Il respiro dell'anima Il fragore del silenzio Attraverso gli occhi imbevo l'anima di colori: un raggio di sole, un prato di papaveri e il caleidoscopio di un vigneto. Attraverso nascosti sentieri nutro il cuore di sapori: un ciuffo di basilico, una manciata di more e la carezza d'un grappolo d'uva. Appoggio la testa a un robusto sarmento e assaporo il fragore del silenzio. Tra pampini arrossati e acini allegri ascolto il racconto di un calice. Accademia dei silenzi Cielo azzurro, nuvole bianche, alberi. Nell'accademia dei silenzi le mie dita leggere sfiorano l'arpa muta. E le giornate hanno il sapore di ciò che non ho. Vela bianca Ombre interrotte di fogliame, canti tremuli d'uccelli, pozze d'acqua fresca, prati verdi con papaveri. Una giornata tra gli alberi, sensazioni semplici, profumi di fiori, attimi di vaneggiamento. E' un ritiro tranquillo e non odo neppure gli echi dei miei gesti. E la memoria dorme come in una processione infinita. Socchiudo gli occhi e la vita scorre come la vela bianca che intravedo in lontananza. Nei calici della mia meditazione s'incunea il sorriso di un bimbo. Pioggia L'acqua danza nel borgo, corre per i tetti, entra nelle case di campagna, nel parco giochi. S'infila tra cespugli e pietre e riempie i campi di muta tristezza. La pioggia, amica di sognatori e disperati, compagna di uomini stanchi e sedentari, sbriciola le sue farfalle di vetro sui metalli della terra, corre sopra le antenne e sulle torri, s'infrange contro le case e sulle strade, distrugge i desideri e aiuta la solitudine. Indifferenza di gesti Freddo e grigiore, polvere e fango. Meditazioni indefinite s' annullano nella magnificenza di una disprezzata penombra. Solitudine immobile attraversata da nuvole. Colori umbratili ed evanescenti come i toni di un paesaggio disperso in nostalgici sorrisi. L'aria è fredda e il vento sibila tra le foglie secche, affastellate in impalpabili paludi. Rumore di mulinelli fra mura ingrigite e scrosci irregolari di pioggia. Sulle onde fiacche di un lago diafano, tra stanchezza di palpebre e indifferenza di gesti, si spegne la mia sete di verità. Fuori dell'uscio di casa suoni tristi e rabbiosi avvolgono la disperazione dell'anima con parole assenti di anonima protesta. Fiori tristi Sono lucido e mesto come una giornata fredda e la mia vita scorre nel conforto di situazioni nitide ed esposte al sole. Insulti e umiliazioni arrivano alla spregevole periferia della mia sensibilità ed entrano nel recinto dell'anima cosciente. Elementi anonimi d'indifferenza, figure d'altri tempi, immagini incarnate in libri non letti e nella casualità di strade deserte. Assaporo il niente con una pienezza di bonaccia spirituale mollemente cadendo nel grembo azzurro delle mie aspirazioni. Il mio cuore traslucido penetra nella sufficienza delle cose e un dolore vago fiorisce dietro i muri della rettitudine. L'aroma e il colore dei fiori tristi attraversa il mistero confuso dell'essere finendo in un mare interiore. E il fiume della vita sfocia in sonnolenze esistenziali. Cella di reclusione Un silenzio rumoroso m'invade come livida brezza e porta sul calvario dell'oblio la croce dell'esistenza. Un ultimo barlume di sole sui monti distanti, un vento che solleva le foglie davanti alle deserte soglie. La mia anima brandisce le corde di violino con l'orgoglio spento d'una misteriosa orchestra. Porto nel cuore la nostalgia del tempo vissuto e il mio pensiero errante segue la rotta di una nave inesistente. Le ombre dei sogni scolpiscono i ricordi sull'acquiescenza spirituale di un barbone e sull'immobile esteriorità dei muri. I miei ideali odorano di freddo e di dolore come la monastica putredine di una cella di reclusione. Ventaglio chiuso Vagolo distratto sotto alberi alti e ascolto il leggiadro sussurro della foresta. Aspre radure nella casualità di un sentiero, chiarore evanescente e intrico di rami. Sguardo sfuggente come di chi non vuole vedere, sdegno diffuso in ogni lineamento, sorriso pallido come labbra di disperazione. Tedio del crepuscolo e del turbamento come in un ventaglio chiuso sull'esistenza vissuta. Una strana sensazione di dubbio s'affaccia sulle mie supposizioni muovendosi tra le onde lunghe di verità romanzate. Giorni lunghi Occhi pesanti e cervello annullato. Con un'assurda matita scrivo inutili lettere. Chiudo le imposte delle mie finestre e per un momento godo della libertà. Sdraiato sulla sedia dimentico la vita che mi opprime. Mi duole solo del male ricevuto. Giorni lunghi come filosofie interpretano la mia esistenza. Germogli d'umanità Saggezza antica come bozzolo scarnificato ai margini di una mulattiera. Ascolto il suono del vento, tocco il battito della terra, ricevo consolazione dalla pioggia e mi scaldo dinanzi al focolare. Schiamazzi in notturne cavità, ululati vaghi, accompagnati dal cigolante oscillare di insegne stradali. Ribellione e trasgressione come germogli d'umanità. Voci ruggenti da spazi indefiniti, silenziosi tremori e sorde paure. Nell'oscurità la brezza mi sfiora le gote e il rumore dei polmoni mi entra nel cuore. Con prudenza assaporo la possibilità di dormire. Armonie dell'anima Mormorii di ruscelli nella notte, profumi di pane e di frutta. Attraverso il disegno improvviso del subconscio la fantasia evoca visioni sentimentali. Come chi non vuole più fare gesti abbozzo un desiderio. Angoscia metafisica mascherata, grande disillusione, sorda poesia dell'introspezione. Suoni di parole che echeggiano nei sotterranei del pensiero. Notte silenziosa, sensazione profonda, strada senza uscita. E nella mia ombra intima s' attaccano fogli e si conficcano aghi. Rimuovo le emozioni e mi riempio di pensieri contradditori in un movimento di tedio colorato. Una vasta visibilità del mondo percorre l'immaginazione desta e i miei occhi s' offuscano di nostalgia e di supposizioni. Come un vento turpe la stanchezza anticipata dei paesaggi possibili affligge il fiore del mio cuore stagnante. Lungo la spina dorsale del ricordo risuonano dolci armonie dell'anima. Suoni dell'inquietudine Pazzia gracidante dell'universo morto, cadavere ruotante dello spazio fisico, bandiera anonima che fluttua nel vento. Non so mentire, non so pensare, non so volere. Sono la periferia di una città inesistente, il commento prolisso a un libro non scritto. Sottile movimento dell'emozione, intimo linguaggio della coscienza, assurdi suoni dell'inquietudine. Da una botola precipito nello spazio infinito in una caduta senza direzione. Il mio pensiero non contiene raziocini, la mia esistenza non ha emozioni. La mia anima è un antro nero, un pozzo senza pareti, una vasta voragine intorno al nulla. Filosofia e religione Larve del declivio e della dispersione, ombre che riempiono la valle, vestigia del destino. Spettri sinistri, serpenti d'antri assurdi e di emozioni perdute. Incoerenze di sogni aleggiano come pipistrelli sulle passività dell'anima e come vampiri succhiano il sangue della sottomissione. Come un abisso scuro e vischioso la mia esistenza si perde nei miraggi, nella vergogna delle cose reali e nella miseria di una vita dignitosa. Creo una filosofia e la uso come un abito, sogno una religione e la indosso come una maschera. La malizia dei giorni e i capricci degli eventi precipitano nel cuore, avvelenandolo. Al suono della grande orchestra passo nel vortice delle danze e nelle conversazioni del riposo sotto gli sguardi sdegnosi ed estranei degli organizzatori dello spettacolo. Frammenti di sogni Picchiettio di pioggia per tutta la notte. Nel dormiveglia sento la sua insistente monotonia sui vetri. Il rumore casuale di un'auto arriva dal fondo della strada, rimbomba sul selciato e si spegne nel vago sonno che non riesco a prendere. Calpestio liquido di passi, poi silenzio, altri passi che si smorzano e la pioggia continua, fragorosa e abbondante. Sulle pareti della stanza, visibili nell'oscurità, fluttuano frammenti di sogni, luci vaghe, righe nere, cose da niente che si arrampicano e scendono. Vaghi oggetti nell'ombra della mia insonnia ammiccano a fragili sofferenze e a desolanti rimorsi. Nell'assurdità della tenebra la solitudine dell'anima si espande nella putredine. Impossibile e inutile Il sole indora la mia fronte rugosa annullando propositi e conseguenze. Inconsistente monotonia di vita in feste serali sconosciute. Sensazioni di tedio emergono con disagio umiliante. La brezza porta aria fresca e l'allegria si manifesta con gesti di rabbia che non provo. Ghermisco fiori spettrali e intreccio mazzetti di ghirlande in angoli bui della mia esistenza. Vizi e virtù, castighi e peccati, ricerco l'impossibile attraverso l'inutile. Grido di redenzione Si spegne in un bianco livido la luce del sole azzurrandosi di fredde sfumature verdognole. Nell'aria torpori maliziosi. Come un lago racchiuso tra aspre rocce il mio cuore contempla le fragili increspature dell'anima. Cresce l'ansia dell'immaginazione in un immobile biancore elettrico, ritagliato nel remoto e in fittizie insensibilità. Nella fossa irraggiungibile brilla il diamante, pena dell'universo reale, stendardo di un esercito incognito. Un grido di redenzione sale sulle labbra della mia coscienza. Tenue nostalgia Tramonto azzurro verdastro tendente al grigio bianco, nebbia rosa spenta nascosta dai monti. Giro le spalle alla finestra grigia, ai gelidi vetri e al sortilegio della penombra. Una grande pace si disperde fredda nell'astratta aria autunnale. Osservo e dimentico. M'invade, come un oppio, una tenue nostalgia. Frantumi di luci Aria scura e pioggia violenta. Cuore oppresso e ricordi trasformati in angosce. Gelido sussulto e cuneo di luce metallica sul duro silenzio e sul riposo dei corpi umani. Sordo nerume e sussurro prolungato nel rimbombo del temporale che si placa in larghe distanze. Frantumi di luci come respiri sospesi feriscono l'anima. Interludio Infedele alle promesse interiori mi riempio le mani di sabbia e vivo in perpetuo straniamento. Costruisco con oro e seta antichi scenari intrecciando giochi di luci e musiche invisibili. Oltre l'uscio di casa i rumori della strada parlano a voce alta con toni solitari. Fra il nerume opaco che vibra dappertutto s'increspano di luce intensa e pallida stretti vicoletti. Sul terrazzo di un palazzo impossibile consumo l'anima nei graffi profondi di argentati interludi e in febbricitanti realtà lunari. Caverne dell'anima Tempo eterno e spazio infinito. Nitida coscienza di solitaria esistenza. Nel vasto silenzio peregrinano piccoli rumori, non alterando la percezione di sensazioni spirituali. Ansia morale di lottare, sforzo intellettuale di comprendere, irrequieta aspirazione artistica m'inducono a riflettere su cose inutili, vuote e lontane. Uno strano insetto cerca invano il caldo ricordo di una luce nelle oscure caverne dell'anima. Città La mia anima passeggia coscientemente per le strade notturne della città. Viuzze e stradicciole labirinti di sensazioni, dolorosa nozione d'irrealtà e finta esistenza. Lunghe file di lampioni, finestre illuminate e buie, portoni chiusi e aperti, sagome imprecise. S'imbattono nel mio udito frammenti verbali d'invidia, lussuria e trivialità. Mormorii sussurrati ondeggiano dentro la mia coscienza. Senza di me Cerco e non trovo. Voglio e non posso. Il sole nasce e tramonta senza di me. La pioggia scende e il vento geme senza di me. Non dipendono da me le stagioni, il corso dei mesi, il trascorrere delle ore. Ellissi assurde Crepuscolo di spigoli, finzione dell'interludio, dilazione dell'alba. Stagnazione di particolari, casualità d' ombre e confusione evanescente. Il tramonto si diffonde fra nuvole isolate e riflessi di ogni colore riempiono la varietà dell'aria fluttuando assenti nelle grandi pene dell'attitudine. Brandelli di niente toccati da luci lontane, frammenti di falsa vita che il destino indora con il suo triste sorriso di assoluta verità. Fra ellissi assurde e distanti