RACCONTO DI UN EPISODIO |
Il rondone |
|
| Goal |
Johnnie Sayre Babbo, non potrai mai sapere quanta angoscia mi strinse il cuore, per la mia disubbidienza, quando sentii la ruota spietata della locomotiva mordermi nella carne viva della gamba. Mentre mi portavano dalla vedova Morris vidi ancora nella valle la scuola che marinavo per salire di nascosto sui treni. Pregai di vivere finché potessi chiederti perdono- e poi le tue lacrime, le tue rotte parole di conforto! Dal sollievo di quell’ora mi venne felicità infinita. Tu fosti saggio a far scolpire per me: << Strappato al male a venire >>. (Edgar Lee Masters, trad. di Fernanda Pivano) |
Favoletta alla mia bambina Non pianger bimba, non t’accrescer pene; da sé ritorna, se torna, il tuo bene. Un merlo avevo, coi suoi occhi d’oro cerchiati, col palato e il becco d’oro; cui di pinoli e di vermetti in serbo nascondevo un tesoro. Schivo con gli altri; con me, di ritorno dalla scuola, festoso; e tutte, io dico, intendere sapeva il caro amico le mie parole; onde il dolce e l’acerbo di due anni a lui dissi, a lui soltanto. E un giorno mi fuggì; fuor del poggiolo mi fuggì nella corte. Alto il mio pianto, alto suonava; alle finestre intorno corse la gente ad affacciarsi; invano lo perseguivo, il caro nome invano ripetevo; di tetto in tetto errando, più sempre in vista piccolo e lontano, irridere pareva al grande mio dolore, al disperato dolor mio. Quel che ho sofferto non puoi bimba tu saperlo; tutto era perduto; e quando io non piangevo, io non speravo più, l’alato amico ritornò egli solo alla sua casa, all’esca d’un pinolo. (Umberto Saba) |
L’ornitologo pietoso Raccolse un ornitologo pietoso un espulso dal nido. Come l’ebbe in mano vide ch’era un rosignolo. In salvo lo portò con il timore gli mancasse per via. Gli fece, a un fondo di fiasco, un nido; ritrovò quel gramo l’imbeccata e il calore. Fu allevarlo cura non lieve, ed il dispendio certo di molte uova di formiche. E ai giorni sereni, ai primi gorgheggi, l’esperto in un boschetto libertà gli dava. << Più – diceva al perduto, e lo guardava a terra e in ramo cercarsi – il tuo grazie udrò sommesso >>. E si sentì più solo. (Umberto Saba) |
Le prime tristezze Ero un fanciullo, andavo a scuola, e un giorno dico a me stesso: << Non ci voglio andare >> e non andai. Mi misi a passeggiare solo soletto fino a mezzogiorno. E così spesso. A scuola non andai che qualche volta da quel triste giorno. Io passeggiavo fino a mezzogiorno e l’ore… l’ore non passavan mai. Così il rimorso teneva il mio cuore in quella triste libertà perduto, e qual ansia, mio Dio, d’esser veduto dal signor Monti, dal signor dottore! Pensavo alla mia classe, al posto vuoto, al registro, all’appello (oh il nome, il nome mio nel silenzio) e mi sentivo come proteso su l’abisso dell’ignoto. E mi spingevo fin verso i giardini od ai viali fuori di città; e mi chiedevo: << Adesso, chi sarà interrogato, Poggi o Poggiolini? >> O fra me ripetevo qualche brano di storia (Berengario, Carlo Magno, Rosmunda) ed era la mia voce un lagno ritmico, un suono quasi non umano. E quante quante volte domandai l’ora ad un passante frettoloso ed era nella richiesta mia tanta preghiera! Ma l’ore… l’ore non passavan mai. Chi mi darà, chi mi darà quell’ore così perdute dell’infanzia mia? Non tu, non tu che tanta nostalgia e tanto affanno mi ridesti in cuore, non tu, non tu che la tua fronte chini per tacermi una lacrima o il pensiero ch’è sulla soglia del tuo ciglio nero e nemmen Poggi e nemmen Poggiolini. (Marino Moretti) |
|
La petite promenade du poète Me ne vado per le strade strette oscure e misteriose: vedo dietro le vetrate affacciarsi Gemme e Rose. Dalle scale misteriose c'è chi scende brancolando: dietro i vetri rilucenti stan le ciane commentando. La stradina è solitaria: non c'è un cane: qualche stella nella notte sopra i tetti: e la notte mi par bella. E cammino poveretto nella notte fantasiosa, pur mi sento nella bocca la saliva disgustosa. Via dal tanfo via dal tanfo e per le strade e cammina e via cammina, già le case son più rade. Trovo l'erba: mi ci stendo a conciarmi come un cane: da lontano un ubriaco canta amore alle persiane. (Dino Campana) |
Bert Kessler Colpii l'ala dell'uccello, benché volasse verso il sole al tramonto; appena echeggiò lo sparo, si levò sempre più alto tra sprazzi di luce dorata, finché si rovesciò a capofitto, le penne arruffate, qualche piuma sospesa nell'aria, e cadde come piombo sull'erba. Feci qualche passo, scostando i cespugli, finché vidi uno schizzo di sangue su un tronco e la quaglia riversa tra le radici fradice. Allungai la mano, non c'erano rovi, ma qualcosa la punse e la trafisse e la gelò. E poi, in un baleno, scorsi il serpente a sonagli - le grandi palpebre sugli occhi gialli, la testa arcuata, affondata nelle spire, un viluppo schifoso, color cenere, o di foglie di quercia sbiadite sotto strati di foglie. Restai impietrito mentre si ritraeva e srotolava e cominciava a strisciare sotto il tronco, poi mi afflosciai sull'erba. (Edgar Lee Masters, trad. Alberto Rossatti) |