"Una
giornata del giovane
cameriere stagionale estivo"
Libro di poesie autoedito
nel mese di marzo del 2024.
Prefazione
Ho lavorato come guardiano notturno tuttofare stagionale estivo, in un hotel
della riviera romagnola, negli anni duemilaventuno, duemilaventidue e
duemilaventitrè.
In questo periodo di tempo ho conosciuto molti giovani camerieri che mi hanno
descritto la loro condizione lavorativa.
Rispecchiava la mia condizione, con la sola differenza che il mio lavoro era
notturno e la mattina tornavo a casa nel mio appartamento.
Nell'hotel i camerieri vengono reclutati prevalentemente dalle regioni del sud
d'Italia, ai quali viene offerto vitto e alloggio.
Nella maggior parte dei casi sono giovani senza esperienza, supportati da
stagisti che lavorano senza percepire uno stipendio.
I camerieri vengono controllati con telecamere a circuito interno in tutte le
stanze di lavoro, mentre al di fuori attraverso i social network.
Nella raccolta di poesie, "Una giornata del giovane cameriere stagionale
estivo", il giovane cameriere lavora in un hotel sulla spiaggia nel comune di
Bellaria Igea Marina, nell'anno millenovecentosessantasette, senza mutua,
senza diritti e senza marchette sociali.
Nell'anno duemilaventitrè, il cameriere lavora in regola per la legge
italiana, la busta paga esiste, ma viene falsificata in origine da agenzie
professionali su richiesta del proprietario dell'hotel.
Nella busta paga risulta il giorno di riposo settimanale ed un massimo di otto
ore lavorative giornaliere, mentre il cameriere lavora tutti i giorni feriali,
tutti i giorni festivi e tutte le domeniche, dalle dieci alle dodici ore al
giorno.
Nella busta paga risultano le ferie maturate, ma il cameriere non ne
usufruisce.
La buonuscita non esiste.
Tutto questo avviene senza la minima preoccupazione da parte del proprietario,
dato che la categoria degli albergatori è immune da qualsiasi controllo.
Se il cameriere si ammala viene giudicato irresponsabile dal proprietario,
perché non ha il diritto di assentarsi dal lavoro, anche se a certificare il
suo stato di salute è il medico.
Per il proprietario dell'hotel il cameriere in quei tre o quattro mesi di
lavoro è solo una risorsa in denaro, mentre è essenzialmente una persona che
per legge ha dei doveri ma ha anche dei fondamentali diritti.
Il dormitorio è una piccola stanza, dove riposano, tre o quattro persone
insieme.
Gli avanzi delle pietanze del pranzo e della cena dei villeggianti, vengono
riposti nella cella frigorifera e riscaldati il giorno seguente, per il vitto
degli stagionali.
Simone Maranesi
Sinossi
Nell'anno millenovecentosessantasette,
il giovane cameriere stagionale estivo,
lavora in un hotel sulla spiaggia,
nel Comune di Bellaria Igea Marina.
Tre mesi prima il proprietario dell'hotel,
pattuì a voce col padre del giovane,
il contratto stagionale estivo.
Lavorerà tutti i giorni, per tre mesi pieni
l'anonimo cameriere, senza mutua,
senza diritti, senza marchette sociali.
Dalle ore sette del mattino,
alle ore tre del pomeriggio
e dalle ore cinque del pomeriggio,
fino alle ore nove della sera.
Poi per terminare la giornata,
si divertirà al bar del giardino
tra i tavoli a servire, bibite fresche
e caffè caldi per gli stanchi villeggianti.
Rosino Maranesi
L'hotel sul mare
Si trascina il corpo all'arrivo
il giovane cameriere
stagionale estivo
in quel caldo pomeriggio
d'inizio giugno dell'anno
millenovecentosessantasette
l'indomani inizia il lavoro
in uno degli hotel
piantati sulla sabbia
sul lungomare in fila
a un palmo dalla spiaggia
Il piccolo canale
A lato dell'hotel tra gli edifici
un piccolo canale
di scolo d'acqua torbida
scorre lentamente
fin dentro il mare
con solide masse fecali
galleggianti in superficie
i villeggianti nuotando
schivano col viso
i resti di scarto degli umani
e all'imbrunire dal canale
lo stagnante liquido
color oro putrido
un tanfo d'alito pestifero
esala nell'aria
al riversar continuo
Il dormitorio
All'ultimo piano dell'hotel
il dormitorio degli stagionali
un tugurio grezzo e nudo
il pavimento crudo
di cemento sgretolato
buchi alle pareti
senza finestre
un materasso lucido
sopra una rete
un vecchio armadio
sgangherato al muro
con vuoti appendi abiti
di ferro arrugginiti
stanze senza porte
Il proprietario dell'hotel
Tre mesi prima
il proprietario dell'hotel
pattuì a voce
col padre del giovane
il contratto stagionale estivo
lavorerà tutti i giorni
per tre mesi pieni
l'anonimo cameriere
senza mutua
senza diritti
senza marchette sociali
dalle ore sette del mattino
alle ore tre del pomeriggio
e dalle ore cinque del pomeriggio
fino alle ore nove della sera
poi per terminare la giornata
si divertirà al bar del giardino
tra i tavoli a servire
bibite fresche e caffè caldi
per gli stanchi villeggianti
L'alba
Desta il giovane dal sonno
lo sbuffar dei motori
nell'andirivieni dei barconi
oltre le scogliere
dei vongolari all'alba
nel dormitorio degli stagionali
riservato e nascosto
uomini e donne coesistono
un giovane cameriere
per il lavoro in sala
e tuttofare
una donna
per il lavoro ai piani
riordino e pulizia nelle camere
aiuto in cucina e tuttofare
e la madre del giovane
aiuto cuoca in cucina
per il lavoro ai piani
riordino e pulizia nelle camere
e tuttofare
Il risveglio
S'alza sovrapensiero il giovane
a piedi scalzi sopra la graniglia
polverosa di cemento franto
anche il gabinetto
in comune è grezzo
una tenda colorata all'entrata
uno specchio ai laterizi appeso
un lavabo incancrenito
una latrina alla turca
e una cassetta d'acqua
di scarico ingiallita
con la catena in ferro
La divisa da cameriere
Lungo il viale sull'asfalto
il camion lavastrade
spruzza l'acqua rinfrescante
prima che i caldi raggi del sole
avvolgano Bellaria balneare
si veste in fretta il giovane
un paio di mutande nere
un paio di calzini neri
un paio di scarpe nere
un paio di pantaloni neri
una fascia elastica nera
una camicia nera di terital
Il mondezzaio
Rombano i bidoni
nel cortile dell'hotel
svuotati dentro il camion
i sacchi coi rifiuti
organici e inorganici
e da Bellaria balneare
in aperta campagna scaricati
nell'area brulla del piazzale
fuma il mondezzaio
rotolano e scivolano i rifiuti
lungo la sponda
del dolce fiume Rio Salto *
a un passo dalla Torre
La Torre *
La inerme diroccata Torre
senza memoria
trasformata in pollaio
deposito di stabbio
la casa dei fattori
nella Villa al primo piano
sbriciolato l'intonaco
nei muri delle stanze
raschiati e ammuffiti
i dipinti sulle volte
macerie
immondizie
cumuli di feci
e alle finestre scardinate
i polli imprigionati
s'ammassano ai buchi
beccano e spingono
le grate di rete
di ferro arrugginite
per sfuggire il macello
*Rio Salto (Piccolo fiume amato da Giovanni Pascoli).
*La Torre (Tenuta Torlonia, dove il padre di Giovanni Pascoli,
lavorava come amministratore e fattore).
