Scuola moderna
Poesie e filastrocche satiriche
di
Lorenzo De Ninis
 


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Scuola moderna

-Questi testi (risalenti  al 1998-2003) costituivano parte integrante del sito satirico www.scuoladimatti.net,
dedicato alla scuola, ora non più in rete-

 

                                                    Il mondo degli insegnanti
                                         - Mentalità, sogni, utopie, ansie, comportamenti-

1                   
È curioso degli insegnanti il mondo:
sia nella piccola che grande scuola
certo mancar non può chi fa la spola
le superne idee dispensando in tondo,

e agli altri spetta portar la carriola.
Se assistere volete al finimondo,
partecipate al nostro girotondo,
dove gli eletti urlano a squarciagola,

esagitati in cerca d'attenzione;
bisognosi di riconoscimenti,
si pongono in vista ad ogni occasione.

Dell'altrui opera sempre malcontenti,
anche se celano l'opposizione,
mirano pezzenti agli emolumenti.

2                  
Di varia umanità è ricca la classe
docente, che all'insegnamento attende,
il sapere pescando con le nasse
della scienza, e ai contrasti non s'arrende.

Forma alla vita le giovani masse
con l'amore che il cuore caldo accende,
del vizio dipanando le matasse,
mentre la suprema virtù risplende.

Ma se guardi bene noti un difetto:
all'altro ognun superiore si crede
e se stesso considera perfetto,

anche se -che guaio!- lo fa in buona fede;
sempre pronto a premere il grilletto,
quando del collega il successo vede.

3                  
La seduta non serve a programmare,
ma a dare libero alle pene sfogo,
i nascosti desideri svelare,
gli invisi colleghi mandare al rogo.

Finalmente alle ortiche si può buttare
la maschera austera del pedagogo
ed il vero nostro essere mostrare,
le vesti assumendo del demagogo.

Della perdita di tempo assai esperti
e delle vuote chiacchiere i docenti
si rivelano. Alla critica aperti,

dotti psicanalisti degli intenti
altrui, meschini stilano i referti
e del marcio proprio sono indulgenti.

4                  
Da ridere mi viene quando io sento
la professionalità millantare
a ogni occasione con alato accento
e so quale sia il fine del cantare:

se stessi illudere con tal concento
d'essere preparati ad insegnare
a tutti mostrando il proprio talento
dalle sindacali spinti fanfare.

Meglio sarebbe bandire i proclami
e riconoscere quello che siamo:
lavoratori con stipendi grami,

per "vocazione" il lavoro svolgiamo;
vano risulta avanzare reclami,
da parassiti -si sa- noi viviamo.
(nella società assai poco contiamo)

5                  
Sempre pronti siamo a piangerci addosso
e a riporre fiducia nel sindacato,
invece di lottare a più non posso
per ottenere quanto meritato.

Dai politici il nostro ceto scosso,
dalla pecoraggine rovinato,
condotto è stato sull'orlo del fosso
con il benestare del sindacato.

Da anni piovono magiche promesse
di fresca erbetta per le pecorelle,
nuove e più magre nell'ovile immesse

della scuola strapiena di mammelle.
Numerosa dei docenti è la messe:
per tutti ci saranno caramelle.

6                  
Avete mai udito un professionista
celebrare se stesso e il suo operato?
Egli non si dà arie da trionfalista,
perché al posto suo parla il risultato.

Invece l'insegnante è specialista
nel lanciarsi al superfluo infervorato,
trascurando di svolgere, egoista,
il lavoro per cui viene pagato.

Sulla classe scarica l'insuccesso
con minuzia elencando il suo daffare
e dicendo scarso il tempo concesso

per poter debitamente operare.
Non riconosce l'errore commesso:
sa bene lui quello che c'è da fare!
 

Coerenza degli insegnanti
                    
- La nostra scuola, ahimè, non funziona! -

Si lamentano spesso gli insegnanti.
È il loro passatempo preferito.
Chi porta con querula voce avanti
la scuola e costernato ti alza il dito?

Veloce la docente tuttofare
piroetta tutto il dì qual saetta.
Il docente turbinoso sul mare
soffia per sospingere la barchetta

sgangherata della scuola. Mai domi
girano indaffarati i maneggioni,
sui labari son sempre i loro nomi,
graziosi dispensando i loro doni.

Questo appare all'esterno osservatore.
Ma più da vicino diamo un'occhiata:
perbacco! La situazione è cambiata.
La campana è suonata, il professore

dov'è faccendiere? La classe aspetta
nell'atrio in festa, urlante ogni mattina.
La docente trottolina sgambetta
come sempre in ritardo ogni mattina.

Per fatue sciocchezzuole questo e quella
sanziona la docente criticona,
mentre lei a svuotare va la panciona
proprio quando suona la campanella.

E sai, quando la sigaretta accende?
Frenetica, appena lo squillo sente.
E lentamente poi le scale ascende,
seguitando a sparlare incontinente.

E cosa dire della progettista?
Almeno una volta in tempo arrivasse
al cambio dell'ora! Si sa, l'artista
non la puoi rinserrare nelle casse:

svolazzar deve con altre farfalle,
succhiando il nettare di fiore in fiore;
intanto a te s'ingrossano le palle
nel sentire degli alunni il fragore.

Oh! Ma con la sua mente fina porta
la classe in Cina. Svolge anche il programma
ministeriale in tutta la sua gamma;
sappi che la routine non sopporta:

ha bisogno d'uno spazio vitale
per esprimere la sua fantasia;
avanti lei va a colpi di magia,
sembra, invece, che tu manchi di sale.

Vedi! Qui i ragazzi sono tutti in fila,
da un docente antiquato incolonnati;
là, come pecore son sparpagliati:
acconsente lassista l'aprifila

di tutte le novità pedagogiche
e di tutte le novità didattiche,
di tutte le varianti programmatiche
e di tutte le alte missioni eroiche.

- Grette sono queste pignolerie!
Deve la scuola sugli scudi andare,
nel bel mondo il successo annoverare.
Finiamola con le pedanterie! -

- Eppur la nostra scuola non funziona!-
- Burocrate sei, incallito e arretrato,
per questa professione non sei dotato. -

- Di moda è lavorare alla carlona,
la nostra scuola il buon senso abbandona.-

 

Insegnanti e alunni: scambio di idee
               
Perché a scuola lieti sempre ridete?

- Ridiamo spesso allegri nei momenti
delle quotidiane interrogazioni,
quando voi insegnanti ci costringete
a parlare di cose inconcludenti,
tipo i Promessi Sposi di Manzoni.
Non sapete che vari sono i nostri
interessi e che poco ce ne frega
delle dotte vostre elucubrazioni?
Passate il tempo nel provare inchiostri,
mostrando i nostri errori alla collega
che spalanca divertita i suoi occhioni -

- Ora non esageriamo, ragazzi,
ora non lasciatevi trasportare
da improvvisate considerazioni.
Quasi quasi ci scambiate per pazzi,
ma non sapete come a lavorare
ci obbligano in misere condizioni.
Di quello che facciamo non va bene
nulla e siamo a lieto ludibrio esposti
della vasta massa di ignorantoni -

- Non ci racconti delle vostre pene;
se ad un alto ufficio siete preposti
come la mettiamo coi patacconi? -

Tutte l'ore ha studiato il professore
e la sera e la mattina una prece
alla Cultura nelle sue orazioni
devotamente ha rivolto di cuore.
E in cambio ha ricevuto cosa? - Un cece!-
dice, e poi prorompe in esclamazioni
che qui non riportiamo per decenza.

- I negletti docenti maltrattati
come rifiuti vanno nei bidoni!
Amanti poveracci della Scienza,
perché vi siete sulla strada avviati
delle facili gratuite illusioni? -

- Credevo di trovare l'Eldorado,
invece ho trovato una fregatura,
arcano scrigno delle delusioni.
Sono questi alunni allo stato brado
e vanno in cerca solo d'avventura
e spasso adatti alle loro minzioni -

- Il sollazzo e il riso, come il poeta
dice, sono proprio della stagione
nostra. Ma le vostre valutazioni
ora rasentano una magra dieta,
ora sembrano un'esagerazione,
tanto da giustificare illazioni -

- Forse forse in questo ragione avete.
È il problema che ci portiamo dietro
già prima che arrivasse Berlusconi.
Quello là crede d'essere Talete,
questo qui pensa d'essere San Pietro,
e questi altri sono dei furbacchioni.
Vi lamentate delle risultanze?
Che posso farci se così funziona?
Qua fanno i catoni e di là i carloni?
Dateci sotto con le rimostranze,
invece d'accusarmi d'inazione;
e fatevi con lo studio iniezioni! -

- Dall'esperienza spesso ci risulta
che gli insegnanti sono impreparati
e se la spassano da fannulloni -

- Siffatta ignobile diceria insulta
coloro che alla scuola si son dati
senza stare a calcolare i soldoni,
ma con indomito e libero slancio
e tempo e mente e cuore e studio ed estro
a voi dispensato hanno come doni,
in cambio d'un turpe e schifoso rancio;
e ora al collo ci mettete il capestro
come fossimo incalliti imbroglioni -

- Non s'adiri, si calmi, professore!
Per gli altri vale ciò che abbiamo detto;
perder non vogliamo le sue lezioni.
Lo sappiamo che è un gran lavoratore;
se un infarto si becca maledetto
le vive perdiam sue illuminazioni -

- Adesso a ragionare si comincia:
dubitar del mio operato è cosa
perniciosa che mi rompe i marroni.
A cantare per voi è forse la Cincia
con le sue tenere labbruzze rosa?
L'agra collega che brama ovazioni? -

- Che mettere volete, è risaputo,
in mostra la vostra somma cultura,
propinandoci assurde spiegazioni.
Ma molto spesso il risultato avuto
appare di così bassa fattura
che vi meritate maledizioni -

- Embé, ragazzi, che ricominciamo?
Ma proprio capire non lo volete
che rispetto ci dovete? Ossessioni
persistenti vi sconquassano invano
e di restare ignoranti godete,
se cotali avanzate osservazioni -

Ahinoi, il professore è per caso sordo?
O fa l'indiano? O proprio non capisce?
Non muta affatto le sue posizioni.
- Professore egregio, di lodi ingordo,
perché ai nostri appunti mal reagisce?
Per noi simili considerazioni,
maestro eccelso di color che sanno,
di normale dialettica fan parte
ed esser non voglion contestazioni.
Ma se lei ancora insiste, è pronto il danno,
perché scarsa ci risulta la sua arte
da molte immutata generazioni -

- Ecco! Quel che temevo s'è avverato.
Ad elencare cominciate adesso
per filo e per segno i pochi svarioni
che nel corso degli anni ho seminato;
ma se ho sbagliato è stato per eccesso,
perché preda di preoccupazioni.
Rispetto non avete per un docente,
che si è dedicato all'insegnamento
e che ha sofferto tante umiliazioni;
che s'è sacrificato assiduamente,
devastato da un sottile tormento,
acceso dalle vostre incomprensioni -

- Se l'insegnante non bene procaccia
non dipende da quello che diciamo,
ma dalle deboli sue cognizioni.
Professore, piangere non ci faccia;
ché, come ben sa, ridere vogliamo,
non soltanto per i suoi pantaloni -

- Ah! ve ne siete accorti, bravi, bravi.
Nemmeno le braghe cambiare posso:
con moglie e tre figli bastano i doni
dal Ministero elargiti? Bravi
sindacati che mi hanno scritto addosso:
"Guadagna questo qui tanti milioni" -

Perché a scuola tristi sempre piangete?

 

Corso di formazione

         

- Non crediate di essere qui venuti
per fare soltanto il comodo vostro:
bando al lassismo, via le lamentele,
cervello e ragione facciamo acuti.
Affiliamo della Scienza il rostro,
l'alto mare solchiamo con le vele
dell'entusiasmo, con trasporto vero.
Soldati siete del Sapere santo,
artefici prescelti alla missione
di spargere il Verbo del Ministero.
La passione sia sempre il vostro manto,
o cavalieri dell'Educazione!
L'utopia, cari, non è più utopia,
si rinnova la scuola veramente,
il traguardo non è così lontano;
lo raggiungiamo con l'Autonomia,
lavorando, seri, gratuitamente
e dando, allegri, alla Scuola una mano -

Tale il succo della concione ardente,
tenuta dal dotto professionista,
che il gramo arrotonda parco stipendio,
sublime preside tenuto presente
dal sindacato che ce l' ha in lista,
del clientelismo fulgido compendio.

 

Corso di formazione 2
           

Vi sono docenti di quarant'anni,
vi sono docenti di cinquant'anni,
vi sono docenti con moglie e figli,
vi son docenti con mariti e figli.

Pensosi intorno al tavolo essi sono,
seduti rigidi a sentire il suono
magico della saggia direttrice,
degli insegnanti nuova formatrice.

- Accendete un cerino
e parlate un pochino,
svuotatevi del peso
che l'animo v'ha preso.
Ascoltate voi attenti,
fate poi dei commenti.
La vostra mente aprite
e voi stessi scoprite.
Qui venite a imparare
come comunicare,
con gli altri confrontarsi,
alla causa immolarsi. -


Giuliva garrisce la formatrice,
la gran psicologa riformatrice,
della nuova scuola conoscitrice
a cui molto la professione s'addice
di rendere i docenti educatori
e della scuola ligi servitori.

Una seduta spiritica sembra,
sol che non c'è una medium che rimembra
la vecchia scuola da qualche anno morta,
ma s'inneggia alla nuova ancor più storta,
inefficiente e falsa da non dirsi,
buona solamente a rimbecillirsi.

- Prodi eroi, docenti cari,
della Cultura alti fari,
sfoderate le virtù,
andrete sempre più su.
Professionisti saremo
se noi tutti ci daremo
anima e corpo insieme
a spargere il santo seme
dell'Educazione vera
che fa luce anche la sera -


- Ma gli insegnanti guadagnano poco -
dice qualcuno con murmure roco;
- Sì, risponde una voce, ma è pur vero
ch'essi lavorano sol col pensiero,
e se la spassano da mane a sera
e mostrano sempre una bella cera -
- Chi è che così s'esprime iniquamente?
Non sa costui che uscire dalla mente
ci fa lo stress dell'insegnante medio? -
- Ma smettetela con questa commedia!
Due sono le cose: o insegni e guadagni
poco, oppure non insegni e guadagni
nulla; in compenso poco si lavora
e nessuno ti licenzia per ora -

- Cooosa?? Ma che cosa dice!? -
Strilla forte la cultrice
dell'eletta Educazione,
della Cultura il vibrione.
- Da lei ciò non m'aspettavo,
mi sembrava così bravo!
Bisogna che si lavori
tanto; su, su con i cuori!
Sintomo è la qualità
di professionalità.
Se professionisti siamo,
tanto guadagnar possiamo!
Lavorare, lavorare,
se vogliamo guadagnare! -
Strilla, strilla Berenice,
la perfetta educatrice.

- Signora, io son precario; avessi fatto
l'agrario! tempo perso non avrei,
a scuola maltrattato non sarei! -
- Calma, calma, carissimi docenti,
la nostra professione è per valenti
uomini, dediti ad una missione
e non a una facile promozione.
Gli insegnanti persone scelte sono
e non per tutti è dispensato il dono
di spargere con dotta mano il seme
nella feconda mente dei ragazzi,
e di farli crescere tutti insieme
come fiorellini raccolti in mazzi -

- Finalmente un'insegnante
dal pensiero interessante,
che ragiona con il cuore
e non si lagna per ore.
Sia d'esempio a tutti quanti!
Seguitela tutti quanti!
Se no, in pochi andrete avanti! -

I docenti, e vecchi e giovani, muti
stanno, avviliti e di paura smunti.
Non protestano, ma chiaro hanno in testa
che, adeguandosi, un dì faranno festa.

 

Il desiderio degli insegnanti
     
Adorabile bambin,
prendi pure il Ritalin,
che tranquillo ti fa stare,
ed il mondo bel t'appare.

Agitato più non sei,
non m'adiro con gli dei;
finalmente insegnar posso
e la smania non ho addosso
di mollarti sganassoni
mentre spiego le lezioni.
Sempre t'agiti e disturbi,
e la testa mi conturbi;
di parlare giammai stanco,
non vuoi stare nel tuo banco.
Per la classe giri e giri,
mi fai prender dai deliri
di frenetica impotenza,
e far nulla può la scienza
mia didattica profonda
che l'Amor grand'asseconda
del divin sommo Sapere,
giunto al mal del miserere.

Ritalina prendi pure,
o bambin, senza paure;
a te toccan capsulette,
più non s'usan le bacchette.

Adorabile bambin,
prendi pure il Ritalin…
noi felici ben saremo,
e contento ti faremo.

 

Il canto della nota
     
Vi presento il prontuario,
delle note il campionario.
D'una scuola piccolina
vi sollevo la tendina.

State attenti, è tutto vero;
a voi svelo ora il mistero.
Or si può con gusto ridere,
or si può con pena piangere.

Scoprirete con sgomento
della scuola il cedimento;
insegnare è tormentoso
poco adatto per l'ansioso.

Sono buoni i vostri figli,
ma non sempre sono gigli;
angioletti a casa loro,
qui si danno al disdoro.

Fanno a gara a importunare,
le aspre norme a rigettare;
se uno studia è proprio idiota,
meglio prendersi la nota.

Quel che conta è divertirsi,
con sciocchezze rimbambirsi,
ritenere l'insegnante
un noioso sorvegliante.

Vien per caso Ugo ripreso?
è senz'altro un incompreso.
Il docente impreparato
non l' ha bene valutato.

Qualche volta la genitrice
scopre affranta ed infelice
che un portento non è il figlio
e scatena lo scompiglio.

È mio figlio intelligente,
il maestro un incosciente;
il docente ha sempre torto.
Grida mossa da sconforto:
-Il bambino non comprende,
la sua mente vilipende!
Il mio amor non è loquace,
è soltanto un po' vivace.

Non è lui maleducato,
ma il cafon che l' ha sgridato-
Col maestro poi protesta
scatenando una tempesta.

Il maestro per paura
alle ciance dà la stura;
e con dire molto dotto
mago mescola il decotto:

-Perché mai preoccuparsi?
Non gli piace affaticarsi;
con il tempo crescerà,
bravo lui diventerà-

È la mamma soddisfatta,
più non s'agita da matta.
Che maestro mago esperto!
Il bambino che sconcerto!

Quando arriva poi alle medie,
ecco inizian le tragedie.
Molto male si comporta,
spesso è fuori della porta;

passa il tempo a disturbare,
l'ignoranza ad aumentare.
I docenti cosa fanno?
Vanno avanti con affanno.

Sbatton note goldoniane,
sembran gride manzoniane.
Qui scoprirle voi potete
e così mediterete.

Ricordatevi soltanto:
è l'alunno sacrosanto!
E col motto galeotto
serio chiudo il mio rimbrotto.

 

Ora di lezione          

  
Credete che lezione far si possa?
Ogni tre minuti ti vien la scossa.

E chi ti bussa alla porta?
La bidella vien bussando,
vien bussando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta?

Ora la quotidiana circolare
ora l'extra ti porta circolare
ora chiede agli alunni di portare
il permesso firmato per andare
in gita la Toscana a visitare
ora per partecipare fattivi
ai mirati progetti selettivi
ora al gruppo sportivo ti rammenta
che la gara si terrà il giorno trenta
ora distribuisce volantini
pubblicitari e ai buoni e ai birichini
ora dà la brioche dimenticata
alla povera bambina affamata
ora richiede il modulo firmato
già da una settimana consegnato
ora porta l'orario delle Messe
che non cambia mai: son sempre le stesse
ora dettar si deve sul libretto
del sindacato lo sciopero indetto...
Diluviano le visite incessanti,
i ragazzi sono tutti festanti.
Ora riprendi l'alunno vivace
che parla parla sempre e mai non tace;
la confusione si fa contumace...
ora ora ora fluttua il tempo fallace.

La mezzora è già passata,
la giornata già segnata.
La lezione non inizia,
per gli alunni una delizia.
Poco tempo ti rimane,
e le tue ire sono vane.
Devi cedere ai ripieghi:
o tu interroghi o tu spieghi.
A spiegare ti decidi:
basta!, dici, coi disguidi.
Ma c'è chi alza la manina,
s'è stancato stamattina,
e vuol fare il suo giretto:
- Posso andare al gabinetto? -
Ogni volta questa storia;
e va il tempo intanto in gloria.
E non è finita ancora:
la carissima signora
ha bisogno del suo testo,
e viene a romperti il cesto.
Poi prendendo grosso abbaglio,
c'è chi bussa allor per sbaglio:
- Scusi tanto, professore! -
- Ma che ti venga un malore! -
Ecco che un alunno arriva
inviato da Giuliva
a cercare il manuale
della scienza naturale.
Tocca ora al ritardatario:
sembra proprio un dromedario
con lo zaino sulla schiena
che sopporta a malapena;
sempre segue il suo binario:
non azzecca mai l'orario!

È un monotono via vai.
Se per caso dici bai,
antiquato tu risulti
e ti becchi pur gli insulti.

Da domani, giuro, farò lezione
alla faccia della programmazione!

 

Consiglio di classe
            

Mi ritrovo tra la perduta gente
senza risolvere un cazzo di niente.
A lungo si discetta con passione
del sacro mondo dell'Educazione,
dei validi obiettivi prefissati
ai poveri discenti propinati.
Sempre ci si lamenta dell'impegno
accompagnato da rozzo contegno.

