Poesie di Mario Malgieri


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Genovese ma non tirchio, almeno secondo i parametri genovesi, 59 anni, una moglie, tre figli grandi. Talmente grandi che la mia bambina mi ha reso nonno due anni fa.
Ex dirigente di industria giramondo, in pensione non per mia scelta e comunque dopo oltre quarant'anni di lavoro. Leggere è sempre stata la preferita tra le mie attività non professionali, scrivere lo sta diventando ora, con una voragine di tempo libero da colmare. Poesie e racconti sono quindi figlie e figli di mille letture, le più diverse, e delle esperienze di una vita sin qui non particolarmente avventurosa ma abbastanza movimentata.

Leggi i racconti

Ora
Ora, proprio ora,
una ragazza stringe una siringa,
ha rubato per poter morire.
Viene violata l’innocenza di un bimbo
e il colpevole si assolve.
Un contadino getta un seme
dove è stata tagliata la foresta.
Due amanti si avvinghiano
e una vita s’accende silenziosa.
Una donna vende il suo corpo
fingendo di sorridere.
Un giovane si crede immortale
ma l’assassino è già entrato.
Un vinto abbandona la gara
scavalcando il parapetto del ponte.
Un ragazzo guarda le stelle
ha deciso, ci vuole andare.
Una madre ascolta spossata
il primo pianto di suo figlio.
Un villaggio viene abbandonato
e chi s’indugia è ucciso.
Ora, proprio ora,
mentre stai finendo di leggere
il mondo è cambiato,
e anche tu sei cambiato.
L’orologio ha scandito un minuto
che non sarà restituito   

Pensiero fugace
Appare come un graffio di luce tra i nembi,
quando tempesta s’addensa in tumulto sui monti,
danza sulle gocce appese nell’erba e poi muore.
Appare come un guizzo di scaglie lucenti
sullo stagno ad afferrare una libellula in volo
e restano effimeri cerchi che approdan sui sassi.
E’ solo un pensiero che passa veloce
e rischiara un mio giorno qualunque.
tu esisti,
e son io il tuo graffio di luce e il tuo guizzo nel sole.   

Visita a un pensionato
Madama Noia e Donna Pigrizia
sedute composte sul mio divano
tazza’lle labbra, piattino in mano
paion sì vive che metton mestizia.

L’una mi dice – ora s’inizia
languida vita, non le sia strano.
L’altra rincara - non s’agiti invano
riposo prenda, e stia in letizia.

Care vecchiette, vi chiedo perdono,
ma’ l seder vostro veloci levate.
Vecchio può darsi, ma grullo non sono

ben io conosco chi vi ha mandate:
madama Morte veloce afferra
chi a voi s’affida, e li sotterra.   

Nel giorno del Ricordo
Ero ragazzo
e accompagnavo mia madre
in quel dimenticato cimitero
di periferia

Tra la brutta chiesa
e il muro della fabbrica
una botteguccia di fioraio
ricattava i dolenti

Nei vialetti sporchi
antiche pietre incrinate
mentivano ancora
sulle virtù sepolte

Tra sterpi e resti di lumi
salme putrescenti di fiori
alte piccionaie
per corpi senza più ali

Là c’era mio padre
Ma io lo visito ogni giorno,
portando i fiori appassiti
della mia anima.
Dove sia il cimitero
più non rammento    

Prima neve
Ha reso l’aria più fine
di cristallo lucente
Avvolge e distacca
gli ultimi aghi dei larici
ricopre funghi tardivi
e fiori imprudenti.
Induce il bosco al sonno
affretta e rivela i passi
di piccole creature
celate in caldi recessi

Prepara l’anima
a godere di piccole cose
come il ritorno d’azzurro
e guardare sul ramo
la mia esistenza
in questo universo
che come goccia
indugia e poi cade
bruciando il suo tempo
in un unico lampo di sole.   