Nel macello
In fila come oggetti inanimati
i polli incatenati
a testa in giù
ai ganci appesi
le carotidi tagliate
in rivoli di sangue
immersi nell'acqua bollente
strappate dal corpo piume e penne
raschiati gli organi interni
refrigerati in celle
le spoglie nude carni le cucine
degli hotel riforniranno
Nella cucina
Staziona il camion
trasporta carni
nel cortile dell'hotel
nella cucina al primo piano
armeggio continuo
con forbici e coltelli
le donne stagionali tuttofare
squartano e preparano
le carni d'arrostire per il pranzo
dei signori villeggianti
sopra i fornelli a gas
pentoloni di latte da scaldare
e cuccume di caffè da far bollire
per l'ora della colazione
Nella sala
Pronto in sala il padrone
impartisce le istruzioni
al giovane cameriere
dovrà riverire sempre
i signori villeggianti
con saluti cordiali ovunque
pranzerà e cenerà
con gli stagionali
nel tavolo del retrocucina
con gli avanzi dei pasti
dei signori villeggianti
Ore sette del mattino
Lesto sopra i tavoli
coperti di tovaglie bianche
e bianchi tovaglioli
il giovane apparecchia
tazze
tazzine
bicchieri
coltelli
forchette
cucchiai
cucchiaini
e mentre i raggi del sole
s'ergono lungo le vetrate
pian piano dalle scale
scendono affamati
gli assonnati villeggianti
il giovane con inchino saluta
e avanti e indietro
dalla sala alla cucina
dalla cucina alla sala
serve la colazione
Ore nove del mattino
Col vassoio d'acciaio il giovane
tazze
tazzine
posate
bicchieri
dai tavoli della sala
nel retrocucina accatasta
poi nell'angolo del lavaggio a mano
sfrega
lava
asciuga
Ore dieci del mattino
Mentre radio spiaggia
già ad alto volume
dagli altoparlanti propina
la pubblicità della riviera
agli allegri villeggianti
stesi sugli sdrai
unti viso contro il cielo
ai raggi del benevolo sole
il giovane le vetrate
vista mare della sala terge
poi il pavimento spazza
e con lo strofinaccio
chino a testa bassa
avanti e indietro
inzuppa lo straccio
strizza lo straccio
lustra
lustra
lustra
Ore undici del mattino
S'odono in lontananza
piccoli aereoplani
volano a quota bassa
lungo la spiaggia
con legati nelle code
gli striscioni svolazzanti
con le scritte cubitali
dei nomi dei prodotti
della pubblicità ammaliante
e nuvole di bigliettini
delle aziende produttrici
lanciati vorticano al vento
tra i villeggianti planano
sulla sabbia e sul mare
mentre il giovane nella sala
sui tavoli piatti
posate e bicchieri
apparecchia per il pranzo
dei signori villeggianti
Mezzogiorno
Serve il giovane
le pietanze d'assaggio
nel tavolo privato
alla famiglia padronale
il padre tuttofare
la moglie cuoca in cucina
il figlio all'accettazione
e al bar dell'hotel
discutono dei soldi
dei soldi da pagare
dei soldi da guadagnare
dei soldi da investire
dei soldi
dei soldi
dei soldi
Mezzogiorno e mezzo
Nel retro dell'hotel
nella piccola capanna
s'accende automatica la pompa
succhia la poltiglia di liquami
dentro il pozzetto privato
della nascosta fogna
e un lungo tubo
steso tra la sterpaglia
scarica le deiezioni umane
nel torbido canale
nel mentre
suona la campanella
il pranzo è pronto
in frotte accorrono
a rifocillar lo stomaco
il giovane serve
le calde porzioni
di profumate pietanze di carne
ai signori villeggianti
Ore due del pomeriggio
Mentre terminato il pranzo
sazi e gonfi
i signori villeggianti
si recano in giardino
il giovane sparecchia
dai tavoli piatti
fiamminghe
posate
bicchieri
e nel retrocucina deposita
poi riordina e spazza la sala
Le donne stagionali tuttofare
Le donne stagionali tuttofare
dopo aver terminato
il lavoro ai piani nelle camere
e aiutato in cucina
a preparare le porzioni
delle pietanze da servire
dai piatti e fiamminghe
gli avanzi del cibo del pranzo
dei signori villeggianti
sul tavolo apparecchiano
e nel lavandino
del lavaggio a mano
sfregano
lavano
risciacquano
asciugano
padelle
pentole
pentoloni
piatti
posate
bicchieri
fiamminghe
Ore tre del pomeriggio
Giunge il giovane
con lo stomaco
vuoto che rugge
all'agognato pasto
degli stagionali
nel retrocucina
con gli avanzi del pranzo
dei signori villeggianti
sul tavolo imbanditi
poi sale le scale
e nel dormitorio a capo fitto
sopra il rude letto
s'addormenta e sogna
Il sogno
Il vento accompagna
in volo il giovane
in luoghi senza tempo
il colle del paese
dove luce aprì
sovrasta la verde vallata
disteso il fiume scorre
lontano sguardo specchia
il cielo blu nel mare
i caldi raggi del sole
il colle vivente colora
alberi verdi e frutti maturi
al suolo l'odore del fieno
ristora al passaggio il respiro
Il garbino
Improvviso s'alza
il garbino pomeridiano
folate di vento cocente
allentano il sonno
piegano le membra
scombussolano la mente
vampate dal canale
saturano l'aria
s'alza stordito il giovane
Ore cinque del pomeriggio
Il sole versa i raggi
sull'increspato mare
russano sugli sdrai i villeggianti
rosei
violacei
il giovane sopra i tavoli
piatti
posate
bicchieri
apparecchia per la cena
dei signori villeggianti
Ore sei della sera
Scompare il sole
dietro gli alti hotel
la spiaggia resta in ombra
chiusi sdrai e ombrelloni
pian piano nelle camere
tornano i villeggianti
pronta al tavolo privato
la famiglia padronale
attende l'assaggio della cena
e il giovane serve
le calde pietanze
Ore sette della sera
S'odono provenienti dal giardino
note musicali
prove di brani
dell'orchestrina che allieterà
la festa della sera
suona la campanella
con sgargianti abiti
i signori villeggianti
s'apprestano a cenare
e il giovane serve
le calde pietanze
dalla cucina alla sala
avanti e indietro
Ore otto della sera
Nel riordino della sala
la fatica incalza
nelle braccia
nelle gambe
stanco il giovane
sparecchia e spazza
mentre le donne stagionali
nel lavandino del lavaggio
lavano
sfregano
asciugano
e riordinano la cucina
Ore nove della sera
Sopra il tavolo
nel retrocucina apparecchiati
gli avanzi della cena
dei signori villeggianti
gli stagionali siedono
riprendono le forze
e sgranocchiano il pasto
poi i rifiuti organici e inorganici
chiusi nei sacchi neri
depositano dentro i bidoni
Ore dieci della sera
Per terminare il lavoro
il giovane serve
tra i tavoli del giardino
bibite fresche
e caffè caldi
al suon dell'orchestrina
roteano in coppia
i signori villeggianti
nella piccola pista
tra risa e sorrisi in festa
Ore undici della sera
Finita la giornata di lavoro
sale le scale il giovane
e dal letto del buio dormitorio
ode provenire dal viale
armonia musicale
della colonna sonora
del film in proiezione
nell'arena cinema
scorrono nella mente
le immagini in movimento
poi il fascio di luce si spegne
e nel silenzio s'addormenta
La catena di montaggio
Libro di poesie autoedito
nel mese di aprile 2022
Sinossi del libro "La catena di montaggio"
A ferro di cavallo
la catena di montaggio
L'ingranaggio
smuove i carrelli
davanti agli occhi
Lungo il binario d'acciaio
sotto file di neon
nell'aria densa
di fumi artificiali
Operai e operaie
apprendisti operai
e apprendiste operaie
lavorano come automi
Gestiscono una piccola porzione
della lavorazione della scarpa
Sempre la stessa
Con gesti delle mani
sempre uguali
Rosino Maranesi
Il reparto catena di montaggio
In un dei capannoni
di fabbriche di scarpe
nel reparto catena di montaggio
lungo il binario d'acciaio
File di carrelli
file di macchinari
Pieno di forme
di sottopiedi
di tomaie
di suole
di tacchi
di chiodi
di sivelle
di martelli
di pinze
di pennelli
di cava chiodi
di carte vetrate
di lingotti di cera
di spalma adesivi a pompa
di bidoni di colla
di bidoni di mastice
di bidoni di coloranti
Sotto file di neon
di miscugli di polvere
di aerei fumi acidi
Lavora da apprendista
operaio cavator di sivelle
il nostro giovane
Nella valle del fiume Aso
Visse il nostro giovane l'infanzia
nella marchigiana
collina di Carassai
Paese dai pendii infittiti di verde
rubicondi di sole
che filtrava nella macchia
attraverso fessure dorate
Ombre formate da frasche
cespugli tra spini ed ortiche
fusti inspessiti e rigonfi
rampicanti in scalata continua
al districo di ramoscelli ondulati
verso il rigoglioso giardino
E dal castello vecchio
le case una sull'altra
in fila assestate
in bilico lungo la costa
che guardava verso il fiume
disteso in ampie spalle
Lungo la sponda del fiume Aso
Ai piedi della costa
lungo la sponda boschiva
il fiume scorreva
