affermi che dell'uno e del molteplice sia fugace epifania? Temporanea e mortale si disfa ogni sostanza altro atlante di morgane e parvenze fatue disegna la mente che svaria ma ancor si perde difronte all'arcano e cede. Spazzerà il vento quelle masse nubiformi e destino chiameremo il disgregarsi di aeree consistenze. La chiarità del mistero dell'essere sorgivo non trapela l'inafferrabile luce rivelatrice che fende la foschia non è sulla terra né in cielo: mai varcheremo il limite e l'ignoto! A noi quaggiù bipedi spennati suonati e ottusi da ignoranze non è consentito e così che allor per altre visioni l'immaginazione prende ali e con uno scarto fa ripicche all'assentimento della ragione sbizzarrendosi inedita in suadenti pazze inventive! Pure a voi che non intendete Pure a voi che non intendete e non udite giungono parole quando nel folto dei pensieri vi ritrovo o vi riperdo similmente ad un sole che tra veli aerei s'affacci o si nasconda. Dall'assenza vi rapisco e vi riporto alla luce ristringo una mano che non dona bacio un volto che non sorride sosto davanti a una rosa appassita che langue in un giardino chiuso. Da voi che foste amore e passione un giorno fatal al cuor venne la morte! Come, come poté accadere? Eppur ancor se dimentico oltrecielo vi faccio vivente luce fiammeggiate e mi accecate eco di altri accordi risuonate borbottii di acque termali riaprono memorie amene da una tormenta nevosa vi salvo portandovi nel caldo di un'alcova. Qual nulla pietroso resta il tutto che volevamo afferrare e altro tristemente non contiene! Non indugiate e pur in ritardo stracciate la silloge che con amor vi destinai trita buttatela in una fogna: a voi folle e torbida di gelo intrisa niente poteva dare! Non rispondete se vi chiamo se non mi amate e non vi amo più non vaneggiamo ricordi abbuiati voi e io distanti e murati! Al fluir del tempo tutto si discioglie in vuoto atroce, all'ispessimento della lama che ci trafigge più aumenta il grido di dolore muto che inutile dura e si ripete nel turbine che destini stravolge. Sol ancor vi chiedo appena: non mi perseguitate pure nel sogno! I balestrucci. Da tempo hanno abbandonato i piccoli dei balestrucci i nidi sotto i cornicioni e chissà dove saranno ora vuota sarebbe l'eterea volta oggi se non fosse per la frotta di nubi ceree in marcia dall'orizzonte cupo e rombante. Come mutano assenze e presenze! Nulla si sa dei balestrucci quando al mattino o a l' imbrunire in alto volteggiar più non li vedi così come pur nulla si sa dei voli dell'anima invisibile. Planeranno a breve foglie nei viali lascerà di certo la vita il corpo che pur intende come si strugge al martellio dell'orologio. Ci veste e ci sveste l'aurea speme funamboli tentiamo l'equilibrio passando pié veloci sul filo esile teso tra passato e futuro (ah le Moire!); poi che tutto si disvela l'intrigo della tortuosa trama dal tempo ordita caduco e vano tutto prilla nel vuoto ma lì nessun balestruccio mai sfreccia ne trasvoli d'anima lasciano scie. S'io odo e vedo il vero S'io odo e vedo il vero e raro incontro allegria non posso poi tacere e contuso l'animo cadere non sentire. Il corpo più s'inarca è un ansito se salgo ruzzolo se cado a più nulla aderisce il pensiero che divaga. Svanito è l'ieri come il passante frettoloso all'angolo scomparso, certezze più perdono gli occhi all'alba roventi scottano inganni; immobilizzato, murato nel domani futuro anneriscono speranze e non picchiano illusioni in un angolo, sciagurato si apparta il cuore da tristezze assopito, fosse buie riempie con lento languire fatuo e vulnerabile tutto ben presto è colpito. Aspetteremo, secchi come foglie vizze, le folate della bufera, sotto il domo amico forse più mai vedremo passeri o gazze frullare lo sfavillio dell'onda alta che si abbatte sulla riva; siamo oggi il moccolo fumoso del cero dopo la fiamma. Chi mi vende cosi' impoverito un giorno di gioie e di follie! Mi darò ragione dolente o volente dell'avvicinarsi a sorpresa o improvviso della sorella morte: oltre non mi stanchi l'attesa e ancor aspro fermenti. Non ho alzato il gomito non ho febbre di malinconie né assunto oppiacei: ci siamo solo infilati e persi nel dedalo del non essere per obliare una vita che non ci bacia e più niente dice. A più riprese si rintuzzano A più riprese si rintuzzano i due monelli scalmanati come diavolo e acquasanta si spingono, si insultano si rincorrono; le ramificazioni appuntite dell'ego si affrontano -Questo è mio, dammelo! tu ne hai già uno!- si graffiano e nei loro intenti persistono schivato un morso, spunta uno sputo. Ma questo è troppo! Bisogna sedare e porre fine alla disputa, disapprovare essere imparziali e non schierarsi a favore dell'uno o dell'altro. L'egoismo è antico quando il mondo e l'obiettivo sempre uguale: sopraffare, acciuffare, depredare afferrare oltre il necessario massimizzare carpire escludere affermare! E' nelle vene, è nel dna, è nel gene! Le dispute infantili con altre forme poi si protraggono per tutta la vita tra individui gruppi o etnie sono come esami di ammissione all'esercizio del dominio pieno, da non superarli segue: l'appartenenza quasi definitiva alla schiera dei vinti e sottomessi! Delle bestie abbiamo molto dell'umano, con qualche smentita, ben poco e così sempre di più peggiora il mondo esplode l'ottusità per una significativa comprensione di un'equa condivisione e ribolle la febbre di avere; nella savana forse cambierà pure l'istinto un giorno. Gli amerindi possedevano un continente gli uomini bianchi cattolici civilizzati se ne sono quasi del tutto candidamente sbarazzati per derubarli! Si vocifera che un sano egoismo sia un toccasana, si elogia il vizio capitale dell'io, si prende a pretesto un principio di legittima difesa: manca solo che venga santificato! Scroscio di memorie Discendevamo nel torrido del giorno estivo la mulattiera ciottolosa che al fiume inviolato portava intorno chiazze di granturco già alto frusciavano a brezze lievi tra verdi rovi brillavano drupe di more; abbarbicato sulla pietra in alto, il maniero turrito ove il padre di mia madre nel secolo fuggito era stato custode. Ancor, a metà sentiero i resti di un mulino diroccato da opunzie prosperose adornato con allato un borro torrentizio che musico borbottava; prima della striscia di riva pietrosa, snelli e flessuosi, giunchi e vimini confusi a spunti di canne fronzute. Oh meriggio al sole che picchiava fresche dolci acque incontaminate odor di ginestre a valle discesi apparir e sparir di rospi paffuti! Eravamo appena fanciulli allora: cuori giovani, senza affanno, in fioritura, con saccocce e menti vuote e ancor senza nodi il filo della vita! Come è strano e possibile che tanto tempo a mia insaputa pur sia passato! I ricordi, i ricordi in piena che gai si srotolano controtempo e riadducono a eventi andati che sottovento echi soavi e dolci riportano a un cuore che ride! Che n'è stato dello smilzo ragazzo sognante schivo e silenzioso che si immergeva tra bolle e spume svalutandone le insidie celate? Non di quelle ma di ben altre più mortali e inimmaginabili fu vittima tuffandosi nel vivere. Or congiunto a una speranza or disciolto da terribili pensieri con animo serrato e una volontà d'essere che frana attonito segue l'arco del sole nell'ansia di un venire ignoto che oltre imbruna e atterrisce chi sosta su sprofondi ricordi. Se l'essere mio mutabile infuturo Il futuro non è già scritto e così se l'essere mio mutabile infuturo spore di un ipotetico accadere tremando o rinfrancato incùbo traversate per possibili prode immagino; all'oggi, floridi dì remoti innesto per un tempo che forse mi sarà dato. Poi che in nuovi spazi mi immergo ne cambio coordinate e metrica invento evolute e auspico traiettorie di eventi verosimili in nuce e all'atto ne studio modi e forme avverabili. Sarà nascita o sarà morte fioritura o rinsecchire cenere o fiamma di desideri e speranze bonaccia o fortunale nel mare della vita ampliamento o restringimento di vedute? Parlami Sibilla, consultati con Pizia : dell'oracolo riportatene il responso! Qual divenire il fato imperscrutabile scriverà per tutto ciò che oggi vive o è inanimato o nel tempo sotteso si dispiega e a noi lungimiranti resta ignoto? Stupiti, lo sapremo forse il giorno x è sarà già fatto obsoleto, come un desiderato gelato a più gusti in un baleno lo vedremo disciolto prima ancora di averlo gustato, sapremo quanto per il fanciullo diverso dal vecchio sia il viaggio a quali inserzioni del cuore il futuro avrà avuto modo e tempo di rispondere! Per raccontarsi al mondo pure basterebbe la favella che abbiamo ma resta il dilemma di sapere se -tra centrifughe e decantazioni- ancor vivi mezzo vivi o morti nell'acuto vuoto ci distinguiamo ma come intuì magistralmente il Poeta delle folaghe e dei limoni "il vuoto non produce né conduce". Passeggeri della speranza a bordo di zattere di illusioni affondiamo in mari aperti o andiamo alla deriva giorno per giorno. Immersi nel tempo dell'essere tra il prima e il dopo dimoriamo e la presenza o l'assenza nell'ora e qui è solo un fatto dovuto agli accidenti del caso. Rimuginare sulla vita sui suoi scherzi e sgarri inseguirne l'imprendibile perché indagare su chi tutto muta mentre cadono i petali del cuore e il porta-fandonie si svuota inseguendo velocissime stagioni è la sola stenta facoltà -se ancora intatta- che conserviamo. Per tutti, asini saccenti o sapienti nel sottoscala o all'ultimo piano profezia ardua è distinguere tra foschie vapori e ombre se siamo fummo o saremo e nessun punciotto spacca l'antico granitico mistero: l'indeterminato indefinito non si risolve fosforescenze liliali il buio non mostra. Poche falle ha l'imperscrutabile e a un certo punto, a razzo, l'orizzonte dell'intellegibile fatalmente si restringe e si chiude. Oh le fideistiche teste di cavolo pregne di certezze gioviane e divine! Nel subbuglio c'è evidenza? C'è compagnia consolatoria nella solitudine profonda? Aquiloni in balia dei venti manovrati dal filo del destino svoliamo tra volubili correnti: oltraggiati da un tempo funesto attaccati dal rostro della rapace ci sfracelleremo un dì al suolo quando più non fischierà la vita. Sederemo mai il terrore di picchiare sospesi in solitari foschi pensieri? Ci saremmo dovuti incontrare prima o poi Ci saremmo dovuti incontrare prima o poi da qualche parte, era questo il nostro accordo. Se saresti tu venuta da me o io da te, non ricordo. Creduli, a noi stessi l'avevamo promesso, quasi a fugare il timore malamente celato che forse ciò non sarebbe più potuto accadere. Io lo pensavo e tu non lo dicevi che se ogni falda è prosciugata in pozza d'acqua morta l'acqua non torna mai più chiara. Estinta, or tu sei sotto una croce io a temere per questa vita che poco amo e a malincuore abbraccio: vuoto ad altro vuoto si aggiunge vero e duro è, ammetterlo! Si cresce di dolore se si scurisce la linea all'orizzonte a cui guardi e così si ruzzola ad ogni oscuramento; viene un soffio gelido in una corte vi passa e strappa foglie morte, tu guardi e con il cuore in lacrime ripensi ad ogni affetto perduto. Appena ieri, con un nodo alla gola, ho dovuto prendere atto che ci saremmo riabbracciati solo nel ricordo. Oggi festosa ad altra vita, tra volte stellate, anima tu torni. Si apre un solco nel cielo e vi passi; il virgineo tuo candore impallidisce quello alato della schiera che ti aspetta. Lassù, già addolcia e conquista il tuo sguardo casto l'infinito indifferente. Per intero percorso il calvario dei giorni distaccatasi da questo mondo colomba t'aggiri per elisie sfere sgombra di pena e di dolore dimentica dell'immeritato male che vita con accanimento ti addusse. Ieri notte, sai, io che così di rado sono visitato dal sogno, tua madre ho rivisto come se fosse stata reale: con un sorriso, più ampio e solare di quelli che in cuore conservo da quando era viva, mi ha detto che tu già preghi per noi, per noi che canne al vento frali e ondulanti restiamo, qui, sul ciglio romito di un presente che scoscende e tra indifferenza e stagioni al sole e all'ombra si consuma. Oh povere stente strozzate parole, balbuzie che dir vorrebbero e... non sanno! Gracidano bufonidi.. Gracidano bufonidi nelle palustri macchie , sul confine dei campi boriose gore borbogliano, scalettano gradoni declivi al sole bugne e merli lesi spiccano sul poggio prima della punta del brullo monte, ripieno di cibo e vino una bugnola oscilla sul capo della donna che dirige al podere ove sudando si falcia grano maturo e dorato. Così un quadro agreste del giorno estivo se fossi dove ebbi natali e non qui ora prigioniero in una voliera urbana cinta da artefatti chiusi di cemento e vetri che limitano vista e cuore. Dove trovar oggi la cupola di fogliame che rende ombre quando forte picchia il sole? Oh persa sciupata fortuna di aprir le ali e volare fuggir tra placidi boschi e sorgenti rivi gelati affondar vista e sensi nell'infinità azzurra che non ha porte chiuse e tapparelle abbassate! Insurrezioni È da molto che spendo i miei giorni tra ragne di buio in fuga dal mio rinchiuso come una volta, domani, seguirò una rotta solare, occhi schivi di donna estranei mi fisseranno trapassandomi il cuore. Ossigenato dai giardini dei cortili circostanti invasivo mi giungerà l'olezzo che si diffonde dai fioriti tralci protesi oltre le infocate ringhiere. Su seccata redola l'orma dei miei passi dirà che di lì muto un uomo randagio è passato avvisterò qualche famelico passero che al dispiegarsi della mia ombra silente prudente spiccherà in volo. Grigioverde muraiola immota in oziosa postazione defilarsi vedrò poi spaventata per il brullo muro crepato alla ricerca di un latibolo fidato che tutta l'accolga riparandola dal rischio di un accadimento temuto. Domani, occhiate furtive lancerò a cartelloni ingialliti delle ultime elezioni comunali sedotto dal fragrante richiamo di una tazza di caffè spumoso stanco mi fermerò in un bar a contare i gelati che si sciolgono tra le mani accaldate di bambini avvampati accorsi in frotte dal popoloso rione vicino. Domani sarà un trasgredire! L'innesco di un moto riottoso avvierà una rivolta covata, capovolgerò le mie malinconie ad un'insurrezione aderirà questo cuore orfano di sole e di oscurità prigioniero. In un mondo di piccole cose travolto da un'ondata di vita altro per un giorno sarò meravigliando me stesso! Almanacco estivo Già su cafarnao di albini bruni e ambrati rovente picchia il sole: chi cerca fuoco, chi ombre. Oh i giochi edili dei fanciulli intenti a mimetizzare buche o a fortificare torri e mura all'assalto del fiotto lieve! Più traffico nel canale siculo: barcacce o gommoni stipati di afrofuggitivi speranzosi approdano o sventurati affondano! Là dove non c'è borboglio d'acqua tra mandorli ulivi e querce un iniziatico frinire di cicale turba l'aria che tace; fruscii ratti di serpi tra sterpi e roggi rovi in campestri silenzi risuonano e mettono paura; filari di vitigni ramati infoltiti da trame di tralicci fruttificano su colli e pendii; da bica a bica un via vai di frenetiche formiche tra sottopassaggi e ponti si consuma; gronda sudore nei campi l'uomo in opra attardato tra secchi solchi. Barbagliano vetri di case desolate come gibigiane al dardeggio di fasci di raggi di luce; da asfalto di catrame e pece alza i suoi fumi fatamorgana. Sulla ripa, vicino al rio quando più alto sarà il sole all'ombra di pioppi e platini si andrà a cercare vento frescura e silvani effluvi. S'imbrunirà prima della luna sul mare azzurro e calmo l'argenteo placido tramonto nell'apoteosi del dì passato. Chissà se morte,vacanziera, soffrendo eccessi di caldo a sorpresa non decida di andarsene in ferie o se avvistando spaventapasseri atterrita non si dia alla fuga. Nell'arrovento d'aria dei meriggi madre forse ancor più fresca starai accanto al tuo sposo nell'ipogeo sotto i cipressi.. Fai pure da te, vieni.. Fai pure da te, vieni, attingi tutto l'amore che vuoi il mio cuore ne è pieno disseta la tua vita sguazza in questa fonte e lasciati accarezzare dai suoi mille zampilli, sulle tue guance discenda come lacrima un sorriso sia come equoreo specchio di un mare smerigliato che ti inviti nella calura al disperdersi dell'ombra. Su calati e rinfrescati non temere l'avvitamento dei suoi gorghi ma godi le sue schiume innocue dense di affetto e di pensieri. Non rigagnolo, non fiume limaccioso ma lago di quiete e di pace, lago incantato conca di tepore e di fragranze riparata dal vento ti accolga. Vieni, vieni senza tremore scongiura che evaporino vano questi rivoli tersi che affluiscono infiniti e ne accrescono la vita, bagnati sotto lo sguardo degli astri e degli spiriti la cui luce si infiltra nei tuoi e nei miei recessi. Su vieni nella densità nuota tra la leggerezza di queste acque non saline immergiti in questa ultima tardiva stagione della vita. Tutto si smaschera da sé. Poi che ancor nano fanciullo una farfalla maculata vidi aliare la ricorsi illuso di afferrarla ignaro dello svariare del suo volo su rovi poi stremato ruzzolai; adolescente imberbe e implume di amor sentii farfugliare me ne invaghii, misi speranze ed ali e mi lanciai in pazzi voli; già uomo in divenire infiammatomi di libertà e giustizia giunsi al settimo cielo e le sposai. Nessuno mi avvertì del troppo alto! Oh cuore ingenuo e anima tersa quanti e chi di voi abusarono con quante delusioni e pene pagaste menzogne sublimate! Ah venditori di fole amori e bolle di sapone da quattro soldi dépliant spot e parole del diavolo che propagandavano falsi campi elisi! Qualche deità indispettita partecipò, a mia insaputa, giuda al disastro irreparabile degli ideali sommi di un vivere? Idiota mi affidai senza diffidare mani vellutate che lame celavano strinsi e afferrai ma me ne avvidi se non quando il sangue già grondava! Senza le sette chiavi le virtù e l'amore non vanno da nessuna parte: le barche di salvezza avveniristiche tutte marce o che imbarcano acqua non attraversano a lungo il mare, il futuro resta una metafuga che nudo e scalzo nella bufera non puoi né raggiungere o varcare; l'incompiuto è l'unica scelta offerta dalla ruota della sorte! Che speranza modulare al buio se la fede si rifà a momenti e si infrange come un vetro al primo urto, se l'onestà è sempre ferita e rifuggita e or ai più fa quasi orrore? Non si semina avvenire elettivo nell'aridità dell'essere o nella sabbia della coscienza, nulla sopravvive alla Gorgone o agli artigli del malaffare che trapassa l'accadere puro. Che aspettarsi se l'ingegno è prezzolato e si allea al malfatto per raggiungere titoli agi e onori? Annotta ancor prima di venir luce e il buio né dà barlumi né ti illumina! A noi, già partenti e distaccati, nulla più oramai ci sbalordisce affissando oltre la scia dello sciame un estraneo mondo ingabbiato che il tempo invecchia stinge e corrode. Il falso il vero e l'ambiguo sono fili di una stessa matassa che mai si sbrogliano tanto intrecciati. Basta fissare un vaso di gerani Basta fissare un vaso di gerani sul davanzale di una finestra raccogliere un tiepido fascio di sole guardar un gemmeo cielo che sboccia tra le nubi perché il nulla che non s'alluma si dissolva e un limio di foschi pensieri taccia. E' in questo ratto intendimento che scovata volontà di vivere si dispiega e ogni preteso falso bene si annulla! Esulta solivo cuore al giorno che promette spalancati alla ventata che ti invade per sempre si disperda il mucido sentire che ti opprime: origlia il gorgoglio di una vita che al ridestarsi dell'alba ti sorride! Scerba e falcia dal prato inverdito i secchi cespi di malinconia con alacre passo incamminati e raccogli dal verziere di letizie spuntate fioriture di illusioni; ma bada, l'oggi non infuturare: vivi solo l'istante fugace afferra e consuma tutto intero l'avvenimento raro che ti è dato! Non presenti al censimento dei soli Ineffabile quintessenza intatta leggera e diamantina mi giungi e rallegri il mio cuore instancabili pensieri poi fanno il filo e ti sorridono e festosi intorno ti ruotano, tra spire ti avvolgono lievi: cinta non puoi più fuggire e uno sguardo innamorato tra luci di stelle e di sole si posa e ti accarezza, stanco di baci su te si riposa. Allo stesso ormeggio e a una sola corda avvinti restiamo quando il mare rugge e si ingrossa o se imperversa la tormenta e il vortice della vita l'un dall'altro tenta di strapparci meschino. Vita non abbiamo che uniti mia diletta: non armi la sorte la sua mano contro di noi domani non ci ributti infiacchiti da solitudini in prigioni senza luce ove mai vedremmo l'ombra di noi stessi e una mancanza d'aria impedirebbe anche il respiro. Non sai già tu il dolore che l'asfissia diffonde? Restiamo incorniciati nel portafotografie dell'amore non ci ingiallisca il tempo non spappoli la nostra essenza o si spacchi il vetro che dalla polvere ci protegge! Il tutto che nel nulla svanisce non si avverta che qui siamo e ci risparmi per altre primavere: la fortuna del due ci arrida e soli il rapace vuoto non ci ritrovi. Ieri oggi domani: il triplice tempo! Ore giorni anni lustri secoli millenni minuti secondi nano-secondi: eccoli alcuni multipli e sottomultipli della durata e del fluire! Che ritmo ininterrotto di ricorrenze di nascite e di morti periodici di passato e futuro di albe e tramonti di istituzioni! Nel viale del Tempo quanti passanti che mai ritornano indietro che mai hanno muscoli stanchi per stare fermi, che instancabili forsennati tra fracassi e silenzi organizzati sfilano in mobile successione! Ventunesimo secolo, uno dei tanti! Quanti attimi fuggenti ha vissuto il mondo quante guerre, quanti imperi quale farsi disfarsi e mutare di vicende umane e naturali, quanti deliri costruttivi e distruttivi! Da prima di una stirpe aurea di mortali dall'archetipo delle caverne all'uomo cibernetico e spaziale ha solo dato un respiro appena il tempo! In un punto del flusso ininterrotto dell'apparire e scomparire sorpreso mi son vecchio ritrovato: i fanciulli spensierati di ieri tramutati in uomini e donne maturi; oh su giovinezza vien presto la ruggine! Nonostante i vènti spazzini la polvere pur seppellisce ogni collezione di attimi tristi o allegri vissuti. Che ho fatto di me, che ho concluso sulla mia vita, dove sono andati il mio destino, i miei sogni? Aspetto l'ora del nocchiere avverto il peso dell'ombra che sarò: sono stato l'uccello che passa e non lascia tracce in un cielo ordinario. E' solo un caso che io qui pur sia mentre ruotano gli ingranaggi di Crono già più non mi allungo oltre l'istante che vivo e ho smesso di toccare ferro persuaso dal fatto che scaramanzia l'ineluttabile non scongiura. Ah come fanno presa le frottole quanta realtà possono avere ricoprendo la verità delle cose! Scorre or come fiume in piena or con passo di tartaruga o come goccia d'acqua che scivoli sul vetro dopo la pioggia la vita ma l'essere sempre va verso l'ignoto addottorato o oscuro della propria sorte. Sento la forza dell'ariete che da tanto mi schiaccia sul muro dell'orizzonte. Oh mia primavera! Dimmi lampeggio di pupilla bruna da dove giunge la brezza sottile che amorevole il cuore accarezza e come scosso ramo lo fa tremare? Congedatosi l’uggioso inverno piovoso con nuovi tratteggi e sfumature di verde si va ridisegnando la vita con alacre passo riprende vigore. Altra cromia di filigranate sensazioni