Il tempo
Il vagito del neonato,
il lamento del vecchio morente,
due asterischi del tempo,
un mistero racchiudono
inaccessibile alla mente.
L'implacabile tramoggia
gira senza sosta
tutto trita, inghiotte e distrugge.
Di ogni vita
è alfa e omega
il tempo che fugge.
Il giorno della zanzara,
i mille anni della sequoia,
il mio spicchio di tempo
consumato nella noia
qual perla di rugiada
nell'immutato oceano dell'infinito
versata.
Sapore di paradiso
Tanti piccoli discoli
esuberanti, spensierati e gioiosi
scalzi, magri e simpatici bambini
dagli occhi vispi,
tutti figli di poveri contadini
corrono, saltano a piedi nudi
per le stoppie ancor umide di brina.
Come angeli in libera uscita
inneggiano alla vita,
plaudono alla natura
Immersi nella perfezione del creato
assaporano un mondo sano e beato.
Bruniti dall'immenso sole
che puntuale compare dietro i monti,
si dissetano all'acqua delle fonti.
La tecnica ancor non c'era
invece del cellulare l'ocarina,
si andava a dormire appena fatto sera.
Di quei magici giorni verdi v'è nostalgia,
rammarico che quel dolce sapore di paradiso
il tempo se lo sia portato via.
L' abito
Carissima Antonietta
l'abito di porpora che ieri indossavi
mi è rimasto negli occhi e nella mente
così vaporoso e trasparente…
a me parevi divina
anche troppo appariscente,
forse eccessiva
fra tutta quella gente,
che,
bramosa e concupiscente
scrutava il tuo corpo
caldo e flessuoso
complice il colore della seta
in cui era avvolto :
di un rosso acceso
da bruciare un igloù,
di un rosso scarlatto
da stordire i sensi,
così attillato da
evidenziare due seni immensi,
di un rosso vermiglio
la stessa tonalità del sangue
che veloce scorre nel mio cuore
colmo d'amore
e di gelosia.
Per questo ho lasciato la festa
e, distrutto,
sono fuggito via.
il sogno
Con l'animo sgomento
vado errando per impervi e acciottolati sentieri,
corro attraverso umide lande.
Da che fuggo, non sò.
Qualcuno m'insegue, lo sento,
chi è non sò.
Corro più del vento,
il cuore è in tumulto, lo sento !
Costeggio un grande fiume
che scorre in fondo ad un'ampia valle,
salgo e scendo per dolci verdi colli.
Il cielo è grigio, il sole è coperto,
l'aria pungente e gelida,
tutt'intorno silenzio.
Improvvisamente il paesaggio è mutato :
un'arida terra mi circonda,
calpesto riarse dune.
La sabbia mi entra in gola,
il respiro diviene affannoso,
temo di cadere ed essere raggiunto
da chi, non so.
Sono ansimante e disorientato !
Mentre la fuga diviene più precipitosa,
m'accorgo di non essere più solo.
Qualcuno corre al mio fianco.
Sorpreso mi volto e lo vedo.
E' un giovane, alto e bello
dal volto sereno e luminoso
con una tunica di raso bianca vestito,
un patrizio romano pare.
Lunghi capelli biondi ondulati,
con un nastro rosso
sulla fronte fasciati.
Si volta, con uno smagliante sorriso
e mi tende la mano,
"Coraggio non temere sono qui per proteggerti" !
Attonito, esterrefatto, taccio ,
resto incantato, senza fiato .
L'ansia e la paura svaniscono,
subentra uno stato di beatitudine,
mi sento pervadere da grande euforia,
Quella mano che stringe la mia
trasmette un senso di pace profonda.
Sono probabilmente in estasi.
Anche l'ambiente attorno a me,
è ancora una volta cambiato :
Il cielo è pieno di luce
tinto di un celeste vivo mai visto,
solcato da striature bianche.
