Poesie di Antonio Mammone


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Elina e il Poeta
Laggiù a Tigrinna c'era un poeta:
Cantava nel sole;
Amava le rose di Primavera
E la pioggia lieve che l'irrorava;
Sognava la luna
E giocava col vento,
Il ghibly rovente dell' arduo Sahara!

Laggiù a Tigrinna la Nina incontrò ,
altera, bambina.,
E in lei vide il sole, vide la luna
E il vento e la pioggia
E il giorno e la notte
E il giardino dell'Eden intero
Pieno di rose di primavera
In cui sognò di poter penetrare!

"Oh mio sole, mio giorno, mia notte,
Vieni a giocare nel ghibly con me !"
La pregava ! E lei lo guardava ,
Altera, bambina e rideva:
"Va' via ya Sciatan ! (1)
Tu sogni ! E rideva.
E Il Poeta insisteva :
"Oh sogno anelato,
mia speme,Mia vita,
Vieni, t'imploro, a giocare con me!…
Nel giardin tuo io vo' penetrare
Ed inebriato del suo profumo
Con te creare un poema d'amor !
Ma la Nina ammoniva :
"Sciatan, non è l'ora…."
-E, bambina, rideva rideva rideva:
"Verrò, non so quando…a giocare con te,
Sta' calmo Sciatan !"
E il sol tramontava.
E il poeta intristiva !
E trascorser notti lunghe d'attesa …..
E lei rideva ! Rideva ! Rideva !

Poi quando Virgo , fra Libra e Leone,
Raggiunta fu dai raggi del Sole,
E Selene crescente di tenue chiarore
Tigrinna inondò
Lei lo cercò, timorosa, infantile
E più non rideva :
"Se ancor vuoi giocare, impaziente Sciatan ,
Se ancora un sogno io sono per te
E' giunta l'ora se vuoi penetrare
A cogliere i fiori nel mio giardin !
Ma ho tanta paura !
Sìi buono Sciatan !"

"Oh mio sogno, -Il Poeta cantò-
Mio sole, mio raggio di luna,
Mio giorno, mia notte,
Mia pioggia, mio vento
Bambina, bambina,
Non devi temere! Non posso far male :
Io son l'Imeneo che il serto accompagna
E ti porta a volare !"
E su quel letto fin lì sì arido e solo
Dalla sua bocca olente di miele
Di pioggia di sole,
A lungo bevve l'ambrosia divina!
Poi dalle splendide, virginee mammelle
E dalla valle del grembo di seta
Vani orpelli levò !
E allor che vestita
fu solo di chiaro di luna
Nel giardin penetrò !

La Nina, bambina, or più non rideva;
Ora, donna, pregava :
"Non farmi soffrire mio dolce Imeneo
Raccogli il mio fiore ! Io sto per volare!
Raccoglilo ancora ,
Ancora.. oh ! ancor !
"E squillaron mille campane
e raggiunsero insieme le stelle
ben più oltre il settimo cielo!

Poi, volando soffrendo sognando,
Intrapresero insieme un cammino d'amore
Cosparso di sole, di pioggia, di gioia
E di dolcissime spine
Per anni millanta ! Ed ancora continua !     

O. N. U.
Organizzazione Nazioni Unite
Creato per risolvere i problemi
di questo nostro mondo senza cuore
è invece un'Assemblea sol di padroni,
un Organismo senza dignità
che discute e palleggia a non finire,
fra nuvole di falsa umanità,
su come dire "basta!" al genocidio
in atto nella sfruttata Africa nera
dove milioni e milioni di bambini
chiedon soltanto pane e un po' d'amore
e consente a sceicchi, emiri e hayatollah
di falsare la lor propria religione
per "vita natural durante" segregare
la "donna", fiore dell'umanità,
mediante "mujahidiin e talibani"
eroici assassini di inermi, pacifici cristiani!  