Principi incantati
Che tu nell’acqua
faccia cerchi
con sassi scagliati
dalla tua mano,
donna dalla pensosa faccia,
o che tu cerchi
tra scagliati
rospi improbabili prìncipi
da liberar dall’ incanto
sulla riva dello stagno,
che tutti partiron per la guerra,
con elmi di rame e stagno,
qui non ritroverai
i tuoi perduti princìpi
che svendesti all’incanto.   

Lia
In quel limbo tra il buio e l'aurora
comando a Crono crudele di ritornare
sui passi suoi che tanto feriscono.
Questa notte sul noto arenile
dei mie sedici anni .
cammino con te, sinuosa Lia.
Lontano gli amici danzano
E le note ci raggiungono chiare
Mentre la sabbia si fa talamo nuziale,
le alghe serto e unico velo.
Sapore di sale, canzone e realtà,
La prima, timida, trepida volta.
Prima di Lia nessuna, dopo Lia molte
E nessuna.
Il mio giorno m'attende, reale.
Disserro le mani, ma non sono vuote.
Ancora brillano tenui
Cristalli di sabbia
Bagnati di luna

Pioggia a Boccadasse
Onda che scroscia e frange,
Ostro che scivola e fruscia,
Schioccolano i sassi e sguscia
un gatto tra le barche ed il muro.

Gocciole sposano i flutti
altre si rompon sul molo
sulla spiaggia l'anziano da solo
par ancora più curvo e insicuro.

Il gozzo ritorna da pesca
beccheggiando, padrone dei venti.
I gabbiani si gettan radenti
dove il flutto s'è fatto più scuro.

Prende il vecchio la strada di casa,
un sorriso sul volto bagnato
- col piccino - questo ha pensato
- domani ritorno, che bello il futuro.-

L'aggiornamento del Cecco
S'i' fosse foco, scrivea lo Cecco
che distrugger volea la terra intera.
Le su' invettive aggiornar io spera
Pur se di lesa maestà i' pecco.

S'i' fosse Silvio, chiuderei lo becco
Che vergognare fò l'Italia intera
S'i' fosse Fede del tigiquattro sera
Laverei mia lingua, che fin troppo lecco.

Una cosa sol rimane uguale
Che pur nei secoli mutar non puote
S'i' fosse Mario, ed io son cotale,

con le scarselle mie da sempre vuote
le donne belle approcciar non vale,
che null'altro che l'or reputan dote.

Al lago della battaglia
Erto il sentiero sull'alpe
là dove il Rosa si pavoneggia
e nei laghi si specchia.
Uno si nomina Della Battaglia.
Ma nessuno ricorda chi furon,
chi venne di sangue a lordare
i prati fioriti, le algide acque,
le rocce scolpite dal gelo.
Poso lo zaino e m'adagio
per riposare dal duro cammino.
A Maggio nessuno ancor viene
ché neve nasconde il sentiero,
io sono solo a guardare
il ghiaccio che lotta col sole.
Qualcuno mi osserva, lo vedo.
L'elmo di cuoio, di ferro la spada arrossata,
sul petto una cotta a mano forgiata.
Di pelle i calzari e lo scudo rotondo.
Gialle le lunghe crine e la barba,
gli occhi di acqua e di cielo.
-Tu siedi dove io dormo
da mille e più anni.
Mille e più volte ho visto le nevi
Coprire il lago ghiacciato.
Lievi le zampe dei camosci
mille e più volte sono passate
sul mio corpo disfatto.
Ho sentito il vento spirare da Nord
portando gli odori lontani
del mio paese dimenticato,
dove i miei figli mi attesero invano
e la mia donna fu data ad un altro.
Gli Dei ci dissero di andare
a combattere genti sconosciute,
che gli ori, le donne e le messi
eran nostri, così era scritto.
Uomo, ora io lo so,
tutto è un inganno,
che non avete ancora imparato.
Gli dei sono falsi e crudeli
e le stesse cose dicono a tutti.
In loro nome ci spingono a morte,
bevono vino, mangiano miele
e ridono della nostra stoltezza.