ravvivano l’errare dello sguardo rapito or che animula attonita svaga tra madreperlacei colori! Oggi non iroso spumeggia il mare, brilla l'infante verdello tra prosperi pomari, dilaga e ondeggia, tra risorti campi il rosso dei papaveri nani pacati parlottano enfi rivi nei botri altre fratellanze ritrovo con le cose. Oh attesi annunci di primavera riscossa della povertà della terra che ubertosa si arricchisce di fiori; emozioni che accestite e rinverdite rose e gerani alle finestre del cuore spalancato, da cui lungimirante una speranza ritrovata non ancora ben salda festeggia un divenire di pensieri con occhi intrisi d’amore e di illusioni! Riprendimi solare tepore, riscalda e dilata i miei atri con dolcezza, innalzami fino alla bellezza pura tra fermenti di luce e di chiarori; circondato da riverberi e riflessi trepido e irraggiato, dello sbocciare di un nontiscordardimé fammi testimone: allietato dall’evento, poi lo raccolga e sopra come suggello regale vi imprima l’impronta di un casto bacio augurale prima che in dono, lo offra al mio amore! Ah questo apprendere del vivere non vano forse senza fine, per me divenuto più vecchio scolaro svogliato! Ch'io senta ancora di essere finché sono e mi sottragga all'orrore di esser solo! Da te torno a tornare mare! Ozia sullo scoglio l'uccello marino un velo fosco l'orizzonte nasconde un naviglio lento si distanzia; sonnecchia il vento, l'onda è calma diradate schiume si spengono cala e imbruna il giorno cadente. Mare, stanco di tutto e di niente ancor a te mio soccorso torno e una fratellanza ritrovo se tutto addosso par mi crolli e dall'impresa del vivere mi dimetto. Che imperituro ti contamina cuore che su te aderisce e morde che ti scombina e l'ago della bussola di essere dirige, che oltre lo sguardo vuoto e fisso? Sono come un suolo spaccato in uno sverdito sepolcro: nulla germina nell'arso! Che mi dissangua e aggruma in questo pestilenziale stagno ove sostano impaludati pensieri? Tramonta, dirupa la luce cresce l'invaso del buio si ritirano gesti e parole, niente oltre l'acedia dirompe . S'aprisse a rinsanguarmi un cielo ai raggi della sera vita in cui più non credo: oh dimenticare le tariffazioni di pene le sottrazioni di allegria la mancanza di irenici abbandoni! Ravviva e enfatizza me spento mare di ottimismo empimi salsedine fomenta e capovolgi il mio animo che tocca il fondo del nulla quando ogni luce mente o si spegne e in me vecchio tutto si stinge, rialzami da questa infelicità in cui son disteso e non comprendo: nei vortici flussi e riflussi del mio essere solo io non anneghi! Rivelazioni e crivelli cognitivi Or che più non hai maschere e la tua identità è palese ora che posso intendere chi sei e non devo più nulla chiederti ora che ogni avere ho sepolto nella tomba del vuoto, ora si che posso da te staccarmi vita! Passata è l'alba dell'inganno tutto ho visto polverizzarsi dall'osservatorio del tempo; scricchi e tarlante parlante abbiamo origliato, il dilagare del male consueto il rarefarsi del bene il bastardume della menzogna i truffatori e i truffati di speranza le sopraffazioni del peggio sul meglio i lamenti e lo schianto del significato e del significante tanto censimmo vivendo. Le cose sono come sono e ogni simbolica e eletta magnificazione è inutile! Alzeremo un drappo bianco un giorno in segno di resa e saremo lo stesso impallinati da oscuro e invisibile nemico: si compirà il disastro fatale per noi giunti alla cognizione che la vita sia la china la decomposizione e la rovina di un prodigio fallito, il rantolo di una volontà di essere in agonia. Ci infatuammo di amore e desideri cercammo come forsennati speranze l'ebrezza di esser liberi e sognare combattemmo l'irruzione del dolore addolcimmo aspre malinconie ci assopimmo tra dogmi e fede fatui ci sorressero immaginazione e sogni ci lanciammo oltre la materia verso l'infinito noi finiti assetati di spirito e di essenza e tutto ebbe zero come risultato! Non rivelarti ad altri svelata vita abbia il suo decorso l'illusione affascina chi ancor le spalle non ti volta e candido cammina attirato dalle chimere del futuro che tanto promettono sorridendo. Sorvola e perlustra pure Sorvola e perlustra pure le creste i mari e le voragini del paesaggio dell'anima mia come in un libro aperto tu legga il fondo dei miei occhi sconosciuti, un sorriso si erga poi dalle cime dei tuoi pensieri se una dolcezza d'amor li ispira. Ricreduta rinfrancata e intenerita l'appartato tuo cuore porta via dal ciglio della fossa del dubbio su cui sospettosa quasi sosti quando t'attardi e oscilli tra opposte congetture, la rosa di un petardo di magia con il suo bagliore muti il segreto ritmo del tuo petto e lo confermi l'accento gioioso di implose tue accoste parole. E' nell'istante ripetibile che ti illumini che io sono: è in quel frangente la piena che inonda languida e fluente la deserta piana della speranza arsa che vuole rifiorire. Poiché la vita fugge veloce e al tempo appassendo cede tornami un caldo brivido di salvezza prossima, presto; presto, in quel frangente, in me rincuorato, un canto si diffonda come suono soave di campane in un consacrato giorno di festa. Esploderà, sai, una primavera dopo l'inverno che rigoglio nega aspetterò che al primo sole la tua lontana mano esitante forte e sicura si stringa alla mia: al primo appuntamento di sole come una farfalla tra fiori alla mia corolla ospitale acceso il tuo sguardo io senta in cerca del suo bersaglio fisso di nettare e di linfa.
Elegia Quanti solleoni e rose settembrine nevi nidi e fiori di ibisco discendendo la vita potrò ancora censire prima del nulla? Chiuderò anch'io gli occhi e sposerà pace e oblio per sempre cuore intirizzito. Oh addio giorni di stelle cadenti, difesi ultimi sogni tardivi ricordi di carezze e baci di arrivi e partenze furtive addio speranze e illusioni disciolte in intrugli amari! Chi vi poté credere e ubbidire istigato dalla voglia di vivere prima che abiezione funghisse e rancura abbattesse amore! Cuore incontri e t'accompagni oggi a smanie di funebri brame taciti voci e silenzi risali. Ridato mai ci è quanto perduto: la corda dell'innocenza prima tesa si spezza e il suo carillon nessuno poi più ode deluso.
Tu hai visto quanto ti ha amato come ha gioito e tremato donna quando per un poco lo hai toccato e come dignitoso abbia poi pianto espiando la pena di un inganno. Che altro fluisce tra te e me lamia con petto artigliato mentre aspettiamo la fine e il nulla cresce e si infiocca? Che ti sazia mentre il tempo sorpassa il passato e lo specchio ti ricorda vespri di beltà giunti con ciocche di capelli bianchi oggi ancor più fitte?
Ognuno solo per conto suo passante tra giorni di gramaglie e ragne di ricordi viscosi illuso, più illuso di prima, illuso di padroneggiare il timone di una vita che molle e floscia delusa barcolla su un vascello senza alberi e vele, che va senza sestiere per un deserto mare senza vento verso la boa che segna il confine di ogni veduta all'allungo della luce di un faro. Che vedi nitido davanti a te oltre il supplizio mio mesto che sbuca e rischiarisce da questa lontananza d'anima al venir della cava sera?
La guerra è finita e insieme siamo morti: ognuno forse illumina la sua ombra vagando tra campi di memorie: all'altra amata, miserrimo chiede perdono.
Poetica penuria Estro attingendo alla fonte privilegiata di poeti illustri poetare un poco oggi vorrei ma la fantasia ha le ali tarpate l’ispirazione è latitante, la precettrice Musa, il caso vuole, che assente sia, per dovuto turno di riposo. In questa interiore stasi dove ogni moto è quiete, il cuore, rappreso e autista, tra buchi neri gravita da declivi di silenzi aridi parola o suono non sgorga! Gettata la rete a strascico dai fondali vuota ritorna; non vi è freccia nell’arco che a fisso bersaglio punti, in un giorno senza luci sfregato l’ultimo zolfanello per accendere il lume nell’attrito si è spezzato. Ogni eco interiore tace la lira per snervate corde scoraggiata è rimasta muta, non vi è terremoto tonale scintilla che infiammi attizzarsi di brace nel cuore, controcorrente del ricordo. Non uno scotimento, un varco non una fibrillazione mi oppone al ristagno che al niente mi consegna non altra gestazione si compie nel grembo di abortita ispirazione. Ridotto a mero involucro, prima che il respiro manchi altro nutrimento che mi riempia dovrò pur trovare! Ricapitalizzerò questa perdita secca domani; ricorderà la mia dormiente sostanza di essere stata oggi del vuoto remissiva ostaggio. Da Ravello Sul belvedere di villa Cimbrone ove marmorea Cerere sorride veniva dal blu della costiera un subacqueo effluvio e dai nostri visi fluiva fino ai profili degli uberi pendii, riaffondava poi tra chiazze glauche e vitree di lillipuziane marine; illese ricordanze di solitudini svanivano sfollate da soffi lievi fremiti armonici e assonanze accordi di felicità s'alzavano invaghivano avvinte mani esultava la Musa della vita. Passasti mia brezza breve per l'arco di cielo che ci univa vagammo per la fiorita corte e tra curate cinte di aiuole; ebbri di baci e di passione ci stringemmo innamorati. Serpeggia, nel vuoto ereditato, tra reduci accenni di bagliori oggi un migrato sciame di silenti dolcezze andate: batte acuto e forte ribatte il desiderio di abbracciarti nell’attardarsi del ricordo accasciato sulle mie rughe. Quale acqua da pozzo fondo dopo cigolii di attriti al cuore spuma di sogni risali: alla luce irrori labbra invecchiate rese solchi inariditi da siccità di anni infecondi. Bontà e saggezza- non amore!- ti perdonano per l'abbandono quando poi patito cessa la tortura di un rammentare atroce e bagnate ciglia si baciano per stanchezza di ricordare. Quale diverso peso cuore disfatto nel ricomporsi e disfarsi di memorie può avere un tutto e un nulla: quante foglie su foglie son cadute nel viale deserto delle illusioni! Da tempo un disboscamento è in atto Da tanto un disboscamento è in atto anche le rare erbe son disseccate gli anni e i giorni al sole e alle intemperie son passati. Lo sforzo di prolungare l'amore per la vita, ora sterpaglia, più non è nelle mie forze un mal di vivere mi tedia e mi scava. Sono come un lichene di Sbarbaro sopravvivo su rocce solitarie e in condizioni estreme; frantumi e polvere in un fluire di apparenze estranee e staccate da un sbuffi di vento son dispersi . Le maghe, le sirene e le sibille per altri mi hanno lasciato grigio squallore sul cuore incombe. Ci soffermeremo sulla battigia a fissar nell'acqua bolle di schiuma all'arbitrio divino tireremo un sasso vedremo la pioggia battere insistente su muri e vetrate; senza sogni, fisseremo orizzonti sfumati e velati. Il tempo di essere che fu è scorso in un batter d'occhi gesti parole atti amori decaduti a spenti ricordi echeggeranno vano oltre l'inganno che li contenne. Oh cimeli di speranze e di illusioni anneriti dal crepuscolo del tramonto e sparsi in un invivibile silenzio, mancamenti per insufficienza di essere nella nullità del tutto! Continuano a fissarmi fissi e gelidi gli occhi di Thanatos ma l'ombra nera non mi abbraccia né mi stringe ancora: atterrito e senza appoggiarmi a qualcosa all'autorità del Nulla mi sottometto . Nel sogno che ti contiene Nel sogno che ti contiene la tua presenza disegni come piuma che voli su nivee nubi ti guardo e forte il cuor mi batte; dolciume sull'animo cola labbra e sorrisi si schiudono a frotte parole d'amore svolazzano e si indorano. Sei la stella radiosa che illumina la rosa di notte la bruna fanciulla bianco velata che tra endenici spazi rincorro fino all'affanno per sfiorare le sue forme formose e procaci, come trottola giri e come lucciola brilli sotto cieli trapunti di stelle. Ecco, in un balzo ti afferro ti stringo e ti bacio e mi lascio cadere sul tuo corpo arreso, trepidi occhi barbagliano sul tuo seno turgido respiro come acqua in una pentola bolle un sangue nelle vene. Lasciami così morire vittima del tuo amore in un trionfo di carezze, trapassami col tuo sguardo spumante di languori e di lampi! Oh splendida beltà fuggente ondivaga nel mio stagno, fragranza di biancospino grido di gioia, binario su cui scorre il mio cuore fuoco che accechi più del sole in questo delirio sublime io resti e arda fino all'alba. Al risveglio, ributtato nel mondo prima del giorno acuminato e duro intenerito amante accanto ti ritrovi. e di te ancora il cuore si empia. Casta infanzia Casta infanzia che mai più ritorni tenerezza di ricordi primo bagliore di vita come meteora dileguasti fanfara al cuore suonasti! Per soma d'anni oggi diverso ritorno a quella galoppante ansia di esser grande, ai tremuli rossori del viso imberbe alle istintive paure infantili affiorar nel buio, a madre alla finestra in attesa e in ansia per figlio scalmanato che in trastulli intento, distratto indugiava (dimentico del tempo da padre assegnato) sulla strada del ritorno, ai compagni fanciulli che i soffi della vita chissà dove hanno disperso. Peritura alba festosa spuntata ai primi vagiti del sogno chi scordar può quei giorni di gaudio e serena innocenza quando in cuor vermiglio gemme sbocciavano di fole e desideri novelli. Oh primo alto balzo che l'anima spiccò in vetta a precordi con fremito d'ali tra cieli indistinti di promesse immortali, infiammazioni di sangue a scoppi di amor di vita! Oh anni beati e leggeri che come treno che passi per città senza sostarvi io vidi ridenti andar via oh i ribaltamenti d'anima poi tante volte mesti ricordati; sospesi a 'dubbia dimane' oggi ben altre raffiche di squassi mi attraversano percorrendo la corta strada senza uscita dei morendi. E si, il mastro dei profitti e perdite dei passanti per il mondo non può non chiudersi che con un insanabile passivo al crepuscolo del destino! Oh ozioso Dio impotente dei credenti e dei gentili oh folletti e gnomi della selva o spirti dei prati del cielo a che l'illusione dell'amore e l'inganno della giovinezza se così atroce e crudele è rassegnarci al loro perire! All'alta marea dello scòtos scompariremo, nel Nulla ci inabisserà il tempo: deità ignave e accidiose favoriranno nefasti voleri. P.S. Mio Piero Colonna Romano ecco gli effetti che hanno i tuoi generosi complimenti a 'Lira e trombe equoree'. Grazie! Lo scugnizzo che fui non poteva dare che questi umili bagliori d'anima, esulteranno i miei nella tomba lontana quando un vento (l'avoria) arriverà sui loro fiori di campo e sussurrerà il mio canto. Lira e trombe equoree Fino alle nane dune e prima delle spente agavi sospinto da impeti di vento turbinoso di spume e bolle brilla scava risucchia e rode il frangente rabbioso, più rigurgita e più attacca senza posa barche in secca o ancorate a fronti murati. Ancor rimbomba, più in là, il mugghio tra gli irti scogli erti a difesa di lidi e case a schiera sul litorale. Ah fragore prossimo che stridi con silenzi e quiete di piane valli e cime sommerse! Dal lungomare flagellato dalla tua ira, oggi con occhi vuoti ti fisso mare lira e trombe equoree ascolto e in segreto di me ti parlo; oltre la vista che ti confina sondo il mistero che mi infondi e interpreto la sua voce. Simili e dissimili forse a volte le nostre vite: sempre nuove masse acquee da fiumi e cielo o cloache a te convergono copiose; per noi se evapora la speranza e prosciuga l'illusione possiamo solo incenerire e sale mai daremo dopo il rogo del sole che nasce e muore sul tuo orizzonte mobile al variare dell'altura del belvedere da cui ti guardiamo. L'attesa dell'amo che risale speso ha successo per il pescatore per noi privi di fede qualunque sia l'esca usata dall'insondabile mistero dell'essere mai nulla pescheremo, conchiglie o perle di sapienza dalla battigia della vita mai raccoglieremo. Il tempo è veloce e il vivere tra maree di stagioni ci sbatte col suo moto e come acqua che passi tra le dite delle mani in un niente fugge: zavorrati da malinconie annegheremo all'improvviso o a poco a poco e negli occhi ci resterà la speme delusa di avvistare una riva che noi naufraghi tra flutti mettesse in salvo dalla morte. Quando s'avviva un vento Dispiuma il flabello roggio che nel botro specchio riverbera un veemente vento di ponente, col suo fiato amplificato spennacchia volatili appollaiati chiome scuote e scrolla nuvolaglie scardina e disgrega; astuto, da spiragli o malchiuso si intrufola per porte e scale mulina tra piazze sagrati e vie; traversale a pioppi e salici di terrose fiumane lontane mugola pareti rocce e muri come boomerang colpisce e si allontana. Se soffia tanto e alla valle in cui ebbi natali un giorno acceso va il ricordo su, oltre i querceti e i pruni, nel cimitero sotto il greppo forse lo udirà nell'aldilà mia madre da tempo seppellita e si rispolvererà un pezzo di vita passato e insieme consumato . Cade questo ritaglio di tempo ventilato che non mi allieta nel risucchio di un greppo; ora, tra mulinelli di solitudine fa stragi di pensieri e sogni. Atterrami, rovesciami e scalzami pure vento ma non immalinconirmi. Invidia, non vedi, da noi si alza per te che anche se muori risorgi. Ad un’amica accorsa Costellazione di vaghezze che irrompi nel mio cielo perdona se, terremotato e in balia degli eventi, il cuore denudato, a te, svestito viene di speranza, se ad assistere ti costringe al crepitar di un rogo e lapilli, fumi e ceneri disturbano i tuoi occhi; se per tristezza, turbando tuo illibato amor di vita con nerofumi transita su candor di giovinezza! Tu non sai! Tra luci e ombre il tempo lo rimena, spossato lo catapulta nel giorno, cenciose prospettive gli apre e stracci sbandiera, con sogni in fuga lo deride e tramando gli passa accanto. Sballottato è sovente nell'ora come l’osso di seppia tra le onde ai cambiamenti di fronte del coraggio, instabile oscilla se si sposta il fulcro che ne equilibra il dubbio; alla speranza, amo teso nell’ombra, preda abbocca; detriti ruinati da pendii di giorni ostruiscono le condotte che amore adducono ai suoi atri! Come repentini franano i sogni, amica mia, come s’annera e si accorcia l’età delle illusioni! Cupo passante pur vorrei sorridere, concedermi, afferrarmi a rigogliosi rami d’amore: con altro passo farmi incontro fiducioso a corteo di stagioni! Per me che non ho più meta, inseguito da malinconie, bersaglio per dardi mortali volge alla fine il viaggio. Ah mio astro che triste favola pur ti narro, i neri sprazzi i ritagli di mala ventura, il rovescio della tunica che ti mostro, il rintronare di pensieri da cui sgorga lo sconcerto che odi e ch’io inetto e vile non so risparmiarti! Ma orsù, fuggi, allontanati da questo rimuginare cupo! La tua vita è alba, orgasmo di gioia, festoso rintocco di campana, suono di cornamusa, totale gaudio, euforia di dolcezze! Azzurri i tuoi giorni, ostri i tuoi tramonti, freschi pistilli, petali e gambi di rosa i tuoi anni; non arso dumo, non vespero, non tenebra, non singulto non lamento ostinato la tua voce; tripudio, non esacerbato momento d’agonia! Un fascio di felicità dai tuoi cespi lasciami raccogliere oggi bosco di felci e di viole! Possa lo stormire delle tue fronde far da sottofondo sonoro all’omelia quando pietra ricordo sarà deposta sulla mia tomba! Vagando tra i solchi uberi della tua pronta memoria, all’affiorare del mio ricordo, un mattino di primavera, alle prime luci mi coglierai fiore sbucato da invisibili radici: al capo di reciso stelo, tremulo, allora ti sorriderò corolla! Il primo bacio Ricondotto sempre in ceppi dalla memoria turbante un ricordo ancora roseo ritorna. Eccolo animarsi sul lenzuolo bianco di un immaginario schermo in quest'attimo che ameno si dilunga. " Densità di lanugini bianco grigie lento si dirada all'orizzonte rapito lo sguardo aleggiando vi fugge; non vento rabbioso sferza il calcestruzzo dei frangiflutti oltre cui il sussurro dell'onda, che vi giunge e si annienta, si ode. Ogni parola tra noi è già stata detta; scivolano le tue mani cappio sui miei giovani fianchi;tremulo il petto, pressato dal turgido tuo seno, trepida; la bocca corallo vermiglio si protende e in estasi scocca un virgineo bacio: il primo bacio! " - Il primiero assaggio di un pasto più lauto a cui sarebbe più tardi seguito l'interminabile digiuno d'amor che nella mia vita oggi dura. E' questo il sogno sofferente che ricorre nelle notti stellate, l'assenza che si fa presenza, la folgore che mi sfiora e dilegua lasciandomi senza luce; l'accordo armonico che nel consumarsi dell'ora mi commuove e lieto mi sciaborda il batter d'ali che in alto mi invola. Da tredici lustri e più, costante un narcotico sedativo assumo per lenire pene e lamenti di graffiante rimembrar d'amore! Non hai saputo imparare a vivere senza ciò che ti manca, cuore! Tutti i colori sulla tavolozza sparsi, raggrumati sono, da tempo i tubetti da cui son stati munti sono rinsecchiti, fluido tu solo, nero mi resti: il peggiore e più appiccicoso dei colori! Il viaggio Per il viaggio non sarà necessario che prepari il trolley o la valigia basterà un solo abito scuro -non frusto, tassativamente nuovo!- le scarpe siano pure di poco conto ma obbligatoriamente lucide e nere se saranno strette, non importa tanto non dovrò camminare affatto necro-stewards mi porteranno a spalle. In previsione, certo avrei potuto cercare l'agenzia che lo offrisse a minor prezzo e con un pompa magna invidiabile ma affaccendato in altre quisquilie non ho avuto né tempo né interesse. Il giorno della partenza, ancora non convenuto, spalancata la porta, scese le scale senza inciampare, mi accompagnerà un odore di morte qualche fiore fresco e forse dei berci. Può darsi che all'accomiato mi saluteranno in pochi o in molti che taluni, chissà, piangeranno ma non lo saprò mai e ne lo immagino. All'uopo, un tempo, per tali viaggi c'erano i cavalli, mi sembra morelli, ma il progresso li ha resi desueti e di certo ci voleva più tempo e più soldi per arrivare alla meta. Speriamo che alla partenza non nevichi piova o ci sia afa: i mugugni, pur se legittimi, sarebbero troppo e inappropriati e correrei il rischio di rivoltarmi. Eh si, questi viaggi, unici ma comuni, si fanno solo dormendo; nell'annuncio anche le campane suonano dimesse rispettose del sonno del fortunato! Su non siate curiosi di conoscere dove vado e perché: tanto neanche a me è dato saperlo. Rinviare il viaggio- voi dite?