Dulcinea
Tempi felici trascorsi a "Li Prunari"(*)
in olezzanti prosperi giardini
ove coglievo del rovo i frutti neri
e li gustavo all'ombra de "lu maiu" (**)
sognando Dulcinea, mio primo amore !

'Ntonetta si chiamava ma ell'era
Clorinda, Laura ed Armida
e mi sentivo Antico Cavaliere
pronto per lei a combattere, ad osare
per salvarla da perigli surreali
e a cavalcare sotto il suo verone
con lancia in resta e con cipiglio fiero
inalberando rose rosse sul cimiero!

Erano gli anni della primavera !
Poi venne l'estate a cancellare
romanticismo e voglia di sognare;
la mia strada irta diventò
e mi trovai, inesperto, a camminare
in un Mondo ingordo intento a calpestare
sentimenti, fede, leali aspirazioni
dimentico d'ogni nobile ideale,
in nome di un progresso senza amore !

Tant'acqua sotto i ponti ormai è passata,
i miei ricordi sono un po' svaniti…
Eppure in quest'autunno tanto scuro,
in cui l'ora solare è partigiana
e il pomeriggio diventa presto sera
il soave sentore dei giardini in fiore
e "lu maiu" vivo della Primavera
che m'aiutaron nell'ardue vie del Mondo
per la mia Calabria mai dimenticare
tutt'or son conservati nel mio cuore
insieme ai rovi carichi di more
ed al balcone
dal quale la mia bella m'inviava
effimeri segnal d'ingenuo amore.

(*) "Li Prunari" : Nome primitivo di Fabrizia,
il paese della mia adolescenza.
(**) "Lu maiu" : in dialetto,il faggio in fiore dopo
il letargo dell'inverno

Fiore
Volato sei,
portato via dal vento,
bello, orgoglioso fiore
ed ora giaci immemore
e negletto
come il mio amor superbo
volato pure lei più non so dove
chè il tempo come il vento va lontano
e spegne generoso
ogni pensare !

La fonte della Zira
Rivedo la mia fonte,
la fonte della Zira (*), nel tramonto…
Fantasticando, mi fermavo a bere
ed a sognare
con l'anima perduta fra le fronde
dei faggi e dei castani testimoni
della sofferta adolescenza mia ,
lontan dagli occhi della gente ignara
dei moti inappagati del mio cuore !
Solo, ascoltavo lo scrosciare lieve
dell' acqua chiara allo scurir del cielo
e accanto a me scendevano le stelle
a riposare fra le fitte chiome
degli alberi possenti e ad ascoltare
i sentimenti miei sol confessati
all'acqua della fonte nel suo andare !

(*) La Fontana della Zira si trova a circa 4 Km.
da Fabrizia, di fronte al monte Pecoraro, nella
zona delle Serre.      

La Piazzetta
Facean parte della mia Piazzetta
la Cattedrale, superba, a sovrastare
la Chiesetta, timida, del Santo Rosario
quasi nascosta, senza campanile ;
il palazzetto con, al terzo piano,
il balconcino sul quale si affacciava
la Dulcinea, mio giovanile amore,
e il Monumento dove mi appoggiavo
ad aspettare che il veron si aprisse
ed ella sorridente mi guardasse.

Quel monumento, orgoglio del Paese,
a ricordar la guerra e l'oppressione,
rappresentava in un bassorilievo
la "Gloria" alata che bacia un morituro
e in bronzo, ai piè', l'epigrafe in latino :
"Gloria morienti dat oscula militi."