Uccelli meravigliosi dalle coloratissime piume
giocano nell'aria divenuta tiepida e tersa.
Il sentiero su cui siamo è tappezzato di viole,
costeggiato da siepi di rose scarlatte
in piena fioritura, cui l'intenso odore inebria.
Lontano, all'orizzonte, oltre il ponte,
scorgo il profilo di una grande città.
Ormai invaso da tanta gioia,
senza guardarlo in viso,
al mio ignoto compagno oso chiedere
il nome suo e quello della città
verso cui ci stiamo dirigendo.
Si volta, e fissandomi con verdi occhi
magnetici che emanano strani bagliori da stordirmi,
con voce celestiale risponde :
"mi chiamo Loto, sono un Serafino,
il tuo angelo custode su questa terra.
Ti seguo sempre e ovunque.
La città è Gerusalemme, là sei diretto
per partecipare al sacrificio di Gesù Cristo
sulla Croce, poi alla Sua Resurrezione".
Un forte rumore di tuono di colpo mi svegliò
Sudato e stralunato mi sedetti sul letto,
una pioggia insistente batteva rumorosa sui vetri.
Sul comodino, la radiosveglia, segnava le tre.
cadenti mura
Superstite dal crollo dei giorni,
naufrago in cerca d'approdo
solo,
quasi furtivo
pellegrino ritorno
quelle vecchie mura toccare.
L'ortica incombe,
l'edera s'aggrappa e conquista
logore pietre
che il tempo consuma,
in macerie tramuta.
La lucertola,
ultima inquilina
dalla lunga crepa
muta osserva.
A lei confido
l'abissale nostalgia
dell'infanzia fuggita.
fortezze umane
Ho visto gli ultimi superstiti
di uomini rudi e forti
qual ruderi di castelli medievali
irti su scoscesi dirupi,
avanzi di fortezze umane
plasmati con l'arida terra
di aspri calanchi,
in essi immersi lottarono
con lucidi vomeri
come brillanti candelabri
a soffitti a cassettoni appesi.
Il tempo e la fatica
ormai li han stesi.
Ho visto le loro femmine
coi volti scavati,
dal sole bruniti,
da profonde rughe increspati.
Al pari dei maschi
avean mani ruvide e callose,
possenti arnesi tuttofare
sempre in moto
tra ago, polenta e pannolini.
Dai rovi son avvolti
i loro antichi nidi
ove vissero remote primavere.
Sulla panchina stanchi,
dal peso degli anni inchiodati,
occhi annacquati lontano spaziano
sognando nuovi lidi.
Gli spaccapietre
Su cumuli di ghiaia seduti
ricurvi,
un sole implacabile picchia sulle teste
malamente coperte da colorati fazzoletti
ai quattro angoli annodati,
lungo bianche strade a spaccare sassi
stanno sudati.
Col mazzuolo battono tonde pietre fluviali,
le rigirano fra ruvide mani
in mille frammenti mutano.
Tale maestria non ha eguali;
un duro mestiere dalle radici lontane
forse greche o forse romane.
Non v'èra poesia nella loro giornata,
li ho veduti:
eran uomini solitari e cupi
coi dorsi nudi
color della ghiaia di sudore bagnata,
quei monotoni colpi li rendevano più rudi.
Ricorrenti pensieri alla famiglia da accudire,
al conto dei metri cubi spaccati
tradotti in poche lire.
Eran grandi lavoratori e brava gente,
come gli scariolanti dalle ruspe sostituiti
essi lo furon dai frantoi…, finalmente !
Il vino
Bianco paglia,
rosso rubino
e di tante altre tonalità,
da sempre il buon vino
infonde tono e brio all'umanità.
Il nettare degli Dei
dà più spirito e vita
anche ai monotoni giorni miei.
Quando sulla bianca tovaglia è versato
ravviva l'allegria
fra i commensali che di porpora ha macchiato.