Mitico addio
Certo, non eri
né Venere né Atena
Certo, non eri
nell'arti d' Eros versata e dotta
Certo non eri
ricca come Creso
Certo, non eri
Come Ero di Leandro innamorata.
Ora comprendo.
Certo, io ero
pirla e 'cecato come Polifemo

L’addio all’ amico
Avanti la chiesa attendo,
Ezio,
sento il rintocco,
Lento,
della campana ferale,
Vedo,
la folla ondeggiare e,
Muto,
perché, figlio vesti di jeans?
Penso,
perché moglie vesti di,
Nero?
sappiamo quant’ è il dolore,
Tuo.
io ho le vesti per andare al lavoro,
Dopo,
altri hanno messo l’abito,
Scuro,
ma tutti abbiamo lo stesso,
Velo,
sull’ animo nostro,
Scosso.
La campana ora tace,
E’ davvero tempo dei saluti
Ma cosa dire alla moglie,
al figlio di un amico?
Vado in silenzio tra tanti
che parlano, piano.

Il trionfo di Pippo e Giovanna
Quant'è bella la vecchiezza
che si fugge eccosì sia!
Chi vuol essere nonno, sia
di pension non c'è certezza.

Quest'è Pippo e la Giovanna
vecchi, e l'un è senza li denti.
mentre l'altra il tempo inganna
coi merletti, e son contenti,
'sti vegliardi un po' dementi
sono allegri tuttavia
Chi vuol essere nonno, sia
di pension non c'è certezza.

Paion lieti 'sti vecchietti
e son pure innamorati
Ma le frasche ed i boschetti
dove stettero allupati
oramai si son scordati
non san più che cosa sia.
Chi vuol essere nonno, sia
di pension non c'è certezza.

Le nonnine anche hanno caro
dai nonnetti esser amate:
lor quattrin fan buon riparo
dalle banche e le lor rate
ché lo mutuo e le derrate
fan paura, mamma mia.
Chi vuol essere nonno, sia
di pension non c'è certezza.

Pippo dice, ed è un po' inquieto
al suo coso un poco alieno:
Quando io sono ebbro e lieto
che di voglia sembro pieno,
se non puòi star ritto, almeno
fai pipì, per cortesia.
Chi vuol essere nonno, sia
di pension non c'è certezza.

Folla vien drieto a costoro
ciò che han, d'altri diventa.
E che giova aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Truffator pietà non senta
e che gli or si porti via.
Chi vuol essere nonno, sia
di pension non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi:
di doman nessun si paschi;
oggi siàn, nonnine e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi;
facciam festa tuttavia.
Chi vuol essere nonno, sia
di pension non c'è certezza.

Or vi vo' tutti esultanti:
c'è Viagra, evviva Amore.
Ciascun fotta, e siano tanti
a rinverdir l'antiche ore!
E s'infarto prende il core
quel c'ha esser, convien che sia
Chi vuol esser nonno, sia:
di pension non c'è certezza.

Al lago del Miage
La neve portata dai venti
batte dura sul ghiaccio antico.
Tra la nebbia e i crepacci
s’accumula e s’alza
e abbraccia il mondo di gelo.

Per lustri e secoli scivola
lenta nei valloni con forza.
La roccia incide e spacca
e sospinge i massi come
mandrie di strani camosci possenti.

Giunge al fronte cadendo
a schegge, a brani, a costoni
e tra le braccia di madre acqua
ritorna per morire nel sole
in un ultimo fremito di gocce lucenti.

Quando ti specchi
in quell’acqua grigia
tra rocce e larici torti
ricorda che vedi
il riflesso di passati millenni.

Il Lago Blu di Verra
Piccolo, antico lago bambino.
Forse anche tu sogni.
Oggi che Tramontana scende
dal ghiaccio di Verra,
le tue onde alzi
sopra sassi e rododendri
e la tua voce s’ode flebile
che nemmeno i corvi
infreddoliti spaventi.
Il tuo colore di zaffiro ed erbe
hai mutato in grigio minaccioso.
Vuoi essere Oceano in questa valle.

