Spiazzo di verde sulla montagna
Non è più il gioco che cerco,
non più l’eccezione,
non le grandiose immagini inebrianti
e rutilanti, che penetrano la mente
e travolgono i sensi.
Si è capovolto il mio mondo di luci e colori,
ed è emerso un gelido vuoto inatteso
e un buio profondo, là dove
c’erano stati carnevale e sogni senza confini.
Vorrei essere stato meno ciarlatano e meno giocoliere
al tempo che mi regalava ore spensierate.
Ora sogno un forte appiglio, un porto sicuro,
che mi faccia sperare e lasciare alle spalle
questi ultimi anni turbolenti, che pensavo felici,
ma che nell’anima hanno seminato
un vago senso d’incompiuto
ed un gran bisogno di calma e certezze.
Ora guardo quello spiazzo verde sulla montagna
e ti penso.
Ambra e miele
Ambra e miele
nell'ardente freschezza
dei tuoi occhi azzurrini.
Donna e fanciulla sei,
ambra antica e acqua sorgiva.
La tua festosa allegria
ha la limpida trasparenza
dell’innocenza mai perduta,
la tua generosa tenerezza
l’ambrato calore della maturità
duramente conquistata.
Perciò il mio cuore domo ti cerca,
donna e fanciulla, ambra di mare,
miele salato che bevo dalle tue labbra
e come balsamo vivificante si posa sui lividi
della mia anima solitaria
Alluvione
Esondavo.
Tracimavano le emozioni,
le brame furiose, a grandi getti,
con la violenza vorace della passione.
Inondavo la tua liscia campagna,
le profondità nascoste, i dolci rilievi
con la carezza ritmica ed inarrestabile
delle onde.
Ma passata con urlo potente
l’estrema onda di piena,
all’alba ho ritrovato intorno a noi
solo vischiose, melanconiche macerie.
Piene di noia e di silenzio.
Vancouver
Il grande totem ci coprì
con le sue lunghe ali d’ombra.
Nel riflesso mobile del mare
brillava di mille luci
Vancouver!
Sulla spianata magica del museo, sperduto
nel soffice tepore delle tue labbra,
ho udito intorno a noi aleggiare i nostri nomi.
Li sussurravano i grandi gabbiani,
che già ci avevano sbirciato, indiscreti ed urlanti,
attraverso le ampie finestre del Bayshore.
Di isola in isola li ripetevano,
ai battelli ed agli idrovolanti
che per un attimo attraversavano
l’incantato orizzonte del nostro rifugio.
Così ora
anche la grande baia di Vancouver
è parte di quell’arcana dimensione
che da sempre ci sta accanto
e di cui noi soli conosciamo
il segreto codice di materializzazione!
Querida
Querida,
io per te
sono come la partenza da tempo desiderata
verso paesaggi nuovi e lontani
dai ripetuti gesti quotidiani.
Un viaggio, chissà quanto lungo,
da cui tornare più forte e rinfrancata
ad affrontare la definitiva strada
che il destino ti ha assegnata.
Querida,
tu per me
sei come il ritorno da tempo sospirato
verso un porto riparato ed accogliente
cui far approdare il mio corpo affaticato
da una vita fin troppo sofferente.
Querida,
durerà il tuo viaggio
quanto tutti i miei ritorni?
O forse un giorno cercherò invano
quel riparo tanto agognato,
la grazia carezzevole dei tuoi gesti,
la morbida bocca profumata
ed il caldo asilo del tuo seno?
Nel corpo e nella mente resterà allora
il ricordo del tuo braccio di traverso sul mio petto,
del caldo respiro che mi accarezzava il viso,
del peso del tuo ginocchio malizioso
sul mio sesso esausto, ma stupefatto,
per averti tanto amato!
Cantiere notturno
Nel buio della notte
si muovono
ombre sconosciute.
Uomini che mai non ridono
ed appena s’intravedono.
Abitano un mondo
d’improvvisi rumori
accanto al nostro.
Poi il sole spietato
dell’alba che irrompe
con raggi di cobalto
cancella le vaghe forme.
E nella città ridesta,
dinamica e rumorosa,
nulla più resta
dell’immagine misteriosa.
Accrescerò la tua sete d’amore
Accrescerò la tua sete d''amore
seminando con forza la mia anima
nella fertile pianura del tuo cuore.
Fra le mie braccia boccheggerai ansante
poi rabbrividirai per l’improvvisa vampa
che ti accenderà le viscere più nascoste.