tra i gorghi
d'acqua limpida
tra i levigati ciottoli
Tra i rovi e i piccoli viottoli
spaziava il nostro giovane
Pien di gioia
e di frementi palpiti
candida luce illuminava
Verso la piana del fiume Rio Salto
In un dei primi giorni
del mese di giugno dell'anno
mille e novecento sessantatré
Il nostro giovane
lasciò amici e parenti
e partì con la famiglia
di notte in fuga
La luna illuminava il buio
e lungo i fossi le lucciole
passavano veloci
davanti agli occhi
Dalla cabina del camion
stretto al ronfo lento
passarono ore e ore
prima che il sole all'alba
pian piano di raggi
inondasse la Romagna
Nella piana del fiume Rio Salto
fiorente d'industria calzaturiera
arrivò a San Mauro Pascoli
Il paese di fabbriche
Una piana distesa
lungo il fiume Rio Salto
che guarda verso il mare
Nel paese urlano le sirene
Inizia nelle fabbriche
un barrir e ruggir di macchinari
S'impregnano le vie
d'acri odori di mastice
di fumi di raschiamento
di pelli conciate
Nuove
lucide
colorate
Da animali scuoiati
per nuove scarpe
Lungo la sponda del dolce fiume Rio Salto
A passi incerti
cammina il nostro giovane
Tra spazi e piccoli viottoli
rasenti i gorghi d'acqua torbida
Tra alberi di pioppi
arsivi e impantanati
incisti in sacchi neri di plastica
scoloriti e macerati
Tra gli scarti di pellami conciati
e segatura di suole raspate
sparsi sul greto d'erba ingiallita
Rattrista il giovane
l'ampia visione
di artificiali putridi
E scivolano i profumi
fra i rifiuti fumanti
marciscono le sementi
Chiuso nel capannone
Chiuso nel capannone
lavora il nostro giovane
Lungo la catena di montaggio
alla luce dei neon
Tra sivelle e cava chiodi
polvere e fumi acidi
Chino davanti
automatici carrelli
con gli occhi fissi
E rimpiange i giorni liberi
Quando con gli amici
correva all'aria aperta
lungo i viottoli
sulla sponda del fiume Aso
Tra i rovi di spini
di frutti di more
un ampio spazio
aperto al sole
Stesi sul botro nudi
prati fioriti ai bordi
tuffi nel gorgo e spruzzi
La festa del paese
Rumor di tuoni in fumo
luci e colori
si spargono nel cielo
La festa è già finita
Chiudono le bancarelle
chiude la giostra
resta muta la piazza
C'è qualche cane che razza
tra carta e latta
e dietro va la vecchia
che di cartoni
rassetta la carretta
L'ora è già tarda
l'angoscia assale
il nostro giovane
Già pensa all'indomani
Al lavoro ripetitivo
lungo la catena di montaggio
ai gesti sempre uguali
La catena di montaggio
A ferro di cavallo
la catena di montaggio
L'ingranaggio
smuove i carrelli
davanti agli occhi
Lungo il binario d'acciaio
sotto file di neon
Aggrovigliar di mani
ruggir e barrir di macchinari
nell'aria densa
di fumi artificiali
I lucenti macchinari
Di ferro e acciaio
i lucenti macchinari
Nulla pensano
nulla dicono
Ruggiscono e barriscono
in ritmo sempre uguale
In fila ordinati
lungo la catena di montaggio
Sotto un sole artificiale
Lungo la catena di montaggio
Lungo la catena di montaggio
gli operai e le operaie
gli apprendisti operai
e le apprendiste operaie
ognuno al proprio
posto di lavoro
Muovono le mani
con uguali gesti
sempre gli stessi
Gestiscono per ore
una piccola porzione
della lavorazione
Sempre la stessa
Ripetitiva
faticosa
monotona
e noiosa
Inizia la giornata lavorativa
Urla la sirena
L'ingranaggio
sposta i carrelli
lungo il binario
della catena di montaggio
Operai e apprendisti operai
operaie e apprendiste operaie
ai propri posti
misurano il ritmo
i tempi di lavoro
E in automatico
con mani veloci
e gesti sempre uguali
come automi
eseguono la lavorazione
L'operaio preparatore
Il preparatore
primo operaio
della catena di montaggio
dispone sui carrelli
la quantità di paia per taglie
Sul primo carrello due paia
due paia ogni carrello
Di forme
di sottopiedi
di tomaie
di suole
di tacchi
Un carrello dietro l'altro
Quattro forme
quattro sottopiedi
quattro tomaie
quattro suole
quattro tacchi
L'apprendista operaio al premontaggio
Prende l'apprendista il sottopiede
coi chiodi sulla forma imbrocca
Col pennello il mastice bianco
sul bordo sottopiede spalma
sul bordo tomaia spalma
E i carrelli passano
a ritmo costante
lungo la catena di montaggio
L'operaio montatore
Batte
batte
Monta
monta
Dalle dita le sivelle in bocca
Con la pinza a martello
la pelle tira forte
aderisce la tomaia alla forma
sul sottopiede la rivolta
dai denti stretti prende la sivella
La batte
la incurva
la schiaccia
sul fondo forma
Con la lingua trita
impastata da sivelle
Batte
batte
Monta
monta
L'apprendista operaio cavator di sivelle
La forma nella mano
la tomaia già montata
Conficcate le sivelle
al fondo forma
curve
schiacciate
Il nostro giovane
Annaspa
annaspa
Con il cava chiodi
raddrizza le sivelle
Ringhian
ringhian
automatici carrelli
affossati gli occhi fissi
Cava
cava le sivelle
L'operaio ribattitore
Barrisce
barrisce
la ribattitrice urlante
Il ribattitore
alla macchina lucente
con larghi perni caldi
leviga la tomaia
sulla forma aderente
Con la ruota dagli anelli d'acciaio
Batte
spiana
modella
E i carrelli passano
a ritmo costante
lungo la catena di montaggio
L'operaio raspatore
Rullo rotante
cinto da grossa carta vetrata
Alla macchina raspatrice
il raspatore raspa la tomaia
aderente al sottopiede
sul fondo forma
Raschia
sfilaccia
scarnisce
Nuvola nera
scintille
polvere bruciata
Stordita la mente
Ansima
soffre
Urla muta
L'apprendista operaia spalmatrice di mastice
L'acre mastice giallo
sparge acidi vapori
Schiuma
sbava
Spalmato attacca
Narici
gola
occhi
Erutta vapori
effluvio dai pori
Esala calura
la mente di lava
Spalma la spalmatrice
Spalma
spalma
spalma
Pien di mastice le mani
L'operaia attacca suole
S'asciuga il mastice
spalmato sulla suola
e sul fondo forma
L'attacca suole
le unisce e le appiccica
Con la para pulisce
cancella le macchie
sulla tomaia lucida
L'operaio pressatore
Gonfia e sgonfia
Gonfia e sgonfia
la macchina pressatrice
Pressa la suola
alla tomaia sigilla
Il pressatore
con gesti delle mani
sempre uguali
Aggancia e sgancia
Aggancia e sgancia
L'operaia inchioda tacco
Alla macchina inchiodatrice
l'operaia
pressa il tacco
di strati di suola
sul fondo suola
Con il piede sulla leva
Alza e batte
Alza e batte
L'inchiodatrice con piccoli chiodi
inchioda il tacco
L'operaio fresatore
La fresatrice stritola la suola
Sul fresatore inerme
spruzzi di segatura
Il viso imbiancato
la bocca serrata
narici otturate
Rugge la macchina
mentre sagoma
la suola sulla forma
L'operaio sformatore
La macchina sformatrice
sparge calura
Lo sformatore
sul perno cocente
lucida la suola
nel solco fresato
con liquida cera
Acriliche le mani
Secche le labbra
Arsura in gola
L'operaio pomiciatore
Sulla macchina pomicino
gira veloce il platorello
con fine carta vetrata
Il pomiciatore
il fondo suola
e il tacco raschia
Polvere s'alza
avvolge il viso
in una maschera bianca
L'operaio spalmatore di colorante
Sul fondo suola e il tacco
lo spalmatore spalma
col pennello il colorante
Schizzi di liquido
penetrano sulle nude mani
Nelle narici sale
l'acre vapore chimico
invisibile nell'aria
L'operaio spazzolatore
Spazzole rotanti
Alla macchina spazzolatrice
lo spazzolatore
sparge cera solida
sulle spazzole
Lucida la tomaia
il fondo suola e il tacco
Punge la polvere di cera
Arrossisce gli occhi
Annebbia la vista
L'apprendista operaia e le operaie guarnitrici
Le ultime tre lavoratrici
della catena di montaggio
Timbrano il numero
sul fondo suola
Tolgono la scarpa dalla forma
Timbrano la tallonetta
Puliscono
stirano
apprettano
lucidano
e inscatolano le scarpe
Finisce la giornata lavorativa
Urla la sirena
L'ingranaggio ferma
la catena di montaggio
S'arrestano i macchinari
S'armonizzano le mani
gli operai
gli apprendisti operai
le operaie
le apprendiste operaie
Si spengono le file di neon
Nel capannone l'ora di uscita
Il sole lancia gli ultimi bagliori
prima di rifugiarsi dalla vista
Nel capannone l'ora di uscita
Le lavoratrici e i lavoratori
ripercorrono la solita rotta
In fuga la luce
ritaglia la campagna
con gli ultimi sprazzi
pallidi nell'ombra
Orme vuote
Già le nuvole
han primeggiato in cielo
Le ombre svanite
in tempo fatto piano
Rincorse
salti
ruzzoli sereni
Grida di bimbo
perse in un baleno
La luce fitta
si è marcata al suolo
Lasciando vuote
impronte sul terreno
La Fabbrica
settembre 2020
Sinossi del libro "La fabbrica".
