Poesie di Daniele Locchi


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Albero Killer
La luce si fa scura in queste parti
è come un suono opaco e inconcludente
ti appare quando meno te l’aspetti
e non sorprende
quasi ammansisce.

Ti lascia prender mano sul volante
il piede pesta l’acceleratore
più giù, più giù, voglio vedere dove
finisce il fondo del bicchiere e ancora
più in là, dove la luna si arrovescia
e sembra una fetta di limone
persa
nel cuba libre della notte.

Ti accoglierei a braccia aperte, amico
se solo avessi braccia anziché rami
e pancia dolce e morbida a cullarti
e non un tronco immobile e nodoso

Adesso tutti piangono il tuo nome
e un uomo ha preso a calci il mio destino
“Albero killer!” in prima pagina sbattuto

Come se io potessi
come se io volessi
-e sai che lo vorrei-
volare via con te.

Non è
l’impronta della testa sul cuscino
che può levare il peso dell’assenza
non c’è rimedio, tonico o cachet
che colmi il vuoto della tua esistenza
a volte sono solo loro, gli occhi
drappello di sparuti sentimenti
che sanno di che cosa stai parlando
ed incrociati al tavolo di un bar
ne senti l’assoluta consistenza
poi tutto si trasforma e si divaga
ritornano le nubi dei discorsi
dove ciascuno al comodo riparo
della sua verità che non ha appello
ripete come stanca litania
il salmo sacro del non si sa mai
il mantra dell’avevo detto io
il certo e l’assoluto, soffocante
coperta di cemento al tuo sentire.

goccia



-…buffo…-
essere il pianto
che scava il mondo
ed il sorriso
che guarda dentro

I ragazzi di spalle

hanno zaini pesanti
sui piumini di dubbi
colorati di sogni
invisibili occhi

a vederli passare.

Accoccolato al molo aspettando l’aliscafo
Mi sono innamorato dei tuoi versi
chissà che viso avrebbe il nostro amore
io che ti leggo tu che mi declini
saremmo aria pura tra parole
un alfabeto dentro l’emozione
nascosta nelle frasche di un segreto

per rimanere afoni
attoniti
incapaci

di colorare d’altro il nostro giorno.

capogiro (le noir)
È stato l’ attimo di un capogiro
un atto unico dentro il bicchiere
due passi balbettati in cima al viale
dove tramonta la città nel mare

Nell’orizzonte che si vende specchio
il verde arretra e lascia il posto al grigio
dentro un sorriso che non ha speranza
ma l’incubo del vuoto dell’inferno

e forse proprio in fondo al rettilineo
non c’è la curva che ti lancia in cielo
ma solo un muro sghembo ed una scritta

vergata in rosso la parola fine

il tuo sorriso apparecchiato a pranzo (le blanc)

il tuo sorriso apparecchiato a pranzo
tra il piatto, il coltello e la forchetta

accompagnato dalla ruga dell'affetto

mi rende tutto un poco più soffuso
e mi circonda come una carezza

dimenticata tra le pieghe del lenzuolo

Zingara
Mi sono innamorato di un’idea
con i capelli lunghi come i tuoi
lo sguardo sempre un po’ distante
ed un vestito di tanti anni fa

ho preso la chitarra tra le mani
ed ho suonato un pezzo degli u2
mia figlia mi ha guardato divertita
poi è andata via di corsa alla tv

Domani fanno trenta e qualche cosa
ma io rimango grullo ad aspettare
la gonna d’una zingara che scende
dall’autobus della mia gioventù

Altalena
Un dolce cigolio
i tuoi piedini tesi
a scavalcare il mondo

è bello spingerti a volare
lungo la strada magica del fiume
fin sopra il bosco e il monte

e non volerti raccontare
quanto è brutale e inutile
la scesa.

Spring summer & fall
Tra i colli persi dentro al verde perso
delle ghirlande che corrono a valle

le ragazze aspettano la corriera
annusando un profumo di chanel

sulla pensilina
        di un ramo invadente
              il mandorlo è in fiore

Tra i colli persi dentro al verde perso
d’ un magazzino polveroso e stanco

ci sono segni di sudore sparsi
mani appoggiate ai fianchi della sera

il ballo sarà sfinimento
       fatto per perdere la strada
                un attimo prima dell’alba

Tra colli persi dentro al verde perso
collassano improvvisi i grattacieli

intrappolata all’orlo della testa
l’ultima pagina del mio giornale

è sempre un po’ sgualcita
          come il giorno in divisa
                    se ne va all’imbrunire

Ma chi l’ha detto che cado in autunno ?
Tutti a inseguirmi nell’aria morbosi

-si stacca
-volteggia
-è a terra
-ferita
-è  morta!
 
