Un viaggio
Sono stata molte volte a visitare l’Alto Adige, e sempre ho scoperto un
luogo nuovo, un angolo che non avevo scorto,un oasi a me sconosciuta.
I paesi di questa regione hanno per me un fascino particolare,un
atmosfera d’altri tempi.
Percorrendo le strada di quei paesi sparsi tra i monti, si ha la
sensazione che il tempo scorra in maniera diversa: più lentamente.
Un pomeriggio; durante la stagione estiva ,mi trovavo a S Candido,la
giornata era particolarmente bella,il cielo limpido e il tepore stimolava
il piacere di percorrere quei luoghi in bicicletta.
Mario ed io, pensammo che sarebbe stato bello inoltrarsi nel percorso
ciclabile che da S. Candido porta a Lienz,la zona è molto conosciuta
dagli amanti della montagna, perché non è un percorso faticoso ,inoltre
il paesaggio è molto suggestivo.
Scaricammo le bici dal camper e ci avviammo lungo il tragitto indicato
dalla segnaletica. La strada non era faticosa e a tratti anche in
discesa,questa passava trasversalmente la parte pianeggiante con prati di
fieno appena falciato ,sparsi lungo tutto il perimetro si trovavano i
cavalletti dove mettevano il fieno ad essiccare,una lieve brezza spargeva
sulla valle il odore del fieno appena tagliato.
L’Alto Adige è una regione molto produttiva, anche per la raccolta delle
patate e crauti, settembre è il mese della raccolta,si notavano tra i
campi i contadini che svolgevano questa funzione :soprattutto le donne.
Avevamo percorso qualche chilometro dal centro quando,in lontananza
scorgemmo una chiesetta in cima ad una collina,questa era molto
suggestiva con le sue forme tondeggianti: ci incuriosì.
Al primo bivio imboccammo la strada che ci potava a questa
borgata,notammo che c’erano diverse casa,tutte nuove o
restaurate,costruite in costa alla montagna,erano quasi tutte uguali:in
legno chiaro, con all’interno un piccolo giardino molto curato,a fianco
della casa si trovava la stalla anch’essa con le tendine alle finestre e
i vasi di fiori colorati. Da un po’ eravamo in salita e incominciava a
farsi faticosa,la chiesetta sembrava ancora lontana,così decidemmo di
fare un tratto di strada a piedi,non fu una cattiva idea.
Quel tratto poi passava attraverso un boschetto di pini ad alto fusto,uno
scoiattolo saltava da ramo in ramo,ci fermammo silenziosi ad osservare
quel piccolo animale tanto laborioso,continuava a muovere le sue zampette
alla presa con del cibo,la sua coda sembrava un piumino tanto era
vaporosa.
Purtroppo con il nostro passo tra le foglie lo spaventammo,salì sul
tronco di un pino e sparì tra i rami.
Arrivammo in cima al promontorio e la chiesetta ci apparve più grande di
come la immaginavamo,da lassù si poteva vedere la vallata sottostante,le
auto sembravano tante formiche operaie.
Ci sedemmo in una panca per riprendere fiato,il cielo era limpido e
osservandolo scorgemmo un aquila che volava alto,il suo volo circolare ci
fece pensare che cercasse la preda.
Seduti ,immersi in un silenzio quasi mistico,guardavamo attentamente una
grotta seminascosta da un edera secolare ,l’ingresso si notava appena,tra
le foglie spuntava il bagliore delle candele accese.
Entrai e mi trovai davanti ad un minuscolo altare con l’immagine della
madonna,una piccola statuetta di legno intagliato vestita di seta e
pizzi, tutta circondata da ex voto,ai suoi piedi vasi di fiori raccolti
nei prati ornavano l’altare,alla sua destra una scultura che
rappresentava l’aquila dell’impero austro ungarico ,alla sua sinistra un
quadro ricamato a punto croce che risaliva al la diciannovesimo secolo:
il ricordo di una grazia ricevuta,ai piedi dell’altare un paio di
stampelle di legno logorate dal tempo,ricoperte da uno strato spessori
polvere “nessuno aveva mai osato spostare”.
Tutto risalente all’impero austroungarico,un piccolo angolo di
memoria,ricordo di un pezzo di storia della nostra terra.
Le campane della chiesa iniziarono a suonare ,erano le cinque
pomeridiane,richiamavano i fedeli alla messa serale,come per incanto
dalle case iniziarono a spuntare le donne e i vecchi che con il loro
cappello piumato lentamente si incamminavano verso la chiesa.
Entrai anch’io volevo ascoltare la messa, questa era recitata in tedesco
e mi sentii a disagio, quasi un intrusa, così la ascoltai all’esterno
visto che era trasmessa attraverso altoparlanti e tutti nella borgata la
potevano ascoltare.Seduta in quella panchina pregai come non mai e
anch’io chiesi una grazia quella piccola madonnina sperduta tra le
montagne, molta gente aveva creduto in lei, e anch’io aprii il mio cuore
assieme a qualche lacrima davanti a quella grotta nascosta tra l’edera.
Il sole si avviava al tramonto e il cielo si stava ricoprendo di bianche
nubi,
riprendemmo le nostre bici e ci incamminammo per il ritorno,verso il
nostro camper felici per la giornata trascorsa.
Per molte persone che viaggiano in terre lontane questa e una esperienza
da poco, ma per me invece è stata una cosa bellissima che mi porto nel
cuore,non so se potrò ritornare a percorrere quella salita con la bici,ma
questo non è molto rilevante almeno per una volta ci sono stata e ho
arricchito il mio cuore con una nuova esperienza.
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tra pensieri e parole
Oggi al risveglio
Mi stiracchio sotto il sacco a pelo rosso fuoco, il calore che emana è un
tepore piacevole che induce a non alzarsi,a rimanere ad ascoltare i primi
rumori del giorno.
Un silenzio ovattato mi circonda,tutto è ancora immerso nel sonno di un
autunno, ormai inoltrato,all’improvviso si odono le campane della chiesa
che segnano l’ora,nove rintocchi scanditi nell’aria un po’umida del lago.
La mia mente percepisce che è giunta l’ora di alzarsi e preparare il
caffé,il suo profumo da calore a questa piccola casa ambulante che amo e
alla quale non rinuncerei.
Apro gli oscuranti, controllo il paesaggio,alcune cornacchie sono intente
a cercare cibo sul prato che circonda il lago.
Ora sono completamente sveglia,mi siedo al piccolo tavolo,silenziosa con
i miei amici, carta e penna,cerco di imprimere su loro le mie sensazioni
di una giornata d’autunno in riva al lago.
Cerco in questa atmosfera silenziosa, emozioni vecchie e nuove ,piccoli
particolari in un angolo di mondo non affollato,soprattutto in questa
stagione.
Qui l’autunno ha un fascino particolare,si può percepire il volgere della
natura verso il letargo,il passaggio degli uccelli migratori,il cadere
silenzioso delle foglie,come se gli alberi fossero stanchi del loro
peso,e si liberassero di esse per riposare.
Esco ad osservare il cielo,anche oggi è coperto di nubi grigie e
compatte,il lago è circondato da una fitta vegetazione dai colori caldi
che solo l’autunno sa donare.
Pini assemblati con faggi e betulle, alternati da siepi di bacche rosse e
gialle,fanno da corona alle alte cime rocciose spruzzate da neve fresca
caduta nella notte.
La temperatura è mite, munita di una giacca pesante mi incammino lungo la
sponda del lago,uno stormo di cardellini cinguettano quasi valessero fare
un concerto per me sola,mi siedo in una panca ad ascoltarli,sono
appollaiati sopra i rami più alti di una betulla ormai spoglia,i suoi
rami sembrano la mappa del sistema venoso del corpo umano.
Osservo il lago e mi perdo nei pensieri di nonna, sento un po’ di
nostalgia per quel piccolo batuffolo che mi aspetta a casa fra qualche
giorno,lei ha saputo regalarmi ancora un soffio di giovinezza,sa farmi
dimenticare tutti i mali,soprattutto quelli del cuore,a volte sogno di
averla con me in queste passeggiate,insegnarle ad amare la natura come la
amo io, farle sentire la serenità che riesco a percepire,ma è ancora
troppo piccina,per il momento mi devo accontentare delle sue tenere
carezze,mentre si addormenta,con una favola raccontata in sordina.
Vivere qualche giorno in questa angolo di mondo mi ricarica, per un
periodo mi aiuta a non pensare e a dedicarmi solo a me stessa, spesso
mettere ordine ai pensieri e riflettere su questa mia vita sempre carica
di avvenimenti non sempre piacevoli.
L’autunno ha segnato la mia vita in maniera molto profonda,tutti gli
avvenimenti più importanti sono accaduti in autunno sia quelli belli,come
la nascita di un figlio,sia i brutti come la morte di mio padre.
Per me però questa resta la stagione dell’amore,dei primi baci dati in
sordina con la complicità della nebbia,in qualche angolo di strada.
Il ricordo delle feste paesane,le bancarelle delle caldarroste davanti ai
cinema,la cioccolata con panna,presa al bar centrale,luogo di incontro
dei ragazzi del paese.
Oltre a tutto questo l’autunno è la festa della madonna della
salute:festa che si perde nei secoli.
a Venezia ci fu la peste, morirono una gran numero di abitanti,e i
veneziani fecero voto di costruire una chiesa per la madonna se questa li
avesse salvati dalla pandemia,questa passo, così i cittadini innalzarono
una chiesa meravigliosa che ancora adesso viene visitata il 21 novembre
in ricordo dell’accaduto,ora le pandemie si combattono con farmaci, a
favore di industrie farmaceutiche.