Piccolo lago che dormi
tra la morena ed il piano,
Oceano è lontano.
I suoi flutti dividono i popoli.
Sotto le sue acque giacciono
resti di civiltà lontane,
mostri tentacolati s’agitano
e sirene e gorghi leggendari
abbracciano e avvolgono
per sempre atterriti marinai
e mille Titanic sono monumento
all’ umana fallibilità

Le tue acque pure abbeverano
marmotte e camosci
e affratellano i camminatori.
Sui tuoi flutti navigano
frutti di larice e piccoli
rami rinsecchiti.
Sotto le tue acque giacciono
lattine e bottiglie, monumento
all’umana imbecillità

Il sasso ed il sogno
Sono i sogni dell’uomo
come sassi sulla spiaggia d’inverno.
Uno ne coglie il ragazzo, sicuro
lo vuol far volare
dove nemmeno i gabbiani
osano andare

Poi con mossa decisa del braccio
e del polso, piatto lo scaglia
che rotei, verso il largo, veloce.
Vola il sasso sull’ acqua e rimbalza
respinto ogni volta un poco più basso
perde vigore, vola meno lontano.
Quando l’ultimo schiaffo del flutto
l’avvolge e lo consegna all’abisso,
vinto, cala sul fondo sabbioso
delle tante illusioni annegate.

A volte, un' onda ancora lo posa
sul bagnasciuga, dove tra molti,
un giovane illuso ancora lo trova.
Lui lo potrà far volare
dove solo anime eccelse
osarono andare

Avevo un amico
Gli occhi di castagno vigili e dolci, correvi
con me bambino, amico,
fratello maggiore
morbido gioco consolatore

Per me ragazzo lento il tempo scorreva
e studiavo, tu in attesa
della carezza accucciato
ai mie piedi, invecchiato

Uomo la vita mi allontanò, di rado tornavo.
tu attendevi paziente e mi davi,
dopo settimane
festoso il tuo amore di cane.

Un Marzo arrivai, ancora ne rammento il dolore,
ti trascinasti smagrito soffrendo
giù per la rampa
nella mia mano mettesti la zampa

Il tuo cuore aggrappato alla vita aspettando il ritorno
lì s’è fermato. Ma non hai voluto
davvero mancare
l’ultimo gesto d’amore prima d’andare.

E se qualcuno afferma che per te non c’è paradiso,
perché un' anima non ti hanno dato,
che bruci in eterno
dove certo i cani non sono, all’inferno.

Correrò sulle onde
Correrò sulle onde
del piacere
- miracolo o illusione?-
e poi senza fretta
approderò
- come nocchiero giunge alla terra -
al sublime
dove la tua mano
- inseguendo la stella polare –
risveglia
Impudica sapiente
- dopo il sonno dei sensi -
esplora e toglie
ogni altro senso
- Eros tutto pretende-
Marea che s’innalza
verso la luna
- berrò flutti di luce
Spada e fodero
dardo infocato e faretra
- dolci alle labbra -
uccidimi impietoso
tra liquido umore
- un sangue di altro colore -

Per lei
Conoscevo una donna
minuta d’acciaio
umile con unghie da fiera
affilate sulle pietre del destino

Raccontava le storie
quelle sue vere
di gioie e di tristezze
di un unico difficile amore

di amati luoghi lontani
-che incanto ascoltare-
di guerre e vili nemici
di morti sfiorate

Conosco una donna
minuta e piegata
senza più luce negli occhi
senza speranze e fra i ricordi

uno soltanto rimane
-che pena ascoltare-
di quell' unico seme
dal suo grembo germogliato

che pure le è accanto
che non vorrebbe vederla
per serbare l’immagine
dell’antica bellezza

La morte ancora la sfiora
e non la raccoglie.
La morte, tutti lo sanno
è davvero crudele

Da Cullodeen
Straziato e trafitto
dalle marce orgogliose
di venti cornamuse
Tra echi di pietra e ferro
colori grigi e verdi e rossi
di tartan estinti e proibiti.
Nel torbido fossato
sotto la torre spezzata
danzano gli spettri
dei clan annientati
dove un principe vile
fuggì la morte gloriosa
vestito da donna  

La stagione che non vorrei
Ecco l’estate dei sensi sudati
dei giochi sempre roventi
di segreti esplorati.
Noi solo il piacere seguiamo
Ci attrae e ci avvince
come animali innocenti.