Affari vostri! Io fuggo
dall’albero che
mi ha reso prigione
la vita intera
fino all’unico
splendido
 
t
     u
          f
   f
o
 

Nel nostro comodo senso di colpa
Mi piacerebbe parlarti di me
nell’alba che non cede al sole
di un autobus che non sa arrivare
di gente tutta intorno alla stazione
che dice di venire da lontano
senza sapere dove deve andare

Vorrei cantarti della mia paura
quando la casa torna a farsi sera
e uno sguardo appiccicoso uccide
mutando in ghigno per la compagnia
seduta al bar con la bottiglia in mano e
l’abbonamento della curva in tasca

La voglia di non volere più niente
nel viso del cassiere al luna park
la verità al trapezio è senza rete
nello spettacolo di sola andata
e noi con sedie cosparse di ceci
staremo molto meglio inginocchiati

Sulla spiaggia scura di Lampedusa
i granchi affollano scarpe disperse
tra i fiori appassiti il sindaco implora
un dio di togliere l’acqua dal mare
che ci avvicina alla Terra Nera e
al nostro comodo senso di colpa.

Dondolando in re minore una tazzina
mi piacerebbe leggere poesie
appollaiato al banco di un caffè
magari sorseggiando un tè alla menta
arrotolando una papier mais

invece ho una tastiera e un po’ di mani
il cielo chiuso nello schermo blu
e un brivido alla schiena che svanisce
al fischio solitario di una moka.

In attesa dell’onda
- è destino - dice lanciando
l' ultima cicca sulla sabbia ardente
tra l'ombrellone e il cielo

il bagnino dagli occhi di stella
sì è perduto dentro al viso di Sofia

sul mare una tavola dondola
in attesa dell'onda
pigra galleggia la vita.

La sera dell’estate
la sera dell'estate è una bugia
è solo un lento abbandonarsi
della giornata afosa, stesa
su un letto madido di sogni

lontani gli autobus fornace
svuotati gli occhi della fantasia
arrancano lenti verso i capolinea
fatti di attese vecchie e consumate

intanto cala il sole, e un uomo corre
da solo per le strade del deserto.

Stella nascosta alla notte (a mia figlia Barbara)
Stella nascosta alla notte
una cometa piccola dentro un pancione
ho sentito crescere i colpi
immaginando nomi a disegnare risate.

Poi
nella sera più fredda del mondo
sei arrivata improvvisa
ma non riuscivo a vederti.
Forse le nuvole erano troppo basse
e i raggi di luna
si sono fermati lassù.
Apparizione fugace
per un brusco risveglio
negli occhi di una mamma che non lo è più
ed ancora non sa.

Le civette
han cantato
una dolce ninna nanna
e il gufo
per una volta
ha chiuso gli occhi.

Ciao, piccola luce

Ciao.

Quando passa la sera
Quando passa la sera
e la notte si annuncia

chiudo il cuore nell’amianto
e il cervello in biblioteca
in tasca ho un temperino
e due guanti fiammanti da perdere

ma ho scordato l’indirizzo
per passare con il rosso;
lucidare stivali alla luna
non convince il berretto del vigile.

Ora posso evocare tempeste
guardandomi fisso le mani,
sulle carte affiorano segni
che le fanno sempre più trasparenti

-camminerei sui cornicioni se non avessi il capogiro di un impiegato modello con il vestito della festa-

ma non ho più corpo
sono solo lamento,
un vago ricordo
appoggiato alla porta del tempo.

Quanto costa una tonaca rossa?
una sterlina di ricordi
mezzo rublo di pensieri
due dollari di ipocrisia
e quattro yuan di terrore

nel portafoglio vuoto piange la miseria
d’ una strada piena di facce arcobaleno
che ora vuota assiste al lento lavorio
di un carro armato colorato di cemento

a Rangoon come a Lhasa
i sandali insanguinati sono spot
delle olimpiadi della convenienza

dentro il braciere
in mezzo alle bandiere
la sacra torcia brucia la colomba

La Festa della Donna serve all’uomo
La Festa della Donna serve all’uomo
per ricordarsi e farsi ricordare
fintanto che la cicca brucia il dito.
Uccisa la memoria dentro il posacenere
un’altra birra non farà poi male
non più degli occhi suoi scomparsi
in una nuvola di vado via.