Forse, qualche preghiera in più non farebbe male, sicuramente non
provocherebbe nessun tipo di allergia,e farebbe bene allo spirito.
Ora però, seduta in riva al lago, mi godo la dolce atmosfera di questa
giornata,non sono sola a passeggiare, in lontananza un vecchio signore
con il cane avanza con passo lento, e la mente altrove
il suo sguardo va lontano,anche lui con i suoi pensieri.
Mi soffermo sul ponte ad osservare tre cigni che maestosi che scivolano
sull’acqua sono animali abituati a prendere cibo dai passanti,perciò
quando qualcuno si avvicina alla riva, loro si precipitano in cerca di
cibo,sono un maschio e due femmine,si nota la differenza per la grandezza
dell’animale e la protuberanza sopra il naso,hanno un piumaggio bianco
come la neve fresca,e si comportano come fossero coscienti della loro
bellezza,che ondeggiando nell’acqua lasciano una scia che si infrange
sulla riva
In lontananza si vedono gruppi di anatre selvatiche che procedono con la
prole,in questo luogo abbonda la fauna,e sono molte le specie di uccelli
che lo popolano, soprattutto d’estate,ora si possono scorgere qualche
cornacchia e i cardellini che affollano le chiome degli alberi spogli.
Passeggiando lungo la strada che separa il lago dal bosco si può scorgere
il sottobosco, fatto di alberi spezzati sotto il peso delle piogge,
ricoperti da uno strato di muschio e licheni di un verde molto intenso,
segno che il sole fatica raggiungere questo angolo di mondo, anche
d’estate, figuriamoci ora che il cielo è coperto da nubi così spesse che
le cime delle montagne si fatica a vedere.
Il lago di Barcis è un lago artificiale costruito per alimentare una
centrale elettrica,non per questo però ha meno fascino,con il passare del
tempo tutto attorno ad esso, si è modificato,
anche la vegetazione ha preso il sopravvento sulle piccole abitazioni
della montagna,ora il verde ha incorporato le mura rese un ammasso di
sassi insignificanti.
Passeggiando non mi sono resa conto che ho raggiunto la sponda opposta
del lago, percorro una strada asfaltata e alquanto stretta,qui transitano
solo gli abitanti del luogo,e chi vuole fare qualche escursione nelle
malghe,percorso rigorosamente da fare a piedi e bene attrezzati.
Oltrepasso la diga dove l’acqua va a formare una cascata,ora non
raggiunge il livello e qua l’acqua è sporca una schiuma bianca si
deposita sulla riva dove galleggiano rami spezzati e spazzatura, anche
qua si nota l’autunno,anche il lago è in letargo.
Mi avvio verso l’area sosta e ritorno al camper,contenta di aver
trascorso queste due ore immersa nel silenzio della natura,ora posso
ricominciare la vita di sempre,mi sono data la carica per affrontare il
mondo.
Casetta nel bosco
In un paesaggio, dove in parte ,le cime montuose in alta quota, sono
ricoperte da neve perenne,mentre più a valle boschi d’alto fusto vengono
interrotti da tratti di roccia grigia, che i rigagnoli e piccole cascate
la fanno luccicare al sole.Se si segue quei fiumiciattoli d’acqua
trasparente ,si scoprono prati ricoperti di bucaneve colorati,macchie
rosse di azalee selvatiche,in un cielo limpido si possono scorgere voli di
uccelli in cerca della preda.Percorrendo un sentiero, usato dagli abitanti
per trasportare i tronchi a valle,si arriva in una piccola zona
pianeggiante,dove”circondata da uno steccato”si può scorgere una casetta
tutta di legno inscurita dal tempo.Una casetta non molto grande circondata
in tre lati da una terrazza in parte ricoperta d’edera,e in parte da vasi
di fiori colorati.Questa si affaccia in un laghetto “poco più di una
pozzanghera” dove vanno ad abbeverarsi gli animali.E’ una tipica casa
tirolese dove il tempo sembra essersi fermato,sul tetto fatto di legno e
lamiera “per far scivolare la neve d’inverno” spunta un camino dal quale
esce un fili di fumo,sopra,un gallo di latta dai multicolori,segna da che
parte soffia il vento,tutto ciò crea un atmosfera da favola d’altri
tempi.Dopo aver percorso l’ultimo tratto di quel sentiero, quasi tutto in
salita, le mie gambe hanno bisogno di riposare.Mi siedo sopra un tronco
appena tagliato,ammiro quel paesaggio estasiata da tanta bellezza,penso
che,se non avessi deciso di fare questa passeggiata mi sarei persa questa
visione ,non sento più la fatica ma per la prima volta dopo un mese mi
sento serena.Mi avvicino a quella casetta solitaria,noto una donna che si
avvia nel sul retro:ha un secchio sotto braccio, la sento chiamare i polli
i quali la circondano per ricevere il cibo che molto amorevolmente la
donna le sporge;in lontananza si vede arrivare una capretta nera con un
gran pancione ,anche lei in cerca del cibo.Vista in lontananza sembrava
una donna anziana,ma avvicinandomi sempre più noto che non dovrebbe
superare i cinquant’anni,i suoi capelli sono biondi come l’oro, porta una
treccia che le fa da corona attorno alla nuca,la pelle è chiara che la
rende ancora più giovanile.Assorta da quella visione non mi accorgo che mi
sta chiamando,la sua voce scandisce un italiano corretto ma con accento
tedesco.
Mi avvicino a quella donna tanto gentile per capire cosa dice: sta
chiedendomi se mi sono smarrita:visto che in quel luogo non passa mai i
nessuno, inoltre c’e un temporale in arrivo. Quando sono partita
dall’albergo era una così bella giornata che non ho pensato che il tempo
potesse cambiare così in fretta,alzando la testa al cielo noto dei grossi
nuvolosi neri che avanzano spinti dal vento,mentre le cime dei pini
ondeggiano spaventando gli uccellini che avevano trovato riparo tra le
loro fronde.Mi presento, Francesca, lei contraccambia, mi dice il suo
nome,Iolanda,intanto il cielo si è ricoperto di nubi scure;quel
grigiore,non promette nulla di buono. Iolanda mi invita ad entrare in casa
sua:tanto se tornassi indietro non riuscirei sfuggire a quel temporale
,così almeno sono al riparo. Iolanda va a sistemare gli animali e chiama
il cane,un grosso san Bernardo che sta accovacciato davanti all’ ingresso.
Le montagne non si vedono più,tutto è avvolto dalle nubi cariche di
pioggia,sembra che anche la natura si sia messa a riparo dal
temporale.Incominciano a cadere delle grosse gocce d’acqua,dobbiamo
correre in fretta al riparo per non bagnarci.Entro in quella minuscola
casetta, scopro con mio grande stupore quante cose può contenere in così
poco spazio:è calda e accogliente,formata da un'unica stanza.Al centro una
stufa di maiolica che: con i suoi colori lucenti danno un tono caldo e
suggestivo,alla sinistra una scala che arriva ad un soppalco,dove:
sistemate con grande maestria,fanno bella vista due camere da letto con
bagno.La cucina semi nascosta dalla scala è in stile tirolese ,molto
funzionale,appesi alla parete si notano cestini ricolmi di erbe e fiori
che emanano un profumo intenso. Iolanda si scusa per la confusione, come
per giustificarsi mi parla della sua passione per la raccolta delle erbe
dalle quali ricava delle tisane per uso personale.Il cane accovacciato
vicino alla stufa si mette a dormire come noi non esistessimo,Iolanda lo
guarda e sospira mi parla di lui come di un a persona molto cara ,al
rumore della sua voce apre gli occhi ,sembra che percepisca il suo stato
d’animo in quel momento,le rivolge uno sguardo triste.Mi chiede come mai
sono finita fin lassù visto che non è un sentiero molto frequentato dai
villeggianti, Questa mattina quando sono uscita non avevo una meta,
il sole era limpido,non c’erano nubi nel cielo e mai mi sarei aspettata un
cambiamento così tempestivo del tempo,volevo entrare in contatto con la
natura,immergermi nel verde dei boschi.erano giorni che rimanevo chiusa in
albergo, un po’ per il tempo un po’ per il mio umore, mi sono nascosta in
quella stanza e non riuscivo ad uscire.
Iolanda comprende il mio disagio e per cambiare argomento mi chiede se
prendo un tè, io accetto ben felice della sua iniziativa,sulla mia voce è
calato un velo di tristezza e lei se ne è accorta,il tè è stata una bella
idea oltre a scaldare il mio corpo infreddolito mi ha tolto
dall’imbarazzo,non mi sento ancora pronta per raccontare la mia storia.
Iolanda inizia a raccontarmi della sua passione per la raccolta delle erbe
officinali,una passione ereditata da sua madre tramandata da
generazioni,mi mostra i suoi libri di raccolta dove cura disegna le sue
erbe, con descrizione meticolosa,mi viene spontaneo chiederle come mai
vive così appartata,in un luogo poco accessibile e isolato dal paese,sei
ancora giovane e non ti viene mai la voglia di stare in compagnia con le
amiche?
Questa è una scelta che ho fatto due anni fa,dopo la disgrazia che ha
messo fine alla mia voglia di vita.Ormai ho superato la fase in cui non
riuscivo a parlarne,adesso: anche se farlo mi provoca una sofferenza,ho
accettato la realtà,merito di questo luogo tanto isolato.Devi sapere che
ho perso il mio unico figlio due anni or sono,caduto in un crepaccio per
salvare un turista imprudente durante una escursione nella montagna di
rimpetto a noi:mi indica il luogo spostando la tenda della cucina,guarda
lontano e il suo sguardo si perde tra quelle rocce,scruta gli anfratti ,le
lacrime le scivolano lungo le gote pallide,non parla più.