- Gli alunni son vivaci, ma corretti -:
non può mancare tra i grandi concetti,
ripetuti almeno una volta al mese,
la frase, mentre si pensa alle spese
del gas, del telefono e della luce;
(forse meglio si viveva col Duce).
- I genitori d'Ada son venuti
a contestare i voti ricevuti;
secondo loro incompresa è la figlia
che a un genio matematico somiglia -
- È migliorato Littopizzo un poco,
non si dedica più di tanto al gioco -
- Con me questo ragazzo non fa nulla,
e non segue, e non si applica per nulla -
Si rincorrono poi le lamentele
raccontate come telenovele:
- Vedrai che Zocculo sarà promosso
benché dell'ignoranza sia un colosso -
- Come faremo a promuovere Rivo,
se nemmeno ha raggiunto un obiettivo? -
- A me dispiace, ma farò di tutto
perché fermato sia tal farabutto
che si è divertito per tutto l'anno,
apportando alla classe molto danno -
- Ma cosa mai dite, colleghi cari!
Non partecipate mica a un safari?
Molti aspetti bisogna soppesare,
non è serio su due piedi bocciare.
La psicologa ha diverso il parere
secondo cui si deve provvedere
subito ad analizzare il motivo
d' un comportamento così aggressivo -

A questo punto il Capo finalmente
paterno si rivolge alla sua gente:
- Ai più deboli avete dato aiuto?
Al recupero avete provveduto?
L'avete sul registro segnalato?
Spero che tutto abbiate valutato.
Sono stati i genitori informati
che i figli saranno forse bocciati? -
- Abbiamo spedito le cartoline
per spazzare via tutte le manfrine -
- Ma, scusatemi, non è prematuro
anticipare scelte del futuro?
Con tre lunghi mesi a disposizione
possiamo arrivare alla soluzione
di ottenere dei buoni risultati
ed evitare che siano bocciati -
- Se perdere una classe non volete,
qualche alunno trattenere dovete.
Fermandone in ogni prima due o tre
ognun di voi può pensare anche a sé -
- Questo mi sembra alquanto esagerato,
non è supportato dal sindacato.
Benché favorevole sia al precario,
a simile teoria sono contrario -
- Come non detto, sono fatti vostri;
andate poi voi a pregare nei chiostri!
Preso atto di tale contestazione,
concludo con la raccomandazione:
brilli in voi la professionalità,
nell'ultimo scrutinio si vedrà -
Pa pa ra pà pa pa ra pà!
Ta ta ra tà ta ta ra tà!
 


La ballata dello scrutinio finale
     

Sono qui tutti i docenti
anche quel ch'è sempre assente,
evitando quei momenti
che torturano la mente.

Oggi è il giorno del giudizio,
delle belle ne vedremo;
seri seri dall'inizio
lo scrutinio noi faremo.

Oggidì noi assisteremo
ad un monstro molto arcano:
come degno noi faremo
chi del merito è profano.

Noi daremo eccelsi voti
per far credere che i nostri,
doviziosi d'alte doti,
della Scienza siano i mostri.

Fino al mese scorso questo
non sapeva un accidente,
ora appare manifesto
d'esser certo un gran sapiente.

Per incanto poi scopriamo
che veloce è migliorato;
rifiutare non possiamo
del collega l'operato.

I docenti sono maghi
di stupire giammai paghi.


La docente tutto l'anno
si lamenta del profitto,
grida e strepita al malanno
dell'alunno poco zitto.

Or, miracolo!, è lui buono,
angioletto maturato,
che si merita il condono
pel contegno castigato.

- Coerenza! Coerenza! -
ha quell'altro comunicato
con continua sofferenza
al Consiglio importunato.

Or pensoso, con gaiezza
oblia rapido il passato
e decanta con franchezza
le virtù dell'ex mal nato.

Siamo noi persone serie,
rifiutiamo le miserie.


E succede che i più bravi,
molto spesso trascurati,
posto cedano agli ignavi
che fin troppo son curati.

Siamo veri taumaturghi,
siamo rigidi catoni:
migliorato Marco Burghi,
peggiorato Lucio Boni.

Questa qui fa la divetta,
questo pure il furbacchione;
c'è bisogno di una stretta,
qui ci vuole una lezione.

Minacciare è una burletta,
il bocciare è una robetta:
noi passiamo la spugnetta,
tanto paga Pantalone.

Dopo intensa chiacchierata
procediamo alla sparata:
le schedine compiliamo,
il giudizio noi scriviamo.

Siam moderni, a tutti avanti:
promuoviamo tutti quanti.
Dan da dan da da dan!
Din di din din din dì
 


Valutazione finale
       

- All'opera mettiamoci, colleghi,
e nessun di voi faccia degli sbreghi.
Con serenità noi valuteremo,
e lontani dai contrasti staremo.
La vostra mente sia da pregiudizio
sgombra; valutare non è uno sfizio,
ma una pedagogica seria azione,
eseguita con alta cognizione,
frutto del lavoro professionale
che della cultura sale le scale.

Arturo Arturi con buono è promosso,
Aldo Belli con distinto è promosso;
Francesco Chiaromonte è sufficiente;
Mario Rossi non ha studiato spesso,
però lo stesso alla seconda è ammesso...

I docenti lieti d'accordo sono,
chi più chi meno propensi al condono.
I primi guai cominciano con Lodo
che quest'anno non ha battuto chiodo.
- Non ha fatto niente per tutto l'anno,
ha disturbato come un turcomanno -
- In matematica sa qualcosina -
- In storia e geografia al sei s'avvicina -
- Collega, i voti usa, mi meraviglio! -
- Ma che! Va lei in cerca di qualche appiglio?
Vediamo quel che il Consiglio dispone,
si passi subito alla votazione! -
- Momento! A tutti dire la sua spetta,
non è giusto fare le cose in fretta;
in inglese non è certo un portento,
ma conosce i numeri fino a cento -
La docente di storia il colpo incassa:
- E in italiano come se la passa? -
domanda in cerca d'un appoggio tesa,
mentre la faccia le diventa accesa.
- Maluccio. Fatica a leggere e a scrivere,
in compenso sa molto bene ridere -
- Nella mia disciplina è insufficiente,
a volte disegna come un demente -
- Professore, non si esprima in tal modo;
siamo qui solo per sciogliere il nodo
dei nostri dubbi e per verificare
se la promozione possiamo dare,
se l' alunno nel tempo è maturato,
se il recupero è stato effettuato -
- Tutto è stato fatto con precisione,
ma lui non merita la promozione -
- Colleghi, se a voi piace perder tempo,
me lo potevate dire anzitempo;
sono stufo di questa tiritera,
mica vogliamo star qui fino a sera?-
Così vota ognuno tutto d'un fiato:
il povero Lodo viene bocciato.

Sedati a fatica i vari mugugni,
(quasi, quasi non si faceva a pugni)
si prosegue, guardandoci in cagnesco,
a stilar giudizi in modo farsesco.

Con Madul arriva il secondo scontro:
cinque sono a favore, quattro contro.
- Non sa scrivere, legge a mala pena,
non sa parlare: insufficienza piena.
Molte ore al recupero ho dedicato,
ma il ragazzo assai poco si è impegnato -
- Nella mia disciplina ha lavorato,
di capire i numeri ha dimostrato;
vivace, non si è comportato male -
- Più che l'aspetto comportamentale,
metto in rilievo la preparazione
e degli obiettivi l'acquisizione.
A questo qui mancano l'una e l'altra
e sogghigna pure con faccia scaltra -
s'intromette la docente d'inglese
che non gradisce molto l'albanese.
- Che ripetesse sarebbe opportuno,
tanto per non fare torto a nessuno -
- Volete voi rovinare il ragazzo,
che l'anno scorso è giunto da Durazzo?
Intenzione avete d'emarginarlo?
Promuoviamolo, se vogliamo aiutarlo -
- Smettiamola con questo tira e molla,
passiamo ai voti e che scoppi la bolla -
Madul a maggioranza in seconda passa,
invece Lodo un'ingiustizia incassa.

Abbiam dato valutazioni esatte?
A voi tocca ora pelare le gatte!
 


IL POF

Riposato a scuola arrivo,
trovo lì Bidel bidello.
Che prontezza, com'è attivo!
Mi consegna ridarello
un libello molto bello.

Il POF è dell'anno in corso,
studiato dall'anno scorso;
ripresenta la pappetta
rimestata in lenta fretta.
Paroloni e paroloni
degli esperti chiacchieroni
attraversano la scuola
più veloci d'una spola.

Sembra bello, proprio bello,
è perfetto 'sto libello.
Ti programma tutto quanto,
ti protegge come un guanto;
è un prodotto innovativo
che ti fa l'alunno vivo.
E ti mostra illuminanti
i miracoli da santi
che i docenti intraprendenti
sanno fare coi discenti.

Bello, bello 'sto libello,
il fior fior del saputello.
È l'offerta formativa
molto vasta e impegnativa:
i ragazzi quest'è certo
fortunati avranno un serto
di programmi educativi
di lezioni selettive
di moderni insegnamenti
di sapienti fondamenti.

L'Istituto comprensivo
ha il suo piano attuativo.
Interventi d'accoglienza
sono frutto della scienza;
il costante orientamento
è la guida del talento;
e sostegno e integrazione
della scuola son missione.
Se progetti voi volete,
venti, trenta? qui leggete!
Troverete di sicuro
che lanciare un bel siluro
a cautela ed a prudenza
è normale conseguenza.
Valutar deve il Consiglio
come va l'amato figlio,
con saggezza rilevare
se per caso vuol studiare.
Ogni cosa è predisposta,
operando senza sosta:
questo appare dall'esterno
sia d'estate (?) che d'inverno.
Ma la cosa è ben diversa:
sulla scuola si riversa
una massa di frenetici
che ritengono esser medici
delle menti giovanili
alla loro scuola ostili.
È scambiata l'eminenza
con la frivola apparenza:
appagare l'ambizione
è la molla dell'azione
che scompiglia i cervelloni
affamati d'ovazioni.

Oh che bello, proprio bello,
prodigioso quel libello:
il cervello non tormenti,
è il portento dei portenti.
 


In difesa dell'alunno

             

Passa un anno e un altro passa,
l'ignoranza cresce crassa.
Non ha voglia di studiare,
fa fatica ad imparare.
Quante ciarle sul suo conto!
Per intere ore si parla,
il recupero ci tarla,
lo sondiamo fino in fondo.
Attiviamo gli interventi,
ricorriamo agli espedienti
dei recenti insegnamenti
che spalancano le menti.
Ma lui avanti non procede.
Quale guaio gli succede?
È possibile? In tanti anni
ha compiuto solo danni?
Non è forse colpa nostra,
se non cambia mai la giostra?
Per ingiusto caso forse
sfortunato in quelli incorse,
che la testa gli hanno ottusa?
Sacerdoti della Musa,
la divina Educazione,
che li esorta alla Missione:
del divin Cultori Verbo,
che l'alunno così acerbo,
col didattico concento,
pertinaci hanno spento.
La lor scelta è la migliore,
scaturita dall'amore
per i bimbi diavoletti,
per le bimbe benedette.
Essi sono i Formatori,
del Saper seminatori,
totalmente dedicati
agli alunni fortunati.
C'è un assunto nelle scuole:
- Faccia pure quel che vuole -
tanto poi con la bacchetta
sacra, magica, perfetta
lo caviam dalla belletta
ove annaspa comodone,
per portarlo sulla vetta
dell'eccelsa Educazione.
Vana, tipica illusione
della nostra professione.
Lieti siano! Ciò interessa.
Ecco qua, parte la festa,
che perdura tutto l'anno,
producendo grande danno.
Su c'è in alto la Cultura,
malmenata oltremisura;
indigesta montanara
le preparano la bara.
E da monti e da colline
i bambini e le bambine
scendon giù di balza in balza;
l'ignoranza lor incalza.

È di moda dimostrare
quante cose sanno fare:
è cultura dottrinale
che tralascia l'essenziale.
La materia antropologica
va studiata con la logica;
sotto invece dettatura
(questa sì che è una tortura!)
ti riempiono il quadernone
senza alcuna cognizione.
Sanno tutto degli Egizi?
E anche dei Babilonesi?
Sottoposti a gran supplizi,
essi soffrono per mesi.
Dimmi, orsù, dov'è Milano?
Mah, non so, tanto lontano!
Ed invece ov'è Torino?
Mah, non so, tanto vicino.
A nord o a est dell'Italia?
Chi lo sa! Ma dell'ordalia
ti enumerano le regole,
numerose come tegole.
Quanti nervi ha il nostro pene?
Questo, sì, lo sanno bene.
A sette anni la metafora,
col disegno della bifora;
l'anno dopo metonimia,
con lo studio dell'attinia;
la sineddoche a nove anni;
non sa leggere a dieci anni,
non parliamo dello scrivere,
e nemmen sa far di conto:
l'hanno reso tutto tonto.
Si comporta poi anche male,
proprio come un animale!
I consigli non ascolta,
pronto sempre alla rivolta.

Quando arriva in prima media,
non vuol stare sulla sedia.
Arcistufo è di sentire,
e non riesce a digerire,
le indigeste litanie
delle nostre Madri Pie.
È punito quest'affronto,
e all'istante paga il conto:
una bella bocciatura
e va via la seccatura.
Rispettabili dottori,
eccellenti educatori,
voi così recuperate
chi non sa con le nerbate!
L'alunno è disamorato,
del tutto è demotivato;
l'anno dopo riaccade
che la storia si ripete.
La frittata è fatta ormai;
vano è stimolarlo: - Dai,
studia! Qualche cosa impara,
la tua vita tieni cara -
Rovinato da noi è stato,
ché sul Verbo abbiam contato:
inventiva ci voleva,
un sorriso lui voleva.
Ora sa una cosa sola:
odierà sempre la scuola.
 


Incontro con un ex alunno
  

Ieri dal meccanico sono andato.
Indovinate un po' chi vi ho incontrato!
L'ex alunno, il terribile Cuprano,
il pluri ripetente di Lignano,
che sempre l'arrogante ti faceva
e i docenti man mano corrodeva
con l'organizzare ammutinamenti
alla faccia di tutti gli interventi
di tuttologi, psicologi e dotti
che si risolvevano solo in botti.
Lui, sì, che emetteva rutti sonori,
sfidando, teppistello, i professori;
lui, che minacciava i compagni miti
e che scatenava furiose liti;
lui, che le docenti prendeva in giro
e manco sapeva usare la biro;
lui, sì, che a scuola non voleva stare,
che andar voleva solo a lavorare.
Però l'illuminata scuola nostra
lo costringeva a stare sulla giostra
dell'Istruzione gratuita e forzata,
teorica, pedante e paludata.

Bene! Se ne stava con gli occhi chini
con la sua tuta giallo-blu a misura,
rispettoso e mite, senza orecchini,
attento a pulire un'autovettura.
Bastava che beee facesse soltanto,
tanto sembrava un agnellino santo!
Con un cenno breve mi ha salutato,
al lavoro dedito, imbarazzato.
Scommetto che dirmi avrebbe voluto,
conscio d'aver in passato ecceduto:
- Mi avete fatto perdere quattro anni
e son rimasto un mezzo analfabeta! -

Signori, mettete riparo ai danni,
in vari modi s'arriva alla meta:
costringere un ragazzo non è bello
a non far nulla, a danneggiar se stesso
e gli altri, ad esser anche lo zimbello
di dottoroni che lo stiman fesso.
Coraggio abbiate, uscite dagli schemi
per trovare una giusta soluzione
che risolva il problema dei problemi:
dare a tutti un minimo d'istruzione;
che sian sempre in classe non c'è bisogno,
possono assolvere presso una ditta
l'obbligo scolastico (sembra un sogno?),
ma non è forse meglio dell'invitta
chimera che da lunghi anni inseguite
senza mai raggiungerla - voi ci dite -
per colpa dei docenti impreparati
che, chissà come, assunti sono stati!
Un rimedio ignavo adottato è stato
in molte scuole: promuovere tutti
con l'alto consenso ministeriale,
con l'appoggio alato dei saggi tutti,
protetti dall'egida sindacale.

Che tipo di scuola ci ritroviamo?
Ogni giorno, ogni giorno lo vediamo!
 


Incontro con un ex collega ancora in servizio

          

In giro passeggiando me ne vado,
quando per caso incontro un ex collega,
il noto e dotto professor Sagrado,
che parla stridulo come una sega.

Comincia a denti stretti a raccontare
come la scuola peggiorando stia,
ché si pensa solo ad arrotondare
qualche soldarello con furberia.

I progetti vanno per la maggiore,
è cresciuto il carico di lavoro,
le riunioni durano ore ed ore,
scomparsi sono il buon senso e il decoro.

Una volta potevi dire: - Insegno -,
ora invece il baby sitter tu fai.
E se ti ritrovi teste di legno,
bocciare non devi , se no son guai.

Lo spreco della carta è raddoppiato
alla faccia del magico computer;
da mille circolari sei straziato:
servissero almeno a pulire i water

che numerosi appestano la scuola,
sempre intasati dagli sporcaccioni
che ci buttano anche la coca cola
oltre alle merendine e alle versioni.

La scarica di sibilanti sferza
le povere indifese orecchie mie
e Sagrado, quando è irato, non scherza
nel riportare le soperchierie

dei genitori che non stanno zitti
e vengono a dirti come s'insegna
e i reclami si son fatti più fitti
e nelle aule il rispetto più non regna

e i docenti non sono più difesi
e sono ludibrio degl'ignoranti
e alla fine stanchi si sono arresi
alle manie dei bimbi petulanti.

Continua a espellere suoni aspri e sordi,
muovendo le labbra lateralmente,
ed io che non amo essere tra i tordi
per lasciarlo penso ad un espediente.

Per fortuna passa di lì suo figlio
che gli chiede di parlargli un momento.
Io la palla al balzo subito piglio
e con un saluto evito il tormento.

Con la scusa d'impegni me la squaglio,
ringraziando con un sorriso il figlio;
ho messo la pazienza a repentaglio
a sentire delle lagne il bisbiglio.
 


Aumento di stipendio



Quando tronfio il sindacato proclama
dei professori il novello guadagno,
la classe docente fremente brama
d'ottenere tosto un aumento magno.

Non sa, meschina, che falsa è la fama
e che dal buco non si cava un ragno.
Annunciano i giornali il panorama
delle spese contrarie allo sparagno,

dell'iniquo contratto stipulato
a danno degli altri ceti sociali
per favorire in modo svergognato

questi sfaticati esseri venali.
Fermiamo il bruto assalto scapestrato
d'orde in cerca di favori speciali!
 


Scuola: contratto 2003



Pensate! Lo Stato s'è dissanguato
per aumentare lo stipendio a gente
avvezza - si dice - a non fare niente.

Il corpo insegnante s'è lamentato
del misero aumento immediatamente,
mentre il sindacato inneggia plaudente.

- Un grande contratto abbiamo firmato! -
- Ahinoi! Che faremo di tanta moneta?
Viaggeremo per tutto il Pianeta? -

- Raggiunto abbiamo un grande risultato:
ora, come in Europa, guadagnate!
E allora, perché mai voi vi lagnate? -

- Il mondo docente è preoccupato:
non sa come gestir tanta ricchezza,
piovutagli addosso con tanta gaiezza -

- Zitti! Accettate il cavallo donato
senza intonare le solite storie,
bofonchiando grette giaculatorie.

Molto, docenti, lo Stato vi ha dato.
Pensate a chi lavora tutto il giorno
e non riporta a casa tal contorno.

Sempre l'insegnante ha piagnucolato;
nulla otteneva se per noi non era
che sbucciato sempre gli abbiam la pera!

Dimentica piagnone e fa l'ingrato.
Vorrebbe guadagnare da funzionario,
pur essendo al lavoro refrattario.

Tutta la scuola abbiamo accontentato,
soltanto qualcuno non è d'accordo
e ti borbotta o ti grida come un sordo.

Un grande traguardo abbiamo tagliato! -
- Staremo a vedere se le promesse
vostre saranno alla fine le stesse

con cui ci avete sempre abbindolato,
prendendo i docenti per i fondelli
trattati da voi come poverelli

che s'accontentano d'un surrogato
pur di mettere alcunché sotto i denti,
d'uguagliare illudendosi i potenti.

L'insegnamento è sottovalutato:
chi insegna lo fa per necessità
e dallo Stato trombato sarà.

Il contratto c'è. Sarà mantenuto?
Già stanno adoperando e raspa e lima
per ridurre la cifra in anteprima -
 


Diatriba con il sindacato confederale

          

- Se stato non ci fosse il sindacato
un posto non avresti mai trovato.
L'affermo con la massima certezza
mentre le accuse avanzi con bassezza -
- I sindacati son bugiardi e papponi
scelti protettori di fannulloni.
Si sono accordati con i politici
con l'obiettivo di farci adamitici.
La classe docente è stata ingannata,
per interessi loschi sempre usata.
Ogni volta che si parla d'aumento
nello stipendio appare un succhiamento -

I docenti son fidenti,
mendicanti incoerenti;
guitti in cerca di merende,
mentre gli altri han prebende.


- È un'accusa incivile e qualunquista
di persona che si dimostra estremista.
La classe danneggi lavoratrice,
parli come chi non sa cosa dice.
Sei della peggior specie che ci sia,
frutto corrotto della borghesia.
Socialista sotto mentite spoglie
dei fascisti hai varcato le soglie.
Se insegni è merito del sindacato
nei cui confronti acre ti mostri ingrato -

I docenti sono assenti,
dei borghesi inefficienti.
Son serventi giammai domi,
sempre in cerca di bei pomi.