E’ passato il tempo di un giro del mondo
in strada ci sono ancora fiori gialli
che facce scure venderanno a facce chiare
in una lucida kermesse di altri tempi
dove il più bravo a ridere soffierà sul collo
il vento di passione che sa di tramontana
di alberi scossi al maestrale d’inverno.

Sulla spiaggia un pescatore
tira forte la rete
sotto il cielo che puzza di pesce
nella solitudine
che il salmastro governa
verso un punto nascosto nel mare.

All Inclusive
C’è l’ onda che fa il verso alla montagna
s’infrange nello specchio degli occhiali
sotto la pelle il mare ci nasconde
scrigni di gioia ormai dimenticata

paguri sopra dune d’emozioni
ci trasciniamo dietro i rifugi
per rintanarci al prossimo sussulto
senza il coraggio di sperimentare

sul grande palco dell’ All Inclusive
andiamo in scena alla stessa ora
gli occhi più neri ci sfogliano avidi
siamo riviste per la curiosità

ma

ho visto il sole
sbucare dalla nebbia del calore
gabbiani
seguire il primo raggio lungo costa
delfini
giocare dentro gli occhi di mia figlia

allora ho preso il cielo
l’ho chiuso nella mano
e quando non ho sonno

sorrido

e torno vento

neve
frammenti di un cielo che cade
si posano sulle mie labbra
la luce è sospesa nel grigio
nel lento respiro del vento

immagino il sole
nel mondo del bianco e del nero 

Il cielo aveva un suono appiccicoso
e la muraglia di algidi diamanti
non era sufficiente a trattenere
il vento che scorreva sui miei baffi

l’abbraccio forte nelle mani strette
per far calare rapido il sipario
girai le spalle al tuo sorriso stanco
e mi rincamminai lungo il binario

il mondo alle caviglie
e nelle scarpe il cielo.

un piccolo angelo chiaro
sfumato nel grigio del cielo
le ali matite sottili
disegnano capriole
chiamando le nuvole al gioco

Carezza
La mia mano

ultimo avamposto del corpo

prima finestra dell’ anima

si muove

incerta

sorvola oceani

paure

dubbi

si libera nell’aria

rimane sospesa

poi leggera

come una foglia

che sa dove poggiare

ti sfiora

disegna il tuo naso

circonda i tuoi occhi

si perde sulla fronte

percorre dolce le guance rotonde

e scende giù

come goccia sul vetro

per morire sulle tue labbra.

Totem
Si scrivono da sole le parole
nel foglio bianco di un’alba in ritardo
la notte al giorno ancora regge il viso
la vita scorre nuda in questo abbraccio

al fianco di una strada polverosa
impugno stretta l’ascia dissepolta
il fumo delle case in lontananza
tratteggia il totem della nuova era

e intanto il mondo avanza
dentro le sabbie mobili
della staticità.

Il lavavetri
Chiamami Ahmed,
oppure Abdul,
o Mohammed Alì;

per me invece resti

uno
tutto chiuso lì dentro
sguardo
sempre poco più avanti
dito
che fa il tergicristallo.

Voglio fare un affare con te:

per cinquanta centesimi
laverò dal tuo vetro
gli spruzzi d’umanità

piovuti chissà come e perchè

da questo arido
cielo
di sole.

Rumeno Romano Rom
Ora cavalco la Bestia sul sangue versato
- La misura è ormai colma: non vedi, trabocca!
Linee di sangue negli occhi infossati di un rom
- Prendilo, prendilo!!!
L’autostrada da Bucarest adesso chiude i caselli.
- Biglietto di solo ritorno!!!
Mi straccio le vesti, le fodere agli occhi, gli occhiali da sole
- Eccoli, eccoli!!! Al rogo!!!
Brucia rumeno, brucia con Roma
coi muri che crollan sui prati
coi muri che s’innalzano ai Prati.