Rimango in silenzio per rispettare il suo dolore, stiamo così una davanti
all’altra non so per quanto tempo,un tuono la riporta alla realtà,continua
con il suo racconto quasi io non esistessi.
lui aveva venticinque anni quando è caduto in quel crepaccio,il suo corpo
non è stato trovato,ancora adesso mio marito si ostina nelle ricerche,il
turista è stato trovato in fin di vita dopo due giorni;lui no, di lui si
sono perse tutte le tracce come se la montagna lo avesse inghiottito nelle
sue viscere,non mi resta che questo paesaggio,di lui nemmeno la tomba.
Per questo motivo ho chiuso la mia casa in paese, mi sono rifugiata in
baita,qua mi sento vicina a lui questo era il suo rifugio,qui lui veniva a
trascorrere le sue giornate con gli amici,veniva quando voleva stare solo
prima di qualche esame,questo luogo parla di lui.Iolanda si alza dalla
sedia e si avvia verso il mobile del salotto,il suo passo è cambiato
adesso, sembra invecchiata come se il mondo le fosse caduto sulle
spalle,prende una foto ,me la porge: questo è Tomas un mese prima della
disgrazia,la foto raffigura un bel ragazzo biondo con un paio di sci sopra
un podio,porta una medaglia al collo,vedi Francesca,quello che mi rimane
di lui un paio di sci e una medaglia.Non ho parole per alleviare il tuo
dolore,posso solo dirti che sei una donna forte,non è facile superare una
prova così grande.Non mi sono resa conto quanto tempo fosse trascorso,
tanto ero assorta ad ascoltare Iolanda,la pioggia ha cassato di battere
sui vetri e le nubi si sono diradate in cielo sta tingendosi dei colori
del tramonto.Fermati Francesca non scendere in paese,puoi dormire nella
camera degli ospiti,tanto qui non viene mai nessuno,mio marito è in malga
e per qualche giorno non scenderà di certo,mi farebbe tanto piacere stare
in tua compagnia,dai per piacere telefona in albergo che non rientri non
staranno certo in pensiero se dici dove ti trovi,mi conoscono giù in paese
sanno che sei al sicuro.Accetto volentieri,il tuo invito ma ti devi
lasciar aiutare altrimenti mi sentirei di peso Iolanda si allontana per
riempire la stufa di legna,il fuoco ha bisogno di essere alimentato,non fa
molto caldo e quel tepore ti fa sentire protetta.Sposto le tendine che
coprono i vetri delle finestre,il panorama cerco di imprimerlo nella mente
come tanti fotogrammi così da portarlo sempre con me, sento il cane che si
avvicina;quasi volesse farmi capire che anche a lui fa piacere la mia
presenza,lo accarezzo ,le passo la mano su quel pelo morbido,appoggia la
testa sulle mie ginocchia,scodinzola in segno di saluto.Oggi mi sento
fortunata ,ho la sensazione di aver trovato
,l’amica che avevo perduto ,diciamo che non avevo mai avuto:visto cosa era
stata capace di fare la mia più cara amica .Mentre Iolanda prepara la cena
,io apparecchio la tavola,la casa è invasa dal buon profumo della zuppa
con i canederli e lo strudel,ci sediamo davanti al piatto fumante e
consumiamo la nostra cena.
Ci siamo conosciute solo da qualche ora e siamo qua sedute come due
vecchie amiche,non ti sembra un po’ strano?Iolanda sfodera un sorriso ,no
sai io penso che contro il destino non si possa andare,erano giorni che
non vedevo anima viva, quando Giovanni va in malga rimane lassù anche una
settimana, fino a che mio cognato non va a darle il cambio. Lassù devono
badare a tutto anche al formaggio che viene fatto in malga e stagionato
nella grotta,se ti va domani saliamo con il fuoristrada così conosci
Giovanni ,lui è un uomo meraviglioso ,anche se dopo la disgrazia non si e
più voluto occupare di escursioni ,ma è il miglior scalatore della
zona.Sorseggiamo il caffè sedute sul divano nell’altro angolo della stanza
,la televisione sta trasmettendo il telegiornale,le solite cose la
politica in crisi l’opposizione che si lamenta ,i morti per le
strada,niente di tutto ciò mette allegria così si decide di
spegnerla.Adesso Francesca voglio sentire dalla tua voce cosa ne pensi di
questo luogo :tu vivresti quassù senza contatti con il paese?Devi sapere
che fino ad oggi non mi ero nemmeno patinate di qualche rivista ,ti piace
guardarlo la non ti immagini come immaginata un posto così,questo è un
luogo che vedi nelle pagine possa essere nella realtà.Il mio lavoro si
svolge in una città molto particolare,lavoro a Venezia, sono direttrice in
un negozio di alta moda in piazza S Marco, è un lavoro molto bello conosci
tanta gente anche importante,specialmente durante la mostra del cinema ,o
durante il carnevale siamo subissate di lavoro,tanto che esco alla mattina
per recarmi al lavoro e a volte rientro alla sera .
Sei sposata?Lo ero fino ad un mese fa poi ci siamo separati dopo cinque
anni di matrimonio,lui ha preferito andare a letto con la mia migliore
amica,per me è stato un colpo basso che non riesco a superare,per questo
motivo mi trovo qua adesso.
Ho dovuto prendermi un periodo di ferie non ce la facevo più a stare a
casa,io amo molto Roberto e mai avrei pensato che tutto fosse finito così
.Lui mi accusa di lavorare troppo ,e non dedicare a lui il tempo libero,ma
io non so mai quando sia il suo tempo libero visto che è all’ospedale
sempre e quando rincasa la sera è talmente stanco che a volte nemmeno
cena.Quando ci siamo sposati avevamo tanti progetti,volevamo dei
bambini,ma questi non sono venuti ,mi sono sottoposta a molte cure senza
esito,
poi abbiamo scoperto che Roberto è sterile,così con il passare del tempo
non ci siamo resi conto che ognuno stava seguendo strade diverse,tutti e
due occupati da troppo lavoro.Una sera sono rincasata prima del solito
,stavo male e avevo la febbre,nell’aprire la porta mi sono resa conto
subito che qualcosa non andava ,c’era il cappotto di Alice nel guardaroba,
non mi ricordavo di averla invitata,mi spogliai e andai in camera da letto
per coricarmi,sapevo che mio marito sarebbe rincasato dopo le nove,erano
solo le sei perciò potevo riposare un po’ prima di preparare la cena.La
porta della camera era chiusa ,io non facevo rumore “ero
scalza”nell’entrare vidi i loro corpi avvinghiati che stavano facendo
l’amore nel mio letto ,non dissi nulla caddi sgomenta nella sedia della
toilette,non ti dico il loro imbarazzo,li avevo colti nel fatto,non
c’erano parole per giustificarsi.Fu così che finì il mio matrimonio,ancora
adesso quando chiudo gli occhi per addormentarmi li rivedo sul letto .Ho
chiuso la casa e sono andata ad abitare in un piccolo appartamento preso
in affitto lungo il canal grande,però mi sento molto sola,non cucino più e
sono dimagrita sei chili in un mese,per questo motivo ho dovuto
interrompere il lavoro e prendermi questo periodo di ferie forzate.Iolanda,
seduta accanto a me ha ascoltato il mio sfogo in silenzio,quasi parlassi
da sola:sai mi rendo conto che con il mio lavoro non ero sempre presente a
casa ma avevamo preso delle decisioni in due e la vita che facevamo non
era certo portata al risparmio,lui andava a giocare a golf almeno una
volta alla settimana e poi ha voluto comperare il motoscafo d’alto mare e
mantenere tutto ciò con il suo stipendio di medico anestesista non era
possibile.Dopo
aver raccontato la mia storia,mi sento stanca ,e chiedo a Iolanda di
potermi coricare,mi accompagna nella camera degli ospiti ,un luogo molto
suggestivo con le pareti ricoperte in legno,il letto laccato con disegni
floreali ,in un angolo una poltrona e uno scaffale pieno di libri.Metto
una mano sopra il letto lo sento soffice e invitante, spero di riposare e
non avere gli incubi come mi succede spesso in questo ultimo
periodo.Mentre mi spoglio mi rendo conto che non ho nulla per la notte,
nemmeno lo spazzolino da denti,e il necessario per lavarmi,mi assale il
panico ,ecco ci risiamo mi ritorna la paura ,l’insicurezza che provo da
quando ho lasciato la mia casa,non ho nemmeno le mie medicine.Sono ferma
in piedi,in quella stanza sconosciuta un'altra stanza non mia ,sola con
ciò che resta di me.Ripenso ai miei problemi ,non meritavo questo da
Alice: io la consideravo la mia più cara amica,più di una sorella,avevo
bisogno del suo aiuto morale quando ,ero stressata per il troppo
lavoro,mai mi sarei immaginata che la storia con mio marito ormai si
prolungava da un anno.Per la prima volta mi rendo conto che ho pensato
solo a me stessa, che non mi sono mai soffermata a guardarmi alle spalle
ciò che lasciavo,non mi sono mai chiesta se anche Alice avesse qualche
cosa da dirmi ,io non ascoltavo mai le sue confidenze,tutto passava in
second’ordine,come se il mondo fosse solo mio che i problemi li avessi
solo io Mi sento ancora una volta colpevole,meglio infilarci nella doccia
e lavare i brutti pensieri, forse riesco ad addormentarmi anche senza le
medicine.Lascio che l’acqua mi scivoli lungo il corpo quasi avesse il
potere di portare via tutti i brutti pensieri,non so quanto tempo sia
passato, mi infilo in quel lettone invitante,stanca per la giornata
,stranamente mi addormento subito.Con gli occhi ancora chiusi ascolto i
rumori in lontananza,non sento lo strombettio delle auto, le frenate
brusche nei pressi dei passaggi pedonali della strada sotto casa,sono dei
campanacci al collo delle mucche,metto a fuoco la mia mente,ho veramente
dormito senza le mie medicine che da un anno ormai non smettevo di
prendere la sera?Sento Iolanda giù in cucina che rumoreggia con le
pentole,ho la sensazione di aver chiuso un capitolo della mia vita ,e con
oggi qualcosa di nuovo inizi.Scendendo le scale vado a scontrarmi con
quella montagna pelosa che e il cane,mi rendo conto che non conosco il suo
nome,Nero vieni ,Iolanda lo chiama e lui smette di farmi le feste e
accorre alla ciotola che lei le sporge.Spero che tu abbia dormito,il
temporale si è fatto sentire tutta la notte,per fortuna questa mattina
fieno e non sono poche sai!.ha smesso! Altrimenti su in malga Giovanni
avrebbe un bel da fare con le mucche, quando le tiene in stalla deve anche
portare dentro il
Sai Francesca ho pensato che se vai in albergo a prendere le tue cose
potresti passare il resto delle ferie con me “se ti fa piacere restare in
solitudine questa sarebbe una bella soluzione,che ne pensi?”