- Per voi la scuola è stata un carrozzone
da riempire con un ceto accattone.
Reputate voi che noi siamo tali?
Come mai ci trattate da venali?
Serviti vi siete degli insegnanti
per accumulare tanti contanti.
Prima il docente avete mal ridotto,
allo squallore l'avete condotto;
ora strillate: professionalità,
studiate, impreparati, a sazietà! -

Il docente pretendente
non ha voglia di far niente.
Chiede sempre, sempre vuole,
usa tanto le parole.


- Per quel che fate guadagnate troppo;
te lo dico e ripeto senza intoppo,
caro il mio sapientone dell'ignoranza
campione e della cieca sudditanza
al bieco sistema del padronato
che una lira non ti ha mai donato -

I docenti son sapienti,
vivon essi d'espedienti.
I docenti son perdenti,
sempre tristi, mai contenti.


- Avete molti giovani rovinato,
gonfiati vi siete col peculato:
ai docenti richiedete tangenti,
poi gli date delusioni cocenti.
Voi pensate di dar lavoro a tutti
pagando la gente con quattro rutti -

I docenti son clementi
non richiedono tangenti.
I docenti, che dementi!
Essi pagano tangenti.


- Avete fatto contenta e felice
quella per cui il lavoro è un'appendice,
che a scuola viene per passare il tempo
e arrotondare l'extra nel contempo;
così può andare alle Maldive lieta
a rassodare il culo con la dieta.
C'è quell'altra che s'è realizzata,
ai bambini tutta gaia dedicata;
per lei quel che conta non è il denaro,
ma farsi nel mondo un nome preclaro.
Quando uno sciopero voi proclamate,
qual è l'obiettivo, me lo spiegate?
Racimolare un po' di soldi forse?
Riempire dello Stato le borse?
Mai a termine ne avete portato uno,
sospeso l'avete perché importuno.
Perché non lo fate coi ferrovieri?
Vi fanno correre dagli infermieri! -

I docenti son contenti,
tutto l'anno gaudenti.
I docenti, che pezzenti!
Hanno voglie sconvenienti.


- Adesso basta! Lei, lei è un menzognero,
falso sobillatore vacanziero,
probabilmente grande assenteista,
della democrazia disfattista.
Non vi bastano due mesi di ferie?
Di lunghe feste godere la serie?
Lavorate poco o mai, a spasso andate
e del basso introito vi lamentate?
Se nel privato voi foste impiegati,
già da tempo sareste licenziati.
Lei toglie il posto a due persone almeno,
di poveri precari il mondo è strapieno.
Se ne vada, lei non è indispensabile,
anzi è di sicuro un irresponsabile.
Io la querelo per diffamazione,
anzi tempo la spedisco in pensione -

I docenti son valenti,
dello Stato gran serventi.
Non si fanno abbindolare
e nemmeno castigare.


- Io della tua querela me ne sbatto,
e me ne strafrego del tuo ricatto.
Così chiudo, caro sindacalista -
- Caro non mi dica, capitalista! -
- Vedo che l'ultima parola vuoi avere
per mostrare a tutti che il tuo potere
è direttamente proporzionale
al tuo sedere. Multifunzionale -


 

                                           Collegi docenti
 

Oh, come mi diverto!



Mi diverto e me la spasso
quando arriva sor Compasso;
la pistola prendo e sparo
quando bevo whisky amaro.
E non farmi tu arrabbiare
a me piace in pace stare:
sull'amaca riposare
e bevande sorseggiare.

Tutti vogliono il confronto,
io prevedo un maschio scontro.
Tira fuori la tua grinta
datti, datti l'acre spinta!
Tira i fili del discorso,
traccia lucido il percorso.
Hai bisogno di soccorso?
Vai veloce in via del Corso.

Oh, che bello! Ma che bello!
C'è chi ti spacca il capello!
Siamo quasi in un bordello.
Canta lieto il Gran Fringuello.

C'è la Boria in persona
che col Dotto tenzona.
Ella invita alla calma.
Agitando la palma?
Signornò: con lo strillo
essa impone il sigillo.
Urla a destra e a sinistra
più e più di una ministra.
Ma il nostro Fringuellone
che è preso da pulsione,
proprio non sa tacere,
il banco vuol tenere,
e così fa il suo gioco,
e gnocco attizza il fuoco.
Che amabile duetto!
Una strilla in falsetto,
l'altro ha la faccia dura,
ma a lei non fa paura.
Come sempre alla fine
si conclude il bel cine:
quella lì se la ride,
questo qui i denti stride;
quella là gli occhi sbarra
a udire la gazzarra,
questa qua è frastornata
dalla rozza scenata.

Mi diverto e me la spasso
quando c'è questo sconquasso,
la pistola prendo e sparo
quando parla il Tupamaro.
E finisce finalmente
la seduta assai demente.
Alla prossima v'invito,
già m'immagino l'ordito.
 

Oh, come m'annoio!



Quest'è la riunione
all'Ordine del Giorno:
"Protezione civile"
con dell'altro in contorno.
Il discorso leccone
d'apertura, servile,
Corbello ci propina
con la scialba vocina.
Defensor è il civile protettore
che espone rigoroso con grigiore
i dettagli di ratta evacuazione
contemplati dal minuzioso piano
di titanica mente creazione.
L'assistente non dice una parola:
osserva, sorride, tacita, sola.

Torna a sviolinar con alati accenti
Corbellino, sempre incline ad inchini,
a usare burocratici momenti
per avviar del mezzano il motore
con i suoi verbosi e magniloquenti
deliri da perfetto adulatore.
Certo non può mancare l'intervento
dell'eminente professor Solerte
che ti fa restare a braccia conserte.
Ed anche la pennellata finale
sembra (?) priva di succo cerebrale:
-Vivamente ringraziamo,
cose buone le auguriamo,
nel frattempo proseguiamo
con la nostra professione-
Bla, bla, bla che progressione!
Infin le carte apriamo
dei superflui progetti,
che con gusto lecchiamo
come dolci confetti.

Che tutto fili liscio non crediate,
anche oggi si sprecano le minchiate.
Sembra uno studio da psicanalista
la sala in cui il Collegio è riunito:
Eris assiste furiosa non vista,
ogni docente sul lettino è sito.
Una parola basta, e l'Io profondo
le delusioni scatena represse
e i presunti soprusi trae dal fondo;
nel cuore le ire non son più compresse:
svuotiamo il sacco dei torti subiti,
i visi tornano freschi e distesi.
Ogni volta si urla disinibiti
ed Eris tesse nuovi malintesi.
E così di volta in volta si strilla,
mentre il simpatico nervo fibrilla.

Un dubbio l'animo mi rode inquieto,
spesso queste domande mi ripeto:
Sono i docenti del tutto normali?
O soltanto sono essi passionali?
Si credono essi del Verbo i vicari?
Per questo son del buon senso i sicari?
Da che dipende la lor brama ardente?
D'avere morbosa la loro mente?
 

Avventura

Or comincia l'avventura:
non diventi un'impostura!
In ritardo la riunione ha inizio
e certamente non sarà uno sfizio.
Questi discorsi mi fanno star male
meno male che s'appressa Natale.
Di riposare ho grande desiderio:
lo penso mentre ascolto tutto serio
panzane sulla carta dei servizi
che incita a soggiacere ai propri vizi.
E chiacchiera questo, e chiacchiera quello,
intanto Mosco s'aggiusta l'uccello
nel vedere la coscetta tornita
della vogliosa procace Crinita.

- Son puntualissimo da bambino -
afferma serafico Corbellino;
grida poi forte che Maurizio è assente,
rispetto non ha per il presidente,
e manco pei colleghi qui presenti
[che volentieri sarebbero assenti].

Il professor Lambèr legge il verbale:
sbuffiamo avvinti da noia mortale.
Il documento alla fine è approvato
e il primo punto del giorno trattato.
La carta dei servizi tiene banco;
nel sentire tali ciance mi stanco.
Dei progetti or si comincia a sbraitare,
felice passeggerei lungo il mare!
Il progetto lettura è pleonastico?
L'assunto del Capo mi pare drastico.
È nominata tra la confusione
una saggia ed esperta commissione
per avanti portare circospetto
il nuovo telematico progetto.
C'è pure il progetto interculturale
che sembra spazi nell'innaturale.
Chi è il referente dell'educazione stradale?
Certamente chi il codice non mastica male.
Importante è anche l'educazione alla salute,
ma ora si imitano pantagrueliche bevute.
Finalmente finiamo coi progetti...
Ah! Quante stronzate ci siamo detti!
Il progetto Comenius, che rottura;
se non andasse in porto, che figura!.
Fatela finita! Mi avete rotto.
Si parla forse con asini al trotto?

Ciancia, ciancia il dotto caro collega:
ma vatti a sparare una dotta sega!
L'incenso adulatorio sparge in giro,
addormentare mi fa come un ghiro.
- Scusate s'io son duro nel parlare
ma, colleghi, mi volete ascoltare? -
- Ragione hanno -, rispondo incontanente,
- Ora i coglioni hai rotto a questa gente!
Concludi la tua pedante concione,
il cervello ti sta andando in fusione -

Passiamo poi alla settimana bianca;
prende la parola chi mai si stanca.
Devi ancora ascoltare tristemente
proposte snocciolate scioccamente.
Dopo di che la super commissione
per dare alla scuola l'estrema unzione
nominiamo con scelta rigorosa,
lanciandoci frecciate senza posa.

Il terzo punto all'ordine del giorno
del software didattico è contorno.
Due finanziamenti sono arrivati
per pagare i prodotti comperati.

Piano d'aggiornamento Novantotto
adesso succede un bel Quarantotto.
Si delibera all'unanimità:
l'uso della multimedialità
sia sviluppato con celerità.

Sembra finita…Che cosa succede?
Un intervento che il buon senso eccede!
-Fermi tutti! Ma dove ve n'andate?-
-Finiamola con queste chiacchierate!-
Possibile? C'è un'altra novità
sulla didattica continuità.
Alto là! C'è un corso d'aggiornamento.
Ma non vi basta! Ma questo è un tormento.
Varie e eventuali chiudono il finale
della gran buffonata stomacale.

Fa la bionda un casino indiavolato,
perché ascolto a lei non è stato dato:
con fare scorbutico e assai scortese
pretende che inizi il corso d'inglese.
Scocciati la mandiamo a quel paese;
lei più s' incazza e urla le sue pretese.
Finalmente la seduta si scioglie;
che gaudio! mi son venute le voglie.
 

Mentulae



Clinton ce l'ha storto,
Bossi ce l'ha duro;
io ce l' ho rotto
da quando m'è finito contro il muro
dell'eterna inutile riunione.
Ecco qui il prosseneta conformista;
ci dà sotto il gaio affabulatore;
parla, dice, mellifluo opportunista,
magnanimo e tenace adulatore
della ruffiana trita relazione.
Invocan tutti: basta, basta, basta!
imperterrito baldo lui continua
a mescolare la rancida pasta.
E non s'accorge affatto che a lui attigua
è mal celata la sopportazione.
Uno pensa: mi ha proprio rotto il cazzo!
Uno grida: che aspetti a cambiar disco!
Un altro sbotta: che razza d'andazzo!
-Calma, calma, or finisco!-
-È mica una lezione
d'un mona leccaculo!-
forte urla con passione
il professor Gargiulo.

-Sempre lui ti straparla,
con la chiacchiera tarla
pazienza e buon umore
del Soglio educatore.
Se la prende catone
con chi non tien bordone
alle cose che dice
la sua lingua nutrice;
tutto il giorno imbronciato
il sorriso ha scordato:
ridi, su, fa buon sangue,
e la mente non langue!-

Oggi cazzate mille
hanno fatto faville.


Contro tal portamento,
del senno svilimento,
io protesto col verso;
va agli altri di traverso
questa meschineria.
Voi quale terapia
ritenete più idonea
per la sua mente erronea?
-Vuol fare il capoclasse?
Che si curi il nevrasse!-
 

Bagigi



Or inizio senza sfizio
a sentire le lagnanze,
le sofferte rimostranze,
gli stucchevoli litigi
per spartire sei bagigi.
- Ho lavorato tanto un giorno intero,
ma non ho beccato nemmeno un pero -
- È stato uno sbaglio pesante assai
che quel giorno le mie ore non segnai -
- Mi prendete forse in giro?
Manco date a me una biro?-
- Sono accuse dilanianti
che fetenti nel Collegio
sono portate senza tatto avanti,
dimostrando scarso pregio,
ed apportando all'animo mio mesto
un vigliacco basso sfregio.
Ho la netta sensazione d'avere
pugnalate a tradimento
quando mi s'accusa di provvedere
a far troppo movimento -
- Io sono legalista! -
(Ed ogni tanto si gratta la cista)
-Il collega menzognero
non è proprio in buona fede,
la dignità d'uomini retti lede! -
- Distruggere non si può la cultura,
sarebbe una vera bestial iattura -

Parlano, urlano senza posa alcuna,
intanto su nel ciel sale la luna.
Di perdere tempo sono contenti,
di lanciare offese sono impazienti;
quando la solita divampa rissa,
tutti sono pronti con la sarissa,
il nemico smaniosi d'infilzare
e far le proprie ragioni approvare.
Sicuro rimedio a simile andazzo,
sarebbe quello d'accendere un razzo,
che facesse luce alle loro menti,
d'etica prive e di senno carenti.
Se tali signori strapazzo adesso,
vuol dire che si son dati all'eccesso.
 

Organico funzionale


Il verbale cominciare
io dovrei come altre volte,
con le palle già sconvolte;
oggi invece voglio stare

tutt'attento e rispettoso
delle chiacchiere e scemenze
che m'han reso assai gioioso
nell'ascolto d'esperienze

sulla nuova Educazione.
Ma speciale oggi sarà
l'inconsueta confusione
per non dire assurdità.

Strabilianti novità:
nuova scuola si farà!


Spariranno i bei progetti
che arricchivano i docenti,
lieti lieti gli anzidetti
loderanno compiacenti.

Per fortuna che c'è un Santo
a cui chiedere ogni tanto:
San Giuseppe protettore,
l'inope aiuta educatore;
San Francesco Poverello,
facci avere un quattrinello.

E scopriamo proprio adesso
che ci danno un po' di lesso:
con la somma elargita extra
gusteremo la minestra.
Diramata è la notizia
con istrionica furbizia.

Corbellino dà la stura
con spocchiosa sinecura
ai commenti gestionali
con esempi assai banali.

Egli inneggia all'autonomia
con patetica energia;
è per lui la panacea
che guarisce la diarrea

del danaro speso male
a favor dello statale.
Gestionale autonomia,
guida, guida la mente mia!

Bella sei e meravigliosa,
tu la scuola fai vogliosa.
Le tue ancelle son le schede
per tastar la vera fede;
finanziarie sono dette,
dei progetti le vedette.

Di ricerca attenta frutto,
di tenace uomo costrutto,
dell'ingegno evoluzione
che pon fine all'inazione.

Molte perle poi sparpaglia
azionando la mitraglia:
con la sus-sidiarietà,
con la fles-sibilità,

con la pro-gettualità,
con la buona volontà
si farà la scuola nuova
che da tempo abbiamo in cova.

Siamo grandi educatori,
di valori fautori.
Organismo funzionale:
che pensata eccezionale!
La profes-sionalità:
che gratuita velleità!

Alla fine con mesto viso,
di missione molto intriso,
la Collega ci spiattella
la recente pappardella;
e poi l'altra ci propina
la succosa agra dottrina.

Dico adesso anche la mia:
quante ciance, mamma mia!


Malvasia



Le budella s'attorcigliano
mentre alcuni ti sbadigliano
nel sentir com'è avvilente
il verbale precedente.
Oggi pure mi sa tanto
pregar noi dovremo un santo
che la vana riunione
non risvegli il Gran Minchione.
Il verbale s'è approvato
con assenso ampio scontato.
Solo a por cavilli assai
s'avvia Pignolo Banzai.
Ecco il Capo che retorico,
con il viso molto euforico,
gli risponde ben spiegando
che non fa lui contrabbando.
Che cosa mette in rilievo?
Che le regole ci sono,
che non è buono il frastuono.
Noi ridiamo con sollievo.
Il dibattito ora inizia,
di scemenze la primizia;
nuovamente si riparla
della fresca autonomia:
è il momento della ciarla
che ci porta a villania!

Ecco il Menade invasato
(ieri il vino ho travasato)
che preso è da frenesia
(bere vuoi la malvasia?)
Quale fu la conclusione?
La quotata commissione
cambia subito obiettivo
e a settembre pon l'arrivo.
Il Collegio è un perdigiorno,
ché dell'Ordine del Giorno
non è ancora al primo punto
osserviam con disappunto.
E le gazze fuori ciarlano,
i docenti invece strillano,
e ti fanno a quanto pare
un perfetto contraltare
con gazzarra riottosa
che più aumenta disgustosa.

Sono stanco di vedere
questi dotti del sapere
per inezie litigare
e il buon senso maltrattare.
- Mi spiegate, per favore,
cosa causa tal livore?-
- Che livore! Si ragiona,
la questione ci appassiona -
- Sacre son le mie ragioni,
io non cedo a due coglioni -
- Se di me non ha rispetto,
voto contro il suo progetto -
- Sei per caso un impiccione?
O difendi l'amicone?-
- Contro me quel s'è schierato:
quale affronto ben pensato!
Mira a prendere il mio posto,
vuole lui fare il preposto -
- Io non faccio quel che dice
la mia cara filatrice;
lei s'atteggia a grand'esperta,
tesse intanto la coperta -
- Quando parla, vedo rosso,
ascoltarla più non posso;
la sua voce è fastidiosa,
da sciantosa è la sua posa -

E così di volta in volta
si scatena quest'accolta.
Qual consiglio voi dareste
per sanare simil peste?
Che lavorino i docenti
senza tanti complimenti;
lor s'insegni la creanza,
sia ridotta la vacanza:
imparate a programmare,
sol sapete chiacchierare.
I superflui eliminate
(ce ne sono a carrellate);
lo stipendio sia aumentato
a chi a spasso non è andato.
Se il suo hobby vuol praticare,
io al suo posto devo stare?
Con gli alunni suoi lavori
che problemi hanno notori;
e non vada a sollazzarsi,
lasciando agli altri il da farsi.

Detto questo, ora concludo,
oggi sono stato crudo.
Meglio chiudere il verbale.
E riprende il rituale…
 

Accusa

Primo punto dell'ordine del giorno
con una bomba toglierei di torno
le varie riunioni demenziali
che ci apportano scocciature e mali.
La solita ogni volta trita tiritera
ripetuta allo spasimo da mane a sera:
professionalità dobbiamo dimostrare
per andar felici poi ad elemosinare
un pezzetto di pagnotta con mortadella
o cento fagioli da mettere in padella.

Si provveda con acuta attenzione
i libri a sceglier di nuova adozione.
Nessuna paura, nessun dolore,
tutto è scelto con estremo rigore;
tutto fila liscio, e bene procede,
sapete voi ora che cosa succede?
I testi proposti sono i migliori;
quelli che noi finora abbiamo avuto
li mandiamo con un caro saluto
al macero, realtà dello spreco
di cui anno per anno sentiamo l'eco.

Ma, colleghi, talvolta sono matto
e libero di pensare al malfatto.
Qualcosa mi spinge all'irritazione.
Vi accuso: nemmeno la relazione
avete fatto! Le case editrici,
perbacco, per non stancar le cervici
vostre, vi han preparato con destrezza
testo, contesto, critica, ricchezza
degli argomenti validi e mirati
dei didattici libri insuperati,
dell'insegnante magico strumento
e nuovo punto di riferimento.

Seguendo, formali, l'annosa prassi
alla formazione poi delle classi
passiamo pronti senza alcun indugio.
Armati tutti siamo d'archibugio:
miriamo con l'occhio sinistro chiuso,
il grilletto premiamo a duro muso,
truci facciamo fuoco dirompente
anche contro chi non c'entra niente.

Litighiamo con passione,
come in ogni riunione;
sotto sotto striscia invidia
a braccetto di perfidia.
Vuol per forza governare
e il ben fatto rovinare
il docente assatanato
sempre sempre corrucciato.
La manovra è stomacosa:
ci guadagna qualche cosa?
Proprio nulla, caro amico;
si comporta da mendico.
Sembra poco interessato,
ma perché è sì sfegatato?
Cela forse una paura?
Ha la sede non sicura?
È per questo che congiura:
pensa bene alla cintura.
Qualche classe sparirà?
Questo ancora non si sa.

Se così fosse, contento sarei,
irritanti le scosse eviterei
al sistema nervoso già tranquillo,
causate dal patrono del cavillo
per un incomprensibile motivo
arcano nonché malsano e lesivo.
Che fetore, che sconcezza,
che squallore, che tristezza.
Qui ci vorrebbe d'Achille lo scudo,
altro non aggiungo e il ragguaglio chiudo.
 

Il toro Corbellino
e le dolci straniere



Alla fine dell'atra riunione
entra Corbellino in ebollizione;
<<Voi m'avete scoglionato!>>
a gran voce urla adirato,
e, come se nulla fosse,
con le gote tutte rosse,
con la faccia nera nera
se ne va lui, e buona sera!

Perché s'è tanto incazzato?
Non gli abbiam l'assenso dato!
Lui invita gli stranieri, generoso!,
agli altri poi vuole passare il coso.
Se vuol fare il gran sultano,
se ne vada per Lignano
senza rompere le scatole
con le vaghe carabattole.
Lui l'invito ha modulato
con accento molto alato,
senza accorgersi per nulla
che parlava da Fanfulla.
Parole usa adesso grosse,
lancia anatemi, Minosse.