Nella raccolta di poesie “La fabbrica”, descrivo l’esperienza lavorativa come
apprendista calzolaio, iniziata nell'estate del 1963, a 13 anni e poi
proseguita come operaio, nell’industria calzaturiera di San Mauro Pascoli (FC).
Lavoravo in stanze chiuso, alla luce dei neon, tra i miscugli di colla, di
mastice,
di polvere, di pelle conciata, d’aerei fumi acidi e il sole vacuo, muto dietro
ai vetri, serrato dentro, natura morta di deserto.
Rosino
La fabbrica
Ferreo onnipotente estremo
rullo rotante
che sgrana e stralcia
in velocità costante
ad una ad una la fila passa
sotto gli occhi stanchi
polvere nera s'alza
e carne rode
la macchina lucente
che nulla dice nulla pensa
ronza e stride
in ritmo sempre uguale
oh pollice contratto
oh mano disarmonica e ferita
lascia cadere
quel che stringi ed odii
e trita i nervi
della tua mente stanca
rivolta la schiena
e canta forte
sovrasta i rozzi suoni
che ti opprimono
scagliati contro
come folle infuria
nella fabbrica
curvi ruffiani
dediti a leccare i piedi
al buon benefattore
nuove macchine lui
comprerà domani e tu
lo aiuterai a far carriera
ma la sua sete
inaridirà pian piano
la tua vita
Alla luce dei neon
Chiuso in fabbrica
alla luce dei neon
tra i miscugli di colla
di mastice di polvere
di pelle conciata
d'aerei fumi acidi
e il sole vacuo
muto dietro ai vetri
serrato dentro
natura morta
di deserto
Sirene di fabbriche
Urla di sirene
dalle fabbriche
ammorbano le vie
pregne d'acri odori
di mastice e pelli
scuoiate di vitelli
nei mattatoi pianti
per nuove scarpe
La manovia elettrica
A ferro di cavallo
la manovia elettrica
l'ingranaggio s'accende
smuove carrelli
davanti agli occhi
aggrovigliar di mani
ruggir di macchinari
gesti sempre uguali
nell'aria densa
di fumi artificiali
La lavorazione della scarpa, nell'industria calzaturiera
di San Mauro Pascoli, dal 1963. Dalla poesia "Il taglio", fino alla poesia "La
lucidatrice", ogni singola poesia descrive un posto di lavoro, che si snoda
lungo la manovia elettrica.
Il taglio
Taglia pelle conciata
nuova lucida colorata
spingi trincetto
arcuato avvolgi
scava nervi sfrangia
forma liscia
d’inerme vitello
morbida tomaia
Con le sivelle in bocca
Batti batti la sivella
dalle dita sulla bocca
sulla pelle tira forte
aderisci la tomaia
sulla forma imbrocca
con la lingua trita
impastata da sivelle
batti batti
monta monta
Il cava sivelle
La forma nella mano
la tomaia già montata
mugge mugge
scorticata con sivelle
curve schiacciate
annaspa annaspa
raddrizza le sivelle
ringhian ringhian
automatici carrelli
affossati gli occhi fissi
cava cava le sivelle
La ribattitrice
Rugge rugge
la ribattitrice urlante
sirena latrante nell'aria
satura di chimica
la macchina lucente
con perni surriscalda
leviga la tomaia
sulla forma aderente
la ruota dagli anelli
d'acciaio batte
spiana modella
e i carrelli passano
a ritmo costante
lungo la manovia
Il finisaggio
Rullo rotante
grossa carta vetrata
raschia la pelle
sgrana sfilaccia scarnisce
nuvola nera scintille
polvere bruciata
stordita la mente
ansima s’incrina
soffre reprime
urla muta
L'inchioda tacco
La macchina pressa
il tacco di legno
rivestito di pelle
alla tomaia raschiata
sulla forma montata
con piccoli chiodi
l’inchiodatrice
alza e batte
alza e batte
l'inchioda tacco
Lo spalma mastice
Acre mastice pungente
appiccica la suola
sulla pelle raschiata
spalmato attacca
narici gola occhi
erutta vapori
effluvio dai pori
esala calura
la mente di lava
masticiate le mani
inermi sulla forma
L'attacca suole
Sparge acidi vapori
il mastice giallo
impecia le mani
schiuma sbava
attacca la suola
alla pelle scarnita
la para pulisce
cancella le macchie
sulla tomaia lucida
La pressatrice
Gonfia e sgonfia
pressa la suola
alla tomaia sigilla
pressa pressatrice
gesto sempre uguale
pressa sgancia
pressa sgancia
La fresatrice
La fresatrice stritola la suola
spruzzi di segatura
il viso imbiancato
la bocca serrata
narici otturate
rugge la macchina
mentre sagoma
la suola sulla forma
La sformatrice
Perno caldo sformatrice
lucida la suola
nel solco fresato
di liquida cera
sparge calura
acriliche mani
labbra arsura
Il pomicino
Gira veloce platorello
con fine carta vetrata
fondo suola
raschia leggera
polvere bianca
s'alza circonda
il viso aggroviglia
la mente attorciglia
La lucidatrice
Spazzole rotanti
lucidano il colorante
liquido spalmato
sul fondo suola raschiato
cera s'infissa agli occhi
polvere smalta
ramificata svetta
rapina punge
annebbia la vista
L'ora d'uscita
Il sole lancia
gli ultimi bagliori
prima di rifugiarsi dalla vista
annuncia la sirena
nelle fabbriche
l'ora d’uscita
gli operai stanchi
e rotti di fatica
ripercorrono la solita rotta
in fuga la luce
ritaglia la campagna
con gli ultimi sprazzi
pallidi nell'ombra
Scarichi di fabbriche
In bilico canneggio
tra schiume e scarichi
di fabbriche nel fiume
tra spazi e piccoli viottoli
rasenti il fosso marcio
tra alberi arsivi
e impantanati incisti
in sacchi di plastica
scoloriti e macerati
e il materiale infligge
artificiali putridi
che l'occhio incastra
e l'ampia inquadratura
ritorce il frutto
di passati giorni
quando correvo
lungo i campi
fioriti in orti immerso
i nidi in cespi
verdi rami
al sole rilucenti
in seme di candore
limpido scorreva il fiume
ma scivolano i profumi
tra i rifiuti
e le sementi
marciscono fumanti
Apprendista a 13 anni
Lavoro da apprendista
calzolaio a 13 anni
in fabbrica in manovia
mentre tra spazi
all'aria aperta gli amici
corrono lungo il fiume
tra rovi viottoli
stesi sul botro nudi
prati fioriti ai bordi
giunchi flessuosi in arco
tuffi nel gorgo e spruzzi
recluso in stanze chiuso
alla luce dei neon
tra mastice colla
polvere nera e fumi acidi
chino davanti
automatici carrelli
con gli occhi fissi
La festa è già finita
Rumor di tuoni in fumo
luci e colori si spargono nel cielo
la festa è già finita e con la giostra
tutte le bancarelle fan riposta
resta muta la piazza
c'è qualche cane che razza
tra carta e latta
e dietro va la vecchia
che di cartoni
rassetta la carretta
l'ora è già tarda
l'angoscia m'assale
già il pensiero
torna all'indomani
al chiuso della fabbrica
ai gesti sempre uguali
prostrato e rosto dentro
da rami aggrovigliati
la via del tutto assente
Il
tempo del lavoro
Dai capannoni desolati
tra ferro e acciaio
di manovia carrelli
macchinari file di neon
cataste di pellami
volo col pensiero
in pendii infittiti di verde
rubicondi di sole
che filtrava nella macchia
attraverso fessure dorate
ombre formate da frasche
cespugli tra spini ed ortiche
fusti inspessiti e rigonfi
rampicanti in scalata continua
al districo ramoscelli ondulati
verso il cielo
percorso da forme e figure
in un mare tranquillo
ma era giunto
il tempo del lavoro
in anticipo arrivata
l'estate non desiderata
la primavera era finita
Carpito ai grandi spazi
E gorghi nel fiume orlati
frescura in fiori schiusi
profumo ai sensi ispirava
gioia e frementi palpiti
candida luce illuminava
e l’odor d’erba tagliata
gonfiava il respiro sazio
