Il bacio
Quando baci al sapor di poesia
non consideri giammai l'anatomia.
Le guance, le labbra fan scintille
ma c'è anche la lingua e le papille,
senza dimenticare le tonsille.
Il tutto ti sembra saporoso,
ma trattasi di un muscolo nervoso.
L'istmo delle fauci con laringe
collabora e avido ti stringe,
Sulla faccia del buccinatore,
tessuto del margine anteriore,
esiste di Buchat il corpo adiposo
per un abbraccio molto più voglioso.
Tutti gli undici muscoli buccali,
come tanti raggi convergenti,
provocano il riso, il mimo e le vocali
ma per chi bacia sono indifferenti.
Il derma labiale e la tonaca mucosa,
favorite dai tre nervi craniali,
migliorano e suggellano la posa.
Il nervo ipoglosso e quello vago,
con le arterie carotidi linguali
ti regalano il gusto dello svago.
È un complesso perfetto di natura
conosciuto da pochi e dagli addetti,
ma di valor quotato a dismisura
del quale tu amante ti diletti
certamente spesso non rispetti.
Teoria del riuscire
Qui di seguito vi voglio riportare
un concetto che ho letto non so dove,
pensatene quello che vi pare
è uno scherzo senza controprove.
Se per riacquistare il riacquistato
ho dovuto prima perdere il perduto,
e per conquistare il conseguito
ho dovuto sopportare il sopportato;
se per ritrovarmi innamorato
mi hanno maltrattato e poi ferito,
ho ben sofferto tutto il sofferto
e ho ben pianto quasi tutto il pianto.
Quindi dopo tutto ho dimostrato
che non si gode bene del goduto
se non dopo averlo prima tollerato
Sono certo poi d'aver capito
che il verde dell'albero e il fiorito
vive di ciò che in terra è seppellito.
Vesuvio
Sovente, di nubi un copricapo
ti mostra imbronciato e cupo
più volte di chiaror fregiato
apri di fascino il tuo lato.
Alto troneggi sontuoso,
sembri in un sonno di narcosi
e sedato riposi misterioso.
Ma, al turista piaci come sei:
il tuo fianco fragrante di ginestra,
la scalata di boscaglie e vigne,
le voragini e crepe, e la tua destra
con la gola d'inferno lo squallore;
ove né muschio, né sterpi, né gramigna,
né serpe, né ramarro alberga.
Da arniche e rovi divorato,
all'uomo piace il tuo sopore,
gli effluvi di zolfo e di bruciato
le ampie scoscese, le slavine,
le antiche rovine
da sempre e da molti salutate.
Chiassosa la città d'intorno
rassegna sicura ogni timore,
ti sacrifica il giorno.
Ma la scienza non ti perde d'occhio
e il grembo nascosto ti scandaglia.
Quando, stanca del giorno, notte avanza
sereno ti mostri ben disposto
e soffici giacigli come paglia
nei tuoi spazi dedichi agli amanti.
Sembri quasi accennare ad un sorriso,
spietato un tempo ormai dimenticato,
oggi per tanti un paradiso.
Traguardo
(Haiku)
Quasi
passati
i tempi
assegnati,
addio
amati.
La riconoscenza
Erano in dieci della Samaria
Gli chiesero pietà:
<Mondaci dalla malattia>,
e grande fu la Sua bontà.
Ritornò di quelli solo uno
e gradito fu il suo ringraziamento,
ma degli altri?
Nessuno.
Forse il buon Dio
li macchiò d'innocenza,
ma posero il germe
dell'irriconoscenza.
(Ottobre 2010)
L'uccello
Ricco di
piume e di
soave
canto,
l'uccello
innamorato
disse a
lei:
<Se fossi
ricco e
grande lo
direi,
offro
soltanto
amore e non
mi vanto.
Rallegro il
giorno
intero di
gorgheggi,
anche se
minuto,
assai
zelante,
ti diletto
con fischi
e con
volteggi,
sarò per te
sicuro un
buon
amante.
Ecco, sono
per te
questi
saltelli,
largheggio
in trilli,
canti e
piroette,
pasci i
tuoi
sguardi e
se li trovi
belli,
sian le tue
pretese
bene
accette>.
L'adulata
schernì,
raspò
incurante,
d'una
festuca
fece bella
mostra;
volò
lontano,
s'eclissò
un istante
per poi
abbandonarsi
tutta
nostra.
Dispettosa
guizzò, si
volse a
lato,
lo scrutò
sul retro
come di
sfuggita,
e frugando
saltellò
nel
vicinato.
Tornò
cantando,
la voce
intenerita:
<Taci,
lesto
alipede
pennuto,
conosco il
tuo manto
scintillante,
molto
galante
trovo il
tuo saluto.
Mi piaci
policromo e
cangiante,
eccomi a te
mio
spasimante>.
Si alzarono
in volo
lievi e
belli,
fiottando
con balzi
sincopati
e si perse
il mio
sguardo fra
gli uccelli
che
l'acclamavano
in coro
rallegrati.
(Agosto
2010)
Il parcheggio
Sonnecchia l’anima distratta
quando parcheggio la mia mente stanca
sul fior che sboccia nel segreto
del suo breve innocente splendore.
Dei mille ricordi seppelliti
greve sento il solfeggio;
prendo per mano il bene
che vigor di vita m’alimentava,
assorto e muto,
passeggio compiaciuto
tra le fasce amene
dell’ orto solatio
vivaio della mia poesia.