Ma che vuoi, bello mio!
Non senti il mormorio
di disapprovazione
alla tua ingenua azione?
Anelavi a una sapida grigliata,
invece hai fatto grossa una stronzata!
Se hai voglia d'una straniera,
arma tu la mongolfiera,
vola vola in alto in alto
e scatena il duro assalto.

Ma attento bene stai!
Ché se cilecca fai
per l'italica gente
non agir virilmente
è fatto inconcepibile
è assai, ma assai risibile;
è un grande disonore
vedere un trombatore
perder l'uggiosa faccia
per un'usta focaccia.

Vale! senza rispetto,
però ti offro un taglietto.

Arrivederci al prossimo Collegio,
caro amico, nonché signore egregio,
sperando una volta soltanto almeno
che tu alle cretinate metta il freno.
 

Collegio Rituale



Che sonora parata di tromboni
queste frequenti loffie riunioni!
Ventiquattro minuti per l'appello,
trentasei pel retorico cappello
a voi hanno scombussolato il cervello.
Perdere tempo per il calendario
è di certo un fatto straordinario;
assegnare i professori alle classi
è vieta prassi. Meglio far due passi.
Ora si parla di programmazione
che ben fa la rima con dilazione:
non si concerta nemmeno un'azione.

E di punto in punto,
(senza contrappunto),
sempre abitudinari
recitiamo i rosari
altamente didattici
ed anche pedagogici
(perfino psicagogici):
l'insipiente calvario
ci annoia velleitario.

D'anno in anno questa storia
è preludio di baldoria.
Apparire è l'obiettivo
principale e pervasivo!
Tutto marcia a perfezione:
consueta ripetizione
di menzogna raccontata
sulla scuola malandata.
Tosto s'aprano i battenti,
che lavorino i docenti!
Fan gli alunni collezione
di insegnanti in successione:
dopo un mese essi ne sentono
tanti e poi tanti e poi tanti
da trovarsi ridondanti
di sapere enciclopedico,
molto più del loro medico;
ed a nulla interessati, arroganti,
si danno tumultuosi e intemperanti
a comportamenti molto irritanti.
Debbono i professori come santi
sopportare con la rassegnazione
l'incessante lor maleducazione.
Ed è tutto bello, una vera pacchia,
la scuola avanza pura senza macchia!

L'alunno reso stanco si riposa
per demerito della numerosa
serie dei docenti che s'avvicenda
con forsennato ritmo da tregenda.
Gli insegnanti sono, sì, mal pagati,
ma anche dei grandissimi sfaticati.
- Per quattro ore ho lavorato!-
si dispera affaticato.
- Entro sempre alla prima ora!-
strilla irosa la signora.
- Esco sempre all'ultima ora!-
per la bile si scolora.
- Ho due buchi il giovedì!
Non è giusto stare qui -
- Resto a casa il martedì!-
si lamenta questa qui.
-E giovedì c'è il Consiglio!
Al Gran Capo lascio il figlio?-
-Voglio, e zitti!, il sabato giorno libero!-
urla minaccioso il padan Celtibero.
-È proprio un orario del cazzo;
chi l' ha fatto è senz'altro un pazzo-
acre dice e sospettoso
con il fegato corroso
il Censore professore,
il Catone indagatore,
della scuola il difensore.

E così da tanto tempo
(anche quando c'è maltempo?),
proseguendo d'anno in anno,
crede ognun d'avere un danno,
d'esser pur perseguitato,
dal Gran Capo maltrattato,
benché sia un superdotato
e capace di mostrare
maestria nell'insegnare.
O colleghi, siate seri,
cari miei, siate sinceri;
trattenete i bui pensieri
d'alta me-galomania:
percorriamo l'ardua via
di modesti in compagnia.
Non crediate d'esser dotti,
spargendo lacrime a fiotti.

Finalmente ora concludo il verbale
della seduta nostra inaugurale.
 

Inizio anno scolastico

         

Legge il verbale l'alto Curto dotto
che ha dato vita al tedioso prodotto.
Le stanche parole corrono via
con la solita lenta liturgia.
Tutti quanti sembrano assai felici
(i maestri innanzitutto,
se non parlan sono in lutto)
d'aver posto le radici
magnifiche, pedagogiche,
progressive, psicologiche
del processo educativo
d'Istituto comprensivo
di Lignano Sabbiadoro
con la loro mente d'oro.

Già passata è mezz'ora,
la discussione non inizia ancora.
Ascoltano i docenti attenti e zitti
simili a pesci fritti.
Cari colleghi cari,
i verbali sintetici son rari;
essi vanno snelliti,
di cretinaggini sono farciti.

C'è la nota signora Tal dei Tali
che sempre pianta i pali;
crede sia un divertente passatempo
far perdere del tempo,
aspra criticando con voce chioccia
chi con le sue idee incoccia.

Finalmente il personale docente
il dibattito comincia fervente
e prolisso, foriero
di rissa, sviluppato
sull'Ordine del Giorno,
(stilato come ai tempi del tricorno),
trattando con pedanteria ogni punto,
anche se in preda a grande disappunto.

1) Calendario scolastico
duemila/ duemila e uno
(adesso mi tocca essere drastico
nonostante ciò che pensa qualcuno!):
le vacanze calcolare
per chi va a elemosinare.

2) Situazion dell'organico di fatto
(come ogni anno è un misfatto)
e nomina dei Docenti alle classi
(burocratica annosa, uggiosa prassi).

3) Alunni di handicap portatori
(anche gli insegnanti fanno i dottori!):
nella nostra scuola 'sti poveracci
danno la pappa a dieci michelacci.

4) Il Piano dell'Offerta Formativa
(la scuola va sempre più alla deriva):
individuare le attività
da incentivare con sagacità
(le orecchie si drizzan, c'è da mangiare,
qualche grappoletto da piluccare).

5) Attività di serio aggiornamento
(andate piano con questo strumento!):
viene approvato con molta passione
un corso sulla comunicazione.

6) Si passa alla materia alternativa
con gaudio per chi si liscia l'ogiva.

7) Ecco il momento di quantificare
le ore della durata
del Collegio Docenti,
dei Consigli di Classe,
ed anche d'interclasse
nonché d'intersezione;
sembra di trovarsi in una stazione:
tutti hanno il desiderio di viaggiare,
e tutti le vacanze prolungare,
e nessuno ha voglia di lavorare.
Colleghi cari, invece di scagliar
pillacchere, invece di tante far
chiacchiere, cominciate a lavorare
coi fatti a dimostrare
quanto capaci siete ad insegnare.

8) Regolamento delle riunioni
del Collegio Docenti: c'è da ridere
a sentir le ciance di chi vuol prendere
mai stanco la parola,
correndo con le mute
per far vedere in giro
ch'è bravo nella caccia,
ed intanto non pensa
di perdere la faccia.

9) Si sviscera poi con passione e tattica
la nuova programmazione didattica,
compendio d'esperienza
dell'arte educativa.

10) La nomina del docente
della lingua latina
non si fa attendere questa mattina.

11) Veloci si decide
di suddividere in due quadrimestri
l'anno scolastico pei professori,
ma non per i maestri.

12) Varie ed eventuali finalmente
tolgono il disturbo ad ogni docente.

Finito è il verbale,
ora mi fa male la cervicale;
con stoicismo ho seguito
la lunga tiritera
del dandismo sventagliato a raggiera.
 

Visite di istruzione

       

Sbigottito io rimango, non si balla
più il tango, ma si suona il violino,
l'archetto azionando dell'inchino,
a sghimbescio colpi dando alla spalla.
Ognuno finalmente senza urlare
i dubbi può e le critiche avanzare?
Parrebbe un sogno; ma già sotto sotto
qualcuno pensa di fare filotto.

Quest'anno non si litiga, perbacco!
Chi mai gli ha messo la testa nel sacco?
Tutto secondo il suo volere incede,
per cui le altrui malefatte non vede?
O il Capo ha ferma mano e non si lascia
manovrare? Calmo è lui e non s'ambascia
se il discorso 'sto pedante gli sfascia;
a sentir le cazzate non s'accascia,
passa subito al voto con rigore:
- Alziamo la manina, per favore -
ed ai docenti mette in pace il cuore.
E quell'altra che scalpita in silenzio?
S'appresta acre a mescolare l'assenzio
da propinare al momento opportuno
a colui che la contesta importuno?

Dove sono andate le litigate?
Rallegravano le nostre giornate!
Ora tutto è ligio, anzi tutto è floscio:
che fare per risvegliare l'inconscio?
Attenti, silenziosi i professori
sonnecchiano di Morfeo ai sopori.
Possibile che tutto fili liscio?
Che abbiano paura dello scudiscio?

Primo punto: visite d'istruzione.
Le perle son della programmazione.
Svariate sono le esagerazioni
a sentir le magnifiche invenzioni:
raffinate attività programmate
si rincorrono alacri forsennate.
Tredici sono le gite allestite!
Quanti son gli insegnanti? - Udite, udite:
ventuno docenti per nove classi,
normale che qualcuno se la spassi!
Ma a me questo gioco dell'apparenza
pare frutto di sciocca compiacenza:
a che serve mostrare tanto d'ali,
quando il volo sfiora solo i fondali?
Mancano i docenti accompagnatori:
ti guardano in cagnesco delle gite
gli autori, occorre duplicar le vite
spaccando a metà i nostri professori!

Il tutto bene avete programmato?
Delle vostre arie ho sempre dubitato.
Gonfiate pancia e petto: - Quel progetto
scaturito dalla mia mente fina,
da tutti valutato una perlina,
dai genitori è stato ben accetto.
Ed ora quattro ceffi disgraziati
accusano che i dati son truccati.
Dite piuttosto: Volete in quel posto
ficcarmelo, adducendo l'alto costo?
O di proposito voi non volete
a visite partecipare e a gite
la nostra attività boicottando
e d'esser poco seri dimostrando? -

- Falla finita, gonfiato pallone!
Adesso stai pagando l'ambizione.
Volevi i colleghi ai tuoi piedi stesi,
senza saper che vari sono i pesi.
Io in un modo, tu in un altro la vedi,
non me ne frega di quello in cui credi;
pensa soltanto a non strafare tanto
e delle tue azioni non portar vanto.
Perché mai tutta questa frenesia?
Vuoi sbancare con la demagogia?
Cambia mestiere, se tu col sedere
vuoi fare carriera, e inizia a tacere -

Alla fine, tuttavia, la seduta
si è rivelata molto contenuta.
E questa volta è la prima volta
che dopo tanti anni in orario è sciolta.
 

Autonomia

      
        

Si prevede una grossa scocciatura.
Queste riunioni sono una iattura,
se volete, una possente rottura,
che tien dietro ad una lenta cottura.
Per tal male non basta la puntura,
ma sembra che ci voglia una sutura.
I presenti, uomini son di cultura,
purtroppo spesso senza caratura.
Speriamo d'evitare la tortura
con indifferente disinvoltura.
Vi racconterò ogni cosa con cura
senza mai ricorrere alla censura.

Ecco che ora la dolce signorina,
psicologa con il naso aquilino,
ci spiega e rispiega tutto a puntino.
Arrivata con aria spaesata,
in ritardo entra in aula trafelata
la notturna docente Stralunata.
La relazione ben presto è finita,
la nostra noia abbastanza lenita.

Il nostro Zelota tosto domanda,
ora comincia a suonare la banda.
È molto normale che questo accada,
perché dovunque egli pronto s'instrada.
- Organizziamo varie iniziative -
a lanciar proposte è sempre proclive.
Più lunga appare della relazione
la domanda; della rivoluzione
il capo carismatico esser crede,
per cui ad un po' di silenzio mai cede.
Sento cose già mille volte dette:
snocciola argomenti come pandette;
mentre penso che basti lavorare
sodo, senza stare a rimescolare
il brodo, dando a tutti il buon esempio
e non far della professione scempio.

Infastiditi ci guardiamo attorno;
solo abbiamo dell'ordine del giorno
trattato con minuzia il primo punto,
tanto che non riesco a farne il sunto.
Chiuderei il verbale perché son stufo,
a sentire il pianto amaro del Gufo.
Di nuovo si lamenta Corbellino,
lavorare deve fin dal mattino.
Delle novità eclatanti ci parla,
cedendo grande retore alla ciarla.
Mi sembra il piano POF una scorreggia,
simile a rumore d'una puleggia.
La nuova direttiva ci dileggia!
Cari colleghi, operosa mia gente,
non ne voglio mai più sapere niente.
Sono novità che empiono la bocca,
del sapere non scalano la rocca.
Vogliono cambiamenti molto alati,
quindi volano in ampi cieli arati,
raccogliendo illusori vizzi fiori
da donare ansiosi agli educatori.

Non può mancare ora la confusione
che arriva con puntuale precisione.
C'è chi fa disegnini, chi sonnecchia,
chi ridacchia, chi dormicchia, chi nicchia,
chi sorride, chi ride, chi deride,
chi scribacchia, chi succhia, chi leggicchia,
chi scoccia, chi si scoccia, chi ti boccia,
chi scrive versi: siam tutti diversi,
docenti annoiati molto felici,
così creiamo fulgide cornici
d'inclito lavoro finalizzato
alla falsa autonomia del griffato.

Povera scuola, simile a gargotta,
così t'hanno questi pazzi ridotta!
Sarebbe molto meglio andare via
per non sentire più la litania.
Alla fine di tanto vacuo dire,
che furenti ha scatenato ire su ire,
è creata la prima commissione
col mediatico sì del Faccendone:
l'irosa Diva e Zelota il pignolo
le loro turbolente sinergie
uniranno per preparare il bolo,
tesor facendo delle distrofie
della loro sapienza sopraffina.
[Non è forse meglio andare in piscina?].

Si cambia ora finalmente argomento,
ma non prevedo un gran miglioramento:
d'un eventuale si discute impiego
[chi è quello che ti sbircia con sussiego?]
delle ore già destinate al latino
per poter avere uno stuzzichino.
Vogliono lo stipendio arrotondare,
non è una novità da segnalare:
siam venali, siam pitocchi e mendichi,
ci guastiamo il fegato per due fichi.

Al progetto Comenius si dà spago;
la Bionda grida come una virago.
Inarrestabile l'alterco il lecito
supera; stupito, preci al Ciel recito.
Corbellino ora esclama con tormento:
- Sbafar desidero del buon frumento,
nella vita ho mangiato sempre biada -
[Sembra che per la fame a terra cada]
O povera Italia, povera scuola,
guarda come gira la banderuola:
l'obiettivo non è l'insegnamento,
ma della pecunia il conseguimento.
Ecco, ancora la nostra novella Eva
la stridula e saccente voce leva:
portavoce del Collegio Docenti
s'assume senza aver pel pane i denti:
- È qui diventato tutto un mercato,
(beffarda Eco risponde: …ercato…ato…ato)
solo di denaro si parla!- …arla…arla).
È il pensiero maligno che ti tarla.
Ma soltanto adesso te ne sei accorta?
Pensavi a che con la mente distorta?

Ora disordinati gli interventi
s'accalcano penosi tra i docenti:
- Fra di noi discordia semina e guerra
il virus che all'amore attacco sferra -
- Rinuncio al progetto tanto studiato,
[notte e giorno il cervello hai tu stancato?]
fate voi il corso di fotografia
perché io subito me ne vado via -
Per poter ovviare alle lamentele,
si sale sulla torre di Babele:
- Se il Collegio decide per il fare,
i progetti possono avanti andare -
- Volete che facciamo questi corsi?-
Accettano tutti senza rimorsi.

Fievole si risente la vocina
di Pignolo, aggredito da Faina:
- Oggidì lei sempre mi sta attaccando!
[Ora sul vetro si sta arrampicando;
non ricorda quando con lui marciava
e bicchieri di whisky tracannava]
Il corso di fotografia risale,
se questo proprio non ricordo male,
allo scorso Collegio dei Docenti -
[di sicuro il clou dei passati eventi!]
Ringhia il Capo e rabbiosamente abbaia
contro il pedante che gli dà la baia:
- La mia, mia parola contro la sua!-
(La testa muove come un cacatua)
- Il falso, caro signore, lei afferma;
(la sua mano tremula non sta ferma)
un gratuito richiamo ho ricevuto;
un'altra censura forse mi manda?-
Nuovamente infuria la sarabanda:
-Di sabato vi faccio lavorare!-
urla paonazzo per minacciare,
lui, della scuola gran lavoratore,
del far nulla emerito direttore.
Ha ragione, fa il palo ogni mattino
davanti alle vetrate, poverino.
Imperterrito prosegue Pignolo,
tenace incalzando il Capo con dolo:
- Lei non convoca mai in tempo il Collegio,
il Consiglio; lei a tutti fa uno sfregio -
- Fu impossibile la convocazione,
e differita fu la riunione,
a causa del rientro di latino -
a più non posso strilla Corbellino;
- Si comporti da uomo!- urla esasperato.
- Io sono uomo - replica scalmanato
della scuola il fanatico patrono.
-Chieder non può quanti soldi ci sono!
Se la sbrighi con la Partenopea-
(Così la segretaria vien nomata
quando la seduta si fa infuocata)
L'autonomia, che magnifica idea!

Autonomia, autonomia,
per merito tuo andremo in farmacia
a comprare lesti un medicinale
che le teste ci liberi dal male.


Grida a perdifiato l'egregio autore
al collega di ciance imbonitore:
- Dopo l'avvertimento è già sicura
una bella lettera di censura -
A mano a mano s'espande il litigio,
intanto fuori il ciel diventa bigio.
- Porca miseria, non capisce niente;
sempre lamento di soldi si sente;
io mi sto stancando, porca miseria,
dio benedetto, non è cosa seria;
la santa missione dimenticate:
[c'è chi pensa soltanto alle derrate]
salvare i giovani dall'ignoranza
[Ah! Che nobile, ma vana speranza].
Lei parla di frecciate, tutto afflitto;
quali frecce, che frecciate d'Egitto!
Lei dovrebbe soltanto stare zitto.
Per screditarmi una lettera invia,
in cui disonora l'opera mia -

Onta, disonore e stupidità,
è assente l'ironica ilarità.
Povera scuola, come sei scaduta,
dietro a 'sti tizi dall'aria saputa!
Ormai vige lo sfrenato arrivismo,
ammantato di subdolo buonismo,
di zelante imbevuto dirigismo
a governare la sfiancata scuola
morsa da cani senza museruola.
Qui non alberga più la dignità,
aumenta invece la volgarità
nei disdicevoli strilli assordanti
che percuotono impuniti gli astanti:
-È costui una vergogna per la scuola -
[Diventata sempre più mariuola;
ce l' hanno, se non l'avete capito,
col Factotum dalle frecce colpito].
-Voi fate questo casino, (indecenti!),
per in discordia mettere i docenti-
Il sommo riprende Capo abbuffone:
-Danno alla scolastica Istituzione,
dove lui lavora [con devozione],
fa, non al singolo che poi va via-
[senza dar spiegazione a chicchessia]

Costui con frasario di basso alloggio
della sua cultura dotta dà sfoggio:
- Ma che cazzo ci sta a fare qui, lui,
[rispetto non ha delle orecchie altrui]
quando bussano alla porta insegnanti
mille e mille [sempre più mendicanti]? -
All'appropriato attacco inusitato
risponde affannato il malcapitato,
per un fiorato scambiato pitale:
- Prego sia messo a verbale
questo modo sì offensivo,
[molto poco educativo]
sia diretto che indiretto
[non ancor s'accenna al retto]
sull'intero uomo e mezzo uomo-
[galantuomo e poveruomo]

Strida l'aere lacerano acute,
brividi percorrono la mia cute,
di frementi proteste apportatrici,
non contro le stanziali meretrici,
ma contro il prode professor offeso
che ancora all'evidenza non si è arreso.
- Sto parlando, non sono un imbroglione!
[Ma a volte ti comporti da coglione]
Ho la lettera al Preside inviato
e al Provveditore per conoscenza,
[d'esser ti ritieni un pozzo di scienza]
per smantellare il piano manovrato -
Uhhhhh ahhhhh ahhhhh uhhhhh
Frastornati da urli son gli uditori,
della rissa involontari fruitori.
Laceranti espressioni invereconde
mugghiano simili a forsennate onde.
- Ma lasciatemi finire!
Io non v'ho giammai interrotto!
[Qualche volta stai a sentire,
cerca di non fare motto]
Se potessi gentilmente
il mio esprimere parere …-
[Questo qui non sa tacere!]

Ora si scatena la Bionda, e strilla
mentre l'occhio del Capuccio scintilla:
-Non so come va a finire.
Mi rivolgo al tribunale-
L'atmosfera è saturnale,
e la cosa è subnormale.
Siamo normali? Mi chiedo perplesso:
la storia risulta più adatta al cesso.

Essere vorrei un cavallo e nitrire,
piuttosto che la diatriba sentire.
Falso, non falso, non è vero, vero!
Aleggia sul Collegio atro mistero.
-Mi fate parlare?
Perché interrompete?
Lasciatemi fare
che ciò mi compete!-
- Uhhh, uhhh, taci, zitto -
Pignolo ormai è fritto.
-Gentile ora chiedo
[ma non vai in congedo?]
al Capo d'usare
[c'è il fio da pagare]
dei toni gentili
[noi siamo civili]
pei meriti miei
[patetico sei].
Portar più non posso
[se no, vedi rosso?]
affronti cotali
[davvero tribali]-
implora Pignolo,
rimasto da solo
che stenta a replicare
a contumelie amare.