Quando a Cana di colpo finì
un grosso guaio l'ospite passò
ma Gesù, con una grande "magia"
alla festa di nozze riportò
gioia e allegria.
Non era vino comune, senza pretese,
quel'ottimo vino
poteva essere solo un "Sangiovese,"
l'unico dal sapore "divino".
Quel gustoso estratto d'uva, ognun lo sà,
è la chiave giusta per aprir
la porta alla felicità.
al vecchio mulino
Verso il fiume,
scendevano lenti
per tortuosi sentieri
seri e silenti,
grevi nei loro pensieri.
Fra pietre e fango
seguivano gli asini
magri e sudati
con sacchi di grano
a soma caricati.
Nel grande mulino,
pesanti macine di pietra
giravano incessanti,
bianca farina sputando,
lì stavano andando.
Il mugnaio, imbiancato,
dalla testa ai piedi infarinato,
veloce regolava,
pesava, spostava,
come un mago
nel suo antro, s'affaccendava
Affascinato, stupito,
bambino,
ammiravo rapito
quei gesti precisi e sicuri,
solenni come un rito.
Curioso di sapere
chiesi : "quel'uomo chi è ?"
Mio padre rispose :
Luigi, di questo magico luogo
egli è il rè.
Pasqua di Resurrezione
O pie Marie, dove andate leste di buon'ora ?
È notte,
non è ancora sorta l'aurora.
" Vogliamo giungere al sepolcro nel primo mattino
per ungere il corpo dell'uomo dal volto divino".
Là, un giovane dalla veste sfolgorante
vi dirà queste parole sante:
" perché cercate tra i morti colui che è vivo ?
Egli è risorto, non è più qui !
Guardate…, il sepolcro è vuoto
la grossa pietra rotolata a fianco".
Maria di Magdala e l'altra Maria,
fermatevi ! Non correte via !
" Ditemi…era il Profeta di Nazaret
colui che è morto " ?
" Si, ma oggi è risorto " !
Tanti uomini ancor non lo sanno
missionari col vangelo in mano
ad annunziarlo al mondo vanno.
Gioite o genti !
Colui che sul Golgota vedeste morto
è veramente risorto !
Le campane suonano a festa
le rondini saettano nell'aria felici
l'erba e le piante si destano dal lungo dormire
il giardino è tornato a fiorire.
In un tripudio di colore
tutto il creato loda il suo Signore.
E' Pasqua, Cristo Gesù è risorto !
Anche il cielo è più blù
gli uccelli cantano e volano lieti lassù.
Ponzio Pilato, piccolo governatore
crocifisse il Re dei Re
nel sangue e nel dolore
ma nel sepolcro più non c'è.
Era il figlio di Dio
ora ne son certo
con Lui risorgerò anch'io.
Il libro della vita
Del mio libro della vita
molte pagine ho sfogliato
da che son nato.
Uno sguardo fugace e distratto
alle molteplici "figure"
che baciando le pupille scivolavano via l'ho dato
ma l'animo ancora langue su arida spiaggia.
Il mare dei sentimenti è spesso piatto
fra rovi il cuor si dilania,
il cielo stellato resta una chimera
della terra odori e sapori
più non percepisco neppur a primavera,
oltre il dosso più non vedo,
oltre fosso più non oso.
Sfoglio il libro come fosse un gioco,
ma sui capitoli dell'Amore
dovrei fermarmi un poco …
Piante, animali ed esseri umani:
cosa ci distingue ancora non so.
Mancano risposte a mille perché…
Le grandi riflessioni sono rinviate.
Sfogliando, sfogliando
improvvisa, comparirà la parola FINE.
Sorpreso e sgomento implorerò :
" concedimi ancora o Signore
un briciolo di tempo stasera
per dolermi dell' amore avaro ! "
Vorrei non fosse questa
la mia ultima preghiera.