Si veste la
rosa
La rosa
veste la
camicia:
accollata
purché
desiderata,
di seta
rossa per
emozionare,
pallida per
interessare.
Cambia
vestito
come cambia
umore,
sempre
occupata a
rapinare il
cuore.
Veste di
pizzo per
affascinare,
di merletti
azzurri per
meravigliare,
di porpora
intensa
sembrar
regale,
si scoglie
in acqua
per ti
profumare.
Presta il
nome alla
donna per
innamorare,
s’abbiglia
di bianco
per
santificare;
spoglia e
sfiorisce
per
addolorare.
Volato
Il tuo tempo ha sospeso il corso,
sei volato a bordo d’un sospiro,
facendo di tua pena mio rimorso.
Ormai, felice sei sbarcato dove,
per panorama il mondo,
miri giocondo quel che hai lasciato.
Lambito di giorni senza notte
Stupisci di grazia senza data
e di luce chiara e sfolgorante
riempi d’eterno la giornata.
Prospera lì la nostra stirpe,
dimorano con te i nostri affini,
ti son vicini, t’han riconosciuto?
Vagano sorretti da colombe
o di suoni di trombe affascinati
osannano proni i prodigi divini?
Oh come vorrei esserti accanto,
dividere con voi tanto fulgore
che il solo pensier suscita pianto
misto a letizia ed infinito amore.
Capricci del cuore
Quando virile il corpo prepotente,
per esuberanza giovanile,
assale la mente di passione,
ti sia concesso.
Se poi il Cielo s’è impegnato tanto a benedirti il tetto
e tanto t’ha protetto che lo ricordi a stento
certamente allor non t’è permesso.
Quando poi succede
che pur se calvo o con la chioma a latte,
guardandoti allo specchio ti piaci
e non vedi le grinze e gli occhi spenti
e le impetigine e le occhiaie;
e per la chiostra di denti ti compiaci,
dimentico che si tratta di dentiera,
e dell’artrosi, del busto, e la panciera,
allora vuol dir che sei rinato
e il vecchio ch’era in te ha traslocato.
Desideri bizzarri, ghiribizzi, improvvise brame,
giovani frizzi t’invadono il cervello
allora è il ritorno di fiamma, l’appello del sesso.
Non se se prima ci hai pensato:
“Mi armo e parto o armiamoci e partite?”
<Mi sento un leone son piazzato.>
Si, si, di queste quante ne ho sentite
e quante mogli ferite ho consolato,
ed anche in ospedale sono andato
a lenire il male procurato dall’eccesso!
Che dir? Dico che quando gioventù s’accende
fuori stagione, come un temporale,
è meglio scansare l’occasione,
son ritorni di fiamma senza fuoco
che non possono scaldare il pentolone
e durano un istante, duran poco.
Ove scende la notte
Arso m’accetta il colle del riposo,
ove gracchiando vi volteggia il corvo
e di nascosto frigna la poiana.
Al profumo d’abete non campana m’accoglie,
il mio passo d’ovatta scoglie ogni futuro
e commosso consumo ogni passato.
M’incammino ai miei coevi andati,
cercati invano dove sono nato.
Di Loro ho chiesto a tanti, a molti ho domandato,
hanno risposto a cenni, altri guardato
e con rispetto il luogo m’han segnato.
Rimasti insieme, dal primo mio vagito,
vaghi custodi di sogni adolescenti
li ho presenti, mai dimenticati,
da quando da obblighi e mondo separati.
Vi son salito lì per l’ultimo saluto.
Lo stridor dei cardini inquieta
e dopo il cancello tutto si fa grave.
Freschi latori del solenne antico
m’invita la pace dei cipressi in fila
e muta riceve la pietà d’amico.
Contrito, in cerca della vecchia vita,
fisso la pietra, targhe, le incisioni;
a fiamme di lampade assopite chiedo le foto.
Cerco l’effigi, i compagni, un volto conosciuto.
E sembra di sentire chiamarmi, salutare.
Tutto torna familiare: le facce, le voci, le figure.
Li onoro vagliando la memoria,
or che il mio intento s’è compiuto,
coalizzo preci e commozioni
e sperando che il Buon Dio li abbia in gloria.
m’ avvio per li di dove son venuto.
Il parcheggio
Sonnecchia l’anima distratta
quando parcheggio la mia mente stanca
sul fior che sboccia nel segreto
del suo breve innocente splendore.
Dei mille ricordi seppelliti
greve sento il solfeggio;
prendo per mano il bene
che vigor di vita m’alimentava,
assorto e muto,
passeggio compiaciuto
tra le fasce amene
dell’ orto solatio
vivaio della mia poesia.
La rosa si
veste
La rosa
veste la
camicia:
accollata
purché
desiderata,
di seta
rossa per
emozionare,
pallida per
interessare.
Cambia
vestito
come cambia
umore,
sempre
occupata a
rubarci il
cuore.
Veste di
pizzo per
affascinare,
di merletti
azzurri per
meravigliare,
di porpora
intensa
onde
apparir
regale,
si scoglie
in acqua
per
improfumare.
Presta il
nome alla
donna per
innamorare,
s’abbiglia
di bianco
per
santificare;
spoglia e
sfiorisce
per
turbare.
Il vento
A passo
lento spia
e diventa
fastidioso
il vento,
a volte mi
congela
e diviene
minaccioso.
S’intromette,
cerca di
sentire
quel che
sento,
mi studia,
mi
corteggia,
mi spinge,
non smette.