Restituiscimi le ali (in morte di Francesca)
Avvolto dal tepore
di nebbia mattutina
scruto le ombre a indovinar la fonte
ma non ho più pazienza
osservo la rugiada colare dalle foglie
e diventare guazza
sopra la terra scura

Dov’è il promesso incanto,
dove le stelle ai piedi e il sole in viso,
e il lento dispiegarsi di stagioni
che sfiora lieve il volto tuo sereno?
Dov’è finita l’alba
se tutto intorno è oscuro,
se cellule impazzite inventano le morti
per occhi ancora in cerca della vita?

Per te
sarebbe stato facile
illuminar d’immenso
donare il riso ai bimbi
e cancellare il pianto
sfumare come in sogno
un prato di violette
per tutte le speranze
per le mie debolezze

Siamo soltanto umani
né demoni né dei
ma tu su noi scommetti
per celebrare il lutto
con il vestito chiaro
d’un papa benedetto

Grazie, per tutta la premura
di costruire recinti
per pecore al riparo
dal tuo lupo cattivo
o garantire sogni
a belle addormentate

Ma qui, restaci tu.

Restaci tu,
in questo mondo in bianco e nero
dove il grigio è il solo risultato
e le onde limacciose di tsunami
strappano sorrisi a bamboline thai
per regalarli a imprese di ricostruzione
che nuove torri di babele innalzeranno verso il cielo

quel cielo rivenduto
come se fosse la tua casa
dove il nostro dito mai arriverà.

Ma a noi,

che non abbiamo un briciolo di fede,
che non abbiamo più coraggio,
e non ne avremo mai abbastanza,

restituiscici le ali!

Pelle di lago
La tua pelle è un lago ghiacciato.

Sulla superficie pallida
le conifere sorridono allo specchio
ma le poiane lasciano il nido
volano via.

Sotto
un magma sulfureo ribolle.

Un rombo cupo
accompagna chi ti sfiora le sponde
per sostare anche solo un momento
o chi invece vorrebbe
inventarsi capanna
e fermarsi per sempre quassù.

Quel lento incessante lamento
ora muta
in un gemito lungo e isolato.

Un geyser dagli occhi di vento
disperde le mie carezze
abbandona le labbra
rompe quel ghiaccio sottile
si alza potente nel cielo.

Un abbraccio disperato
a lambire l’infinito.

Ventisette angeli
Ventisette angeli
orfani di un dio
accecato al ricordo
di passate onnipotenze

migrano
come piccole rondini
sotto la volta di un cielo
che non ha più paradiso

una toga per terra
abbandonata alla fretta
è il sipario abbassato
sullo squallido spettacolo

dell’umana impunità.

Insonnia
Non è solo la luce
a confondere il sonno

C’è un senso
che non ti appartiene
un vuoto dell’anima
una triste consapevolezza

Affiora così
come un legno dall’acqua
a ricordare cosa
è stato quel che sarà

Siamo stelle cadute
con il fuoco alle spalle
e la cenere avanti

La notte farà forse la brava
o saprà rendersi aguzza.
Certo sarà l’anima tua
a farle da guida

La mia
intanto è dispersa
in una malinconica commedia
dalla trama lenta e banale.

Eppure è vita
e fredda
l’aria si compiace
della sua aspra bellezza.

La primavera di Said
Il sole è gelido qui a Kandahar
il vento d’inverno
non vuole morire.
Sulla distesa di polvere e sassi
gracchiano gli echi dei corvi.

Lontana rintocca la Jihad.

Oggi fa freddo
a due passi da un sole
che non ha più occhi per riscaldare.
Un boia dalla barba santa
mi ha riempito di sabbia anche il cuore.

La mia testa galleggia sul fiume.

Lontano, lontano, lontano
in fondo alle terre lucenti
chissà se una donna riabbraccerà l’uomo

che era con me a primavera.

Il cielo aveva un suono appiccicoso
e la muraglia di algidi diamanti
non era sufficiente a trattenere
il vento che scorreva sui miei baffi

l’abbraccio forte nelle mani strette
per far calare rapido il sipario
girai le spalle al tuo sorriso stanco
e mi rincamminai lungo il binario

il mondo alle caviglie
e nelle scarpe il cielo.