Il ciliegio
Come un vegliardo
dall'imponente statura
il grande ciliegio
spoglio e rinsecchito
è un relitto della natura.
L' ombra snella si allunga
sul grano giallo oro
pronto per la mietitura.
Il tempo ha ormai compiuto
l'opera demolitrice.
Fra i suoi possenti rami
mi rivedo ragazzo felice.
Coi merli ho spesso conteso
il ratto delle sue
gustose ciliegie.
Questa bella storia
ora dimora
nelle pieghe della memoria.
A volte prepotente ritorna
rivivere quegli anni innocenti
di sogni magici e ridenti
nell'illusione di fermare
l'implacabile pendolo
del metronomo
e cogliere ancora
con tutta la loro freschezza
quei dolci "frutti"
della lontana giovinezza.
Smetti di cercare
Inutile che continui a vagare,
deponi le scariche armi,
ormai tutto tace
i fiori sono appassiti
il cuore s'è inaridito
gli occhi son spenti
i passi son più lenti,
col sesso hai fatto pace
il tuo sharme
a terra giace,
hai consumato il tuo tempo
ondeggiando come il mare
trascinato dal vento.
Placa ora la tua ansia
e smetti di cercare,
dal mio amore sei nato,
corri ad abbracciarmi
a casa al fin sei tornato.
Svelami il perchè
Amorevole nostra madre terra,
si nobile, grande e bella,
te che generi meravigliosi fiori e stupende creature
dal tuo grembo, con sudore e fatica
traggono linfa per la vita.
Svelami il perché
da ogni logica rifuggi,
amorevole ci coccoli
poi senza rimpianti ci distruggi ?
Dal primo vagito
abbiam tanto penato
e tanto gioito,
entro il tuo corpo ci spegni
senza un grido.
Dalle nostre ceneri ne vuoi ricreare di più belli ?
Vuoi rinnovare le vetrine del creato ?
Dimmi tu : forse nel pianeta blù
la vita e la morte son facce dello stesso dado ?
Dio mio !
Par disumana la tua legge :
ieri hai seminato in un tripudio di luci
oggi hai visto, ammirato, amato,
lo splendore del tuo Eden ,
stasera ogni cosa recidi del creato.
Siam la tua immagine, un soffio del Tuo io,
eppur oscuro resta il tuo misterioso progetto
che può essere solo perfetto.
Ma già lo sappiamo… ,
solo in Te fidenti dobbiamo.
Ho visto il sole
Ho visto il sole
caldo e radioso
come il Tuo amore
Grazie o Signore !
Per i meravigliosi doni che mi hai dato
Dell'incanto dei fiori umidi di rugiada
Del silenzio luminoso delle valli innevate
Delle piante lucide di galaverna come rivestite di specchi
Della melodia dell'usignolo che insegna il canto al cardellino
Degli occhi puri e trasparenti del bimbo che riflettono il Paradiso
e lo splendore del Tuo viso
Ed è solo un granello del tuo infinito amore…
Grazie di avermi inebriato il cuore
con la luce ed il calore del Tuo sole
Grazie o Signore !
Bene & male
Luci ed ombre,
giorno e notte,
amore e odio,
primavera e inverno,
due facce della medaglia
in noi si alternano,
si fondono, si aggrovigliano e
si confondono.
Arduo è scinderle
faticoso scegliere
entrambe ci affascinano.
Sarebbe come fermare il sole
o bloccare l'acqua della cascata.
Ognuno nel tempo della vita,
tra il bene e il male,
nella cruenta battaglia è coinvolto.
Al mattino con piccole scaramucce,
una guerra quasi per gioco,
poco convinta, dura poco.
Sul mezzodì, spavaldi e pieni di boria,
siamo certi di aver in pugno la vittoria.
Verso sera tristi e delusi
per gli scarsi risultati ottenuti
ci par di esser nudi.