Il professor Solerte è sbrindellato,
minutamente a scaglie tagliuzzato,
fatto a fette avanti al Collegio ingrato:
silenzioso, gaudioso?, nauseato?
Infieriscono Abbuffo e la Biondona,
lanciando parolacce da battona.
Distinti signori, che sia finita,
chiudiamo la questione incancrenita!
E invece la baraonda perdura
implacabile fuor d'ogni misura:
- Lei si comporta come un gesuita;
molta gente avrebbe al rogo mandato,
se stato fosse nel Seicento andato -

Nell'odierna riunione il linguaggio,
raffinato come a Calendimaggio,
del trivio ci propina un dolce assaggio;
parole ricorrenti
sibilano tra i denti;
son: cavoli, casino,
[tipici pel burino]
mezzo uomo, stronzo, cazzo,
[scelti fiori del mazzo]
coglione, culo rotto.
Il Collegio ormai è cotto.
-Tu sei falso, bugiardo e ti denuncio-
È il buon Perto che ora sbotta, e ripete:
-E qui ti denuncio! E qui ti denuncio!
[Son successe cose che non sapete!]
Di fronte a tutti ti puoi vergognare-
[È solito dei colleghi sparlare]
Al bersagliato non si fanno sconti.
Dice, infine, attaccato da più fronti:
-C'è un accanimento nei miei confronti-
[Molta acqua è scivolata sotto i ponti]

Oh, gran bontà de' professori antichi,
un tempo non eravate impudichi.
Mai eravamo caduti tanto in basso,
ho la bocca amara, l'animo lasso.
Tuona ancora il fervido Bracalone:
-Son contento d'andar via!
[qual disgrazia, mamma mia!]
Tutto è stato fatto in base alle norme
[c'è voluto certo uno sforzo enorme]
nel rispetto della legislazione-
Eeeeeeeee………
a fondo spinge lui
acuto il suo coltello
in testa di colui
che ti spacca il capello.
Maramaldo è novello?
Sospiri tristi espello.
Chi la fa se l'aspetti
scritto è tra i magni detti.
Tu ti sei divertito
a far tanti dispetti,
adesso ingoia i rospetti.
È legge del taglione:
tu mi dai del cialtrone,
io ti squarcio il polmone.

Siamo nella merda fino alla gola,
e non trovo nulla che mi consola.
S'inneggia alla professionalità,
ma intanto aumenta la precarietà
della nostra etica professionale
scambiata per borbottio viscerale.


Dopo confusione tanto sguaiata,
chi mai riattacca la serenata?
Ma il Leguleio! che insiste nel citare
le alte ragioni del suo gran daffare.
Parli, parli, parli e mai non la smetti,
perché ripeti e ripeti i concetti?
Non andar sempre in giro a briglia sciolta,
ma sta' zitto una buona santa volta!

Di cacca oggi abbiamo largo uso fatto;
entusiasti del suo odoroso impatto,
ce la siamo scagliata con passione
in faccia, in onor della professione.
Povero me, cosa tocca ascoltare!
Vorrei nel bosco fresco passeggiare
e non essere immerso in tal pantano
d'insolenze, bassezze,
interessi nascosti,
[e dire che siamo tanto composti!]
malignità e grettezze
da studio postfreudiano.

Questa volta abbiamo toccato il fondo,
così qui vanno le cose del mondo.
 

Parapiglia del 18 Pratile
      

Più non abita qui la meraviglia,
delizioso luogo di parapiglia;
gli strilli son consueti e le lagnanze
che stentoree insonorano le stanze
dell'eminente scuola nostra media
insonne spettatrice di tragedia.
È triste, ma divertente vedere
come gli eccelsi uomini del Sapere
nuotino in mezzo al mar della scemenza,
solcando le alte onde dell'incoscienza.

Tutto inizia col pedante verbale
delle idiozie centro trasfusionale.
Con soporifero ritmo vien letto
mentre qualcuno s'affila il trincetto.
Rimestare la solita pappetta
offre l'antefatto della macchietta,
che a recitare s'appresta il Collegio
alla professione apportando spregio.

Invitati sono i preposti vari
a presentare i loro commentari.
Primo comincia Pignolo Banzai
della scuola tremendo samurai:
legge dell'operato suo il rapporto
pel futuro rinnovo passaporto.
Elenca deciso le cose fatte,
palpitante il cuore d'orgoglio batte.
Ma anche gli altri con risoluto piglio
vanno avanti a dipanare il groviglio
delle importanti funzioni obiettivo
che hanno svolto in modo superlativo.
È tutto perfetto, professionale;
qualcuna si lamenta, irrazionale;
tutti celebrano il proprio lavoro,
inneggiando al greve superlavoro,
pagato poco e non riconosciuto,
pertanto il rinnovo va riveduto.
Minacciano di non ripresentarsi:
è una manovra per meglio quotarsi?
Noi vediamo che sono sempre pronti
dopo qualche giorno a rifare i conti.
E colui, che afferma d'aver ragione,
perché di sé ha gran considerazione,
non può comprendere il comportamento
dei colleghi inclini all'incazzamento.
-Astro nella notte sono fulgente,
luminosa guida per il discente;
delle magagne vostre l'analista,
del sindacato fido avanguardista;
portabandiera d'ogni novità,
insonne alfiere nelle asperità
della onerosa prassi educativa
verso cui sempre ebbi dolce attrattiva.
Voi che le leggi non sapete affatto,
sovente mi date del mentecatto;
tutto conosco e mantengo sott'occhi
anche se spesso combino pastrocchi.
Preciso sono e con slancio lavoro,
ma concesso mai m'è stato l'alloro.
Da tempo ritengo d'aver ragione,
e ad esser prolisso ho la vocazione-
Invero questo lo pensano in molti,
colti, dai consigli d'Egeria avvolti.

Esatto come atomico orologio
accende la miccia il nostro Barbogio.
Per l'etere fuggono le parole,
cariche d'ira e vuote come fole.
Corbellino, grande assente nomato,
il barile subito ha scaricato;
ma poi, dell'affermazione pentito,
ad amare il prossimo porge invito.
Si dimena, urla, col cuore difende
colei che anche i suoi poteri si prende.
Spuntata è la tua spada, Corbellino,
a chi non merita non fare inchino;
con la retorica non si comanda,
né, tocco, mal s'elude la domanda
della collega che la rissa infiamma
e che allo scoperto porta il tuo dramma.
Stufi sono i docenti di sentire
le beghe vostre, gli alterchi sopire;
vedere il bianco diventare nero,
sopportare della scuola il Nocchiero.
Cari colleghi, passate in rassegna
il motto"Chi sa fa e chi non sa insegna"
e poi, chissà, vi ridimensionate
e il lavoro degli altri rispettate.

Non finisce ancora la baraonda;
nel Collegio furoreggia la fronda.
Incandescente diventa il finale,
con un tocco molto professionale:
i maestri a casa vogliono stare
già dal dodici giugno a riposare;
previsto non è dal loro contratto
essere costretti a pulire il piatto:
a scuola rimanga chi di dovere
e se lo prenda pure nel sedere.
Il povero Capo senza bastone
ricorre irato alla riprovazione:
-Ingovernabili siete e arroganti!-,
gli Educatori non hanno attenuanti;
per questo, furbi, zitti se ne stanno,
ma stavolta scendono dallo scranno.
 

Ultimo Collegio del 2001/2002

Fine giugno: ecco l'ultimo Collegio
che chiude un anno veramente egregio.

C'è il Gran Capo che suona la chitarra,
dolce qualcun altro aziona il violino,
colui usar vorrebbe la scimitarra,
ansiosa pretende costei un inchino.

C'è chi tace e non acconsente affatto,
c'è chi si mostra molto soddisfatto,
c'è chi mai perde il vizio di sbuffare,
c'è chi si siede dietro per parlare,
c'è chi sfoglia attenta la sua agendina,
c'è chi vorrebbe andarsene in piscina…

Le solite iniziano cantilene,
identiche da anni le messinscene.
(Almeno una volta erano più brevi
e il tempo, sacro tempo, non perdevi!)

Non vi sto a raccontare tutto quanto
per non ripetere il noioso canto,
basti saper che l'ordine del giorno
da più di venticinque anni invariato
stantio presenta lo stesso contorno
che ad ogni fine anno viene gustato.

Tra odorosi zefiri di sudore
la lenta nenia attacca Camomilla
con un piatto resoconto incolore,
sgusciando tra i problemi come anguilla,
e con un falso incoerente velo
il marciume copre dello sfacelo
che ha aromatizzato la nostra scuola.
E tutti zitti con la museruola!
Anche chi ha abbaiato per tutto l'anno
ed ha insegnato con estremo affanno,
ché gli alunni si sono ammutinati
- una cara collega li ha appoggiati,
e Camomilla non li ha contrastati -
ma in compenso promossi sono stati!

Nelle medie oramai nuovi profeti
considerano illeciti i divieti;
seguono essi questa filosofia:
mandare tutti avanti, e così sia;
vadano a scocciare alle superiori,
le ripetenze sono deteriori.

Il Capo carismatico con voce
flebile e austera evoca la sua croce
nel raccontarci come è stato bravo,
nuovo Ponzio Pilato, a far l'ignavo:
a soggiacere a tutte le richieste,
ad accettare tutte le proteste
di figli, genitori, nonni e zie
senza mai bloccar le loro isterie;
ad elargire oboli e caramelle
ai docenti rompiglioni e loquaci,
ché non alimentassero fiammelle
o non si facessero troppo audaci.

Ecco! Il panegirico ora declama
dei progetti, delle attività svolte,
la nostra eccitando cara madama
che molteplici ha fatto giravolte
trafficando, e la sua classe lasciando
per un "attimo" al collega o al bidello;
e intanto gli alunni erano allo sbando,
lieti di ballare tal carosello.

Ecco! Tocca ai preposti ora elogiarsi,
dettagliando le gravose fatiche
cui con pena han dovuto sobbarcarsi
per ricevere soltanto molliche.

Ecco! Le due solite maestrine
che devono per forza intervenire
con varie annotazioni bizantine
per farsi da Camomilla applaudire.

Ecco! Dei fatti incresciosi si tace:
agli insegnanti piace stare in pace;
l'estate ci chiama e non è il momento
di procedere all'accapigliamento.

Ecco! Il prof dalla classe tartassato
mogio e zitto siede tranquillo,
proprio lui che sempre ci ha enumerato
le manchevolezze di Camomilla.

(Così chiamato è stato il nostro Manager,
altresì denominato Gran Monager;
Preside nomato un tempo, poi Capo
d'Istituto ed ora Dirigente)

Gira e rigira siamo sempre a capo:
ad un incompetente un saccente,
ad un furioso subentra un dormiente.
Risultato: litri di camomilla
erogati da una saggia autobotte
ha spento la nostra ardente favilla,
ed in più i docenti hanno le ossa rotte.

È stato l'anno delle circolari,
dalla slot-machine dei segretari
sputate per qualsiasi situazione
con burocratica circospezione:
per ogni azione la sua circolare,
quasi pure per andare a pisciare.

Dal ciarpame delle carte gravate,
sbagliato hanno spesso le applicate
che passavano gran tempo a studiare
come preparare la circolare.

Sagace il Capo le leggi sfogliava
ed in Presidenza sempre restava
a trovare legale scappatoia
alla sua persistente paranoia.

Eccovi l'assunto di Camomilla,
vaticinato da vecchia Sibilla:
- Tanto per aver le spalle coperte,
me ne sto placido a braccia conserte.
Se succede qualche cosa di strano,
posso sempre nascondere la mano. -


Nel concludere allegro vi rammento
che mancar non potevano parole
fatidiche a chiusura del concento:
- A settembre, programmeremo tutto,
e con la cartina di tornasole
del lavoro valuteremo il frutto! -

Ma a settembre… - È presto per programmare:
son gli alunni nuovi, mancan docenti;
ad altro mese è meglio rimandare.
Non siamo mica dei maghi veggenti! -


Primo settembre 2004

   


Signor ministro,
non me ne voglia
se d'insegnare
non ho più voglia.

Dopo due brevi mesi di vacanza,
gli insegnanti sono qui riuniti.
Assonnati, lamentosi e intristiti
sospirano seduti nella stanza.
- Nell'anima e nel corpo ritemprati
possiamo, colleghi, ricominciare!
Quest'anno è davvero particolare
e saremo tutti molto impegnati. -
serioso attacca il nostro Dirigente
con la ripetuta frasetta annuale.
- È l'anno della riforma epocale
che rendere può la scuola efficiente.
Per questo la nostra scuola s'aggiorna.
Ora i giorni di lavoro vi doso:
oggi lavoro, domani riposo;
dopo domani al lavoro si torna. -
(Ma come! Non ancor comincia l'anno
e i docenti sono già tanto stanchi?
Forse che essi hanno delicati i fianchi
ed il lavoro li mette in affanno?)
- Se noi questa riforma applicheremo,
un balzo in avanti farà la scuola,
perché con l'autonomia si vola,
e un sano taglio al passato daremo. -
- Anche quest'anno mancano docenti -,
sibila Banzai, adirato, tra i denti,
- Si dica basta ai soliti espedienti!
Non si programmi al posto degli assenti! -
- Professore, pazienza, è la volta buona,
(Risuona questa frase da trent'anni
fomentatrice di aspri disinganni)
e fissa non sarà più la poltrona. -
- Vedo pei docenti un futuro nero:
diventeremo tutti dei precari -,
mormora angosciato il Re degli erbari,
- forse ci conviene accendere un cero
a… - Sì, a Sant'Antonio! Ma cosa dici? -,
sbotta il Seguace d'ogni cambiamento,
capace di suonare senza strumento,
- Questa riforma ha possenti radici
che crescere faranno rigoglioso
l'albero sempreverde del Sapere. -
- Hai ragione -, s'intromette l'Alfiere,
delle novità capitano iroso,
- spero che la riforma vada in porto. -
- Dove potranno entrare solo eletti,
mentre gli altri finiranno nei ghetti! -,
s'inalbera l'ex comunista Storto.
- Un po' di calma, signori colleghi,
l'ideologia non ci prenda la mano,
tanta politica s'è fatta invano
sotto la guida di falsi strateghi.-
Dice il Dirigente, capo recente,
dimostrando d'esser poco imparziale,
guardando con occhi torvi, esiziale,
il povero Storto non compiacente.
Gli altri docenti stanno zitti e muti,
specialmente quelli che son canuti,
stufi di sentire le stesse cose
piene di promesse meravigliose.
Squillano le trombe ministeriali,
cambia la musica giorno per giorno;
baldi gli araldi vanno intorno intorno
a proclamare annunci eccezionali.
Il popolo scolastico è perplesso,
e, vedendo la riforma confusa,
si pone una domanda non astrusa:
- Ma che cosa dobbiamo fare adesso? -
 


 

                                                 Ritratti

                                                                 


Vicaria, la docente Perfetta

Prega ogni mattina Maria Montessori,
degli educatori si crede regina.
Quando giunge a scuola, porta una valigia
stracarica e grigia; tutta trascolora
col registro in mano. Palpita il suo cuore
davanti al Dottore, l'egregio decano.
Parla a spron battuto, la fronte arrossata,
è proprio eccitata, la gola un imbuto:
glu, glu, glu il progetto, che splendida mente!
S'agita rovente, ma è il solo diletto
dell'inutil vita che deve passare.
Ai figli badare, essere asservita;
quest'è la sua vita: agli altri pensare!
Il triste pensiero la gioia fa sparire,
il viso incupire, crolla il mondo intero.
Ascende le scale col volto turbato:
- Quello m'è toccato, un marito tale,
senza un po' di sale, pure squattrinato! -

Da un gridio è riscossa: l'alunna acca canta,
il baccano monta. Ieratica indossa
il mantello austero dell'Educatrice,
e, siccome è vice, impone l'alto impero.
Oh, che gioia il rispetto; la testa s'innalza,
ratta innanzi balza, s'erge largo il petto.
- Io la guida sono, portata al perdono,
però non sopporto proprio i mascalzoni
che fan gli spacconi come in angiporto! -
strilla a piena voce nel silenzio teso.
A lei tocca il peso: portare la croce.
La ragazza abbraccia, lo sguardo da rana,
comprensiva e umana, la collera scaccia.

Al suo mondo torna, felice e beata;
geniale trovata la mente frastorna:
funzione obiettivo, geniale trovata!
- Tu sei mal pagata, lo Stato in attivo.
Aneli al guadagno, in quattro ti fai,
e poi che cos' hai? Governo taccagno!
E' una caramella, intanto succhia quella,
cara la mia ancella, che sogna la stella -
- Se calcolo le ore, scorgo la miseria;
non è cosa seria, provo del rancore;
mi verrebbe voglia di lasciare tutto,
lanciare un insulto, salire altra soglia.
Ma proprio non posso, la mia è una missione,
somma dedizione, e rosicchio quest'osso -

Svelata s'è infine! Mi pare delusa;
è forse un'illusa? Ah, ma che divine
le sue aspirazioni: la cultura spande;
compra le mutande con le sue lezioni.
Solerte perdura nel suo sogno ascoso,
nel mondo chiassoso riposa sicura.
Pei bimbi stravede, per la scuola suda;
rimarrebbe ignuda. Ma chi mai ci crede?
Un progetto vi serve? - Nessuna paura -,
subito assicura, e torbida ferve.
Se lode riceve, tenera si squaglia,
col fascino abbaglia come bianca neve.
E' fisso il pensiero: la scuola l'attende,
alla scuola intende, lungo erto sentiero.

A casa ritorna. Pulire bisogna,
ignobile rogna, che dal bello storna.
Si volge al suo mulo la vice zelante,
gli impone all'istante di muovere il culo,
perché lei ha da fare, i pollici non gira,
grida piena d'ira, c'è altro a cui pensare.

E le lezioni a preparar si mette:
lieta procede verso le alte vette
della didattica sognando il mondo,
mentre i pargoli fanno il girotondo
e il marito la scopa in mano porta
e della dotta le angherie sopporta,
proponendosi la separazione
per porre fine a tale situazione.
Forse che alla vice sorge un dubbio forse?
Inutile forse: ciò a lei non s'addice,
dei progetti autrice, vera protettrice,
ogni sera prega i suoi pedagogisti
e tra i cari testi i suoi pensieri annega.
 

Il professor Pio, docente perfetto

Su nel cielo della Scuola impavido vola.
Sulle ali del Sapere esercita il mestiere,
sulle ali del Dovere sventola il piacere,
sull’ara dell’Amore sacrifica il cuore;
sull’ara del Lavoro sfrigola con calore.

Ogni mattina a letto escogita un progetto.
Tutti i giorni, inclemente, interroga il discente;
quando finisce l’ora, ti chiacchiera ancora;
le sue mani molto spesso agitano il gesso;
alla sera, intristito, spazzola il vestito.

Ad ogni riunione scalpita con passione.
A parlar sempre pronto snocciola il racconto,
e come l’altro ieri ti elabora i pensieri,
e come il mese scorso articola il discorso,
e come proprio adesso scivola sul sesso.

Di tutti i genitori stempera i furori,
di tutti i genitori solletica i favori.
Ad ogni bella mamma esplica il suo programma,
ad ogni babbo duro mescola il bromuro,
per tutti i loro figli biascica consigli.
Degli alunni dementi illumina le menti.
Solo con un sorriso stimola il loro viso,
ad un solo suo sguardo corrono al traguardo;
se per caso Caio sbaglia, frenetico raglia,
e se poi Tizio ride? Subito lo irride.

Felice il discente cui stimola la mente!
Ma se l’impegno è alterno, gli augura l’inferno,
se non sta sempre attento, ulula come il vento.
Con il potere arcano emula lo sciamano;
demiurgo, con la mano ti educa l’insano.

Del Consiglio di Classe coordina l’asse,
al Consiglio d’Istituto è sempre seduto,
sornione s’intrufola in ogni commissione.
Vuol fare il preposto: s’agita per l’arrosto,
viste poi le lasagne, piagnucola lagne.

Quando a sera va a letto, immagina il balletto
delle idee lampeggianti, vivide e intriganti
sul da farsi il dì appresso rapido col gesso.
Infine chiude gli occhi ai magici rintocchi
del sacro bando, la didattica sognando.
 

La docente Eclettica

La docente eclettica
è tanto dialettica:
di giorno farnetica,
di notte solletica
l'amata didattica
con sapiente tattica.
Per caso è antipatica?
No! È molto simpatica,
ma spesso drammatica.
Vibra come elastico
davanti al giurassico,
ama il mondo arcaico
del popolo incaico.
È donna collerica:
ti manda in America,
se sbagli un acrostico
difficile ed ostico.
Gote come mantici,
ti recita i cantici
dei poeti classici
e financo ossianici.
È scarso il tuo lessico?
Ti spedisce in Messico.
E diventa caustica
con la perifrastica.
Errore sintattico?
Per lei sei uno spastico.
Diventa frenetica
con la storia retica.
E col neolitico?
Ti passa al politico:
impreca all'asettico
stipendiuccio asfittico.
Donna realistica
studia la casistica
di chirurgia plastica
(il naso è una svastica);
un progetto mastica:
ci vuole una drastica
dura mano clastica.
Pare essa paranoica?
No, no, è soltanto eroica.
Donna molto energica,
ai timidi è allergica.
Ma soffre di colica,
cupa tragedia eolica,
che rende fatica
la sua calda natica.
 