Ecco l’autunno dell’amicizia
di complici amplessi
di confidenza e mestizia.
Di sole e di nebbia
di piogge e tempeste
D’esser in due per esser se stessi.

Ecco l’inverno arrivato col gelo
Buio è il giorno eppur breve
tutto s’avvolge in un velo
perché più amici non siamo
e neppure amanti nascosti.
Ora l’amore è maturo, ma c’è la neve  

Ipocrisia
Gelo di nordico inverno
che ghiaccia parole acuminate
intinte nei veleni del tempo.
Indifferenza di cose remote
come avvenissero
dall’ altra parte del mondo,
là, nella camera accanto,
oltre gli oceani di rancore.

Seduta sul cumulo
di inutili bugie,
appoggiata ad un polveroso
cuscino di abitudini
e avvolta in un sudario
d’ipocrita educazione
giace corrotta la salma
di quello che fu un amore.   

Cento giorni
Ridi parli e prendi il bicchiere.
Ti specchi nell'ambra e mi guardi.
Ascolto sorrido e gioco col vino.
Ti guardo, tra tutte ancora ti voglio.

Per cento notti ti ho avuto.
Per cento giorni ho atteso la notte
Per cento volte solo all'alba
è giunto il riposo.

Tu ora sai, ora io so.
le luci gli odori i sapori
le voci di tutti gli estranei
non hanno corpo e sostanza.

Rido parlo e prendo il bicchiere
mi specchio nell'ambra e ti guardo.
Ascolti sorridi e giochi col vino
Mi guardi, tra tutti ancora mi vuoi.

Solo un'ora, ora anche meno.
C'è un orologio che avanza spietato.
Ora sono minuti, ora anche meno.
Lasciamo quel mondo indifferente.

Lasciamo il nostro mondo di cento giorni,
lasciamo ad altri i nostri corpi
teniamo soltanto i nostri ricordi
nel posto più nostro e segreto.

Usciamo nel buio
Io vado, tu vai.

Voi che sapete
Voi che sapete cosa è l’amore
e lo cantate in prosa e’n rima,
il pensier vostro alfin mi dite.

E’ quando due corpi, come calamite
s’attraggon e vanno ad esplorare
ogni sentiero che al piacer conduce?

E’ quando, se lontani, non v’è luce
e il tempo dell’incontro che verrà
par lungo e un’ora ne val cento?

Vere son tutte, certo, ma or sento
di rivelarvi ciò che non sapete.
Il vero amore è un’ardua via

che parte dall’onde della gelosia
i cui frangenti superar bisogna.
Indi le alte vette del rispetto,

di tolleranza, cura e affetto
occorre salir con devozione,
per arrivar infine alla pianura.

Forse già vecchio sarai, ma la paura
lontano fuggirà siccome serpe
dall’aquila cacciata nella tana.

ché l’tuo autunno sarà
come primavera
e l’aurora ti parrà,
anche se è sera.

La ballata di Ser Liutprando
Cavalier era Liutprando
dal gran fallo smisurato,
che quel dì ei stava usando
con l’amata, spensierato.

Ma li mori di soppiatto
traversaron le frontiere.
Cento vergini d’un tratto
furon fatte prigioniere.

“Cento vergini? Che strano”
fa re Artù molt’accigliato
-Se ’l mio conto non è vano
nei confini del mio stato

pur mettendo li conventi,
le neonate in ospedale,
le bruttone senza denti,
forse un par è più reale.