la vita affranta si disperde in finti avvallamenti di strade e nelle inquietudini dormienti. Sibili d'angoscia Fontane di ville deserte ristagnano nel sole come ricordi di storie infantili. Carezze di cieli futuri si dissolvono nel silenzio di una chiesa come brezze imprecise. Grandi imperi, religioni e filosofie scompaiono nella tenerezza indifferente dell'autunno come fiammiferi usati che ricoprono il pavimento, come fogli accartocciati a forma di finta palla. Incerte lampade votive oscillano nello scempio lezioso di privilegi ignoti. Nell'oscurità del mondo sento la mia anima vaneggiare in profondi e discontinui ululati come sibili d'angoscia nuda. Inutile tristezza sull'asperità di giunchi lacustri e di penombre crepuscolari. Fremiti di vita Tonalità di colori lievi in un cielo vasto. Ritocchi di fredda brezza annunciano l'autunno nella casualità della sera. Caduta di foglie ingiallite e vaga angoscia accompagnano le mie sensazioni. Tristezza umida di giorni passati. Nell'atrio dell'invisibile tutto è ombra e polvere agitata, anche il rumore annoiato di poche foglie sollevate dal vento. Luci senza sorriso orlano di giallo spento la rotondità confusa di scarse nuvole. Immondizia residuale di stelle e di anime. Il cuore mi duole come un corpo estraneo. Coscienza chiara di anonima insufficienza. Fatica anticipata di ogni gesto, disillusione preannunciata di ogni sogno. Nell'orbita insensata del nulla produco fremiti di vita su lastricati puliti che un sole obliquo indora di smorzate fobie. Verdeggianti radure Svanisce la nebbia e ogni fessura visibile ferisce la carne dell'anima. In sintonia con la sonnolenza la brezza incerta della sera mi porta suoni sbiaditi. Il tedio che patisco si adatta come un abito che non graffia la ferita e l'ubriacatura del non essere riscalda la superficie stagnante dei sensi come una sorta di torpore assolato. Nella fluida futilità dell'esistenza sentieri del sogno incantato mi conducono in verdeggianti radure. Sera C'è un'atmosfera minacciosa di cielo vigliacco come di un temporale non udibile, fatto solo d'aria. C'è stagnazione persino nel volo dei gabbiani. Rare nuvole alte poggiano sul nulla, cirri grigi si sfaldano su un bianco ingannevole. La sera scende nella mia inquietudine e la brezza rinfresca a intervalli. Paesaggio e disperazione, come speranze dimesse, navigano in foschie senza nebbia, tra imbastiture rotte da falsa tempesta. La bassa marea lascia scoperto il nerume melmoso e vedo soltanto attraverso l'odore. C'è del salmastro nel mio proposito. Sensazioni occupano come foschia l'estensione del mio spirito: non penso, non agisco, non sono lucido. Brividi interiori e nebbia d'intuizioni. Innocente esistenza priva d'analisi e di pensieri. La mia vita è un pendio in discesa, una pianura che giace di fronte all'elevazione e alla vetta che non oso raggiungere. Attonito trovo riparo nella vergogna intellettuale, nelle illusioni perdute e nel rammarico inutile. Rammarico inutile Tra nuvole immobili l'azzurro del cielo si sporca di bianco trasparente. Nel silenzio freddo i rumori della strada si tagliano con il coltello. Dentro di me una sorta di malessere di tutte le cose, una sospensione cosmica della respirazione. L'universo intero si ferma in una tenebra annerita di silenzio. Impenetrabili sorrisi M'incammino lentamente per le strade della città. Brandelli di frasi cadono come elemosine dell'ironia nella scuola invisibile della mia meditazione. Rovine d'edifici, piedistalli grezzi e insudiciati, superba e unica s'innalza la statua del tedio. Sembianze d'impenetrabili sorrisi oscurano i volti glorificandoli vagamente di segreto. L'infelicità si blocca sulle mie labbra in un pozzo di gesti abbozzati. E le tenebre si rischiarano nei fuochi fatui della putredine. Vanità La sera scende monotona e senza pioggia, con tonalità di luce avvilente e incerta. Il colore dei fiori, l'ombra degli alberi, l'allineamento di viottoli e aiuole, tutto sfuma e si ritrae. Intrigo e maldicenza, orrenda consapevolezza della propria insignificanza. Vivo tra resti masticati di sensazioni nell'involontarietà dei sogni e in croste umide di desideri. Vivo tra briciole di allegria nell'imbrunire della coscienza e nella vanità di spettacoli intervallati. Guizzi di luce Tace il vento e si fermano le foglie. Tacciono gli uccelli e le lucertole si crogiolano nel sole. Guizzi di luce si posano su cose e persone e smantellano angoli bui e croste opache di sonnolenza. E le nuvole sembrano appese ai massi più alti della montagna. Ombre e silenzi Gemito di vento stormire di foglie e laceri orli di nuvole nere. Nelle ferite del crepuscolo ombre e silenzi coprono gli ultimi respiri della strada. Vorrei Vorrei parlarti attraverso il profumo dei fiori vorrei ascoltarti attraverso il suono delle foglie vorrei guardarti attraverso il colore dei sogni vorrei morderti attraverso un sorso di quiete vorrei dipingerti attraverso un raggio di sole vorrei…vorrei… Una barriera di rose Odore di foglie macerate nel silenzio della luna. Odore di mirti e rosmarini, garofani e ginestre, cardi e ciclamini, lavanda e corbezzoli, ginepro e caprifogli. Odore fresco di vacanza, odore prepotente d'allegria, odore d'isola deserta, di libertà, di macchia mediterranea. Dietro una barriera di rose voci indistinte come strozzate da imbuti. Nuvole scure Come foglie sospinte dalla strascico di un manto regio rubato da mendicanti i miei sogni rotolano nella solitudine di una tenebra. E le nuvole scure dai contorni appena spezzati diffondono un anticipo di tragedia come indefinito rancore. Verità La viltà eccelle nel disordine, tra virilità mentali e debolezze di spirito. Nobili ideali caduti nel letame come ansie di verginità gettate tra i rifiuti. Tutto si mescola e s'intreccia. E la verità esiste solo come supposizione. Reliquia Mi perdo nel possesso. Mi delizio nelle cose non mie. E da esse estraggo l'essenza che custodisco come una reliquia. Calvario Come ombra errante nella foresta popolo i miei sogni d'alberi e colline, di filosofie e idee strane. Come granello di polvere sospinto dal vento della ragione cullo la mia fede nel cielo lontano e nella vita estranea. Livide illusioni trasportano sul calvario la croce delle mie intenzioni. Saggezza Saggio è colui che rende monotona l'esistenza. Per esso ogni novità assume il privilegio della meraviglia. Riformatore Riformatore è colui che vede i mali superficiali dell'universo e si propone di curarli facendo peggiorare quelli più gravi. E come un medico cerca di adattare il corpo malato alla parte sana, senza conoscere le malattie della vita sociale. Pilastri governativi Il governo fonda il proprio potere su due pilastri: la repressione e l'inganno. Pilastri luccicanti che ubriacano e anestetizzano. Ignote verità Nuvole silenziose transitano alte sopra di me come verità ignote. Cala la sera sulla mia solitudine e gli occhi azzurri delle fontane riflettono la morte del sole. Come perenne nostalgia la frivolezza di ieri mi rode la vita. E la città dorme algida al chiaro di luna. Villa di campagna Qualcosa che non riesco a sentire si confonde in me come in un delirio. Qualcosa che non riesco a controllare s'accende in me come mormorio d'alberi. Qualcosa d'inarrestabile s'intromette nella mia esistenza come rumore d'acqua piovana. Consegno il mio io all'ombra di me stesso e vivo assurde passioni in una villa di campagna inesistente. Figlio della notte Figlio della notte vai verso la gloria o verso l'abisso, vai verso l'ombra o verso la luce, vai nei vortici che t'aspettano o lungo i declivi delle circostanze. Vai lento come inutile sussurro, vai pigro come pensiero attento, vai molle come languido sospiro, vai flemmatico come sordida voce… …e fuggi lontano come un soffio di viltà. La mia vita La mia vita scorre leggera come un ruscello in silenzioso movimento sotto alberi dimenticati. La mia vita scorre mansueta come un mormorio invisibile oltre la pergola del glicine e s'adagia lenta lungo sentieri erbosi. La mia vita scorre inutilmente, senza una ragione, per nulla consapevole, come un vago bagliore in lontananza, fra radure di foglie. Lampione di periferia Doveri eseguiti in una vaga penombra, in un alone appena visibile, vicino a cose tranquille che non riesco a delineare. La fatica che talvolta compio per dimenticare l'anima, il pensiero che talvolta elaboro per dimenticare l'agire, si tramutano in una specie di tenerezza priva di sentimento, una compassione logora e vuota. E assisto attento a uno spettacolo illusorio. Una grande calma, soave come una cosa inutile, scende nel fondo del mio essere. E nel cielo dei miei sogni s'illumina l'esistenza come un lampione di periferia. Individualità Mi sveglio presto ed esco per strada senza alcun intento, senza pensieri, senza emozioni. La realtà proietta luci e colori, odori e sapori, vizi e dolori, ombre e individualità. E dai vicoli salgono rumori e tenui tremori. E l'andatura dei passanti è lenta e annoiata come il mio respiro. Ricerca dell'impossibile Un raggio di sole, una striscia di luce acuta taglia l'impiantito come nuda lama. Una brezza leggera, una conversazione senza scopo, una brocca di vino e fiori di campo in lontananza. Sordo nerume, gelido inferno. Un marasma d'idee, come principio di sbornia, mi rivela l'essenza delle cose. E la mia vita ristagna come un lago inesistente fra paesaggi deserti. E scivola via nell'invariabile monotonia dei giorni e nell'identica successione di ore uguali… …alla ricerca dell'impossibile mediante l'inutile. Luna La luna accarezza la mia tristezza e l'ozio ondivago che rulla nei selciati. La luna accarezza il mio orgoglio e i passi lenti di un clochard. Sulle colline delle mie falsità e su vuoti ricordi di neri aironi la luna stende il suo pianto. Come un pirata depredo coralli negli abissi del mio oceano. Azzurro sfumato Giornata di pioggia monotona penombra di vuoti privilegi azzurro sfumato di verde notturno. La pena mi cresce dentro come cruda verità in un amalgama di finzioni, indecisioni e rimorsi. E cade sulle mie lacrime come raspo d'uva rubato da un ragazzo. Sconsolato come seta lacerata disconosco le mie emozioni alla luce e al tedio. Profumo di glicine Immensa notte di tiepido chiarore tra fittizie utilità e inconsapevoli attività. Luce di tenebre riempie di dubbioso grigiore sconsolate fessure della mia coscienza. Nei privilegi della penombra svaniscono sussurri di cascate perdute. Come fruscio di sangue lento il ticchettio della pioggia inonda l'udito. E dalla pergola arriva profumo di glicine come vociare intenso di folla in festa. Madreperla Chiaro di luna vago, occulto, muto, pieno di nulla come la vita. Differenze azzurrate di fredda madreperla irradiano il cuore come rivoli impetuosi. Vagabondo su scivoloso nitore di tetti sovrapposti tra agglomerati d'ombre rifiniti di grigio sporco. Infinita distanza Vivo lontano e anonimo, vestito di fiori e di erbe. E trascino i passi su selciati di pietra, verso luoghi prodigiosi, paesaggi migliori della vita. L'infinita distanza come un attimo d'assenza si consuma in dolorosa costanza e nella quotidiana esistenza. Mondo sconosciuto Linea interiore serena e studiata, indifferente perché nobile, fredda perché indifferente. Il mondo visibile si crogiola sotto i raggi del sole. Il mondo sconosciuto ci spia dall'ombra. Letargo Accordo la mia esistenza con l'assenza di passioni, ambizioni, desideri, impulsi, speranze. Come un serpente in letargo addormento l'odio nell'agonia del mio sguardo. Dolore Mal di denti, scarpe strette che fanno male. Dolore da ingiustizia, dolore di non essere amato, dolore di non conoscere il mistero del mondo, dolore della vita che mi pesa, mi soffoca, m'imprigiona. Alzo la testa verso il cielo azzurro e, con le palpebre abbassate, offro il mio viso al vento fresco del mattino. In lontananza una piccolissima nuvola, come un nulla