rincorse gioiose su
e giù nei dirupi
silenzi notturni
al canto dei grilli
carpito ai grandi spazi
di giochi a ciel sereno
in luogo chiuso in fabbrica
lungo la manovia elettrica
piantato alla lucente
macchina infernale
l’udito martoriato
da ruggiti sempre uguali
e i carrelli passano
davanti agli occhi stanchi
polvere nera m’avvolge
sotto un sole artificiale
Manovia elettrica senza regole
L'ingranaggio
smuove i carrelli
lungo il binario
della manovia elettrica
scandisce il ritmo
i tempi di lavoro
il padrone lo gestisce
da una semplice manopola
velocizza e rallenta
senza nessuna regola
Luce verde libero
E la manovia
in ritmo continuo
sposta i carrelli
davanti agli occhi
con mani frenetiche
aumento lo sforzo
sopravanzo il mio posto
raccolgo minuti
ora che la luce
sopra il bagno è verde
di corsa vado
e di corsa ritorno
di nuovo al lavoro
I ruffiani
Servi del padrone
lecchini sempre chini
spioni e mentitori
dediti a leccare i piedi
ai buoni benefattori
i datori di lavoro
i nuovi padroni
I nuovi padroni
Cartacce accatastate
nella stanza segreta
la stanza del bruciatore
fatture in nero
tasse non pagate
a rimpinguare il lucro
dei datori di lavoro
i nuovi padroni
nati per comandare
coperti da commercialisti
senza etica professionale
Domenica già programmata
La domenica
unico giorno di festa
aspetto il giorno che venga
e mi porti in libere onde
ma è ancora inventiva
di chi c'imprigiona
e ci inonda la vista
di vuote illusioni
materiali bisogni
nuovi giorni saranno
vecchie storie passate
ripercorsi da truppe
di nuovi padroni
Orme vuote
Già le nuvole
han primeggiato in cielo
le ombre svanite
in tempo fatto piano
rincorse salti ruzzoli sereni
grida di bimbo
perse in un baleno
la luce fitta
si è marcata al suolo
lasciando vuote
impronte sul terreno
All'orizzonte
Persi i primi accenti mattutini
il giorno passa
in uguale sembianza
e svapora all'orizzonte
rosso di vergogna
conscio del carico
umano di disuguaglianze
Occhi d'aurora
poesie dedicate a mia madre,
settembre 2019
Sinossi del libro "Occhi d'aurora"
poesie dedicate a mia madre.
Nel libro di poesie "Occhi d'aurora", m'immergo col pensiero dentro l'aurora
per descrivere gli occhi di mia madre malata di alzheimer, le cui ceneri ho
disperso nel mare, nel molo di levante di Bellaria Igea Marina (Rimini), che
libera dal corpo materiale, con le pupille (termine scientifico), con le
bamboline (termine letterario), vive e vola sul mare: nell'alba d'aurora, al
sorger del sole, al tramonto, con la luna argentea.
Rosino
I tuoi occhi nascenti
Avvolte le pupille
nel fluido del mare
aprono al primo raggio
i tuoi occhi nascenti
Tempo senza orario
I tuoi occhi
liberi dal corpo
escono fluidi
liberi e leggeri
vivono sul mare
nel tempo
senza orario
I tuoi occhi liberi
Con le pupille
i tuoi occhi volano
liberi dal corpo
dentro l'aurora
avvolti nei colori
assorbono sensibili
la scia luminosa
fluttuano leggeri
sopra il mare roseo
Le tue bamboline
Le tue bamboline
nelle iridi vivono
felici nelle culle
colorate giocano
agili in allegria
girano in circolo
giostrano tra i raggi
di luce naturale
al sole che sparge
bellezza sul mare
Nella magica luce
Le bamboline
splendono di gioia
si rispecchiano nella luna
che brilla radiosa
sul mare striato di stelle
si animano felici
nei raggi argentati
benevoli tranquilli
si rigenerano
si rinfrescano
nella viva magica luce
Poesia libera
La tua poesia
nasce libera
senza interpunzioni
dentro i versi
con il canto della voce
le parole scritte
escono dalla pagina
ricevono la vita
volano sul mare in libertà
Nel silenzio dell’alba
Sopra il molo
contro il mare
il silenzio dell'alba
trasmette atmosfera
dentro l'aurora
in viaggio visivo
in liberi versi
i tuoi occhi descrivo
Dentro la natura
Nelle pupille
vive la poesia
viaggiano insieme
creano immagini
emozioni musica
fuori dai rumori
dentro il canto
della natura
Occhi rapiti
In un mare specchio
del terso cielo blu
fili di raggi
imporporano l'aria
una prateria rosata
all'orizzonte appare
e nel fresco silenzio
nei tuoi occhi rapiti
il sole i suoi occhi apre
Dentro l'aurora
Luce della visione
le pupille pulsano
si contraggono
si dilatano
emanano emozioni
sul mare all'alba
dentro l'aurora
Nell'aurora di pace
Il canto dell'alba
annuncia la luce
nel mare calmo
terso l'orizzonte
al risveglio del sole
con ali in volo
le pupille planano
nell'aurora di pace
silenzioso luogo
sereno spazio puro
dai tenui delicati
candidi rosei colori
dai freschi profumi
In voli di danza
Come farfalle
in voli di danza
volano le pupille
serene sul mare
con ali leggere
arpeggi in armonia
tra profumi
colori e suoni
della natura
Occhi contro il cielo
Esce la luna dal mare
fresca nella notte
argentea ascende
verso le stelle
pura visione
magica si apre
nelle pupille incantate
con gli occhi contro il cielo
Luna stellata sul mare
Sensibili pupille
illuminano gli occhi
di luce stellata
quando la luna argentea
dal limpido cielo
riflette i suoi raggi
la notte sul mare
Occhi d'aurora
Dall'oscurità s'apre
la visione alla luce
fuoriesce dal mare
brillante bagliore
le pupille assorbono
l'esplosione di raggi
spargono nelle iridi
l’intensità modulano
modellano i colori
creano nei tuoi occhi
naturale aurora
Occhi ispiratori
Sono i tuoi occhi
dei versi ispiratori
nelle iridi
vivono le pupille
sorgenti di luce
per le poesie
Ammirata la luna
Sopra un mare
di luci brillanti
vivono le pupille
ammirata la luna
con occhi sereni
argentee le illumina
Le isole delle iridi
Dalle isole delle iridi
le pupille argentate
nella notte salgono
a scintillar di stelle
il cielo dei tuoi occhi
Dalla fonte del sole
Le vive pupille
dalla fonte del sole
di luce naturale
donano la visione
Pupille sempre in fiore
Specchio dei tuoi occhi
le nitide pupille
senza tempo rifioriscono
vivono sul mare
sempre in fiore
Poesia magica
Con la luce dei tuoi occhi
si apre nella mente
un luogo illuminato
spazio senza tempo
poesia magica
Raggi di viva luce
Intenso bagliore
i tuoi occhi vivaci
sensibili perle
raggi di viva luce
Nell’alba d’aurora
Le bamboline
giocano con la luce
dentro suoni
immagini profumi
in silenziosa armonia
nell'alba d'aurora
Occhi argentei
Nelle pupille
la luna argentea
al risveglio del sole
si guarda si sveste
e nel brillante velo
i tuoi occhi riveste
Al canto del sole
All’alba l’aurora
si specchia sul mare
avvolge i tuoi occhi
al canto del sole
A mia madre
Lungo i calanchi
a trascinar fascine
le braccia corrose
dal duro mestiere
col fascio dell'erba
curva sulla schiena
la fronte rugosa
grondante di sudore
e verso sera
al ritorno in paese
mentre la luna
le ombre ravviva
in braccio nascosto
fra i caldi capelli
al suono del cuore
abbracciato a mia madre
Davanti al focolare
Curva mia madre sfrega
panni sudati e fango
al lume del crepuscolo
nel comune lavatoio
al freddo e gelo secchi
rami sul fuoco acceso
gambe al calore rosse
davanti al focolare
Alba senza luce
Ottobre 2019
Sinossi del libro di poesie "Alba senza luce".
