IL POETA SI DIVERTE |
Anacreontica Mi disse un pastore, quand'ero bambina, che un serpe era Amore, che morde se può. E il core molti anni le insidie e gl'inganni del serpe schivò. Ma quando improvviso apparvemi al fonte il giovane Euriso giurandomi fe', fra palpiti il core si accorse che Amore un serpe non è. (Alessandro Manzoni) |
| A morte la minestra Metti, o canora musa, in moto l'Elicona e la tua cetra cinga d'alloro una corona. Non già d'Eroi tu devi, o degli Dei cantare ma solo la Minestra d'ingiurie caricare. Ora tu sei, Minestra, dei versi miei l'oggetto, e dirti abominevole mi porta gran diletto. O cibo, invan gradito dal gener nostro umano! Cibo negletto e vile, degno d'umil villano! Si dice, che resusciti, quando sei buona, i morti; ma il diletto è degno d'uomini invero poco accorti! Or dunque esser bisogna morti per goder poi di questi benefici, che sol si dicon tuoi? Non v'è niente pei vivi? Si! Mi risponde ognuno; or via su me lo mostri, se puote qualcheduno; ma zitti! Che incomincia furioso un tale a dire; ma presto restiamo attenti, e cheti per sentire: "Chi potrà dire vile un cibo delicato, che spesso è il sol ristoro di un povero malato?" È ver, ma chi desideri, grazie al cielo, esser sano deve lasciar tal cibo a un povero malsano! Piccola seccatura vi sembra ogni mattina dover trangugiare la "cara minestrina"? (Giacomo Leopardi) |
Molti somari ho scritto in una lista |
Però, se appena appena Però, se appena appena m'avessi tu concesso io t'avrei spesso condotta a cena. Si stava assai benino un tempo a la regina: buona cucina, ottimo vino. Là si potea cercare il più riposto canto, seduti accanto gozzovigliare. Quale a mensa il marito suol far con bella sposa, io d'ogni cosa t'avrei servito. T'avrei del fritto scelti i più dolci pezzetti, e per te i petti al pollo svelti. All'arrosto spiccato avrei la miglior carne, per dilettarne il tuo palato; con saggio accorgimento l'insalata condita, e a te le dita ungervi e il mento. Né pensar che pertanto non t'empissi il bicchiere, com'è dovere, spesso, frattanto; che a volte il mangiar troppo non mi ti faccia nodo; or bevi,è il modo di tor l'intoppo. Anco alla gioia, induce. Già tutti sanno, cose miracolose il vin produce! Che cicaleccio gaio non m'avresti tu fatto! Ed io che matto, che parolaio! Che chiasso senza fine, e che risate! a mensa non ci si pensa a merli o trine. (Vittorio Betteloni) |
Memento Quando bacio il tuo labbro profumato, cara fanciulla, non posso obbliare che un bianco teschio vi è sotto celato. Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso, obbliar non poss’io, cara fanciulla, che vi è sotto uno scheletro nascoso. E nell’orrenda visione assorto, dovunque o tocchi, o baci, o la man posi, sento sporger le fredde ossa di un morto. (Iginio Ugo Tarchetti) |
Ehi dico madre abbadessa circonflessa innanzi al finestrino usa al mattutino sbrigatevi pel biglietto del diretto perché questa non è una stazione della via crucis ma quella di porta susa (Farfa) |
L'indifferente Io sono tuo padre. Ah, sì?... Io sono tua madre. Ah, sì?... Questo è tuo fratello. Ah, sì?... Quella è tua sorella. Ah, sì?... (Aldo Palazzeschi) |
Santi del mio paese Ce ne sono di chiese e di chiesuole, al mio paese, quante se ne vuole! E santi che dai loro tabernacoli son sempre fuori a compiere miracoli. Santi alla buona, santi famigliari, non stanno inoperosi sugli altari. E chi ha cara la subbia, chi la pialla, chi guarda il focolare e chi la stalla, chi col maltempo, di prima mattina, comanda ai venti, alla pioggia, alla brina, chi, fra cotanti e così vari stati, ha cura dei mariti disgraziati. Io non so se di me qualcuno ha cura, che nacqui all'ombra delle antiche mura. Vien San Martino che piove e c'è il sole, vedi le vecchie che fanno all'amore. Rustico è San Martin, prospero, antico, e dell'invidia natural nemico. Caccia di dosso il malocchio al bambino, dà salute e abbondanza San Martino. Sol che si nomini porta fortuna e fa che abbiamo sempre buona luna. Invocalo, se vuoi vita beata, in ogni ora della tua giornata. Vien Sant'Antonio, ammazzano il maiale. Col solicello è entrato carnevale. L'uomo è nel sacco, il sorcio al pignattino, corron gli asini il palio e brilla il vino. Viene, dopo il gran porcaro, San Giuseppe frittellaro, San Pancrazio suppliziato, San Giovanni Decollato. E San Marco a venire non si sforza, che fece nascer le ciliege a forza. E San Francesco, giullare di Dio, è pure un santo del paese mio. Ce ne sono di santi al mio paese per cui si fanno feste, onori e spese! Hanno tutti un lumino e ognuno ha un giorno di gloria, con il popolino intorno. (Vincenzo Cardarelli) |
