Poesie di Alessandro Idisium


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Sogni sotto il richiamo incessante dell'Eden
La luna che avvolge in un pugno di fiamme esaudenti la terra,
gli occhi intrisi di sogni della gente
e gli astri ti accartocciano in una morsa che vibrano gli indizi divini,
nel travaglio vedo il mio istinto
a familiarizzare all'istante in un lontano paradiso terrestre,
vedo stelle cadenti sguainare affilati desideri
e notti fonde lasciare il violino all'infinito,
abbiamo quello che ogni nume rimpiangerebbe se lo perdesse,
alcuni di noi sono nelle grazie del creatore,
alcuni sono morti per giganti tesori che nessuno può rubare,
qualcosa succederà, l'amore è l'unico che si trascina da millenni,
si trascina da millenni sulle mode che cagionano stragi,
ancora un eroe ancora un solo Santo e ancora i nostri no,
si trascineranno fino al paradiso i nostri sogni,
elevazione che esplode in lacrime o future apocalissi,
i nostri sogni attuali si trascineranno fino al paradiso ancora una volta.

La notte artica si affaccia attratta con occhi di balenottera,
stella col tuo nome in ogni galassia


Noi due siamo a mille glaciazioni dalle condanne e da quello che il mondo
crede sia il mondo,
in un amore senza fondo dove affogherebbe il big bang,
e vediamo dove il mondo,fuggente perde dove sia il mondo,
gli anni luce sono stracci che si perdono nelle geometrie;
poiane in caduta e i luccichi di perfetta irregolarità del fiume di splendore
annegante.
Siamo nella luce del giorno finito per una rosa che morirà stanotte.
Cos’è abbiamo che brucia sotto ogni dito la voglia di vivere ed è sepolta la
condanna.
Cos’è abbiamo la voglia di vivere e l’infinito;
creata la terra solo per essere desideri a flotte.
Siamo via fino ad un brivido, abbiamo i brividi fra me e te,
nemmeno la fine, nemmeno la memoria, nemmeno affogare l’uno l’altra,
perderci nel lago dei binari morti,potrà avere costruzioni,
tutto nostro, come un morto visto vivo solo da noi in una grotta.
Noi due lontani più del vino migliore, più della malattia in un sogno,
più dei segni zodiacali,più lontani di quel gatto morto sui fili elettrici,
più dei numeri, più delle ragioni di esistere,
più della cometa che ripassa fra mille anni,
lontani come una candela spenta per un desiderio ed è solo la candela a
rimare li.
In un ghigno illogico al sole che attraversa l’atmosfera,
in gorgoglii di verde prato a far correre col pelo lucido il cavallo di
troia,
nel prato che conoscevamo per nome ogni ciuffo,
noi due su una panchina al centro del prato,
noi due col tuo velo che copriva entrambi,su una panchina al centro del
prato,
intorno come disegni sul cartone girava il progresso goffo
dove fanno mercanzia con zelo, come carta fradicia,
di ciò che è lo zenit del sole, intoccabile,solo l’essere umani li salvava,
e io che sapevo racchiudere in una parola sporca il mondo intero a chiave,
il tuo sorrisino ogni volta che dicevo quella parola
era come lo strillo della stella del tramonto che ci regalammo nel
panorama,
che mi legava a te dovunque come una foto della nostra pelle d’oca,
e se uno dei due moriva non sarebbe rimasto solo,
si noi li in qualche tempio del secolo corrotto a contare le nostre ciglia,
a darci i nomi alle nostre vene dei polsi,far brindisi con qual calamità!?