Poi… l'abbandono fiducioso
in Colui che da sempre
incondizionatamente ci ama,
placa la battaglia
e nel cuore si ricuce la faglia.
Tramonto
La rossa sfera di fuoco
guardo
lentamente annegare
in un mare di piombo.
Con il groppo in gola
osservo sgomento
il declinare dell'ennesimo giorno.
Come gazzella
veloce,
la mia mente corre
per i tortuosi sentieri dei ventimila giorni
stoltamente spesi.
Come il vento
quale furia gagliarda
i flutti infrange sulla chiglia,
il dolce volto di Beatrice
i miei cupi pensieri
subito scompiglia.
Non so
Perché Dio esiste
non so !
Perché mi ha creato
non so !
Perché penso
non so !
Perché sogno
non so !
Perché qualcuno mi ama
non so !
Perché mi sorridi
non so !
Perché son triste e piango
non so !
Perché scrivo tutto ciò
non so !
Perché mi piacciono i fiori
e il cielo stellato
proprio non so !
Quando ti guardo negli occhi
mi batte forte il cuore,
è perché ti amo,
e questo lo so !
La vetta
La salita è stata dura…
la vetta hai conquistato
somma sensazione …
sublime emozione …
per essere re del mondo sei nato.
Il cuore s'apre, a fiotti sgorga la gioia
occhi umidi spaziano sul vasto orizzonte
di cime innevate.
La bellezza affascina e rapisce…
Piccolo essere di fronte allo spazio infinito
volgiti in alto e tocca il cielo col dito,
il contatto con Dio hai al fin stabilito.
Ora che il segreto della felicità hai compreso
sai ciò che la vita vale,
potresti anche morire
conscio d'essere immortale.
Tormenti dell'anima
Da profondità abissali
ad intervalli irregolari
come il palombaro
rivestito di spessa corazza,
dell'anima l'essenza
lentamente emerge
assetata di luce e d'amore,
la coscienza.
Per un poco
sotto il sole gioisce
nell'aria rinvigorisce,
poi di nuovo rattristata
di zavorra ricaricata
inesorabilmente ridiscende
nelle voragini oscure
ove solo miraggio è ogni cosa:
il sapore di un bacio
l'odore di una rosa
il sorriso di un bimbo con la palla.
O mio Dio, aiutala a restare a galla !
La luce
La luce riflessa, frammentata
dall'acqua del lago increspata
in scintille la scorgo nei limpidi tuoi occhi
fissarli mi si piegano i ginocchi.
La luce, energia vitale, ove siamo immersi
elemento anelato quando nel buio siamo persi
ci avvolge come un mantello
ci penetra come lama di coltello
La prima alba che mi invase di luce
anche se imperversava il Duce
nulla tolse al grande prodigio
il sole ripulì quel cielo grigio.
Nelle gocce di rugiada
la luce rimanda scintille color giada
è sempre lei che fra i rami filtra giocosa
radiosa come una sposa.
La luce, adorata, augurata, splendente
per sempre sui volti della gente
accende d'amore lo smagliante sorriso
che illumina di ciascuno il viso.
Il cacciatore seduto
Entro l'angusto capanno
accovacciato,
immobile, occhi vigili,
schioppo puntato,
in quella fresca alba settembrina
al limitar del bosco,
sotto il sorbo solitario,
il vivace cinguettio
dei prigionieri nelle stie
all'usignolo attento
quasi irreale pare.
Ignara,
la merla, gioiosa,
sul ramo lieve si posa,
dal canto del probabile sposo
stordita,
assapora la vita.
Improvviso il colpo
irrompe lungo il fosso,
un batuffolo di piume,
come pietra,
di schianto cade.
Un'altro briciolo di vita
in un attimo è morte.
Qualcuno sa dir perché
di quella cruenta sorte ?
Appena il sole sovrasta le creste,
orgoglioso, senza rimpianto,
il cacciatore
tanti gomitoli di penne
fra l'umida erba
raccoglie e canta.