visibile, mi porta l'oblio dell'universo intero. Chiaro di luna Nasce ad oriente la luce dorata del chiaro di luna. Nell'intimità della sera i miei sogni viaggiano verso paesi sconosciuti. E vedo rasi prolissi, porpore perplesse, esotici imbandieramenti di strade larghe tra lussurie di baldacchini. Armi portate nella dolente lentezza di marce inutili lanciano fredde scintille. E risa distanti cadono fra ricordi di luci, alabarde sdegnose e ombre fascinose che abbandonano i contorni di mura merlate. Virgulti di felicità Lungo le scogliere dell'anima muove la risacca dell'orgoglio e s'infrange in insenatura di sabbia fine. Nei boschi della coscienza s'incunea il vento della ribellione e strapazza assurde audacie intrise di falsi miti di libertà. S'addensa l'ombra del desiderio nelle radure del cuore fra virgulti di felicità e il giallo delle ginestre. La porta del pensiero La gioia entra in casa dalla finestra dell'osservazione e dalla porta del pensiero. Figure ieratiche d'ignote gerarchie s'allineano nei corridoi del misticismo. Ignoro la vita e mi perdo nella fantasia. Con un sorriso deliziato e incredulo gioco a nascondino con la mia coscienza. E scolpisco nel silenzio i miei sogni facendo ristagnare nel torpore i miei pensieri assurdi. Vivo nell'incanto scomponendo e ricomponendo l'universo. E nelle penombre della mia caverna intreccio ghirlande, mescolo colori sulla tavolozza, impreziosisco futilità in ascetiche negazioni. Vecchia diligenza Sono un sognatore felice e costruisco il mondo a mia immagine nella tristezza d'annoiati silenzi, tra rumori di pietre e ilarità di feste. La mia vita, mezza luce e mezza ombra, fluisce limpida tra forche e gole, tra poggi e radure, tra dolori e paure, tra sogni e soprassalti. Ed è gaia e allegra come il viaggio di una vecchia diligenza. Orgoglio Orgoglio e vanità, certezze emotive frammiste a umori di grandezza. Vanità e audacia, certezze emotive prive d'orgoglio. Coraggio fisico, coraggio morale, fiducia nell'ardore di vana iniziativa. Sono solo e parlo ad alta voce con me stesso. E trovo consolazione soltanto nell'orgoglio. Strade vuote Mani di bimbo stringono l'orlo del grembiule. Bocche cosparse di lacrime vere. Fragilità, solitudine, vita adulta. Come luce di fiammifero sfregato nel tessuto sensibile del mio cuore cerco un sorriso nelle strade vuote. Felicità Risiede nel sogno, nel pensiero, nella sensazione… di felicità. Vicoli dell'anima Radicato come un albero cammino verso casa tra finte scorciatoie, percorrendo la bellezza dei miei vicoli interiori. E come filo di lana attorno a un rocchetto arrotolo il mondo tra le dita. Ponte vecchio Come in un mistero fluiscono sotto l'ombra dei pioppi primitive fantasie e inutili astinenze. Piange nella mia anima il desiderio di reincarnazione in un sasso o in un granello di polvere. E il mio cuore sopravvive alla noia esistenziale come un ponte vecchio dove nessuno passa. Speranza Passi risuonano sul marciapiede come ridicoli rintocchi di campana. Il tramonto viola galleggia sulla collina e spande immotivati dolori nelle cerimonie del mio smarrimento. Tulipani rossi e gialli come pagliacci di un circo inesistente mi strappano sorrisi. Chiedo alla vita di non togliermi il sole, chiedo alla vita di non togliermi la speranza. Arrossato tramonto Il fumo di vivere toglie i contorni alle cose e lascia ombre sfuggenti nelle incastonature della collina. Incerta esistenza, memoria torva, fiume lontano, angustie di cancelli. Bellezza di vita si rallegra nella frescura di acque e in arrossato tramonto. Sogno incompleto Un ruscello si lamenta tra gli alberi, una rosa spande indefinita melodia. Chiaro di luna nelle strade e strani brividi su verdi foglie. Porpore distanti, ombre fugaci, come in un sogno incompleto. Il futuro è una nebbia che cinge il mio cuore e il domani sa di oggi appena intravisto. Una pietra nell'erba Rumore di foglie calpestate, rumore di vento incerto, rumore di passi sul selciato, rumore di pioggia intermittente. Sussurro di brezza sconosciuta, mormorio di margherite tra gli ulivi, tremolio di parole stanche, brusio di voci nella notte. Dormo come una pietra in mezzo all'erba. Sera La mia angoscia come bruma mattutina s'incunea in sentieri di torva malinconia tra sensazioni attenuate e vendette dimenticate. Il sonno è un ricordo lontano e la nostalgia è solo un'inquietudine. Svincolo frustrate aspirazioni e mi sublimo in ansie disilluse. Tra interludi di cose perdute e tracce incerte d'inutili memorie m'immergo in brezze immaginarie e in frastornanti crepuscoli. Nel cielo alto e chiaro contemplo la bellezza della sera che muore placida tra imperiture passioni. Nell'autunno dei miei giorni Nell'autunno dei miei giorni la stanchezza delle membra sa di buono come le violacciocche nei prati dei miei pensieri. Nell'autunno dei miei giorni contemplo me stesso e provo sensazioni indefinibili. Nell'autunno dei miei giorni la volontà riposa quietamente in un vetusto canterano dell'anima. Nell'autunno dei miei giorni ricordi, speranze, emozioni, vaghi desideri, risalgono lentamente l'erta della coscienza come confusi escursionisti sul crinale ventoso della montagna. All'ombra del glicine Ristagna l'aria piena di sole sulla limpida perfezione del giorno. Il torpore sensibile dell'ozio come una piuma leggera mi sfiora il viso e riveste l'anima con i colori della campagna. All'ombra del glicine il mio cuore blandisce tremule passività e tira fuori dai cassetti della coscienza: pensieri, sentimenti, desideri, credenze, sensazioni. E come oggetti li cosparge sul pavimento, disordinatamente. Sono stanco Gioco con le mie emozioni come un principe annoiato e torno stanco da un sogno come dopo un lavoro reale. Sono stanco e triste e la tristezza m'angustia al limite delle lacrime. E piango suoni di campagna, colori del cielo, perdute libertà. Sono stanco e stufo per ciò che non ho e che non avrò mai. Sano stanco e infastidito per le mie sensazioni inconsistenti. E porto con me le ferite di tutte le battaglie che non ho fatto. I miei pensieri Come porpora consunta la fiamma dell'amore si riverbera nel mio sguardo. Rumore di ruscelli irrora l'udito dei miei sogni. Chiome di alberi coprono di verdi coperte i miei oblii. Fluidi, come acqua, scorrono tra i sassi i miei pensieri. La luna veglia sulla mia esistenza e le stelle stendono il loro silenzio sulle brughiere. Mirti e tamarindi Vesto il mio corpo dell'oro del meriggio come un re deposto in un mattino di rose. E la mia ansia come un respiro strozzato muore tra i mirti. Nel pozzo profondo del crepuscolo insanguinato intravedo fantasmi di menzogne e ombre d'illusioni. E il mio tedio come un'anfora vuota svanisce tra i tamarindi. Una luce spenta penetra nell'anima come un'assidua angoscia. E il rumore della sera accompagna le mie emozioni come nello scorrere lento del fiume verso maree lontane. Mirti e tamarindi Vesto il mio corpo dell'oro del meriggio come un re deposto in un mattino di rose. E la mia ansia come un respiro strozzato muore tra i mirti. Nel pozzo profondo del crepuscolo insanguinato intravedo fantasmi di menzogne e ombre d'illusioni. E il mio tedio come un'anfora vuota svanisce tra i tamarindi. Una luce spenta penetra nell'anima come un'assidua angoscia. E il rumore della sera accompagna le mie emozioni come nello scorrere lento del fiume verso maree lontane. Luci della ribalta I miei mattini si frantumano in rivoli ghiacciati. Le mie sere si sfaldano in fondo a un bicchiere. Le mie notti si consumano nel tormento dell'anima. Luci della ribalta danno senso ai miei giorni. Nebbia mattutina Il mattino s'alza in volo su poggi e radure. Una leggera nebbia si sfalda, senza contorni, nella quieta sonnolenza delle campagne. Ed io rimango sospeso tra la nebbia e il mattino. Vitreo silenzio Casto come un eremita, puro come un corpo sognato, muto come una preghiera nell'aria impregnata d'incenso. Gli anni non scalfiscono il mio vitreo silenzio, raggrumato in turbinii di feste e false esistenze. E consumo il tempo tra distrazioni inerti e vacue nostalgie. Gomitolo Come un gomitolo aggrovigliato la mia vita si srotola sulla verde radura e si riavvolge in disadorno rocchetto abbandonato sul bordo della collina. L'odio e l'amore mi opprimono. Mi cercano, mi trovano e mi lasciano solo. Indugi Dietro i miei indugi s'increspano le acque del lago, sulle mie riflessioni si ritira il sole. E i miei sogni si spengono come la luce oltre la collina. Serro gli occhi e la sera lascia il posto alla notte. Nel buio emergono alghe e anatre selvatiche tra scialbi luccichii. Finta amicizia Come ultimo sole che indugia su un lago morto tra rocce di montagna la mia emozione si dissolve nell'angoscia di subdolo raziocinio. E un impulso di volontà si perde nell'indifferenza di una finta amicizia. Raggi di sole Sulla superficie delle mie debolezze indugiano spettri menzogneri. Le mie parole e i miei gesti si perdono in futili immaginazioni. E vedo il sole dietro i monti. E i suoi raggi dorati svaniscono tra onde incerte di lago. Timidezze intellettuali Come da terra estranea mi sale in testa un tedio, una pena. E strangola i miei desideri, i miei sentimenti, la mia libertà, come un'angoscia esistenziale. Tra intimi timori di gesti abbozzati consumo le mie voglie in timidezze intellettuali. Rivoli di felicità Voci di ruscelli come respiri di bosco, mormorii di fagiani come sapori di fragole, voli di rondini come suoni di prati, odori di libertà come sussulti di colline, tepori umani come rivoli di felicità. Ardori dell'anima, tra sublimi incanti, m'inducono a godimenti innocenti. Colori di felicità Nel chiarore tenue e diffuso del giorno l'acquietarsi dei suoni mi porta toni di soavità. Con gli occhi chiusi trasformo in colori di felicità la bellezza dei sogni e la realtà della vita. Interludio E' parte del mio sangue il verde degli alberi e il mio cuore pulsa nelle striature di una foglia. Sogni e sentimenti, idee, colori, sapori, suoni. Nel marasma indolenziale della mia incredulità finzioni d'interludio coprono astratti amori. Semplicità Guardo attraverso la finestra opaca il vecchio barcollante che cammina lentamente sul marciapiede. Non è ubriaco, è un sognatore. E' attento all'inesistente e forse ancora spera. La sua felicità risiede in attimi leggeri e nel sogno incantato della semplicità. Vela bianca Ombre interrotte di fogliame, canti tremuli d'uccelli, pozze d'acqua fresca, prati verdi con papaveri. Una giornata tra gli alberi, sensazioni semplici, profumi di fiori, attimi di vaneggiamento. E' un ritiro tranquillo e non odo neppure gli echi dei miei gesti. E la memoria dorme come in una processione infinita. Socchiudo gli occhi e la vita scorre come la vela bianca che intravedo in lontananza. Nei calici della mia meditazione s'incunea il sorriso di un bimbo. Cielo color cenere Boschi addormentati, montagne sbadiglianti, case, campi, prati e orti. Cielo color cenere alto e compatto. Vien giù fitta e quieta la neve come un sottile crepitio di grandine sul pioppeto. E le ore del giorno cadono in un pozzo di silenzio. Pastori Ispida barba e pelle arsa dal sole e dal vento. Fronte solcata da rughe profonde come tagli. Pantaloni di pelle caprina senza risvolti e la mantella portata su una spalla sola, alla romana. A tracolla, a mo' di fucile, il grosso ombrello d'incerato verde e la bisaccia con il cacio e il pane indurito. Fortore Il Fortore, acquattato come un cervone, dietro alture silenti, compare all'improvviso nella brughiera ubertosa. Le sue acque copiose, veloci, fresche, scendono agevolmente al piano, s'infiltrano nella terra tenera e alimentano, languidamente, radici di piante e erbe. Colline emergono sulle sue sponde, casolari e villaggi perduti s'appollaiano fiacchi nel riposo dormiente del vago orizzonte. Il fiume dilaga rumoroso tra le rocce, allargandosi in prospere piagge, rinchiudendosi virulento