M’inonderai di saliva e sudore,
mi ferirai con acuminate unghie scarlatte
finché lungamente i tuoi seni saranno scossi
da sussulti di trionfante tremore.
Ti addormenterai sul mio petto,
perduta per sempre nel sogno
che ti avrò inoculato,
germoglio nuovo
della nostra breve esistenza
immortale.
La rondine
Sei tornata,
come torna a fine maggio
la rondine
e muta il paesaggio.
E come squarcia il sole
le nubi
e scioglie le grigiastre nevi,
così su di me agisce
amore
e rompe della cupa tristezza
i veli.
Ripartirai,
come segue l’intimo desio
la rondine
e con largo cerchio dice addio.
E quando con ratto volo scompare
all’orizzonte
che denso di nubi già mi sovrasta
il cuore
in me certezza nasce ch’affrontare
dovrò da solo il fato
e senza amore!
Anima affamata
Anima affamata di spezie carnali,
di gesti d’amore,
di baci e di carezze audaci,
io mi offro, argilla malleabile,
alle tua brame ed ai tuoi sogni;
io la tesi, tu l’antitesi,
creiamo, suvvia, una sintesi
concreta ed appassionata,
irrazionale ed irragionevole,
che ci lasci a bocca aperta
in urgenza di respiro
e ci doni un attimo di
assoluta, immanente
amnesia.
Nuda , vestita
Nuda, vestita
dell’odorosa pelle
che da sempre in me
alto risveglia
il carnoso grido,
sugli esausti cuscini
languidamente giaci,
del nuovo profumo adorna
ch’aspro ti rivela
nuovamente mia.
Averti amato
Averti amato
e dover ora partire!
Averti accarezzato
con mani tremanti
avide di bellezza;
averti stretta nuda
tra le braccia mai sazie
di sentirti calda e dolce
nell’abbraccio.
Averti baciato furiosamente
le labbra
umide di soddisfazione;
aver sfiorato col viso
il tuo seno
ed averne respirato
l’odore delicato.
Averti amato
e dover ora partire.
Per me vuol dire
morire.
Le macchie di Rorschach
(L’amore è una pazzia)
Dieci volte, quel giorno, ti ho incontrata,
tra sprazzi di colori celata,
sui fogli, come la Maja desnuda, adagiata.
Hai teso le braccia e ho sentito la tua chiamata.
Aprendo il fascicolo, l’arcigno dottore mi chiese:
cosa vede in questa immagine?
Ma è Valeria, la conosceva anche lei?
Ricorda com’erano odorosi e scompigliati questi suoi cappelli dorati?
E, mi dica ora, qui cosa vede?
Disse il dottore, voltando pagina.
E’ evidente, è l’azzurro profondo dei suoi occhi,
che spicca inconfondibile tra colorate macchie!
Bene, continuiamo, disse. E al mio sguardo
propose una nuova figura.
Oh! Sì! quante volte ho baciato la sua bocca sensuale,
che qui ancora m’invita, così morbida e rosata!
La bocca? Davvero? Disse il dottore
guardandomi con attenzione. E questo?
Ma, dottore, anche i seni di lei mi mostra?
Queste due corolle di fuoco spesso sono state il mio guanciale!
Si, certo, disse il dottore,
con una nuova ruga in mezzo agli occhi. E qui?
Dio! Le sue mani, dalle lunghe dita attente,
così fresche sui miei fianchi! Lei non può immaginare, dottore!
Immagino, immagino, rispose. Ma andiamo avanti.
E in questa tavola più scura?
Il più bello dei suoi giardini, così profumato,
in esso mi sono perso e ritrovato spesso.
Ma è sicuro? Un giardino così scuro?
Guardi ancora e mi dica..
Forse anche un bosco, una grotta accogliente,
un asilo, un ristoro, una casa, tutto questo insieme.
Capisco. Forse può bastare così. Ma guardiamo ancora un’immagine.
Cosa vede in questo foglio tutto bianco?
Ma non è ovvio? E’ la sua anima, così pura, tutta luce e trasparenza,
è Valeria nella sua essenza. Ma Lei non la conosceva?
Sono anni che, rinchiuso in questo cupo palazzo,
continuo a vederti, occhieggi da ogni macchia sulle pareti.
Ogni tanto passa il dottore e con uno stanco sorriso mi chiede:
come sta la sua Valeria? Anche oggi l’ha incontrata?