La proposta mi prende alla sprovvista ,non avevo pensato a questa
soluzione,ma sì Iolanda ha ragione accetto la sua proposta. Scendiamo in
paese ,trovo una scusa e saldo il conto in albergo.Convinco Iolanda a fare
un giro per i negozi del centro,volevo comperare qualche cosa da portare a
casa ai miei genitori,in un piccolo negozietto nascosto da una siepe di
pini c’è un bazar dove vendono tutti articoli per turisti;statuette in
legno,gnomi e folletti. Iolanda mi convince ad entrare ,è un negozio
gestito da una persona che lei conosce bene: sicuramente trovi qualcosa
che ti piace,non farti ingannare dalle vetrine,gli oggetti più belli sono
all’interno,non li espone altrimenti con la luce del sole potrebbero
rovinarsi Entriamo,scopro un negozio che mai mi sarei immaginata di
trovare,all’interno posti in bella vista ci sono articoli per la casa di
rinomata fattura pezzi di antiquariato ,statuette di squisita fattura,c’è
proprio l’imbarazzo della scelta.Compero per i miei genitori una statuetta
che rappresenta un vecchio pescatore seduto in uno sgabello con un
pesciolino attaccato alla lenza. per fare un presente a Iolanda in
riconoscenza alla sua gentilezza, ho trovato dei piatti che raffigurano
fiori selvatici.
Dopo qualche ora trascorsa a passeggiare per i negozi torniamo alla
macchina,sai erano mesi che non scendevo in paese mi rifiutavo di farlo,
nonostante le suppliche di Giovanni mi sono sempre rifiutata ciò che mi
serve me lo faccio portare su da un negoziante del paese.Mi fa piacere
sentire che la mia presenza ha servito a stanarti,ma non pensi che è
arrivato il momento di pensare un po’ anche a tuo marito,lui ha sofferto
come te e forse anche di più visto che oltre al dolore di aver perso un
figlio aveva la sofferenza di vedere te che ti rifiutavi di vivere?A tutto
ciò io non ho mai pensato ,lo so che sono stata egoista,spero con il tempo
poter rimediare al tempo perduto,sicuramente non avrò altri figli “visto
la mia età” ma
almeno potrò stare vicino a GiovannI rispettando anche il suo
dolore,cercando di mettere in piedi il nostro matrimonio .E’ passata ormai
una settimana da quel pomeriggio piovoso che ho conosciuto Iolanda e mi
accingo a partire,le ferie sono finite e lunedì devo riprendere il
lavoro.Sono cambiate molte cose in così poco tempo che non me ne rendo
ancora conto ,certamente sono stati i più bei giorni trascorsi in questo
anno tanto doloroso ,conoscere Iolanda mi ha fatto riflettere su molte
cose ,soprattutto sul dolore dell’anima.Ci siamo già accordate per un mio
ritorno,per un suo viaggio a Venezia dove spero possa restare qualche
giorno per visitare la città in compagnia di Giovanni. .
Venezia
Salire in quell’autobus che ti porta a Venezia è come compiere un viaggio
a ritroso nel tempo.
Percorri quel ponte che la unisce alla terraferma,tra la gincana di
macchine e autobus,poi; quando arrivi al capolinea, come per incanto entri
in un'altra dimensione.
Basta inoltrarsi in una calle per avere la sensazione di essere salita
nella macchina del tempo,averlo percorso a ritroso,essere in un'altra
epoca.
Percepisci l’odore del mare,il silenzio rotto dalle onde che vanno a
sbattere sulle rive,tutto questo ti dà un senso di pace.
La gente frettolosa passa nei campielli, circondati da abitazioni segnate
dal tempo,nessuno ti nota tutti hanno la loro meta,il pescivendolo con la
sua bancarella in sosta grida squarciagola, reclamizza la sua merce.
L’imbrunire fa scendere le ombre che si allungano tra i palazzi.
Alla sera i balconi si illuminano e mostrano grandi lampadari di cristallo
che riflettono luci multicolori.
Un gatto sbuca all’improvviso va per la sua strada,la città di notte è
tutta sua,
può rovistare tra i bidoni per trovare qualche lisca di pesce.
Percorrendo i molti ponti che trovi lungo le strette calli, ti puoi
soffermare per veder passare qualche gondola,ascoltare i gondolieri, che
con voce possente cantano serenate .
Di notte Venezia si dà totalmente a chi la sa possedere si lascia ammirare
tra luci ed ombre lungo le calli scure.
Seduta lungo la riva vedi passare grandi transatlantici che entrano ed
escono dal porto ,come nei secoli scorsi quando: regina dei mari,i
mercantili affollavano il porto.
I suoi palazzi antichi uno a fianco all’altro, quasi volessero reggersi a
vicenda si specchiano sul canal grande: via fluviale che divide in due la
città,mostrano le ricchezze e le glorie dei secoli trascorsi, quando le
sue flotte affrontavano i mari.
Arditi condottieri e abili mercanti hanno fatto di lei una delle più
ricche e temute repubbliche italiane.
Molte cose si sono perse col passare del tempo ma altre si sono
aggiunte,come la folla di turisti che invadono le sue strette calli.Per
vedere la sua anima antica bisogna addentrarsi nel suo cuore nascosto,dove
si respira ancora i profumi di un tempo passato,dove i panni stesi al sole
attraversano le calli appesi a fili scorrevoli nei piani alti dei palazzi.
Quei campielli protetti dalla massa dei turisti, puoi scorgere i tipici
negozietti Di robivecchi dentro ai quali si possono trovare molte
cose,dalla bambola ceramica con il visino scolorito dal tempo, ai
pacchettini di perle di Murano,ai cannocchiali che usavano le dame a
teatro.
Non manca mai un quei angoli nascosti un osteria dove oltre al buon vino
puoi assaggiare i tipici “cicchetti” così definiti;sono minuscole porzioni
di pesce servite con uno stecchino e vengono consumate a metà mattina, con
il bicchiere di vino dai veneziani,questa usanza risale dalla notte dei
tempi, solo a Venezia la puoi trovare con i sapori invariati nel tempo.
Venezia può darti molte emozioni basta scorgere la bellezza di Piazza S
Marco con la sua chiesa e il palazzo ducale,con i negozi della galleria
dove, fanno bella mostra gioielli da sogno,
Tutto si può trovare a Venezia purché si sappia cogliere ciò che
offre,sicuramente chi visita questa città porta con sé la nostalgia del
ritorno.
Ritornare a Venezia a volte può essere anche delusione perché questa è una
città che cambia.
Non cambiano certo i monumenti o le strette calli,dove per passare quando
piove bisogna chiudere l’ombrello,o le facciate dei monumenti corrosi
dalla salsedine,queste cose non cambiano nella loro struttura cambia però
il loro aspetto esteriore.
Il cambiamento di Venezia e basato sul degrado che avanza,dall’acqua che
nasconde sempre più le sue rive,inghiottite dalle maree,la cambiano i topi
che con le loro tane creano passaggi e cunicoli nelle fondamenta dei
palazzi.
Da decenni e più tutti i migliori architetti si gareggiano per restaurare
qualche angolo della vecchia signora del mare,ma come una bella donna il
trucco dura l’arco di un giorno,così Venezia i suoi restauri durano
poco,la salsedine inesorabilmente corrode le belle facciate,l’acqua sporca
dei canali imbratta i pontili,chi la ama però non vede tutto questo .
Amare Venezia è accettare anche il segno del tempo che passa,non importa
se l’effetto del restauro dura poco,l’importante e farlo,anche solo tenere
pulite le calli e i campielli,qualche panchina tinteggiata da poco può
essere un cambiamento positivo.un modo per non lasciarla morire.
Anche un nuovo ponte in una vecchia città,può essere una vampata di
ossigeno,a quelle calli intasate di turisti curiosi che estasiati dalla
sua bellezza non fanno altro che calpestare i soliti luoghi,lungo i soliti
percorsi segnati sui muri per non perdersi tra calli e campielli.
Memorie di una scarpa
Eravamo io e la mia sorella gemella, un paio di sandali molto eleganti noi
non ci dividevamo mai,non si poteva pensare che una potesse stare lontana
dall’altra,nel bene e nel male eravamo unite, e per questo eravamo state
realizzate,per essere sempre insieme fino alla morte.