nelle strozzature di cupe gole, aprendosi rabbioso la strada e riposandosi al piano quietamente. L'acqua, con impeto greve, scorre tra le pietre; sassi e morge gli rendono dura la vita, non gli permettono di ristagnare, di rodere la terra, di lordarsi li limo. Tutt'intorno clivi coperti d'ulivi, dolci e flessuosi. Transumanza La vampa si diffonde sulle campagne, giovani ulivi si rivestono, orgogliosi, di nuovi fiori. Sulla terra riarsa troneggiano spighe di grano ingiallite. Muretti discontinui preservano da precipizi indolenti e mascherano, incautamente, una lama cupa e inaridita. Un aspetto feudale e parassitario si riverbera nel cielo estivo, su coccetti punici e sanniti sparsi nella campagna. Cirri complicati e veloci nella luce vaga e caliginosa. Odori di fieno, tagliato da poco, di sambuco, terra e bosco. Turbe di armenti, ridde di greggi, in transumanza. Medico condotto Esercita la professione di medico con impegno e umanità, facendo appello alla sua lunga esperienza e al senso pratico di cui non difetta. I gloriosi insegnamenti scientifici si sono però dileguati dalla sua mente e si confondono nella monotonia di una lunga, quotidiana indifferenza. Galleggiano senza più senso i rottami delle perdute conoscenze, in un naufragio di noia, su un mare di cultura obliata. Anni sessanta In quegli anni la frescura delle sere estive, illuminata dal brillio alternato di milioni di lucciole, si riverberava nella cucina tradizionale, nel gaudio intrigante delle feste di piazza, nei sapori nostrani e nell'autentico folclore. Di quelle feste, inevitabilmente povere, rimane il ricordo struggente delle bancarelle di dolciumi, simili a scenari da fuochi d'artificio, e le grigliate di torcinelli che spargevano fumo e profumo. E poi giochi semplici di ragazzi: a cove, mazz e p'zzill, zump e t'r'zump, u cavallone, u chierchie, a voche e l'oss, u strumml, riempivano di grida festose contrade e rioni. Anni cinquanta In quegli anni le corriere piene di polvere e di emigranti, le vedove bianche, la furia del Fortore, le aie assolate, le masserie operose, i borghi silenti, le vite di contadini, i racconti delle streghe, le fiere di zingari, le feste pagane, le processioni e i pellegrinaggi, i serpari e le confraternite, gli arrotini, i calderai, gli spazzacamini, i fabbri ferrai, gli scalpellini, maghi e guaritori, trovavano realtà storica, vita quotidiana, nei paesi del Molise. Canonica Costruita in modo economico, non ha carattere; non è signorile né contadina, non ha la nobiltà rovinata del palazzo né la miseria dei tuguri, ma soltanto la mediocrità stantia del gusto pretesco. Lo studio e la terrazza hanno un pavimento colorato a scacchi, come in certe sagrestie di campagna. I muri sono puliti, imbiancati a calce, le porte interne verniciate d'azzurro, le persiane verdi. Nevica Per le strade male illuminate volteggiano fiocchi di neve, nell'alone di lampade fioche. Il paese ascolta il suo silenzio: le voci si spengono, i passi non fanno rumore, le impronte si annullano. Pensieri Indirizzo la memoria verso cose distanti, faccio programmi per l'avvenire, pensando a una vita raccolta, a tradizioni contadine, riti propiziatori, lavori agricoli estenuanti, al volteggiare degli uccelli in primavera. Penso all'odore di frutti lontani, alle acque calme del lago di Occhito, a pietraie di lava e ad altissime ginestre con gialle intumescenze. Penso al brusìo delle api e alle vibrazioni scaturenti dai voli delle coccinelle, all'arsura dei basalti, alle ametiste e ai porfidi. Ricordi Delicato biancore di vereconda utopia. Desideri e nostalgie, lievi rimpianti, sogni imprecisi. Ricordi che entrano nell'anima a sterminare inquietudine e insonnia. Pensieri, paure, trepidazioni. Galaverna Una sorta d'inquietudine m'afferra nella notte galavernosa e non riesco a prender sonno. Contemplo la campagna scura e azzurrigna nel suo riposo rigenerante dal ballatoio. Nelle tenebre cerco un cesto per metterci dentro, come lucciole nel buio, tutti i bagliori della vita. Una collana di ricordi riemerge in fondo a un mastello d'acqua come turaccioli liberati. Riflessi di luce nel cielo stellato. Saltella una faina sui rami dell'albero, un topo fugge spaurito, iridescenze dentro pozze d'acqua, striature colorate nella roccia, brillio filiforme in una tela di ragno, foglie di eucalipti attraversate da aghi di luce, strani batticuori. Meteora E' una bella notte rigida, tra poche nuvole bianche che sanno di neve è comparsa la luna, dietro la collina. Bianca, con i corni rossicci, s'alza lenta sulle campagne. Da levante viene un vento polare che ghiaccia l'aria e fa la barba agli aghi incalliti del pino alto e antico. Nel cielo scuro e sereno le stelle, perse nella fregola dell'orgia, si abbandonano all'eterno destino e cadono, cadono roteando come girandole, spaccandosi come bolidi, infiorandosi come fontane luminose. E mi vengono addosso, a sciami, accarezzandomi il viso. E mi dissetano la bocca riarsa, bagnandomi la fronte ardente, gli occhi bruciati. Nel buio la strada corre come una cometa in sfacelo e mi sembra di perdere ogni senso di gravezza: solco gli spazi in un volo simile a quello delle meteore. Una coperta di seta bianca In basso a ponente i boschi nudi di Ficarola e della Principessa paiono scheletri bianchi, quasi come fantasmi trasfigurati nell'elegia del letargo e nella clausura dei gesti impossibili. Il silenzio è solenne, non si ode alcun verso di bestie o di uccelli. Solo un lontano mormorio d'acqua soffocato nel ghiaccio dei ruscelli. La neve assorbe ogni sussurro, anche un colpo di vento affonda nel bianco. Gli abeti, carichi all'inverosimile, si sono arresi piegando i rami sotto il peso della neve fino in basso. Alcuni alberi di ulivi, spinti dal loro fogliame orgoglioso, hanno opposto resistenza facendosi spaccare le ossa senza pietà. Gli alberi spogli, invece, dormono pacifici; il cielo di ceramica chiama altra neve. E con la neve cala dal cielo una coperta di seta bianca. Lago di Occhito Ha smesso di fumare la pipa il lago di Occhito ed è fermo come una lastra di ferro. Lungo i ruscelli luccica il ghiaccio, le cascate sembrano grossi pesci azzurri congelati, i cespugli di ginestre zucchero filato, i sassi cavolfiori coperti di spume candide e farinose. Le forre, le balze, le serrette sono inguantate di neve appena striata dai mucchi nerastri di rupi e morge, dall'intrico di perastri nani, dai quercioli e dal groviglio dei rovi secchi. Hanno il colore glaciale dell'acciaio le pareti della Maiella. Suoni di carta vetrata La collina incrocia le braccia per proteggersi dal freddo, le sue ossa gemono e scricchiolano come un cesto di vimini stretto fra le ginocchia. Si spaccano le cascate gelate con rumori di vetri infranti. Il vento polare gratta la brina con suoni di carta vetrata. Sole d'inverno Dai lontani contrafforti della Maiella un pallido sole fa capolino. E' un sole fiacco, non scalda ma illumina, incendia le rocce e la neve. Il paesaggio all'improvviso diventa d'oro e meno ostile. In basso i boschi assopiti sembrano muoversi, stiracchiarsi nella brughiera, distendendo le braccia imbiancate nei vapori svegliati dal sole. Con la scomparsa dell'astro tutto si racchiude come un pugno che si stringe. Clandestini Nell'alveo glabro della forgia tradizionale la terra, misteriosa e diabolica, riposa, quietamente, sotto la neve. Il ricordo dei giorni autunnali dorme ormai sotto la coltre bianca. E dormono anche boschi e prati, falde e cime di poggi, animali in letargo. Solo volpi e lupi vagano, clandestini, sulla terra desolata, a lasciar profonde tracce nella neve alta. Non una voce, un rumore, nemmeno un grido di gracchio o una pietra che rotola. Niente. Tutto muto, zittito dal grande maglio del gelo. Arcaico Le lancette dell'orologio, grandi e scure come croci, scandiscono, inesorabilmente, il tempo sui crucci dei cafoni, sui coppi dei tetti tribolati e sulle strade angariate. Il paese vive la sua vita invernale. Le giornate e le notti si confondono, l'ombra e il buio nascono senza violento contrasto. Il mattino spruzza un po' di chiaro nell'ombra con la pigrizia annoiata di un compito eterno. Radi capannelli di contadini, avvolti nei loro mantelli neri, il viso sprofondato nei baveri, passano ore a guardarsi taciturni o ad ascoltare la narrazione di un fatto cui nessuno crede. Nei vicoli fischiano le raffiche, nei focolari fuligginosi crepitano ceppi di ulivi. Una verbosa eloquenza affoga il garrulo discorrere nell'ubertosa sapienza e nell'arcaicità dei proverbi molisani. L'immobilità dello spazio trova il suo correttivo nella dinamicità della fantasia. Il vento Il vento urla impietoso da giorni. E' uno sballo che non se ne vuole andare, è un gatto in amore che, ossessionato dalla libidine, gratta con rudezza sui pinci ingrigiti dal tempo, un battiloro che assottiglia l'aria. Tramontana Pulvina nevischio nel mantello della tramontana. Le botteghe hanno i vetri appannati, gli impiegati camminano frettolosi, con il naso coperto, impillaccherati nei loro cappotti grigi e consunti. Il gelo avvolge le case, gli alberi, le forche incupite delle colline e i fantasmi che vagano nelle gole, tra gli ulivi addormentati, come brume sfuggenti nel gorgo imbronciato. Tutt'intorno cristalli di ghiaccio tappezzano il manto bianco con fiori azzurrini quasi trasparenti. E dal cielo continuano a scendere i fiocchi candidi. La neve, lentamente, cancella sentieri, cuori affranti, idee, e spegne i rumori sulle speranze degli uomini. Luce soffusa Nelle belle sere d'estate apro la finestra e appoggio i gomiti sul davanzale. Dipanare di passi lenti nelle vie ancora tiepide. Prima di riporre gli attrezzi gli artigiani si fermano a chiacchierare con i passanti sulla soglia delle botteghe. Dirimpetto, oltre i tetti, si apre il vasto cielo puro, rosso al tramonto. Il sole morente del crepuscolo diffonde sul pavimento lunghe strie sottili che si rompono contro gli spigoli dei mobili e tremolano sul soffitto. Si riverbera nell'atmosfera una luce soffusa e si diffonde fino alle falde basse del camino, vellutando la fuliggine della lamiera e rivestendo di un colore azzurrino le ceneri fredde dell'ultimo inverno. Mattino in collina Le ginestre punteggiano di giallo la collina, tra perastri e quercioli, e profumano l'aria con le loro essenze blandamente consolatorie. Fornaci di carbonai bruciano baldanzose nel sole del mattino. Fuma l'acqua del ruscello dopo il fresco della notte. Una lince fugge impaurita ed emerge al volo dai vapori. Da una masseria giunge un mansueto belare di pecore, mentre un sole rosso cupo sembra imprigionato dietro un pugno di salici. Favonio Il grano, su per le groppe che rimontano la collina, china il capo e scroscia sotto il fiato del vento meridionale che s'insinua nella valle del Cigno. Nel crogiolo della brughiera s'addensa un pesante ardore che rende foschi gli ulivi. Cresce sui poggi e nelle gole la calura, bruciando le ristoppie e le terre aride. Il vento di favonio, a sera, scivola adagio e fa gemere le punte dei larici, rinfrescando l'aria allappata. Acqua Sgorga dai rivoli sinuosi delle colline, dolce e soave come una preghiera, e instilla nell'animo romantici germi di vita. Disseta il viandante attraverso il cavo della mano. Incoraggia la vita come l'amore scacciando disperazione e inquietudini recondite. Scroscia per confondere le grida che si spandono acute all'orizzonte. Veglia silenziosa in fondo alla valle. Ristora il pellegrino che s'inginocchia e lo riconduce sulla strada bianca e polverosa. Trine e fuselli Vecchie case brune incoronano la collina. Sicure della loro antica esperienza, conservano il volto secolare. L'illusione non le prende e si fondono con il paesaggio, con i toni scuri della terra lavorata. Nelle strade la luce meridiana fruga affettuosamente le rughe scure del paese e crea una festa discreta, domestica, senza tripudio. Sulle