" Cento ne ho stecchito
in un sol giorno,"
con la gente, nell'osteria
il bruto si vanta.
P r i m a v e r a
P rimule e viole in fiore
spandono il loro inebriante odore.
R itornano puntuali anche quest'anno,
benvenuti i fiori da tutti saranno.
I naliamo beati il loro delicato profumo
che spalanca il cuore di ciascuno.
M ammole nel prato di colpo sbocciate
tenere e dolci come labbra baciate.
A miamo e godiamo tutti del loro splendore,
dimenticando ogni pena e rancore.
V anificata sia ogni tristezza,
esultiamo per lo sbocciare di tanta bellezza.
E ntriamo con l'animo nel magico tepore
di questo luminoso e dorato sole.
R estiamo affascinati da tanto tripudio,
della calda estate è questo il preludio.
A ndiamo avanti sereni da mani a sera,
assaporando gioiosi questa nuova primavera.
L' a t t e s a
Così …, per inerzia, rotolo
lungo i pendii del mondo
qual pietra che lentamente
il rio leviga, trascina e consuma.
Dalle convenzioni imbrigliato
sul palcoscenico della vita
la mia parte recito bendato.
Attraverso come un'automa
i preziosi giorni che ho in dono,
degli eventi sto in passiva attesa.
Destati anima mia !
Và…! I talenti dissotterra
corri incontro al fratello
cerca di alleviargli il fardello.
Scuotiti dalla cronica indolenza
dell'Amore non puoi far senza
volgiti in alto verso la Luce
con umiltà, senza tracotanza
scoprirai che Qualcuno
l'insulsa attesa trasformerà
in gioiosa speranza.
Uomo alla deriva
Sciupa i suoi giorni migliori
in un incessante peregrinare,
attraversa aride praterie
alla ricerca della verde oasi
con l'animo assetato di verità
il cuore riarso d'amore.
Come lenire il pianto e il dolore ?
Dove trovare l'acqua rigeneratrice
che sazia e ridona l'innocenza ?
Traviato spesso dall'angoscia
l'uomo vaga confuso,
stordito dalla vana gloria.
Il principale attore dell'universo
infelice inquilino della terra
prigioniero delle cose
accecato dall'egoismo
come vascello alla deriva.
Eppur è costruttore della storia
abile carpentiere del creato.
Mantieni la rotta puntando al faro !
C'è ancora speranza sotto questo sole,
in mezzo a questo turbolento mare,
se bevi alla coppa dell' Amore.
Anche sui campi di battaglia
prima o poi rispuntano le viole.
Cono d'ombra
Assiepati
sulla grande, sfolgorante astronave
durante il lungo viaggio nello spazio infinito,
i viaggiatori affaccendati e distratti stanno,
non si fanno domande, non chiedono :
qual è la meta ?
qual è lo scopo della missione ?
Perché sono a bordo
e con quale ruolo ?
Tutti, da poppa a prua,
godono di ampia libertà d'azione,
della luce e del calore
dalla potente stella madre donato.
Si appagano della bellezza del creato,
si saziano all'abbondante mensa,
sguazzano felici entro la vasta piscina
di vita densa,
ignari dell'onda che si avvicina.
Inatteso su di essi scende il cono d'ombra
Attoniti e sorpresi
ad uno ad uno vengono inghiottiti
nelle viscere della nave vorace
ne diventano il quotidiano pasto
e non si danno pace.
Il cono d'ombra non farà più paura
quando noi viaggiatori ascolteremo la voce del Gran Timoniere
che da oltre duemila anni
alle nostre inespresse domande
la stessa esauriente, definitiva risposta
paziente ripete :
"Fidatevi di me che sono la Via la Verità e la Vita."
Le ghiande
Superba vecchia quercia
dalla ruvida pelle,
ancora per poco conservi
l'intenso verde
nella folta tua chioma.