Non mi piaceva quel latino strano
con l'attributo lontan dal sostantivo
e senza precisare che il morente
baciato dalla Gloria
era esso nato nel Sud dell'Italia.
E allor l'epigrafe in mente mia cambiavo
"La Gloria bacia un moritur soldato,
nato in Calabria, proprio a "Li Prunari"¹
nella speranza che sol ciò bastasse
nel tempo a ricordare
i tanti ragazzi di quel mio paese
morti a vent'anni al fine di affrancare
dall'austriaco giogo secolare
sconosciuti fratelli veneziani.
Vana illusione d'ingenuo sognatore !
Del Risorgimento, i nobili ideali
di fratellanza, uguaglianza e patrio amore
mercé la "Lega" e il Grande Capitale
vengon or rimossi e al posto loro
s'innalzano barriere per creare
un Nord tutto in mano agl' industriali,
un Sud popolato sol da schiavi.

La "Gloria" alata che dà baci al moriente,
ora è dimenticata, uscita dalle menti
ed è rimasta sola nella piazza
fra l'alta cattedrale e la Chiesetta
di fronte all'ormai vuoto balconcino
dal quale la mia bella m'inviava
effimeri segnal d'ingenuo amore.
¹ "Li Prunari" : primitivo nome di Fabrizia.
cinquemila abitanti, all'estremo nord dell'Aspromonte.

Ossessione!
Allor che, bramoso, mi fermavo
a ber dalla sua bocca il dolce miele
ed eravamo una persona sola
ella mi sussurrava la canzone
"Sei grande grande grande
come te non c'è nessuno !"
e lentamente, inesorabilmente
il mio cuore invase e la mia mente !
"Non ti lascerò mai mai"
-bugiarda, mi giurava-
e quando del suo miele
più privarmi non potevo,
pena l'inferno della disperazione,
un grigio pomeriggio settembrino,
tranquilla dichiarò :
"Tutto finisce qui"!
Amo l'amore zingaro,
non fa per me l'eterno
come l'intendi tu !"
E al morir già di quel giorno
l'angoscia m' assalì
e la follia, melliflua,
attorno a me aleggiò.
Morii per giorni e mesi
ma ero un morto grande…..!
Ma come esprimer ora
la mia follia di allora
con lei nel mio cervello
che insistente incessante ed ossessiva
che sono "grande grande" ripeteva ?!
Prendi un tranquillante"
-un caro amico allor mi consigliò…..-
ma il tranquillante vale per i vivi,
io ero bell' e morto……
mi facea sol dormire
e se dormivo
l'ombra di lei
con me pur s'addormiva
e al risveglio,
crudele, incessante, ossessiva:
"sei grande, grande, grande" -ripeteva
per tutto il giorno,
senza mai tacere !
Di Padre Pio un altro amico
un giorno mi parlò
e mi esortò a pregare
ma io son pragmatico,
non credo nei miracoli e non ci feci caso
continuando a pregar lei , non il Beato.
Ma invano umiliandomi implorai
poter alla sua bocca ancora bere
l'ambrosia dolce per non più morire……
Del mio tormento ella godeva ormai !
E allor l'ORGOGLIO mio tanto ferito
si rese un bel giorno pieno conto
che il miele alla sua bocca un dì bevuto
non era miele ma fiele di Giuda
e non per un miracolo
ma sol per raziocinio,
sconfitta l'ossessiva depressione,
l'effigie di una donna senza cuore
dal mio cervello cancellò decisamente.
E libero tornai, felicemente !

Luna offuscata
Neppur tu
sei più candida
mia candida luna !
Lo smogh ha offuscato
persino il tuo andare
nel cielo ch' è vetro
ormai affumicato,
senza fulgore,
malato !

Depressione
Questa bassa pressione mi opprime !
Come coltre pesante mi blocca il pensiero:
non so s'è mattino o s 'è fatta già sera;
la nebbia mi avvolge, non vedo più niente:
Lo spirito tace, scomposto, indolente
non ha desideri , vuol solo poltrire !

Via a senso unico
Tornare vorrei ad Ain-Zara
Ove l'amante mia a tutte l'ore,
Le tette impudiche
Di polito avorio,
Superbe,
Sul mio viso protendeva
E mi stregava !
Sul tavolo in cucina
Persino mi si offriva
E mi pregava :
"E' giunta per me l'ora, non tardare!"
Io nel giardino entravo
E insieme a lei
Le stelle raggiungevo..

