L'inverno Finirà l´inverno sui muri sbrecciati, erba nuova accarezzerà cancelli arrugginiti e solchi profondi la terra esaurirà. Finirà l´inverno della tristezza, incatenata a ceppi di sospiri acerbi e nuova vita prometterà. Finirà l´inverno delle fughe senza ritorno del tempo che lascia traccia di se scrivendo la sua storia intorno ai nostri occhiHo mani Ho mani nodose raccontano della vita e te la mostrano nude perché sanno del dolore. Stringono altre mani compagne di viaggio si sorreggono ad esse e cercano il coraggio. Ho mani che frugano nell´altrui cuore e non si vergognano di chiamarlo Amore. Questo è il mio campo A chiudere la porta il respiro ne prende la forma gocce di morte brillanti di rugiada ultimi aneliti di vita melodia atavica del dolore. E le dita toccano corde, quel che resta di corpi, uomini alla deriva, attraversano la strada lastricata di facce occhi vuoti e bocche smisurate che gridano lapidarie tormenti muti. Questo è il mio campo mi cinge la memoria col filo spinato dei ricordi mentre la carne mi tortura. E intanto il forno continua a soffiare nuvole bianche di anime lontane La quiete! La sera m´ accarezza le ciglia e m´invola tra i rovi del tuo cuore. Braccia stanche cingono l´ignoto e noi come naufraghi mai arresi a dirimer la quiete attendendo la tempesta. Figli miei Ho partorito da un ventre scarno figli senza nome e li ho vestiti di ogni rimpianto. Abbandonati e poi dimenticati ho svuotato il cuore del loro inutile pianto. Son corsa via per non udire il peso del loro sguardo, quegli occhi così fondi da leggervi dentro ogni oscuro presagio. Questo è il cammino miei orfani senza voce, un domani già scagliato alle spalle. | La nascita Mi vestirò della sabbia che il mare ha ripudiato. Lascerò che l´ultima onda inesperta lambisca le anse cedevoli della mia anima sciupata. Offrirò il fianco prima ancora ch´egli lo reclami docile ed arrendevole nell´immutabile delirio. Disporrà del mio cuore lo lascerà pulsare indifeso nel palmo della sua mano eterna e il giorno nuovo aderirà al tempoSono niente Sono spirito digiuno smarrisco la via del ritorno e la ritrovo che la notte è già calata sul carosello di umane solitudini. Sono impronta sul vetro appannato, vita che mai mi rifletti e mi passi accanto guardinga. Sono quel piede che calca le orme di un uomo sconfitto che col capo chino innanzi a me cammina a spianarmi quell´unico sentiero. Sono un grido lontano eco che torna, voce comune di un destino beffardo. Tu che sei Tu che sei dentro e fuori di me osservato e spiato giudicato e offeso da chi ti osserva ti spia ti giudica ti offende perché mai ha conosciuto un´anima. Tu che mi regali ogni notte un peccato nuovo fammene dono perpetuo perché il mio paradiso si schiuda e in te io sazi la mia dannazione. E non addormentarti dimenticandomi io non dimenticherò. La morte busserà e ancora e ancora abbracciati unica carne unico respiro stupita ci scorgerà. La speranza Passi malsicuri intralciano i fili d´argento che il tempo lascia pendere, in balia del vento, come esuli sopravvissuti dalle nostre vite, trama che pazientemente scuce. Nel nostro domani si annidano tare che riscrivono la loro novella su ciò che resta delle nostre divise smesse. Giorno e poi notte unico cristallo di neve non dissolverti in poesia di vita ma restami sola speranza al fianco. |