Per decidere in quale mosto buttarci, o li dove credono di cambiare il
mondo
o in un bar ai confini del mondo dove non esiste nazionalità
a dirci: io ti odio dal giorno alla notte e ti odio appena mi dici meno di
fino all’aldilà,
io ti odio come delle manette per non bere, come un incubo attorcigliato alle
mie arterie,
oh complicità!E voglio dedicarti il mio compleanno!Io ti amo quando di
notte
vorresti scrivere ovunque le tue domande gloriose a chi crede di comandare il
mondo,
io ti odio come l’albero le frane,come una valanga odia la valle,
io ti amo come il freddo perenne del cielo ama l’estate,
come gli occhi degli animali nella notte amano chi mette monili luccicanti a
coppie appesi ai rami,
io ti amo quando mi dici ;se ci lasciamo mi amerai ancora?
io ti odio più di tutto e il mio odio per te
è su quelle tue palpebre che non riesco a strapparti quando siamo attaccati
avvinghiati,
io invece ti odio quando tu non odi con me,
io ti odio che il mio cuore in ogni sentimento è solo tuo.
Io ti amo nei miei occhi di sonno,entri prima del sole,
sento le mie vertigini sulla tua carotide, sei piuma sismica;
Di chi siamo noi stessi?Quale rima potrà mai
vendicare anche un solo secondo di noi?
Io e te uniti nella foresta da un filo di rovi che stringevamo
Io e te uniti che per risolverci i problemi l’uno all’altra
uno dei due era comunque nelle rogne,
io e te uniti come quando come scura firma all’infinito,
ci nascondevamo dal sole a spinte infide mimando una gelosia pericolosa,
ci nascondevamo da sole ad abbracci da giudizio universale,
per più tempo possibile dentro dell’estate l’iride,
io e te uniti come spine fra spine senza curar la rosa,
io e te uniti che stringevo la tua mano in bocca per pensare ai miei casini
la sera,
Io e te così vicini che vedevo il tuo viso prima della mia porzione di
vita,
io so che le stelle mormorano a te per dire a me,
io vedo il panorama che alza cornucopie e il tuo scialle colorito me lo
ricordava,
e qui sul fondo di due bicchieri che riflettono il giorno di oggi
e tu scalza sei anche quell’ultima goccia rimasta,
è per te questa frase amore, perché io odierei l’eternità se non esistessi,
noi due raggruppati in una lacrima nera che ingoieremo
e mentre la notte artica si affaccia attratta con occhi di balenottera
sul nostro svincolo dal destino poiché ognuno seguiva quello dell’altro
come una macchia nera nel creato noi,
Io ti dicevo, ho una stella col tuo nome in ogni galassia,
sei un perché di quel cielo,
il mare potrà saltare e li più grande della luna addosso a me,
lui non toccherà il mio occhio con tutta l’acqua che ha perché è tuo,
potranno tutti gli assassini della terra venire anzi che vengano dove e
quando sfido il mare,
perché forse domasi sarò morto ma è per te questa frase amore,
perché io odierei l’eternità se non esistessi,e senza mai voltarci indietro
ti dico:
“sappi che abbiamo già vinto da sempre,
non potranno mai spegnere i crateri che eruttano argento della luna
o far scoppiare il sole,destino glorioso affibbiato alla terra,
abbiamo vinto, questa è la nostra certezza” è per te amore solo per te.

Finche' lei per lui e lui per lei.
Sette notti nelle turbe dei nostri sogni che si divorano,
avvinghiati dove le stelle confidano i nostri deja vu inspiegati,
chiavi ed eterni,i fantasmi rimasti per ammirare la loro amata fino alla
morte,
senza andare in paradiso,parlavano in rebus,
uno lo disse a noi come allucinazione per lasciare l'era a dirci pazzi
ma non a sprecare bellezza,
un' allucinazione di un fiore che diceva ditemi tutto il male, dite che sono
io che lo faccio e vedrete una via..
sette notti che tutto aveva il valore che il paradiso gli attribuiva.

Quest'onda di alba sotto alberi in fiamme
Moriranno gli animali accodati della primavera,
la piaga potrà arrivare all'osso,
ma la libertà proseguirà a tagliare pezzi di nubi e blu,
e addobbare i multidimensionali cieli,
nessuno saprà mai la verità, essa è solo degli amanti.