- e a che varrebbe se è già all'ordine del giorno.. Tristezza Tristezza, fosforescenza nera accompagnatrice dei troppo soli quando fulmine a ciel sereno inattesa ti riproduci nei giorni e lama cruente nel petto affondi foglia arsa in balia dei venti poi mi riconosco ai tuoi ripetuti assalti. Sole atteso per il mio freddo caparbia mi sottrai rimenandomi nell'ombra, pallente rendi l'ora in cui ti appartengo! In ribollii di calce viva mi immergi, interito mi rotoli per scabre chine difettivo di futuro e passato. Non un guizzo mi consenti per svincolarmi dalla tagliola entro cui rappreso mi trattieni; oscurata, snervata, per tua opera funghisce l'esile speranza dipartita da me smarrito! Tu stronchi ogni pensiero che involi arresti la corsa ad un diletto dalla tua voce intimorita! Vedi come anche l'ultima illusione nata nell'istante che muore incupita retrocede all'infinito? Ammortato ogni vitale desiderio per la tua irruenza, ingrommate le mie ali, mortale scherno raccolgo da stormo di ideali in volo; a palo di supplizio incatenato senza sosta, metodica mi insulti; strali alla cieca scocchi mirando cuore senza riparo e non mi uccidi. Ti fronteggio acerrima nemica sopravvivo, attizzo paziente il rovente desiderio di sopprimerti! Io lo ricordo e come Io lo ricordo e come parvenza di amore perduto lo ricordo il tuo balcone, la tua casa natia spiata rammento l'asciugamano disteso visivo segnale amoroso secondo un codice convenuto, come, quel drappo colorato , segnalasse l'incontro sospirato che sarebbe senza imprevisti di lì a poco avvenuto. Impaziente e tremulo ti aspettavo come poi, oh, ti cospargevo di baci; scoppiettava il sentimento accaldato mi arrampicavo alla verticale degli alti sogni! Ancor più forte e vivo se ci ripenso, pur ora, forte mi ribatte il cuore! Per una congiura segreta ordita a mia insaputa che avvenne poi …? In un volger di eventi al carcere duro condannata fu la mia passione dal voltafaccia del tuo amore! Non fu allegra vicenda né leggera perderti. Il cuore in disgrazia non si agitò mai più tanto da quando toccato fu dal gelo della lama delle tue parole: altra fiamma, mai più lo arse. Perché tutto è caduco e anche l'amore eterno che giurasti a me prediletto diffusa cenere divenne! Malinconie in risveglio ricordano quell'altra te in questo giorno che transito sotto al tuo balcone che estraneo e in rovina, a me invecchiato nulla più dice. Assenza Brilla e ridente in alto passa una luna novembrina stasera -la ricordi la nostra prima luna?- Aria fredda, amore, spiffera dalla feritoia del balcone ritornelli lunghi e lenti orchestrale l'orologio suona, intenso supplizio è di te l'attesa t'aspetto e non verrai mia stella. Impigliato in un vischio di ore ombrose, intorno, fitto un vuoto cresce e un cuore floscio tonfa. Più tardi, solo sarò ancora; privo del caldo del tuo corpo mi assedierà dura un'insonnia. Privo di sonno e sogni da un condotto di pensieri fluida fuoriuscirà una malinconia e non potrò, di sicuro, evitare che mi inondi; nubi basse di solitudine si gonfieranno di nero e alluvionata faranno una vita. Tu, assente, non mi allungherai per mettermi in secco le mani e atterrito non saprò che fare. Insaccato in demenze cupe mi accecherò senza luce, un sospiro dilatato estremo e respirerò poi essenze di morte! Spargi la tua anima calda ora e dal gelo che nevica mi salvi; cantami, con passione, in do maggiore amore la canzone che vorrei udire più prima che una notte mi congeli. ’ A malincunia Nce stà na cosa c’abbrucia, nera comm’a pece cchiù azzeccosa d ’ ’a colla, tosta comm’a na preta, coce e luce nun fa, ’a vita, ’a parte ddò lustro nu’ ff ’avutà! Quanno arriva pe’ sfizio se ntalléa, s’abbotte e nun se sazia: ‘o core tutto, te siente arrusecà! Nfame sta sempe appustata! Zitto, senza te ne fa addunà, s’accosta cu nu passo felpato: pàffete, te zompe ncuollo e sbattuto pe’ terra te fa truvà! Tutte l’ombre passano: essa, cucciuta là rimmane! Comm’a l’acqua trase pe’ tutt’ ’e pertuse ca trova nfunno scenne, scava, s’annasconno e, fetosa rimmano! Sta cosa ca mette all’anima lli ppene, sapite ched’è? E’ ’a malincunia! Avite voglie ’e nzerrà ’a porta! Si addà trasì, tuzzulea cchiù forte; ustinata se fa sentì: ve chiamma cu cierti strille! Santo p’ ’a scuraggià nun ce ne stanno.. se nun schiarisce, ll’avit’ arrapì! Fado non udito Se per incalzo di pensier d’amor acerba insonnia in veglia mi costringe e irrespirabile un miasma si innalza da acqua stagna d’assenze fammi compagnia chitarra mia. Varchiamo il silenzio che ci accerchia e il cuore assedia d’improvviso da accordo di risonanze non più udite rianimo e respiro riprenda quest’aria muta. Non t’avvedi cordata dalle sette note di come prossima si fa tristezza lento e crudele il durare dell’ora inane poi che anche il tuo conforto mi sottrae? Non senti come sbreccia e piccona l’Effusa con il suo suono senza voce come a stilla a stilla, poi incoercibile fiotto fluente riempie l’invaso del cuore? Scuoti le tue corde da tanto chetate: strimpella, stridi pure ma conforto dispensa all’anima mia su questa nera oscurità distesa! Ch’io intonando fado vibri per amor perduto, eco rioda dei palpiti appassionati che sonorizzarono i miei giorni; ancor riviva l’emozione andata di cui nulla mi resta e che, sogno, mai verrà nella notte che mi aspetta! Tu certo non vuoi ch’io anneghi nelle mie lacrime recluso nell’antro ove Tempo mi consuma! Ariosi i tuoi arpeggi mi accompagnino, botti a spuntar d’alba festa annuncino a cuore immiserito da lutti ed abbandoni. Voluttà conturbanti aprano danze, la mente invitino ad altre sarabande prima che stanco, fattomi in penombra, a nèttare di morte labbra conduca. Brunice Svagando tra aiuole di memorie assenzio ti riconosco e ti estirpo svampito sogno! Ieri, inganno assurto alla ribalta oggi incarnata nel vero insulto ad un cuore alla berlina per aver alla luce del sole fomentato senili e vaghe illusioni. Implume bipede pur mi rammento che truccata ad alata lontana fuggisti via senza posarti un attimo sul parapetto di una dischiusa finestra amica! Ah qual funesto senso si intende levato lo sguardo ad un vuoto cielo e se assente è ogni vocio di rosignolo sullo sfrondato albero della vita! Qual riparo, qual lieve conforto è dato al viandante smarrito, che sfibrato e disilluso dal tempo percorra l'opaca strada delle ore accidiose del suo vivere! Sfatata effige, ambigua parvenza sgorbio incolore, oggi io ti contemplo qual visitatore attento ad una affollata mostra di assenze! Cuore e tempie, requie non trovano epicedio è il venir di memorie che si perpetua e lancinante irrita i precordi di un corpo semivivo! Resterai pure tu del tutto senza luce e chiaro allora vedrai nel buio; estranea e muta un'ombra inquieta salirà furtiva per un frangente le scale della casa del tuo cuore solingo: sulla soglia, la fisserai orba di speranze e ti balzeranno al cuore gesti parole attacchi di trilli ma sarà vano e tardi. Alle prime avvisaglie del nulla fatta né oggetto né soggetto, né alfa né omega, aspro saprai che mai ci è ridato o si ripete quanto non abbiamo superbi accolto. Che ognuno allora si dibatta nella sua cella e invochi per amor di sé l'iddio del caso perché bonario propizi o promuova i favori di un possibile domani e lo partecipi a una baldoria della vita! Scatto apotropaico Di che ti impicci cuore perché lo sfondo del male sondi tra le viste del mondo e in un fremere d'orrore ne fai rapporto scrupoloso? Desisti e guarda oltre estesi ne sono propaggini e forme: cuore,ne trarresti solo pena e dolore! Il male nasce scotta e vive e terrifica ne è la teratologia! Innumerabili i suoi figli le variazioni e evoluzioni. Desisti prima che ti avvisti e riconosciutoti ribelle o avverso al suo dominio ti persegua e ti torturi: insaziato ha sempre fame e sete. Mal sopporta affronti e oppositori; vanificata ogni protesta, vendette insuffla e probi persegue, pestifero emana i suoi odori con mastice in ragne imprigiona. Dalla notte dei tempi da bene e virtù divorziato tenace reclama il suo regno, a Lucifero avvinto paffuto succhia al suo seno, scelleratezza si legge sui suoi stendardi; mai arreso, mai pago, arruola anime prave; insano e stolto sani irride pensieri e azioni intorbida desideri e passioni impuri diffonde; coscienze spoglia di bontà e d'amore, a tenebra fonde e tempera ogni luce; essente essere incarbonisce e spazzacamino non c'è per i suoi fumi. Da millenni una stirpe di demoni impegni annota sui suoi taccuini; se cammina, ai bivi, ai trivi o ai quadrivi sempre sa dove andare, se inciampa o sta per cadere sul male inciso fa perno e si regge. Angeli decaduti o umani lo perpetrano per tenere alta la sua reputazione! Non udite, non sopraggiunge .... Che dimoriate qui o nell'aldilà non udite, non sopraggiunge fino a voi un'armonia di tremiti e di accordi, non vi acceca, come luce d'astro pulsata prima della notte dei tempi lo sfavillio delle mie ansie pupille? Un canto a voi noto si rifà vivo e disperato risuona per erme vie, memorie da voi spalancate riparlano e una pena antica e acerba ravvivano! Sfinito dall’esecuzione, mille volte eseguita, del motivo di uno spartito da voi composto e poi senza ragione reso illeggibile, si fermerà un giorno questo cuore orchestrale che mai avete applaudito. Ah il nulla ricorrente che raccolgo il suo riso lieto venirmi incontro e nel baratro precipitarmi stilla a stilla! Il ridicolo che si mescola alla tortura, lo star fermi e attendere altri colpi, adorare il feticcio di un Invisibile che non illumina l’angolo cieco ove ci incatena un’oscurità aguzzina! Voi, diffidaste in lontani giorni dei miei slanci, affrettata fuggiste ai primi balzi del cuore come davanti a un figurato nemico! Persuasa da un infondato timore arretraste allo scoppio dei miei moti: mai pensaste al di fuori di voi stessa. Persuasa da altri che era d’obbligo avere certezze, non accorreste a grida d’amore, di ghiaccio rimaneste davanti al mio fuoco! Più volte, perdutavi per sempre, tentai di ridisegnare la mia vita, ma solo timide linee, scarabocchi contorti e senza senso, tracciai poi deluso sulla pagina bianca ove in prospettiva usavo figurare il mio destino, divinatore e vate di un venire di giorni insopportabili! Avreste dovuto saperlo che l’amore non muore per i colpi inferti dalla sferza di un diniego, che non recede senza un’illusione in una orrenda conca d’indifferenza e che pur senza respiro, brama parlare! So che non vi è magia umana o miracolo divino che possa ridar vita a ciòè che morto eppure rieccomi a bussare a una porta sprangata dietro cui, affastellate giacciono preziose cose perdute per fantasticare di farle rivivere. Mi fingerò in perpetuo che nulla di irrimediabile sia accaduto, che tutto ciò che non ho e reclamo evanescente volato via non sia, che una forbice ideale tuttora esiti a recidere un filo fino su me annodato e che, invisibile, a vostra insaputa indissolubilmente ancor mi lega a voi. Ah se un giorno, preda di oscura noia, confusa e sedotta da un ricordo, che vi trapassa e gioioso rifiorisce vi accadesse poi,inspiegabilmente, di sostanziare e abbracciare la mia ombra! Come ali di albatro le braccia Come ali di albatro le braccia più non si alzano davanti allo specchio dove amor primo mi apparivi e io, sbronzo di sogni, come brace viva attizzata con delicate movenze -ubbidendo al caldo richiamo della tua pelle- sorridente le dune ambrate esploravo del tuo petto cosparso di nei. Dall'alto dei sensi condotto quante volte precipitai nel mare spumeggiante del tuo corpo vibrante vasto e pieno di gorghi! Fili di paglia le mani or più non intessono pensando a corvini capelli mossi dal vento e frugati con una dolcezza protratta che il cuore lieto assopiva. Oh le carezze all'eburneo tuo collo mentre lo sguardo tradendo un segreto cercare confessava di aver furtivo rovistato tra le forme muliebri che la veste ostinata celava. Ho dovuto bendarmi, negli anni pigri di luce, per riprodurre nella memoria l'abbaglio e i gesti di allora. Nello strazio agrodolce del ricordare che ritorna poggiando la mano sul cuore ho tremato dietro la porta chiusa della mia prigione; al fluire di una stilla, caduta da occhi vuoti, scosse di vita ho sentito risalire dalle morte radici del mio cuore stroncato. E' da millenni, amore perduto, un vuoto cammino il mio andare. In un immoto accadere di ore e anni duri da vivere una voce dentro mi illude di poter il tuo volto smarrito confondere con altro mirato. Come svanito, delirando, baratri radendo io vado, alla terra e al cielo sordi demente ripeto la mia storia. Lo scheletro di un sogno, investito da raffiche di pena, dondola all'albero penzolante a cui vivo lo impiccò un addio; a raffiche violente di ricordi scricchiola tristezze senza fine polverizzandosi tra le mani dell'ombra che ne afferrò la vita. ‘O primmo ammore Nun se scorda ‘o primmo ammore dice na canzone e i’ uocchie perdute ca cchiù nun me guardate, chino ‘e giuventù nce aggio creduto! 'O primmo ammore è comm’o paese addò si nato: giro ‘o munno sano, passano juorne, anno ma ‘o penziero sempe là torna ca capo, si a isso pienze e ‘a nustalgia te piglia, nu treno è sempre pronto là a te fa turnà! Si tutto chesto è overo, si nunè na buscia pecché o’ core vuoste se l'è scordato ? Ah tutte 'e vase ca ce simmo dato, chillu fuoco ca primmo avito appicciato e po’ capricciosa avito stutato! ‘E prumesse meje só restate ‘e voste addó l’avito mannato? Vacante e senza sustanza ‘e giuramente vuoste, sicco pecché senza lacrime, comm’a fronne morte nu suscio ‘e viento luntano se l’è purtate! diciteme: Pecché allora stu core c’appriesso ve corre ntrupeccanno nnanze a ogne zarro d’anno, ca cade e se sose senza sciato, ancora ve chiamma? Viento a chella scellerata ca puro ‘o nomme mio se scurdato puortele sta mmasciata: ‘O primm’ammore nun se scorda nun se scorda, pure si a n’ato dint’ ‘o core te si pigliato! E piti, piti, piti.. Sfilacciato e consunto alla sorte resiste lo stame riposano le divine Parche. Nulla piùè rimasto vivo in noi e tra di noi oltre il cenere avvenuto nulla se non la traccia lignea di due sgorbi incisi sbiaditi già da un tempo infecondo e vorace. Del sommerso passato solo codesto emerge oggi, velato ci riparla forse di un amore andato in malora. Ah come tutto va al niente mentre un interno attrito brucia e consuma le nostre vite! Anche senz'acqua attorno per mora greve di sogni si può annegare e morire. Perso direzione e meta esuli per le tenute dell'ignoto guadiamo un vuoto in piena. Attaccati da una bufera ci afferrerà il turbine finiremo il nostro viaggio; ci ghiaccerà la morte. Sincerità Sincerità spazzabugie che non sottaci ornamento del bell'essere deriso ardita sentinella del vero che schietta al falso alto là intimi e metti in fuga, ideale trasparenza d'acquamarina che gratitudine e allori non ricevi quante volte offesa e oltraggiata senza plausi e coccarde in acre ritirata ripieghi delusa! Ricevuto da Impostura strali al centro del cuore chi il tuo vessillo sostiene muto spesso fugge e alla macchia vive. Ah, senza usbergo, quale pazzia candido rivelare ciò che è! Tu che non adombri e intorbidi l'onestà del cuore e della mente non sospettoso chi ti accoglie? Acclamata è la menzogna che acceca, non tu; inaudito allori virtù e appannaggi a doppiezza e inganno solo si tributano sovente! Oh tu, diamantina trasparenza che dal grembo di spontaneità nasci gridi e ti annunci e non un bacio ricevi! Apparsa, ignuda, timida rosseggi; schiudendoti, confidente, amica entusiasta ti espandi come essenza leale ma nessuno ti ascolta e ogni abbraccio ti si nega!. -Ti amo- ad una donna confidasti quando fischiettando la prima volta con innocenza dall'animo mio sbalzasti cercando un contatto ineffabile all'emergere di prima giovinezza. Fu quella la tua prima esperienza: quanti arretramenti e dolore poi per aver parlato ad alta voce! Chi non intende poco t'attende mia bistrattata compagna messa alla berlina! Tutto il bene e il male che ti tributano ho scrutinato per appurare dove ti collocavano ma se hai vinto o perso tutt'oggi ancora è irrisolto. M'ange il cuore M'ange il cuore per perpetuarsi da giorni di inique cose e poco mi oriento in baccani tanto diffusi. Schiamazzano e cambiano livrea sull'agorà pavoni e oche basta una fola eristica per mutare direzione e spingerli in altra stia, tanti i galli pomposi a presidiare mangimi, pance gonfie fameliche reclamano ingorde commerci fette di agio e potere, sempre pronte a beccare stormi di colombe artigliate e falchi volteggiano sul Transatlantico. Se la trasmigrazione sia a sinistra al centro o a destra poco importa. Che accade mai? Nulla di nuovo oltre una nuova fila di morti sulla battigia o nell'hangar! Lo spettacolo è lo stesso il colorato di ridicolo il parlar bene e razzolare male "invariante" in altra scienza si direbbe! Replicante non varia lo scenario; se guardo, sempre fari spietati poi ipocrisie e disonestà denudate fanno luccicare; i suggeritori attivi e in penombra, non dormono mai pronti a modellare discorsi e sofismi per plasmare la massa. Tra omissioni di fatti noti e cancrene di indifferenza si discorre senza conoscenza si fabbricano verità posticce si inculcano perversità morali: è l'apoteosi degli escrementi! La coscienza, l'amore per il vero il bene comune, la bellezza cortese il sublime dell'innocenza e l'armonia nel fare e ideare l'onestà e l'igiene mentale soggiogati da oscuri fini estromessi dal palco delle virtù da tempo alla gogna giacciono sedati. Raro verso l'etere qualcuno solleva da solo le proprie ali: per fortuna sognatori e disinteressati a scanni e sedie vellutate, eroi del pensiero, all'aria aperta liberi dalla tirannia dell'avere pur sfrecciano tra correnti ascensionali come aquiloni verso volte stellate. Ah i fuoriusciti dallo sciame degli angeli in volo, i castigati immeritevoli di pienezze di luce e camminanti con le spalle al sole! Che dirà mai lo specchio quando i crestati vi si mireranno saranno in estasi e scintillanti di boria o apriranno il confessionale per raccontare inganni e circuizioni messi in atto dal loro pigmeo essere? L'acqua torbida non si schiara anche se mille filtri la decantano! Poca presa ha il bene sul male e insolita è la capitolazione dell'ego. Un covo di ladri e raglianti pur forbiti e travestiti da persone dabbene sempre un covo di ladri e raglianti rimane. La piazza Di gente gremita è nel giorno domenicale la piazza del paese tra rintocchi di campane e stridii di freni di bici sfrenate schiamazzo di voci indistinte si ode: cicalii femminili, brusii di senescenti, tengono chiacchiericcio concerto. Festoso cafarnao animato da passeggio di avvenenti forme procaci, teste rapate visi imbellettati e incipriati, coppie austere e odoranti uscite in vistose divise nella domenicale parata. Vale la pena incontrare gente dai vivaci colori: bisogna pure che ci si ritrovi e, a qualcuno, sul trend delle proprie tristezze si tenga un rapporto adeguato che allacciando discorsi si confrontino sopravvissute speranze. Sulla piazza principale può accadere di tutto: ritrovare il respiro della giovinezza, urtare un amico di cui si erano perse le tracce, arrossire per la vampa di uno sguardo che il cuore tocca, appoggiarsi ad un muretto e seguire il rocambolesco trasloco di una pagliuzza tra le prensili antenne tenaci di una formica ostinata. Rinchiusi nei box angusti delle feriali occupazioni, confinati fra orridi torrioni, arruolati dalla sopravvivenza, senza sbocchi o salti di sorte in un vuoto di spiragli, tra ombrose spirali di vuoto, tacitando gemiti inascoltati i nostri giorni consumiamo. Bisogna riappropriarsi eh sì, di un pezzo di vita! Guardare altri tratteggi oltre il cerchio del quotidiano che ci confina con le sue nubi, strapparsi di dosso quell'odore di chiuso che si appiccica addosso e si condensa nel cuore. Si attende una settimana un vitale squarcio di sole, una manciata di raggi che ci ricordi il volto e i colori del cielo, un soffio di vento per veder scompigliata una pettinatura laccata, colloquiare in un segreto linguaggio con la cima irrequieta di un albero chiomato. Nella piazza affollata straripa il lamento del mondo, si raccolgono le storie confessioni di destini traditi e svuotati, si sfiora l'abbrutimento partorito dalla sterile monotonia di una scondita esistenza, sboccia la richiesta sempre umana e mai esaudita di una speranza che tra gli uomini e per gli uomini tangibile vera giustizia avanzi. Sarà deserta domani la piazza. Attraversando il fumo che resta dalle ceneri di combuste illusioni abituali piccioni, numerosi verranno a beccare sbriciolati resti di chips e patatine scampati alla bocca ingorda di bambini. Nella piazza svuotata, un lapidario silenzio, domani, disperderà l'afono clamore delle nostre illusioni. Non so cosa io sia o sembro Non so cosa io sia o sembro né mi congratulo con me stesso o mi infirmo o mi confermo; fuscello trasportato dal tempo subisco le fole dei suoi attimi e so che vivere è un grattacapo da vertigini; distinguere, se sei stato fosti o diverrai so che è un azzardo e riferirlo semmai potrà forse solo il cielo. Così senza orientamento ondeggio subendo le maree del destino, tra intrighi di supposizioni vago tra altri me stessi mai compresi. Imperfetti o perfetti monchi ci si declina a secondo del momento e il distinguersi in chiaro è solo ameno artificio per raggirare un nulla cenere che senza fisionomie ci ritrae. Se talvolta trovi il verso della tua vita svalutata c'è sempre qualcuno pronto a mostrarti il recto e così tra conversioni e coni per apprezzarti ti ingegni ma il titolo non cambia a seconda del contesto e per la precarietà non ci sono cure né le parole ancor dispongono dell'obiettivo con cui scattare le istantanee che in originale mostrino le luci, le ombre e i colori dei paesaggi attraversati dal cuore. Amore, fiore che ti schiudi Amore, fiore che ti schiudi e olezzi ad albeggiare di prima giovinezza, primo sogno che più non ritorna, al tuo farti frutto colto, da labbri assaporato, disceso al cuore improvviso, miraggio, poi dileguasti! Balaustro maturo a cui avida pupilla protese nella corte degli anni solo qualche chicco mi offristi quando il cuore tremante ti raccolse; per secchezza poi appassisti; fatuo brulichio di luci ti oscurasti fuoco per il mio freddo interiore per poca legna, precoce peristi! Tagliati i sommoli delle mie ali da anni, secoli, in volo in alto più non mi hai portato! Sai, ancora arrossisce e ballonzola il duro cuore vecchio e malandato se talvolta adescato è dal sorriso di una donna; un filo d’acqua bevibile, nei sogni lo raggiunge quando gronda dalle diaclasi aperte nella cristallina illusione in cui vive! Quanti grumi di nostalgia sono risaliti alla gola da quando ti ho perduto! Emaciate oggi sono le mie labbra per fuga di baci, convogli di tremiti più non sono partiti dal petto; ferma in piazzola di ansia, la mia vita melma e silenzio respira tutto intorno. Se eterno tu fossi e imperituro il vivere rimarrebbe la speranza di poterti ritrovare, ma la mia partita con il domani, non durerà molto; per la rivincita non ci sarà tempo: acri sentori già avverto, di scacco matto! Non disperdere o spezzare Non disperdere o spezzare ciò che salendo alla luce si dipana non rintombi nel'atro fondo dopo atroce dibattersi in sé un fiorire d'amore che evolve! Nel raffronto d'essere a cui timori ti trascinano per distaccarti da chi ti scalda ravveduta, riverberi e bellezza di più scorgi: vita d'altri mai simile è alla nostra la tua non è un'altra ma se stessa e a te solo il privilegio di addurla verso altri bagliori sia accordato. Nulla più di nulla, oltre l'amore che rompe il respiro, fuor da me fluisce nel giorno se mi levo e attraverso il tuo cuore; a te estraneo diviso non mi ritrovi senza aver lasciato orme durevoli quando affranto su me stesso ripiego stanco di mille sforzi tangibili per lasciare sul tuo volto un sorriso. Ho pensato per noi, oleati i cardini delle celle delle nostre vite, spalancato le pesanti porte ti ho preso per mano e pur senz'ali abbiamo non irreali un pò volato. Svigorita e ritornata al buio ostile a fecondazioni d'essere allo sbaraglio nel vuoto io non debba riconoscerti ineguale a colei che sobbalzare mi fece il cuore. Dispiegati essente e non stravolgerti: sii agnizione, fuoco mai spento tizzo ardente senza fumi, scoppiettio multiforme, calore che