Quale atavico rito
prima del sonno invernale
tutti i tuoi semi incappucciati
spandi
perpetuando la specie
in cieca obbedienza al primordiale
ordine ricevuto.
Innumerevoli ghiande,
potenziali nuclei di vita
da te si staccano,
veloci cadon,
per perdersi nell'umida terra
presto coperte
dal tappeto di foglie morte
e tu non gemi.
A sperare in tanti eredi
più che gli umani credi.
La speranza
Dall'abisso dell'anima
all'immensità del cosmo
la mia mente si perde
e l'angoscia mi assale.
Quando viene la sera
e sto per entrare
nel misterioso limbo del sonno,
quando la coscienza si perde nel deserto
dei fantasmi, in preda a strani sogni
in essa proiettati;
rammento mio padre:
con la speranza in cuore,la callosa mano,
il grano sulle zolle spande.
Nonna Filomena in fiduciosa attesa
della lievitazione dei pani allineati sull'asse
dal bianco lenzuolo coperti.
Così la notte pare meno nera
e la speranza del nuovo giorno più vera.
Il sole che sorge dietro le cime
e sull'orizzonte del mare,
il primo vagito di un bimbo,
viole, che rinascono a primavera,
steli di grano nel campo verdeggianti
diverranno spighe d'oro ondeggianti.
La vita che continua
nonostante l'impegno profuso per distruggerla.
Basta guardare con costanza.
per scorgere motivi di speranza.
Celata nel cuore, coperta dall'io,
essa stà, bella come una sposa,
solo il soffio potente dell'amore
può renderla luminosa.
L'emigrante
Correvano i "poveri anni cinquanta,"
nel mezzo dei verdi anni miei,
coi ciliegi in fiore, a primavera,
l'aria impregnata d'intenso odore
la partenza era imminente,
non più una chimera.
L'addio non fu per me uno strazio
per i genitori sì una fitta al cuore.
Aperta la gabbia, come un'uccellino
incontro al mondo, libero volai,
oltre le alpi in treno andai.
Pupille incantate
su grandi montagne
dalle cime bianco innevate,
restavano fissate.
Laghi, valli, buie gallerie,
attonito ammiravo,
città, stazioni e lunghe ferrovie.
A quei visi alteri, freddi e tristi,
di uno strano rosa-pallido colorati,
a quell'idioma secco e incomprensibile,
lungo e faticoso fu l'adattamento.
L'entusiasmo fu presto spento.
Assalito da struggente nostalgia
poco dopo sarei venuto via.
I giorni, i mesi e gli anni
monotoni, duri, volavano
come piume al vento ;
ad ogni tramonto, come un tarlo,
quello strano tormento
mi rodeva d'entro.
Come Ulisse, alla sua Itaca,
a casa anelavo tornare.
A Natale, quella malinconia
in pura gioia si mutava :
la Romagna rivedere,
il paese, i dolci colli,
la gente nella SITA,
era un rinascere alla vita.
Quei volti noti, olivastri e bruniti
li avrei tutti baciati.
Riudire, poi, il nostro dialetto
per il mio spirito
era un godimento perfetto.
La nebbia
Cantava il poeta :
la nebbia agl'irti colli
piovigginando sale...
Annuncia il metereologo :
nebbia fitta in val padana
visibilità dieci metri,
automobilisti state in campana.
Un muro denso compatto e grigio
cui impotenti, s'infrangono
fari al silicio.
Occhi stanchi
pupille dilatate
alta è la tensione in giro,
ovunque fluttua a banchi
della terra strano respiro
inghiotte case e campi.
Dell'autista la mente è cotta
una brusca frenata…,
subito una prima botta,
dietro ne seguono altre cento.
Quelle lucide scatole
che correvano leggere
in un baleno
sono cumuli di lamiere.
Terrore, grida, sangue
impietosa la falce della morte
miete la vita a sorte.