A volte
civettuolo,
altre
vaneggia
senza
pensare
allo
spavento
che lascia.
Spesso
tace,
ma poi
stride,
urla,
volteggia,
e ancor si
trasfigura
a disegnar
strane
figure
che lascia
in petto
indefinite
e
sconvolge.
Non ha
rispetto
per le
vecchie
cose
che riporta
sovente
impolverate,
luci
sorgive,
come appena
nate,
benedette
dal cuore
d’una
mamma.
Passioni
trasognate
mi confonde
il vento
ed io non
so se ho
fatto bene
d’averlo
disprezzato
oppure
assento
rassegnato.
Il brindisi
Oggi si, oggi forse disturba
il mio sguardo attardato
sugli ultimi frutti dell’estate.
Il segno del tempo s’è accorciato
e si fa pigro il fiume della mia missione,
prende posizione verso questo scorcio di vita
e prima di farla finita esige un brindisi.
E io glielo farò con gran piacere.
Ricorrerò al talento nostrano,
festeggerò col brio del bicchiere
stappando spumante italiano
e gli dirò all’orecchi trepidante
con le parole per un primo amore:
<Con te sfiorire è stato divertente,
ti porterò per sempre nel mio cuore.>
Il vecchio
Lì dove il fiume si riversa in mare,
col tremore del primo appuntamento,
solitario il vecchio gli piaceva sostare.
Braccia conserte contro il petto,
contegno decoroso, ma scontento.
Zavorra a sabbia fino alla caviglia,
salde le gambe come un monumento,
Dal cappello di paglia a falda tesa,
sporgea lo sguardo fino al fiume,
v’indugiava e rivolgeva poi alla distesa,
ove l’acqua abbaglia e ricompare.
Consumava il ricordo di quei tempi,
quando tra lingerie, pizzi e merletti,
aspettava la bella che lavava,
ceppi di vita in fiore.
Tempesta d’anni, prove e tentazioni,
capricci e dispetti, frutti dell’amore.
A quei giorni di festa si frappone
Il sommesso splendore del tramonto,
oggi che giunge conveniente l’ora
di lasciar le seduzioni al mondo
e stendere un velario indifferente
sull’orizzonte che ricorda l’ora.
Bionda
M’ignora la
luce,
bacia la
sua schiena
fascia la
sua chioma
luminosa di
bionda
e m’induce
altrove;
affonda
ogni cosa,
distorce e
porta via
l’onda dei
miei anni.
A volte
Fuma il tuo
ricordo,
a volte
sfuma,
altre
profuma.
Sfarfalla,
mi colpisce
come una
palla,
all’improvviso,
mentre
cammino a
bordo
strada.
Mi trova
noncurante
a volte,
altre mi
sballa.
Figli
Questi
figli
e i figli
dei figli,
bambini,
ragazzi,
uomini,
padri.
<Ladri di
libertà>,
pensavo,
quando
primavera
rinverdiva
i tigli
e rifioriva
il pesco.
<Non son
per me>.
Moriva il
mondo
boccaccesco
quando ci
pensavo.
Non credevo
fosse
dovuto,
abituale,
saggio,
sacro e
naturale.
E
bivaccavo.
Al calar
della sera,
ora che son
di notte
equipaggiato
li ritrovo
perennemente
accesi
lì da
sempre
scolpiti
nella
mente;
e splende
il giorno
quando son
vicini
discesi col
chiaror
dell’aurora,
mai adulti,
sempre
bambini
come
allora.
Un ben di
Dio questa
stirpe mia
e che li
benedica e
così sia.
(Giugno
2009)
Aspetto ancora
Ho in cuore d'una vita il canto,
di pianto riempito il cielo,
il peso di quest'anima scomposta
che aspetta ancora
risposta e resoconto
di cosa che non so che sia
mentre chiara è la via
dell'andata e del ritorno.
Eternità
Non scalfisce il tempo le modelle,
attrici, donne di TV,
signore della moda,
damigelle patrizie, dive;
giorni, mesi ed anni son scomparsi
lustri e decenni mai apparsi,
sempre più belle e levigate,
complete, scolpite, miniate!
Senza profumo d'angeli
sfiorisci solo tu,
e io mi scrosto;
intanto, unico infame,
mi fletto, mi consumo,
senza fame d'immortalità,
perché non sono accreditato
presso i palazzi dell'eternità.
Sciagurata
Tornare a
casa lo
vedea la
sera
per nulla
cambiato a
ritrovare
tutto
com'era:
disfatto il
letto mai
riordinato,
il desco
ancor
apparecchiato
e quel
raggio di
luna
rassegnato
anche se
fioco
illuminar
la scena,
sempre la
stessa,
molto
commovente.
Quasi
volesse
cominciar
la cena,
la sedia
scostata e
si sedeva;
gomiti sul
tavolo,
viso tra le
mani
burrascoso
tornava a
ripensare
quando
decise di
lasciare,
maledetto
il giorno,
sciagurata
lei
sorpresa a
letto con
l'amante.
Nessuno
rimaneva
indifferente:
la fontana
di là che
gocciolava,
l'uomo del
quadro lo
guardava,
il gatto di
fuori
miagolava.
premuti a
trattenere
il pianto
gli occhi
stringeva
intensamente
e se più
forte
lagrima
turbata si
staccava
richiudeva
tutto e se
ne andava.
Io poeta
Io sono un poeta pescatore,
pesco dalla terra e dalle stelle,
ascolto i consigli del mio cuore
e cerco di cantare cose belle.