Il professore Aulico

Il professore aulico
ha un aspetto fallico,
quando prega mistico,
chinandosi al trittico
della scuola classica
della scuola magica
dell'alma didattica,
con la mente tattica,
con la mente elastica,
con la mente chiastica.
Spasmodico predica,
con la faccia tragica,
sulla scuola statica;
la cassa toracica
sommuove collerico.
Ce l'ha con l'eretico,
dal sorriso icastico
e dal credo agnostico.
Con cuore scolastico
di stampo dinastico,
con volto cianotico
delinea caotico:
la scuola è rachitica,
è tutta mefitica;
è scomparsa l'etica
ed anche l'estetica.
Elogia magnifico
il gran testo mitico,
ti fa il panegirico
con tono onorifico
dell'avveniristico
manuale olistico.

Docente simmetrico,
nonché geometrico,
armato di logica
epistemologica,
con tono allarmistico
spesso anacronistico,
scarica la critica
che par sodomitica.
Sembra tragicomico:
prima ti classifica,
e poi ti squalifica.
Che dite? È un maniaco,
forse un idilliaco?
È certo un bisbetico
docente patetico.
 

L'ambiziosa Illusa

Ancor quest'anno non si strilla
nella nostra scuola;
la pace consola
chi è portato alla camarilla.

Ogni cosa a suo tempo, caro;
vedrai una gran festa
che darà alla testa
di colei che si crede un faro

che sempre vuole primeggiare
ed onori avere,
e mai, mai tacere
nemmeno quando va a cacare.

La trasporta la scuola in alto,
su, nel roseo cielo,
mentre il cuore anelo
temerario argina l'assalto

degli alunni maleducati,
ignavi e riottosi,
da ignoranza rosi,
con larga mano valutati.

Oh! - che gioia! - i riconoscimenti
sono ben accetti,
se per pochi eletti,
dell'operato altrui scontenti.

Di didattica quando parla,
estasiata tutta,
fremente si butta
come se al re volesse darla.

Frenetica ti dà consigli
su come insegnare
e i bambini amare,
lei, proprio lei, che non ha figli.

Per i bimbi d'amor trabocca:
lasciarli le spiace,
quando tutto tace;
triste sulla soglia si blocca.

Ah! Che amore, i suoi ragazzetti!
E le sue bambine?
Sarebbe la fine,
se non gridassero scorretti,

i nostri alunni benedetti!
Dalla sorte avuti,
diventati astuti,
scambiati infin per maledetti,

quando non ascoltano più
le sue tiritere,
le buone maniere
e la mandano a Timbuctù.
 

Il professor Catone

Non si strilla quest'anno ancora:
regna la pace ora.
- Aspetta un po' di tempo, aspetta,
e vedrai che festa!-

Son già gli educatori irati,
malintenzionati,
con gli occhi cupi e neri i cuori,
a tirare fuori
pugnali e affilati coltelli,
per fare sfracelli.

C'è sempre qualcuno che imbroglia,
che muove la foglia,
che i fatti propri non può farsi,
né all'ippica darsi;

governato da mente amente,
senza saper niente,
farnetica saccentemente
su quello che sente.

La scuola assai fa schifo - dice -
ma pur è felice
quattro soldini guadagnare
senza diventare
un povero disoccupato
e sempre incazzato.

Nella critica specialista
con lagne contrista
anche chi sapere non vuole
che cosa gli duole.
Così il tempo passa a scocciare,
ad importunare
del parassitismo i bei frutti,
i docenti tutti.

Scontento gira con lo sguardo
truce il nostro bardo,
con voce tesa proclamando
della scuola il bando.

Novello Catone Censore
ti controlla le ore
d'insegnamento funzionale,
che non è normale
come il cosiddetto aggiuntivo.
Per quale motivo?
Chieder bisogna al sindacato,
se il giusto ci è dato.

E in miseri cavilli affonda
il pensiero; sonda
minuzioso il sacco ripieno
di seccato fieno,
cibo adatto al ceto docente,
di sogni fervente,
a lamentarsi sempre pronto
come questo tonto.
 

La docente Scontenta

La riconosco immediatamente,
appena si mette a parlar suadente;
un solo momento basta che passi
e pianger la senti sulle sue classi.
Per filo e per segno tutto racconta
e di chiacchiere il castello ti monta.
Non si vergogna di farsi sentire,
risate ironiche far scaturire
sul volto dei quattro malcapitati
che, nicchiando, l’ascoltano scocciati.
La bravura magnifica di quelli
che soltanto prima erano asinelli;
l’operato dei colleghi deplora
e per l’ira il viso le si scolora;
contro il gran Capo furiosa si scaglia,
e dire che prima era la sua quaglia.

Nessuno si salva, tutti tritura
con la macina della sua censura,
da un pettegolezzo all’altro passando
e fosche previsioni ipotizzando.
Poi si calma. La scuola tal dei tali
elogia, dove i docenti hanno le ali,
con lealtà collaborano insieme
e della cultura piantano il seme;
gli alunni sono educati e studiosi,
dei loro professori rispettosi;
senza far nulla non stanno i bidelli,
ma vigili controllano i monelli;
anche -sospira- il Capo d’Istituto
non è fannullone né sprovveduto.

Andrebbe avanti con la tiritera,
parlerebbe di fila fino a sera.
Ogni tanto sollecita un assenso,
richiedendolo con fare melenso.
Si guardano in faccia i quattro stupiti,
depongono l’aria da rimbambiti;
tolgono il disturbo da impegni mossi,
sola lasciandola a rodere i suoi ossi.
 

Il pedagogo detto prof Fénelonne

I suoi alunni vanno male?
Sua la colpa non è già.
Responsabile è qualcun altro
che li ha in passato rovinati.
E poiché gli manca il sale,
l’autocritica non fa.
Ma ti prospetta, molto scaltro,
che comunque son migliorati.
- Ormai la scuola è degradata,
la didattica superata.
Così avanti non si può andare -
Soltanto lui ti sa insegnare.

I suoi alunni vanno bene?
È suo il merito, si sa.
Il passato per lui non conta,
è la bravura quel che importa.
Gli si gonfiano le vene,
e consigli lui ti dà.
Sorridendo te ne racconta
tante e poi tante d’ogni sorta.
Vanesio ciarla, non s’accorge
che senza di lui il sole sorge.
S’è la scuola risollevata:
è stato lui che l’ ha salvata!
 

La vecchia prof

Con l’anca bianca
arranca stanca
e male incede
col vecchio piede.
Cianchetta storta
con la sua sporta,
di rado ride,
ma non sorride.
Pensa e ripensa:
magra dispensa
per i docenti
nullatenenti,
lavoratori
e fautori
di novità
d’alta bontà
di serietà
d’assurdità!
Ripensa triste
ai fatti visti,
a lunghe liste
di classi miste.

Un giorno nero,
non sembrò vero,
cadde per terra
al pianterreno,
lunga distesa,
da male lesa,
mentre spiegava
cos’è la lava.
Da stress colpita
cambiò la vita,
un tempo bella,
su una barella.
Quanti dolori,
quanti dottori!
Che dispiacere
tutte le sere
piangere muta
sola, abbattuta.
Com’era lieta,
quando parlava
tutta faceta;
quando tuonava,
tremenda diva,
ed inveiva
ai pigroncelli,
spesso ribelli.

Ora non più,
dice il cucù,
battendo le ore
senza calore.
Almeno avesse
da parte messo
qualche quattrino,
un pensierino
per un futuro
calmo e sicuro.
Dolce illusione!
Ora capisce
che la passione
presto finisce
e sol rimane
un po’ di pane.
Che devozione
l’Educazione!
Che attrazione
che eccitazione
che vibrazione
che fissazione
che esaltazione
che abnegazione
che donazione:
che delusione!
Che oblivione
che incomprensione
del suo lavoro
fino come oro.

Docenti, attenti!
Siete dementi,
quando accettate
quattro patate
dal sindacato
che si è alleato
col padronato.
Colleghi cari,
cacciate i bari
magniloquenti,
falsi docenti,
che son felici
d’avere amici
onnipotenti
con tre stipendi.
 

Il professor Preco
(o dell'Amor platonico)

Sono Preco,
prof di greco,
il secchione
di Platone.
Lo confesso:
son quel desso
che ti amai
come un fesso,
mentre tu
alle Hawaii
sottinsù
mai giammai
tu dicevi:
- signornò -.
E giravi
à gogo,
esibendo
il popò.
Poi gridavi
al tuo pravo:
- Vieni amore,
dammi il fiore! -
Spudorata,
avvinghiata
(che sfrontata!)
al flessore
seduttore
sulla sabbia
(ahi che rabbia!),
mentre ignavo
ti sognavo
tutto fiero
col pensiero
illibato.
Che cretino
sono stato!
Ora so
chi tu sei;
al marò
dici okay,
mentre reciti
l'Agnus Dei
e solleciti
i priapei
atti rei
con amplessi
indefessi.
Ah se avessi
tu parlato!
Quella cosa,
tutta rosa,
t'avrei dato!
Se ricordo...
Una volta
mi dicesti
disinvolta:
- Sei un tordo! -
e ridesti.
Or mi mordo
le due mani,
sono sordo
ai richiami:
tu volevi
solo sesso.
L'ho scoperto
solo adesso!
Sono certo
un gran fesso.
Ma lontano
non andrai,
sul più bello
pagherai,
sentirai
come suona
la ciaccona
il tuo Pan
col tamtam.
 

La docente Valente

Maggio risveglia i nidi,
Maggio risveglia i cuori; (G. Carducci, Maggiolata, vv 1-2)

Dopo un anno di vacanza l'esame
or avanza. La Docente ha paura
di fare amara una magra figura;
allora inizia a scrutare il fogliame
della preparazione assai insipiente
che lieti hanno gli alunni accumulato
in base al piano da lei caldeggiato
ed imperniato sul dolce far niente.
Rapide le foglie volano via
nell'abisso tetro dell'ignoranza
dove minima non c'è una speranza
e non ha alcun potere la magia.
Ma il bello è che lezione non si fa:
nel periodo siamo delle gite
obbligatorie e da tutti gradite;
per venti dì baldoria ci sarà.
Con gli sguardi carichi di tristezza
ci lamentiamo che non fanno niente,
che nessun interesse han per la mente,
che il simbolo sono della sconcezza.
- Come l'esame affronteranno questi? -
Inermi ci domandiamo e angosciati.
- Non siete alle sorprese abituati! -
Replicano esperti i docenti desti.

- Ma l'esame che cos'è? -
- Una cosa che non c'è! -
- È l'esame poi reale?-
-È solo un test ideale! -
- Sentiremo le sciocchezze,
e diremo: son saggezze! -
- Preoccuparsi è malsano,
diamo rapidi una mano. -
- Facciam loro un bel dispetto:
promuoviamoli di getto!-

L'ironia non apprezza la docente,
acida inveisce con disappunto:
- Cinici non si può essere a tal punto! -
di botto rammentandosi valente
e adorna di maestria in sommo grado.
Riflettesse razionale un momento
potrebbe forse dire con sgomento
d'aver portato gli alunni al degrado.
Ma lungi da lei tal pensiero sia!
Alto sentire alberga nel suo cuore,
inclito è dei suoi progetti il valore.
Fa e disfa con ansiosa frenesia
la tela della pubblica apparenza;
escogita progetti a tutto spiano,
ti svolazza intorno come un tafano,
cercando il tuo assenso con insistenza.
Quando giunge l'ora del rendiconto
alle ortiche butta la coerenza:
la classe valuta con impudenza,
salvando così il proprio tornaconto.
Il coraggio le manca di spiegare
come le cose veramente stanno;
mette furba gli alunni sullo scranno
del dotto sapere per imbrogliare,
fallace, prima di tutto se stessa
e dopo l'egro mondo della scuola,
girando al vento come banderuola
e auspici augurando qual pitonessa.

Dicci dicci, dicci dicci,
come si fanno i pasticci?
Come mai in aula non sei?
Sei andata ai Campi Flegrei.
Il supplente spesso è andato
al tuo posto esacerbato.
E la classe tu mi lasci?
E lamenti poi gli sfasci.
Son gli alunni da seguire!
E poi tu li fai languire.


La Docente non ci sta, grida forte
la sua innocenza, il lavoro dispiega:
la sua relazione non fa una piega,
rigidi gli occhi, le labbra distorte.
L'aria è tesa: siamo pronti al litigio;
lesto il Capo anticipa i litiganti:
- Sempre ci saranno degli ignoranti.
Dare si deve alla scuola prestigio. -

…Porta le ortiche e i fiori,
i serpi e l'usignol. (G. Carducci, Maggiolata, vv 3-4)


 Lo stress del prof Filottete

Da dove s'effonde l'afflato
d'amor natalizio rituale?
È sempre a Natale speciale,
cordiale e magari truccato.

Quel prof della scuola guardiano,
bastian ch'avversò tante cose
sorride e ti dà l'aspra mano
in queste ore tanto festose.

Gesù scende giù e gli angioletti,
dal pino pendenti turchini,
dispensano bei sorrisetti
a mamme, ai papà ed ai bambini.

Or ride tre volte gaudioso,
lui, sempre così corrucciato,
col fegato sempre corroso,
sfuggente veloce indignato.

Oggi è lieto, sì, chiacchierone;
nessuno sarà tormentato
dai soliti lai del musone,
moderno catone crucciato.

Ti fa, riscaldato, gli auguri.
La pelle striato avrebbe ieri,
gli artigli affilando suoi duri,
ai pravi alunnacci ciarlieri.

Voi ridere qui non dovete:
lo stress attanaglia i docenti
che furono come sapete
pescati nel mar dei tormenti.

È questa una storia assai vecchia:
il male è del dotto insegnante
che ronza com'alacre pecchia
spargendo il Saper trepidante.

Ma sempre il pericolo incombe:
il sogno rovina i docenti
di render gli alunni colombe
usando richiami suadenti.
 

La prof Psicosomatica

Pancia gonfia e indolenzita?
Cura il male con la gita!
Pensi troppo a interrogare:
se non san, non t'angustiare!
Entri in aula irrigidita
con la pancia inturgidita.
Rilassarti, devi, cara,
e non far la bocca amara.
Ogni dì la vita uccidi;
perché invece non sorridi?
- Questi alunni che villani!
Unni sono grossolani -

La cultura spandi seria
per avere una miseria!
Il lavoro cambia presto,
se il futuro non vuoi infesto.

Colpita da flatulenza?
Fai una cura con l'assenza.
Non soffrire inutilmente,
il referto è trasparente:
malattia psicosomatica
dei docenti sintomatica.

Correr devi dal dottore,
e levar preci al Signore.
Perdi poi la saggia faccia.
Poveraccia, che vitaccia!
Sul più bello emani un fiato
dolcemente profumato.
È lo stress dell'insegnante
che ti rende inelegante;
e non c'è nessun rimedio
che ti tolga quest'assedio,
se non quello di fregartene
o da questo posto andartene.
 

Don Rosario

Ho sgranato con Rosario
i misteri del rosario.
Lui combatte le angherie
canticchiando litanie.
E perfino con gli oremus
ti risolve tutti i rebus.

Ha buon cuore don Rosario.
Si ricorda del Calvario,
quando predica tuonando
e consigli seminando.
Segue ciò che il Capo dice,
il peccato maledice.

Raggranella ancor denari,
celebrando riti vari.
Siamo noi nel Cinquecento?
Quel rumore sacro sento,
quando giù il soldino scende
per ricevere le ammende.

Ciò non è spirituale,
è bensì molto venale.
Non mi dite qualunquista,
se la cosa vi rattrista.
Molti saggi l'hanno detto,
lo ripeto con rispetto.

Ce lo disse questo Dante
e non era un mercadante,
ce lo disse anche Giordano
e non era luterano;
disse ciò Papa Giovanni
con franchezza, senza inganni.

E Gesù scacciò i mercanti
molto prima dei suoi Santi.
Ora dicci, don Rosario,
voi seguite qual binario?
Predicate santità,
non pensando all'Aldilà?

Voi credete in quel che dite?
Il Vangelo voi seguite?
Non parlate di Giudizio,
imbiancati da quel vizio.
E non siate intolleranti,
se volete farci santi.

E non dirmi terrorista
e nemmeno comunista,
se una critica rivolgo,
e per niente me ne dolgo,
alla santa ipocrisia
della somma gerarchia.
 

Don Marzio il Maldicente

Mio caro ragazzo
non fare tu il pazzo,
se no ti strapazzo.

Tu dici alla gente
che fare so niente,
che sono un perdente.

Vuoi mettermi in scacco
sferrando un attacco
da vile vigliacco.

Tu sei un calabrone,
ma non pungiglione.
Sei tutto un bubbone!

La tua faccia scema
spalmata è di crema
da mano che trema.

Il naso hai tu rosso,
bevuto hai vin rosso
-che puzza hai tu addosso!-

Vai in giro a dir male,
l'invidia t'assale,
mio caro sensale.

Tu spargi gossip
come fossi un vip,
calando lo slip.

Imbelle e meschino,
devoto lecchino,
barbino piccino.

Ed ora t'avverto
finisci il concerto,
se no ti invio un serto

di fiori violetti
provetto di retti
ricetto d'oggetti.

Sentito il messaggio?
È solo un assaggio.
Se puoi, sii tu saggio.

Fai il bravo ragazzo,
bravazzo pupazzo,
se no, ti strapazzo.
 

La docente Delusa

1
Dopo sofferto e ripetuto esame
edotta sono del lavoro vano:
meglio per questi sguazzar nel liquame.
Avvilente cosa è toccar con mano

come marcio e fetido sia lo strame
del loro saper rozzo e grossolano,
molto più adatto al lubrico bestiame.
Sicura ero di portarli lontano,

ma son giunta all'amara conclusione
d'avere ceduto all' esuberanza
per inseguire ingenua un'illusione.

Pretendono con crassa tracotanza
d'ottenere un' alta valutazione,
per avvalorar la loro ignoranza.


2
Ma finito è il tempo della pietanza
condito dalla maleducazione;
il momento del rigore ora avanza
e infine si vedrà chi ha ragione.

Ma non voglio perdere la speranza
di far bella figura col solone
ed evitar una truce mattanza
davanti alla severa commissione.

Un occhio chiuderò e con ferma mano
scosterò impavida un po' di letame;
tanto nel Paese siamo italiano.

E dico che quella scuola è ciarpame,
dove la strada è aperta al ciarlatano,
se ti spinge ad un gesto così infame.
 

Gradassa, il Capo d'Istituto

Il Capo d'Istituto
la gonna nuova ha indosso,
non risponde al saluto,
ha il viso tutto rosso.
Con chi mai ce l'avrà?
Strilli a iosa lancerà.

Di regola è in ritardo,
ma con ghigno beffardo
strilla rivolta al mondo,
se tardi di un secondo.

Incede presuntuosa
come superba sposa
con occhi pretestuosi
ed atti vanitosi.

Con Caio se la prende,
Tizio poi riprende;
Sempronio non va bene:
inizia con le scene.

Contraria alle altrui spese,
manager si dispiega
e illudendo le attese
l'extra ai docenti nega.

Ciò che ti spetta scambia
per un regale dono
e le regole cambia
se non ti mostri prono.

I conti a far pignola
ti spulcia le altrui spese,
mentre in tasca s'invola
quel che aspra a te contese.

Fa la risparmiatrice
a favor dello Stato?
Fanatica è cultrice
a danno dell'odiato

docente indipendente
critico e pur severo,
o di quello silente
che a lei non sembra fiero.

Paion deboli i docenti?
Lei ratta mostra i denti,
salvo poi a cambiar faccia
se non c'è più bonaccia.

Per interesse svolge
- com'è giusto - il lavoro,
ma senza alcun decoro
di meriti s'avvolge.

Si appropria delle lodi,
traffica con le frodi,
falsi allaccia nodi,
a te riserba i chiodi.

Passan l'ore e lei che fa?
Al telefono se ne sta.
Alza, alza la cornetta,
sale su la bolletta;
il Comune è infuriato
per quest'uso smodato.

Ritiene lei i locali
della scuola statale
oggetti personali
con fare baronale.

Sempre pronta al dispetto,
quando sei al suo cospetto
stai sempre di vedetta,
se non vuoi la cianchetta.

Tu non puoi male stare,
tu a scuola devi andare;
lei pensa sempre al male:
è l'assenza illegale.

Il dottore è mendace,
il docente rapace.
Ma c'è il certificato!
Sì, è tutto combinato!
Solo il suo è veritiero.
E t'invia il pistolero.

Dopo ore di lavoro
si prepara al ristoro.
È dura stamattina!
Ci vuol la medicina:
una tazza di tè
le desta il non so che.

Si ricorda della scuola,
ma non mena la viola.
-Ma c'è tempo, pazienza!
Cos'è quest'invadenza?
Io faccio quel che voglio,
io tutto in breve sbroglio!
Non son mica un docente
che non sa fare niente!
Io guido la mia scuola
come una famigliola.
Non accetto da alcuno
che qui faccia il tribuno!
Ognun al suo posto stia,
sennò lo mando via!
Si evince con chiarezza
quale sia la sconcezza:
oziosi gli insegnanti
tra gli alunni ignoranti. -

Ma lei che parla tanto
non può menare vanto.
Sta tutto il giorno chiusa,
seduta a far le fusa:

Pinco Pallino ascolta
con la faccia stravolta
tutte le sue scemenze
che per lei son sentenze.

Consensi vuole avere
da tutto il mondo intero;
prepara lo scacchiere
per imporre l'impero:

elogia i genitori,
ma non i professori;
patrona è degli alunni,
anche se fanno gli unni.