Nel libro di poesie “Alba senza luce”, in percorso notturno lungo la riviera
riminese viaggio, alla luce artificiale dei lampioni lungo i viali, tra
prostituzione, locali notturni e discoteche fino all’alba e prima che
l’aurora, inalitante nei profumi eliminati dai vapori dell'alcol, scompaia nel
sole che sale, sbianco e accecato, come vampiro, rifuggo nella tana a non
bruciare, in apnea dal sole al riparo.
Rosino.
Affascinante notte
Rotti gli indugi canto
accolto con ebbrezza
da luci artificiali
riflesse dai lampioni
sul viso scolorito
dei corpi intrisi i versi
in argini rigonfi
di volti sconosciuti
armonica vibrante
candida ed avvolgente
affascinante notte
Viso contro viso
L'alba s'incunea al giorno
scivola la sera
le luci si colorano
l'aria si rasserena
prorompe nella mente
un'orgia di visioni
in ebbrezza nella notte
ritrovo le emozioni
nel viso contro viso
la vista irraggia il cuore
batte combatte esplode
Occhi negli occhi
Di giorno il corpo muore
rotola senza emozioni
libero da vincoli
nella notte ritrovo
un’iride di colori
e immerso dentro ai sensi
depongo dolcemente
il capo sul tuo grembo
nelle pupille assorto
occhi negli occhi
Labbra su labbra
Svanisce la notte
il sole sorge
da girasole seguo
la fonte di luce
rossa di calore
di brace le labbra
acceso m’irradio
labbra su labbra
Alla luce dell’alba
La sabbia infuocata
la spiaggia un vocìo
la pelle raschiata
dall’acqua salata
elimina i segni notturni
e la sera addolcisce
con tiepida brezza
depone nel grigio le forme
nell’ora raccolta del sonno
al fruscìo delle onde
due corpi negli occhi
in trasporto coinvolti
al suono di versi fluttuanti
e il chiaro avvolge i due volti
prendono forma i dettagli
svelati alla luce dell’alba
Notte
Sei la musa
dei versi ispiratrice
la compagna di viaggio
sensuale e tenebrosa
nel grembo accogli
tremule parvenze
in cerca di calore
ombre di vita
La discoteca
La discoteca pregna
partoriva l’inferno
tuonavano le note
con alito di ferro
euforica la carne
paziente incanalavo
veleno dalle labbra
Cadenti luci
Latrine impomiciate
grumi nebbiosi
dal rotto festoso
clamor del mattino
il frastuono prorompe
mentre l’udito adempie
ad un computo
straziante e cavo
resti impietriti
lente sommesse
cadenti luci
offuscate dal sonno
in languidi visi
negli occhi già spenti
In posizione fetale
Chiusa la notte all’alba
di fumi alcolici l'aria gonfia
gli occhi silenziosi e spenti
alle luci del giorno
tutto intorno un tramonto
buia la festa al ritorno
nasce innato istinto
in riposo il corpo pone
in posizione fetale
La volgare demenza
Profumi senza essenze
cumuli di macerie
nessun lampo che squarci
la volgare demenza
gesti ruggiti smorfie
e tanta melma
mentre il sole li illumina
il fango li snerva
e con l’inutile giorno
cresce l’indifferenza
Lungo i viali
Lungo la strada file di luci
portano al folle urbano
ed è già l’alba
l’aria bruma di odori artificiali
combina l’armonia
con l’onda che rappezza
i buchi dell’arsura
pagliacci in circolo festanti
senza nessun ritegno
snervati nel piacere
in tutti i modi pronti
a soddisfare i sensi
e convertire in smorfie
il vuoto interno
Al lume dei lampioni
Nell’ora pesante del sonno
inerpicata al lampione
azzoppata da fari abbaglianti
vestita di panni leggeri
la bocca rabbiosa
attanaglia un candido filtro
ed il fumo stagnante sul volto
vela le gote
infossate dal freddo
vicino cani randagi annusano
sventrano e sbranano in un sacco
i resti remoti di un pasto
Corpi inermi
In fila come statue imbalsamate
il fumo le calcina nei sorrisi
le maschere che lente s’aprono
su rughe di dolore ammutolito
colmano negli sguardi il vuoto
da fasci intermittenti illuminati
di luci sfavillanti sussultanti
rimbalzano sui corpi inermi
Alba senza luce
Riverso sulla strada rintronato
di luci artificiali pieno dentro
la luce naturale mi ferisce
entrando da nemica dentro i sensi
fatti stantii i suoni giornalieri
il sole mi travolge
svelando tutti i veli
ossificato nei turbini malato
carico in carne gialla demolito
due rami le gambe senza foglie
l'autunno dai colori arrugginiti
succhiato nella morsa dell'inverno
grigio tarlato e dai raggi sbianco
sfuocati i tratti ispidi del volto
assolato dal giulivo corso del giorno
inalitante nei profumi
bruciati dai vapori dell'alcol
e di nuovo nel bozzolo ritorno
come larva di giorno ad aspettare
il buio di nuovo per uscire
come farfalla notturna ad osservare
appiccicato al lume dei lampioni
Corpi in vendita
L’incedere per tratti
l’irto sentiero notturno
in luoghi senza gioia
d’incontro ultimo giro
in sana mente offuscata
dall’ebbrezza dei sensi
all’alcol detriti resti
nudi corpi a scelta
senza pace confitto
nel solco di raucedine
tra i gangli boschivi
al solito ringhiar
tra i morsi accesi
del rosso sangue richiamo
dopo l’esasperato orgasmo
alla quiete dei sensi
Nuoce alla vista il giorno
La notte reclina
il cielo cangia volto
per delicati petali
nuoce il giorno
e le sbiancate gote
rosseggianti ai raggi
che le increspa
lo stelo s’inchina
al sole che lo acceca
Rossa fiamma la luna
Nel blu cupo del cielo
bianchi corpi lucenti
occhi sguardi incantati
tutt’accesa la luna
rossa fiamma consuma
dentro l’alba scolora
Sbianco dal sole
Destano al canto
gioioso gli uccelli
sui rami nei viali
al richiamo del giorno
la luna si sveste
sui languidi sguardi
sugli occhi appannati
bianca al riposo
ed il corpo denso di umori
carico di sete
rosso di passione
rabbrividisce al chiaro
sbianco dal sole
L’armonia
Sciolta l’armonia
del fluido caldo
la cerco per vicoli
una bolgia dal mare
d’impatto l’incontro
sconvolta e smarrita
svanisce nel nulla
un’oasi l’alba
il giorno l’inferno
il passo s’arresta
corruga e ispessisce
s’annebbia la vista
vuoto il pensiero
le forze dileguano
m’intorbido dentro
nella mente offuscata
vagano senza senso
particelle impazzite
in un vortice lento
Ritorno verso il sole
L'orologio insensibile annunciava
la notte in un istante via volata
l'alba già svanita
paura del ritorno verso il sole
l'irraggiamento era assoluto
doppiate dalla vista le persone
il corpo meccanico avanzava
un brulichìo di forme
sulla spiaggia unite
uno sull'altra unte
ai raggi di un sole d'allegria
ferito nella vista nascondevo
nei panni della notte
vuote membra
e invalido vagavo
nel buio della mente
Il sole come al solito s'alzò
Il sole come al solito s'alzò
scolpendo ruvido
i tratti malati del volto
una fitta dentro tagliava
tutti i residui tumulti
la giornata rumorosa s'inoltrava
verso lidi di allegria assoluta
caduto in frantumi
con fatica mi rialzavo cercando
qualche piccolo frammento
nell'onda che pian piano mi portava
in riva al mare gonfio di risa
In meteora muore
Son tutte spente le luci del corpo
incerto percorro il ritorno
ragnatela filata d'incroci
la vista s'impiglia al pensiero
ai raggi del sole si sfrangia
pulsa il sangue frenetico scorre
burrascoso m'agito dentro
nei nervi sfuoca l'ardore
l'aurora della limpida alba
pian piano si spegne
in meteora muore
In luci senza sole
Quando indolente
il vizio resta in uso
unghie confitte
profumi colti a principio
chiaror buio
gemiti e sorrisi
senza passione
occhi attutiti
dall’inesistente ardore
mentale stridulo
in soffocante bollore
perduto filo
nel recinto incolore
risveglio