Eravamo il più bel paio di scarpe che aveva costruito il cavalier
Antonio,un calzolaio molto bravo e stimato,le sue scarpe avevano girato il
mondo,nessuno si era mai lamentato del suo lavoro,mai un paio di scarpe
erano state contestate,perché erano troppo strette, o troppo larghe,i
tacchi erano sempre di misura giusta, per il servizio che dovevano
svolgere.
Noi eravamo la sua ultima creazione;aveva deciso di ritirarsi,aveva ormai
superato i settant’anni e non aveva eredi,era un uomo semplice e le
ricchezze accumulate costruendo scarpe su misura erano tali che poteva
vivere di rendita fino alla morte .
Svuotando il laboratorio aveva trovato della pelle dimenticata nel fondo
di un cassetto,così pensò che sarebbe stato bello costruire un paio di
sandali da far indossare a qualche bella signora in serate di gala.
Fu così che creò noi: una suola di cuoio leggero ma molto resistente e
delle striscioline di pelle colorata rossa e nera,legate da una fibbia di
diamanti al centro,eravamo proprio belle e calzavamo giusto un piedino del
n 37.
Il cavalir Antonio non voleva separarsi da noi ,eravamo le sue
creature,”così ci chiamava “ci portava sempre con lui all'interno ad una
valigetta.Spesso ci faceva sfilare ai piedi di qualche modella,ma poi ci
riportava sempre a casa,dove ci poneva nello scaffale dei ricordi.
Con il passare del tempo,Antonio si sentiva triste e stanco,non aveva
parenti a cui lasciare la sua collezione di scarpe pregiate, temeva per la
nostra sorte,così una mattina ci consegnò ad un negoziante della città.
La vetrina del negozio era tappezzata di scarpe di ogni forma e genere,
tutte rigorosamente firmate da famosi calzolai, le persone che andavano a
servirsi in quel negozio erano molto esigenti,cercavano scarpe
particolarmente belle.
Fu così che ci trovammo in bella vista su quella vetrina tutta
illuminata,noi però non davamo confidenza a tutte quelle scarpe che ci
circondavano,la nostra tomaia portava la sigla del cavalier Antonio”e non
era da poco”.
Passò del tempo e ogni settimana il nostro creatore veniva a controllare
se fossimo ancora dove ci aveva lasciate,ci salutava con un sorriso e se
ne andava contento,in cuor suo non desiderava che fossimo vendute,a lui
piaceva che la gente ammirasse la sua ultima creazione.
L’estate era alle porte e il sole che illuminava la vetrina era troppo
forte per i nostri colori delicati ,così la commessa ci sposto nella
vetrina interna ,dove si trovavano vecchie scarpe considerate pezzi da
museo ,non erano state vendute perché troppo belle e troppo pregiate per
essere indossate.
Si eravamo appena sistemate sulla nuova vetrina, quando entro un signore
un po’ attempato con una bella ragazza, bionda con due occhi azzurri come
il mare.
Si aggirò un po’ per i scaffali ma quando si accorse di noi ,non ci fu
dubbio si innamorò ,il signore che era al suo fianco non aveva l’aria di
un poveraccio ma bensì di un emiro,vestito con una lunga tunica bianca e
accompagnato dal suo segretario che svolgeva per lui tutte le trattative
per la compera.
Il piede di quella deliziosa fanciulla andava a pennello per la nostra
forma,non era ne piccolo ne grande,sembravamo fatte proprio per essere
indossate da lei.
Che emozione provammo quando ci misero in una scatola e poi dentro ad una
busta.Ormai la nostra avventura era iniziata,ci preparavamo per girare il
mondo.
La mia gemella sinistra”io sono la destra”,è sempre più insicura e paurosa
teme tutto ciò che è nuovo la fa sentire in pericolo,per fortuna ci sono
io che la precedo sempre a darle sicurezza .
Il nostro sogno era di essere indossate da una ballerina che ci avesse
portato a visitare ville e castelli.
Nel buio della scatola non vedevamo dove ci stavano conducendo,la nostra
ecittazione tuttavia era grande, non vedevamo l’ora di essere indossate.
Fummo tolte dalla scatola e appoggiate a fianco di una toilette,sopra il
letto c’era in bella vista un abito di seta rosso con del pizzo nero.
La ragazza, che scoprimmo poi che si chiamava Anna, ed era la moglie
dell’emiro,
si vestì con molta cura e raffinatezza,per ultimo ci indossò,prese la
piccola borsetta da sera, ricoperta di pietre preziose, e salì le scale
che portavano al piano superiore.Le scale erano ricoperte da una moquette
soffice che ci solleticava ,tutto era splendente i lampadari che pendevano
dai soffitti emanavano luci multicolori, c’erano molte persone e tutte in
rigorosi abiti da sera ,le donne indossavano lunghi abiti e bellissimi
gioielli,gli uomini smoking neri ,ai piedi scarpe tanto lucide che
catturavano i riflessi di luce delle lampade.
Le musiche suonate da un orchestra situata in un angolo del
salone,invitavano a ballare e Anna ballo divinamente con noi ai suoi
piedi.
A notte inoltrata lei uscì dal salone,le musiche continuavano a suonare un
valzer lento,e il rumore del vento sembrava unirsi alla melodia.
Sentimmo subito che sotto di noi non si trovava più un soffice pavimento
ma del freddo metallo bagnato, fu allora che scoprimmo di essere a bordo
di un transatlantico,e lei si trovava sulla terrazza della nave,il vento
scompigliava i capelli e sollevava le onde tanto che alcune gocce d’acqua
ci raggiunsero bagnandoci la pelle
Per fortuna Anna non indossava che un leggero vestito con le spalle
scoperte così rientrò quasi subito e noi fummo salve.
All’orizzonte i primi raggi di sole facevano capolino e Anna era molto
stanca decise così che era ora di coricarsi.
Come prima serata a noi girava la testa e qualche piede, non troppo
piccolo e leggero, si era posato sopra di noi.
Eravamo proprio molto stanche, una volta deposte in un angolo della stanza
ci appisolammo,non ci accorgemmo nemmeno che al nostro fianco c’erano un
paio di scarpe di vernice, tanto lucide che rispecchiavano il riflesso
della luna.
Erano scarpe da uomo, di buona fattura, avevano anche loro la suola
firmata ma con un altro nome non meno prestigioso del nostro, era
Valentino.
Noi ne avevamo sentito parlare ma non avevamo mai incontrato delle scarpe
così lucide e nere come la pece.
Il sole era ormai alto quando un signore con una livrea ci raccolse e
assieme alle scarpe nere ci porto a fare la pulizia della pelle.
Con nostra grande indignazione ci accorgemmo che quel cameriere da
strapazzo non usava prodotti adatti alla nostra pelle delicata,se ci
avesse pulito a lungo con quei prodotti scadenti la nostra pelle si
sarebbe subito rovinata.
Dovevamo trovare il modo da non farsi più scoprire quando lui faceva il
giro per raccogliere le scarpe da pulire.
Sinistra era molto agitata, lei era una romantica , al pensiero di
incontrare quel paio di scarpe da uomo firmate Valentino la eccitava
molto,pensava alla serata che avremmo trascorso una volta indossate da
Anna,quale abbigliamento avrebbe scelto per la serata forse il vestito di
seta bianco che stava in bella vista sopra il letto o quello nero appeso
nel appendiabiti?
Il sole tramontava all’orizzonte, dall’oblò della cabina entravano gli
ultimi raggi di sole, la porta della cabina si spalancò ed entrò Anna
tutta accaldata,era stata al sole sul ponte della nave,la sua pelle aveva
preso un bel colore dorato,i suoi occhi rispecchiavano la felicità.
Dopo una lunga doccia iniziò a vestirsi ,il nostro cuore palpitava un po’
più forte del solito se la nostra padrona ci indossava avremmo camminato
fianco a fianco con i mocassini neri lucidi che si trovavano nell’altra
stanza
Saremmo andate a ballare e a passeggiare sul ponte di notte,chi sa se
anche loro pensavano la stessa cosa,forse non le siamo piaciute ,troppo
scollate ed esili per ballare al loro fianco?No questo pensiero svanì
subito ,eravamo state create per essere scarpe da ballo e non avremmo
certo fatto brutta figura.
Noi tutte eccitate dal pavimento guardavamo Anna che si preparava con
molta cura truccava il suo bel viso mettendo in evidenza l’azzurro
degl’occhi,indosso il vestito nero e ci calzo con grazia quasi volesse
accarezzarci.
Per tutta la serata ci sfiorammo con quei mocassini neri durante
interminabili tanghi,ballati con passione e maestria.
Stavamo trascorrendo delle serate meravigliose a bordo di quella nave da
crociera, peccato però che questa sarebbe stata l’ultima, non avevamo
fatto ancora amicizia con i mocassini neri,nonostante ci avessero avuto
vicino per tanti balli,non si erano accorti di noi.
Chi li indossava era un farfallone, andava a ballare anche con altre
donne, e anche i mocassini facevano nuove conoscenze.
Il mattino seguente una gentile signora ci mise sulle nostre scatole da
viaggio, ci depose sul fondo di un grande baule assieme ad altre scatole e
cappelliere, non c’erano però i mocassini neri,loro saranno in un altro
baule chi lo sa quando avremo ancora l’occasione di incontrarli,nel
frattempo sinistra si prese una bella cotta per il mocassino destro , si
era avvinghiata in un tango aveva sentito il profumo della sua pelle, e
adesso sinistra non si dava pace ,era innamorata pazza.
Ci sentimmo caricare in carrelli e poi in montacarichi e ancora in
camion,passarono alcuni giorni prima che potessimo vedere la luce,e non
conoscevamo certo il luogo dove ci trovavamo.