È protetto il discente,
incapace è il docente,
che, privo di carisma,
non sa frenare il sisma
della classe impunita,
da lei stessa agguerrita.

Vuole imporre il suo verbo
in modo assai superbo;
altra tesi non accetta
e la tua acre bacchetta.

Se talvolta hai una lode
la ritiene una frode
consumata a suo danno
con un doloso inganno.

Si ritiene una stella,
del sapere fiammella,
della vita vero astro,
della scuola pilastro.

Se sei bravo è invidiosa,
e si fa perniciosa:
di nascosto s'accende,
con sadismo t' offende.

Con battute ingiuriose
di denigrarti tenta
se rigetti le cose
che lei boriosa ostenta.

Se non sei a lei devoto,
il permesso è remoto;
se per caso sei noto
ti soddisfa gaia in toto.

Faziosi intrighi intreccia
per stare sulla breccia;
fugge la verità,
manca di lealtà.

Di sicuro è un gran Capo
con arie da Gestapo;
si atteggia a superstar,
ma è roba da bazar.

Con l'ultima stoccata
finita è la cantata;
speriamo che in futuro
non batta più il tamburo.
 

Il prof Arnaldo Psicopompo

Fa tanto tanto caldo,
andiamo tutti al mar!
Distinto prof Arnaldo,
le bare lascia star.

Distesi sulla sabbia
e sotto l’ombrellone,
lontani dalla rabbia
dell’interrogazione.

La mattina sei a scuola
vestito già di nero
con la bianca pezzuola
ed in macchina il cero.

Nell’acqua freschi freschi
senza sentir lamenti
senza toccare teschi
né vedere occhi spenti.

Egregio prof Arnaldo,
comprati un bel costume
che puoi trovare in saldo.
Noi intanto tra le spume

sguazziamo con le donne
e offriamo lor granite,
mentre tu infili gonne
alle morte stecchite.

Sulla spiaggia è un incanto,
la tristezza è svanita.
Soltanto s’ode il canto
che a nuotare ci invita.

C’è chi grida: è contento,
fa un tuffo a testa bassa,
mentre tu lento lento
ficchi uno nella cassa.

Vieni qui, Arnaldo, vieni,
le bare lascia star.
Non ci sono qui i freni,
anche i prof vanno al mar!

Ecco Arnaldo, ecco arriva
con lo slip tutto nero.
Si butta sulla riva
con in testa un sombrero.

Fa il morto alla deriva,
come fosse annegato,
mentre l’onda lasciva
gli accarezza il costato.

C’è chi ride alla scena
quanto mai divertente.
Dove son gli alti pianti?
Ora lui non li sente.

Dove son gli occhi mesti?
Dai morti son lontani.
Ma ai tristi e buoni gesti
tornerà lui domani.
 

Duello tra Ciacco e Palmira

- Non c'entro niente! - grida la docente
- È stata Zadre a chiamare il padre
dello sfrontato che è stato bocciato,
per indicargli i numerosi appigli
su come fare per al TAR andare
con ratto corso a stilare il ricorso.
Già c'è il reclamo contro il menagramo. -
- Vergogna, infida, non sei la sua guida! -
urla furente con occhio lucente
il buon professore castigatore
del gaio discente molto impertinente.
- Menagramo a me, e sì, sembro demodé!
Parli proprio tu che ami la schiavitù
del lieto andazzo e solito schiamazzo,
i capisaldi dei giovani baldi
che lieta vizi con voti fittizi. -
- Non cominciamo con questo ricamo
di basse offese, caro il mio pugliese.
Son io padana, e non una pedana;
terrone tu sei, e privo di fair play! -
- Ecco l'emblema della donna scema!
Prima congiura, poi piange sciagura;
i sassi butta, ed entra in combutta
con il nemico tessendo l'intrico,
grande patrona di gente cafona. -
- Ma questo è troppo! Io ti rendo zoppo! -
strilla furiosa Palmira nervosa.
Un libro afferra, lo getta per terra,
gli sferra un calcio nel destro polpaccio.
Sorpreso è Ciacco dal subito attacco
e come un polpo si becca il colpo.
Grave è l'affronto, le si scaglia contro,
scalcia da mulo, le dà calci in culo.
La rissa infuria, per i prof una goduria,
fermi i bidelli, non usi ai duelli,
gli allievi sciatti ridon come matti.

Preside saggio, di prisco lignaggio,
Armando Plato accorre costernato.
Tra i due si pone, rimedia un pestone.
Carico d'ira, concute Palmira,
Ciacco spintona, che strilla "battona!".
- Calma, signori! Non fate i tori.
Non litigate, buon esempio date.
Andate in pace, spegnete la brace. -
- Preside Plato, questo screanzato
le cose inventa, su di me s'avventa.
Questo signore mi porta rancore,
mi lede ingiusto con volgare gusto. -
- Preside Plato, son vituperato!
Questa carogna mi mette alla gogna:
poco signora, di mali fattora,
trame ordisce, contro di me agisce. -
- Signori, piano! Non sono un titano. -
- Quest'è una cosa davvero obbrobriosa,
indegna tanto, dannosa pertanto
pei figli nostri in mano a 'sti cagliostri.
Che scuola è questa? Meglio la foresta! -
Così gli astanti, con i volti affranti.

Tutti i docenti sulle porte attenti
col collo teso pel fatto inatteso
incuriositi ascoltano stupiti
i due colleghi supremi strateghi
dell'inusuale agone culturale.
Fanno baccano gli alunni sovrano.
Oggi è riposo proprio voluttuoso.

Ben presto però finisce il qui pro quo.
Ciacco e Palmira depongono l'ira,
la pace fanno, la mano si danno.
Che bel gesto! Falso e indigesto;
certo, cortese, trenta volte al mese.
 

Certame tra il prof Micciché e Sapientina

Ieri l’altro una mamma,
donna molto avveduta,
a spiegare è venuta
al docente il programma.
Gli mostrava arrogante
quanto fosse ignorante.
Non credeva ai suoi orecchi,
lucenti come specchi,
il dotto professore,
del sapere il tutore.
È da anni sulla breccia,
della scuola la freccia;
si sente profanato,
lui, così preparato.
Ha sempre avuto onori,
l’ago dei professori,
e questa si intromette:
con gli occhi da tressette,
gonfia di vana boria,
fa la requisitoria!

Ma qui non è finita,
perché la nostra ardita
rincara ancor la dose,
gli postilla le chiose:
- Lei spiega molto male
e non è razionale -
Ora sbotta il docente:
- Lei non capisce niente! -

Strillano a più non posso:
la donna ha il viso rosso,
è l’uomo furibondo.
L’alterco si fa immondo.
- Lei è un gran maleducato! -
- Ed anche screanzato -
- Lo ripeto, è incapace -
- Ti gracida il batrace! -
- Questa liscia non passa -
- Suona ora la grancassa? -
- Son di famiglia onesta -
- Per questo fate festa -
- Ragiono con la testa -
- Grossa come una cesta -
- Lei non sa chi sono io! -
- La nipote di Dio -
- Dio mio, questo è un bastardo -
- Ma non un pappalardo -
- Gliela faccio pagare -
- La smetta di sfiatare -
- Sfiato quanto mi pare! -
- Ma come fa a parlare
questa racchia esaltata
che la lingua s’è oliata? -

Tremendi son gli strilli
più forti degli squilli
delle trombe guerriere
che lanciano le schiere.
Sono tutti allibiti,
si guardano stupiti;
non sanno cosa fare,
delicato è l’affare:
come puoi intervenire?
la rissa far finire?
C’è anche chi in cuor gioisce,
di nascosto inveisce
contro il prof troppo serio
che si dà al vituperio.
È la docente odiosa,
del collega invidiosa.
Ma i bravi genitori
sanno ben valutare
chi al posto non ama stare;
conoscono la tizia
che vuol fare notizia.

Accorre finalmente
il preside Clemente:
- Cosa c’è, cosa c’è,
professor Miccichè! -
Tutti ora ammutoliti,
su, gli orecchi hanno dritti.
- Cosa vuol che ci sia,
questa esce da una stia -
- Misuri le parole,
se pentirsi non vuole -
- Ben detto, professore!
Questo qui è un impostore -
- Ben detto un accidente,
questa qui è un’invadente!
E lei, preside egregio,
non può fare uno sfregio,
senza prima sapere
se le cose sono vere -
- Professore, contegno!
Non travalichi il segno! -
- Preside, glielo dica
che è peggio dell’ortica -
- Non insista signora,
non faccia la priora -
- La signora mi ha offeso,
ritenendomi leso
di mente e di dottrina,
signora da latrina! -
- Non ha ben valutato,
questo maleducato,
i compiti assegnati,
davvero esagerati -
- Come può dire questo?
È certo manifesto
che il nostro professore
lavora con onore -
- Questo lo dice lei!
Certa non ne sarei -
- Chiudiamo la questione,
spegniamo la passione -
- Io non chiudo un bel niente,
costui è un incompetente,
che non sa il suo mestiere:
che faccia il rigattiere
e non l’educatore
’sto emerito dottore!
Mio figlio è intelligente
e prende insufficiente -
- Sfido io! La madre è tale
che il figlio è proprio uguale -
- Smettetela, signori,
basta con i livori!
Ognuno stia al suo posto
come dal saggio è imposto.
Signora, lei m’esponga
con qual diritto ponga
la sua accusa pesante -
- Io sono un’insegnante!!
Quindi posso affermare:
costui non sa insegnare -

Hai capito com’è
la storia, Miccichè?
L’insegnante ha il diritto
di non stare mai zitto,
reputandosi un Dio
che non paga mai il fio,
disprezzando il collega,
se questi non lo prega!
 

Il precario Sbalestrato

Un verso qui ci vuole particolare
per narrare la pochezza cerebrale
e l'invidia egro frutto professionale
del docente che su tutti brama stare.

Dell'armata dei precari egli fa parte;
un lavoro d'esercitare incapace,
nella scuola si rifugia perspicace,
sol spedendo a destra e a manca delle carte.

Vocato sulla via di Damasco, crede
chiamato d'esser alla sacra missione;
dotato della miglior preparazione,
soldato del Sapere alla pugna incede

contro l'ignoranza del moderno allievo
e l'arretratezza del docente antico,
della società sfruttatore e mendico,
che dei quattrini solo pensa al prelievo.

Con l'aiuto del sindacato, cui mani
e piedi è legato, nella scuola staziona
in attesa per più anni della poltrona;
intanto dell'arte sua dispensa i pani.

-Fra tutti i professori il più bravo sono,
colto taumaturgo gli ignoranti sano
con l'imposizione della dotta mano;
della mia cultura agli altri faccio dono,

ma nessun docente m'è riconoscente,
specie quelli di ruolo privilegiati,
al superato sistema abbarbicati,
che spesso mi danno dell'indisponente,

perché, sia chiaro, proposte su proposte
avanzo con solerte e profondo slancio
col cuore proteso a procurarmi il rancio.
Le aspettative inutilmente riposte

per colpa di questa gente in fumo vanno;
e, benché forte sia, in depressione cado;
il giorno maledico in cui passai a guado
il fiume della scuola con tanto affanno.

Fidato mi sono dei falsi consigli,
delle lusinghe del posto assicurato,
da una fallace visione trascinato
allevare non so come i miei tre figli-

Così finisce in amara delusione
la storia di un uomo illuso dal miraggio
d'avere in sé la stoffa del personaggio,
che il lavoro riteneva una missione.
 

La fuga del prof Ortispiego

Il professore Ortispiego
se n'è scappato a San Diego
con l'alunna innamorata,
un tempo intemerata.
È successo all'improvviso.
Tutta colpa d'un sorriso,
d'uno sguardo ammaliante,
d'una posa provocante.
L'integerrimo docente
c'è cascato per un niente:
son bastate due coscette
e il respiro delle tette.

Ha lasciato moglie e figli
e i monotoni Consigli,
i colleghi pensierosi,
forse forse invidiosi.
Era tutto casa e scuola,
lavorava come spola;
era serio, preparato,
per il suo zelo ammirato.
Dagli alunni rispettato,
dalle mamme celebrato
per la sua presenza bella,
del sapere sentinella.

I maligni professori
che son finti educatori,
trascinati dal malvezzo
si dan al pettegolezzo:
- Lui voleva carne fresca,
se n'è andato con Francesca;
se si stanca di mangiare
con la moglie può tornare -
- Gli darei una botta in testa,
smetterebbe di far festa;
brava quella puttanella,
gli ha dato una spintarella! -
- Far l'amore con lolita
ti richiude la ferita
della vita conformista,
della scuola moralista -
È un fesso matricolato,
sarà cornuto e mazziato;
quando a casa tornerà,
soltanto fischi lui avrà! -
- È una buona medicina
palpeggiare una sgualdrina -
ammiccando dice Gizio,
praticante di quel vizio.
- Da lontano si vedeva
che del diavolo era allieva;
con il sesso l'ha incastrato
e del senno l'ha privato -
sospira triste e irata
la docente buggerata
dal prof che se l'è squagliata
con la putta ben dotata.

C'è la moglie che l'aspetta,
pare che non abbia fretta;
conosce bene il marito,
è soltanto rammollito.
- Lui ben presto tornerà
e allora le assaggerà;
il perdono implorerà,
ma da me giammai l'avrà!
Rovinato è il matrimonio
a causa di quel demonio
sotto forma di puttana
cui non piace la sottana.
Con due figli m'ha lasciato
quell'ingrato debosciato.
Finalmente non c'è più,
che se ne resti laggiù.
Con i libri sempre in mano
mi sembrava un sacrestano;
non s'accorge quel ruffiano
che quella vuole un marziano
e che lui non è portato
all'amor spregiudicato.

S'affannano tutti quanti
a consolarla con pianti,
ma non sanno che essa è lieta.
È finita la consueta
vita, monotona e trita;
vedere quel bellimbusto
stare in casa senza gusto,
di continuo a leggiucchiare,
quaderni a scartabellare,
esser pieno d'apprensioni
per le scialbe riunioni.
- Se n'è andato, meno male,
tanto noi viviamo uguale.
Giovane sono e attraente,
libera son finalmente!
E ben presto quella là,
che è gnocco constaterà,
e di lui si stuferà
e con altri volerà
a scaldare letti e letti,
a sciupare scendiletti! -

Tutti quanti sono tristi:
vengan pure gli imprevisti!
Tutti quanti sono lieti:
banditi siano i divieti!
 

Il difetto del prof Ernesto

"A me piace stare in pace,
e non fo le cose in fretta,
ma al bisogno son pugnace
ed al cuor do solo retta.

E poi sono anche capace
di pensare alle mie cose
in maniera assai tenace
senza lotte bellicose.

E non son certo rapace,
e non sogno il vil danaro,
e per questo son sagace
più paziente d'un somaro.

E per nulla son mendace:
dico cose veritiere,
ed a volte son mordace,
s'odo cose poco vere.

E son pure assai salace
quando vedo cose storte
e con mente non fallace
quelle svelo anco distorte."


Il profilo legge Ernesto
ai colleghi riuniti
lui fa il bis da noi richiesto
tutti quanti divertiti.

-V'ho descritto come sono!-
-Ma non hai un difetto?-
-Sembro proprio tanto buono,
con un piccolo difetto!

Non è lieto vel confesso,
forse già lo sapete,
altrimenti fa lo stesso,
vedo già che voi ridete.

C'è qualcosa che non quadra:
la mia donna m'ha lasciato
di soppiatto come ladra
derelitto e conturbato.

Tutta colpa d'un difetto
del mio amato pisellino
che non s'erge per dispetto
né la sera né al mattino.

Dal dottore sono stato,
una cura m'ha prescritto
che però non m'ha giovato.
Sembra proprio bell'e fritto

'sto dannato casanova
una volta sempre pronto
superando l'ardua prova
senza fare tanto il tonto.

Mi dispiace poi non tanto
che non faccia il suo dovere,
né rivolgo preci a un santo
per la grazia farmi avere.

Non è poi così gran male,
c'è un risvolto positivo,
ché l'amor non è sessuale,
bensì molto distensivo.

Troppo questo era esigente,
stava mai fermo un momento,
e facendo il prepotente
mi rendeva disattento.

Ora vivo più tranquillo,
concentrarmi posso bene.
Se lui è spento io sono arzillo,
e non soffro tante pene.-
 

Moderna, la prof  Avanti Tutti

Non so chi tu sia,
quanto alta, quanto grassa
tu sia. So soltanto
apprezzare la tua lingua
quando ferma essa sta.
Sei proprio una docente
che insegna con il cuore,
senza molta preparazione
col cervello in ibernazione.
Usa la tua larga lingua
con sensata moderazione,
non la sbattere qua e là
nella bocca: bla, bla, bla.
Il tuo cuore - tu dici -
trabocca d'amore
per la scuola, per i bimbi
ma non disdegna i corimbi.
Fa' la brava! Non portare
il santo verbo tra le genti
impertinenti. Non dare
buon esempio tutti
quanti promuovendo.
Metti un freno
alla tua passione,
non frenare la ragione.
Non avere molle il cuore,
quando incontri un truffatore.


 

Insegnanti in riunione

 

La pazza Il profeta L'impertinente La divetta La moderna La dotta
La signora La moscia Il missionario La tuttofare Il leguleio Il competente
L'indifferente La riciclata Robespierre L'assenteista Il pensatore L'impaziente
La salottiera Il tranquillo La gattamorta La professionista Il sindacalista L'efficiente
Il geloso La mascolina La supplente Casanova La pappamolla L'affamata
La chiacchierona La mamma La lunatica La lassista La rompiballe La ciarlatana
L'autoritario Il giovane prof La saputella La bruttarella Il migliore La banderuola
Il sapiente La puntigliosa Il pignolo La coppia La coppia modello La strana coppia
La nuova coppia L'altra coppia La coppia diversa La litigiosa Il menefreghista L'insoddisfatta
Il tutore La pettegola Lo scrittore La ritardataria L'eloquente L'arrivata
L'informato La sportiva Lo spaccatutto L'eterna adolescente Il riformatore La pensionata
L'ambiziosa Il pensionato La malata La ridanciana L'adulatore La sognatrice
La famosa Mandrillone La gitante Bracalone La turista Camomilla

 

La pazza Il profeta L'impertinente
C'è la pazza che strombazza,
crede d'esser sulla piazza;
brama elogi ed anche inchini;
questi ottiene dai lecchini.
Si vergogna mai per nulla
di tornare nella culla:
ride e piange, piange e ride,
il cordone non recide.
Spesso cade in depressione...
Evitiamo l'irrisione.
C'è il profeta anacoreta
che non vuole stare a dieta;
invidioso del compagno
lo perseguita grifagno.
I quattrini lui anche brama
ed insieme con madama
volentieri sparla in giro,
dipingendolo crumiro.
Nel deserto non vuol stare,
e qui viene a sculettare.
C'è il docente impertinente,
par non sappia proprio niente;
sta seduto, osserva e tace,
poi ti mette sulla brace.
La domanda quando pone,
preso è il Capo da magone;
se imprecisa è la risposta,
ne fa un'altra a faccia tosta.
I ciarlieri non sopporta,
metterebbeli alla porta.

La divetta La moderna La dotta
Questa svetta, è una divetta;
a nessuno dà mai retta.
Alza spesso la manina,
vuole mettersi in vetrina.
Fa progetti, piani traccia,
del successo va alla caccia.
La divora l'ambizione,
vuole fare un figurone.
è frenata da un problema:
ha la faccia un poco scema.
La docente c'è moderna
che la classe mal governa:
mentre insegna, il caos regna,
ma di questo non si sdegna.
Generosa e parrocchiale
s'è buttata nel sociale.
Sempre in mezzo lei vuol stare,
tutto quanto a rimestare.
Alla critica è portata,
ma non nota che è sgraziata.
Questa dotta si ritiene
ed il naso su mantiene;
guarda gli altri con saccenza,
la trascina l'impazienza.
Si dimostra intollerante
col sorriso un po' sprezzante.
Se zitella è diventata,
colpa nostra non è stata;
se va in giro tutta storta,
proprio niente ce ne importa.

La signora La moscia Il missionario
Fra di noi c'è una signora
che da tanto s'addolora
nel vedere sconsolata
com'è vile l'adunata.
Essa è fine e coscienziosa,
dall'invidia non è mai rosa;
dall'aspetto assai gentile
che ci fa in questo porcile?
Sembra a volte missionaria,
non per questo visionaria.
La docente che s'affloscia
ogni tanto alza la coscia.
-Dove siamo? Chi è che grida?-
Si risveglia alle alte strida.
Forse meglio essere in classe
a cantare le sue lasse.
Essa è stanca, stanca morta
gli occhi gira all'atra porta.
Solo aspetta lei il momento
che finisca tal tormento.
Non vedete il missionario?
Della scuola è il legionario.
Pien d'ardore lui combatte
per avere due ciabatte.
Il suo volto è tutto acceso
pel progetto a lui sospeso.
Manifesta nervosismo,
mentre loda l'altruismo.
Parla ancora di missione
quest'emerito coglione.

