Poesie di Fabio Ferrando


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La rosa
Su di un petalo
poggia la rosa,
creatura di dolorosa speranza.

Su di uno stelo
poggia l'acuto pensiero
è un domani senza passato.

Sul vostro dorso
si aggrappa l'inaccessibile,
sogno di carne scomposta.

Il pensiero sussurra parole,
avidi scopi ingombrano
la meta dolce sognata.

Si risveglia la gola affamata
urlante di senso,
deforme realtà.

La prole vada nutrita,
carne di genio lucente
sazierà codesta viltà.

Nutriti del sacrificio
dolce e maligna realtà.

Assapora con gusto le gesta
dell'ombra mai nata.

Squassa ora le membra più forti
rammollite e mal poste.

Su di un petalo
poggia la rosa
creatura di dolorosa speranza.

Cieca viltà
Scrutate con occhi bui
ammutoliti da bavagli reconditi,
proferite parole di lui
impregnate di ego senza confine.

Celati dalla vostra arroganza
vi si nasconde la cruente realtà,
di una disturbata florida mente
affannata di giorni passati.

Sfiorisca il germoglio malsano
che orma in lui fece,
radicandosi nella fertili carni
irrigate da asessuate lacrime.

Addio
Inciderò di te
sulla grigia nera coscienza
lo sguardo mai sazio
che assaporava l'aroma di vita.

Ricorderò le mani tue calde
scolpite dai molti dolori
che le hanno rese
così gracili e forti.

Doloroso è separarsi
da quando ci unimmo
e la nostra carne
divenne tuttuno.

Come i raggi purpurei al tramonto
e il cielo azzurrato
diventando siamesi lacrimano
prevedendo lo scontato destino.

Nella tetra notte
a questo penserò
e linfa vitale sazierà
gli eterni secondi che attendono.

Scultura
Un freddo grigiore
circonda i nostri corpi
come la cella
che scampo non dà
all'eterno colpevole.

Barriere spesse invisibili,
come aria invadono
i nostri bronchi scomposti.

Respiriamo la nostra agonia,
fieri della nostra ignoranza
che ci portiamo dietro
come un'ingovernabile scure.

Gli occhi accecati
dall'abisso splendente
non scorgono il lume
posto a fronte di noi.

Diviene mattone,
diviene dimora,
diviene opaco universo.

Noi, cittadini dell'odio
ci soffermiamo orgogliosi
contemplando il creato,
e andiamo a dormire scaldati dai sogni.   

Equilibrio
Luna e terra
sovente si rincorrono
mute e distanti,
separate da arso gelo
che ad ogni scandir di respiro
le impregna
saturando il midollo.

Nel fardello dei loro tumulti
nei vili loro sorrisi
si scova,
ad ogni calar di palpebra,
la scintillante tenebra luce
che diede i natali al mai domo sole,
trovando in noi l'alcova
dell'equilibrio immortale.   

Dono
In tempesta oggi,
dì funestamente gioioso
appari agli occhi
gravidi di luce feconda.

Nel tuo compassionevole grembo
riponi la vita di un uomo morto e mai nato,
strozzato dal nutrito cordone
che serra la gola infuocata.

Urla e geme, non gioisce di sé,
crollano le barriere sue salde
donate da te, madre amorevole.

Con scarne gambe si avvia
negli aridi atri della speranza,
la fragile schiena si curva
portando il fardello di un tempo remoto.

Scheletriche mani consegnano il pegno,
un' anfora colma di vuoto
che tu riempirai con sputa
di velenoso amore dell'odio.  

Speranza
Che possa il tempo
ridarti la vita,
che possa il sole
ridarti il sorriso,
che possa l'ignoto
ridarti speranza.
Che possa l'amore
Riportarti da noi  

Solitudine
Brillava di luce propria
quel corpo di carne scomposta.
Non volevate vederlo
si nascose sotto
di un metro di tetra terra
negl'inferi sprofondò.

Lucifero parlò a lui
lo aiutò a scappare
ma senza propria dimora
si perse nel pozzo dell'odio.