infervora una vita e la incanta. Se miope, non ti vedi fiamma o smemore non ti ricordi donna con chi dividerò il mio riconoscerti che alimenterà la brace e i sogni che in me lasci quando ti afferro e si riunisce ciò che non è disunito? Un avvenuto rinvenire che è tutto fra sfioriti noi è accaduto: non sia improbabile l'avvenibile essere! Io e te, non siamo che una sola cosa unico e abitato non può che restare l'alloggio dei nostri cuori se tu fosti colei che luminosità riconobbi: codesta sia la certezza presente e futura su cui adagiarci e riposarci. Se mi ami,snoda e non stringere il nodo scorsoio delle tue paure: innalziamoci più che precipitare salutare e salubre sia il vivere vivere tanto bramato che ognuno affabula e impegna a suo modo. La città del sole Il disco del tempo ne ha fatto di giri da quando lasciai la città della pizza del sole e delle canzoni. Il clamore delle voci nel budello dei vicoli che ti soffocano, la miseria che vi ha fissa dimora, i bassi angusti affollati da nugoli di fanciulli senza avvenire, una gioventù che sfiorisce per orditi di strade sconnesse lastricate di sogni stroncati, la tristezza che scolorisce il volto di chi non trova la mano tesa della speranza, dalla memoria, da allora che via me ne andai, più non si invola. Là, una canzone zittisce ogni dolore, una 'margherita' sazia un pinzare di fame, un mandolino in dolcezze scioglie il cuore come un cero se esposto a calura eccessiva. Sotto il Parco delle rimembranze, il progresso e il tornaconto di pochi da tempo hanno dato un colpo di spugna all'altoforno e alle ciminiere! Effeminati ed esotiche clacson girls come cavallette, in una nuova apocalisse la notte hanno invaso; la polvere bianca con i suoi annessi dilaga: a venti anni la vita già si perde in un pronto soccorso finale! Neanche il mare è lo stesso dall'ultima volta che azzurro lo vidi, da quei moli, quante navi sono salpate negli anni trasportando riaperti destini! I distacchi, le partenze forzate la malinconia di chi rimane, la nostalgia che addentella il cuore di chi va lontano, per ressa di ricordi, addosso mi ripiombano come una grandinata improvvisa! E' vero, sulla collina, tra i quartieri buoni, là dove affacciandoti a un balcone il pino ripiantato, i panfili e uno scenario disegnato su un lenzuolo di mare si mostrano, tutto diverso e trasformato t'appare. Ma ciò appaga l'occhio e non il cuore: la bassura dove si affonda conosce l'indifferenza che viene dall'alto! Vorresti le cose diverse, una chiarìa che non fosse mero vaneggio; vorresti la gente tutta felice e che sotto il bistro e il belletto, sotto il sudore e nello sconforto tutti i sogni fossero uguali. Oh i guasti antichi del mondo, la pena che il cuore distilla e amara s'affolta nel tempo che fugge senza rinascimenti! Intelligibile trama non si profila Ara il naviglio il flutto scie e schiume si disegnano lontano sfuma l'orizzonte cime di palmizi scuote un vento in alto corruschi e nubi. Che faccio qui oggi oltre i clamori estivi solo a guardare il mare e ieri che fu dove ero. Quante volte ho visto tornare l'alba e quante volte accadrà ancora; del vivere che ho inteso qualè l'opera del tempo a che le irritazioni di vanità le morti, le guerre? Si distacca già il presente ciò che univa si discioglie garbugli di pensieri bruciano più fitta la selva di memorie, dalla mente tessitrice intelligibile trama non si profila. Dov'è la rotta umana che non t'affondi cuore dove può apparire un faro un porto sicuro e ospitale: oh quando nel soliloquio esprimi i tuoi malanni! Avesse un nome pronunciabile e un indirizzo la speranza raggiungibile la pace del mondo indite non resterebbero le mie domande dissennate quando spiccano un volo ma perdendo giri e portata in un vuoto picchiano a spirale! Insondabili vita mare e cielo e di scie e corpi nulla resta lieve o grave tutto decade. Come avvinci defunta giovinezza di illusioni venditrice quando si ripassa davanti ai tuoi specchi e alle tue vetrine allo scoppio di una malinconia! Autoritratto Disappetente di vita per indigesti anni da tempo tossici vaneggiamenti respiro, di ideali asperso e illuso, romantico, di donne e amori a vanvera ciancio e ne sconto inganno, luce e tenebra già non mi riguardano assaggio di tripudi non corteggio; per i seri mali dell'anima a rimedi straordinari più non credo. Perduti volti e cuori amici, ricordi d'oro, talvolta passeggia la memoria e, per un po', li persuade a tenermi compagnia e in vita. Fasci di pensieri malformati dal giorno rastrellati devitalizzano pressurizzati; nell'ombra, sprovvisto di attributi, non visto esisto. Ah! E rammentare che una volta tra fervori giovanili scoppiettavo e su una pila di illusioni sfioravo il cielo! Pregno di pestilenze surgelanti in recinto di solitudine tristezze svago e ivi mai vi transita anima viva. E se pur d'incanto rimosse fossero le transenne del mio chiuso che mai potrei rispondere al passante che chiedesse i connotati del mio esistere. Come mi riconoscerebbe vivente attivo? Deforme per carico di malinconie quale stampo potrebbe contenermi, ridarmi forma: tanto sfigurato come potrei somigliare a un uomo! Al meglio, nel tratteggiarmi mi raffigurerei goccia d'olio combusto sospesa su uno specchio d'acqua pura che sasso o piombo aspira divenire per non vanificare un raggio di sole e offenderne luce e tepore. Senza contravviso, penso e mi convinco, sconfessando cattedratici opinionisti che di eternità si sostentano, che non si duri più di un frangente: il buio il vuoto e il niente terrifichi sigilli apposti saranno sulla bara del mio destino e non vi è sortilegio o rispolverata teologia che un giorno possa rimuoverli. Si, smantellato il catafalco, riaperta la bara pace per quanto abile e onnipotente pur resuscitarmi volesse un artefice come così poi ripetermi potrebbe! Era quasi oltre primavera Era quasi oltre primavera quel tardo mattino ancora sopravvissuto all’oblio. Tu eri dietro i vetri io con uno sguardo fisso in una strada a fissare il tuo balcone chiuso in attesa solo di vederti dimentico di dignità e pace. Forse un incantesimo una fattura o una droga d'amore operava segreta a nostra insaputa per riannodare i due capi di un filo dal caso reciso. -Perché mai sono qui-mi chiedevo -se la questione è chiusa?- Ridicolo quello stare lì immobile per ore a spiarti sotto un sole ostinato . Ah l'opprimente arsura di te quella sostanza senza senso che masticavo e dovevo gustare! Sapevo che il tempo reale mai è reversibile e che quello che era accaduto era accaduto ma speravo che, non più altera, dopo un'assenza prolungata alla voglia di rivedermi forse lusingata avresti ceduto. Alla certezza che saresti venuta a un appuntamento che non ti avevo dato mi aggrappai disperato. E così fu. Se esitasti non lo saprò mai ma fu un fatto che mi raggiungesti; rimescolammo le carte per un altra mano nel torneo dell'amore e fu un disastro ancora: un successo apocalittico! Non potevi crescere oltre né buttare potevi la tua pelle nulla di alato e rosato vi era nel tuo midollo. Stralciata una possibilità di essere insieme, chinai il capo: più non apparisti o essenze d'amore spruzzasti sul mio destino. Il meglio che potevo ti avevo dato fantasticando un futuro lontano prima che in lutto cadesse l’avvenire. Qual scheletro di ricordo ti mostri, oggi, nota di follia in una volubile e provvisoria vita fatta di niente e vuoto tra tristi defilés di giorni muti.. Se si attorciglia e ti domina uno spirito maligno Se si attorciglia e ti domina uno spirito maligno se con bizzarrie e stravaganze la mente ti pressa se genera avidità di pensieri esacerbi e malevoli o umore ti cangia e commetti misfatti affettivi se buon senso e amore prendi a schioppettate come caldamente puoi amare e sorriderti? Durezza rappresaglia e discordia con incostanza e collera si imparentano nell'incubo morboso d'amore che t’attosica. Perché mi fai blasfemo verso il tuo Dio perché non interviene per ricondurti a discernimenti e intendimenti ancestrali e difettiva di senno e verità poi ti atterrisce? Ah come mi privi della speranza prossima di vederti un giorno arrestare il mantice che fa vuota la tua mente che di assurde congetture tracima come ti opponi a spezzare la lunga catena di omicidi con cui sopprimi l'innocenza di atti presenti e passati, come nascondi le chiavi del carcere in cui ti recludi! Compromesso il lucido senno come distinguere serena l'attendibile dal falso e scorgere il confine tra l'assurdo e il reale! Devo elogiarti per il malessere che per noi due produci? Se termiti si impossessano di una trave pur essa appare intera ma se vi si poggia un piede poi tutta fria e frana e chi sopra vi passa precipita nella voragine di sciocchezze che al disotto si rivela. Se non si placa la tormenta che in te sfronda o ghiaccia gemme di logica che frutti potrà dare l'albero che si infiora di amore all'abbrivio di una stagione di vita? Perché fecondi in te mostri che addentano il mio e il tuo cuore e avviano sanguinamenti sul nostro toccarci e desideraci e macchiano di incertezze sguardi d'amore e di passione! Nascite e non morti io ti cerco non terrori ma coraggio e conforti donami; se il mio sogno di te vuoi lasciare intatto fondimi e confondimi nella tua vita che può essere racchiusa come tutte le vite solo in una sfera di tempo dal raggio finito. Assurgi al cielo del puro vedere e di grazia e desiderio datti nervature contrapponiti come magica luce al buio e ascolta voci di umano sopra il disumano abbandona il peggio e imbarcati per il meglio: senza soffi che diano vita non può esserci avvenire. Crepuscolo Di pochi tratti cambiano giorni e anni si stinge e si scurisce il tempo che fluisce e sfiocca speranze e sogni non abbaglio oggi balena all'orizzonte così lontano e intriso di inganni; l'avvenire è un moribondo e dell'accadere poco più gli riguarda. In un lampo, breve, tutto è passato: il verde è bruciato, i castelli di sabbia son crollati, ali da urti stroncate giacciono inerte al volo, nel buio o nelle ceneri del fuoco che ci bruciò nulla più brilla il cuor per evitare addii e nostalgie oltre un no o un si non si sgola. Il prodigio di non sapere, che si materializza nell'ignoranza o nel culto di vanità, per tanti avverato, resta tuttora la nostra invidia insoddisfatta. Un fiocco rosa o celeste..un necrologio affisso al muro e infine la vita si sfascia: l'estinzione, il peggio visibile o intuito è la conclusione del vivente! Basta fissare un vecchio o un morto per capire l'ineluttabile verità che alla quiete dell'abisso ci consegna. Nuovo tempo acre per un sentire acerbo scandisce l'attesa -lunga o breve che sia- di vedere il tutto compiuto; senza sonnifero e ad occhi aperti perscrutiamo il nulla che sta incubando: pensiamo alle fandonie in cui abbiamo creduto all'illusione di altri mondi mai veduti alla marea perenne di morti e vivi alla folla né allegra né triste delle vie alla sostanza che si scompone e cade al vento. Nel sopire dei ricordi, un nonnulla di cui non siamo né autori né arbitri, si compone e ci inquieta; prossimi a una tappa senza seguito, indisposti al riso, restiamo a fumare il resto di vita che ci è dato. Oh bellezza e amore perituri conforti fugaci ai lutti umani propiziati dall'opera insensata di un materia canaglia e immortale così banalmente vulnerabile nei suoi aggregati e nelle sue forme! Oh Poesia! Oh poesia, di me piagato conforto mio canto di amore e di morte, esistendo come feroce ho dissacrato il tempo e la vita. Ti contemplo e mi rapisci quando tutto fugge nel sereno o nella burrasca restami accanto. Oh depositaria segreta delle mie confidenze se mi sfiori, in me ti effondi! Vivendoti, alata eccelsa e sublime come e quanto l'anima ti ha cercato fissando un cielo infinito! La tua identità del tutto mai mi rivelasti eppure il cuore sempre ti riconobbe nella gioia e nell'indomito dolore nel respiro furioso o sereno del mare, nell'ondeggiare di una speranza attesa in un volto perduto e mai più ritrovato nello stelo che cresceva o nella rosa che moriva! Miracolosa palpitante, trabocco di vampa che infuochi, il tuo calore diventa il mio quando incandescente me solo accompagni! Discendi come puoi nei miei giorni addolcisci la mia sorte l'anchilosi del sentire mai senta. Che ti veda e ti crei e ti tocchi e ti suoni se intorno un nulla si spalanca; alla fine di un deludente vissuto formicoli un raptus per altro respiro. Poesia, dentro o fuori di me che tu sia non posso non corteggiarti e amarti! Dài sollevami allettami e distraimi se stemprato mi accovaccio ai tuoi piedi risparmiami un'ansima se al buio mi abbatte un amor di vivere perduto e nulla più intorno vedo rifiorire! Una lettera non recapitata Vaneggiando spirati tempi da voi, maritata e madre di più figli, io folle evaso, dalla mia cella di sogni invecchiato infelice ritorno! Orsù non me ne vogliate, se irriconoscibile, improvviso sbucato da una fumea d’anni, per una volta infrangerò la ferrea legge che disciplina le nostre separate esistenze, se inquirente estorcerò notizie sui vostri giorni, la confessione con cui, compunta e a malincuore, ammetterete arrossendo che qualcosa di me, in voi, pur sia rimasto; che talvolta, al riemergere di un ricordo, il cuore in segreto riattizzato a mia insaputa, poi abbia tremato. Il sentiero del silenzio che percorro è troppo lungo per arrivare fino in fondo senza tentare la fortuna di renderlo sonoro! Lasciate che ora qualche facella, un lustro io strappi al buio che mi accompagna in queste orripilanti lande, disseminate di carcasse interiori e spenti accadimenti! Sulla tastiera del cuore orchestrale, sapete.. le note d’amor che da giovane mi insegnaste riecheggiano; fughe di attimi felici ritornano a ripercorrermi come nel possidente che alle sue terre ubere poi abbandonate ritorni Pur se amor continuerà, chissà per quale prodigio, a fruttificare tra sabbie e pietraie e l’arsura di voi non troverà il dolce di un otre che la calmi, non temete: remissivo obbedirò come predestinato alla mia sorte, ma non privatemi di una vostra addolcita parola, dell’illusione di aver rubato un luccichio dai vostri occhi. Incurabile, mi riprenderà la nostalgia tra le sue braccia; baccello vuoto ritornerò ad essiccare al sole; verrà da lontano, noncurante, una alito d’infinito a disperdermi tra le plaghe delle ammortate presenze: un’onda di polvere amante, si infrangerà sul nulla! Dalle strade da voi percorse, caduti fiocchi d’oblio si cancellerà il tangibile rilievo di ogni mia traccia; acquietata, per altri abbrivi riprenderete il cammin vostro archiviando l’infausto verdetto emesso dal tribunale del cuore per un errore d’amore, un tempo da voi perpetrato e da me, nell’ombra sofferto. Forse un giorno, sulla collina dove ci avvampò un bacio o in un bosco, sotto un pino seduto, tra pause di vento, guardando aghi cadere, ancora, a voi perduta, come flutto alla riva, andrà il pensiero: un nome, che per apocope diventa rosa, il vostro nome, mi ricorderà il dolore alla sepoltura di un respirato sogno! Così avrei avrei voluto dirti un giorno E ora che nell'assenza ti ho ritrovata senza colpi di scena o pianti accoglimi nella casa del tuo cuore: sono stanco di vagabondare solo senza sapere perché e dove andare. Anche nel ripostiglio starò bene e allorché sospinta da un ricordo -forse eccitata dall'impalpabile- rincarnata verrai ad aprirlo d'incanto prenderò colore luce e aria, per un frangente igneo indugeranno i tuoi occhi reconditi sui miei e mi attraverserà un fremito d’eterno; con un sobbalzo, dall'anima, un sorriso fiorito si appunterà sui nostri volti. Allo svanire poi del sovrappiù concessomi pur nel buio ancora ritornando accanto vivente mi resterà per sempre la felicità di un germinato sogno. Accoglimi: molto tempo non ti rimane! Su di me già volteggia la rapace morte rostro e artigli del nulla già distinguo impazienti di avventarsi su un'arresa vita. Accoglimi nel nuovo nido d’essere come fa alato per nidiata d’altro alato covami col tuo calore e cinguetti d’amore, sui contrafforti del mal di vivere non mi schianti poi al primo volo: arso e raggiunto da geli sbuffi e colpi di me stramazzato non resterebbe niente. Prima che il tempo una fiaba incenerisca lasciami giacere con te impazzito d'amore: nel tuo donato asilo folle mi batta il cuore come nei decorsi dì che avvinti ci videro quando, per noi appassita o dimidiata una speranza tutta intera rifioriva. Tuttora il mio cuore malmesso Tuttora il mio cuore malmesso tra andane di ricordi, somaro va avanti e in dietro e si stanca vivide troppe malinconie tra pendii temporali sconnessi gli parlano di irrintracciabili ieri. Come bellimbusti, vecchi moti nell'animo vano sospirano per miracolo e vanno via nel corso delle cose avvenute irrequieto mi sono perso e invecchiato fallito in tutto, ancora devo pensare senza aver mirato e raggiunto una meta. Da tempo giornate silenziose passano fredde e piovose nubi basse coprono il cielo di cose che mai furono vaneggio stremato, cimentarmi più non so a inutile fantasticare domani. Sbronza attraversa il mondo la vita, senza pause, inciampa si rialza e ricade in un illuso e colmo andare insensato; in sé già porta il distacco l'atto creativo: nell'attimo in cui sono concepiti per le metropoli del nulla, scarnati muoiono i sogni il piacere e l'amore. Eh!.. nasce e vola l'uomo per l'esistere e incredibile ben presto scompare come l'uccello che abbandonato il nido poi più traccia visibile lascia oltre la scia! Fossi matto divenuto del tutto ora non saprei lucido chi sono. Oh potessi cadere con il cuore e la mente in un lungo letargo resterei incosciente e in quiete: prenditi tutto per sempre possente oblio posso fare a meno dell'ombra che sono e più non è tempo di implorare fughe e ripari.. Fecondo spira il tempo Non narciso nello specchio a volte mi miro lo spessore delle rughe alla luce misuro del ciuffo giovanile sulla fronte grigio ne è oggi quel poco che resta. Per il nostro essere oggetti precari sociali e biologici niente è in controtendenza; sì, fecondo spira cova e trama il tempo e mai riposa l'acqua del fiume come l'età che avanza sempre scorre nello stesso verso tutto sta dietro e forse nulla è davanti all'infuori di una verità che ci aspetta silenziosa e chissà da quanto eterna. Ah goduria di chi si crede immortale e ripudia le rivelazioni dello specchio di chi non conosce la stanchezza di un passo, di chi annunci di scricchiolii ignora o non ode! La si conquista la vita, euforici con essa si fa baccano e baldoria ma per non guastare la festa non bisogna comprendere ciò che dice quando per un attimo diventa lucida: è come quando il giorno che perde il lucore e va incontro al tramonto non tace sulla menzogna sottaciuta che a mezzogiorno ci ha illusi. Non vedere né ricordare smettere di interessarsi di sé stessi assentarsi del tutto e non fantasticare su cosa ci sia oltre l'orizzonte e ci aspetti. Solo l'universo pur tra polveri buchi neri e buio produce nel suo nucleo le sue stelle e i suoi mondi: per noi è e sarà sempre tenebra prima e dopo il poco che siamo. Allo stato attuale, salvo aggiornamenti, la scienza dei materiali non ci ha ancora svelato perché la proprietà del durare a ciò che è mortale non sia data. Si specchio luminoso non mi sorprendi inaggirabile è l'immagine che mi mostri e non ci rivedremo mai identici: sai, la sala dove si proiettò il futuro da tanto è chiusa, lì in un battibaleno fumai la vita e sul suo schermo bruciò ogni luce. Assortito di immedicato. Cos'è questo sentore di cipressi così forte e vicino che si effonde questo atterrare di ombre svelanti che grevi sul cuore si appoggiano? Bloccate le allegre risonanze immaginarie se penso ai metadati di un deceduto passato intendo il vero nella sua chiarezza ultima o in un'illusione perfetta ancora stravedo? Appunto e contemplo le fisionomie delle entità a cui appartengo, senza depistaggi le affronto; con scorciatoie percettive puntuali si adunano e sfilano in parata eccole: il sé il tempo la morte e la vita le compresenze ambigue fuse e affratellate! Al loro avvento mi chiedo per cosa e perché vivo e cerco una chiave per decifrare chi sono. Che rispondere, chi sa rispondere nell'imminenza di un decadere in atto? Se la pregnanza di un fine tace o si assenta nulla ci soccorre, se in una fossa buia tombiamo ogni zolfanello acceso si spegne mentre cocciuto scorribanda tra le vene il fervore di ancora percepire chi siamo. Vi sarà mai una fluida luce verace, non disturbata, trasparente come acqua alla fonte non contaminata che in un censimento di consistenze rivelatrice sia di un ritaglio umano preciso che non surreale infondi una risposta leale? Resta in mano di demiurghi il logos della vita! Oh non so chi siano questi dòmini invisibili che dietro all'inconoscibile despoti ci lasciano abitanti isolati di solitudini infinite! Se non si allontana l'oscurità non vedrò mai il sole né mi abbraccerà una lucore. Non lavorarmi ai fianchi terrore intuitivo se il ghigno torvo dell'intelligibile incontro! Non voglio morire pestato e soffocato dalle mani di un'ignoranza sovrana: un lampo cognitivo mi incida la serenità definitiva di un esosapere appreso senza lacune di: “ma, può darsi,forse, chissà..” Alzarsi sulle punte dei piedi per scorgere oltre non serve mio amato Poeta delle cinque terre! Illustrazioni poco illustrate Il volto del cielo è mutato, virato è ad altri colori sull'inquadratura di limatura di vita che il tempo abrasivo ha prodotto or vispo soffia un vento ridestatosi da un lungo sonno. Sarò stato nel frattempo come frastornato da qualche parte? Avrò nostalgia di calura appena arriverà il freddo penserò al mare che ho disertato per tutti questi mesi passati e prima o poi tornerà il pensiero che forse una porta sarà abbattuta quando di me, né sale né pepe, altri non avranno più notizia e preoccupati penseranno che qualcosa di grave mi sia accaduto. Di che mi sono riempito respirando quasi appartato, di che sono stato muto spettatore, cosa ho atteso e a quali appuntamenti ho mancato? Mi rispondo su tante cose ma senza attenzione, lo sguardo fisso sulle cose trascurate che mi circondano passa da punto a punto a caso. La clessidra sempre là a misurare crolli assenze e presenze: sulla mensola altri fiori mummificati, il velo di polvere sulle scarpe dismesse da tanto si è ispessito. Poco si dischiude e tanto si chiude sui greppi dell'incolta speranza ininterrotte le sparizioni e i decessi; a dismisura si dilata il vuoto e nessun successo riporta il cuore se aligero nulla acciuffa svolando su arsi sogni e aduste illusioni; a promozioni di spegnimenti aderisco di innamoramenti fiabe, nessun ricordo. Senza chiavi nessuna porta si apre in una oziosa eternità infingarda sosto. Sopporto appena il respiro edè un fatto e così ancora vivo ingannando la morte. Or tu lo vedi mia compagna come un battagliare cruente con la maligna sorte è in atto come i suoi assalti ininterrotti nel tempo senza tregua ripete; forse né tu né io ne usciremo indenni o un dopo l'altro resteremo sconfitti ma non possiamo abbandonare il campo di battaglia a meno di non volutamente rinunciare al tutto che è poi il niente se non siamo insieme. Nessuna polemica col cielo se poi stanno così le cose. Bisogna restare in piedi se non per noi stessi almeno per chi ancor ci ama e innalzare i nostri