La tuttofare Il leguleio Il competente
La docente tuttofare
pensa solo a snocciolare
progettini ed ardui piani
con sorrisi assai ruffiani.
Esser vuole conosciuta,
dal successo posseduta.
Per fortuna non s'avvera;
giorno e notte si dispera.
Il reale molto spesso
l'inculò senza permesso.
C'è il docente leguleio
che di tutti si crede er mejo;
ha da dire e da ridire,
se non parla può morire.
Chiosatore di rispetto
prima o poi scova il difetto:
è il valletto dei puntigli,
allevati come figli.
Sfoglia attento le sue leggi
per punirti se scorreggi.
C'è il docente competente
che mai al caso lascia niente.
In silenzio lui lavora
e col vanto non colora
ciò che chiede il suo dovere,
svolto pure con mestiere.
Prende in giro con cinismo
il lecchino conformismo
di quei quattro chiacchieroni
che a gloriarsi sono buoni.

L'indifferente

La riciclata

Robespierre

C'è il docente indifferente,
sembra quasi non presente.
Lui sta zitto e si compiace
il lavoro se è efficace.
Dei progetti se ne frega,
per lui sono una ciufega.
Apparire non gli piace,
e per questo spesso tace.
Liscerebbe con la lima
chi vuol stare sempre in cima.
L'insegnante riciclata
al sostegno s'è votata.
Per avere due quattrini
dedicata s'è ai bambini,
d'attenzione bisognosi,
aumentati numerosi.
Più non è triste precaria,
far vorrebbe la vicaria.
Ce l' ha fatta finalmente!
Essa a scuola non fa niente.
C'è il feroce professore
che ti guarda con rancore;
una mano non gli hai dato,
quando troppo s'è slargato.
Robespierre, suo modello,
in confronto era un pivello:
ghigliottina sempre sogna
per questi esseri da fogna.
Fino in fondo intransigente
non s'accorge che è perdente.
.

L'assenteista Il pensatore L'impaziente
La docente spesso assente,
quando c'è, è divertente.
Il deciso lei contesta:
con s'è agito poca testa.
È una vera porcheria
che giustizia non ci sia:
c'è chi arraffa tutto quanto
per diritto sacrosanto.
Protestando acre l'insorta,
forte poi sbatte la porta.

C'è il docente pensatore
che ti medita ore su ore:
dalla sera alla mattina
analizza la dottrina;
da mattina fino a sera
amoreggia con Chimera.
Pensa pure mentre dorme,
ha il cervello proprio abnorme.
Per il troppo cogitare
ha finito di cuccare.

Impaziente è questa qui,
s'arrovella tutto il dì:
porta a te le novità
che racimola qua e là.
Anche se essa poco sa,
lei le critiche ti fa.
A sparlare in giro va
senza tanta lealtà.
Non si salva manco il re
con la nostra coccodè.

La salottiera Il tranquillo La gattamorta
La docente salottiera
alza e abbassa la cerniera;
le coscette tutte rosa
lei ti mostra generosa;
accavalla la gambetta
poi leziosa lei cinguetta.
Quel che dice è strabiliante,
del nuovismo carburante:
è sparita la vecchia scuola!
Se ti basta la parola...
Porrei questo tra i tranquilli,
per la testa non ha grilli;
pensa solo ad insegnare
e non ama chiacchierare.
Per alcune è superato:
i progetti ha criticato,
non è mosso da pazzia.
Se ne vada presto via!
Così possono festanti
far gli alunni ignoranti.
Toc toc! Chi bussa alla porta?
È la nostra gattamorta.
In ritardo sempre arriva
l'impegnata nostra diva;
anche in classe la mattina
fa lo stesso, birichina;
il disordine fomenta,
della scuola poi lamenta
la diffusa ormai anarchia.
E si mette in malattia...

La professionista Il sindacalista L'efficiente
Quella ve' professionista
anche lei s'è messa in lista
a spolpar la scuola opima
dove adatto trova il clima.
Insegnante la mattina,
l'architetto è una volpina:
la parcella ti prepara,
mentre in classe c'è cagnara.
Il frutto è professionale
del lavoro mattinale.
Ecco qui il sindacalista,
il docente narcisista.
Se non prende la parola,
viene a lui la cacaiola.
Della scuola faccendiere
il controllo vuole avere
delle entrate e delle uscite,
dei progetti e delle gite.
Prima lui fa il leccaculo,
poi ti conta i peli in culo.
Finalmente una docente
dimostrantesi efficiente.
Non presume di sapere,
ha sincere le maniere;
e lavora col collega
senza fare una congrega.
Volentieri ella s'impegna
e soltanto bene insegna:
è morale professione,
non sacrale alta missione.

Il geloso La supplente Casanova
È geloso 'sto docente,
caso strano della mente.
Poco sotto il Padreterno
si considera superno.
L'operato è suo perfetto,
guai se dici che ha un difetto.
Va soltanto a lui la lode,
altrimenti si corrode.
Cova dentro, ma non pare,
il guru è del camuffare.
Sconcertata è la supplente
dalle lagne ch'essa sente.
Nella classe è capitata,
pel gran caos nominata.
E così s'è resa conto,
dopo rapido confronto,
che meglio è cambiar lavoro,
se non altro per decoro.
Hai ragione, cara figlia!
Non per te è 'sta poltiglia.
C'è il docente giovincello:
Peter Pan è il suo modello.
Non vuol proprio invecchiare,
a sognar si lascia andare.
In palestra sgambetta ore
con il rischio d'un malore.
Casanova si ritiene,
ma un segreto egli mantiene:
per non far figura magra,
ha perfino preso il viagra.

La mascolina La pappamolla L'affamata
La docente mascolina
è una bella figurina.
Non indossa mai la gonna:
lei fa l'uomo, o fa la donna?
Voi direte: -Cosa cela?
Una vita parallela?-
-Facciam noi pettegolezzi?
Voi a sparlare siete avvezzi-
Stabilito non ha ancora
chi portare alla malora.
Frolla frulla Pappamolla,
più va avanti e più s'ammolla.
Si lamenta, insofferente,
della classe inconcludente.
Ma purtroppo è lei l'inetta,
che non sa stare a cassetta.
Si divertono i ragazzi
sbeffeggiandola con lazzi.
Cerca infine la vendetta,
ma non trova la bacchetta.
Affamata di moneta,
dei progetti apologeta,
la docente appiccicosa
ti perseguita ansiosa.
Segue questo, segue quello,
si riempie il suo corbello.
Per di più s'assenta spesso
con lunatico permesso,
mentre tu sei in riunione
a subire il tormentone.

La chiacchierona La mamma La lunatica
La docente chiacchierona
vuole fare la padrona.
A star zitta non riesce,
la sua ciarla cresce cresce:
parla, parla dei progetti,
degli alunni diavoletti,
delle cose che non vanno,
ansimando con affanno.
Dal suo raggio sta' lontano,
può innaffiare la tua mano.
Voi vedete questa stanca,
molti soldi non ha in banca.
Ha tre figli a cui badare,
ma le tocca qui restare
a sentire le stronzate,
e le nuove e le datate,
del Collegio Educatore
del buon tempo scialatore.
Se per caso poi ti sbotta,
ha la testa, dicon, rotta.
Ogni scuola ne serba una;
cambia faccia come luna.
Alle dieci è tutta nera,
assomiglia egra alla sera;
alla mezza ride piena,
butta lieta via la pena.
Delle volte è come il miele,
altre volte è come il fiele.
Con noi adesso è riunita:
cupallegra ed impazzita.

La lassista Il giovane professore La rompiballe
La regina del lassismo,
sconquassata dal teppismo,
quasi quasi non sveniva
nel vedere trasgressiva
la sua classe scatenata
da lei stessa intossicata.
Aspra ora agita la scure,
minacciando bocciature.
Ma si sa che tuona invano,
presto passa l'uragano.
Il bel giovin professore
non è il dotto controllore
delle cose che tu dici;
e non spara alle pernici:
delle donne è cacciatore.
Per le nubili è un Adone
che balzar fa il loro cuore,
se sorride lui sornione;
se non parla in ansia sono,
se lui parla è un grato dono.
La docente rompiballe
è l'esperta delle falle.
Non sta zitta e si lamenta,
un'angoscia la tormenta:
non funziona questo e quello,
questa scuola è, sì, un bordello!
A te qui ora lo ripete,
salmodiando come un prete,
fino a quando il prof Cortese
non la manda a quel paese.

La ciarlatana

L'autoritario

La saputella

Immodesta è la docente
che si vanta per un niente.
- Nelle mie ore di lezione
non c'è mala educazione! -
assicura menzognera,
mentre infuria la bufera.
- Tutti quanti sono bravi,
si comportano da savi! -
Si rivela ciarlatana:
tanto grossa è la panzana.

Il docente autoritario
si guadagna il suo salario:
strilla energico e terribile,
per le mamme è un insensibile.
Scandalizza la collega
che col santo coro prega
la Madonna e Gesù Cristo
che zittiscano 'sto tristo.
Ma dai Due lui è ben protetto,
ché al lassismo dà un taglietto.

La docente saputella
non ha a posto le budella.
È incalzata in riunione
da tremenda evacuazione:
implacabile tormento,
un bisogno turbolento,
la fa correre angosciata
a suonare la serenata.
Quando torna liberata,
la seduta è terminata.

La bruttarella Il migliore La banderuola
La docente bruttarella
crede d'esser una stella.
L'occhio gira indagatore
sul Collegio Educatore
per vedere se qualcuno
osa fare il tribuno.
È permesso a lei soltanto
intonare il primo canto.
Non s'accorge che è stonata,
mentre inizia la cantata.
Sempre questo l'è incazzato,
sempre il viso ha tormentato,
sempre fa gli occhi furenti:
è il migliore tra i docenti.
Issa ligio una bandiera
grande onor per la carriera:
dappertutto vuole stare,
ogni cosa controllare.
Or vacilla la sua mente,
sta ridendo stranamente...
Nella nostra cara scuola
anche abbiam la Banderuola.
Basta un soffio e lei si muove,
gira pure mentre piove.
E se poi non soffia il vento,
va cercando uno strumento
che la schiena le accarezzi
con i suoi graditi vezzi.
Spesso poi cambia parere:
mostra allora il gran sedere.

Il sapiente La puntigliosa Il pignolo
- Perché, dimmi, sempre parli?
e la mente nostra tarli?
Perché un po' non ti riposi,
della lingua l'uso dosi? -
- Scherzi, tu! Se io non espongo
il pensier mio, sono monco;
se non agito la lingua,
par la scienza che s'estingua -
Questo emerito docente
è senz'altro un gran sapiente!
La docente puntigliosa,
molto spesso assai rognosa,
dal sorriso anchilosato
e lo sguardo incavolato,
oggi è lieta ed indulgente:
ti sorride apertamente.
Cosa mai sarà accaduto?
Ha la visita ricevuto
del suo caro amico empatico
che guarita l'ha col viatico.
Ecco il prof detto Pignolo:
tutto sonda il suo piolo!
L'orologio mette in moto,
e si gonfia a lui lo scroto,
se tu superi il minuto.
Dalla smania è posseduto:
vuol lui subito parlare,
la questione sviscerare,
sezionando l'intervento
con il suo sottil strumento.

La coppia La coppia modello La strana coppia
Con il collo quel proteso
e col viso quella acceso
sempre pronti a intervenire,
a esternare le proprie ire,
questo a dire che non va
e che questo non si fa,
e presentano progetti
per avere due spaghetti.
- E perché han le stesse voglie? -
- Essi son marito e moglie! -
Che la coppia sia assortita
lo si vede da una vita.
E gioie e rabbie han diviso,
hanno pianto ed hanno riso.
Ma un bel giorno soffia il vento
e s'oscura il firmamento:
lei lo lascia per dispetto,
in un altro lui entra letto.
Piange ancora, poverella!
Vive lui con la sua bella.
Quelle due son sempre insieme,
il lor cuore sempre freme:
sbuffa quella, sbuffa l'altra,
parla quella, parla l'altra.
- Son per caso due gemelle? -
- No! Sono esse sentinelle
dell'amata nostra scuola
che la vita lor consola -
- E si scambiano i mariti? -
- Giammai! I maschi son proibiti! -

La nuova coppia L'altra coppia La coppia diversa
Questa qui è la nuova coppia,
se lui punta, lei raddoppia.
Mi sai dire chi ha il timone,
chi comanda sul barcone?
Lui - diciamo - in apparenza,
lei però tira la lenza.
Ambiziosa e silenziosa
lo manovra senza posa,
tanto lui è molto felice
la sua d'essere cornice.

Qui vediamo l'altra coppia:
all'occorrenza si sdoppia.
Uno, zitto, ascolta in pace,
l'altro parla e mai non tace.
Interviene ora lo Zitto?
L'altro sembra tutto afflitto;
e chi tace ghigna spesso,
quando l'altro cerca il lesso.
- Sempre insieme però sono! -
- Sì, uno è dell'altro il patrono! -

È la coppia qui irridente
il lezioso Dirigente
che ti parla col dir nulla
come a bimbi nella culla.
Se la spassano di cuore
a sentire per ore e ore
sempre mai le stesse cose
per la ratio assai ingiuriose.
Da anni sono accomunati
a ghignar sui falsi dati.

La litigiosa Il menefreghista L'insoddisfatta
La collega litigiosa
è da trista invidia rosa.
La regina è delle beghe,
essa attacca le colleghe;
se per caso son lodate,
esse a tutti l'hanno data.
Vuole stare in prima fila,
e l'acuta lingua affila;
ma le labbra lei si taglia,
mentre fuori ora la scaglia.
Parla adesso il "plus" collega
che di tutto se ne frega;
svolge lui questo mestiere
per empire il suo paniere.
È un emerito ingegnere
che persegue due carriere:
quella a scuola è di supporto,
quella a casa non va in porto.
- Ma che razza d'ingegnere! -
- Del far nulla è gran pioniere. -
- Di continuo chi si lagna? -
- Molto poco chi guadagna? -
È la nostra insoddisfatta
che al lavoro mal s'adatta.
- Questo misero stipendio
del docente è vilipendio!
Io mi sento maltrattata,
e sono anche laureata! -
- Ma a far nulla a scuola attendi,
è anche troppo quel che prendi! -

Il tutore La pettegola Lo scrittore
Non parla oggi il professore
degli alunni gran tutore.
Prende appunti a tutto spiano:
quest'è un fatto molto strano.
Lui di solito interviene
ed esterna le sue pene,
i diritti sbandierando,
i doveri svalutando
dei suoi tutti cari alunni
che ieri pure han fatto gli unni.
Con il viso di Gerione
segue lei la discussione.
Non si perde una parola:
la cronista è della scuola.
Nel contempo non sta zitta,
ma ti parla fitta fitta
all'orecchio dell'amica
fino ad ieri sua nemica.
Emettendo poi un sospiro,
il veleno spruzza in giro.
Là vediamo lo scrittore
di racconti non d'amore,
ma di morti imbalsamati
e di zombi resuscitati.
Tutto bianco, tutto magro
tocca sempre l'osso sacro,
quando ascolta l'intervento
del suo amico cuor contento,
che gli ispira nel profondo
un racconto nuovo immondo.

La ritardataria L'eloquente L'arrivata
Quando suona la campana,
la vip frottola è lontana;
quando c'è una riunione,
soffre lei d'indigestione.
In ritardo sempre arriva
la docente lavativa.
Poi si siede in prima fila
e interventi tanti infila
per mostrare com'è zelante,
lei, del tempo commerciante.
Questo esimio professore
è un forbito dicitore.
Dalla sua sapiente bocca
un fiume aulico trabocca:
cita spesso Cicerone
con il solito svarione;
non mancar può l'Alighieri
dei cui versi orna i pensieri.
Eloquente d'esser crede,
ch' è spocchioso, no, non vede.
Arrogante ben lei pensa
d'aver piena la dispensa;
tutti guarda con disprezzo
calcolando il loro prezzo;
cambia spesso la pelliccia,
dell'aver nostro s'impiccia;
si lamenta dei ragazzi
che plebei fanno schiamazzi.
- Vai via, non è il tuo lavoro!
Non a scuola serve l'oro -

L'informato

La sportiva Lo spaccatutto
Letti appena i due verbali,
frusciar senti due giornali.
È il prof super informato
dello scoop infatuato
che ti sforna le primizie
delle inutili notizie.
Sfoglia lui da vero artista,
nulla sfugge alla sua vista.
Ed in classe fa lo stesso,
colto amante del progresso.
Sempre in tuta questa gira,
a ogni vetro si rimira
il sedere grosso e basso,
duro - dice - come sasso.
Con fracasso or si siede
e la sedia quasi cede.
Non contenta del rumore,
la voce alza con furore:
- Con lo sport lo studio è sano! -
Che il suo culo rende vano.
Ecco qui lo spaccatutto
della scuola grande frutto.
Un imbuto è la sua bocca
e la lingua sempre schiocca.
Pensa e dice cento cose,
la sua boria è senza dose.
Far si deve questo e quello
urla il nostro saputello.
Ma dal fondo della sala
c'è chi grida: - Cala, cala! -

L'eterna adolescente

Il riformatore La pensionata
Ecco là la cinquantenne
dall'età per nulla indenne.
Spalma in viso creme e creme,
coi massaggi il lardo spreme.
S'è ristretta la gonnina,
e sculetta se cammina.
La camicia troppo corta
una t'apre vecchia porta,
e ti mostra l'ombelico.
- Ma che baffi ha l'impudico! -
Urla il suo costui daffare
tanto sa lui cosa fare.
Sempre primo a far proposte
di riforme, senza soste.
Gira, gira per la scuola,
barbablù Savonarola,
riprendendo questo e quello,
iracondo fraticello,
e da lui sei condannato,
se per caso l'hai snobbato.
Ha la super prof deciso
di scappare all'improvviso
dalle angosce della scuola
che le stringono la gola.
Spesso ha fatto la badessa,
fino a che l'hanno estromessa.
Non contenta ella va via
ammalata d'isteria.
- Tutti me rimpiangeranno! -
- Tutti se ne sbatteranno! -

L'ambiziosa

Il pensionato La  malata
Con la faccia tutta tesa,
anche quando non è in chiesa,
secca e magra, pelle ed ossa,
la contessa di Canossa
crede d'esser l'ambiziosa
maestrina desiderosa.
È da tempo che lei aspetta
di sedere sulla vetta
dell'Olimpo della scuola.
Ma non sa che il tempo vola!
Dagli alunni apprezzato,
dai colleghi rispettato,
ben gradito ai genitori,
invidiato dai censori,
il decano va in pensione.
Una vita ha lavorato,
ai ragazzi ha insegnato
coerenza e precisione.
Non superbo, sempre aperto,
buon esempio a tutti ha offerto.
Rode questa un male atroce,
e ti mette tutti in croce.
Oggi mal le fa la pancia,
ieri il dente le doleva;
ieri il cuore palpitava,
oggi il cul fetori sgancia;
ieri preda delle vampe,
oggi soffre mal di gambe.
- Che le ha detto il cartomante? -
- Fatti subito un amante! -

La ridanciana

L'adulatore La sognatrice
Ride quella, ride allegra,
ride pure mentre prega.
Si lamenta e insieme ride,
e, se piangono, lei ride.
Ride quando fa lezione
e durante la minzione.
Mentre ride parla pure
e racconta sol sciagure.
Quando gode, che succede?
Grida e ride, stelle vede.
Il tenace adulatore
loda il Capo per ore e ore:
finalmente uno capace
di tener alta la face
del Sapere ormai negletto
(quasi quasi gli offre il retto).
Ma non è ch'al Capo piaccia
rovinare la sua faccia,
per cui dice: - Moderate
tali incongrue sviolinate! -
Cosa fa la sognatrice?
Poesie scrive l'autrice,
mentre strepita il Collegio
sull'antico comma regio.
Vola in alto, su nel cielo
adornata d'ascreo velo.
Nella Torre si rifugia
ove il sacro fuoco brucia.
Ma con gli occhi chiusi pare
di dormire o di sognare?

La famosa

Mandrillone La gitante
La famosa in TV è stata
a mostrar quant'è gonfiata.
Rifiutati i suoi progetti,
i docenti sono inetti:
frasi sibila offensive
con risate convulsive,
piena d'ira spregiativa
sprizza spruzza la saliva.
Ora siede, verde, enfiata,
dal Collegio trascurata.
Il mandrillo Mandrillone
or s'aggiusta il capitone.
Fissa ingordo le docenti
dalle gambe seducenti.
Domandare a lui non devi
come vanno i suoi allievi;
non sa nulla dei progetti,
pensa ai seni rotondetti.
Con lo sguardo suo predace
mira spoglia sogna, e… tace.
Impaziente insofferente
sbuffa buffa prepotente.
Tutti zitti! Parla lei,
la gitante degli dei.
- Siete rozzi, non capite
l'importanza delle gite.
Se qualcuno rema contro,
io lo prendo come affronto! -
Trema tutta incollerita:
sa che mai farà la gita!

Bracalone

La turista Il Preside Camomilla
Sta seduto Bracalone
sulla sedia stravaccato,
stropicciato il mutandone,
sembra mezzo addormentato.
Ruota assorto il medio dito
nell'orecchio ben inserito,
con la mano si palpeggia
quella cosa che serpeggia.
Tu dirai: - Qui, che ci fa,
se grattarsi solo sa? -
Si riposa Maria Rosa
in quest'ora lunga afosa.
Lesta sventola il ventaglio,
mentre pensa al suo bagaglio.
Vuole subito partire,
scoccia assai stare a sentire
del Collegio le scemate
e le gite programmate.
- Tempo perso, mamma mia.
Ora me ne vado via! -
Ecco il nostro Camomilla,
grande re della postilla.
Sempre chiuso in Presidenza,
sempre adora la Prudenza.
Le sue leggi studia bene,
circolari tien nel gene.
In Collegio parla piano,
grigio, fioco capitano:
sembra mago Merelino
travestito da becchino.

 

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