Tuttavia noi non possiamo
lasciar fare al Saladino.
Di ‘stò passo tal marrano
la cadrega e’l seggiolino

ruberà sotto ‘l mio naso.
Di principio è la questione,
e decido, in questo caso
che sia dura la reazione.

Qui ci vuole ser Liutprando!
Sia portato al mio cospetto
già munito del suo brando
e di guerra in pieno assetto!-

Ser Liutprando fu cercato
e raggiunto sul più bello
ché la dama avea agguantato,
voi pensate?.. Si, è ver, quello!

- Ser Liutprando, a questi mori
porterai lo mio messaggio:
se qui vieni, tu qui muori
non val scusa né coraggio!

Al ritorno, in guiderdone
del servizio e del periglio
te n’avrai, prode campione,
da diporto un bel naviglio -

Va Liutprando sul destriero
va li mori ad agguantar.
Taglia, infilza e tutt’intiero
il drappello fa squagliar.

Ma la pugna fu cruenta,
chi le piglia pur le dà.
A narrar la lingua stenta,
ma purtroppo s’ha da fa.

Con la spada un tapin nero
che già stava per schiattar,
di Liutprando tutto intero
riuscì ‘l fallo ad asportar!

Or si veda, qual disdetta:
Le due vergin ritornaron,
lo re Artù s’ebbe vendetta.
Solo i conti non tornaron

a Liutprando, il più meschino.
Viril asta fu tagliata
ma la nave ebbe il tapino,
possiam dir, ’na gran Fregata!

Dei bivi e della Saggezza
Quanti bivi ho superato
con leggerezza
consapevolmente
tra i tormenti.
Quante volte ho sbagliato
prendendo il cammino
più facile
più razionale
meno doloroso.
Devo lasciarti, ma non vorrei
Questo lavoro non ha futuro
Là c’è la gioia, qui il dovere.
Svolta, svolta, svolta.
I bivi arrivano così veloci
che non puoi pensare.
Ho fatto la maggior parte
del mio percorso
o forse tutto, non so.
Ora la Saggezza sale
al mio fianco
bastarda megera
e mi dice di volgermi a guardare
una vecchia mappa spiegazzata.
con segnate tutte le mie svolte.
No, è tempo di fermare la corsa
e assaporare i frutti aspri
e velenosi degli errori.

Diana che corre
Corri Diana sotto al sole
Sciogli le grida gioiose
Racconta all’erba e alla sabbia
Racconta all’albero e al fiume
Perché sei felice.
L’erba gentile si piega
La sabbia si lascia segnare
L’albero china i rami e
t’accarezzano le foglie
Il fiume scorre e risponde
acciottolando tra i massi
Corri Diana a gara con Luna
che si alza tra i monti
e t’insegna ruffiana
la via della mia casa.
Quando la pallida Dea si nasconde
Dormi Diana spossata d’amore
Dormi Diana con le stelle
Dormi Diana con la brezza
Dormi Diana nella mente
Dove si tengono i sogni
Dove il tuo viso di bimba
mi guarda con occhi di donna
Mentre corri, Diana
lontano da me.

Se questo è un mondo
Se questo è un mondo
dove svendono
le anime la giustizia
l’onestà la salute
i corpi la fede il voto delle folle

Se questo è un mondo
dove se non spendi
sei nulla non sei degno
di guarire e di vivere
solo di essere sepolto o bruciato.

Se questo è un mondo
dove bambino sei venduto
ucciso per un dio liquido nero
la vendetta di una madre
dare i ricambi per il corpo di Creso.

Se questo è un mondo
dove una siringa un fumo
una pillola una polvere bianca
donano mortale felicità
impune ricchezza al tuo assassino.

Se questo è un mondo
dove i ministri di un Dio
istigano a sgozzare agnelli umani
benedicono ricchezze sfrontate
promettono falsi paradisi
corrompono corpi innocenti di bimbi.