Risveglio
Ad ogni risveglio
vorrei riprovare
l’ebbrezza sottile
che ad un tratto m’assale
nel risentire il profumo
del tuo corpo addormentato
accanto a me.
Riassaporare
lo stupore incantato
che dalle pupille m’invade
nel ritrovare la levigata seta
della tua pelle che quieta respira
accanto a me.
Con le mani cercare
i tuoi seni assopiti
e con lieve carezza ridestarti
dal sogno che ti trattiene
lontana da me.
Sul tuo viso
rivedere disteso
il dolce, giocoso sorriso
e negl’occhi socchiusi
rileggere il trepidante invito
ad un più serrato abbraccio.
Ad ogni risveglio
è così che vorrei amarti,
e tra sogno e realtà offrirti
ogni mio attimo di vita
del giorno nuovo che nasce!
Jogging
Lo sguardo allucinato,
fisso su mete invisibili,
contando monete e gloria,
correvo intorno a me stesso
una corsa solitaria
Sono inciampato, d’improvviso,
nel tuo caldo sorriso,
luminoso riflesso catturato
dall’asfalto bagnato.
Nello stramazzo sono rotolate via
le monete e
della gloria ho perso la misura
e la memoria.
Non corro più, ora.
Cammino tenendoti per mano,
lo sguardo illuminato.
La luce d'un momento
Sopra di noi brillava
il sole.
Attraverso la piccola finestra
del soffitto
entrando rifletteva con i suoi raggi
l’ardore
dei corpi uniti nell’abbraccio
antico.
Due corpi avvinti che creavano
un attimo
di perfetta immobilità nello spazio
tempo.
Istante vivo, reale, immutabile,
un atomo
di vita cristallino, la luce
d’un momento.
I traghetti di Nanaimo
Nel pulviscolo scintillante
che gioca ignaro tra le nude pareti
delle stanze ormai spente,
trafitti dal sole calante
danzano anche
i nostri intatti ricordi,
inquilini felici ed eterni
della casa sulla collina,
dietro al faro che ammicca
ai traghetti di Nanaimo.
Uno ad uno li contavamo,
i grandi battelli,
che scandivano
col loro cronometrico passare
le ore della passione
e dell’amore.
La melodia dei nostri gesti,
forti ed armoniosi,
si distendeva nell’aria sottile
colorata dal sole cangiante delle aurore
e dei tramonti.
La nitida scia luminosa
increspava il mare come un sorriso,
pari a quello che addolcisce oggi
il nostro viso
quando ripensiamo con sognante nostalgia,
ai bianchi traghetti di Nanaimo.
Vite sprecate
Dentro al cuore hanno aride praterie
orfane di bisonti,
dove giacciono arenati sogni
ed illusioni.
Inerti caviglie
affondano sulla riva viscida
del fiume impetuoso della vita
che non hanno avuto il coraggio
d’affrontare.
Negli occhi hanno il riflesso
di aurore
sempre più lontane,
di stelle
che nemmeno con la fantasia
hanno saputo raggiungere,
del sole
che mai li ha riscaldati,
ma solo implacabilmente
accecati.
E ormai il loro cervello lo sa,
che sta ridiventando
polvere.
Robot chimici
Siamo avvolti da campi elettrici,
magnetici,
da reti d’interconnessione, da forze
gravitazionali, da fotoni,
elettroni, protoni.
Entità
che non possiamo vedere né percepire
ma che condizionano la nostra
volontà.
Ci muoviamo in un piccolo mondo
che pensiamo di dominare,
in cui crediamo di esercitare
il libero arbitrio, di realizzare
la nostra umana identità e unicità.
Accumuliamo immagini,
collezioniamo parole,
c’imbeviamo di suoni e rumori,
ci ubriachiamo di odori e sapori,
Poi scopriamo
che si tratta sempre
di reazioni chimiche,
di schemi ondulatori di probabilità,
di peptidi e neuroni,
di enzimi e ormoni.
Realizziamo così
che ciò che ci distingue dalle
cimici
è solo il fatto d’essere robot
chimici
cui il Grande Burattinaio
ha malignamente concesso
un devastante barlume
d’intuizione.
Come il mondo quando muore una farfalla
Come il mondo quando muore una farfalla
il mio animo si è scolorato
ed è addolorato, come il cielo,
quando perde il volo d’un gabbiano.
Le radiose speranze
sono svanite, a poco a poco,
come le stelle
all’incedere dell’aurora.