Nel plumbeo grigiore
durante quella macabra danza,
di tanti, per sempre son infranti
sogni e speranza.
Domenica d'estate
E' domenica,
l'asfalto proietta evanescenti miraggi
sulla terra piovon infuocati raggi.
Laggiù sopra sabbie ardenti
a milioni saccalcan nude le genti.
Mentre il sole spacca le pietre
in questo torrido meriggio d'agosto,
odo nell'aria come un suono di cetre.
Rapito dalla quiete del posto
all'ombra del vecchio melograno
ripieno di vaga nostalgia
la mia mente vola via ….
Come puledro a sciolte briglie
galoppo libero senza meta :
sugli scogli a raccattar conchiglie
riposo fra lenzuola di seta
vago su riarse lande
rientro in antiche chiese
rivedo monumenti, cupole, campanili
il carretto dei gelati
fattorie e grossi fienili
contadini sui campi, ricurvi e sudati,
stanchi
in quei lontani giorni assolati.
Opache immagini di ieri
rivivon oggi nei miei pensieri.
Ora però non è più tempo di siesta,
anima mia destati
è un giorno di festa !
La vendemmia
L'antica festa d'autunno
è in pieno corso
di turgidi grappoli
son cariche le vigne
esperte mani
depongono nei cesti
smaglianti lucide perle nere
dal tiepido sole d'ottobre
baciate.
Han stampati sulle labbra
enigmatici sorrisi
negli occhi lampi vogliosi
i vendemmiatori,
già pregustano, golosi
l'inebriante nettare
rosso rubino
il cui soave nome
"per Bacco"…
è vino.
A Silvia
Da giorni i coppi piangono
copiose lacrime.
Il sole è latitante.
Il grigio domina in cielo
e nel mio cuore.
Il vigoroso risveglio della natura
pare essersi di colpo fermato.
I campi bevono senza ritegno
I contadini tirano un fiato.
L'antico borgo sonnecchia stanco
le sue vecchie case
hanno gli occhi serrati
e i comignoli spenti.
Solo qualche cane abbaia
rompendo il pesante silenzio
che incombe su questo luogo
così triste e buio
dopo la tua repentina partenza.
D'improvviso il faro s'è spento,
la mia nave va alla deriva …
Fino a quando sopravviverò
senza di te amore mio ?
Silvia fa che io viva !
Silenzio
In questa nuova Babele
fra urla, suoni e mille rumori,
come stordito fuscello mi sento,
inesorabile la corrente
al mare degli automi trascina lento.
Ribelle, in cerca di un lido
arranco, mi dimeno e
alto levo l'inutile mio grido:
" Spegnete i motori !
Fate silenzio …!"
Lasciatemi ascoltare
le cicale sul sorbo grosso
nel meriggio d'agosto,
il gracidare le rane nel fosso.
Permettetemi d'udire l'usignolo
in sulla frasca solitario
mille melodie cantare,
la pioggia sui vetri tintinnare.
Silenzio ! !
Voglio sentir sbocciare
il roseto a primavera,
voglio udire un battito d'ali di farfalle,
le lucciole a sera
accendere e spegnere la lanterna sul grano.
Silenzio per favore !
Voglio percepire il respiro dell'animo mio,
voglio captare ciò che da tempo
cerca di dirmi il mio Dio.
Uomo in decadenza
Eppur così moralmente solido
integro, superbo e incorruttibile pareva.
Ha attraversato indenne tempi avversi,
come il ghiacciaio ora si scioglie
e lentamente muta.
Lo specchio dell'anima si è frantumato
e mille volti rimanda sfocati.
Impalpabili sogni …vagano nel buio,
il soffio del vento in nubi a pecorelle
scompiglia.
Guazzabuglio di pensieri ora assopiti
simili a pipistrelli neri
a grappoli nella grotta appesi
stanno.
Al grande fratello, ignavo,
si è arreso. |