Io non sono io,io sono il suo capello lasciato su me.
Non esiste facile o difficile ivi,
solo la distanza delle stelle accidentale!
I morti sono morti?Nessuno lo sa,
e nessuno saprà cosa volevano dire esattamente,
perché noi siamo dell'infinito.
Solamente le sirene che sguazzano
e si trasferiscono solo fra le calamità di morti certe,
tra un maremoto a un gorgo a una nubifragio,
avranno meteore di ghiaccio ,che l'aria taglia in neve,
sulle loro code che si mischierà alla spuma,
loro usciranno come una svista di un deja vu dall'acqua,
sfiorano il come qualche idea potrà nascere fra me e te,
perfino i vulcani
dovranno farsi lontani dall'idea delle nostri mani,
dovrà piangere il sisma su noi,
uniti in vita e morte,
e le nostre mani non chiedevano un senso perché lo erano,
un destino che si inginocchiava
all'unica ombra di noi,legati già come il rimpianto di una morte,
sul nostro legame unito come la primavera all'estate.
Morte e tortura sono un po di luce del nostro premolare,
abbiamo teso i nostri agguati da dietro la luna
scoprendo che non siamo costretti mai da niente,
liberi come il mare usa il blu.
Gli animali venivano dalle stelle,
eravamo liberi e volevamo la notte che affoga nel fruscio,
la luna piena urlava come un neonato,
morte e tortura sono un pò di luce del nostro premolare,
ogni cielo può precipitare come cemento,
può aprirsi la terra come un elastico rotto,
possiamo perdere le guerre mondiali ma che cambierà per noi due?
Io e te corsa sfrenata
nel deserto fiorito di nomi e soprannomi alle dune,
in un sol sfiorar di pelle scagliati nel nero della notte
ad attaccare le costellazioni alle bugie,
tremare delle promesse che non ci manterremo dell'altro,
a dire eterno o meglio la morte,
a dire alle stelle che conosciamo anche da ubriachi:
ho paura di lasciarle la mano perché credo di cadere.
La notte è solo rose,noi due talmente nelle nostre rispettive viscere
che vomitavamo pezzi del nostro amore da ubriachi
e in questa notte lontani come vesciche da tutto potevamo leccarlo dal suolo,
sentivamo i grilli recitare fra loro poemi d'amore col cilindro in testa,
e li schiacciavamo per vedere se dentro c'era saliva di fata,
tendevamo agguati alle lucciole che non luccicavano
e urlavamo a squarciagola e la pineta sospirava e diceva non si sente niente,
vedevamo oltre la battaglia che per te vincente amore è solo noia,
riconoscevamo l'eterno nelle stelle
che di giorno preparavano col panorama il prossimo spettacolo,
oh noi nella notte che è solo rose,
i tuoi piedi camminavano sul mio squilibrio,
folli, lontani e dal mondo ci divideva il filo del rasoio di aver trovato
la connessione vita-eterno, il senso dell'esistenza,la fossa di margherite.
Ed eravamo soli con la notte tutta di rose,
insieme noi due, che ogni filo di cotone addosso come leggende lunghissime era,
vedere un semplice atomo che si trasforma
raccontandoti della robustezza delle piume degli albatros,
eravamo a stringerci nella notte che non tradirà per sempre se esisti,
eravamo nella notte a stringerci ed era più ostilità che amore,
e i tuoi occhi erano fatti di tutte le mie lacrime,
erano ogni mio silenzio,erano il colore di mille illusioni.
Persi nei nostri corpi a fettine o no sarebbe uguale.
Che cambia?Cosa significa mondo?
Esisti o non esisti mondo e chi sei?Cosa centrano tutti i malauguri?
E noi ti puntiamo mondo!
Se non ci fossero stati Santi ed eroi,scultori e muse
dove ci avresti e avresti portato i nostri fratelli mondo?!