Senza pretese, senza aspirazioni,
sentendo l'esigenza di parlare,
molti pensieri, tante riflessioni
corro con penna a riportare.
Inseguo uno scopo ballerino,
scrivo queste cose per diletto
a tutti voi lontani o qui vicino
non imporrò mai d'esser letto;
Vedrete che non sono speciale:
di misteri esorcista o campione,
virtuoso del verso ufficiale,
più che asceta cantore, pasticcione.
Se mi gradite così io vi ringrazio,
se mi biasimerete ugualmente
serberò per voi lo stesso spazio
assegnato agli eletti nella mente.
Disposizioni
per un
esequie
Con
scalpitar
potente
d'andatura
a tempo
riverente
in segno di
rispetto
lenti
marciarono
i cavalli,
con scialli
a lutto
sopra il
petto
fregiati,
come
disponesti:
<<Morelli
quattro
tutti neri
e Bai
quattro
molto
bruni,
dispensate
da fiori e
da corone;
che regni
sacra la
quiete;
la carrozza
di vernice
scura
spoglia
d'intagli e
di rilievi,
ogni putto
meglio sia
d'abete;
dodici i
ceri su
colonne
d'olmo,
che i
prelati
siano con
cura
scelti tra
quelli
registrati,
le casule
viola
damascate,
d'incenso
il turibolo
stracolmo,
i
chierichetti
vengano
abbigliati
con cotte a
gigliuccio
ricamate;
celebrante
sia il
confessore
quello che
rimise i
miei
peccati
unica
strada per
il
Creatore.
Con
cilindri e
livrea i
tre
cocchieri
e gli
staffieri
siano
appiedati.
Mi perdoni
Dio
onnipotente
se desidero
partire in
compagnia
e che quel
giorno
venga tanta
gente>>
Tutto come
richiedesti
cara zia:
sui margini
gremiti
della
strada
moderati
gli
applausi e
modesti,
ingente il
seguito per
via, muto.
A mani
giunte,
tacita,
ordinata,
una folla
commossa,
sempre
grata
a capo
chino in
guisa di
saluto,
processione
devota per
un Santo
scomparso
solo per un
poco
che fra non
molto, come
per incanto
lampi nel
cielo
brillerà di
fuoco.
Eccoti zia
un breve
resoconto
di quello
che volevi
e già
saputo
d'un
trapasso
privo di
tramonto
rimasto
memorabile
e solenne
come la tua
vita che
divenne
per tua
bontà
perenne.
Le mie stagioni
Di gioventù profumava
primavera,
piena, spensierata, leggera,
c'eri anche tu.
D'intrepido coraggio odorava
l'estate,
frivola, illusa, spensierata,
padroni del mondo,
e tu frenavi.
L'autunno
premeva sui giorni
e s'avvertiva
sempre di più la sera
e mi tenevi per mano,
alunno.
Freddo,
ora presenta il consuntivo
l'inverno
ove l'attivo è vita,
il tempo il mio passivo,
riflettiamo insieme.
Le stagioni uscite
non pareggiano l'entrate,
il conto non torna
e lo dovrò pagare;
io sono pronto
non t'interessare,
tu resta.
Amore
Amore,
calore,
dolcezza,
infantile
baldanza,
diffuso
tremore,
sudore
profumato,
umore
celato,
pudore,
esultanza
di sensi.
Amore,
sapore di
piacere,
candore
bruciato,
odore fine
pungente,
faro
lucente,
velato,
oscurato,
caro
disordine,
gusto raro,
galantuomo
e baro;
chiaro
sovente, a
volte
scuro,
sete amara.
Confusione
di carne,
amalgama di
dolore,
sdegno e
rancore.
Dare e
avere,
concedere
senza avere
o avere
senza
cedere
Amiamoci di
rumore
assordante
tanto da
non saper
cosa farne,
come chi ci
ha donato
la vita,
come colei
che davvero
ci amò,
e s'immolò
per noi
in questo
tunnel
senza
uscita.
L'amore è un sogno
Chi trova l'amor,
crede sia un sogno
quando crea dolor
pensa sia il segno
di ripensarci.
Bianchi i
tuoi
capelli
Bianchi i
tuoi
capelli
biondi
i miei solo
un ricordo
d'accordo
con le
previsioni.
Trafugata
l'estate e
l'illusioni
eccoci
pronti a
traghettare.
Genuflessi,
immobili,
senza
parlare,
gessi
davanti a
Dio;
di sperare
almeno ci
sia dato.
Piccoli
punti
morti,
senza
fiato,
spogli di
passioni e
senza
primavere,
esili
fiammelle
aggrappate
al vento
come le
stagioni
collassate.
Cosa dirai
di me,
leale mia
compagna
che
penserai di
noi!
Anche se
stanco,
muto
pregherò
trai denti:
conservaci
uniti,
mettici nel
banco
insieme
come due
studenti.
Dialogo
d'amore
Sussurravano
al vento
i pioppi
d'argento,
delicate
viole
sbocciavano
al sole,
le tenevi
nel pugno
era bello,
era giugno.
Non parlare
ma taci.
Intarsiato
di baci,
in un
guscio
d'amore
ci
scordammo
del mondo
violammo il
tuo candore
e poi…
Oggi ho
pensato a
noi.
Fa che il
senso di
gioia
e l'ombra
d'angoscia
che sento
nel petto
per te mio
diletto non
cambi in
dolore.