altane e nei ballatoi le donne lavorano al tombolo con un sorriso savio sulle bocche mute. Il merletto fiorisce, come un sortilegio, dai fuselli e dalle trine in un moto aereo e musicale delle dita. In piazza un gruppo di contadini, con gli occhi fissi a rappresentarsi mitici misteri. Pensieri vagano oltre le nuvole chiare e si caricano delle tinte del cielo invisibile con riflessi verdognoli al di là delle colline. Temporale estivo Piove fitto, una pioggia minuta, querula, bavosa, tiepida, ristoratrice, ubertosa. D'un tratto il bagliore intenso di un lampo solca le sfere alte del cielo e rimbomba nel vallone di Santa Maria. Seguono altri lampi e l'aria si fa improvvisamente nera. Folate di vento anabatico frusciano leggere, nella bruma, la gramigna della Carrafella. Il temporale flagella la campagna e rode i sentieri. Tremano gli alberi. E' un momento di strana solitudine, quasi di pace e di silenzio, nel diluvio. Energica, superba, risoluta nel suo fragore la pioggia riversa sulla collina la sua tempra satanica. Nebbie fumanti corrono per la valle come briganti in assalto. Salgono dal borgo, scavalcano il promontorio come schiume bianche e si buttano verso le falde del monte Crocella. Si sente la massa d'acqua cadere e muggire. La terra evapora, pantani ribollono, anfratti penetrati e violati. Poi la brezza soffia greve sulla pioggia bigia e tormenta la terra gonfiandola di polvere e d'ira. E il diluvio si spegne. Scompaiono nelle forre i torrentelli d'acqua, succhiati dai campi riarsi, e finiscono all'inferno a spegnere il fuoco del diavolo. E i maggesi asciugano come cenci al sole. Ombre sul crinale Il sole si pone al centro di una forca tra i Montazzoni e l'aspro poggio di Bonefro e dà, morendo quasi a pelo dei rilievi tondeggianti, fin l'ultima briciola di delizioso tepore. Si allungano le ombre mentre sulla sommità del crinale una lenta colata di afa, color d'ombra e ginestre, occupa la vallata. Da ponente arriva un vento fresco e vigoroso: viene dalle alture del Gargano, dolci e distanti, ammantate di grossi borghi. Messaggi misteriosi La livrea turchese dei ramarri brilla tra i cespugli e dal torrente Cigno sale il gracidìo, sgraziato e tenero, dei ranocchi. I ciliegi sono fioriti e il verde dei prati delle Querce di Florio è costellato da miriadi di violette e ciclamini. Gazze volano indaffarate per nutrire i piccoli, api ronzano intorno al giallore delle ginestre scoppiettanti, fino al crepuscolo, rossigno di sangue vivido all'orizzonte. Un cane si rotola pigramente sull'erba pisellina scaldata dal tiepido sole. Poi corre avanti, scompare, riappare dietro i miei passi e annusa, cerca, scova, legge misteriosi messaggi nell'aria. Maggesi Pascolano nei recinti mucche e cavalli. Lunghe strisce di maggesi e tigli si stagliano veementi alle pendici dei poggi. Campi in moderata salita, punteggiati da splendide querce solitarie, sospendono l'ombroso volume su distese di grano. Fiori selvatici risplendono, con la luminosità delle gemme, in prati verdeggianti e l'usignolo inonda il sentiero con le sue frastornanti note. Aromi e tepori Rami di alberi carichi di foglie verdi e di fiori. Siepi risuonano al canto di rigogoli, fringuelli e passeri in corteggiamento. L'influenza lontana delle brezze si articola in aromi e tepori; anche un fremito si attenua nell'alito caldo dell'aria. L'atmosfera è così pulita e leggera che euforizza i polmoni. Risveglio Nelle forre dei Valvidoni e della Principessa il mormorìo della vita si risveglia e si sente battere il cuore delle foglie che escono dal bocciolo. Nei canaloni della Vellaneta i cardellini cantano in competizione con i cuculi. L'erba diventa verde e sale in alto. Tutt'attorno gli uccelli si raccontano qualcosa nel folto del bosco. Primule Il bianco dei pruni ricama boschi, orti e casolari. Piccole deflagrazioni di primule in piena fioritura macchiano di giallo il verde brillante dei prati. Il sole scalda le chiome di faggi e pini e l'odore delle resine vaganti si sente nell'aria. La primavera risveglia alberi e gemme e fa stiracchiare il popolo del bosco, ancora intorpidito e anchilosato dal gorgo invernale. Nasi verdastri Il caleidoscopio tinge le campagne rinnovando prati e siepi. Si leva un merlo, scampato ai massacri dell'inverno, con rumore concitato di carrucola mal oliata. Torna lo scirocco e tira a lustro l'aria nuova, staccando dai pennacchi dei tarassachi i semi a ombrello che volano dappertutto. Tuffano i loro nasi verdastri le colline del Molise dentro i mammelloni cremosi del cielo primaverile che va dal grigio atlantico alla panna fresca, navigando in apnea in quella delizia celeste. Lepri Scorazzano negli anfratti lepri in amore, s'impennano sulle zampe posteriori e si scazzottano, si abbracciano come pugili stanchi, si rotolano nei fossi, perse nel delirio della fregola. Amoreggiano, corrono, danzano nel vento affettuoso. Primavera I biancospini formano candide siepi. Spuntano decisi, dai loro vigorosi cespugli, rododendri e ginestre. Sotto i mandorli si stendono placide nevicate di petali bianchi. Come d'incanto, dai peschi partoriscono doviziose inflorescenze rosa. E nell'aria sale intenso l'aroma delle pergole di glicine, cariche di grappoli violacei. Vaporosa nella primavera che avanza si staglia la torre angioina. Il campanile del monastero fende l'aria dell'aurora come un mastio in navigazione: ha in sé una certa dose di solidità, ma non ha ancora riconquistato la nettezza degli spigoli e degli incastri e sembra calarsi dietro un velo di sudore freddo pietrificato. L'erba verdissima cresce rapida nei prati collinari accarezzati dal tepore lieve del favonio. Non ancora fioriti gli albicocchi, ma le gemme sono in pressione e non manca molto all'ovazione dei fiori rosa sui rami. L'azzurro del cielo si scialba nell'ossido di piombo, perdendo la profondità del cobalto. Granuli d'alabastro Dal cielo scende una coperta di seta bianca. I fiocchi, come piccoli granuli alabastrati, di forma piatta e allungata, turbinano nell'aspra atmosfera e crepitano appena sulle ossa degli alberi spogli. Il suolo scricchiola gelato, sotto i piedi, e l'aria entra nei polmoni sottile come una lama. Cielo di ceramica Bucate dai rantoli disperati di gufi e da misteriosi versi di predatori notturni le notti sono interminabili e gelide. Volpi, linci, rapaci e lupi vagano come dannati in cerca di cibo, come clandestini in fuga. Tutto vive sottovoce nei rigori penetranti e continui di un'invernata glaciale. Intorno al borgo la natura rispetta la quiete e i cristalli di ghiaccio rimangono inviolati nel loro candore. Gli alberi spogli dormono pacifici e il cielo di ceramica chiama ancora neve. Ombre sfavillanti In mezzo a un frullare notturno di neve illuminata da rari lampioni, qualche persona lascia orme che rapidamente la coltre cancella. Fioche lampadine ballano al vento, ombre sfavillanti ed effimere di fiocchi brulicano sui muri delle case. Nel manto bianco affondano i rumori, il pianto assillante di un neonato e il richiamo lussurioso dei gatti in amore. Riserbo Le pareti incombenti dei monti hanno il colore dell'acciaio. Più in basso, i boschi nudi di Figarola e della Principessa paiono scheletri. Sfiorati dalle brezze, tese e arroganti, tremano di freddo. Il silenzio è solenne: non si ode alcun verso di bestie o di uccelli. Solo un lontano mormorìo d'acqua, soffocato nel ghiaccio delle cascate, giunge fino al borgo, portato dai venti polari che salgono in alto. Sul villaggio regna il magico riserbo dell'inverno. La neve ghiacciata, compatta, granulosa, dura, caduta abbondantemente, a larghe falde, sul paese, in collina e nelle campagne romite, assorbe ogni sussurro; anche un colpo di tramontana affonda nel bianco. Catini di brina E' un invernaccio crudo, rigido, pungente, acuto, severo, glaciale, assai freddo, con nevischio costante e venti laminari che sembrano rasoiate. Le valli sono immerse in catini di brina. Lungo i ruscelli luccica il ghiaccio. Le cascate sembrano pesci azzurri congelati. I pini mughi zucchero filato, i sassi cavolfiori coperti da spume candide. Neve E' arrivata la neve. Le mani delle donne si arrossano per il gelo. Sopra le vesti chiare compaiono i grandi mantelli di lana nera. Contadini, avvolti nei loro pastrani, passeggiano a lungo sul marciapiede per smaltire le sbornie. Un'immobilità più ferma, un silenzio più fitto del consueto pare addensarsi sulle forche solitarie dei monti molisani. Tutto è bianco: tetti, alberi, strade, recinti, comignoli e, più lontano, boschi e montagne. . Su tutto, silenziosamente, cade la neve. E' bellissima, la neve. Trasforma le cose. Casotti di legno lamiere rugginose, ferri vecchi di fabbro diventano attraenti. Alberi spogli e neri acquistano un aspetto incantato. Ebbrezza Nella vecchia osteria, boccali di vino e fumo di tabacco. Contadini giocano alle carte, sfoderando recondite doti di diplomazia, mista a una sorta di misoginia malcelata dall'ebbrezza riverberante dei vapori alcolici. Ciocchi di carpino ardono gagliardi nel camino riscaldando pigramente gli ambienti quotidiani. Le fiamme, a sera, rendono d'oro gli oggetti appesi al muro. Inverno Il freddo è arrivato con superbia e irruenza. La brina avvolge ogni cosa. Gli alberi hanno perso la loro orgogliosa baldanza, gran parte delle foglie sono oramai cadute e la mattina è davvero duro uscire dal tepore del letto. L'orto dietro casa sembra il relitto di un galeone alla deriva. I tutori dei pomodori svettano come pennacchi di veliero e intorno c'è la desolazione più totale: un po' d'insalata, il ciuffo solitario di qualche cipolla, della cicoria troppo cresciuta. Urlo piagnucoloso Dal fondo dei burroni il vento di tramontana sale con vortici gelidi, portando gli odori della campagna. Soffia continuo, come venisse da tutte le parti, penetra nelle ossa, taglia la faccia, le orecchie, mozza il respiro e si perde, ruggendo, nelle gole dei camini. La notte, solo nella mia stanza, lo ascolto. E' un grido ininterrotto, un urlo piagnucoloso, un lamento mesto, come se tutti gli spiriti della terra si lagnassero insieme della loro sconsolata prigionia. La violenza della bora ricaccia il fumo del camino nelle camere, il fumo acre e odoroso dei ceppi di querce e ulivi. Bisogna gelare o lacrimare. Con il bruciore agli occhi lascio passare le ore, in un'acquosa atmosfera di dissoluzione. Profumo di mosto L'odore d'umidità sale forte dalla terra e la sera non si può mangiare fuori sotto il pergolato. Nell'aria profumi di mosti e di menta. I prati risentono ancora della calura estiva e tardano a rinnovare il manto verde, quasi tutti inariditi i fiori, upupe e rigogoli stanno partendo. Le vigne alternano uno spento verde gasolio al giallo ocra. I gelsi sono ancora verdi, come pure i susini e i carpini. Qua e là gli alberi si interrompono e un ramo di lago dal costone, superando la linea d'ombra, sembra fiammeggiare dolcemente come sarmento in un fuoco rovente. Le giornate si sono sensibilmente accorciate. Il cielo, al mattino, è ancora quasi notturno e grava con i suoi grigi plumbei sulla pianura. L'aria vaporosa dell'alba ha perso il riflesso estivo della caligine. Autunno Sussurrano nella campagna le voci dell'autunno: i boschi cambiano colore e iniziano a prendere la ruggine, striandosi di giallo, blu, viola e rosso rame. Con rumore di poche foglie trascinate, tra i faggi arrossati, cala, a tratti, verso valle il vento soffice della Carrafella. Sibila sui poggi aridi, sfiora le orecchie con morbide carezze, e in quel venticello zufolante si avvertono le prime avvisaglie dell'inverno. Amo l'autunno più di ogni altra stagione, adoro i suoi colori, i suoi odori; apprezzo il fatto che si torna a vivere all'interno, che si rientra nel raccoglimento, nella riservata clausura. Estate La serenità dell'estate traspare dalle striature cangianti del cielo, tinto di rosa, verde e viola, mentre