Conosciamo la monotonia e il tuo artificio in tre eresie per sempre.
E noi che nemmeno se una stella scenderà e la terra reggerà
butteremo uno sguardo alle sue condanne nulle,
ci siamo orientati con la luna e scomparimmo nel buio di una chimera,
nella notte inseguendo la notte che gira e ripartire ad ogni alba,
per mille vite di mille stelle,dal cielo cadeva oro,oro leggerissimo
noi andavamo anche fosse per onorar un cuor nobile,
noi volevamo solo quello che siamo e un bosco
dove si vede lo scuro in fondo e non si distingue l'orizzonte,
riconoscendo che gli acquazzoni sanno più di noi stranamente.
Aspettavamo un alba che ci sorprese,
la tua pelle era l'alba amore per me,forse per quello.
I pini iniziavano a mormorare,la brecciolina andava indisciplinata,
eppure tutto aveva un senso,
una lingua che insieme strillava il nome del giorno che era!

Il mondo come cera trascina le torri e sempre fissarci noi due senza rinunce
Dove le fini lasciarono la loro gemma,
si rovesciò acqua e danzando il riflesso del sole,
ogni pianta velenosa lasciò le polveri,
l'achelot inseguì miraggi, sogni, incubi e chimere,
e sotto il nero di asfalto delle nubi si vide! Il tremare della terra,
la sola esistenza della foresta ;rapì nembi nei sui fumi!
La notte trovò il gufo nel cerchio di un veleno.
Soprannaturale tappeto volante intriso dell'imperlato vino della miseria,
la notte, ha avvolto le ossa verdi della terra,paradiso in una circonferenza.
Stridevan passando, le comete, eran biancastre,lo specchio della pazzia,
l'imitazione urlante di paure di morte,
e le radici degli alberi volevano toccarle amando l'odore della terra!
Affogano compite bardate di ere nella foresta fradicia,
il destino perse le sue scuse come drappo di trifogli,
il buio disegnava tutta assolta la rabbia dei fiori!
Io e te andavamo, con un anello suturato alla pelle con scritto indipendenza,
ogni fratello e sorella del mondo erano una parata
felice di non essere ognuno fra gli ultimi,
ed era comunque bello per noi vederli felici,
mentre cercavamo noi due, scuse da dire a Dio per non morire,
Tu mi racconti, quando tutto è avvolto dal sipario di cera grigia,
di masse che si buttano dalla terra senza cercare niente.
Ne farei uno spaventapasseri di cosa cercano,ma non lo so.
Il cielo sprigionava la sua maledizione,
La notte ha lasciato le sue disgrazie
come e tra il tramestio di gioconde maledizioni di stelle,
e dove regna la pandemia e l'epidemia si enfatizza una nuova stoffa,
tu mi racconti che non esiste,
"dalla placenta ai petali smorti sul marmo,niente di tetro in questo mondo",
mentre tutti gli occhi delle foglie dissiparono e dissiparono
in uno crepitio di un cespuglio tutto,
e tutto quello che il giorno prima il silenzio ne lasciò solo le ossa,
e vicino all'asse della luna soffusa del giorno
e il calore delle piante d'inverno,
e fu nel deserto dell'onda verde dai ragni ai silenzi
e abbiamo lasciato io e te, Debora,
i comandamenti del mondo da troppo tempo,senza avanzi,
e durante l'andante lettera d'amore di terra e umidità,
noi come banditi avevamo sulla pelle la sensazione,
di dovere alcunchè al cielo,di averli trafugato una costellazione.
Intorno rose cieche!Noi due alienati alle leggi delle astrologie studiate,
rose con spine di verità!Noi due alienati al tempo della terra,
ma non alle pesche,e il fumo di chi vive d'inverno!