Millanta e più anni son passati….
Ad Ain-Zara non tornerò mai più :
La strada a senso unico è per me !
Indietro non si torna
E corro veloce e morto
verso il traguardo
Senza mai più raggiunger quelle stelle !

Khadijia e la luna piena (*)
Sotto l'ulivo dai rami avvolgenti
l' "emiro Carlo" Khadija aspettava:
la luna da un pezzo era alta nel cielo
ed ella il suo cuor più frenar non poteva.
Senza mantello e non già col cammello
ma della bici soltanto a cavallo,
Carlo arrivò accorto, prudente
e lei lo incitò :"Che aspetti, Sciatany ? (*)
è già tardi, non vedi, ya yuny, ya nary! " (*)
"Non son mica scemo!" -Carletto rispose-
"Col chiaro di luna ci posson scoprire
ed io non ci tengo a farmi pestare,
mia cara Khadija.....tranquilla,ti prego !"
Ma lei già eccitata,piuttosto in calore,
dell'eucalipto nell'ombra più scura
attirò Carlo, si levò il baracan
e si concesse, corpo anima e cor !

Non solo "baci e carezze audaci"
secondo gli standards della canzone
i due amanti eran tesi scambiare
quando la luna crudele invidiosa
i suoi raggi filtranti inviò a curiosare;
poi si spostò e andò a provocare
di Khadija il consorte dormiente sereno
nella zariba (*) matrimoniale
e attraverso la tenda strappata
sulla sua fronte si andò a collocare.

Alì si sveglia e Khadija non sente
accanto a sé sulla stuoia nuziale;
preoccupato per l' insolita assenza
si leva e si porta sull'uscio a mirar.
Volge lo sguardo all'argenteo uliveto
e molto più in là sotto i rami e le fronde
che l'eucalipto teneva allargati
per far piacere alla luna piena
scorge, ahimè, la sposa bambina
ad un altro uomo stretta, abbracciata.
"Che fai gahabusha !" (*) -urlò disperato-
"Io son tuo marito, io so' l tuo padrone
non puoi farmi theese ! (*)
Io ti ripudio, lo sai molto bene !"

Impaurita la luna curiosa
dietro una nube si defilò
e approfittando del buio improvviso
l ' "emiro" Carlo....se la squagliò.
E Khadija, la sposa bambina ?
Con l'esperienza delle tante mabruke (°)
schiave da secoli dell'uomo padrone :
"Barra ya keilb" -urlò- "Via sciatan !";
poi corse verso il suo "caro" marito
accusando qualcuno d'averla aggredita
Tornarono in tenda, nella zariba,
si steser pensosi sulla stuoia nuziale
e Khadija, felina con lunga esperienza,
si stropicciava ad Alì e lo tentava
con falsi "ya yuny", con falsi "ya nary"
e mentre lui, alla fine, convinto
che la sua sposa era stata aggredita
e progettava vendette crudeli
ella, dicendosi più che sfinita,
si addormentava con Carlo nel cuore,
pensando a dove poterlo incontrare
senza , peraltro, il ripudio rischiare!
(*) Dal racconto breve_ "Khadijia e la luna piena"
- Vedi il glossario in calce al racconto -

Sulla Via Pontina
Sulla moderna veloce Via Pontina
Che in “Fuori serie”
Percorrevo a cento all’ora
Fra cespugli di rovi defilata,
Ti scorsi quando il sol volgea al declino
Negretta prostituta ancor bambina.