Il bello
del mio
passato,
culla di me
fanciulla
del tutto
scordato
affiora un
momento e
mi sento
sola;
e torna
quel nodo
alla gola
che mi
mettesti
tu; non
parliamone
più.
Dimmi
piuttosto,
invecchio?
Stupendamente
sciocca!
Come potrei
pensar
d'averti
accanto
se non
magnifica e
stupenda?
Non ho
nessun
rimpianto.
Così mi
basti anche
per un
momento.
Sussurravano
al vento
i pioppi
d'argento,
delicate
viole
sbocciavano
al sole,
le tenevi
nel pugno
era bello,
era giugno.
Imperituro
amore
Prendesti
per mano i
miei trent'anni.
spronasti
risoluta il
tuo
destriero,
a galoppo,
decisa
avventuriera,
percorresti
tutta la
brughiera:
iniziava la
tua
carriera di
moglie.
Oggi che il
tuo viaggio
è finito,
medaglia
raccogli al
tuo
coraggio
al merito
con dedica
d'oro:
il mio
imperituro
amore
al mio
tesoro.
L'ispirazione
poetica
Sempre
davanti
agli occhi
mi
sfarfalli,
mi raggiri
e balocchi,
struggi, mi
trastulli,
m'incoraggi,
mi blocchi,
m'opprimi,
m'angosci.
A volte mi
culli e
t'accetto
altre
rifiuto,
poi torni
prepotente
a
pasticciar
la mente.
Frettoloso
tempo,
passeggero
veloce
sento la
tua voce e
dovrei
fermarti,
attraversarti,
esplorare
il tuo
castello,
i tuoi i
segreti
spezzare,
profanare i
forzieri
del tuo
tema.
Quando,
incline
alle
mondane
cose,
impegnato
mi ritrovi,
mi bussi,
provi a
suggerirmi
m'accarezzi
e
m'influenzi
invano
al fine
ritorni
allo schema
di sempre;
forse
speravi
che non
fossi
umano.
Salirò da
lei
Se
l'incanto
corrose
il tempo
della sua
prestanza,
ferma lo
sguardo i
suoi vent'anni
ai dì che
furono
giocondi
e vale
immaginar
lo sia
tuttora.
Profondi
nel volto
scarnito
seguiterò a
cercare
ognun di
quei
ritagli
che
distratto
trascurai
d'amare.
Se Lui
vorrà che
lei
s'anticipasse
lo pregherò
come ultimo
atto:
che il
giorno dopo
la possa
ritrovare
e con lei
restare.
Sboccino
fiori
In
sacrificio
variopinti,
profumati
sboccino
fiori dal
dolore
dell'ossa
altrui
rotte da
fame e
botte.
Si
schiudano
corolle
tinteggiate
immolate al
volere
della
cattiveria,
altare
scalato
sulla
fatica
della
miseria.
Sboccino
fiori
alla
riscossa di
quanti,
privati
degli ori e
degli
argenti,
lontani
dalla
rapina,
onesti
e
trascinati
in rovina
hanno
sofferto
indescrivibili
stenti
calpestati
da scaltri
sfruttatori
parassiti
degli
altri.
Profumate
fiori la
rivolta,
affidate
aromi alla
memoria
d'una
storia
migliore
cancellata
dal
peggiore
perdonata
dalla
bontà.
Andai
ricordando
Tra le foto
sbiadite
spalmate di
talco
condite di
tempo
andai
ricordando
il palco da
cui le
scattai.
Entrai in
quei volti
negli occhi
di carta,
alcuni
contenti,
altri
raccolti
da
palcoscenico.
Attori da
prato,
scene di
strada
senza un
sipario
senza
copione.
Lo scenario
del giorno,
dall'alba
alla sera,
così come
tutti
così era
allora;
ognuno
campione
attore di
sempre:
nasci e
debutti.
Mancava
qualcuno
aveva
lasciato
per altre
scritture
per scene
sicure
dove non
avrebbe
sbagliato
giammai la
battuta.
All'ombra
della tua
fronte
Arrampico
la mia
notte
per un
cielo senza
luna;
sogna
vagiti la
culla,
segreti il
mistero;
non vale
più nulla
la
tumultuosa
fretta
di
rincorrere
l'alba,
il
crepuscolo
del mattino
ci
sorprende
ancora
insieme.
Continuo a
sostare
all'ombra
della tua
fronte
frescura di
sempre
sorpresa
continua
difesa
sicura.
Rallento
Con fretta
da anni ho colmato
il tempo che accanto saetta,
forse da quando son nato,
in fretta da sempre ho marciato.
Nessuna fermata.
e vetta sperata mai guadagnata.
Ma bizzarra sorpresa,
impossibile indugio mi sussurra un rifugio:
<Rallenta>.
Imprevisto pensiero di tregua m'intralcia la strada;
d'un tratto mi sono concesso un quesito:
"vado o ritorno or che il giorno dilegua?"
Mi guardo d'intorno,
sono confuso, perplesso, non so cosa fare:
"devo frenare?"
<Rallenta> feroce ritorna una voce.
Ripenso: "affondo se freno".
Ma ecco violenta la scelta s'affaccia:
"taccia la voce, ho deciso rallento".
Divento viandante appiedato,
guardo il rigagnolo pigro,
scolpisco il mio paesaggio,
mi fermo, mi parlo e non sento disagio.
"Fatti coraggio mi dico,
ammira la luce d'autunno sul tiglio che tarda sui rami declina,
ascolta il silenzio che scende veloce sulla collina,
non c'è più tempo impara ad amarlo.