vessilli per annunciare di essere sopravvissuti sbandierare che in tutto o in parte ancora possiamo disporre di noi. Il desiderio di fuga o l'idea di rinuncia a essere corrompitori del coraggio e del vigore tante volte minare la speranza hanno tentato e bisogna avere tanta forza nel cuore per respingerne le argute ma vili argomentazioni: compulsata la vita, corrucciosa pur sempre, ci ha dato un'eccezione elettiva. La cattiva salute, all'apice, a furia di insidiare quella buona spesso la sopravanza e poi affolla le corsie dei pronto soccorsi ove ci si batte per durare. Alcuni dicono che dopo il purgatorio debba esserci il paradiso ma chi può giurarlo e correre il rischio di essere spergiuro. Tuffiamoci a occhi chiusi in questo fiume dalle acque torbide e tentiamo di nuotare verso il mare e poco importa se più non emergeremo: anche nell'abisso può esserci una luce abbracciati da un raggio possibile forse resteremo uniti. Caducità Caducità, precorritrice dello svanire, poi che demolisci smantelli e distacchi quanta tristezza dài al cuore mio! Paurosamente quanto ho perduto quante erbe dai prati dei giorni vissuti strappate o rinsecchite, quanti i flosci lacerti di sogni sfiancati le degenze senza speranza dell'effimero sfinito nelle corsie, oh l'infertile perire di decorazioni illusorie! L'acqua leviga i ciottoli e i pendii la tormenta abbatte strappa e deforma mentre l'insaziabile tempo nel suo incedere spietato tutto divora col suo appetito! Il pensiero, come amore bellezza e vita, sgorga si disfa e scompare; dissipa l'oscurità il luccicante si distende il telo nero del nulla e tutto ricopre come una fitta chioma rendendo la vista cieca. Dopo anni, che resta o ricorda la casa lesionata dell'impalcatura erosa e arrugginita un tempo eretta per costruirla? Il movimento degli istanti vissuti col suo incontrastato fluire ogni realtà trascorsa cancella: solo se vi è uno stelo esiste un fiore! Senza fini attacca e sfiocca il vento la nube, la scompiglia e ne soffia i resti chissà dove: poi deserto azzurro nel campo visivo. Ciò che va all'indietro mai ritorna lì dove era e viveva, niente nell'irreversibile si ricompone e troppa fretta ha l'accadere per fermarsi e attardarne il destino; l'intrattenibile, che percuote e fugge, mai colore verso o direzione muta. Caducità, solo fanciullezza sognante e sventolante giovinezza ti ignorano! Apprenderemo oggi la rinuncia all'imperituro l'Io e il cuore perdoneranno il caduco che mai ferma il suo volano muto. Sfarinando sfarinando Svaporata ogni egolatria fumosa sfarinando sfarinando tutto nell'inconsistente si completa più nulla si salva di una trama tarmata che consunta si sfilaccia col tempo ogni centro opulento si fa misera radura isolata e nell'incolonnamento verso la fine chissà mai dove si andrà a finire. Non vi è germoglio che non divenga foglia secca o sogno monumentale che sgranulato dalle grinfie del tempo in pulviscolo il vento non disperda o stipata speme che per difetto d’aria non ammuffì acidificata. Come quando e perché tutto si degradi poco importa, bruciamo da che nasciamo e non ce ne accorgiamo e finché ci infinocchiano illusioni mancherà tempo per pensarlo. Accorgersene e impetrare a nulla vale ma consapevole il poco di noi che resiste e sopravvive ami il sovrappiù del respiro quando ancor uno sguardo si accende e un raggio di luce giunge anche se più non sfoltisce il vivere le sue ciglia o di rossetto imbelletti le sue labbra. Pensare in positivo o in negativo non cambia la verità dell'accadere, se non possiamo sbaraccarla la malinconia quando la realtà piena è svelata conviviamoci! Che altro può più sorprenderci che altro non noto da acquisire! Inutile sarebbe ostinarsi a venerare una collassata identità in estremo delirio. il dispiegamento dell'esistere segue i suoi piani e le sue evolute e ogni singolarità ha la sua catastrofe: la morte sta sul ramo discendente orientato della cuspide in cui cambia direzione la vita. Modellati dalla natura e orientati al nulla senza più propulsione a eliche o a turbina senza possibilità di fughe o alternative nella trappola della gravità cadiamo: non un lagno al suo scatto ci sfugga. Oh la fortuna dell’albero che stramazza alla bòtta di vento! Anime del fiume che stanche andate Anime del fiume che stanche andate come cupe nuvole in un cenerino cielo acque non più chiare offese da scorie umane che tra giunchi e vimini al lontano mare puntate, a voi, pure e incontaminate in un caro tempo d'innocenze e svaghi le mie barche fatte di carta di giornale affidai; dalla sponda brulla, spiando trepidante, ne seguii attento l'incerto periglioso viaggio. Ancor seguo il lento fluire che vi porta e che mi porta rivivo oggi perduta ebbrezza per protratti trastulli equorei. Ripenso a quando fanciullo a pied nudi da sorgiva polla a colme giumelle vi attinsi placando l'arsura del giorno; di pietra in pietra a saltellare birbantello ritorno per ritrovar l'inavveduto spinarello catturato nella angusta secca e subito poi scaltro dalle mani via sgusciato! Gli empi insulti degli uomini a morte hanno ferito le sacre fonti che vita vi danno. Ammortate trasparenze a liquami e fecali insidie hanno ceduto il passo, in singulto tramutato è il sorriso delle argentee e cristalline spume delle antiche correnti, draghe sempre più in basso hanno raschiato il fondo, cosparsi cocci di bottiglie or spesso adornano feriti sinuosi adusti fianchi! è duro questo nostro tempo: in fetidi pantani spesso agonizziamo aspettando ansanti un destino sovversivo che rischiari i nostri giorni. O potessimo rinascere e dimenticare, ritrovare le speranze seppellite negli anni e dalla spirale del gorgo per sempre trascinate e affondate! Ancor in me si effonde amore All'avida morte ghermitrice che non risparmia uomini affetti e cose Amore perituro ti ho strappato nella serra degli ideali ti ho preservato in un verso o in una lettera ti ho reso immortale. Ah il tuo esordio nell'innocenza dell'età quando l'animo la soglia dei sogni varcava: altro diceva la vita, altro ci sostentava mia confusione di indistinte emozioni! Sola uscita di una caverna cieca ombra d'ali sulla terra, gonfiore d'anima arco di volta celeste su te sostenni il cuore. A prima vista dopo un incrociarsi di sguardi o appostato e in attesa di maturare di eventi dietro una cornetta o accompagnato da un fiore tra scocchi di rossore con te declamai or come uno scolaretto alla prima recita or come un vecchio serioso adulatore. Magico sublime, in cerca di un posto sicuro che sfamasse il cuore a crampi di affetto, compagno mi restavi se all'alba di una speranza tradita e offesa solo mi trovavi. Quanto mi desti e quanto per te donai quanti gli echi e i timbri della tua gamma: mai parvenza ingannevole in me regnasti. Tu perdoni, capisci, sollevi, soccorri bagliore o fuoco dai luce e riscaldi dove gli altri due falliscono terzo occhio affondi e penetri con sorriso corteggi cuori ritrosi spaventati indecisi rassicuri. Solo tu splendi nella notte nera quando un buio grasso sovrasta rovine di anni e di illusioni sempre te fischio se annuso il nulla o trabocca nera malinconia e si sparge . Corrimano rassicurante pur incanutito a te mi aggrappo a volo per vincere il terrore di sfracellarmi percorrendo stanco e deluso il teso filo sospeso della vita. In sosta sul vecchio ponte In sosta sul vecchio ponte dal parapetto malmesso e muscoso tu spii segui e ascolti l’acqua viva che sotto vi passa. Origlia attenta la mente lo strepitare di quelle acque. Sullo sfondo vaga e tremula una immagine muta: si sfrangia , si riforma, la scompone un gorgoglio l’annega un risucchio. Giunchi intirizziti e canne mezze rinsecchite sorvegliano dagli argini l’indome flutto che il pensiero riporta a quello invisibile della nostra vita che con cadenza frettolosa avanza e senz’orma durevole lasciare di ieri mai ci dice dove corra. Quel brioso mormorio del rivo gonfio pare ronzio d’orecchio illuso, quelle guizzanti e nivee spume ricordano vanesie speranze andate in fumo o in malora in un caduto arco di vita. Su crespo mobile specchio a tratti riflesso ti miri, tremulo pensi a come sei oggi e dubiti di essere ieri stato un altro. Proteso al passato cenere spali memorie seppellite: giovinezza e sogni lustri, amori dolci cari e superbi che per un’ora ti addolcirono il petto. Ma sai pure che il tempo pieveloce come l'acqua o un dardo procede in avanti e non si volta e così ti inoltri oltre il frangente, temi il futuro vago che non conosci fragile rifuggi da ogni attimo che crolla. Ah l’orizzonte remoto oltre la foce ove una luce va morendo e il cuore ancor vi guarda. inseguendo un indomani che non indugia e non ci aspetta! Sapremo mai un altro modo di essere? Vinceremo l’indifferenza del cielo che ci riabbatte, meno dolente si farà l’oscurità che ci viene incontro a gran passo. In primavera scenderemo al torrente a bagnarci la faccia; una freschezza speranza, forse verrà ancora a rivisitare il nostro volto. Perché -ti amo- mi dici se più non mi ami! Perché -ti amo- mi dici se più non mi ami! Sfacciata, non ha vergogna il tuo cuore mutato di ripetere lampanti bugie? Non sai che falsificare conio è reato? E' pietoso ufficio della tua voce consolarmi con menzogne palesi? La nuova non lieta che brilla dietro una maschera non nascondere ciance scusanti eloquenti non infinga la tua mente! Se in te più non scorre il sangue dell'amore non vi è magia che possa riportare le tue labbra sulle mie: se prosciuga e si fa pietraia il fiume o vi è siccità o vene d'acqua sorgive permeabilità più non incontrano. L'allucinata fantasia ancora non mi illude: intendo la sciagura, la candela è spenta la cera è finita, risparmiati attenuanti e preziosismi verbali. Vedi non piango, non gemo, capisco e son sveglio e fingo che sia tutto solo un malinteso. Come la rosa pure l'amore sfiorisce e appassisce, nel traffico di nubi va e viene la luce ma al tramonto piomba il buio dal cielo l'acqua limpida che sgorga alla fonte intorbida poi fluendo verso la foce; dissipata la dote di illusioni prepara in silenzio le sue valige la vita. Nel cortile del bene perduto all'alba del giorno condotto senza occhi bendarmi e confessore spara pure la verità in canne e fammi secco: mira bene, non mancarmi per insorto rimorso non ferirmi di striscio per errore! Dopo il boato si silenzi il cielo quieta sia l'aria che più non respiro. E' legge antica: nascono e spirano avvenimenti d'amore e di vita, tutto si perde tra i fumi fischi e sferragli di un tempo che sfuma. Lettera per mia madre nell'aldilà L'ora che a te mi congiungerà lo sento si fa’ più vicina madre l'attesa della buona ventura speranzosa si erge tra il consumarsi di atri sostanziosi contorni di vuoto. Da quando, ci separammo tu muta e io in lacrime, quante cose sono accadute: molte non le avresti approvate se fossi stata ancora qui e ti stupiresti sapendo che fatti impensabili a mitraglia pur mi hanno colpito e -impossibile!Come..!?- certo mi diresti che sia. E' da tanto sai che non so più dove mettere i piedi per restare in equilibrio con la mente e non strisciare tra confusioni di vita e di morte, se andare a destra o a sinistra ai mille bivi che incontro vivendo. Mi grava la memoria il passato vedo i dettagli del mio fluttuare vacillo, cerco appoggi, scivolo fin nel fondo, atterrisco smarrito; alla ragione e al cuore cerco aiuto mentre il sangue impugna e abnega l'abitudine di scorrere tra le vene; non sto più attento alla salute non curo acciacchi, mi rassegno rimedi a morbi fisici e morali trascuro. Senza rifluire di volontà persa è ogni guida, né prudente né coraggioso non so dove andare disfatto più non mi allungo e mi contraggo se da una fessura giungono raggi di domani. Vorrei essere cieco e non vedere non fare testimonianza del vuoto che mi beffeggia e mi insulta non scambiare fandonie con altri vivi cercare e inseguire fughe d'infimo grado o trovare le mani piene di niente se tento di afferrare ancora frutti da questi giorni che si intestardiscono a tenermi secco in vita; sempre ancor più disubbidisco agli imperativi di desiderio e di possesso di bene e di sostanze apparenti. Madre, non litania è la mia per questo malessere che non si appiana ma elegia di stanchezze, stillicidio di astenia,disegno di aspirazione incalzante di pace, di quella pace diffusa che regna oltre i fracassi e le idiozie del mondo di quella pace che tu anima semplice nel silenzio dell'aldilà certo da tempo hai trovato. Ho percorso rive rigogliose mi sono immerso nell'acqua poi nella palude tra sabbie mobili ho sentito il gorgo funereo di ogni senso di stare in vita dopo i suoi inganni or attendo una tua mano soccorritrice che fuori mi tragga e mi salvi. Dove sei tu trovami uno spazio si riannodi un filo da tanto spezzato senza peso nelle acque del tuo ventre ritorni quanto prima per non lasciarle mai più. Musicomania Lo spartito degli anni per il concerto di controluce che impaura il mio tempo è quasi ultimato A parte l'ouverture, un granché finora l'esecuzione non è stata fughe malinconiche e pazze dissonanze poche volte applausi hanno potuto strappare alla platea o al loggione di giorni in ombra molto affollati. La partitura l'abbiamo a lungo sfogliata e riveduta molti al vaglio i ritornelli ripetuti e stonati; le altezze e gli acuti di tristezze sinfoniche il consumarsi di desideri nel cuore mutato più strappalacrime erano di quelle di un fado, struggenti gli accordi a volte intervallati da armonie gioiose e rallegri mai più replicati. Oh quante varietà ha la musica orchestrale quanti musicografi interpretano il valore dell'esecuzione del tema dell'essere! L'avvicina e l'allontana il vivere che si protrae e ci sorvola il canto flautato della speranza romanzata così come fanno le trombe e gli archi del mare tra una salsedine che si alza e ci investe. Oh il vento che ascolti a distanza quando suona nel canneto solitario sul lago l'animo che per arpeggi languenti si assonna mentre tutto passa e niente si ferma nell'immobilità del pantano dei sogni! Registrazioni rinfuse a passeggio per la mente.. Sarà per disputa di briciole o per istintivo rituale di amore che sul balcone soleggiato si affrontano due passeracei striati sbucati da chissà dove. Ecco che si rimbeccano come ostili. Tregua: rinunciatario va via uno, pago poi l'altro trionfo lo segue. Sollevo lo sguardo oltre gli abbaini un esercito di nivee nubi semidorate in ordine sparso attraversa il cielo ai sospiri di un vento quasi impigrito. Che ancora si concluderà o inizierà oggi nella mia vita e nel mondo, vi sarà un annuncio luminoso riceverà segnali l'antenna dei sensi sintonizzata sul nulla, sciopereranno i soccorritori sogni quando per uno sbalzo d'umore il barometro di fiacchezze raggiungerà sull’indice l'ultima linea? Oh se mi addentano tutte le malinconie con la loro libidine come curerò gli spasimi che danno al cuore! Se non penso non vivo, se vivo penso e così non posso disertare ciò che mi duole devo consumare il mio pasto giornaliero di intrugli che acidulano l'animo e nessuna pozione di dolcificato dissolve. La si fuma e va in fumo la vita ad ogni spira si stacca cenere e mentre si fa mozzicone estinguente guardi il prima e il dopo negato. Meglio non pensare: sia l'apoteosi del sonno! Bisogna per necessità sorridere come ebete anche per nulla autoimporsi di arridere, anche se inutile, bisogna parlare e vivere. Continui pure l'incoercibile sorte i suoi intrecci di bene e di male di gioia e di dolore, di vincite e di perdite di assalti e ritirate di illusioni stringa i suoi nodi senza scopo e fine e celebriamo l'insignificanza del tutto addottorati in ignoranza e non senso. Non coltivo conoscenze o speranze possibili, né più faccio ipotesi evolventi ma se ne avete, viventi tenetevele! Vieni fuori, esci dall'ombra.. Può il vento delle parole amorevoli incidere o scalfire muri di granito? Eppure col suo mantice soffia e nel tempo con carezze modella il crinale selvaggio che lo respinge, da sporgenze informi e senza volto vi ritaglia, a volte, fisionomie divine. Io non so che essere vento vento che parla all'unisono umano che scava dentro chi non intende onda d'aria che increspa e infrange lo specchio trasparente ove vanità in sosta narcise si mirano, onda che cancella immagini che niente di chi vi si specchia riflettono conforme. Soffierà stanotte il vento alla tua finestra ma non aprirla, il respiro registrane in silenzio. Fiuu..... fiuu...... Lo senti che parla con la mia voce? -È tutto nero,è tutto buio nulla si rischiara in me voglio restare dove sono!- Così incomprensibile amica mi sembrò di udire l'ultima volta che sognai i tuoi occhi sui miei.. Or prima che mi avvii oltre la linea che ci separerà all'infinito, ascolta: vieni fuori, esci dall'ombra non ti fermare interita sul nulla se riflessi di luce ti trapassano e in una scia luminosa resti impigliata. Sollevati sopra l'opaco e il nero e spicca un volo, rompi l' indugio e guarda oltre. Vi sono tempi e luoghi d'amore, piane di speranze navi in partenza, giovani sogni in attesa. Varca il limite del limite e cambia possesso di ciò che non hai cedi ad un'altra fede e fanne polo luminoso ovunque visibile quando il cuore si smarrisce e all'impazzita vaga senza meta girovago tra paesaggi di giorni orripilanti tra vociferare di echi di bubbole o strazi di memorie di un'età passata. La luce si cerca dentro e fuori di noi senza abiura o pentimento per quello che avemmo cercammo e fummo, affrontando il possibile e l'impossibile che come acqua che fruscia nella gora si può udire fluire tra le anse i gorghi e le curve del fiume della vita. Non vili duelliamo, battiamoci difendendo il regno della luce: meglio perire in combattimento che essere umiliati e iloti in marcimento incatenati ai ceppi della rassegnazione arresi e remissivi a ciò che accade senza scatti alteri, vinti tra i vinti. Raggiungi te stessa prima di altro cedimento cessi una inanità interiore, fatti sovversiva nell'attimo non ambiguo che ci unisce in questo soffio che ci trapassa e va oltre. Quando eterea dirompi Quando eterea dirompi nell'aria che respiro dentro di me ti scrivo dentro di me ti parlo e son calde parole d'amore brani dettati dal cuore. Narrano di luci fruscianti in un'atmosfera senza tempo e senza spazio, di tremiti di brillii, di fosfori sfrecci di inseguimenti e di fughe tra passar di notti di giorni tra cortei di sogni e visioni; raccontano di venti e di sospiri tra incanti e disincanti di carezze a volti di illusioni. E così nel mio profondo mi afferri o fuggi via vano poi ti inseguo; svanisci e non so più dove mi trovo dove vado o cosa fare se curare o lasciare la stanca vita disfarsi se all'alba cercarti ancora o assopirmi nell'ultra buio. Come polla dai miei anfratti sgorghi acqua dolce e limpida e nelle arsure di solitudini ti offri per umidire labbra arse quanto ti attingo a piene mani se mi chino sull'argine pietroso mentre rapida vai verso il mare! "mi si perdoni se di nero macchierò una pagina azzurra.." Poiché la vita dataci in prestito.. Poiché la vita dataci in prestito alla scadenza bisogna restituire se tanto deve essere, bene avvenga pure quanto prima ma accada in un batter d’occhi e mai aggravio per ritardi o ritrosie si debba poi scontare. Ente creditorio, se proscritto, subito allora scancellami dalla lista! Voglio andarmene via di botto e all'improvviso, pure senza preavvisi: non bramo proroghe o sconti di agonia; scoccata l'ora nulla chiedo a chicchessia in alto o in basso che possa imperare. Non voglio fare code, spazientirmi brontolare per estenuanti attese: svanire sia di gitto, all'istante così come fa’ un riverbero dorato su acqua ferma di stagno quando più non fende il sole intrighi inquieti di rame frondose. Evitatemi di udire, come in un delirio, una voce da oracolo che sentenzi funerea - Non c'è più niente da fare.. portatevelo via: l'obitorio è squallido pur se pieno è di fiori!- Si, andarsene senza saluti e commiati penosi persuasi dal fatto che tutto è perduto, sparire come un bianco capello caduto che un respiro di vento svola chissà dove. Evitato ci sia di guardare predittivi la scia confusa di passato e spirato futuro che come quella di una nave nella notte nel buio poi scompaia senza tracce o rumori. Un semivivi marcire o uno sprofondare pernicioso ci risparmi la sorte e non ci si rammarichi che in un nulla il vivere finisca e si risolva. Se nel supplizio di un rimando, impostoci per sovraffollamento di salpanti sul molo, agli abitanti del cielo imprecassimo, se muscoli già flaccidi restassero fermi e passivi ruotassero ebeti occhi, se la volontà di essere ottusa resistesse e disperati nel vuoto affondassimo, se fossimo smorti di sensi e storditi allora ancora più festeggiante la morte baccante farebbe sbornia di noi! Ah potessimo eluderla nei suoi preparativi privarla dei suoi lussuriosi baci di congedo quando su ossa e carni arrese, dopo scavi di anni, trionfante, atri ponteggi eleva!