Nel guardo tuo fuggevol intravidi
Paura che ‘l Gigante,
Di Legge integerrimo tutore,
A caccia d’errabonde bimbe negre,
Ti sorprendesse per metterti ‘n galera .
Lessi sul volto tuo
l’angoscia ed il timore
D’incombenti incontri tormentosi
E lo sgomento per l’imminente arrivo
Dell’avido “Pappone”
Cui rendere ragion del magro incasso
A fine di giornata di lavoro!

Negli occhi tuoi grandi,da bambina,
La nostalgia notai, in quel baleno,
Della lontana capanna primitiva,
Misera eppur felice
Da cui fosti strappata e violentata,
Condotta sulla Pontina a far la schiava.

E piansi per te !
Piansi e pur mi sento reo
Perché, purtroppo, faccio parte anch’io
Di questa umanità priva di cuore
Che l’ambascia ignora e l’afflizione
Di tante ”Magdalene” non sol nere
che un vano progresso senza onore
Scaraventò sulle vie dell’occidente
Sulle moderne e amare “vie Pontine”
Divenute “Calvario”
Per esse, prostitute ancor bambine !

Occhi di cielo
Dolce Giulia dagli occhi di cielo
nella notte di stelle ammantata,
mentre la guerra urlava l’orrore,
mentre il mare nel porto esplodeva
e la luna atterrita guardava,
sulle ali del vento venisti
ed insieme volammo a cercare
quiete appagante il delirio d’amore
che sconvolgeva i nostri pensieri :
superasti infantile timore
per consentirmi l’ingresso al giardino,
al tuo virgineo giardino fatato
oltre la valle del grembo di seta
ove io colsi il più bello dei fiori !

Sento ancora il sapore del thè
nella tua bocca e l’olente respiro;
sento ancora il tuo seno bambino
nelle mie mani vogliose, impazienti
quando io fiero entravo in giardino.
Mi guardavi con gli occhi di cielo
traboccanti d’amore e passione:
“non mi lasciare mai” mi sussurravi
stretta stretta sul mio cuore
e allor nient’altro più per noi esisteva!

Poi un tragico mattino assolato,
ordigni di morte dall’uomo creati
distrussero sogni,speranze,illusioni
e all’improvviso , com’eri venuta,
stupita volasti nel vento d’aprile ,
candida vittima a Marte immolata.

Ora millanta son gli anni passati,
la nostra fiaba sì breve e infinita
nella memoria è tuttora stampata
e nel mio inconscio tu sei com’allora
quando pudìca al mio cuor ti stringevi
sopra il solingo terrazzo ospitale,
testimoni le stelle a spiare
le nostre notti segrete d’amore ,
notti pregne del grato tuo odore,
di giovinezza, di sogni e di gioia.
- Roma 1998, dal racconto breve “Giulia” -

Africa mia!
L'immensità dei tuoi deserti,
la purezza del tuo mare e del tuo cielo,
il soffio amico del tuo ghibly ardente
fra sagge palme e i tamerici in danza
nelle felici òasi fragranti
fugaron l' ombre dell'adolescenza,
mia Libia diletta !
Mi conquistasti e divenimmo amici !
Per me tu fosti una seconda Patria:
mi proteggesti e mi sentii al sicuro
e per tant'anni vissi in te,con te
amandoti più del mio Paese,
come stregato, senza aver paura.
Poi un tuo figlio, certo il peggior nato,
privo d'amore e di timor di Dio
gonfio soltanto di crudel razzismo
tentò di violentar moral natura
leale, giusta e fieramente pia
dei suoi stessi fratelli,
ormai pur fratelli miei.
E dovei lasciarti, gentile e solitaria
amata terra mia !
Ah! potessi tornare ad ascoltare
il ghibly saturo d'armonie sublimi
e i tuoi silenzi immoti,
e il tenue alitare delle dune
nella genuinità della natura
del tuo deserto antico ,
ad ammirare in godimento pieno
incomparabili colori vespertini
e il biancheggiar dell'alba
nei tuoi vasti orizzonti senza fine !
Non avrei più paure vane :
tranquillamente appagato aspetterei,
giocando in pace nel silenzio amico,
fra le tue braccia,
la fin degli anni miei !