Ascolta tacendo la gente, sorridi se non dice niente,
il giorno assapora pensando,
il foglio ricama scrivendo.
<Rallenta> atroce ritorna la voce.
Non è un'ingiunzione è come canzone e sono contento.
Mi sento di farlo, mi pento di questa vitaccia,
da oggi, da ora, all'istante,
ho chiuso: rallento.
Oltre la
notte
Cosa rimane
oltre la
notte?
Labile
richiamo di
vita
quiescente
nel sonno
profondo
del buio
o tendendo
l'orecchio
si sente
un segnale
di voci
interrotte?
Al di la
della
notte,
ove il
silenzio è
tutto,
l'anima si
prostra al
quesito che
nasce
o piange su
quello
distrutto?
Cosa rimane
nell'immenso
ondeggiare
del sonno
disteso sul
bizzarro
pensar che
riposa,
il tuo
amore di
sposa
forse?
Risposte
vane,
frotte di
sogni umidi
di
tenerezza,
nulla di
niente che
sazia:
solo un
nome e
qualcosa di
più
impalpabile
e vera,
solo tu
Grazia,
mia sposa.
Notte di luna
La luna accoltella il volto,
dà luce al grigio della vita
e appanna lo sguardo rivolto ad est.
Ora che la sera è finita
aspetto il giorno
per festeggiare il ritorno del sole
ma non so se il torpore del sonno
in questo splendore
vincerà il mio intento.
Sarei contento di farcela,
ma le palpebre ondeggiano
massaggiano i bulbi,
stillano, stanche o commosse
per questo chiarore,
per questo silenzio
e le mosse dell'ombre di pino
che è qui vicino
spalmano intorno il mistero
di questa notte di luna
dove non passa figura
e voglia nessuna
se non quella
di veder sorgere il sole
di un altro mio giorno.
Il conto
Un setaccio
la vita
che quando
passa non
trascura
niente:
cerne bello
e brutto,
il buono ed
il cattivo
il giorno e
la notte,
convoglia
tutto e
presenta il
conto.
Alla
miseria
oltraggio,
vaglia
l'oro e la
ricchezza;
all'indigenza
vera compie
il suo
viaggio;
taglia le
glorie e la
virtù
e l'ozio e
l'agiatezza
il genio di
pochi e
l'artificio
di molti
gli stolti
ed i
sapienti
con il capo
chino
e perfino
il saggio
consegna il
suo di buon
senso.
Macina i
vip e la
matrona
indegna,
la poltrona
dei grandi
non avvezzi
al censo
ma disposti
a pagare
per
accomodare.
E l'onestà
dei rari
sempre
pronti
ed io ed i
miei
stracci
che non
m'importa
di scure e
di setacci,
da tempo
pronto a
saldare il
conto
con porta
sempre
aperta al
gioco della
vita
finita
appena
cominciata.
Un messaggio
d'amore
Inconsueti linguaggi
frammentati da grida
e da bestemmie
aggiungevano grigio alla sera.
La poca luce marcava lo squallore
della strada.
Il gracidar di voci risvegliava
miti di leggenda.
Attenta la calca sul selciato
sembrava esaltasi per un gioco
quando ecco un volto da un lato
placò il mio interesse
un occhio fisso, sbiancato,
un braccio penzoloni
l'ora tarda scorgeva ben poco,
una gamba usciva dai calzoni;
l'avevano ammazzato
per un messaggio d'amore:
per aver guardato
ingenuamente una signora.
A tarda
sera
A tarda
sera
il tuo
sentiero
seguo,
al tuo
voler
m'adeguo
e guardo
alla TV
quello che
vuoi tu.
Vorrei
spezzare in
due
queste
serate,
lasciarne
parte a te
una
portarmi
per al
destarmi
ritrovare
qualcuno a
cui donare
il mio
diario,
per poi
ricominciare
l'itinerario
che piace a
te.
Quattro bambini
Quattro bambini
quattro fratelli
belli e carini,
quattro gioielli
Quattro ragazzi:
uno potava
l'altro legava,
uno zappava
l'altro fumava.
Sempre quelli:
quattro signori
senza pudori,
quattro banditi
mai pentiti;
due rubavano
due guardavano:
soltanto rubare,
senza ammazzare.
Quando li presero
due eran muti
due eran sordi
questi gli accordi
e non si arresero
appena usciti
ripresero.
Tu sei la sete
Nato da poco non ci si capisce
né ci si riesce da bambino;
giovincello poi,
vicino a babbo e mamma
il solito lavaggio di cervello
non ti fa afferrare.
Comprendere da grande ed ascoltare
si patisce di più
quasi libertà di pensiero
volessero carpire
il fiorire di maturità,
il tuo maniero
demolire.
Ma quando il tempo sta per finire,
scintille di fabbro sembra il sole
e il labbro è privo di parole,
capirai che le rose di maggio
ed il tepore
eran solo un passaggio
e che Lui è l'acqua
e tu sei la sete,
tempesta Lui e tu il fiato
ché ti fu dato
per suonarti il silenzio.
Era un amore
Era sicuro quell'amore, duraturo,
era maturo quell'amore, il mio futuro
Era un amore unico e leale,
era un amore indubbio, ideale,
era il solo amore che vale.
Era un amore smisurato ma severo,
era un amore esigente ma sincero.
Non era un amore passeggero,
era l'amore eterno,
era l'amore vero,
era quello di mia Madre.
Delizia e
passione
Delizia e passione
titolai la storia
ma mentre la scrivevo
mi tornò in memoria
la trama vera:
non era stata sincera.
infame azione, cattiveria.