Lontana, non più di un tiro di arco Lontana, non più di un tiro di arco in linea d’aria, sola nella tua stanza sei, io qui, tra sbornie di silenzi consumanti, a una invisibile catena legato poco rassegnato, ad aspettarti resto confinato. Un pensiero, dolce, tra le vene in brontolio gentile e tenero accaldato ti parla mentre seguo la rotta pazza del fumo di una sigaretta ancora accesa. Fossi maschio di allodola di istinto allora spiccherei un volo: atterrato sul tuo balcone, l’apriresti e tuberemmo tra baci; dopo un rapido calore di sensi esulteremmo di ciò che sentiamo. E’ dura ahimè la verità di questa sopraggiunta lontananza! La giornata è fredda e scolorita e ha luce fosca e appannata: Il flusso e riflusso non illumina il cuore. Che mi dirai dopodomani, mi chiedo come racconterai la mia mancanza la nostalgia di ora che non ti sono accanto? Stare insieme avvinti è da tempo un fatto l’unico dato del vivere che conosciamo amore! Oggi sarebbe anche il solo unico riparo al tempo inclemente di questo acuto inverno a questo brutto scherzo di variabile giornata. Un pezzo di te e uno di me, fanno noi! Tu lo vedi che la vita, appoggiati l’uno all’altro, uniti sorreggiamo mentre invisibile sotto il peso degli anni scricchiola muta! Se è notte prima e dopo nel breve che duriamo tu sei il giorno chiaro che ovunque rischiara il sole radiante, il raggio che non brucia che, a piombo, su di me come tepore cade . Per te unica, all’avanzare delle ore gemebondo nel cuore un canto s’intona e parte verso le vie del cielo: ovunque si senta, molle e bagnata si fa la pietra o il monte su cui passa. Cola bianco dal cielo Inasprito e mordace come valanga di stagione l'inverno si fa sentire ovunque si attizzano tormente, imperversano nivee bufere, sinibbio gonfio spira e cammina. Copiosi muri bianchi robusti si ergono solitudini e isolamenti crescono fiocchi senza tregua nubi sgravano di algido si inturgida la tramontana. Non vi è ciminiera o casa che non fumi banderuola da ostacolo non inceppata finestra o porta non sigillata; tra brividi ghiacciano canali e fiumi imbiancano tratturi e prati scompaiono laghi erbe e pruni. Cola bianco dal cielo colpito intero è lo Stivale: nevica sulla Marsica, sui Sibillini nevica sulla Romagna, sul Potentino nevica sul Giglio, sulla Costa Concordia nevica sulla Capitolina, su Avellino nevica sul mio paese natio lontano. Siamo nel cuore del picco denso mobilitato è ogni centro di soccorso o uomo di buona volontà e coraggio: inusuale si varca la soglia dello zero! Nel pieno della sorpresa agghiacciati e intirizziti all'onda polare invadente adattati annunci di sole e clemenze aspettiamo. Nell’anticamera del cuore vuoto Nell’anticamera del cuore vuoto, immobile una vetusta signora silenziosa ho visto aspettare. Strano,è incomprensibile non ha fretta di entrare! Uno sbirciare dalla toppa di tanto in tanto, poi quella assenza di impazienza, che tanto stride con il concitato correre della gente per la vita, va convincendomi che l' incartapecorita nera velata, che fuori imperterrita sosta, attender più non debba. Apro la porta e gentile con un mezzo inchino nella stanza dei miei silenzi l’accolgo. -Venga Signora, dica pure...- -Guardi, mi invia Necessità ho tre nomi e non so mai quale dei tre sia più gradito mi chiami pure come vuole dunque. allora..ma se ha da fare non importa passerò altro giorno, sa, ho tanti impegni!- Lei,è stato molto gentile, non tutti,è vero, come lei, sono ben disposti a darmi udienza ed io ben so apprezzare il gesto suo! Molti vedendomi orribile e disadorna, fuggir vorrebbero, intimoriti e pavidi, inventano mille scuse per mandarmi via! I suoi occhi non vedo in fuga o rabbrividire, né pugno minaccioso a me rivolto dà spavento a questa Falciatrice sempre in pena per compito ingrato che il Fato le ha assegnato. Si lo so, son buia e cupa, cieca, di mezze parole, nessuno mi parla se non con voce roca , solo cuori già impietriti io trovo; qualcuno, una volta...., ora ricordo, mi disse che ben più accetta sarei stata se depliant avessi distribuito pubblicizzando crociere eterne per paesi dove le notti hanno sapore di risveglio e da mattina a sera sulle nuvole si vola. Io, in quei paradisi non sono mai stata e, se qualcuno, mi avesse chiesto garanzie sulla veridicità dell’offerta, onesta, non avrei saputo che dire. Ma non mi faccia essere prolissa, io non sono avvezza a sproloqui, più trattenermi non posso, a malincuore..... devo andare! Quando pur dovrò tornare ricorderò della sua accoglienza; le confesso: lei è uno dei pochi che nel vedermi e pur non invitata disumanamente non mi ha sul grugno la porta sprangata! Arrivederci, arrivederci....- Incredulo e stupito da un siffatto personaggio, richiusa l’atra porta ritorno con un sorriso alla vita. Eccidi e stermini Da nove bocche fluisce acqua sulfurea né cola né sbava su pietre ingrommate dal fogliame che quasi la nasconde trapela qualche raggio dorato. Ne son passati di anni da che quest'acqua su compagni spruzzai e a crepapelle divertito sorrisi. Dove sono stato tutto questo tempo che ne ho fatto della mia vita che ne sarà stato di tutti quelli che ho conosciuto e mai più ho rivisto vivendo? Quanti nomi, quante fisionomie quanti giorni neanche seppelliti nella memoria o rinvenibili sotto una croce che li ricordi! Non c'è magia che rinverdisca arborescenze o ceppi disseccati . Quanti eccidi sterminatrice Morte! Fumi, espiri e respiri ceneri, poi un colpo di vento porta via e tu più non sai di aver ieri fumato. Si oscilla semivegli e intontiti tra il tutto e il nulla. Chiudi gli occhi talvolta cacciando pi è veloci reminiscenze, nell'oscurità attendi il brillio di un attimo perduto ma da sgombri ripetuti poco si salva: dall'invisibile e dall'inessente nulla mai può sbucare e accecarci. Scompaiono dentro di sé le cose non vi è preservazione o salvazione in ciò che inevitabile si disfa, nessun lagno ci ridona ciò che è morto. Ogni traccia cancella il cumulo di polvere il demone tempo tutto brucia, con una vampa o a fuoco lento anche le impronte digitali si cancellano, il vuoto non si riempie mai come la vasca di questa fontana che mai tracima nel variare delle stagioni. Ancora un compleanno... Sessantacinque primavere sessantacinquesima estate sessantacinque autunni sessantacinquesimo inverno: quanto tempo è scorso! Oh mia vita chiusa e corrosa incuneata tra inizio e fine ancora scorri nello spartiacque che nascita e morte divide ! Costretto tra illusioni e sogni Vita qui sono ancora a brindare in codesta celebrarzione di età che mi fotografa stanco e invecchiato. Claustrofobo nel resiliente accadere vivo impotente di mutare il mio corso potando più che posso il troppo e il vano. Risucchiato da eventi e silenzi immobilizzato da un catrame di attese senza brulichii di fermentazioni sento che nella pietra radici l’anima affonda e allora, mi chiedo che più mai oggi mi orienti. Nell'atonia dello scialo così posizionato e veglio più che mi squarcia? L'oscurità aumenta , l’ottimismo agonizza.. Da questa messa a fuoco del nulla vortice nell'abbandono a un delirio, più spesso incredibile è immaginare una fuga. Non sospeso e infugibile è dare un senso al tutto che si disanima ma- impossibile- dice la Messagera! Da incima alle scale se giù guardi vengono le vertigini visionarie: imminente si teme una caduta! "I colpi di calore, i ribollii le eruzioni strepeanti li ricordo appena; bruciacchiato graffiato e sfreggiato da gli anni di nulla più mi avveno non cambio di registro al mio vivere né risale più voglia e ardore". Ah amaro e ripetuto ritornello tiritera che echeggi ogni mattino nell'amputazione di giorni! Fossi il bambino che gioca e vergineo non sa nulla di presente passato e futuro vincerei ancora una speranza. Se scocca l’ombra, per quante geometrie vi siano, nessuna prospettiva la fa lucore! Nubifragio Chi si schianta e urla furioso e sbrigliato tracima oltre la proda? Equoree masse mareggia il vento: s'azzuffano creste, scoppiano brille spume; dallo specchio urti tremendi d'onde alte a frangiflutti attentano feroci. Oh il mare, il mare adirato e tempestoso! L'assidua furia glauca che si sprigiona irrompe e spettina arenili e dune! Smania, scoperchia, squassa, tumula: con destrezza, predone infame, ruba qualcosa e pur murmure si ritira. In alto, sode nubi passano in corteo reboanti intronano il loro ventre gonfio svuotano e ancora d'acqua si ubriaca il mare. Or tu lo vedi anima mia Or tu lo vedi anima mia come veloci si schiudono e avvizziscono tra rovi i petali della vita come flutto alla riva va e viene il respiro come fra il tutto e il niente faccia spola la morte. Tu sai cosa è che si insinua tra la carne e le costole e si fa strada fino al cuore edè più forte del dolore che sonda il vuoto delle cose! Su, vieni alla sagra del bene e della luce adornati e adduci il cuore non fingerti stanca esulta danza e canta: il biglietto di ingresso non è poi così caro costa solo un volo d'ali e pur senza alba domani ci allumerà un chiarore. Accompagnatrice del corpo batti le tue piume nell'aria eterea allietati e vibra d'amore discendi nell'essenza di un vissuto e vivi squarta brune e silenzi caricati di sorrisi e di sole! Pure la cicala all'imbrunire, al chiudersi di una stagione sai tra erbe secche canta. Senza neanche accorgercene Senza neanche accorgercene tra una sigaretta e l'altra pur un anno ancora se ne è andato un nuovo calendario al muro domani rughe più visibili saranno sul viso. Impinguisce a vista il passato s'assottiglia il futuro ipotizzabile l'avvenire non preconizzabile attualizzato e raccolto per immagini in un attimo sarà già retrocesso a ricordo. Non si può ignorare che altra polvere come coltre si è posata sul già opaco e che un capello nero sempre più raro si spia sul capo. Fui, sono, sarò. Ah che mormorio! A che focalizzare i dettagli? Il tempo corre col suo passo il fluente ritmo è inesorabile: tempus fugitivum sul campo visivo! E' un ritornello vizioso, per tutti il viaggio è di sola andata per una nota meta a senso unico si cammina su un assegnato segmento da chissà tracciato. E' noto, che ad un certo punto, il corpo persa tracotanza si faccia sempre più lagnoso edè allora che anche lo spirito perda parola. Malgrado le attraenti lusinghe abbracci e moine della vita ha un'aria familiare la morte; pur quando abbiamo buone possibilità di non incontrarla o ragionarci la si avverte nell'aria: è nell'essenza delle cose incontrando il vuoto. Nella gerarchia delle nutrienti menzogne l'eternità occupa il sommo vertice una millantatrice deità la promette: ad ogni latitudine e in ogni epoca i suoi fanatici venditori la pubblicizzano. Come si infatuano gli esacerbati di paura congetturando la propria eclissi! La verità sempre si stacca e viene a galla ci agghiaccia e non abbiamo più bisogno di essa a inutili domande siamo stanchi di rispondere se il nulla si rovescia sul tutto e lo ricopre. Rotola l'onda, si infrange... Rotola l'onda, si infrange, una musica gorgoglia vivace una bava si espande nel silenzio stanca si spegne: è il mare che vive e respira. Quali mari, quali maree quali flutti echeggiano in noi chi passeggia o corre per i nostri deserti lidi? Oh quante scie si alzano si disperdono lontane quanti approdi e partenze alla banchina del vuoto estremo delle cose! Che ci rivelano le solitudini delle immense distese azzurre e del cielo in alto muto: muri conoscitivi inespugnabili eretti nello scorrere del tempo oltre il fascino e il terrore che si incidono nel cuore! Si ritireranno il sole e la vita e ancora non sapremo niente lanceremo come un sasso in aria le nostre domande e non udremo mai il tonfo di una risposta appiattiti vivremo ancora schiacciati e umiliati dalla nostra insignificanza ossidati dalla nostra ignoranza. Brume autunnali Di fogliame denudata brulla la villa si mostra tra le fumanti brume di quest'alba novembrina. Un passero intirizzito sul ramo del cinereo fico immobile sosta aspettando i primi languidi raggi di un sole tardivo che pigro indugia dietro plumbee colline. Oltre la siepaia e i confini di pietra in collasso tra solchi arati e inumiditi un uomo, di ascia armato, dirigendo va i suoi passi alla cedua macchia. Da silvestri accordi netto, focoso eco si ode del rauco torrente che nascosto scorre tra filari remoti di pioppi argentati, folate passano veloci senza lasciare immobile l'aria. Del nuovo giorno che non abbaglia nulla si sa di certo così come degli abissi del mare o della fuggente vita che crolla. Che vi sia una primavera o che nelle notti d'estate le cicale tengano concerti assordanti e il tedio nei meriggi assolati al vigore dia scacco questo è sì certo! L'agreste calma che il paesaggio effonde e riparo offre ai clamori urbani può solo dirci che il tempo indifferente non passa che nella radura delle ombre ritroveremo i rami secchi che labili pur sostennero il fogliame dei nostri giorni. Oh se tutto avesse un senso, se lo stelo del filo d'erba non si piegasse al respiro del vento che anche la speranza via porta. Ncrucianno 'a morte Mmiezz'a via cammenanno quanta vote, senza vulerlo, l'uocchie ncopp'a chilli manifeste burdate'a lutto sò cadute: dèceduto e sbiadito nun nomme scunusciuto appena se leggeva. Cu'o core, senza dicere niente a nusciuno, spisso po' aggio pensato: - Comm'a n'amico fedele, d''a matina â sera, annascosta, aspettanno dint'a l'ombra, pronta pè ce abbraccià, senza parlà, da che munno è munno, 'a morte ce accunpagna! Sempe a ll'erta, maje stanca, comm'a na sentinella essa ce spia e vede chello ca facimmo! Na distrazione, na malatia so tutto occasione bone pè ce correre ncuntro e ce carrià a ll'ato munno! Quanno a ll'appuntamento puntuale s'appresenta e avvellutata comm'a na sposa ce piglia sott'o vraccio vestute'e niro, festa le facimmo: sciure, musica, curteo, cerròggene, lacreme e marmo d'ata qualità pe' essa sò sempe pronte. Nu juorno addò uno, nu juorno addò n'ato sempe trova che ffà, e maje'a spasso stà! Àneme senza sciato, trasporta in quantità! Â mità autunno, quann'a malincunia, piglia pure à lu tiempo, pè st'impegno custanto ca essa teno pè tutto l'anno, ggente'e tutto specie, buone e malamente, addulurata ma dèvota â casa soje và a visità! 'A casa soje? E chi nun'a cunosce! 'A casa soje è addò stanno chillo ca cchiù nun ce stanno, là, addò'a poco, mpruvvisamento nu juorno scarugnato pure papà mio se ne juto! Parlà d''a morte pè chi è vivo, arricurdarse 'e tutto chillo c'avimmo perduto, na bella cosa nunè, e, si a Essa ce penzammo buono 'a pella s'arriccia e dint'a nu mumento a vita se fa scura! Siente all'ora, ch'hai abbisogno'e luce e accussì a lu surriso e a' carezza 'e na speranza 'o core corre e se cunsegna pè putè cu ànemo e curaggio affruntà chello ca primmo o doppo puro l'aspetta! Ah! 'a ggente, 'a ggente ca smania e se ammuïna, e fa finta 'e nun sapè ca nterra o dint'a cappella mortuaria, cunsignato a nu scunusciuto, comme si non fossemo maje stato abbandunato d''a vita lasciate po' venimmo! Doppe tantu tiempo chi maje cercarrà nutizie'e nuje, che remarrà maje d''a superbia e d''a mmiria nosta quanno passata'a chianozza d'ô tiempo, metuto d''a fauce affilata d''a morte, polvere tutt'aguale 'a limma 'e l'Eterno ce arriduce! (ott-2002) Quante volte partorito dal cuore Quante volte partorito dal cuore Amore al primo vagito peristi o infante persa la tua invadenza acerbo soppiantato fosti da malinconie! Ad accaduto tuo lacerante tramonto non più rinvenne sogno spossato: d’efficacia fallirono l’un dopo l’altro palliativi, vani per radicali cure. Poi per un naturale imporsi della vita che non rinneghi e nel suo vortice ti riprende alla tua cerca ritornai più volte se all’orecchio dell’animo voce o eco vi giungeva che t’aggirassi vicino. A cercarti allora mi volgevo con occhi spalancati da desio, a festeggiarti cocente correvo con corali pensieri in gran gala; avvistata la tua sagoma evanescente scopristi come affrettavo e incitavo il passo dei miei sospiri! Chetato non mi senti mai sempre più ti chiesi: la felicità delle parole la gioia che sale in gola l’ansia luce dello sguardo che indugia sullo scollo di una speranza avvenente e procace. Ah il suo sorrisetto nell’attraversarmi al dispiegarsi dell’ora briosa che a te mi approssimava! Oh quante volte meraviglia celeste miscellania di tripudii e di illusioni sbracciato o incappottato sedotto ti corsi incontro a occhi bendati, di getto, avendo ripulsa, di me..solo. Dimmi amore chi sei Dimmi amore chi sei, da dove vieni sei tu la delirante bramosia della carne l’afflato divino che l'anima inturgida l’ebbrezza suadente di carezze di infinito? Rassomigli all’angelo o al demone che invisibile, muto ci cammina accanto e insuffla confuse sensazioni misteriose? Che importa chi sei se all’unisono vibro e il cuore avido di effusioni esulta all'intonare le canzoni della vita! Amore, tu sei assalto tenero di baci lo stallone sfrenato su cui galoppa il desiderio l’espandersi incontenibile della gioia che si allontana da fiordi di tristezza, la fonte dei rivoli entro cui scorrono le spume delle emozioni, l’alta marea che sommerge e da cui rinato emergo, la mano dell’istinto che mi tocca, l’ala di tenerezza che mi invola, l’ordito e la trama di sensitivi pensieri, la rupe che dà vertigini di lusinghe il sapore mielato che impregna labbra, l’attesa di colui che attende mai stanco di arricchire una dinastia di sogni! Come vento animato ti ricevo abbrivio prende la mia vela e fa rotta verso la terraferma su cui mi attendi; seme, cado e germino nel tuo umido solco radici radiali affondo tra le tue zolle, nel regno del fuoco che brucia e non consuma mi accogli la mia sete d'affetto plachi. Luce d’acciaio che brilli più di una stella abbagliami pure, illumina il mio andare se da una finestra di tristi giorni improvviso, ad un futuro mi riaffaccio! Già annotta, impugno pensieri.. Il lume del giorno giunto al capolinea consegnatosi al crepuscolo dispare: già annotta, impugno pensieri. Tra non molto, sopraggiunto il buio inizierà la stesura delle prime bozze sulla cronaca della giornata perduta. Accortacciato e molle per scoramenti e l’asse portante del mio tronco torto da vespertini cedimenti testimone sarò dell’apparire delle prime stelle del resuscitare puntuale di un pallore lunare. Qualcosa, di quanto vissuto, scampato al nulla, purificato da riflessioni consegnerò al cuore, fagocitato sarà ogni avanzo insapore dalle fauci affamate delle prime ombre. Dall’allumata finestra, simile a astro isolato, attratta e impazzita di luce, come in un rituale, qualche falena verrà a suicidarsi in questa stanza dove, insonne ostaggio, raccolto in fantasticherie ascolto gli scricchiolii delle mie incrinature. Prelevando dal caveaux del cuore svalutate speranze, più impoverito pagherò l’ultima rata di debito al giorno; alla notte, in prestito chiederò altri sogni. Se all’alba poi ancora sarò, pur squattrinato, in qualche modo riscatterò i solitari esosi istanti della mia vita, un’altra imperscrutabile riga interpreterò malamente del mio destino. Amore amore amore Amore amore amore pilastro o maceria dominator possente consolatore soave antidoto o veleno macigno o piuma adagiata sul cuore voluttà e perdizione incrocio di desideri rotta per quieta ansa sei vita e sei morte! Sbocci e rinsecchisci tra edaci stagioni l'animo affossi o risorgi umani illudi o deludi. Mai pago, esigente prendi dai e fuggi via clamori e silenzi nelle ore edaci fecondi. Limpido un giorno tempesta un altro tra ameni e assidui flussi aduli e rinfranchi impaurite speranze. Candore, impurità mano aperta, pugno teso stupore candisci e adorni promessa ti accompagni ai passeggeri del mondo. Mai voce morta, anche balbuzia sveglio sempre ti ascolto e pur nel sonno ti ritrovo! Resta quanto puoi sulla scena di questa vita mia non immortale altri palpiti scrivi in una compiuta storia: su un seccato legno un po' di fresco verde ancor resti odoroso. Travedendo e ripensando Dai piedi delle dirute mura del vetusto maniero orbo di torri che il sussultar della terra in un lontano novembre ancor grave ferì erra l’occhio per la cara valle che accolse i miei primi vagiti. Asola tra le fratte il vento tremano gli irti rami di rovo brontolano querce e ulivi. Querulo, ad ogni soffio languido scroscio giunge dalle chiome flave dei vicini pioppi del fiume; per l’aria, mute foglie esangui rogge e accartocciate cadono: atterrate su correntia vorace annegano prede del gorgo. Oh, laggiù perché più non vedo i campi di tabacco e di pannocchie, i solchi bruni dei pomodoro, il riflesso verderame dei pampini tra i filari di rigogliose vigne? Tutto è cambiato negli anni come la mia rapida vita! Lo scempio imperante del cemento che avanza e domina stride all’aprirsi del ventaglio di memorie, intatte nel tempo, dei lussureggianti e or spogli clivi! Ancora viene da superstiti masserie, di tanto in tanto, un latrar di cani, il muggito mi giunge delle giovenche sparse nella macchia oltre la terra che fu di mia madre: eccole laggiù vagare inquiete sognando erbe novelle di fantasmi maggesi! Declina il sole verso il suo letto..... E’ il tramonto: rada si fa la luce. Le prime ombre già vigilano sui filari di croce dei parenti nel vecchio cimitero diroccato; figurandomi chi mi ha lasciato commosso ondeggia il cuore come i ciuffi di canne abbarbicate sull’ubere ciglio delle gore da tempo prosciugate. Al consumarsi del giorno breve, frastornato dagli intimi richiami dei ricordi dell’età mia verde, nel diario segreto del cuore sussurri di tristezze trascrivo malinconico fanciullo invecchiato. Sentori autunnali All’esordio di un primo tempo autunnale ancor tiepidi da flottiglia di nubi trapelano indeboliti raggi di sole rutili fronde perseguita un vento scorazzando tra viottoli avvinati e fumosi. Ogni pigna è già mosto; pronti ad essere colti brillano melograni prunosi scoppiettano le prime caldarroste odorose inizierà a breve il giro dei frantoi. Si dipana ancora il filo che corre tra l’ieri l’oggi e il domani: cambia modo e tempo la vita si avvicendano scenari di natura. Tutto si aggiorna e muta, nel cuore qualcosa si perde, qualcosa si aggiunge segue imperterrito il tempo Il suo istinto che innato e maligno, senza posa, demolisce spiuma e polverizza. Nell’oltre vuoto o nel supervuoto ci saranno cambi di stagione? Chissà come stanno le cose: non deve esserci molta differenza per chi neppure impenetrabili ombre di accadimenti vede passare. E’ nell’annuncio che nasce un fremito poi in più nulla ci si attuffa, dopo la vampa vissuto l’acceco tutto rattrappisce come in ogni vita ignota e impallidita. Prigioniero di questa sera.. Prigioniero di questa sera distratte le vigili ombre tiro le somme del giorno stappato ad una vita infeconda. Quanto ho perso, quanto ho guadagnato quanto sudore di pena è grondato da questa sterilità straripante! Qui il corpo, fermo e pesante, l'anima che all'alto aspira bipede non si è staccata in volo: la gravità si fa sentire le esili ali sono fragili e deboli per vincerne spinta e resistenza. Si spoeta la vita tra stupori. Mentre ne rileggo il peggio una solitudine mi riabbraccia nessun fumo di morgana resta nella mano se tenta di afferrarlo l'informe sostituisce ogni forma che si delinei col suo contorno i cristalli pure opacizzano se incolumi superano urti mortali, poco o nulla da franamenti e smottamenti si recupera e resta utile e sempre è raro che da'incidenti sortiscano benefici venturi. Se si svuota nel tempo la cassaforte delle illusioni la miseria si diffonde e un'angoscia resta nel cuore. La vita desiderata è appena una finta proiezione di sogni. Pusillanimi si sosta davanti alla porta della verità senza mai entrarvi sbirciando dalla toppa vedi chiuse le finestre del passato e del futuro da qualche oblò forse appena giunge un timido raggio di presente. Non vi è salto che ci sbalzi nell'aldilà alla deriva, in un mare di interrogativi, tra maree di oscurità e sprazzi di luce naufraghi galleggiamo inzuppati di paura. Non c'è transumanza o traslazione che ci adduca nei cambi di stagione del cuore a prati di serenità e quiete interiore. 