Ancora, la coda e il forcone
soccorse il disgraziato
stringendogli la calda mano
lo guidò nel mezzo del mare.

Lì risiede,
poggia i nudi suoi piedi alla zattera
con occhi brillanti di fuoco
al vento sembra parlare.   

Risorsa
Un raggio opaco di tenera luce appare,
rigurgitato nel ventre terreno
sussurra alle anime sorde
s'incarna nei fragili fiori.

Indomito si fa strada,
squarcia le ottuse menti
riscalda i glaciali cuori.

Vigoroso s'impossessa
della pece ragione,
inebria di rosso profumo
sazia di fuoco il ventre materno.

Scompare agli occhi di loro,
impegnati a contemplare
la magnificenza creata
dal genio idiota dell'uomo.

Sempre lì dimora,
in quel lago lacrimante sangue
nato e saziato dall'innata viltà.

Dall'avido umano sei partorito
inerme contenitore fraterno,
nessuno ti ha mai respirato
inseguendo il santo denaro.   

Pausa
Seduto dove il verde non scompare,
mi fermo ad osservare,
odoro profumi mai ascoltati,
vedo silenti pensieri.
Mi quieto,
mi inebrio di vissuto irreale.
Dalle dita sgorga la vita.   

Mutamenti
Echi lontani si odono
nella desolata verde valle,
parole passate raccontano storie
ad orecchi muti e futuri.

Una pietra è deposta
nel mezzo di quella sorgente,
da anni si sente sicura
nei confini segnati dall'uomo.

Il vento sussurra parole
che cancellano il sole,
l'azzurro di pece si tinge
trafitto dall'atroce domani.

Lì una foglia, sorride
godendo di quei mutamenti,
nel suo cuore di sole si tinge
quel rosso ed eterno minuto.  

Madre terra
Affondo le dita dei piedi
in te fertile terra,
come un ulivo
vorrei metter radici.
Immobile e per l'eterno
la tua essenza in me vivrà,
di questo mi nutrirò.

Finalmente luce.  

Impotenza
Davanti a te mi porgo ignudo
tolte le vesti del vile mortale.
Rivoli di sangue saziano il mio corpo,
gocce di lacrime rifioriscono il mio cuore.  

Fiati
Si scorgono rumori distanti,
grida ansimanti e lontane.
Si odono pensieri annebbiati,
figure astratte e sfuocate.
Si provano immensi dolori
che attimo dopo attimo
lacerano quelle mortali anime.
Sono persone prive di volto e nome
hanno trovato dimora in noi.
L'unico modo per loro di esistere.   

Essenza
Oggi sei nata e già ti nascondi
per non farti vedere
a ciechi occhi erranti.

Non ti si vede,
esisti e ti mostri
solo ad occhi attenti
che in profondità si scrutano.

Sei parte dell'anima
coi tuoi dubbi saperi e
bussi sui sordi petti parole
a chi oggi con occhi non sente.

Le disperate ansanti carni urlano a te
chiedendo il tuo viso, e con vile cecaggine
aspettano il torrido inverno.  

Attesa
Cella invisibile
intorno a lui,
cumuli di macerie
immensi e inafferrabili
si rincorrono,
solo, su quella cima
un pallido raggio di sole;
lui aspetta…  

Ali e radici
Le radici di un olmo
sono antiche e profonde
come il nostro passato
radicato nel certo terreno.

Voi, creature in volo
sembrate padrone di tutto,
spostandovi ovunque prive
di antiche radici e scuri pensieri.

Come voi vorrei essere,
staccarmi da fardelli infuocati
librare pensieri fecondi
nel fertile blu sconfinato.

Le mie ali, appesantite
dal fango di sforzi mortali
son divenute arbusti
saldate al terreno del male.  

Nel tuo grembo materno
fragile donna ansiosa
riposa il frutto dell'essenza divina.
La purezza e l'amore,
divenendo carne
fan scorgere invisibili sorrisi
e lacrime di sangue.
Quando il fatal giorno arriverà,
di quello nulla,
un altro squallido insieme di carni
con animo di legno
poserà l'orma tra noi;
ancora una volta il domani
sarà presente e passato.


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