Mare    (A Nina!)
Negli occhi tuoi c'è il mare !
Tu sei il mio mare:
mare azzurro in cui è dolce navigare.

Negli occhi tuoi c'è il mare!
Tu sei il mio mare:
mare pacifico nel quale riposare.

Negli occhi tuoi c'è il mare!
Tu sei il mio mare:
mare profondo ove m'immergo
per fantasticare.

Negli occhi tuoi c'é il mare!
Tu sei il mio mare:
mare tempestoso all'apparir
d'improvvide rivali.

Negli occhi tuoi c'è il mare!
Tu sei il mio mare:
mare azzurro e pacifico
profondo e tempestoso
nel quale mi rifugio
nelle giornate scure,
nelle giornate di sole
per riflettere e sognare!

Nostalgia di Natale
Nostalgia struggente di dolci momenti :
suoni attutiti di sorde campane
fra bianche falde di neve danzanti,
fraseggi lesti di zoccoli allegri
nell'aria fredda di primo mattino,
melodiose zampogne a cullare
il dormiveglia fra sogni bambini
e di mamma le dolci carezze
fra il sentore di latte e di pane !

Nostalgia di un mattino lontano,
di un Natale lontano nel tempo
nella dolce Fabrizia natia
quando Natale era Sogno d'Amore
ed il cuore dell'uomo più buono
non del tutto deserto com'ora !

Amaritudine
Vorrei poter tornare ad Ain-Zara (*)
per riposare, nella notte arcana,
sul letto illuminato dalla luna,
porte e finestre aperte
senza aver mai paura !

Ben oltre sette lustri ivi trascorsi,
in quell' oasi immune da violenza,
abitata da buona, proba gente
che pur se orba del cristian Vangelo,
sol conoscendo il verbo del Corano,
ospitava fraterna lo straniero
con etica da Buon Samaritano.

E allora un'onda di rimorso amaro
m'invade il cuor per non aver saputo
abbastanza, alla fine, ringraziare
i vari Amhed, Fatma o Najaty
per l'amicizia leale, per l'amore
che m'hanno offerto quasi qual donario !

Ora son qui nella città civile,
astro mondiale del diritto umano,
serrato in casa già al calar del sole,
oppresso dall'ansia e dal timore
che "Tipi" di mia stessa religione
usi ormai a viver di rapina
mercé le leggi stolte, permissive
imposte da demagoghi velleitari,
con ben mirati colpi di bastone
mi stendan per rubarmi la pensione
e poi tranquilli andare all'elezioni
a confermar fiducia ed a votare
la lor Democrazia dittatoriale
per un'Italia progressista
falsamente proletaria !
(*) Villaggio a 12 km. da Tripoli

Amico ghibly ¹
Ghibly, perchè, ostile, fiammelle ardenti
accendesti alle mie nari
in quell'april lontano ²
quando superba l'Arborea d'argento
entrò nel porto all'anelata Oea
e già appariva al guardo mio incantato
sull'alto pennone del Castello Turco
la Sacra Bandiera della Patria amata ?
Eri geloso, di' la verità !
Geloso che io pure
innamorarmi potessi delle dune
che ballerine giocano con te
e con il sole !
Geloso che io pure come te
potessi addormentarmi fra le palme
e il gorgoglìo delle sorgive gemme
e i melograni carichi di fuoco
nell' oasi cromatica e felice !
Respingermi tentasti
Ma io non tornai indietro e ti sfidai !
E ti conobbi e diventammo amici
e camminammo insieme quarant'anni
nella di allora mia diletta Libia ;
e complici restammo
quando l'amore mio impaurito
sentendoti mugghiare nella notte
più si stringeva a me !
Ma io sapevo che non puoi far male !
Perchè come il sole e come il mare,
tu forza primigenia sei della natura
e il tuo soffio è amore
virile e appassionato
per carezzar le palme a primavera
e preparare il leghby ³ ch'è ambrosia
per la silente stanca carovana
e poi in autunno i datteri indorare,
il cibo degli Dei, tuoi creatori !