'A vita Mpapucchiato d''a speranza 'e dimane l'òmmo parla, senza arricietto, cu mille smanie scetanneso ogni matina fa discorse pe' tutt' 'a vita; appriesso a llì stagione cu'o core 'ncantato se ne va annamurato a spasso p' 'o munno, si mentre corre o passéa pe' suspirà se ferma, nfilato'o filo d' 'a fantasia, si nun arricama suonne cóse o arrepezza pruggetto. Maje cuntento, maje sazio, si spenne 'a putega d''a vanità, 'e còse s'arrobbe cu l'uocchie: 'a meglia rrobba 'a vò p'isso! Si s'affiata cu na femmena, s'accatta figlie ca danno penziere. Saglie, scenno, zompa corre mmiezzo all'anne ca passano fujenno; cu na smania d'alleria pe 'luntano part''e pressa affruntann'o destino; cu curaggio aspetta, ca chissà, si pe' na vota nu suonno suoje s'avvera! Nu bello juorno, a ntrasatto, senza sciato annanz'' a na sagliuta, a quatt'uocchie, po' c'appura? Appura ca na frònna secca è addeventato! Nu filo'e vita appena le rìmmane! Senza parlà, appucundruto ma senza làgno o làcreme s'arritira dint'a n'angulo scuro; pigliannes'a vita comme vèno, là, aspetta ca nu colpo'e viento, senza scrupulo e pietà, luntano s' 'o porta dint'a nu fuosse cupo! Comm'a tutto chesto 'e vvote aggio pensato! M''o saccio, 'o veco, 'o sento ca tutt'o rummore d' 'a vita, mo pe' uno, mo pe' n'ato, sulo silenzio po' addiventa; sciuè sciuè, 'a vita s'accucciuleja comm'a nu cane ca s'arretira doppo tanta abbajo, tale e quale a' o' rummore e' na banda ca scassea dint'a strada 'e nu paese, ca quann'a sunat''o gran finale, moggia moggia, zitto zitto, s'alluntana e cchiù nun sona! Più volte comunque fosse Più volte comunque fosse pur gli anni festeggiammo ai funerali o ad altre cerimonie regolari prendemmo parte ciò che ci doveva accadere accadde. Al rullio di un tempo edace abbiamo sofferto pianto o riso spaccamonti o guasconi saputo ciò che di verosimile v'era nel filmico che raccontava la nostra vita. Ancora oggi, sdentati, stanchi e introversi guardiamo l'intruglio la mistura di fatti nauseanti o gustosi che ci passa davanti in un imputridimento di sogni di illusioni e di speranze. Nauti che fummo, che diventammo quando la regata dei desideri suscitò in noi passioni volontà e amor nel mar di essere? Ricchi di nulla, poveri di tutto ci sedusse un divenire piccante dove forse tutto era possibile senza briglie ci spingemmo lontano arditi e impazienti in una marcia forsennata senza sbocchi di eterno. Sublimati, all’effimero credemmo nello svolgimento di un racconto umano convinti di possedere e detenere quanto nell'attimo si distruggeva; alati e leggeri o corti di vista spesso perdemmo il contatto con il reale. Restò il senso della vita una sciarada un enigma un mistero o la voragine verso cui ancora camminiamo ignoranti di noi e del mondo intontiti dalla visione di un cielo cavo che solo nuvole o astri può mostrare . Eccola adagio sopraggiungere Eccola adagio sopraggiungere oltre le propaggine dell'occaso la lenta camminante sera: il suo manto cala sul cadente giorno; ove non giunge ancor scalpita qualche morente scaglia di luce. Tra poco verranno le tremule stelle, la luna, l'immoto insondabile buio. Oltre le cimase, troverà un varco il cuore per una scorreria nel cielo: lì, solitario, valicherà fiumi immaginari tra valli immerse in arcani silenzi. Dal margine di un lembo di infinito frugherà il cuore nel luccichio turchino alla ricerca di figurati affetti perduti. L'armonia silente di celeste sfere riporterà l'eco di voci tacitate voci più non udite, voci nientificate. Eh.. molti sono stati i partenti forzati; e indietro nessuno è mai tornato! Anch'io, pure dovrò salutare un giorno salpare per mete mai esplorate. L'oltrevita, l'assurdo eterno inganno, ciascuno se lo inventa come vuole e a piacimento lo colloca dove crede popolandolo di accreditati fantasmi. Ma nessuna allucinazione vissuta integro riprodurrà miracolosa i lineamenti le fattezze e i visi dei vivi da tanto spariti. Ah quale fatiscente bolla il vivere: un'insufflazione la esplode e nessuno saprà mai chi, volubile, quel mortale soffio emise. Albeggia:è un nuovo giorno. Albeggia:è un nuovo giorno. Strisce di luci tenui emerse dall'orizzonte annunciano e dischiudono boccioli di ore. Adagio, da pendii, migrano nebbie mattutine perpetua i suoi giri la ruota degli eventi senza posa. Su erbe, da brine intirizzite calano e poi d'improvviso s'involano gazze e passeracei solinghi; di tanto in tanto, chissà da dove, giunge un impeto di vento e si allontana si tinge l'azzurro di colori prediletti e rari. Lontano dai ritmi imposti dalla città operosa, con occhio gaio, in una radura di molli zolle, già bivacco con i miei pensieri. Non un blando brusio, non un fruscìo se non del vento corrompe la solennità del silenzio che dilaga. spettatore resto di una quiete inusitata. Ah il ricomporsi della semplicità delle cose il sollievo dell'orecchio dagli insulti rumorosi le fragranze dei profumi campestri, la quiete dell'aria pura che altro respiro al petto dona! Lieto sono di essere presto fuggito dall'insolente erompere dell'aspro rullare di umani strombettii scordati, dall'invivibilità dei chiusi recinti di case, dal timore di essere pressato malamente da calca umana. Starsene soli ogni tanto, riscoprire un senso di vita smarrito, affrancarsi da un sottile e celato affanno che opprime il cuore, udire chiaro e secco il richiamo misterioso dI un'immanenza, fermarsi anche per poco su una piazzola del ripido pendio della vita e ammirare la terra e il cielo prima che un moto ineluttabile in una tomba mi precipiti senza avviso, esprimere ancora un sogno! Codesta immagine tante volte è baluginata tra le mie brame.. È solo nei brevi edaci momenti in cui ci riappropriamo di noi stessi che avvertiamo camminare per il sangue l'infinito perdurare di un attimo, che spezziamo i reticolati dei nostri confinamenti e corriamo, corriamo tra distese di emozioni con una dolcezza e un tepore nel petto dimentichi di essere appena insignificanti atomi volatili viventi! Mare Quando vetrina di cristallo puro incontaminato mi mostri, Mare un cosmo di sconosciute creature, quando lampeggiano riflessi di vitree scaglie o spume o in un video immaginato zampilli i tuoi giganti esplodono, quando percorro l'offesa piaggia al morir di un mareggio e mi imbatto in carcasse di conchiglie o stracci di fondali o in uno sparuto osso di seppia stupito allor mi sovvien che nella notte dei tempi da te, principio equoreo, un giorno emersi uomo. Ah quante volte rapito familiare il tuo palpito riascolto come ai tuoi ritmi che di improvviso mutano altezza e tono mi abbandono! Come seguo il lacerarsi dello smisurato telo di nubi che minaccioso ti sovrasta ad ogni strappo di vento; come ti sciorina l'insulto dei nembi al sopravvenire di una bufera. E il tuo viso che si corruga all'insorgere di un delirio lontano, le nivee frange che attaccano e devastano lidi, i getti di pulviscoli cristallini che spezzano lo sguardo all'orizzonte levato, il risucchio rabbioso di bocche ebbre al dilatarsi dei tuoi polmoni, gli scompigli di ectoplasma, i bollori di salsedine che si scagliano su venati ciottoli di riviere: cancellazione di battigie, rovesciar di scafi, affondar di navigli! Oh calma divina quando stremato in bonaccia ti assopisci in un accadere nullo! Incessante viver il tuo che ti rinnova sotto lo sguardo di un sole passante che si specchia e dilegua al passo dell'ora. E' in questa immensa tua statura che un piccolo me accresciuto si ritrova che più gagliardo un sangue ritorna e mi ricaccia nel giogo della vita persuaso da richiami ineludibili giunti da fraseggi di altri sogni... Nulla cambia or grido Nulla cambia or grido ubriaco che non intende. Nulla cambia o snatura in questo giorno che cammina: il mare è quello di prima ancor esteso deserto l'anima sola landa silente il cuore indurito. Qual scultura immobile che carezzevole o furioso un vento passante tange così statuario vivo attaccato e colpito dallo scudiscio dei miei pensieri; da tanto sconfitta e effimera scorre la vita disillusa più non mi sfrego le mani o una lettera d'amore scrivo. Attento guardo avvenire una serratura si apre una porta si spalanca: entro nel vano del silenzio rincupisce il tonfo sordo di un me fantoccio abbattuto! Una vacuità definitiva si afferma nello sgomento, tutto si svela eloquente chiaro e senza parole; come paurose oscillano le consunte corde tese sul ponte dell'abisso a passi di pesanti certezze. E il mare è quello di prima le rocce sono rocce i viali deserti son viali deserti immobile è l'altalena della vita. Pur nella stasi cammina il giorno cammina sulla linea indefinita della terra e del cielo! Avanza o retrocede l'attimo che muore? Chi sa dirlo senza assegnare un verso. Dall'oscurità dalla luce e dal tempo si entra e si esce senza fine nulla è mai più come prima eppure il tutto, resta sempre uguale anche questa finta immobilità muta: eccola 'panta rei ' loquace! Sbaluginio Me ne sto quì in solitudine ingabbiato nei miei silenzi cheto tra pause di pensieri distratto scruto qualche stella che si mostra. Mi è tutto lontano, distante; indeterminato e vago mi simulo estraneo e mi interrogo e non so rispondermi. Chi sono, chi fui, vissi? Dove posso ritrovarmi, mi riconoscerei tanto cambiato dagli anni imbianchito e sdentato? Ero ritto e non avevo rughe lesto infilavo se occorreva l'ago sottile il fiato non mi mancava, se amavo sempre il cuore forte mi batteva. Che sarà successo in questi pochi istanti di vita e i sogni dove più dimorano e le donne che amai e non mi amarono saranno morte? Come scherza il tempo e deride! L'effemeride ha pochi fogli ancora. Se l'effabile senso del vuoto acuisce che vi annoterò? L'acume si acumina mi graffia e dissanguo: orrendo della vita ho perso il filo del discorso. Le labbra del tempo sordomuto in uno sbaluginio si son mosse, nella labiolettura ne apprendo impassibile il significo profondo. Un giorno senza di te Interminabile e vuoto questo giorno di calura d'agosto infernale tu sei a Procida, dai tuoi e io tra quattro mura solo, a non sapere che fare a perdermi tra divagazioni e noia a estimare quanto mi manchi ad appurare se so vivere senza di te e scoprire ancora quanto più ti amo. Ho aspettato, dopo che ti sei imbarcata, che la motonave aggirasse il faro prima di lasciare il molo. Non bastava qualche miglio di mare a separarci. ci si è aggiunto anche l'impossibilità inconsueta di raggiungere il tuo cellulare. È dunque in questa mancanza in questa impossibilità comunicativa che si misura reale il nostro amore? E con che numero dovrei esprimere questa mancanza, questo bisogno di te? Infinitamente grande con miliardi di cifre ma neppure così esprimerebbe quanto mi manchi. Oh quante cose apprendiamo quanto nuovo bisogno di te sorge impensato quanta potenza d'affetto si cela nel cuore e a noi stessi ignari! Nell'immaginario mi son preso una vela ho atteso che un vento benevole s'alzasse per raggiungerti dove non t'avrei trovata che squillasse di colpo il cellulare e che ancora di più non si allargasse il fosso che ad ogni minuto senza di te vissuto più si spalancava. Sono come un pesce fuor d'acqua e tu sei il mio mare, del resto non so più nulla: se tutto viva o muoia solo tu puoi dirmelo e tu ora non ci sei. Se ti manco accorcia il giorno e vieni a fermare quanto prima puoi il frullino che agita e monta i miei pensieri si spenga il bruciore di tanta attesa. Si avvicina il congedo.... Si avvicina il congedo- mormorano ahimè gli anni! -Come tante altre, prima o poi, partirà per l’Ade questa massa nel vuoto la perderai questa vita!- Stanno proprio così le cose edè inutile che impallidisca. Il tempo, che parli o meno, passa estenua e stanca appesantisce le palpebre un’oscura forza, ci si addormenta all’improvviso o tra veglia e sonno a poco a poco: non è un segreto e può accadere da un momento all’altro. -Finirà tutto?- tu chiedi. Se me lo domandi devo risponderti non posso farne a meno: sì finirà ogni cosa che mi riguardi.. E’ una legge eterna e terrena non vi sono eccezioni senza riservatezza chi nasce muore ma non vi sono soprattasse se accada prima o dopo. Non importa, non mi lamento basta che arrivi il momento e poi non debba più percorrere avanti e indietro il filo sospeso tra il buio e la luce. E la Moira? Non mi seduce né le butto le braccia al collo né mi repulsa; fischi tre volte o no stabilisca pure (se umana crede) il come, il quando e il luogo. Calura agostana Indugia ancora il giorno infernale agostano arde il tramonto sul mare. Al largo, in spola tra opposte rive si incrociano navi e motonavi. Vicino, ovunque, nulla oscilla impercettibile è ogni sciacquio il Libeccio non ha respiro non un alito si sfiora. Non soliloquio, dalla mente nessun pensiero si dipana tace il desiderio di parole nessun discorso si inalvea niente sfarfalla e tutto cade. In lenta macera mi impregno di calura soffocante diserta ogni vigore umano. Tra le acque, oltre gli scogli distorce una piccola maretta riflessi di ultimi bagliori gommoni sciaborda lieve flusso e riflusso non borbottano. Quasi uno stampo di natura su uno sfondo azzurro illuminato da una luce rosea. Un vecchio in pesca assorto sorveglia una lenza immobile. Tace ogni conflitto nell'aerea stasi un vespero tra fumi d'umido scopre serali equoree fate morgane. Meriggio Spopolata e deserta è la strada in questo meriggio assolato. battuti da un sole infocato infuocano muri martellati; di rado,lembi o strie di torrida ombra rari si incontrano rasentando facciate. Sopra le finestre chiuse tra rettangoli di cielo, arroventano raggi grondaie e cimase; in lontananza, tediato, pigro vagabonda un cane. Debole e corto annaspa il respiro: per l'aria, arsa e ferma, non refolo, né brezza. A lauto pasto convenuto, un nugolo di mosche, ostinato in un angolo saccheggia resti di raspo consumato intrusa e non invitata una midollare tristezza nel cuore si infitta e straripa; una quiete immilla e computa un durare di svuotato accadere.. E' in questo frammento del giorno che il vigore affioca e declina, è in quest'ora che non spunta frescura sulla soglia del cuore e che la vita, come stilla resinosa che grondi e si aggrumi, immota e rappresa si guarda inebetiti nel silenzio che dilaga. Da funerea calma che dirama mesti rintocchi, traversando filtri di silenzio, giungono da campanile distante; un tremito corre per la pelle poi che quel suono mesto mi tocca e intendo. Una vita, la calura ha stroncato! Non l'afa , ma un freddo opprime e mi soffoca in questo meriggio che si infiamma e sfianca. Scialbature in divenire E' da anni che da più parti, esortazioni mi giungono perché in fiori muti le mie spine, che la mia corteccia disseccata alimentata venga da altre radici. A molti preme sapere perché tristezza mi accompagni e i colori dei miei giorni sovente virino all’oscuro. Oh un cielo biavo sopra le verzure e le giovani corolle affissate dal sole, i petali accarezzati dal vento, la tenerezza di uno sguardo che ama, l’elefantiaco respiro del cuore allo scocco di un gaudio sbocciato! Io conobbi codesti tratteggi, ricordo i fragori interiori per piccoli e grandi tripudi , gli effluvi della primavera, la salsedine del mare, i dolci rimescolamenti del sangue, il luccichio di una pupilla che arde per un figlio, una madre una compagna, i palpiti e il crepitio dei baci ad ogni festa del cuore! Ma rilento ogni fuoco si ammorta: il freddo s’infinita e solo e intirizzito poi l’anima sfibra. Non invernale è il mio tempo, non di nero si tinge lo sfondo dei miei giorni, ma di impallidito giallo! E’ nel progressivo svilire che incartapecorisce la vita e si sviluppa la pustola aperta che brucia e, il cuore , eterno convalescente, dalle fitte non sana! E’ questo scorrere vano e assiduo che non tollera soste, è la scialba successione pianificata di giorni e di notti sempre uguali, è l’istante che mutandoci muore nell’indifferenza del tempo, è il salto dalla cascata dello svanire, è l’ombra sdentata delle cose perdute, è la cicatrice che indelebile resta dopo aver visto il mondo e attraversato i reticolati della recinta sofferenza, che mi mostrano il volto del nulla, dopo il finale schiantarsi di ogni sogno sfiancato di ogni sfiaccolata speranza! Tra cespi di ortiche accestisce il mio male; alla raffica che spezza il ramo rinsecchito al perduto raccolto di baci attesi al passaggio del mutilo uomo sulla carrozzella relegato, al vetro rotto del vano deturpato nella casa di periferia abbandonata, all’impossibilità della vetusta locomotiva di sbuffare tra i prati, alla vista della melagrana dalle intemperie ferita, che divelta dal ramo esanime agonizza tra le zolle. Di granito è forse l’animo degli altri e d’inconsistente argilla il mio? Io non so... Io non so.. Io non posso ringhiottire il rivo di pene che discende dal cuore, infingermi che nulla accade o che il frangente della vita disperati non ci adduca esamini all’ultima proda! Ho visto più in là di quanto avrei voluto! Lasciatemi rimanere nella mia fossa di giorni, accontentarmi di qualche fiore spontaneo; lasciate che ignori e non invidi altrui illusioni puntualmente sbandierate come vessilli ad ogni ricorrenza! Tenetevi pure quanto vi rende felici, bendati da inganno eterno che fallace luce simula, restate. Imparentato con tristezza dal fato, altro io non ebbi in dote se non acerbo sentire! Ho scritto per te una poesia d'amore Ho scritto per te una poesia d'amore e l'hanno applaudita tutta la giornata ho scritto per te una poesia d'amore e sconosciuti mi hanno inviato fiori ho scritto per te una poesia d'amore e mi hanno tributato lusinghe sincere ho scritto per te una poesia d'amore e dei poeti l'hanno recitata o segnalata ho scritto per te una poesia d'amore e tanti ne hanno degustato il romantico sapore ho scritto per te una poesia d'amore e cuori hanno esultato emozionati ho scritto per te una poesia d'amore e il sole e la luna nel cielo hanno sorriso ho scritto per te una poesia d'amore e ladri di parole ne hanno fatto bottino ho scritto per te una poesia d'amore e ne ignori versi e data di stesura ho scritto per te una poesia d'amore e qualcosa nell'universo è accaduto ho scritto per te una poesia d'amore e quando sarò morto non sarà immortale ho scritto per te una poesia d'amore e il tempo per ascoltarla ti è mancato ho scritto per te una poesia d'amore ero al settimo cielo e sto precipitando ho scritto per te una poesia d'amore e ancora non mi hai dato neppure un bacio! Dall'alberato già si staccano foglie Dall'alberato già si staccano foglie rivivrà tra poco per le vie la calca e il frastuono del gregge umano lontanissimo men calmo sarà il mare deserti i lidi offesi e i litorali più breve volgerà il giorno e meno sarà la luce. L'ambra svilendo poco resisterà su braccia nude e petti scollati. Con cadenze stagionali tutto si ripete al teatro per seguire il canovaccio cambia sceneggiatura la vita. Siamo i testimoni di un sornione accadere che nella sua essenza ultima mai muta e mai sorpassa ogni congettura di cambiamento inevitabilmente illuso breve e fugace. Son sessant'anni e passa che vedo fiori nascere e morire che mangio castagne uva e arance che le cose volgono al meglio o al peggio e non cambiano mai, aspetto mirabilia immagino sorpasso di vedute spio venture sventure di destini. Il giradischi, il mangianastro l'aifai ma la musica che pur s'annuncia diversa è sempre la stessa,è inganno se sembra altra. Cenere-rinascita rinascita-cenere e così si va avanti all'infinito. Ci imbottiamo di prosopopea noi sedicenti dotti di nulla che non sappiamo un'acca di noi stessi e del mondo disubbidienti espulsi dal cielo pregni di fandonie esistenziali: parliamo di tutto senza comprendere niente! Facciamo silenzio e risparmiamo il fiato ascoltiamo la voce e le inflessioni della vita e rubiamo qualche scaglia di saggezza per ancora credere al miracolo che viviamo. Borbotta e tace la mente L'artificiere che è nella mente fa brillare le sue mine, una marea di scintille fluisce: sono pensieri in agnizione, occupano circonvoluzioni, fanno calca. Non si sfollano, mi provocano, fanno groviglio, perforano; come una ciurmaglia allo sbaraglio saccheggiano la stiva della mia coscienza all'alba di un suo stanco risveglio. C'è chi va, chi resta: un traffico mai visto con un frastuono mi intontiscono. Più li appallottolo e li butto nel cestino più si riproducono copiosi. Vorrei svigliarmela depistarli dissuaderli dai loro intenti imperscrutabili ma mi circondano, si accampano e assediano ogni mia volontà ostile. Che vorranno mai poi perché si impicciano della mia vita e interrogano il cuore all'esame del suo contenente e contenuto? Son leggeri più dell'aria,è vero ma perché allora pesano tanto e pressano emisferi cerebrali! Alcuni scherzano e mi frullano come fa un bizzarro vento con i fuscelli altri vogliono inculcarmi assurdità affascinarmi di nulla ingannarmi di poter raggiungere il tutto convincermi che esista l'eterno o spaventarmi mostrando spietati l'effimero tempo che pestifero tutto svanisce e cancella. Ecco che si staccano ancora dalle visceri della mia mente or balordi or sagaci pungenti e senza lasciarmi intendere la trama o il fine o il senso così come talvolta accade dopo aver letto un libro intero. Che filo li lega, luce o buio li proietta, perché mi trivellano l'anima, che riportano in superficie, saggiano il mio coraggio o il mio terrore affiorante? Mi curano, mi guariscono o mi ammalano e mi aggravano di un male oscuro sono allodole o spaventapasseri tarlano o insufflano amore di essere? Quanto suggeriscono per predare il meglio o il peggio del vivere; mi abbagliano o mi spengono ascoltando la cantafavola della vita? Ecco, la folla smembra, qualcuno ancora già assonnato si trattiene, tardivo svanisce poi discende e si propaga un silenzio. All'esplosione succede la stagnazione: è sempre un capovolgimento, un repentino alternarsi passando tra l'alfa e l'omega dell'essere quasi sempre nulla più poi resta in piedi; nel sub-errante vive o muore il pensiero ma mai, se vivi, ci dispensa dalla sua presenza. Già annotta, impugno pensieri Il lume del giorno giunto al capolinea consegnatosi al crepuscolo dispare: già annotta, impugno pensieri. Tra non molto sopraggiunto il buio, inizierà la stesura delle prime bozze sulla cronaca della giornata perduta. Accortacciato per scoramenti, e l’asse portante del mio tronco torto da vespertini cedimenti sarò testimone dell’apparire delle prime stelle del resuscitare puntuale di un pallore lunare. Qualcosa, di quanto vissuto, scampato al nulla, purificato consegnerò al cuore, fagocitato sarà ogni avanzo insapore dalle fauci affamate delle prime ombre. Dall’allumata finestra, simile ad astro isolato, attratta e impazzita di luce, come in un rituale, una falena verrà a suicidarsi in questa stanza dove, insonne ostaggio, raccolto in fantasticherie ascolto gli scricchiolii delle mie incrinature. Prelevando dal caveaux del cuore svalutate speranze, più impoverito pagherò l’ultima rata di debito al giorno; alla notte, chiederò in prestito altri sogni. Se all’alba poi ancora sarò, pur squattrinato, in qualche modo riscatterò i solitari esosi istanti della mia vita, un’altra imperscrutabile riga interpreterò malamente del mio destino. Se navigai o naufragai chi lo sa.. Se navigai o naufragai chi lo sa.. Dalle sorgenti della vita ardente quanti imbarchi per approdi inesistenti poi, ricordi di calori d’anima delusi di incarnazioni mai avvenute di sogni in nulla mutati ! Un autoironia ne dà un senso oggi s’alza un’indicibile tristezza si candida a primeggiare e parla fervente e mordace. Oh seduzioni d’orizzonti fascino di mete rilucenti procedere oltre linee d’ombre Istintivi abbandoni fuori bordo cieca fedeltà a vapori, rotte verso glauchi mari spumanti! Si affoltano visioni di propulsioni interiori di remoti arcipelaghi mai raggiunti di bagagli di letizie perdute di morbosità ideali mai guarite! Troppo passato nessun avvenire. Scorre il flusso di un Tutto svanente che si orienta alla morte sotto volte scure e immobili; da cuffie interiori si ascoltano sfinenti malinconie languenti. Se qualcosa nel pentolone ancora potrà bollire chi può dirlo. Va la vita come va una zattera senza beccheggi e rollii ignorando ogni direzione: a qualche latitudine affonderà; su un papiro, decifrati geroglifici racconteranno di come sia finita nel gorgo Per non perderti e tenerti con me Per non perderti e tenerti con me -quando nuvolaglie o tenebre si addensano- l'anima tua e il tuo amore nascondo in uno scrigno segreto che solo il mio cuore può trovare; per preservare le tue forme, un'imago sulla pagina dell'infinito la mia mano con passione amante disegna. Ti appartengo nel bene e nel male nell'istante, sempre e ovunque ti amo. Su scopri come ti ho scelto e bramata e che a tutti ti ho rubata per averti solo io! Interrogato dall'aria, dal mare e dal cielo sobrio o ebbro sorridendo ho confessato il