Passarono alcuni giorni prima che ci dessero il posto nello scaffale
adatto a noi,eravamo molto tristi le nostre compagne di fila erano
presuntuose e molto altezzose si vantavano di essere in quell’armadio da
molti anni e di aver servito la loro padrona in modo eccellente ,noi non
saremmo servite a nulla in quel luogo non eravamo scarpe adatte da portare
nel deserto.Non poteva certo indossarci quando andava a cavallo ,o a
passeggiare ,non erano tragitti adatti a noi ,poi con la puzza che si
sentiva lungo quelle strade,sai che tragedia ,la nostra pelle annusava di
profumi pregiati e non di puzza di cammello.
Fu così che cademmo in una profonda depressione, cercavamo di non farsi
trovare quando la padrona veniva scegliere le scarpe da indossare per la
sera.
Noi non conoscevamo i luoghi che essa frequentava abitualmente ,avevamo
paura di essere sgualcite,se le strade non fossero state asfaltate la
nostra suola delicata si sarebbe rovinata ,non sarebbe stata più adatta ad
una sala da ballo.
La nostra paura era però un'altra temevamo di non incontrare più quei
mocassini neri e lucidi con i quali avevamo ballato sulla nave.
La si che era bello ballare, il pavimento tirato a lucido non creava
graffi alle nostre suole e inoltre c’era una bella presa sul pavimento
,non lo rendeva scivoloso.
Non so quanto tempo abbiamo passato chiuse dentro in quel armadio,un po’
scomodo,eravamo strette e con poca aria,spesso le nostre compagne
arrivavano da lunghe passeggiate e puzzavano,per loro era tutto normale,ma
per noi piccole scarpine da ballo tutto ciò sembrava molto sconveniente.
Non si aveva più la nozione del giorno e della notte,un pomeriggio però
venne a prenderci la nostra padroncina in persona ,di fretta e furia ci
infilò dentro al suo piedino ,fece qualche passo e decise di portarci con
lei ,eravamo tutte eccitate ritornavamo a viaggiare ,a vedere cose nuove .
All’improvviso ci venne il dubbio non sapevamo se quella città era situata
in montagna o al mare se si doveva uscire o se rimaneva nel
palazzo,sicuramente con un paio di scarpe come noi ai piedi, se la strada
fosse stata dissestata non sarebbe andata molto lontano.
La nostra padroncina non era coperta da un vestito elegante ,non sentivamo
il fruscio della gonna così deducemmo che quello appoggiato su di noi non
potevano essere che un paio di pantaloni,ci prendemmo la briga di guardare
se il colore de tessuto poteva intonare con il nostro colore,scoprimmo che
non era così.
Non ci indossava per un ballo ma per andare altrove.
Anna era sola e camminava con un passo veloce ,quasi volesse fuggire,
noi cercavamo di fare del nostro meglio ma ogni tanto lei inciampava e i
tacchi si infilavano nei fori dell’asfalto cocente .
Per fortuna dopo un po’ si sedette ,erano passate alcune ore e con il suo
peso da trasportare eravamo proprio stanche, non conoscevamo la meta,non
sapevamo cosa ci aspettava in futuro.
Stavamo riposando ad occhi chiusi quando all’improvviso sentimmo dei
rumori che provenivano dal terreno sembrava che tutto tremasse,molte
scarpe alte allacciate alla gamba avanzavano a passo di marcia ,al nostro
fianco si fermo un paio di scarponi tutti impolverati e il suo padrone si
sedette accanto alla nostra padroncina .
Si misero a chiacchierare ad alta voce ,non litigavano ma non erano
nemmeno parole d’amore,noi non conoscevamo molto il linguaggio della
parola,a noi era stata insegnata la scala musicale e le note le
conoscevamo molto bene,altrimenti come si poteva guidare la ballerina
sulla pista ,non eravamo scarpe da passeggio noi.
Sinistra inizio a fantasticare e a lamentarsi :mi disse ,vedrai che il
nostro compito non è quello di far ballare la ragazza ma quello di farla
camminare bene e a lungo,questo incontro non mi convince sarà che andremo
ancora a ballare!
Dopo un po’ si alzarono ,pagarono il conto e si avviarono lungo una
stradina di sassi costeggiata da tigli che emanavano un gradevole profumo.
Lui la sorreggeva per i fianchi quasi temesse che potesse cadere,
nell’aria si sentivano dei strani rumori e nel cielo c’erano dei bagliori
di luce poco rassicuranti.Sinistra continuava a parlare dei mocassini neri
e lucidi mentre io guardavo quei pesanti anfibi che stavano al nostro
fianco.
La suola era ridotta male, e anche la pelle era impolverata,povere noi se
quando torniamo non ci lavano per bene e ci spalmano con la crema non
dureremo tanto a lungo.
Il cielo si era ingrigito non prometteva nulla di buono,ci apparve
all’improvviso una piccola costruzione di legno nascosta tra il verde
degli alberi, entrata in quella stanza dal pavimento di legno come le
pareti,e seduta su un divano di finta pelle la nostra padroncina si liberò
di noi con sollievo,ci depose a fianco di una stufa accesa.
Volevamo avvisarla che il calore ci avrebbe rovinato la pelle, ma non
sapevamo come fare,d’altra parte anche quel grosso paio di anfibi che ci
hanno seguito è toccata la stessa fine,loro però erano più resistenti e
non temevano i cambi di temperatura.
Sinistra stava proprio male, durante il percorso aveva incontrato un cane
che incurante della sua presenza aveva fatto la pipì,adesso lei si sentiva
addosso quella puzza e le sue lacrime non bastavano per lavarla.
Ormai il buio era sceso sulla stanza, e la nostra padrona non dava cenno
di voler tornare a infilarci ai suoi piedi per rincasare,ormai rassegnate
accovacciate ai piedi della stufa ci abbracciavamo a vicenda,avevamo paura
di essere separate,inoltre avevamo scorto un grosso gatto che gironzolava
per la casa,se lui ci avesse scorto sicuramente sarebbe stata la fine.
Con grande stupore sentimmo un lamento che proveniva dagli anfibi che si
trovavano al nostro fianco,incuriosite gli rivolgemmo alcune note, così
noi sapevamo comunicare,non ci fu risposta,loro non conoscevano il nostro
suono sentimmo però all’improvviso dei passi di marcia che nel pavimento
di legno
ci fecero sobbalzare, avevamo capito, quello era il loro linguaggio con
cui comunicavano gli anfibi al nostro fianco,loro sapevano solo marciare.
Attraverso il loro linguaggio cercavano di dirci cosa era successo e
perché ci trovavamo in quel luogo tra i boschi.
Anna la nostra padrona si era innamorata del generale Ortis comandante
delle forze armate americane ed era fuggita con lui.Per non dare
nell’occhio aveva indossato noi ,scarpine leggere da passeggio così poteva
uscire dal palazzo senza destare sospetti, tanto non poteva allontanarsi
aveva noi ai piedi,scarpine leggere da mettere per passeggiare in centro e
niente più.
Rimanemmo in quella casa per alcuni giorni ,non c’era anima viva ,solo il
gatto che ogni tanto ci veniva ad annusare e poi si allontanava
indifferente.Anche i pantaloni erano sopra il letto con la camicetta,e gli
anfibi rimasero sempre al nostro fianco come volessero proteggerci .
Era una bella giornata di sole la mattina che ci sentimmo sollevare per le
striscioline di pelle, di cui eravamo formate,non ci indosso i suoi piedi
rimasero nudi e noi finimmo in una borsa da viaggio ,questa volta anche
senza scatola,e con noi anche gli anfibi subirono la stessa sorte.
Mi piacevano quelle scarpe alte e forti mi davano un senso di protezione
con loro mi sentivamo al sicuro.
Ripartimmo ancora ,questa volta sentivamo il rumore del mare e i remi che
battevano nell’acqua a intervalli regolari,era una piccola barca a
remi,sicuramente era un mezzo per scappare ,si poteva percorrere la costa
senza essere notati,in caso di avvistamento c’erano sempre le grotte lungo
la scogliera.
L’amicizia con gli anfibi diventava ogni giorno sempre più forte ,e anche
quella di Anna e Ortis si consolidava ogni giorno che passava .Loro
trascorrevano la maggior parte della giornata a nuoto e a pesca,eravamo
ancorati in una piccola baie dove nessuno poteva scorgerci. Noi appoggiate
sul fondo della barca avevamo trovato il nostro angolino,al nostro fianco
c’erano sempre gli anfibi,nemmeno loro sapevano dove stavamo andando.
Il sole era ancora alto quando ci vennero a prelevare,ci trasportavano a
mano tenute nella spalla,sentivamo il profumo di Anna misto alla salsedine
del mare,lo stridere dei gabbiani era l’unico suono che si udiva oltre le
onde che sbattevano sui scogli.
Eravamo ormai certe che la nostra padroncina era fuggita dal castello per
amore,
quello che non conoscevamo era la meta,eravamo ormai stanche e impolverate
eravamo state infilate ai piedi ma la strada non era asfaltata e non
mancavano certo le pozzanghere ,e nemmeno qualche escremento di cane che
Anna schivava sempre con abilità.
Si giunse alle porte di una città nel deserto ,aveva i palazzi costruiti
con terra rossa e le donne erano tutte coperte con lunghi vestiti.
Anna doveva camminare svelta e con noi ai piedi non era certo
facile,sinistra si lamentava che si era rotta la suola e non ce la faceva
più.