¹ Il ghibly è un vento caldissimo che dal Sahara
soffia sulla Libia : dall'arabo "qiblii" = meridionale.
² Giunsi a Tripoli il 23 aprile del 1937,
mentre infuriava una tempesta di torrido ghibli.
³ Leghby . linfa della palma.   

Pietà per Safiya
Signori Padroni della Nigeria,
Son qui a pregare : salvate Safiya !
Non sottoponetela a lapidazione !
Non siate complici di un Islam crudele
Che odia il bello, che odia l’amore !
Nei vostri cuori ci sia l ’ Islam vero
Diverso da quello dei “talibani”,
Dei falsi “Mullah” e dei tristi “Sultani”
Che stiman la donna meno d’un cane !
Perciò io vi imploro: “Salvate Safiya”,
Colpevole solo d’un moto del cuore!”
E ricordate, signori Padroni :
In ogni donna c’è nostra madre,
La madre di tutti che soffre e prega
Affinché un giorno, non tanto lontano,
Possiamo vivere in un mondo migliore
Pieno di gioia, di pace, d’amore !
- Ai Signori Governanti della Nigeria.
Lettera inviata all’Ambasciata Nigeriana a Roma -    

Fratello Negro
Oppresso da bassa mercanzia
fra mille umiliazioni a negoziare
pel tuo padrone bianco sfruttatore
in cambio d'irrisoria percentuale
ti vedo solo e disperato andare
per le caotiche strade cittadine
Uomo, fratello mio, dal volto scuro !
Vorrei aiutarti ma non so proprio come
ché anch'io al par di te sono uno schiavo,
di questa società ricca e crudele!

Perché lasciasti l'Africa natia,
Saccheggiata e negletta
ma dal progresso non ancor distrutta?
Derelitto e succubo di sogni menzogneri,
ingannato da schiavisti senza onore
venisti a cercar felicità
in un mondo a te ignoto, forestiero,
estraneo anche a me che non son nero
e ti trovasti solo, prigioniero,
della metropoli tragica e infelice
affollata e deserta come il tuo cuore,
saturo di memorie e nostalgia
ma senza speranza e deserto d'amore.  

Sole
Quale miraggio un dì tu mi apparisti !
Splendida, come il sole che dissolve
la cinérea bruma del mattino
e l'orizzonte fa vedere chiaro .
E da quel giorno di tua luce vivo
pur nel rimpianto per non aver potuto
far scendere le stelle in su la sera
per farti un vezzo di diamanti e d'oro
o rubare il candore della luna
per farti un peplo per la primavera !
Ma colsi fior per te in mille giardini
e li sparsi ai tuoi pie' nel lungo andare
e gli occhi miei fur destri a non vedere
l'alito insensibile del tempo
intento ad ombreggiare il tuo fulgore !
Ora, al tramonto, ancor così ti vedo,
come in quel dì ormai tanto lontano
quando il tuo sguardo accese nel mio cuore
l'ardente fiamma del mio eterno amore
inestinguibile e vivo come il sole!    

Desiderio di fuga
Quando la vidi per la prima volta,
superba,
la mia strada attraversare
con andatura tanto disinvolta
restai incantato, come si suol dire.
M'innamorai e da quel giorno esisto,
sol per interpretare ogni suo gesto
quando di luce m'inonda nel passare.
Al sol pensiero di non poterla amare,
che altri godan della sua attenzione
l'anima mia si perde, anzi scompare
e il vuoto m’ avviluppa tutto il cuore.
Vorrei poter con una fuga ardita
portarla in un'oasi assai lontana
fra i melograni carichi di sole
laggiù nel mio deserto, un paradiso,
per amarla così da mane a sera
durante tutto l'arco della vita !     