Il cuor sul foglio le raffigurai
afferrai la penna
e lo pugnalai.
L'ultimo
saluto
L'aria trema;
io,
la mia ombra
e il silenzio.
Suona una tromba:
mi avvio
per l'ultimo saluto
a chi mi ha voluto
tanto bene,
amico addio.
Ad una sconosciuta
Aperto
il tuo balcone
ai tuoi vent'anni
sempre.
Il tuo respiro
alitava primavera,
deviava il vento
e nera la tempesta
piegava in azzurro
I tuoi vent'anni
incollavano sguardi
succulenti,
il seno spogliavano.
Specchiavano i denti di perla
il cielo stellato,
rubavano eventi di luce.
Oro acceso i tuoi occhi,
il tuo sistema nervoso
lava cocente.
Senza tempo
catturo ormai il tuo silenzio
con gravoso respiro
rimiro il tuo balcone e chiudo;
è tutto finito;
continua a dormire.
Esplora la gonna
Esplora la gonna rosa
la brezza estiva
leggera e fresca,
sale ogni cosa e rinfresca
i tuoi segreti
mentre scendi le scale
che conducano al pozzo,
bruna sconosciuta,
donzella di maggio.
Scandito, lento
ma spedito
il passo segna lo scalino
solo l'ombra vicino
e il corpetto di lino
arioso, aperto.
Ammicca il viaggio
del vento
il pizzo prezioso
e da riposo al sogno
sul tuo petto spazioso
Non ho il coraggio di fermarti
di chiedere, parlati
ma di amarti si
l'avrei.
Chiedete perdono
Soffici e veloci
in volo
rimpianto guarda
colombe
saettanti pace.
Della mente tarda
portate
l'obolo, vi prego,
dell'accordo violato
all'anima lontana
dimenticata
e chiedete perdono.
Attesi
Attesi
e il tempo passò.
Attesi con celato sorriso
il tocco dell'ora.
L'attesi con tremula gioia
e con verde sperare.
D'amare attesi
col respiro sospeso
alternato ed assente
con l'occhio insicuro
e il cuore rovente
Con coraggio attesi
ma invano.
Il tempo consumò il miraggio
e man mano
l'ultimo ciuffo di speranza.
Piano si svegliò il ricordo,
le sue fattezze spiarono
i miei sogni e svanirono:
fui solo e calava la sera.
Diceva mia Madre
La strada è difficile;
sii obbediente e docile,
tutto sarà più facile.
Sii educato e caro
con tutti
la gentilezza non costa danaro
e darà i suoi frutti
Strada
Sono strada riservata
a intenso calpestio.
"Lo sono anch'io"
avrebbe detto mia Madre.
Ma io non me la piglio,
lo dirà anche mio figlio.
È il premio,
il destino del padre.
Le baciai la mano
M'inchinai
con la discrezione
da bon ton dovuto,
con maniera le pigliai la mano
lentamente la portai alla bocca,
la sfiorai soltanto
secondo galateo non baciai,
semplicemente rasentai il guanto
ma non valse a nulla,
la nobile fanciulla si ritrasse,
arrossì, mi guardò stupita e disse:
"Perché, cos'è?"
"Un gesto di galanteria, risposi,
di cortesia un segno doveroso"
"Non lo sapevo!", e come sbigottita
voltò le spalle e insospettita
rintracciò lo sposo.
Insomma il galateo ha detto balle?
Pensai.
Moglie e buoi dei paesi tuoi
Sarda, veneta o toscana
non eri campana,
sei stata ricca di suoni
a volte non buoni,
ma sempre intonati
e coi raggi degli occhi
assolati e profondi
tuttora ferisci
ancora mi blocchi
mi confondi spesso,
mi scompigli l'anima
e rinverdisci
gli anni passati insieme.
Se tu tornassi
Non sono più verdi le aspidistre
i garofani sono appassiti,
il fiume ha trascinato quelli fioriti
e si è fermato a metà del suo corso,
spezzato è il dorso al noce
dai gherigli saporiti nei fichi dorati al
forno.
Non ci ritorno più,
se tu tornassi non mi troveresti.
Tutto è cambiato Mamma
fatica la rima a dedicarti
e gravoso esporti il passato
se tu tornassi.
Capiresti a stento questo volto spento;
consumato da un mondo ruotato assai veloce
per noi giovani leoni domati, dal busto curvo,
emaciati da far disgusto.
Ipotesi di giovinezza: se tu tornassi!
Geloso progetto che mi sottrae alla terra,
serra la mia logica, riduce l'acutezza,
Perdonami Mamma
per questo dramma che mi stringe il petto.
La poltrona è rimasta,
se tu tornassi la troveresti
risuona ancora del cigolio di quando ti
sedevi,
e di sovente provo a immaginarti
seduta, assorta a dipanare lento il tuo
pensare
vado a spiare le lunghe sequenze di quel dire,
sentire l'infantile tacere del tuo grembo,
ad occhi chiusi
in religiosi silenzi il tuo ricordo Mamma
luce perenne fiamma infinita
albore della mia vita.
Magra
soddisfazione
La mia vecchiezza
è la carezza degli anni che,
rapita la mia giovinezza,
riparano i danni;
mio tardo tempo
chiamato
l'età della saggezza,
motivo di soddisfazione;
direi:
magra soddisfazione.