Tatan Tatan (Train de Vie)
………….tatan tatan….. tatan tatan….

passano vagoni
rossi verdi e marroni
passano sotto ai piedini

il sole è un sorriso
riflesso in un bimbo
che guarda alla rete

…………..tatan tatan….tatan tatan

per incontrare la morte
basta voltare le spalle alla vita
e a un lungo treno che arriva

qualcuno urla il mio nome
ma già il mio nome non è
si è tramutato in lamento

ho nelle cuffie il rimbombo
dei red hot chilli pepper
e di uno schianto che annulla.

…………..tatan tatan…..tatan tatan

non si poteva più andare avanti
lungo la strada del nulla
tutti i semafori spenti
così li ho riaccesi da solo

ho ucciso mio figlio
in una notte dalla lama adunca
con un coltello bagnato
delle mie lacrime rapprese

ora il mio corpo rimbalza
sulle fredde rotaie
di un treno allungato
come un’ombra di luna.

………..tatan tatan…tatan tatan

Dondola dondola il cielo
con le pantofole al collo
si muove piano il bicchiere
pieno di vino annacquato

dondola dondola il cielo
e mi ricorda il tuo viso
un fiore giallo allo specchio
un lago appena ghiacciato

dondola dondola il cielo
come il mio capo recliso
al finestrino d’un treno
che non farà più ritorno.

……….tatan tatan…tatan tatan

passano vagoni
rossi verdi e marroni
passano sotto ai piedini

il sole è un sorriso
riflesso in un bimbo
che guarda alla rete.

Io non capisco i poeti J
non è l’ora, forse...è solo il momento
due passi nella rete ed uno sul tetto del mondo
facendo attenzione a non scivolare
potrebbe essere utile, anche se un po’ nocivo.
camminare sui tetti non è da persone per bene
è da gatti, da matti
e (credo) anche un po’ da poeti
loro sui tetti amano viverci
dimenticandosi le chiavi dei monolocali
ben custodite dentro il taschino
eccoli lì, puoi vederli stasera
la luna è uscita allo scoperto
ha lenzuola lise e viso da strega
forse è soltanto una vecchia signora
a caccia di un refolo d’aria
ma loro bang bang....beccata!
"l’ho io, l’ho io" urlando a squarciagola
"no, non è vero, è pura mistificanza"
replica l’altro alterato
un terzo sogghigna, si spencola un poco dal cornicione
in mano uno specchio e conclude: "l’ho presa!
eccola qui, immobile e pallida, dentro la mia creatività
formato tinello sessanta, cinquanta, quaranta...."
potrebbe cadere, è pur vero,
ma nessuno poi ci farebbe un gran caso
è solo un poeta,
astratta figura, puramente irreale
funesta perfino - dicono che in basso, per strada,
adorino sentirsi additati come vacui profeti
di sventura del cuore -
attenti alla rima,che non sia mai proprio amore!
va bene candore, ardore, meglio ancora dolore ........
ci sono tutti stasera, è la sera d’eclisse,
quale occasione migliore? qualcuno è arrivato col plaid
per non sfigurare si è preso anche cinque caffè
e due amfetamine comprate sul viale.
la luuuuuuna . le steeeeeelllle. l’ecliiiiiiisse.
guaiti. vagiti. lamenti di menti
perfette.
domani qua sotto due autobus
pieni zeppi di poeti travestiti
da dottori maestri e corniciai
si scontreranno con un tir
guidato da un poeta camionista.
chi noterà quella sfilza di versi
dispersi lungo la carreggiata?

Prima che il tuo silenzio
Prima che il tuo silenzio diventi terapia
e il mio cercarti rabbia
voglia inesplosa
purificata da canti e salmi
che altro non celano
se non l'impossibilità d'essere vivi

Prima che la sabbia abbia ricoperto la tua fotografia
e le mie mani abbiano smesso di tremare
per ritornare a stringersi
e a stringere pezzi di carne appesi alle braccia
vuoti lamenti di circostanza
sfuggiti alla nebbia della mattina

Vorrei fotografare un’alba
e un tramonto
due foglie appese all’albero prima di cadere
un fiume che scorre placido e un torrente che si fa impetuoso
un passero sul ramo
un fiore che sboccia
una strada deserta e quindi viva
piena di ombre e di promesse
di ricordi e di arrivederci

Come la faccia di un uomo
alla fermata di un bus
di una mattina grigiastra
con una borsa in una mano
e la sua vita nell'altra


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