Sogno e realtà
La Libia "mia" ho stanotte sognato
e d'ingresso al Nefusah l'ardito ciglione
e di Garian, la bella, il vasto altopiano
e la dolce Tigrinna del mio primo amore !
case ridenti in estesa vallata
come grappoli al sole
fra campi ubertosi, promesse di vita !
Il Mueziin ho riudito, col ghibly
tenzonar sul minareto
per il richiamo lento,modulato
all'ultima preghiera della sera
e la Gazzella mia,
l'illibata fanciulla trepidante,
sul mio petto ansante
ha celato il dolce viso come mill'anni fa
sotto gli ulivi saggi, centenari la cui ombra
placida benevola accogliente
segreti serbava i baci nostri
tormentosi, struggenti
mentre la luna indiscreta
i suoi raggi filtranti, d'argento
inviava a spiare !

Ricordi, Fatmah?
Vorrei sentirti dire come allora
nell'incipiente calda notte arcana :
"ti amo ya yunj, ti amo ya narj !"
e come allor con te morir d'amore
e poi volare insieme incontro al ghibly
e perderci giocando nel suo ardore !

Ma or dove sei tu, tenero fiore
colto una notte fatata a primavera ?
Ha rispettato il Tempo, l'invìdo Tempo,
crudel nemico di tutto ciò ch'è bello,
il serico velluto di tua pelle
e l'avorio polito del seno tuo sorgente
e il miele della bocca birichina ?
Dillo, mia effimera amante,
dillo
e lo maledirò se esso ha osato
recarti offesa !   

Soldato Massimino
Massimino partì a far la guerra,
a conquistar non sapea quale terra.
Disse addio, ma senza un sorriso,
ai suoi faggi e alle querce silenti
sulle native colline ubertose
ove i suoi sogni correvan veloci,
ove era uso condurre gli armenti,
tese le orecchie, la notte, a sentire
l'ostile lupo cantare alla luna.

Ora egli è qui lontano dai monti,
da quel torrente in amena vallata
che cantando i suoi sogni seguiva
mentre il gregge sostava per bere.
Ora egli è qui, nel vano deserto
ad aspettar di sapere il nemico
quel nemico a cui portar guerra,
senza più sogni, lontan dai suoi monti,
per conquistar non sa lui quale terra.

Massimino non può più sognare !
In un mattino così, all'improvviso,
gli fu comandato di fare il soldato
e le speranze, i progetti pensati
nella valle all'ombra d' un faggio
egli dissocia nella sua mente
e trasforma il presente in miraggio.
Or non esiste per lui alcun nemico
ma la sua strada è ancora in salita
e la ragione piuttosto turbata.

Il "Potere" al grande Ospedale
allor lo conduce senza esitare
per controllare il suo stato mentale
e rendersi conto se puote ammazzare.
Qui Massimino continua a sognare
e già scorge le apriche colline
e già sente l'arduo torrente
ed il lupo che canta alla luna
e va sù fino al settimo piano…..
Ma l'illusione è di breve durata !
Un voce scompiglia il miraggio :
"Dove vai così tanto spedito?"
"Ai miei monti , lassù c'è il mio gregge".
"Torna indietro, la strada è sbagliata!"
"Fa lo stesso Tenente, lo stesso...."
"Ubbidisci, ritorna dabasso !"
"Fa lo stesso, Tenente, non posso!"
Poi il miraggio si ricompone
e già appare l'aprica vallata
con il gregge al pascolo assorto
e l'argenteo torrente scrosciante
ed i faggi e le querce silenti
e si affretta ....e con passo beato
felice vola incosciente nel vuoto
e si perde in quei sogni sperati
che il POTERE gli aveva rubato.
- Dal racconto breve Massimino -
Tripoli,1940


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