un nugolo di cirri, alti e radi, danza nel chiarore dell'atmosfera, stendendo un'organza diafana e leggera sui corpi smagriti delle persone. Il vento di ponente, con il suo torrido alito, favorisce lo schiudersi molle dei germogli e le giornate passano uniformi nell'attesa del tramonto rossicante e del fresco della sera. Sulle case deserte, negli interstizi in ombra, vegeta un'erba grigio pallida, carica di polvere e di nugoli annoiati di moscerini. La sera, ombre e venti, rinfrescanti e sonori, sbuffano furtivamente su strade e tetti di case ingrigite, su panni stesi svolazzanti e su cascate di fiori impazziti alle finestre. Odori di menta Nella bruma crogiolante della fucina il fabbro batte e lavora il ferro, bambini in strada a giocare, donne intente al ricamo fuori della porta di casa, voci di mestieri artigiani nei vicoli e qualche scambio di battute salaci fra garzoni. Il paese conserva un cuore fresco e antico con odori di menta, di fiori e di muffe. Fienagione L'estate splende nel suo ardore funesto, il sole pare fermarsi in mezzo al cielo, le argille si spaccano per l'arsura. Nelle fessure della terra assetata si annidano le serpi. Grilli e cicale graffiano il cielo. La calura arrostisce le pietre e dardeggia sulla terra; tosta i fieni appena tagliati e rovescia sulle spalle dei falciatori secchi di carboni ardenti. Novembre Il mese di ottobre, con i suoi giorni uguali, è passato. I primi freddi e le piogge sono arrivati, ma il paesaggio non rinverdisce e rimane identico nel suo squallore bianco-grigiastro. Nuvoloni generaleschi effettuano grandi manovre attorno al monte Crocella e pattugliano il cielo del Molise, bombardando i villaggi con gavettoni meteorologici. Il cielo si fende e rovescia cateratte di luce sulla campagna appesantita dall'acqua, trasformando, in uno specchio, ogni pozzanghera. La luce netta e improvvisa smalta di riflessi cerulei l'erba delle prode e i fili piegati dalla sferza del temporale pettinano la veloce acqua fangosa dei fossi gonfi. La sera poi, come un pezzo di pane, il borgo viene divorato dalla nebbia. Il campanile della chiesa, come una matita di pietra, disegna nuvole con la sua punta; un collo smagrito di sassi su cui, di tanto in tanto, si avvolge la sciarpa azzurra a 'pois' neri di un volo di colombi. Ottobre Cielo nuvoloso e mobile, color metallo, vento fresco, odori di foglie macerate e pioggia. La campagna è offuscata da una cortina di acquerugiola, fitta e sonora, che fa fiorire i fossi di effimeri tulipani bianchi, increspandone la superficie lattiginosa. Nelle vigne l'uva è pronta e al mattino si vede solo la nebbia. E' biancastra, spessa, con la sua coltre copre ogni cosa, annulla i rumori. A tratti, soffia il vento occidentale ma troppo debolmente per spingere le nubi e fugare il sole alto e ciarliero nell'orizzonte maestoso. Stagione di malinconia Stagione di malinconia e di fragile elegia. Le foglie cadono lente, con grazia, inevitabilmente. Alcune vanno a terra e coprono le radici dell'albero, altre volano più lontano, sulla roccia, sulla sabbia e nell'acqua limpida del ruscello. Altre ancora, trasportate da sbuffi imbronciati di vento, bisbigliano appena nel gorgo turbolento dell'atmosfera e si lasciano avvolgere dalle onde pacate del lago di Occhito, quasi a volerne rosseggiare un canto appartato. La ruggine dei faggi Gialli intensi di larici e betulle, frammisti ai sempreverdi, chiome viola di sorbi, accese dal sole autunnale, ardono come un grande fuoco. Sui costoni della Carrafella crepita, piagnucolosa, la ruggine dei faggi. Il bosco, come un pavone, fa la ruota con i colori più belli. Settembre Le ultime rondini piroettano briose sopra i tetti scuri delle case. Nei bricchi della valle il sole di settembre, ancora forte, esce dai meandri, dalla terra scura, tra le viti a filari, come un riverbero di grillaia. Settembre pennella di giallo le foglie degli aceri e mette il rosso agli ippocastani. Settembre ha odori familiari: odori di vendemmie e fienagioni, odori e sapori che si spandono nell'aria come flutti rutilanti sulla linea tenue delle colline. Paese Allineato sul crinale dell'altura il paese guarda annoiato e taciturno il panorama che si adorna, nei giorni chiari, della vista lontana del mare. Spicca da lontano una gigantesca torre che sovrasta il diroccato castello feudale, palesando l'antichità del villaggio. Rondini si lasciano trascinare sui due campanili del borgo e sui merli della torre. In ricordo di Sabrina Cammino lentamente, con la testa piena di vento, assorto nel ricordo inebriante di Sabrina. La rivedo nella linea morbida e sonnacchiosa dell'orizzonte, innocente come un cerbiatto, gaia e romantica, serena e smarrita, in indecifrabili teneri atteggiamenti da diva. Il suo corpo e il suo spirito sono qualcosa di incredibilmente fresco, come una pianta o un'ostrica appena tolta dal guscio, piena ancora dell'umidore ispido del mare. La rivedo mentre canta e danza sul palco come una giumenta irruenta e stalliva, i capelli sollevati dallo slancio fisico del corpo. Dappertutto compaiono, d'improvviso, come in un ambiente fiabesco, i segni della sua presenza. Il sentiero collinare pare attraversato da una tromba d'aria, gremito di rosseggianti sfavillii inattesi e da una cornice crepitante di seduzioni azzurrine. Ritrovo, abbandonati sui prati e nei cespugli della Carrafella, i suoi nastrini colorati, le calze a rete, i sandali argentati, il vestito con i lustrini, la borsa con il fermaglio luccicante e il cofanetto aperto su una pietra ruvida, riempito alla rinfusa di gioielli e gingilli. Immagino l'animale selvatico che si cela in Sabrina: qualcosa della faina, della volpe e soprattutto dell'allodola e mi sembra che sia nata soltanto per salire in alto. Concepisco vagamente il suo canto ilare e i suoi balli armoniosi, con l'orchestrina sul palco. La sua forza selvatica sembra sfavillare e scricchiolare, quasi a confondersi con i luccichii dei gioielli e i lustrini dei suoi abiti da palcoscenico. Roberta E' ben vestita e il suo giacchino di raso, cremisi come il rossetto, carezza i sussulti del suo seno, mentre ride allegra al sopravvenire di una convinzione sublime. E' desiderabile, piena di capelli, di carne turgida, con un sorriso leggermente impreciso e i capezzoli appesi addosso come un invito. Ha un aspetto indaffarato, con dei gesti e accenti sentimentali, vagamente orgogliosi. Nell'ondeggiare della gonna corta sulle lunghe gambe, come tronchi d'albero, il suo corpo si muove con andamento lento, equilibrato, pieno di forza armonica, portando, erta e fiera, su quella base monumentale e sinuosa, la piccola nera testa cavallina. Pioggia e nebbia Piogge lunghe e fitte, continue, insistenti, uggiose, dirotte, battenti, abbondanti, torrenziali, senza fine. Il paese si copre di nebbie biancastre che stagnano nelle valli e sul lago di Occhito. Sorgono da uno sfatto biancore, come isole su un informe mare di malinconia, le cime dei colli dauni. I terreni argillosi cominciano a sciogliersi, a colare lenti lungo i pendii di Cocciabella e Vallepare, scivolando in basso, fino alla Piana dei Limiti; grigi ruscelli di terra in un mondo liquefatto. L'urlo metallico delle gocce che cadono sul tetto risuona, nella mia camera, come una pelle tesa e si unisce ai ringhi e ai sibili del vento freddo che strapazza i cavi dell'energia elettrica. Dalla finestra entra una luce fosca e incerta. Le colline sembrano addormentarsi dolorosamente in uno squallore brumoso. Indifferenza di gesti Freddo e grigiore, polvere e fango. Meditazioni indefinite si annullano nella magnificenza di una disprezzata penombra. Solitudine immobile attraversata da nuvole. Colori umbratili ed evanescenti come i toni di un paesaggio disperso in nostalgici sorrisi. L'aria è fredda e il vento sibila tra le foglie secche affastellate in impalpabili paludi. Rumore di mulinelli fra mura ingrigite e scrosci irregolari di pioggia. Suoni tristi e rabbiosi avvolgono la disperazione dell'anima con parole assenti di anonima protesta. Sulle onde fiacche di un lago diafano stanchezza di palpebre e indifferenza di gesti. Fiori tristi Sono lucido e triste come una giornata fredda e la mia vita scorre nel conforto di situazioni nitide ed esposte al sole. Insulti e umiliazioni arrivano alla spregevole periferia della mia sensibilità ed entrano nel recinto dell'anima cosciente. Elementi anonimi d'indifferenza, figure d'altri tempi, immagini incarnate nei libri e nella casualità di strade deserte. Assaporo il niente con una pienezza di bonaccia spirituale mollemente cadendo nel grembo azzurro delle mie aspirazioni. Il mio cuore traslucido penetra nella sufficienza delle cose e un dolore vago fiorisce dietro i muri della coscienza. L'aroma e il colore dei fiori tristi attraversa il mistero confuso dell'essere e finisce in un mare interiore, dove il fiume della vita sfuma in sonnolenze esistenziali. Cella di reclusione Un silenzio rumoroso m'invade come livida brezza e porta sul calvario dell'oblio la croce dell'esistenza. Un ultimo barlume di sole sui monti distanti, un vento che solleva le foglie davanti alle deserte soglie. La mia anima brandisce le corde di violino con l'orgoglio spento di una misteriosa orchestra. Porto nel cuore la nostalgia del tempo vissuto e il mio pensiero errante segue la rotta di una nave inesistente. Le ombre dei sogni scolpiscono i ricordi sull'acquiescenza spirituale di un barbone e sull'immobile esteriorità dei muri. I miei ideali odorano di freddo e di dolore come la monastica putredine di una cella di reclusione. Ventaglio chiuso Passo distratto sotto alberi alti e ascolto il vago sussurro della foresta. Aspre radure nella casualità di un sentiero, chiarore evanescente e intrico di rami. Una strana sensazione di dubbio s'affaccia sulle mie supposizioni muovendosi tra le onde lunghe di verità romanzate. Sguardo sfuggente come di chi non vuole vedere, sdegno diffuso in ogni lineamento. sorriso pallido come labbra di disperazione. Tedio del crepuscolo e del turbamento come in un ventaglio chiuso sull'esistenza vissuta. Giorni lunghi Occhi pesanti e cervello annullato. Con un'assurda matita scrivo inutili lettere. Chiudo le imposte delle mie finestre e per un momento godo della libertà. Sdraiato sulla sedia dimentico la vita che mi opprime. Mi duole solo del male ricevuto. Giorni lunghi come filosofie interpretano la mia esistenza. Silenzioso tremore Saggezza antica come bozzolo scarnificato ai margini di una mulattiera. Ribellione e trasgressione come germogli d'umanità. Ascolto il suono del vento, tocco il battito della terra, ricevo consolazione dalla pioggia e mi scaldo dinanzi al focolare. Rumori in notturne cavità, ululati vaghi, accompagnati dal cigolante oscillare di insegne stradali. Voce ruggente da spazi indefiniti, silenzioso tremore e sorda paura. Nell'oscurità la brezza mi sfiora le gote e il rumore dei polmoni mi entra nel cuore. Con prudenza assaporo la possibilità di dormire. Armonie dell'anima Mormorii di ruscelli nella notte, profumi di pane e di frutta. Attraverso il disegno improvviso del subconscio la fantasia evoca visioni sentimentali. Come chi non vuole più fare gesti abbozzo un desiderio. Angoscia metafisica mascherata, grande disillusione, sorda poesia dell'introspezione. Suoni di parole che echeggiano nei sotterranei del pensiero. Notte silenziosa, sensazione profonda, strada senza uscita. E nella mia ombra intima si attaccano fogli e si conficcano aghi. Rimuovo le emozioni e mi riempio di pensieri contradditori in un movimento di tedio colorato. Una vasta visibilità del mondo percorre l'immaginazione desta e i miei occhi si offuscano di nostalgia e di supposizioni. Come un vento turpe la stanchezza anticipata dei paesaggi possibili affligge il fiore del mio cuore stagnante. Lungo la spina dorsale del ricordo risuonano le armonie dell'anima. Suoni