Noi inventavamo il paradiso correndo e dietro la resa di riposo di stracci,
come mummia dalle sembianze non umane che sgretolava che ci arrancava,
dietro a due metri,
e la nostra rincorsa degli echi linfatici del paradiso, riconosceva
nella luna irraggiungibile dai sui raggi, altrove,
la fine ineluttabile della mummia,cadere nella voragine che creava,
perché la mano che fece il mondo era li per la celerità sua,
tutto il resto sarebbe morto sempre,
e poi prima oltre poi,il tuo solo seder li mi fa togliere le cortecce agli alberi
per vedere la luce della linfa impaziente e stupefatta uscire,
non serviranno miracoli ci chiedevamo dopo che si sono visti muse ed eroi?
Nella sabbia che non si ama distratte convulsioni di parole,
sconfitti rantolanti,questo è un eco;
quante volte daremo fuoco a brandelli di cenere morti del male,
sempre morto,da sempre sconfitto?!
Ma arrivavano i rapimenti di cupido a trascinar tutto via,
quanto tempo avranno, quale panorama,quale alcova..volevamo noi fare tutto ciò?
E noi invece cosa mai ne potevamo sapere di cosa fosse un miracolo?
Nella città, andavamo e per me tu eri li,
sei nella chiesa dove entro per lasciare a Cristo la mia rabbia,
perché fra quadri e fede riconosco il mio amore per te,
sei il muscolo che muove la mia pupilla,sei il respiro involontario,
il motivo per cui mi salvo la vita,la tela della vedova nera
mentre scaglio i miei incubi,il mio esilio dalle punizioni divine per l'era,
un mare sul filo del rasoio,lo specchio delle mie vene,
e tu sei immortale ai miei occhi perché solo se morirò ,non ti starò affianco,
e poi,ma poi vento,vento forte più del destino!
E tu sei nelle mie ciglia che si muovevano al vento,
e l'orizzonte vorrebbe tirarci via, via, via, via
nel sole che da importanza alla vita,alla vita e al rischiar la vita,
e un fiore si staglia più imponente di un impero che divide…
Riconosco il richiamo del trono dei sogni,
la sua orchestra che fa bere acqua alle tigri,
ma io so che tu ami quelle mura,
mi dici, chi vuole così tante monete al costo del panorama?
E senza rinunce per un mondo di cera che trascina le torri,
noi ,inseguendo un quadrilatero di ecatombe
in diagonale di tutti i libri e le armi della terra andavamo,
nella direzione dei cechi con lo sguardo alla presenza del sole,
e le distrazioni delle diaspore e genocidi attraversavamo come vento del baltico,
si,noi due senza rinunce per un mondo di cera che trascina le torri,
Noi due volemmo oltre il senso dei fiumi,
dove fogli di poesie perseguitano fantasmi,
al contrario del vorticare della terra, intuendo solamente le stelle,
trovare l'alba onnipresente ,come il ricordo dei nostri addii!
Quando la fine lascerà il tuo sogno, come graffio sul collo e più
che è sempre nello stesso punto del cuore,
dire;l'orizzonte cede all'infinito,notte!
Per assoluto rapire la storia e la religione e il cielo donato da Dio,
per ucciderci senza istinto di sopravvivenza Debora,
nelle disgrazie dei nostri incubi, tra la seta di corde di violino
e la foresta intona la sua rudezza in la minore,
per noi, per noi, per
noi,per no,i per noi, per noi, per noi,
sotto la cupola dei cataclismi nella notte scura,
l'orizzonte cede all'infinito, notte!
Abbiamo preso i nostri succhi e siamo tornati
l'orizzonte cede all'infinito,notte!
E forse solo un crocifisso rimase in piedi.

La carità non si piega
Dove incroceremo sollievo se l'aria ci precipita addosso?
La fame nel mondo divora la fede,
dove scopriremo sollievo se il denaro ha comprato la luna?
Dove lasceremo riposare l'immenso?
Perchè il concime sta lasciando spazio alla cenere,
una vita è più importante di ogni denaro,
una sfera corre come se necessitasse di comperare alcunchè da un'altra galassia
e ora capisco la frase di quell'uomo più che santo sui colossali ricchi,ora si.