Così la nostra padroncina ci scambio con un paio di scarpe da tennis,il
nostro valore era molto superiore ma a lei non importava doveva camminare
svelta e con un paio di scarpe comode,avrebbe certamente camminato meglio
e più velocemente,non si curò nemmeno per un attimo di noi e della fine
che avremmo fatto,le serate trascorse in crociera ,il tango con cui si
avvinghiava al suo compagno era ormai un ricordo lontano,soprattutto da
dimenticare.
Ci abbandonò in un bazar,dove vendevano di tutto e noi la eravamo una
rarità,ci consolava il fatto che qualsiasi cosa succedesse non ci saremmo
mai separate,a cosa poteva servire una scarpa destra se mancava la
sinistra e viceversa.
Sinistra era molto giù e ferita alla suola un profondo graffio l’aveva
quasi spezzata in due,aveva bisogno urgente di un calzolaio per rimetterla
in sesto,purtroppo però la non c’era il cavalier Antonio per riparare il
danno.
Da tempo ormai stavamo nel fondo di un baule sporche dalla sabbia del
deserto con la suola spezzata ,e la pelle ormai tutta screpolata,non
avevamo più nulla dell’aspetto elegante da gran sera ,non volevamo nemmeno
farci notare tanto ci vergognavamo.
Eravamo state gettate in quello scatolone assieme ad un sacco di
cianfrusaglie insignificanti,noi non avevamo nulla da spartire con quella
merce da pochi soldi,eravamo scarpe di lusso con la suola firmata.
Era una mattina come tante altre,l padrone del bazar aveva aperto il
negozio da pochi minuti: quando si presentò quel signore che ci aveva
comperate la prima volta in quel negozio con le insegne luminose,
lo riconoscemmo subito, era davvero un bel uomo e portava ai piedi scarpe
firmate dal cavalier Antonio,incominciò a osservare il contenuto dello
scatolone dove ci avevano deposte.
All’improvviso si accorse di noi,anche se conciate in quel modo eravamo
rimaste scarpe di lusso,e spesso ci notavano,ci fece uscire e incominciò a
trattare per qualche minuto e poi il padrone ci venne a raccogliere ci
mise in una busta e non avemmo appreso più nulla fino al nostro arrivo.
Chiuse in quella busta di carta non avevamo la nozione del tempo e dello
spazio,
e quando ci tirò fuori con nostro grande stupore ci ritrovammo nel negozio
che aveva le insegne luminose,ritrovammo il cavalier Antonio che ci
aspettava,che emozione rivederlo adesso eravamo proprio salve.Dopo averci
ripulito per bene dato le creme giuste riprendemmo in parte il nostro
splendore.
Solo le ferite del cuore il cavalier Antonio non poteva curare,pensavamo
sempre a quei mocassini di pelle tanto lucida che si specchiavano le
stelle di loro conoscevamo solo il nome del loro creatore”Valentino”ma
quanti erano i mocassini che portavano quel nome.
All’improvviso però da una borsa il nostro compratore fece uscire anche
quei mocassini tanto sognati,li consegnò al cavaliere perché li facesse
tornare al loro antico splendore per poi poterli indossare.
Dopo lunghe cure amorose nelle mani del nostro creatore, anche noi potemmo
essere indossate, per ritornare nei grandi saloni delle navi da crociera a
ballare il tango avvinghiate ai mocassini lucenti.
Caorle
Sopra una lunga striscia di terra tra barena e mare sei sorta tu,piccola
città,nata nella notte dei tempi.
I casoni di canne, sono ancora là, sparsi tra le rive dei canali
A testimoniare il tuo passato. Sei cresciuta attraverso i secoli,sei un
dono del mare .
I pescatori con la pelle resa rugosa dalla salsedine hanno costruito le
loro dimore .Quanti amori nati sotto la luce fioca delle lampare,amori
eterni amori brevi,quante lacrime per le persone care che il mare
tratteneva con se. Alla fine di quella striscia di terra c’è una chiesetta
tutta bianca dove le donne ancor oggi vanno a pregare la Madonna che
protegga i loro uomini dalle insidie del mare. Questa piccola costruzione
bianca sospesa tra terra e cielo faceva: in tempi antichi,la funzione del
faro, guidava i pescatori verso casa. Adesso sei cresciuta ,piccola città
antica,sei coronata da palazzi,vie piazze.
Non c’è più quella spiaggia, dove la domenica ,le famiglie andavano a
prendere il sole,non si vedono più le reti stese al sole sopra le barche
trainate a riva.
Quella minuscola spiaggia ormai è ricoperta da grandi massi di granito
,adesso puoi passeggiare nel lungomare tra fiori e panchine messe in
bellavista per i turisti.
I massi di granito si sono fatti modellare da mani abili di artisti
sconosciuti ,che,con la loro fantasia li hanno scolpiti ,levigati,dato
forme delle cose più strane. Anche in questo sei unica,le opere d’arte
scolpite nel granito resteranno per sempre a testimoniare un momento di
gloria a quagli artisti che sono rimasti all’ombra della notorietà.
Il tuo porto è affilato non più di piccole barche di legno un po’ logore
ma bensì di pescherecci d’alto mare,i quali all’alba di ogni giorno
scaricano la loro merce per poi rivenderla al mercato ittico della
città,merce pregiata,i fondali del mare adriatico in quella zona che va da
Carole a Trieste sono generosi
Ora non sei solo la piccola cittadina di pescatori,ma un grosso centro
balneare dove turisti da tutta Europa si recano a trascorrere le loro
ferie estive.
Per me rimani sempre la piccola cittadina di pescatori ,il resto lo lascio
alle generazioni future.
Parole in corsa
Lungo il viadotto sfrecciano le macchine,sorpassano corrono
veloci,l’asfalto emana calore, luccica sotto il sole d’agosto.
Inizia il periodo feriale più importante dell’estate,bollino rosso per il
traffico.
Un camper viaggia in autostrada con andatura regolareӏ una casetta in
viaggio”.Alla guida un signore di mezza età,ascolta la radio “onda
verde”notizie non rassicuranti,code di auto lungo le strade che portano
verso i luoghi di villeggiatura.
Non si preoccupa l’anziano signore: lui non ha fretta,al suo fianco ha la
moglie che gli tiene compagnia,
la donna illustra ciò che osserva, ma non lo distrae dalla guida,lo aiuta
a superare la noia della coda, chilometri di auto ferme.
Il paesaggio toscano è bellissimo,con le sue alture verdi alternate da
campi di girasoli, crea un paesaggio colorato di varie sfumature che
cambiano secondo la coltivazione dei campi.
Sul cocuzzolo delle colline si notano gli antichi feudi,diventati con il
passare dei secoli bellissime città, queste mantengono il loro fascino
medioevale.
Le torri merlate riportano alla mente le battaglie per la conquista di
poderi, spesso anche del cuore delle dame, contese a suon di spada nei
tornei delle città.
Mentre guida l’anziano signore non può notare tante bellezze,deve seguire
i segnali stradali ,lui ascolta il vocio della donna al suo fianco,lei
descrive il paesaggio e le bellezze miste tra realtà e fantasia.
Passano attraverso una galleria ,all’uscita il paesaggio è cambiato
totalmente,adesso si vede il mare,un mare limpido e trasparente,affollato
di bagnanti.
La strada che scorre lungo la scogliera non è molto larga,inoltre una
lunga fila di motorini parcheggiati ai margini la rende quasi
impraticabile,tutto ciò rende l’autista molto impegnato.
Arriva al semaforo ma non passa ,scatta il rosso e i pedoni incuranti del
traffico si avviano al lato opposto della strada,il loro abbigliamento è
in sintonia con il paesaggio, sono minuscoli costumi portati con
disinvoltura da belle ragazze,quell’anziano signore,sorride e all’apparire
del verde parte con indifferenza,riprende ad ascoltare il vocio della
donna che con amore continua a descrivere il paesaggio.
Sono passate alcune ore ormai,non manca molto all’arrivo ,un altro
scenario meraviglioso si presenta ai loro occhi, un tramonto sul mare di
toscana,il sole rosso fuoco all’orizzonte divide il mare dal cielo,la
donna estasiata da tanta bellezza non sa come descriverlo le sussurra
“parcheggia se puoi”,non era possibile,vanno oltre verso la loro meta,il
porto di Piombino,l’indomani mattina si l’imbarcano per la Sardegna,meta
del loro viaggio .
Aumenteranno le parole i sogni,quella donna continuerà a raccontare le
meraviglie della natura incontrate lungo il viaggio.
Arrivati al porto affrontano l’imbarco ,tra grossi camion e molti camper
sono stivati nella nave che li porterà in Sardegna,
In quell’isola visiteranno coste deserte e spiagge accarezzate dal vento
si stenderanno all’ombra dei platani in compagnia del canto delle cicale.
Sarà un viaggio alla scoperta di antichi luoghi,dove il tempo sembra
essersi fermato .
Lungo i margini delle strade si vedono siepi di fichi d’india in fiore
,l’unica nota di colore tra l’erba gialla bruciata dal sole,mentre i
boschi di sughero hanno forme strane modellati dal vento, che
costantemente si fa sentire,increspando il mare che va a sbattere negli
scogli,al loro contatto si formano le onde bianche,che poi si dileguano e
cambiano colore secondo la profondità del mare.
Incuriositi dal paesaggio si inoltrano in un paesino nascosto tra la
montagna,scoprono un antica piazza con vie molto strette che conducono
alla chiesa.
La terrazza che si affaccia al paesaggio sottostante,attorno alle aiuole
fiorite ci sono delle panchine occupate da vecchi signori sorretti dal
bastone,in silenzio guardano i passanti,la campana suona dodici rintocchi
,quei vecchi si avviano verso le loro case senza pronunciare una
parola,gesti abituali che si perdono nella notte dei tempi.