Sempre
insieme
Giocavamo sempre insieme,
sbarazzini come scugnizzi:
calzoncini corti lacerati.
gambe graffiate dalle spine
frutta razziata dai vicini,
trappole parate per gli uccelli
tordi, passeri e fringuelli;
strappati dai calzoni
si giocava a zecchinetta coi bottoni,
giochi, svaghi, infiorescenze dei tempi che furono.
Tutti giocattoli di lusso…
rigorosamente creati, fatti a mano:
con rami di sambuco facevamo
cerbottane e proiettili di stoppa,
con spago e barattoli di latta
telefoni esclusivi, spighe della fantasia;
poi, quando il campanile ricordava l'ora
su manici di scopa tornavamo in groppa.
Era la nostra verde età,
l'albero d'oro vellutato
ricco di miraggi e di speme:
dovevamo stare sempre insieme
e adulti non lo fummo più
scotto di maturità.
Quando i colori
sfumeranno al nero
Quando i colori sfumeranno al nero
appoggia il mio capo sulla tua mano,
fallo piano come se bambino
stammi vicino e aspetta.
Accarezzami e taci
niente baci, come sconosciuti,
non singhiozzare non lo sai fare.
Non sento alcun dolore, un po' stanco
per arrivare dove devo andare.
Pensa soltanto che di li a poco
sarò ancora al tuo fianco.
Vederti ma non toccarti, forse sfiorarti
ma consigliarti si, anche se non vorrai
e te ne accorgerai che sono lì
come da tanto ininterrottamente
tu ed io soltanto incatenati.
L'unico rimpianto,
ora che sto scrivendo,
che mi vien da piangere, mia adorata,
pensando a quanta vita passata insieme,
ombrata solo da queste lagrime sciocche
Svanisce la memoria sfumano i colori
vedo appena le nostre bocche sfiorarsi,
odo un colpo di tosse
e niente più, me ne vado
ma solo per qualche istante.
C’era una volta mio Padre
C’era una volta mio Padre
taciturno,
ponderato, saggio
con cui ho parlato troppo poco per imparare
il
messaggio che ora conosco a perfezione.
L’ho guardato pochissimo quest’
Uomo
per non capire che era un paesaggio da scoprire
eppure oggi è l’
unica mia fonte di coraggio,
il solo con cui parlare quando il mio
mondo trema,
quando l’ora si fa scura.
Dalla sua Pace
mi consiglia,
rassicura
e tace quest’Uomo assente
ma presente in ogni anfratto di me
suo figlio prediletto.
C’era una volta mio Padre
che col suo silenzio
m’
insegnò soggezione, onestà e rispetto.
Tu
Pensavo che il
nord fosse più vicino al cielo,
ma cielo non fu, fu nebbia.
Se fino a
marzo attesi per vedere il fiume
Il giorno dopo vidi il firmamento;
approfittai,
e ne raccolsi un frammento:
Tu e quarant’anni d’amore.
Bacio appassionato
Il
pennello del tempo
ha spalmato di grigio i tuoi capelli,
ha seminato
gioie e sofferenza
nei solchi del tuo viso,
pochi ritocchi al verde dei
tuoi occhi,
scavato il tuo sorriso
ma sempre assetato
del bacio
appassionato
che so darti io.
Ipotesi di giovinezza
Vorrei sconvolgere i sistemi,
cancellare i danni dei decenni,
frantumare le vetrate del tempo,
ruotare indietro l’orologio
per quarant’anni solamente
per far ben
poco:
amarti ancora come allora
perdutamente
per confermare la mia
ipotesi di giovinezza.
Il poeta
Navicella tra mondi d’anime e cervelli,
vola solitario col suo
diario.
Emozioni le sue costellazioni,
carburante per la sua penna.
Interpreta il creato come un traduttore simultaneo
espone spontaneo
come un obiettivo.
Cantore solitario delle verità nascoste,
delle
domande e delle risposte,
non chiede né ribatte,
combatte con se stesso
riflettendosi
nello specchio degli altri.
Missione segreta quella del
poeta
ombra discreta dei nostri sogni,
velo di calma sulla nostra
inquietudine
Il poeta è un sognatore senza notte e senza giorno,
senza
andata né ritorno,
dai colori intensi o sfumati raccoglie la sua brezza
e con delicatezza la porge a noi
che spesso lo deridiamo.
Moneta dello
spirito,
atleta completo della sua missione,
forse questo il poeta.
Mia Madre
Il resto della chioma che,
castana un giorno,
le fu corona
al volto pien di giovinezza,
oggi, lieve e d’argento, carezza la sua
fronte stanca.
Bianca, delicata fronte,
che pensasti tanto
in su degli
occhi tremuli e infossati,
oggi ancora non ti stanchi.
Cari, casti,
venerati occhi,
qual lucerne brillate a dar la luce al viso:
un viso di
venerande rughe
ch’al riso mai vidi chinato,
e bimbo fui io pure.
La
rattristante, irremovibil tua lunga mestezza
quanti baci strappò alle
mie labbra
e quante volte,
perchè ti son di noia,
li rituffai nel core.
Oh madre,
il viver tuo qual pena al petto mio riserva!
Grande croce
inchiodò destino agli anni tuoi.
Nel volto tuo
il supremo scultor
di
Cristo vide la dolente Madre e il duol del mondo.
Sorridi oh mamma,
dato non fu di rattristarti sempre;
se cerchi nessun ti vende gioia,
saria troppo costosa a noi,
me se tu cerchi, ma se tu scruti in te,
ne
troverai un poco:
un poco sempre c’è. |