Il petrolio e questi combustibili distrutti che non ci fanno aprir la bocca quando piove,
è superato e l'elettromagnetismo che ci fa sentire di avere fili per le mani e intorno
può essere affondato dalla scienza,
e corrono voci impegnate come un nano senza circo su un miserissimo grado in più di temperatura..
quindi una cura selettiva per il cancro c'è.
I fossili sono dei morti sotto vento, terra, acqua e fuoco,
il ciarpame ha finito di essere un inriciclabile.
La terra può splendere di quint'essenza,
Oh che idiozia accusare e invocare Dio per cose che può fare una semplice persona,
comunicatori dicono che Dio non fa niente per l'africa con cravatte da mille euro.
Anche un pesce rosso avrebbe la forza di fare ciò che si invoca fare a Dio, che idiozia
Oh amore quel bellissimo pomeriggio dal clima terribile d'inverno,
quando cercando nel sogno la chimera,
la stella filante della metafisica e delle filosofi,
che mai capendo ciò che non è destinato esclusivamente alla mente,
vanno in un andar fra fortuna e fatalità,
eran solo le scuse di un eterno che muove i suoi passi preziosi fra noi,
si cercando nel sogno la chimera leggiadri, sembravan i grattacieli,
questa plastica colorata che molti servono
e gli inganni di potere di chi sa che non ne avrà mai,
il mondo, le guerre mondiali nate per le carezze di mamma mai avute
dei più stupidi fra gli stupidi,gli omicidi dentro wall street
che a nessuno interessa perchè nessuno ne ha e ne vuole avere,
sembrava un rospo tenuto schiacciato da qualche lieve, soave virtù.
Continuando a cercare nel sogno la chimera e chissà intorno alle sue mura di eventi ambientali…
Cercando nel sogno la nostra chimera,guardandoci,fissandoci
cadevano intense gocce di fuoco dalle nostre pupille stesse,
persi nell'amore spietato che non lascia scampo al mondo,
anche fosse unito nella corruzione che invoca la propria stessa morte senza saperlo,
noi due, nel nostro stesso sguardo atomico,
con un corsa di fuoco fra i toni della notte,
con giù il mondo che sembrava cadesse come un arancio,
sguardo atomico,ogni secondo rende qualche era della storia della terra
come pagliaccio di gomma che rotola per la strada dissestata,
come melma ai piedi,nemmeno di noi,
e si cercando nel sogno la chimera,lì sembrava come girare,vorticare,
stormi,stormi di uccelli fitti da sembrare di aver preso in prestito il potere del mare
e la natura intorno mise i suoi elmi di splendore,
noi cercando nel sogno la chimera,che vicini,stretti o seduti affianco
era sempre la foresta nascosta dell'eterno,
di chi le stelle sanno che staranno insieme per sempre,
noi due nell'amore che non da conto a morte e tempo,
per essere senza attese,invincibile,
perché il mondo non avrà mai parole o armi
per dividere ciò che se ne frega delle parole
e ha mosso e affondato e inondato da millenni interi universi
e muoverà per sempre il lieto fine di questa tragedia nel pentagramma del tempo.
È sempre più vicino il paradiso sul nastro puro del mare.
È sempre più vicino il paradiso sul nastro puro del mare.
È sempre più vicino il paradiso sul nastro puro del mare.
E ogni distruttore si scusa su chi fa peggio,una gara di marionette
basta credersi stupidi di fronte ad ogni morte!
Come mi disse un parigino sotto la torre Effeil,
che stupidi gli scienziati che uno come Pauster
usò il cervello che Dio gli ha donato
e invece loro si credono che Dio dovrebbe portarti in carrozzina.
Si potrebbe fare talmente tanto da affinare persino un giorno perfetto,
e il ringhio della lince sembrava dicesse,
che venga… e fra le ferite inferte vedrà il miracolo tremendo della vita….


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