Dopo aver assaporato le bellezze di questa isola ,aver visto le origini di
un popolo fiero si imbarcano per il ritorno con un po’ di
tristezza,promettendosi di ritornare il prossimo anno.
Poco o nulla resterà di quel vocio, cose banali dette per tenere
compagnia,ma nel cuore porteranno il ricordo di un viaggio meraviglioso.
Lungo l’autostrada sfrecciano
le macchine, sorpassano, corrono veloci, l’asfalto emana calore, luccica
sotto il sole d’agosto.
Inizia il periodo feriale più importante dell’estate, bollino rosso per il
traffico.
Un camper viaggia con andatura regolare: ”è una casetta in viaggio”. Alla
guida un signore di mezza età, ascolta la radio “onda verde” notizie non
rassicuranti, code verso il mare, verso le montagne. Non si preoccupa
l’anziano signore: tanto c’è tempo, non è solo, al suo fianco ha la moglie
che gli tiene compagnia,
Parla la donna ma non lo distrae dalla guida, lo aiuta a superare la
monotonia della coda, chilometri di auto ferme.
Il paesaggio toscano è bellissimo,molto suggestivi sono i suoi colori,
con le sue alture verdi alternate a campi di girasoli,vigneti,distese di
grano,
creano sfumature di colori che solo la terra Toscana sa offrire.
Sul cocuzzolo delle colline si notano gli antichi feudi, diventati con il
passare dei secoli bellissime città, le quali mantengono il loro fascino
medioevale.
Le torri merlate riportano alla mente le battaglie per la conquista di
poderi, e spesso anche del cuore delle dame; contese a suon di spada nei
tornei.Mentre guida l’anziano signore non può notare tante bellezze, deve
seguire i segnali stradali, lui ascolta un po’ distratto quei monologhi:
lei descrive il paesaggio e le sue bellezze miste tra realtà e fantasia.
Passano attraverso una galleria, all’uscita il paesaggio è cambiato
totalmente: adesso si vede il mare, un mare limpido e
trasparente,affollato di bagnanti.
La strada che scorre lungo la scogliera non è molto larga, inoltre una
lunga fila di motorini parcheggiati ai lati rende la strada quasi
impraticabile, tutto questo rende l’autista teso e più attento alla guida.
Arriva al semaforo ma non passa, scatta il rosso e i pedoni incuranti del
traffico si avviano al lato opposto della strada, il loro abbigliamento è
in sintonia con il paesaggio: sono minuscoli costumi portati con
disinvoltura da belle ragazze. Lui sorride e all’apparire del verde parte
con indifferenza, riprende ad ascoltare la sua compagna che con amore
continua a descrivere il paesaggio.
Sono passate alcune ore ormai, non manca molto all’arrivo, un altro
paesaggio meraviglioso si presenta ai loro occhi, un tramonto sul mar
Tirreno : il sole rosso fuoco all’orizzonte divide il mare dal cielo. Lei:
estasiata da tanta bellezza, non sa come descriverlo, le sussurra
“parcheggia se puoi” non è possibile, vanno oltre verso la loro meta, il
porto di Piombino:All’indomani mattina presto ci sarà l’imbarco per la
Sardegna, meta del loro viaggio .
Continueranno le parole, i sogni, lei continuerà a raccontare con parole
sue le meraviglie della natura incontrate lungo il viaggio.
Poco o nulla resterà di quei racconti un po’ banali,frasi dette per tenere
compagnia, ma nel cuore porterà il ricordo di un viaggio meraviglioso.
Sorpasso
Hai fretta,dall’alto del viadotto,noti un serpentone di camion, una
giungla di ferro,un area protetta dove la ferocità abbonda , tutti
vogliono sopraffarti ,”se potessero”,eliminarti. La fretta e il nemico
per eccellenza,in questa foresta , senza alberi e verde,dove sfiori la
morte ogni momento l’adrenalina va alle stelle,senti l’odore acre di
ferro e smog.Vedi quei fari che incrociano i tuoi,sono troppo alti ti
abbagliano
Per un attimo non riesci a vedere,la luce è forte ,tu rispondi,non vuoi
essere inferiore a nessuno.Un strombettare di clacson invade i tuoi
pensieri, sei costretto andare avanti, moderando la velocità, hai
fretta,sei in ritardo solo questo vale,premi il piede
sull’acceleratore,sfrecci via incurante di chi ti segue, altri come te
segnalano ,lampeggiando segnalano di volerti superare,davanti a te
appare un bestione di ferro, sputa fumo nero ,abbonda di luciti
abbaglia ,fatichi a vedere oltre. E? andata pensi,sono bravo! Per un
po’ sono libero di correre. dura poco questa illusione, altri camion
sono davanti e impediscono la tua fuga dalla giungla Hai la sensazione
che tutta la città si sia riversata in quella giungla di cemento e
smog.Spunta in lontananza una piccola vettura gialla,era nascosta tra
camion e auto veloci,si fa avanti tutta intimorita con andatura
incerta,i suoi fari sono spenti,quasi non volesse consumare elettricità
,va piano non vuole inquinare,chi la guida è assente, vola con la mente
in momenti lontani. Accendi lo stereo per non annoiarti, alzi il volume
per coprire i rumori, non senti le trombe dei clacson che suonano,non
senti gli avvisi di pericolo, la tua mente si riempie di quel suono
metallico che esce dalle casse.Gli occhi, annebbiati dal fumo della
sigaretta accesa, diminuiscono ulteriormente la loro visione.Cosa sta
pensando quell’uomo dentro a quella scatolina gialla, dove lo porta la
sua mente carica di ricordi.Rivede un passato lontano,le strade
alberate,quando ancora” seppure in auto” si poteva udire il canto degli
uccelli,scorgere il cielo limpido e ammirare un tramonto. Pensa che
senza auto la sua vita cambierebbe ,non sarebbe più autosufficiente Si
convince che non superando la velocità non è un pericolo.Assorto nei
pensieri non ti vede arrivare,non nota la tua fretta,la tua
determinatezza .Hai la precedenza la vuoi la imponi,la prendi,la tua
fretta prende il sopravvento. La scatolina gialla non ti vede,in un
attimo siete un groviglio una sopra l’altra,tutto è finito la tua
fretta,i suoi pensieri,nulla è più importante.Il telefono tenuto
stretto con una mano all’orecchio non trasmette più parole d’amore non
fissa più incontri frettolosi nei bar,adesso tace non risponde crea
solo panico. Nella tua mente annebbiata cerca di riaffiorare i
pensieri,ti poni tanti perché,solo una è la risposta,la fretta.Ti vedi
disteso sopra un bianco lenzuolo,non hai più marce e cambi,sei coperto
di bende,riprendi coscienza ringrazi il Signore che ci sei ,il prezzo
non lo conosci, non sai ancora quanto costa la fretta.Giri lo sguardo
un vecchio è nel letto al tuo fianco,ancora non lo conosci, domani ti
diranno che lui era nella scatolina gialla.
Coraggio
Con passi lenti e insicuri camminavi lungo quel corridoio,le luci
soffuse davano ai tuoi occhi la possibilità di aprirsi.Lungo quel
corridoio di ospedale ,
in silenzio passeggiavi con indifferenza,vedevi solo poca luce,ti
filtrava dal lato esterno del tuo occhio sinistro.Il destro bendato ti
era di poca utilità.
Aspettavi una cornea compatibile al tuo occhio;devastato dalle
bruciature ,
un male che la vita ti poteva risparmiare,l’attaccamento al lavoro ti
ha portato a subire.
Dov’erano gli indumenti per ripararti, quel calore emanato dal forno
per colare i metalli era insopportabile,dovevi far presto ,il turno
finiva e tu ritrovavi il tiepido sole d’autunno,ritrovavi l’aria fresca
,ritornavi a casa.
In un attimo la tua vita e cambiata ,una bolla d’aria e metallo fuso ti
ha investito il volto.
Non ti dai pace tanti anni di lavoro non ti sono serviti a nulla ,avevi
molta esperienza,non doveva succedere.
Non hai visto il tiepido sole d’autunno, quel giorno ti sei trovato in
un letto di ospedale,al buio con dolori atroci per le bruciature
subite.
Il tempo che passa ti ha guarito dalle ferite del volto ,ma non le
scottature subite alle cornee,queste ti tormentano ,ti hanno mutato
anche nei sentimenti,non parli se non per chiedere se potrai ancora
vedere il volto di chi ti sta accanto.
La risposta è sempre uguale incerta, solo un filo di luce quando ci
sarà una cornea per il tuo occhio destro, solo il sinistro per il
momento ti aiuta a non essere nel buio più totale.
Giunse quel giorno tanto atteso e disteso sulla barella operatoria ci
salutasti con la mano,anche se non vedevi ,ormai conoscevi le nostre
voci ci sapevi distinguere con esse.
Questa volta la vita non ti ha voltato le spalle ,tutto è andato come
il previsto ,bene, tu però rimanevi triste.
Giunto il momento di togliere le bende avevi paura, paura di un
risultato negativo, paura di guardarti allo specchio e non
vederti,paura che nulla fosse cambiato,paura di non vedere il cielo la
stanza che ti ha ospitato per mesi,soprattutto avevi paura di non poter
vedere il volto dei tuoi figli.
Quel momento emozionante lo abbiamo vissuto assieme a te,anche a noi è
scesa una lacrima ,il tuo grazie a quel professore burbero che: poco
parlava ,
“ma le sue mani facevano miracoli”, quel grazie ha fatto si che ti
abbracciasse
dalla gioia per il risultato ottenuto.
Era ancora lunga la strada,ma tu vedevi la luce ,le persone anche se
continuavi a non distinguere ancora bene il tuo volto rovinato dal
fuoco. |