in luci senza sole
All'alba
Sotto lampioni spenti
schegge di vita
lungo i viali all'alba
larve sparse
nel buio sbianco di nebbia
figure di carta stampate
sui muri imbrattati
uomini e donne sconosciuti
in fradici sensi avvinghiati
dentro auto in sosta
nell'aria sorda di canti
Alla luce del vino
Il brindar verso sera
alla luce del vino
mi riscalda la mente
e rinfresca le membra
in ritrovo gioioso
tra amici al passaggio
poi nel cuor della notte
in percorso viaggio
nei ritrovi notturni
e al calar del sipario
alle luci dell’alba
in torpore profondo
torna il buio e la mente
in cristalli s’infrange
In lontananza il buio
Sui tavoli di notte
fuori bicchieri pieni
di vino rosso esposto
al caldo vento estivo
boccate di tabacco
in nuvole di fumo
blu profondo il cielo
chiazze di forme alate
velano l’occhio nudo
dipinte luci intorno
nel concavo silenzio
in lontananza il buio
Dal sole al riparo
Notturni occhi a decifrare
carichi di passione
in calici il veleno saturato
affondo nel venale spettacolo
e da enigmatico vampiro
ritorno all'ultimo richiamo
dell'alba all'erta al primo chiaro
rifuggo nella tana a non bruciare
in apnea dal sole al riparo
Poesie 1
Salmastro vento Il giorno lungo i cardini attizzava dal sole la lamiera fatta forno sospese onde fluttuavano su strisce di pneumatici rigati impressi nel disciolto asfalto ai sedili sudate pelli raschiate olivastre bruciate dal vento fatto sale Vuoto artificiale Dai botti l'aria rotta satura di zolfo al lume dei lampioni un'allegria sospesa pieni di punti rossi all'orizzonte i fuochi gli alberi sono grigi nel nero che circonda l'erba di colore vano eppure tutto brucia nel vuoto artificiale Verso il mare Sorgiva in fresche acque dal silenzioso canto lungo i pendii scoscesi in frotte riversanti sempre più ampio è il corso ed il silenzio prende voce rumore chiasso al terminato viaggio ora giunta dalla madre cinta da fitte ombre staglianti in alte mura e verso l'imbrunire rifiuti trasportati galleggiano stagnanti da ferree braccia scossi poi che la stanca sorte riverserà nel mare Viaggio solitario Crogiolato in terra corro in disparte e rendo i muti sogni in giorni di contatto il tempo è sempre ostile e pigro è il mio malore forse per patiti umori di accostamenti inutili continuo la mia fuga e ricci in segatura alimentano il fuoco di smorzati ardori mentre la festa inizia vuoto di dentro muto di fuori schivo il contrasto viaggio da solo Sul gelido marmo La luce eclissata pallore nel cielo preludio ad un fiume che vita diluvia in riva percossa da ossa di polvere secca in spore nel corpo s'innesta rimbomba la stanza la voce sul viso rugoso indolore ingiallito sul gelido marmo Nella piana Il sole alza la cappa nella piana tra spettri alberi la nebbia nei viali ai raggi si dirada sull'asfalto la via si svela grida di bimbi in strada cinguettio di uccelli in aria la giornata illuminata si rianima Di nuovo il sole si alzerà Nel fervido giostrare coi pensieri tra i lembi caldi estivi di sudore gli umori grigi in ruggine autunnali i gelidi annuvolati inverni scuri lo sciogliersi dei sensi in verdi rami in fiore in primavera lungo i viali albeggia di nuovo il sole si alzerà Nel giardino della poesia Il decespugliatore ronfa e sbuffa taglia spolpa stritola l'erba sparsa si mischia succhiata dal sole s'affloscia dissecca dallo spazio di morte s'esala un profumo che inebria alla vita Gocce di primavera Un velo bianco denso di vapore immerge nel silenzio la riviera l'alito notturno congela fila cristalline sculture sul muto albero in fiore all'alba stupore e dolore mattutino raggio sfora tiepido sole sbrina lacrime scioglie gocce di primavera House music nel cuore Azzurre saette lampi di fuoco bufera di ritmi pioggia di note sibila il vento striduli acuti la voce imperiosa esplode sui flutti l'onda s'inonda impetuosa di suoni fluida scorre lungo le vene calma in riposo s'adagia nel cuore Vivo manto Vivo manto nella notte la neve candida al buio chiarore risplende specchia nel nero fondo della mente raggio di pura luce nel silenzio Sulla riva solitaria Solitaria e deserta la riva nel silenzio dell'alba trasmette alla mente serena atmosfera l'orizzonte proietta sullo schermo del mare fotogrammi d'immagini in sequenza dal cuore trasportato dai sensi in viaggio visivo in liberi versi i tuoi occhi descrivo La poesia Furtivo ad osservare la gioia ed il dolore della realtà vissuta in solitario incontro con l'essere interiore ritrovo nei ricordi un fiume di pensieri che in forma di scrittura nel bianco foglio espongo e rileggendo in mente le frasi si compongono e col passar del tempo sfrondo innesto taglio libero le parole imprigionate al testo da interpunzioni e fondo in fuochi ampi e lenti in versi la poesia Il cuore trema Ripida è la salita il cielo un soffitto la brezza svanita l'ultimo gabbiano lontano s'inoltra il vento s'alza s'infuria urla l'acqua salina s'imbruna schiuma il cuore trema Davanti al focolare Curve donne sfregavano panni sudati e fango al lume del crepuscolo nel lavatoio usato al freddo e gelo secchi rami sul fuoco acceso gambe al calore rosse davanti al focolare Abbagli Raggi di luce illuminano la via la neve scende lenta e silenziosa orme di passi prima ora candido brillare luccichio il vento fischia lungo la canna del camino che frigge e scalda davanti al focolare poi quando gli ultimi tizzoni senza fiamma rovente hanno fatto l'uniforme argilla si riposa al chiarore eppure sempre più luci artificiali colpiscono la vista e sempre più una nebbia fitta e silenziosa copre di fango e sangue l'irta via Candido velo bianco La neve nella notte lenta scendeva piano pulviscolo nei vetri al vento che fischiava fioriva lentamente il giorno nella mente tra i nuvoli furtivo il sole che arrossiva nei lembi di sereno all'improvviso sguardo candido velo bianco La fabbrica Ferreo onnipotente estremo rullo rotante che sgrana e stralcia in velocità costante ad una ad una la fila passa sotto gli occhi stanchi polvere nera s'alza e carne rode la macchina lucente che nulla dice nulla pensa ronza e stride in ritmo sempre uguale oh pollice contratto oh mano disarmonica e ferita lascia cadere quel che stringi ed odii e trita i nervi della tua mente stanca rivolta la schiena e canta forte sovrasta i rozzi suoni che ti opprimono scagliati contro come folle infuria nella fabbrica curvi ruffiani dediti a leccare i piedi al buon benefattore nuove macchine lui comprerà domani e tu lo aiuterai a far carriera ma la sua sete inaridisce pian piano la tua vita La festa Rumor di tuoni in fumo luci e colori si spargono nel cielo la festa è già finita e con la giostra tutte le bancarelle fan riposta l'ora è già tarda ed il pensiero già torna all'indomani resta muta la piazza c'è qualche cane che razza tra carta e latta e dietro va la vecchia che di cartoni rassetta la carretta ma lontano dove lo sguardo arriva tremule luci brillan verso il mare ronzii confusi par si oda e mi rattrista mi fa rivoltare Ricordo di primavera Dopo il gioco e la festa in riposo giaceva al riparo dal sole sotto un albero all'ombra e il sudor s'asciugava dall'estrema fatica mentre soffi di vento trafiggevan nel petto l'esil stelo scoperto lunghi