Se questo è il mondo,
e se esiste un mondo
ove non regnano Sapiens,
ma tigri e leoni e lupi
e aquile e iene e naja
e crotali e squali e orche selvagge,

là voglio recarmi, dove
la violenza è natura
è fame, è perpetuare la specie
non mai vile crudeltà
o sete di ricchezze.
Perché è l’uomo l’unica belva feroce.

 

La farfalla di stoffa
Cercando nei cassetti del tempo ho trovato una chiave brunita,
legata ad una farfalla di panno. Nella sinistra l’ho presa
e stretta serrata nel pugno. Nel silenzio della notte
ho udito il mio sangue pulsare più veloce,
portava dal cuore lassù, alla mente
la storia di quel pezzo di metallo
dotato, no non ridete vi prego,
di un' anima, quel brandello
di anima che io vi lasciai.
Apriva, quella chiave, un cancello irto di punte, avvinto da rovi.
che - così mi pareva - complice si lasciava scostare.
Oltre, un celato sentiero di sassi di fiume tra l’erbe conduceva
sotto il salice ombroso e
allo stagno delle verdi ninfee.
Fu quella estate, una sola, che
le libellule sfiorarono curiose i nostri
corpi bagnati di giovani e liberi amanti.
Fu quell’estate, quella sola, che cento cicale
zittirono, affascinate dal nostro cantare di gioia,
fu quell’unica estate che io, ed il pugno più forte rinserro,
scacciai con un bacio la farfalla dorata che si posò sul tuo seno.
   

Quante cose amo
Amo di un fiore l’alito di colore nel turbine del tempo
Amo di una ragnatela le gocce della notte imprigionate al primo sole
Amo di un violino i sogni che canta alla mia mente
Amo di un albero le radici possenti annodate ad abbracciare la terra
Amo di una serpe la perfezione sinuosa delle mille scaglie
Amo del bosco i sentori muscosi dopo il temporale
Tu, mio fiore dalle tinte d’autunno
Mia ragnatela che imprigiona i sensi
Mio violino sfiorato sulla quarta corda
Mio albero che svetta nel deserto dei giorni
Mia serpe dal veleno incantatore
Mio piccolo bosco odoroso delle ore segrete
Come potrei non amarti?


Limerick
Prete illuminato
In mezzo al fumo denso
Un prete un po' melenso
È ben felice
E sai che dice?
Mi illumino d'incenso!

Vichingo insospettito
Un Vichingo va per mare
Da sei mesi, così pare.
Lo specchio guardò
L'elmo poi notò
Sarà bene ritornare?

Pescatore pescato
Un pescator d'età tarda
Scapolo, sorte beffarda,
A Carloforte
Ebbe in sorte
donna Alice, una Sarda

Magia nera
Un africano altero
sceso dal bianco destriero
baciò la rana
un po' arcana
Sì: Il rospo e il nero

Omaggio a Poe
Dal mio pescivendolo
fa strano vedendolo,
l'oriolo CuCu
in fondo, laggiù.
Il puzzo e il pendolo

Felino anomalo
Se vedeste questo gatto!
Veloce, quest' è un fatto.
è un campione
che emozione
si può dir: un gatto-ratto!

Filosofo scocciato
Un filosofo cinese
Il più saggio del paese
Stufo di soia:
O porco boia
Voglio mangiare francese

Pesce veloce
È il pesce più abile
Veloce, affidabile
Sempre vincente,
Non perde niente:
Tonno Insuperabile

Nano promosso
Quel nano è una bellezza
Mezzo metro di bassezza.
Il re l'adotta,
si cambia rotta:
si chiama sua Altezza

Buon cliente
Dice l'oste: Lui? Averne!
Le sue bevute? Eterne!
Spende quattrini
per i grappini
È l'uomo delle taverne

Moglie fedifraga
Di un pasticcer la moglie
un altro placò le voglie
ma, riservata
s'è presentata
sotto mentite sfoglie

 

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