dell'inquietudine Pazzia gracidante dell'universo morto, cadavere ruotante dello spazio fisico, bandiera anonima che fluttua nel vento. Non so mentire, non so pensare, non so volere. Sono la periferia di una città inesistente, il commento prolisso a un libro non scritto. Sottile movimento dell'emozione, intimo linguaggio della coscienza, assurdi suoni dell'inquietudine. Da una botola precipito nello spazio infinito in una caduta senza direzione. Il mio pensiero non contiene raziocini, la mia esistenza non ha emozioni. La mia anima è un antro nero, un pozzo senza pareti, una vasta voragine intorno al nulla. Filosofia e religione Larve del declivio e della dispersione, ombre che riempiono la valle, vestigia del destino. Spettri sinistri, serpenti di antri assurdi e di emozioni perdute. Incoerenze di sogni aleggiano come pipistrelli sulle passività dell'anima e come vampiri succhiano il sangue della sottomissione. Come un abisso scuro e vischioso la mia esistenza si perde nei miraggi, nella vergogna delle cose reali e nella miseria di una vita dignitosa. Creo una filosofia e la uso come un abito, sogno una religione e la indosso come una maschera. La malizia dei giorni e i capricci degli eventi precipitano nel cuore, avvelenandolo. Al suono della grande orchestra passo nel vortice delle danze e nelle conversazioni del riposo sotto gli sguardi sdegnosi ed estranei degli organizzatori dello spettacolo. Frammenti di sogni Picchiettio di pioggia per tutta la notte. Nel dormiveglia sento la sua insistente monotonia sui vetri. Il rumore casuale di un'auto arriva dal fondo della strada, rimbomba sul selciato e si spegne nel vago sonno che non riesco a prendere. Calpestio liquido di passi, poi silenzio, altri passi che si smorzano e la pioggia continua, abbondante. Sulle pareti della stanza, visibili nell'oscurità, fluttuano frammenti di sogni, luci vaghe, righe nere, cose da niente che si arrampicano e scendono. Vaghi oggetti nell'ombra della mia insonnia ammiccano a fragili sofferenze e a desolanti rimorsi. Nell'assurdità della tenebra la solitudine dell'anima si espande nella putredine. Impossibile e inutile Il sole indora la mia fronte rugosa annullando propositi e conseguenze. Inconsistente monotonia di vita in feste serali sconosciute. Sensazioni di tedio emergono con disagio umiliante. La brezza porta aria fresca e l'allegria si manifesta con gesti di rabbia che non provo. Ghermisco fiori spettrali e intreccio mazzetti di ghirlande in angoli bui della mia esistenza. Vizi e virtù, castighi e peccati, ricerco l'impossibile attraverso l'inutile. Grido di redenzione Si spegne in un bianco livido la luce del sole azzurrandosi di fredde sfumature verdognole. Nell'aria torpori maliziosi. Come un lago racchiuso tra aspre rocce il mio cuore contempla le fragili increspature dell'anima. Cresce l'ansia dell'immaginazione in un immobile biancore elettrico, ritagliato nel remoto e in fittizie insensibilità. Nella fossa irraggiungibile brilla il diamante, pena dell'universo reale, stendardo di un esercito incognito. Un grido di redenzione mi sale sulle labbra della coscienza. Tenue nostalgia Tramonto azzurro verdastro tendente al grigio bianco, nebbia rosa spenta nascosta dai monti. Giro le spalle alla finestra grigia, ai gelidi vetri e al sortilegio della penombra. Una grande pace si disperde fredda nell'astratta aria autunnale. Osservo e dimentico. M'invade, come un oppio, una tenue nostalgia. Frantumi di luci Aria scura e pioggia violenta. Cuore oppresso e ricordi trasformati in angosce. Gelido sussulto e cuneo di luce metallica sul duro silenzio e sul riposo dei corpi umani. Sordo nerume e sussurro prolungato nel rimbombo del temporale che si placa in larghe distanze. Frantumi di luci come respiri sospesi feriscono l'anima. Interludio Infedele alle promesse interiori mi riempio le mani di sabbia e vivo in perpetuo straniamento. Costruisco con oro e seta antichi scenari intrecciando giochi di luci e musiche invisibili. Oltre l'uscio di casa i rumori della strada parlano a voce alta con toni solitari. Fra il nerume opaco che vibra dappertutto s'increspano di luce intensa e pallida stretti vicoletti. Sul terrazzo di un palazzo impossibile consumo l'anima nei graffi profondi di argentati interludi e in febbricitanti realtà lunari. Caverne dell'anima Tempo eterno e spazio infinito. Nitida coscienza di solitaria esistenza. Nel vasto silenzio peregrinano piccoli rumori, non alterando la percezione di sensazioni spirituali. Ansia morale di lottare, sforzo intellettuale di comprendere, irrequieta aspirazione artistica m'inducono a riflettere su cose inutili, vuote e lontane. Uno strano insetto cerca invano il caldo ricordo di una luce nelle oscure caverne dell'anima. Città La mia anima passeggia coscientemente per le strade notturne della città. Viuzze e stradicciole labirinti di sensazioni, dolorosa nozione d'irrealtà e finta esistenza. Lunghe file di lampioni, finestre illuminate e buie, portoni chiusi e aperti, sagome imprecise. S'imbattono nel mio udito frammenti verbali d'invidia, lussuria e trivialità. Mormorii sussurrati ondeggiano verso la mia coscienza. Senza di me Cerco e non trovo. Voglio e non posso. Il sole nasce e tramonta senza di me. La pioggia scende e il vento geme senza di me. Non dipendono da me le stagioni, il corso dei mesi, il trascorrere delle ore. Ellissi assurde Crepuscolo di spigoli, finzione dell'interludio, dilazione dell'alba. Stagnazione di particolari, casualità di ombre e confusione evanescente. Il tramonto si diffonde fra nuvole isolate e riflessi di ogni colore riempiono la varietà dell'aria fluttuando assenti nelle grandi pene dell'attitudine. Brandelli di niente toccati da luci lontane, frammenti di falsa vita che il destino indora con il suo triste sorriso di assoluta verità. Fra ellissi assurde e distanti la vita affranta si disperde in finti avvallamenti di strade e nelle inquietudini dormienti. Sibili d'angoscia Fontane di ville deserte ristagnano nel sole come ricordi di storie infantili. Carezze di cieli futuri si dissolvono nel silenzio di una chiesa come brezze imprecise. Grandi imperi, religioni e filosofie scompaiono nella tenerezza indifferente dell'autunno come fiammiferi usati che ricoprono il pavimento, come fogli accartocciati a forma di finta palla. Incerte lampade votive oscillano nello scempio lezioso di privilegi ignoti. Nell'oscurità del mondo sento la mia anima vaneggiare in profondi e discontinui ululati come sibili d'angoscia nuda. Inutile tristezza sull'asperità di giunchi lacustri e di penombre crepuscolari. Fremiti di vita Tonalità di colori lievi in un cielo vasto. Ritocchi di fredda brezza annunciano l'autunno nella casualità della sera. Caduta di foglie ingiallite e vaga angoscia accompagnano le mie sensazioni. Tristezza umida di giorni passati. Nell'atrio dell'invisibile tutto è ombra e polvere agitata, anche il rumore annoiato di poche foglie sollevate dal vento. Luci senza sorriso orlano di giallo spento la rotondità confusa di scarse nuvole. Immondizia residuale di stelle e di anime. Il cuore mi duole come un corpo estraneo. Coscienza chiara di anonima insufficienza. Fatica anticipata di ogni gesto, disillusione preannunciata di ogni sogno. Nell'orbita insensata del nulla produco fremiti di vita su lastricati puliti che un sole obliquo indora di smorzate fobie. Radure d'angoscia Svanisce la nebbia e ogni fessura visibile ferisce la carne dell'anima. In sintonia con la mia sonnolenza la brezza incerta della sera porta suoni sbiaditi. Il tedio che patisco si adatta come un abito che non graffia la ferita e l'ubriacatura del non essere riscalda la superficie stagnante dei sensi come una sorta di torpore assolato. Nella fluida futilità dell'esistenza sentieri del sogno incantato mi conducono in radure d'angoscia. Sera C'è un'atmosfera minacciosa di cielo vigliacco come di un temporale non udibile, fatto solo d'aria. C'è stagnazione persino nel volo dei gabbiani. Rare nuvole alte poggiano sul nulla, cirri grigi si sfaldano su un bianco ingannevole. La sera scende nella mia inquietudine e la brezza rinfresca ad intervalli. Paesaggio e disperazione sono speranze dimesse, foschie senza nebbia, imbastiture rotte da falsa tempesta. La bassa marea lascia scoperto il nerume melmoso e vedo soltanto attraverso l'odore. C'è del salmastro nel mio proposito. Rammarico inutile Tra le nuvole immobili l'azzurro del cielo è sporco di bianco trasparente. Nel silenzio freddo i rumori della strada si tagliano con il coltello. Dentro di me una sorta di malessere di tutte le cose, una sospensione cosmica della respirazione. L'universo intero si ferma in una tenebra annerita di silenzio. Sensazioni occupano come foschia l'estensione del mio spirito: non penso, non agisco, non sono lucido. Brividi interiori e nebbia d'intuizioni. Innocente esistenza priva d'analisi e di pensieri. La mia vita è un pendio in discesa, una pianura che giace di fronte all'elevazione e alla vetta che non oso raggiungere. Attonito trovo riparo nella vergogna intellettuale, nelle illusioni perdute e nel rammarico inutile. Impenetrabili sorrisi M'incammino lentamente per le strade della città. Brandelli di frasi cadono come elemosine dell'ironia nella scuola invisibile della mia meditazione. Rovine d'edifici, piedistalli grezzi e insudiciati, superba e unica s'innalza la statua del tedio. Sembianze d'impenetrabili sorrisi oscurano i volti glorificandoli vagamente di segreto. L'infelicità si blocca sulle mie labbra in un pozzo di gesti abbozzati. E le tenebre si rischiarano nei fuochi fatui della putredine. Vanità La sera scende monotona e senza pioggia, con tonalità di luce avvilente e incerta. Il colore dei fiori, l'ombra degli alberi, l'allineamento di viottoli e aiuole, tutto sfuma e si ritrae. Intrigo e maldicenza, orrenda consapevolezza della propria insignificanza. Vivo tra resti masticati di sensazioni nell'involontarietà dei sogni e in croste umide di desideri. Vivo tra briciole di allegria nell'imbrunire della coscienza e nella vanità di spettacoli intervallati. Notturno Come un velo di vapore caldissimo, l'afa si riversa dai tetti e si stende per i vicoli, per le strade affossate, che si coprono di un pulviscolo pesante, oscuro, lunatico. Sulle tettoie azzurrigne luccicano i comignoli; abbaini e pinci, verdognoli come un'acqua distesa, riflettono la luce diafana delle stelle. I due campanili del borgo appaiono grigi e incorporei, nel cielo d'antracene, fosco ancora di calura. Anche l'antica torre angioina, in tutto il suo incanto, emana una luce grigia e sinistra, intrisa di tempo. Grida di bambini che giocano a rincorrersi rimbalzano tra le mura vetuste, sugli acciottolati deserti, blandamente illuminati. La luna falcata sorge sul filo nero delle cime dei monti e, piena di emottisi, resta a lungo sull'orizzonte, in un vapore sanguigno che non vuole diradarsi. Nei campi e lungo le mulattiere, fino a notte fonda, qualche cane randagio abbaia alla luna, alternando i suoi cupi latrati al lampeggio vivace delle lucciole. Nella quiete oscura intensi profumi salgono dai prati in fiore, fronde di alberi ondeggiano sotto la brezza, uccelli notturni cantano, un tepore amico accompagna il loro riposo. Dalle brughiere filtra, a tratti, un odore di rose e di ginestre. E sull'orlo dei monti lontani naviga un'aria stigia e bassa. Mattino Rami ditarosati di un pescheto rivolti al cielo, punte intinte nel rosso dei primi raggi mattutini emergono dalla luce sublime e ubriacante dell'alba. Nel lago di Occhito un airone cinerino in fuga, spaventato dall'incombente ombra di una nuvola scura, batte l'acqua con le ali e buca in volo radente le brume di accesi vapori che si levano dalla sua superficie, lasciando una scia di onde concentriche. Sulle alture del Gargano il sole investe la brughiera con una vampata di fotoni. Tra le vigne vapori