giorni malato or giace sul letto attorniato da luci ceri flebili ombrosi per la povera scienza anche il sole è calato e l'estremo bagliore che preannunzia la notte sta spegnendosi piano con il corto respiro e una ruga profonda attanaglia il sorriso sbarrando la luce che nel nulla si fissa quando fuori un'orchestra di invisibili ombre vergan tegole e fronde e lo stridulo suono raccapriccia il pensiero Il veliero Nitido e splendente riappare all'orizzonte in un dei giorni limpido e sereno nutron rispetto le ali del veliero e il cuore arpeggia in ritmo senza assalti brevi minuti poi al mutar del mare come se dentro un dondolar su nave l'acqua sommerge e poi ripiega quindi sommerge e poi ritira anfratti cupi raggiungo alfin riemergo e cerco appiglio solido e sicuro ma la stanchezza e il tedio rendono vani i tentativi partecipe mi lascio trasportar dal vorticar sempre più forte e muto fino a cozzare per districare in sogni Lungo il fiume In bilico canneggio tra stringhe ispide e roventi tra spazi e piccoli viottoli rasenti il fosso marcio tra alberi arsivi e impantanati in rami intrecciati in sacchi di plastica scoloriti e macerati e il materiale infligge artificiali putridi che l'occhio incastra e l'ampia inquadratura ritorce il frutto di passati giorni or contenuti in lievi cantilene mimiche antiche che allor spegnevi e or ritornano e non puoi più afferrarle scivolano i profumi tra i rifiuti e le sementi marciscono fumanti Verso il cielo Pendii infittiti di verde rubicondi di sole che filtra attraverso fessure dorate ombre formate da frasche cespugli tra spini ed ortiche fusti inspessiti e rigonfi rampicanti in scalata continua al districo ramoscelli ondulati verso il cielo percorso da forme e figure in un mare tranquillo poi il cupo chiarore in eguale disegno costringe il contrasto con frastuono di grida or che il vento ha cambiato il suo giro Profumi e dolore Resti scoppati dalla scandita falce in piana luce tagli sospesi brillano e restano sospese in volo mani infuriate in imbrunire caldo e sereno e tutta l'erba in fascio cade afflosciata e bava si disperde in rigoli tra le stoppie tronche le stoppie bruciano e tutto quel che vive brucia spegnendosi nel fumo che si disperde in cielo con dolore e il nero campo è pronto a nuova vita Verso il collegio L'alba mi destò tra silenziosi rumori a pensieri lontani la luce fitta sbirciava dalle persiane socchiuse svelando sotto lenzuola bagnate il viso stordito offuscato perduto rintanato portavo l'angoscia ed il male avanzava bugiardo la valigia era pronta e mio padre sbraitava al ritardo causato dalla mia pigra sostanza imperfetta un'ondata m'avvolse spingendo con forza ma la mia ostinatezza interiore combatteva col nulla La fine del gioco All'alba l'inverno coi cocci di vetro con gli occhi al riparo nel cielo l'eclisse il sole veste di nero oscure le stanze la mente bloccata gli affetti lontani un automa forzato e in nero il rettore con stridulo suono sentenzia la fine del gioco Prigioniero in collegio Antica parte in vecchio edificio su e giù per le scale un vasto salone aperto alla luce finestre inghiottite dal chiaro barlume alla vista riflesso in fila per due assestati in silenzio chino restavo per ore sopra pagine morte per la mente lontana conficcata in ruggine il rumore gommato svelava il rettore in bacchetta che vibrava sui polsi elettrizzando i nervi un'incognita strada mi portava al dolore in lamento incarnato e non rotto dal pianto ed il prete trovava il suo spazio potente di piacere pagato dal represso malore in beffardo contrasto Nel garbino Gioia di un'effusione giunge e si ricollega in fitte sensazioni bello quando d'estate cercavo il vento caldo e sudato m'addentravo felice in quel garbino e solo fisso al gioco passata l'infanzia quel vento che ritorna lo trovo fitto e arsivo pieno di fondi putridi che m'annienta il respiro e la testa non regge il carico d'oppressione Morte nella piana L'aria calda ed afosa migrante dal deserto rintuzza corpi inerti porta scompigli tragici in menti vacillanti entrando come spirito vagante in ampi spazi i giorni dell'estate la imbrigliano fissandola in zone pianeggianti a un tiro dalla brezza che mitiga e rinfresca tutta la spiaggia in festa Sull'asfalto I copertoni scivolano asfalto di rumori al vento che trasporta tormento di ospedale lungo la bava tremano convulsi ai lacci stretti luci cadenti spasimo sospiro affanno vano calore spegnesi nell'ultima folata resta l'asfalto umido velato di rugiada Carnevale marino Al passaggio il selciato umettava odor acro di canne bruciate in quell'agosto umido rugosamente filtravo muri calce cemento l'orchestra al suono di dolciastri rumori affannosi e retrivi il corteo abbellito banalmente di maschere belletti e calze a maglia sudorate asfissianti aliti in laceranti grida di gioia e tutto brucia la festa e il carico di ammassati fiori ansimanti La sirena Il sole lancia gli ultimi bagliori prima di rifugiarsi dalla vista annuncia la sirena da lontano nelle fabbriche l'ora di uscita gli operai stanchi e rotti di fatica ripercorrono la solita rotta in fuga ritaglia la campagna gli ultimi sprazzi pallidi nell'ombra la luce dei fanali agli occhi rimanda sull'autostrada la macchina in corsa Nel giuoco Feriti i grandi spazi inoltro in stanze chiuso per sogni in soldi cieco per voli in brevi istanti canali d'acqua sordi lo sguardo fisso incolla la lingua color calce il viso roso sbianca rugiada agli occhi spenti di brina il cuore fermo e fluttuare senza sensi come foglia contro il vento Ricordo d'estate Correvo lungo i campi fioriti in orti immerso i nidi tra gli sterpi in cespi verdi rami al sole rilucenti in seme di candore riviera l'acqua scorre e solchi al cuor ritrovo di melma i fossi pieni di sterco i letamai su aie pien di sole il seme germogliava tra rigoli di urina la slitta che arrancava sul fango dietro l'uomo rigato di sudore curvo nella miseria a rafforzare l'alveo rigonfiante e in piena Un anno trascorso Strade imbandite di vari colori profumi esalanti da rose tagliate di petali sparsi lungo le vie donne abbellite in indumenti sacri cesti ricolmi di benedizioni Strade imbandite di vari colori frinir di cicale sui fusti scagliati sudati rigagni sugli umidi panni rincorse gioiose su e giù nei dirupi silenzi notturni al canto dei grilli strade imbandite di vari colori vento raschiante nel giallo fogliame taglienti ghiacciuoli che scendon dai rami su soffice neve ricolma di raggi assolati e accecanti Strade imbandite di vari colori canne fiammanti sui marciapiedi acqua bollente nei calderoni suini trafitti a penzoloni sangue che sgorga nei pentoloni Vicolo cieco Resta un rimpianto sereno ai giorni caro sorriso e gioia insieme ritorno gramo ormai in circolo vizioso contrito e rosto dentro da rami aggrovigliati la via del tutto assente e lignee braccia aperte a rattrappire i colmi frutti marciti al suolo pieno di ortiche sane Pensiero al margine Avaro fiore chiuso al margine del fosso a trattenere odori labili ai giorni nostri spoglio del fradiciume incancrenito e nudo l'umile sogno irriso vinto perduto escluso pensiero incorruttibile pronto a fermare l'orbita che sfugge all'infinito |