mio amore: le stelle, il sole e la luna nel massimo splendore invidiosi hanno tremato per la luce sincera che in pupille si accende se t'accarezzo o ti penso. Spargiti su di me, cura la mia vita: lontana, ascolta come canto il tuo nome e da un immenso silenzio soave una voce ti dirà che t'amo solo io. Che fai Eco mentre chiamo Carmela amore? Poi che ti sfioro o ti guardo o ti bacio batta il tuo petto per la differenza palese tra un'oscurità e un pieno chiarore! Ah come non mi ami quando non ragioni e dal centro del cielo ti allontani! Nella bacheca delle nostre vite avvinte eccelso sai leggeranno domani tutto quello che vero solo tu mi hai ispirato. Tra sfibrati rami e fulve chiome Tra sfibrati rami e fulve chiome turbina e ruglia il vento tombano fronde e ramaglie in alto grigie lanugini sfilano veloci dà il cambio l'autunno a l'estate. Di quanto sono più invecchiato quanta ruggine ancora su giorni passati e i sogni e i cerei pazzi voli da quando non mi hanno più contattato! Scorre il flutto, borbottando sotto i ponti dirige a rogge o al mare; in me, acquitrinoso, schiume non vi sono senza creste, stagno; il meglio delle mie forze si è presa nel tempo la vita. Dove potrò più andare io senza gorgoglio! Ogni lampo che abbaglia è pura anamnesi nulla o il vuoto figge lo sguardo. Non chiedo quasi più niente l'arco che scaglia desideri si è snervato e la faretra è vuota; più non mi affretto, evito gli ingorghi, non mi accaldo né mi raffreddo poco acciuffo di qualche soffio tutti spirati sono i colpi di scena; l'età, parlante o muta, tutto dice: quel che ci è toccato è noto resta solo l'incognita del domani che dista appena qualche vispa frazione di milionesimo di tempo dalla fine. Fu forse tutto un imbroglio orchestrato tra aureole di mendaci apparenze emerse per caso e per cause ignote. Che ancora da evanescenze affiora che tra sprazzi di sole o di luna che a pugni o a manate di vento resiste a rapprese illusioni abbarbicato? Non il colpo secco che ci spezza ci strappa e ci stacca dalla vita ci impaura ma solo gli scricchiolii e le agonie della carne ci fanno orrore! Usure Il tachimetro dei lustri già segna sul quadrante dodici giri da quando iniziò l’abrasione per rotolamento sulle ruvide pietre della strada della vita. L’accumulo dei transiti, le accelerazioni e le frenate tra notti tramonti ed albe sconquassato hanno lo châssis che, pur al peggio, ancor mi scarrozza per il mondo. tra brusche sterzate e stridii. Consumato il battistrada, il volante quasi paralizzato, malridotto l’avantreno e perduta la necessaria convergenza, faticose manovre da lunga fiata il cuore irrigidito logorano e sollecitano senza risparmio! Quante volte, in avaria per eccesso di attrito, la cinghia di trasmissione di una illusione mi ha parcheggiato avvilito sul ciglio cupo di una via! Per polvere di giorni ridotta la trasparenza della superficie dei vetri vana appare l’alta luce dei fari; solo lo specchietto retrovisore sempre terso ed efficiente riflette il cammino serpeggiante dei ricordi! Trabiccolo, spesso in panne, tra scarrucolio di pulegge e scricchiolii, con tremuli assi traballante ancor mi trascino rimorchiato da motrici speranze. Oh l’inclemente usura del tempo che precoce dissangua la vita! Un giorno, negatami la licenza di circolazione, un atro carro traslocherà in una non lontana fonderia un’ arrugginita carcassa di ferraglie per farne materia per altri stampi! Come bimba vispa e curiosa che non sappia a freno tenere morboso istinto di sapere tu chiedi della mia vita e se a una meta il cuore vada. Ebbene fattati insistente dissetati pure alla mia fonte ma se di acre essenza sarà ripiena la coppa bada tutta tua verrà la colpa se le labbra vi hai voluto portare! Resa scabra dal calpestio degli anni è la mia vita e spianata non potrà tornare. Raggiunto da ceneri d’astri un tempo lustri di ideali or di tristezza vedo colorarsi i miei cieli di silenzi; appena un avanzo di speranza mi rimane e questo già mi basta. Sbucherà un mattino senza nubi scoprirò il fondo soleggiato di un bosco dalle cui foglie avanzerà un effuso stormire che al petto darà pace; per un attimo dimenticherò il distacco che mi aspetta, il buffo destino che fardello resta alle mie spalle. Vivrò attese di tremori umani martelleranno flutti la marina e nelle solitudini che ci afferrano ne udrò il rimbombo grandioso; fisserò sull’orizzonte il sole che nasce e muore come l’amore; mi carezzeranno fiocchi e petali erranti al respirare del vento. Un raddolcito indugio, non so se dalla sorte mi sarà concesso: gioco forza, impietrito un dì dovrò poi… mettermi in viaggio. In sordina, oggi o domani, me ne andrò senza voltarmi come chi persuaso dagli accadimenti sa, da tempo immemorabile, che indietro giammai si torna; fronda di ramo secco su cresta d’onda mi lascerò condurre alla foce. Verranno tempi di memorie, in una certezza di luce ch’io da poco affetto oscurato non ebbi mai da te sarò ricordato, per essere stato solo me stesso e non blabla da altri… inventato. Perduta e ripensata amica Perduta e ripensata amica un anno di assenza piena non cancella l’inciso ricordo che come cicatrice resta . Il calore di un sogno, sai di me prese possesso quando dal nulla emersa in incognito ti incrociai nell'attimo che brucia Se almeno un giorno, mi adducesse lauto un sorriso respirando ancora mi illuderei che da te fuggito poi mi abbia raggiunto con la tenacia e il passo di colui che, stanco di miserie in cerca di fortuna salpa per dove qualcuno l’aspetta. Ma nulla esplode né vira tutto trascorre svogliato da tempo quasi infinito! Inesorabile e crudo un divenire affievolisce ogni luce il cuore ombre sposa e nell’oggi uguali all’ieri si perdono sogni e colori. Verrà domani e nulla accadrà; come sempre, svanirai di nuovo. Raccolte negli occhi disseccheranno al sole le speranze che hanno guidato uno sguardo e illuso una mente nutritasi di sale greco. Ah, come rabbrividisce questa mia vita romita a cui nessuno parla e neanche tu ascolti! Se imprudente affiorassi dallo spesso fondo che ti serra riposerebbero gli occhi! Nel cielo me ne andrei cavalcando nuvole rosate addolcito dal solo pensarti T’avrei creduta sulla parola se solo mi avessi detto: - Non voglio che tu vada via!- E’ da inenarrabile tempo che, esiliato dal tuo cuore, di te più non ho cercato notizie. Nel vuoto che mi lasciasti come avrei potuto? Al di là dello squarcio raro di un ricordo, affiorò, di tanto in tanto, il periscopio della nostalgia per scrutare sull’orizzonte delle cose perdute una labile scia da te lasciata. Quante volte nel silenzio l’orecchio tesi all’eco del frangente della tua vita! Scancellata, in modo definitivo dal mio taccuino ogni antica annotazione che ti riguardasse, a chi chiedeva dove tu fossi, o se per doloroso rammentare correvo a te remota, io non seppi dire se oltre la fitta cortina dietro cui eri scomparsa probabilmente ancora ti aggiravi. Per affermare che tu sia di certo svanita non ho prove adeguate, in un impensato angolo del mondo, tu sarai! Talvolta avrai pensato al ragazzo con la motoretta che tremante arretrò al suo primo bacio, ti sarai chiesta se questo rinsecchito flabello di canna, agli assalti delle folate oggi ancora resista. Si, sono qui, risparmiato dal turbine, a vangare nella memoria le ignite zolle di un amore che apparso alato ratto fuggì privando le mie pupille di esistenziali guizzi di luce. Metamorfosi Fu in una sera di acre tristezze quando all'animo in cerca di uno spazio vitale un vano punto appare il mondo che straordinaria una cosa avvenne. Fu come ritrovare il respiro, imperversò la voglia di svincolarsi da una sbirra vita che in ceppi mi conduceva tra giorni vuoti. Repente sbucò forte, chissà come, di nuovo la volontà di essere uomo; dirompente affiorò l'ansia di guarire dalle zannate ripetute sferrate dalle fauci di ingorde malinconie. A battere e scalpitare ritornò il cuore come non mai, con animo fanciullo ripresi a conversare con le illusioni ammutolì tutto il desiderio di morire più non mi piegai al mio destino. Mi innamorò e mi trapassò un viso sulla bocca morta mi baciò amore da una accaldata voce udii un invito. Quante volte mentitrice e rea una speranza mi aveva contattato subdola illusa con le sue lusinghe! Oh ritardatario sogno avverato che geloso stringo al mio cuore! Se mi guardo allo specchio or che ancora mi afferro alla vita più non mi riconosco infelice con meraviglia mi ascolto sorpreso. Tutto, se chiedo, mi dai amore: digiuno, svestito e senza terra ieri miei, a perdita d'occhio, oggi prosperano latifondi di grano sull'orizzonte che tu dispieghi. Varcata la notte, striato e nubiloso, si profila il sorgente giorno svogliato di luce e di colori ancora non ingioiella e tinteggia il volto di un appannato orizzonte. Circumnavigano di buon mattino flotte di pensieri l'isola della mia mente con bradipo incedere s'ammassano, negletti navigano e colano a picco veloci nel gran mar del nulla; per la terra ferma che percorro se campi e bassi rilievi affisso la loro fisionomia imbruttita scolora poi il cuore che già ti cerca. Andrò senza di te al mio fianco e mi sarai lontana mille volte amore porterò in me in segreto l 'oscura angoscia di sentirmi solo. Ma prima di soccombere al silenzio che la lontananza come ragna intesse prima dell'attimo in cui mi sentirò perso -di gitto mi raggiungerai- mi ripeto e tutto il nero scuro che mi attacca per incanto si dissolverà in un nulla: sarà allora come disincagliarsi da un vischioso intrigo, come ritrovare inalterata nella sua essenza vitale una fragranza, a torto, pensata svaporata. Si dispera e pesticcia il bambino il palloncino appena ricevuto in dono sfuggitogli dalle dita è volato via -di che colore era?- ancora si chiede. Attaccate ad un filo, transienti quante cose in un niente la vita con uno strappo ci sottrae. Pulsa il tempo e complotta sparizioni, del pensiero dell'attimo prima nulla ci resta, non una minima traccia persiste sui sedimenti del ricordo, molti estinti annovera la memoria allo scroscio dei giorni e delle ore, silenzi di sincope s'immillano al muto distaccarti da ombre. Si buccina che nessun possesso sia sicuro, che ogni certezza sia momentanea che la speranza fugga prima di essere degustata che l'illusione sia piuma al vento. Finché si può, tra fiotti si galleggia un vortice, poi, inesorabile, nient'altro. Disvela gli umori del tuo cuore e sulle labbra umettati li sparge il bacio improvviso che mi dai. E' in quell'atto, nella frescura che giunge, che si disincaglia la mia vita, chiglia in avaria arenata tra sirti di malinconie. E' la tua bocca: ampia, sensuale, ineffabile dolcezza colta nel protrarsi di un abbandono, che mi sospinge fuor dalla secca e per il petto diffonde aromi e tintinnio di emozioni, che l'anima insuffla all'esaurirsi di ansanti frammenti di respiro. Non più vago sfuggente precario un amor di essere ritrovo, al suo braccio forte mi avvinghio per lasciarmi condurre festoso nel piazzale della meraviglia alla sagra di nuovi sapori di vita. Insaturo di te, non potrò mai dirti: arresta i tuoi baci. Bagnami di essi! Rovescia il mare del tuo amore sulla secchezza delle mie pieghe allegra conduttrice del mio destino. Trasvoliamo, cogliamo sogni per noi allo sfiorare soave di labbra che anelano albe di focosi baci. Cuore fermati un attimo Cuore fermati un attimo affratellati parliamo io e te senza falsità diciamoci tutto con zelo non recitiamo copioni smettiamo di far la spola tra mille pensieri contraddittori. E si, son passati i giorni luminosi della nostra vita, si assottiglia l'esile futuro possibile, il propellente a cui pure credemmo fiduciosi; or le vene e le arterie sono sfiancate i reduci sogni agonizzano e ben poco abbiamo appreso del nostro vivere e del suo perchè. Dimmi: che sarà di noi domani smascherato l'inganno dell'abbaglio? Vecchi miracolati potremo atteggiarci a giovani incoscienti e ancora avere altri exploit di vita? Quanti altre illusioni strappate dovremo addolorati buttare nel cestino? Pochi round restano da disputare sai, il match col destino ben presto sarà concluso e nulla ci anticipa il pronostico su quanti punti a nostro favore potremo pur forse accumulare. Riusciremo a rimanere in piedi fino alla fine o semitramortiti supini dovremo udire l'ultimo gong? Ah quanti strappi e colpi contemporanei sopportiamo ogni giorno rassegnati! Si dispiega già il silenzio del vuoto e più nulla sappiamo di noi un buio si addensa e si condensa il nero di pece non si discioglie. Senza visuale che ci consoli e sparito un dove guardare sostanza stagionale dissolverci sarà il nostro ultimo impegno. Or che digradano i colori della vita Or che digradano i colori della vita e il tempo a un perenne silenzio mi avvicina fai del resto dei miei giorni quel che vuoi: col futuro altri impegni non ho amore. Oh sprizzante fonte di emozioni acqua chiara tracimi e idrati i miei solchi impregni le zolle dei giardini arsi del cuore, vano non mi sia il sorgere del sole ogni mattina! Non senti come pulsa il sentimento che ci accoppia al top di un'illusione come si scancellino orme di solitudine quanto soffia il vento dell'amore e generose boccate d'aria ci giungono? Compiaciuto delle tue forme avido del calore dei tuoi baci appassionato a te mi accosto: s'infocano le ali dei miei sensi un sogno si materializza solare al concludersi di un vivere deluso. Sottrattomi da un despota destino sgomitando tra resse di pensieri verso di te mi incammino sicuro: al venirti incontro, tutte squillano le trombe del mio cuore, sbocciano parole care e tocco il firmamento qual fedele pregante che affissi il cielo. Soggiogami col fascino dei tuoi sguardi allontanami dal disturbo di ogni ombra la fiaccola dei tuoi occhi mi ridoni altri bagliori: leggero mi adagerò sul tuo petto poi che stemperata avvertirò la fatica di stare al mondo. Fammi coraggio con insistenza se la vita mi sembra talvolta come uno filo spinato di tenebre che intorno a noi, fragili, robusto a spire si avvolga. Se ad anni buttati via, irrecuperabili, penso tienimi a te in un abbraccio congiunto: si silenzi la tristezza che forte mi parla nel buio io non discenda già morto tramuta i miei smarrimenti in entusiasmi sii la primavera che sconfessa l'inverno e rami spogli adorna di nuove foglie. Asseconda i capricci del vento Asseconda i capricci del vento la foglia superstite sul ramo brullo nessun fiore riceve raggi di sole da un cielo azzurro e trasparente. Mite letargo di natura: un nulla par avvenire in gelido deserto spoglia la vita nega i suoi sorrisi e l'animo triste fatto reclina il capo. S'aprirà un valico alla floridezza e tornerà il colore delle selve irromperà a getti una linfa ansia di verdeggiare siepi e alberi domani! Oh quante volte si muore e si risorge secca e straripa amore tacciono e borbottano le voci dei fiumi! Aspettiamo senza impazienza un sortilegio diamo più credito alla speranza accoriamoci alla persuasiva voce che ci intima di attendere e scaccia dal sangue la precognizione della morte! Cuore strepita! Dubbioso non attendere per risalire un palpito, abbozza spiragli: un giorno, nell'euforia di un cambiamento, sorpresi, risorgeremo senza dolore tra urli di vita e arricchiti di nuovi ardori. Stracca di riprodursi fugge Stracca di riprodursi fugge l'alcova dell'immaginario la puttana illusione; ora più nulla abbiamo da inventarci e attendibile si annuncia un futuro in caduta libera divinato da una sfera di cristallo. Ne abbiamo abbastanza di raccogliere inganni farci adescare da lusinghe sfogliare cataloghi di sogni sostenere che valga la pena di vivere o di morire. Nessuna elefantiaca dipendenza dura oltre il necessario: presto o tardi si scopre che quanto si estende e vibra nella mente e nel cuore non avvantaggia che un istante l'impresa di un respiro affannoso. Un batter d'occhio appena poi, non creduto, si allontana più fugace dell'ombra giunta dalle ali di un gabbiano su un fazzoletto di sabbia nel tedio di un meriggio assolato. Non ritratto l'esperienza non perpetuo l'errore e posso fare a meno di tutto anche di quel poco di buono che ancora mi resta fra le mani e sospetto di concreto. Ora vedo chiaro più nulla mi acceca; ora vedo chiaro pure i colori sono già tutti uguali sulla tela intima che imbratto per fissarvi un effimero durare. Aveva accorto scandagliata Aveva accorto scandagliata tutta la sfera cupa il tuo cuore impietrito cercando pertugi e fessure da cui traspirasse una luce. Or sguscia e riappare il sereno dallo squarcio inatteso dietro fioccose trame di ragnatele. Disgregati, diffusi nembi si sfilacciano, già lontani si disperdono senza tracce: al chiaro si converte lo scuro neonate immagini ti ridono. Camminante, pur solo ricolmo sei d'infinito! Alacre ti si spiana l'illusione fermenti risalgono dal cuore; ti racconti, fatto diverso. Vivere vuoi e ti ritempri, come posseduto ti scagli sulla vita, ne spii gli atti per impedirle di rimordere di sciabordarti ancora! Ai polsi alacre preme la volontà primordiale che accalda e avvampa; il tuo volto, disteso è or al par di quello arrossato di divertito invitato che goda una festa in atto. E quando pur l'ombra fluisce e ritorna allo sgranar di mesti ricordi ancor barlumi scoccanti scorgi dalla radura ove bivacchi se scruti la sorella notte che sentinella del cielo fiduciosa come or tu fraterno cambio aspetta dal puntuale giorno. Madre Madre, se trascinato da flutti di ansie smarrito ho la proda da cui lontano mi guardi e zavorra di tristezze appesantisce l'anima mia, riportami sulla rotta che a te conduce or che speranza fugge e oscuri nembi minacciano i miei tremuli orizzonti! Tu che alla sfilata di labbra da minio arrossate e visi imbellettati mai parte prendesti, tu che all'avara sorte e al bisogno che incalza impavida ti opponesti e la tortura degli anni aspri della tarda età accetti senza protesta, soccorrimi or che vagante in malinconie, come caduca foglia al turbine cedo e nello spirito snerbato sostegno non ti offro! Tempra di altri tempi la tua ! Madre, tu mai ceduto hai alle incursioni del doloroso essere e solo un blando lamento talvolta fugge dal rassegnato silenzio che mascherato cela la tua pena immensa! Sorridi, non piangere quando a me pensi, augurami un dolce sonno perché domani, al risveglio, venendoti incontro rinfrancato, abbracciarti possa! Si dimentica presto Si dimentica presto l'idioma d'amor dei vent'anni dopo che a frotte son fuggiti i sogni e gli anni ad uno ad uno passati sono al par di un lampo; all'inasprirsi degli eventi semintontiti altro linguaggio più duro si apprende senza spiragli. Non v'è alchimia esoterica o sortilegio che ci ricarichi che ricrei le voglie e i desideri di quando ragazzi e davvero vivi come fiori in divenire sbocciavano illusioni e con sorriso si sospirava d'amore. Indietro, il fiume giammai ritorna con sé ogni cosa trascina alla foce replica non vi è di giorni declamati recupero di speranze alla deriva: solo sciame di ricordi, collezione di immagini tarmate restano a chi più non è attaccato al possesso e non ha altro appetito di inganni.. Torcersi a che serve? Non ci si strappa al morso della vita non si scansano i suoi schiaffi si portano a lungo i suoi graffi, bisogna ingoiare e digerire il vano delle lunghe parole, subire la ferocìa dei suoi silenzi. Per abitudine poi si resta e incompiuti senza protesta si aspetta che ci portino sotto una zolla fatti secchi un giorno dal tempo che con preannunci e in sordina molto prima ebbe a dirci addio. Se in un giorno di quelli che ci son dati di irreparabile qualcosa accadesse al filo consunto della mia vita prometti di fare ciò che ora sereno il mio cuore ti ordina Amore. Voglio che tu viva mentr'io addormentato t'attendo, così come dalla notte dei tempi fa la proda col mare. Sull'arenile che, mano nella mano, calpestammo una sera di luna piena di tanto in tanto, ritorna : fiuta l'aroma della maretta che entrambi amiamo; lasciami salsedine sul tuo volto parlami con le tue rassicuranti parole così come quando per incanto una sera, il mio destino tramutasti da scuro a chiaro; con i bagliori del tuo cuore in tempesta per la mia assenza, rischiara la solitudine della mia ombra; soave sussurra il mio nome poiché anche nel vuoto più vuoto un fremito eterno vivrò ascoltando nell'infinito la tua voce; il calore delle tue mani passa sulla pietra da quattro soldi che serrerà le mie spoglie: mai senta, poi, il freddo della morte. Se sola, cavalca l'onda sull'onda alta del ricordo, fatti carezzevole vento: sull'animo ti senta passare e ti ascolti come un canto naturale di vita che risuoni per un perpetuo silenzio. Ancora ti vedrò, donna e amante e ti farò la corte offrendoti un fiore; in un letto, mi bagnerò del tuo sudore conterò fra le mie dita i tuoi capelli. Qual mattutina rugiada su corolla nell'arsura di giorni di canicola mi aspetterai e sulle tue labbra fedele giungerò con un umido bacio. Ah come li reclami allo svettare della tua passione raggiante quando il desiderio solleticato corre per il corpo all'impazzita e si sfrena! Mai debba accadere nel mio sonno senza risveglio di sognarti infelice: se venisse la tristezza che odio a insidiare di gitto la tua vita futura desolato vedrei comparire il dolore e io non ti voglio lasciarti che memoria e eredità di felicità e di gioia. Se mi hai amato, mia diletto ardore non ho fine né morte: rassicurati! Sopravvissutami per augurata sorte per ritrovarmi ti basterà respirare perché mai da te mi separai amore. Finiranno le scorte di polvere da sparo Finiranno le scorte di polvere da sparo con cui fabbrico i petardi e le girandole parlanti che vedi esplodere di lontano. Nelle solitudini che afferrano attristata fisserai la luna luce che scorre sulle case poi che la festa del cuore inghiottito sarà dall'ora imbrunita e svanita l' eco dell'evento vissuto ma la memoria non tradisca il ricordo del brulichio di bagliori che oggi tu miri. Sparito di essi ogni traccia verrà tempo insostenibile che nessuno altro parlerà a cuore che vuole ascoltare. Allora, sola piangerai come l'incredulo fanciullo, che inzeppate le monete entro tasche bucate, affondandovi avido le mani disperato più non le ritrova. Domani o altro giorno che sia brama ancora ti cercherò come acqua chiara con desiderio di annegarmi ma ad aspettarmi tu non ci sarai perdizione di un cuore soffocato. Se è in bianco e nero e non a colori che ti ho ritratta sul frontespizio da quattro soldi della silloge che ti ho dedicato che importa: acceso e smagliante il tuo sorriso per me mai muta: mirando la donna amata, rapido giunge e riparte fischiettando e svaporando sempre un treno strapieno di emozioni! Magnificata dal cuore, solare e bella più che mai incessante in me amor t'effonde nessun spessore ci separa: la tua pelle è la mia. Anime fuse in uno stesso corpo chi può disunirle! Lievitate e alate, in volo su nel cielo azzurro se abbiano insieme un peso poi è ancora da vedersi! Amore, ultima corda della mia cetra bisogna pure che ti persuada del tutto che non nel sonniloquio ma è nel giorno che sei il mio pensiero, il mio necessario, il fuso su cui avvolgo la speranza, la mano che allontana le forbici di Atropo dall'invisibile filo a cui tremante è sospesa ogni vita la gattona senza unghie con occhi dolci che accarezzo e invispita mi fa le fusa. |