<<Pregava?>> <<Sì, pregava Sant'Antonio perché fa ritrovare gli ombrelli smarriti e altri oggetti del guardaroba di Sant'Ermete>>. <<Per questo solo?>> <<Anche per i suoi morti e per me>>. <<È sufficiente>> disse il prete. (Eugenio Montale) |
Il pavone Quando quest'uccello fa la ruota, con le penne che strascicano a terra, sembra più bello ancora, ma si scopre il culo. (Guillaume Apollinaire, trad. Renzo Paris) |
All'ombra Mentre me leggo er solito giornale spaparacchiato all'ombra d'un pajaro vedo un porco e je dico: - Addio, majale! - vedo un ciuccio e je dico: - Addio, somaro! - Forse 'ste bestie nun me capiranno, ma provo armeno la soddisfazzione de potè di' le cose come stanno senza paura de finì in priggione. (Trilussa) |
Le campane Mio dolce zingaro amante mio ascolta il suono delle campane Noi ci amavamo perdutamente credendo che non ci vedesse nessuno Ma eravamo proprio nascosti male Tutte le campane dei dintorni ci hanno visto dall'alto dei campanili ed ora tutti lo vanno a ridire Domani Cipriano ed Enrico Maria Orsola e Caterina la fornaia e suo marito e poi Gertrude mia cugina quando passerò sorrideranno e non saprò più dove nascondermi Tu sarai lontano Io piangerò e forse forse ne morirò. (Guillaume Apollinaire, trad. Renzo Paris) |
La prole degli animali Il cavallo e la cavalla fanno sempre il cavalletto, ma dal grillo saltellante non t'aspetti che il grilletto. Hai dal mulo il mulinello, che poi dicesi mulino, mentre il piccolo del toro certo nomasi Torino. La cavalla quando nasce va chiamata cavalletta: tu nel nido della gazza vedi sempre la Gazzetta. Della pulce sono figli i pulcini e la pulcella e tra questi, indubbiamente, va compreso Pulcinella. Dalla mosca,è ben sicuro, deve nascere il moschetto ed il merlo,è naturale, non fa altro che il merletto. E' ben noto che dal becco hanno origine i becchini e dal lupo certamente sempre nascono i lupini. E dei cervi tra la prole è il Cervino coi cervelli, mentre i piccoli del verme sono certo i vermicelli. (Carmine Rotondi alias Il Trovatore del Liri) |
Animali inventori Non è vero, Signori e Signore, che soltanto l'umano talento sia capace di far l'inventore, tutti i giorni operando un portento. Per le grandi invenzioni che fanno, certe bestie dei punti ci danno. Colla sua furberia lo Scoiattolo anche i fiumi più vasti traghetta: la sua zattera sembra un giocattolo, ma galleggia in maniera perfetta: la sua coda funziona da vela meglio ancor che se fosse di tela. Una certa gentil Capinera, cucitrice di bianco in giornata, ai figlioli sa in bella maniera imbastire una casa incantata con tre foglie che, in modo assai vago, essa cuce col refe e coll'ago. Scarabeo, caporal bombardiere, se per caso un nemico l'assale, si difende voltando il sedere e lanciando un suo gas micidiale: azione che, a parte la mimica, vien chiamata oggidì "guerra chimica ". L'Ape d'Oro, operaia provetta, alla cera ed al miele adibita, ha inventato una certa ricetta che rinforza e prolunga la vita iniettando la sua medicina, d'una suddita fa una regina. Ecco il Ragno che fila e che tesse, oscillando a due metri da terra: prima ancora che l'uomo esistesse, alle mosche faceva la guerra, praticando tra l'ombre discrete il sistema di tender la rete. Quel furbone d'un Argironéta, palombaro vestito da ragno, imprigiona tra i peli e la seta l'aria, prima di prendere il bagno: in tal modo sott'acqua trasporta una bombola d'aria, di scorta. Il Castoro nell'acque correnti sa con arte costrurre capanne; coll'aiuto dell'unghie e dei denti sa intrecciare tralicci di canne; sa la melma coll'abile coda impastare, rendendola soda. Di sbarrare anche il corso d'un fiume il Castoro possiede il gran dono: sa difatti con arte ed acume fare dighe che dighe non sono, perché quelle che fanno i Castori, non son dighe, ma capolavori! Il buffissimo Galeopiteco, animale abbondante di cute, porta sempre sugli alberi seco una specie di paracadute, e, nel vuoto slanciandosi, plana, allargando la vasta membrana. La bizzarra, ingegnosa Fillìa che di farsi mangiar non è in vena, dimostrando una gran furberia, si dipinge di verde la schiena: fa la foglia, e gli uccelli che han fame, la confondono ahimè! col fogliame. Se la molle Sepiola per caso viene in mare assalita da un mostro, si difende schizzando dal naso un suo nero, densissimo inchiostro ch'essa fabbrica in modo perfetto e del quale ha lei sola il brevetto. Chetodonte, astutissimo pesce, sporge il muso appuntito dal mare e, sparando per aria, riesce a colpir moscerini e zanzare: in sostanza egli ha un'arma inventata non a fuoco, ma ad acqua salata. Queste e cento altre cose ingegnose gli animali, o Signori, san fare; tuttavia non assumono pose, non ci tengono a farsi ammirare. Si può dire ch'è stata la bestia a inventare la vera modestia. (Antonio Rubino) |