Farfalle, gabbiani e stelle
nascono e muoiono, giorno
dopo giorno, sempre uguali.
Ma per me, d’ora in poi
le speranze e le promesse
non saranno più le stesse,
avranno un altro suono
ed un altro nome.
Non potrà più essere
il tuo.
Musica
Musica,
t’innalzi su esili fili
a sondare innaturali spazi,
quindi scrosci su di noi
come torrente di primavera
che corre impetuoso
verso valle.
Sulle invisibili trame
del tuo gioco sottile
spesso s’invola, rapito,
il mio pensiero….
E nella forza serena
della tua voce antica
ritrova la pace,
ch’alfin discaccia
l’insulso fragore
delle umane cose.
Terzo millennio
Ahi! Millennio
disprezzato ed offeso,
nato senza festa
già profanato e falso,
mostrando le rughe di un anno
che non t’apparteneva.
Pagheranno gli uomini la loro ingiuria al tempo.
Dentro di loro scava inesorabile il Nulla,
diventano di plastica anche i grandi ideali,
i profondi sentimenti e le emozioni vere;
vivranno chiusi in mondi virtuali
i cui echi binari sorvoleranno
pietrosi deserti, pozzanghere d’acque inquinate
e nere foreste incenerite.
Pagheranno gli uomini la loro ingiuria al tempo,
espressione massima del vuoto spirituale che avanza.
Come già le pianure rigogliose ed i boschi
brulicanti di vita,
anche i loro cuori e la mente si fanno ormai deserto,
nell’ossessiva rincorsa a valori
fittizi ed ingannevoli.
Pagheranno gli uomini la loro ingiuria al tempo.
Il quarto millennio,
disgustato ed insofferente,
non li vorrà conoscere:
scompariranno prima, dal proscenio.
In morte del padre
Non c’è più
la fresca ombra protettiva
del grande e saggio albero
abbattuto.
Ora tocca a me rinforzare
le penetranti radici,
stendere verso il cielo
i robusti rami e
farvi scorrere fresca linfa
vitale,
che dia vigore ad innumerevoli foglie
e ad una rigogliosa chioma.
Sarà la mia ombra a riparare
dai raggi troppo ardenti i giovani
arbusti e gli esili tronchi
che mi sono più vicini.
Mi nutrirò
della sapida memoria della sua vita,
dei racconti che già mi mormora
il vento che ben lo conobbe e
che il fogliame diffonde
di albero in albero.
La pioggia mi accarezzerà
sussurrando il suo nome e
ricordando come fosse accogliente
la sua fronda.
E tutta la vita alata e strisciante
che aveva trovato riparo
presso di lui
si aggrapperà alle scaglie
della mia corteccia e
troverà, tra i miei frutti
e fra le foglie,
l’asilo che temeva d’aver
perduto.
Solo fumo
Sull’invisibile tessuto gravitazionale
stanno adagiati gli astri,
inerti,
in balia degli eventi,
che alimentano l’entropia,
e li conducono verso il grande caos.
Il fondamento scientifico
del disegno intelligente
è solo fumo,
che traspare greve
sulle volute cerebrali di chi,
arrogante,
non conosce l’umiltà del dubbio.
Nell’universo stocastico
l’uomo sogna la ragione del numero intero.
La verità, invece, si cela nell’inesistente
radice quadrata di meno uno.
La sola spiegazione è nell’immaginazione.
Acquietati, lucente luna
Acquietati,
lucente luna!
Pur se furtivo guatar mi vedi
il suo sguardo,
sappi che non è malevolo
il mio agire.
Cerco nell’algide pupille
il segno d’un palpito segreto,
il bagliore d’una celata cura
che riaccenda la speranza
che sopita abita l’antro
più nascosto del mio essere.
Un’urgente preghiera
mi sale dalle viscere:
ch’alfin si muova,
nell’accenno d’un sorriso,
l’angolo remoto delle sue labbra
e sciolga in lacrime dolci
la banchisa
ch’or fredda il mio cuore.
E' passato il mio tempo
E’ passato il mio tempo.
Non creo più l’incanto,
che accendeva i tuoi occhi
con lampi d’allegria.
Le tue labbra più non si saziano
sul mio affannoso respiro,
e la curva del tuo seno
non si tende, avida di carezze,
verso le mie dita,
ormai fredde e sorde.
Il mio tempo è passato
ed il mio canto
è solo un sussurro,
ma continua a dirti: ti amo. |