incendiati, spezzati da veloci lame d'ombra generate dai pali d'acacia, irrompono come un'esplosione gassosa, come una deflagrazione silente, come un affascinante disastro luminoso. Pioggia di giugno Cade la pioggia turgescente alle prime luci dell'alba. Dietro il palazzo dell'Educandato spuntano nuvole minacciose dalle quali scende una pioggerella fine, sottile, che inumidisce l'aria tiepida, teneramente. Negli angoli delle strade si sente un gorgoglìo come di acqua che cola, con tumidezza, in una quartara stretta. L'aria è zuppa di acquerugiola violetta come una prugna. Sembra che anche l'erba abbia odori e colori di acquazzone, di un verde carico, che lo scirocco pettina a ondate, scovando l'ombra. I confini blu, ritagliati in cielo dai monti lontani della Maiella, soffocano nella caligine grigia. Le narici dei cafoni annusano ricordi di infanzie trascorse; e gli occhi arrossati baluginano in solchi lievi che una vela indolente traccia nel lago di Occhito. E la pioggia di giugno continua a scendere piano, minuta; gira lenta dietro gli angoli delle case, lacrima sul campanile, spande il suo sudore greve sulla chiesa del monastero, alletta la campagna con gocce insistenti. Illusione Non posso far nulla per trattenere l'idillio e prolungare la festa. Il tempo li porta via e li annulla inesorabilmente. La natura elusiva e stregata del tempo sembra far esistere le cose, ma in realtà non fa che creare l'illusione di esse, disgregandole senza rimedio. Tutto ciò accade, corre continuamente dal futuro al passato, ruzzola nel non-essere, dando la sensazione ipocondriaca di esistere soltanto perché v'è una durata delle cose dentro di loro, un ricordo più o meno vicino di esse, simile alla persistenza delle immagini sulla retina dell'occhio. Uomini taciturni Al mattino, asini e muli, in processione interminabile, bisacce a traverso, bidente infisso nelle costole del basto, vanno verso la campagna, seguiti dalle donne che sferruzzano, dagli uomini che fumano taciturni; percorrono, a passi rapidi, un sentiero che scende a zig zag fino al vallone di Santa Maria, fino a un bosco sconfinato di ulivi. Quello è il passaggio obbligato che ogni giorno i contadini coprono per raggiungere i loro campi oltre il vallone, verso la Difesa. La sera, al tramonto, il rivolo di uomini e di animali, con i loro carichi di olive, torna indietro come un dannato in fuga dal gorgo infernale. Al vespro le cucine a piano terra si illuminano delle fiamme che ardono sotto i paioli; gli uomini sugli usci, in attesa della cena, con la sera che scurisce nel freddo del cielo, scambiano rade parole con i vicini di casa, intorno al lavoro del giorno: arare, seminare, mietere, trebbiare. Atti eterni di un immobile ciclo adunco. Crepuscolo estivo Il tempo è ferrigno e uggioso e soffia il vento che alza la polvere. Nella luce diffusa e fredda dei cirri le case appaiono più rilevate e forse meno tristi della loro selvaggia e grezza uniformità. Volano rondini nel cielo, al crepuscolo, e nella piazza arrivano per la conversazione serale, come d'abitudine, i signori, i professionisti e le autorità istituzionali del borgo. Passeggiano lì ogni sera; al primo brunire si fermano a sedere sul muretto o ai tavoli del Bar Centrale e, volgendo la schiena all'ultimo sole, aspettano il fresco, accendendo le loro griffate sigarette allogene. Dall'altra parte, addossati alle case, stanno i contadini, tornati dai campi, e non si sentono le loro voci. Al centro della piazza, in posizione equidistante, una dozzina di indolenti scarcatagliole, propaganda, con enfasi, l'ultimo credo politico, mentre nei vicoli adiacenti, gli artigiani ripongono gli usuali attrezzi, prima di chiudere, con la consueta flemma, le loro polverose botteghe. Vene d'aria fresca, nello scirocco caldo, punzecchiano le schiene dei villani con brividi improvvisi. Sullo sfondo la mole imponente e grigiastra della torre angioina solca la profondità del cielo. Il campanile, come una spada, trafigge il firmamento, come un pugnale, infisso nel tramonto, sanguina nembi accesi, come il mastio di una nave di pietra naviga nel tempo. Su tutti loro e sui tetti delle case scende dalla cima del colle Crocella l'ultima luce vespertina, prima che l'ombra della sera soffochi, nel suo gorgo, ardori residui e tremuli desideri. Ritratto Sulle guance flaccide e incavate una barba a bioccoli grigiastri e un paio di baffi radi con gli orli rossicci. Gli occhi severi incutono scrupoli e non sanno divertire. E' un uomo all'antica, gonfio in petto e pieno di vento. Di esso si pasce nelle sue giornate vuote e assurde, restando, alla fine, con le mani intrise di brezze bavose e di groppi densi di fumo misantropico. Dall'alto della sua posizione boriosa non dà confidenza ai derelitti. Vive di chiacchiere e, come tutti gli uomini finti, gli vengono in testa idee, come zanzare. Contadini Corazzati di silenzio e pazienza, i contadini sono taciturni, verecondi, impenetrabili. A prima vista sembrano tutti uguali, piccoli, bruciati dal sole, con gli occhi neri che non brillano e non sembra che guardino, come finestre vuote di una stanza buia. Una fraternità passiva, un patire insieme, un'indulgenza secolare, un'eterna rassegnazione, curvano brutalmente le loro schiene dritte. Lo Stato, per loro, è più lontano del cielo e più maligno; è il gorgo ineluttabile, la brina feculenta e lubrica delle notti senza luna e sta sempre dall'altra parte. Per i contadini la Patria e la Legge hanno solo diritti e vogliono il sangue dei figli della miseria. Piacevole tormento Aerea, leggera, quasi trasparente, è una miniera di esperienze, di gesti possibili, di cortesie e situazioni imprevedibili, è generatrice di contatti umani, d'incontri. E' avventura, pellegrinaggio, parola che acquista peso e senso nell'andare. E' il mio piacevole tormento. Con lei tocco terra senza mai mettere giù un piede. Incanto e magia Taglia l'aria, infonde buonumore, lava lo stress, e fa partire i pensieri, come una legge fisica, facendoli sgocciolare uno a uno. Ha una proprietà inutile ma sublime: genera complicate ombre di ogni lunghezza, sculture effimere di luce, ombre che ipnotizzano, divenendo entità amiche. La bicicletta è incanto al mattino e magìa nella sera. Foschia autunnale Vagolo nella foschia autunnale che trasforma i pioppeti in plotoni di fantasmi. L'aria di piombo, ossidata da una leggera bruma, attutisce profili e rumori. L'umidità ammorbidisce la fragilità scoppiettante dei colori e la bicicletta incede tra il fogliame con un rumore quasi acquatico, librandosi sullo sfacelo autunnale. La caligine attenua le sagome degli alberi e spegne i colori, sospendendo il paesaggio in uno strano e incantato punto di equilibrio. Vibrazioni Pedalo in leggera salita e avverto gli effetti che mutano, si esaltano, s'inteneriscono. Sembra una recita di colori. Il rumore dei pneumatici sulla strada ha un suono grasso, saporito, gradevole, come di mani che accarezzano il velluto. Dove l'asfalto è più umido sento vibrazioni acute, come di donna intenta a grattarsi la calza nera con le unghie lunghe. Nell'aria lilla spenta, nel cielo pallido dove soffia già l'autunno, il fruscio delle gomme s'accorda con le gambe che si scaldano, con il respiro che immette vento fresco nei polmoni, con lo sguardo che sbadiglia esplorando il paesaggio. La catena scende sull'ingranaggio più piccolo, con un colpo di pollice, e la velocità aumenta. L'asfalto corre più rapido sotto le ruote. L'odore dei campi Sale incessante nella bruma autunnale l'odore dei campi arati da poco. La terra scura fumiga e si riverbera nel sole germogliante del mattino. I cipressi del camposanto, in quella chiarità, s'inzuppano d'ombra greve come fossero spugne di buio. Pensieri innocenti mi portano in luoghi lontani, nell'inquietudine di molti uomini, nell'elegia evasiva riflessa nei volti dei contadini e nelle emozioni picaresche delle genti molisane. Sarmento Pedalo sotto un pallido sole autunnale, appena filtrato da una nebbiolina alta nel cielo. L'ombra lunghissima della bicicletta in corsa s'infila tra gli alberi, s'arrampica per un attimo sui muri stinti di un casolare, sussultando, come cuore spaventato, su ogni covone di fieno. Si spezza sulle zolle scomposte dall'aratro, s'avvolge per un secondo, come sarmento, al palo della vigna, precipitando nei vuoti spazi dei filari. Dilaga, infine, nei campi liberi e nei gorghi infuocati dell'anima. Rapsodia Luce cinestrina di lampada, rumore di voci sfrenatamente volgari nel silenzio disincantato. Vita glabra, nostalgie come piccole cicatrici, pruriti leggeri ed effimeri. La realtà e la vita come un miraggio: non si lasciano raggiungere, si posseggono solo nel ricordo, nella fantasia, nella parola, nel racconto. Ombre sfocate, assurde passioni. Come un rapsodo di antiche civiltà giro il mondo, zingaro ricco di storie e visioni. Forzieri della vita in un paese aspro e pieno di neve. Nuvola d'illusioni, sfinge dalle ali iridescenti su un clivio assolato. Sogni e apparenze si spostano più in là come un arcobaleno. Brezza Un vento leggero sale dal torrente e porta odori di cicuta e di menta. E' la brezza che parla nelle porte spalancate, nelle bocche dei pozzi e nelle bige quartare. Felicità La catturo nella luce del sole, nei verdi boccioli e nel profumo dei fiori. La colgo in uno sguardo d'amore. E scopro la terra nel profondo meandro della sua nudità, assaporando profumi, vivendo emozioni in boschi di betulle e in estese brughiere. Ogni sentimento emana musica e immagini. Ogni sensazione irradia un'eco. Eterno dolore Portano dentro l'eterno dolore del mondo, perciò sembrano tristi e piangono in silenzio. Con le braccia alzate nel vento gli ulivi emettono un urlo senza voce, un grido a gesti, uno strazio senza fine. Frutti drupacei Venti umidi del sud lambiscono i clivi del Molise e la campagna si accende di un baluginìo argentato. Foglie di ulivi sparsi espongono al sole la pagina inferiore, rivoltata dal libeccio, lucida e brillante come un metallo prezioso. Gemme, fiori ermafroditi, inflorescenze a grappoli. Frutti drupacei con bucce verdi, rossicce, violacee, nere. Dal polposo mesacarpo i frantoi ricavano l'olio: anima espressiva e variegata, intrisa di penetranti sfumature, serbevoli fragranze, tenere sapidità. Ulivi Ondate argentee di ulivi cavalcati dal vento, abbacinanti e cangianti al rilancio di qualche raffica calda che disidrata l'aria e le genti. Ulivi vecchi sparsi nella campagna come un gregge al pascolo, ulivi nuovi in filari ordinati. Piante bizzarre e rugose, segnate dalle intemperie, sorgono dal terreno, sospese su radici filiformi, mostrando le cavità scure come bocche silenziose. Un popolo sterminato di legni contorti, dissimuli uno dall'altro. Profumo di viole Ritorna il sole lungo e il paese si fruga l'anima. L'aria odora di letame e di viole. Il vapore rossastro delle gemme dei pioppi si gonfia in un tenue color salvia. Tra vigne, uliveti e campi dilaga il rosso carminio dei papaveri. Rane e grilli ravvivano l'ambiente con le loro colonne sonore. Al bar centrale ricompaiono i tavoli all'aperto. Gerani e begonie fioriscono alle finestre. Il borgo, lentamente, si riveste della sua decrepita giovinezza. Sere grigie Il cielo cade sul borgo. L'aria si spegne. Non c'è un filo di vento e cumuli di nubi toccano i tetti delle case, avvinghiando in un abbraccio, sordido e turgescente, usci, davanzali, ringhiere di balconi e piccole altane. Sere grigie si smorzano nella notte senza un fiato di vento. Torre angioina Nuvole sfiorano le case e le montagne si annullano nei cirri, bianchi come visi in clausura. Per le strade strati di fanghiglia. Macerati nell'umido della bruma finestre e balconi. Le solide pietre della torre angioina affidano la tristezza, la solitudine, l'inadeguatezza, all'acqua piovana che le blandisce nel cupo autunno. E dalle pietre affiorano storie antiche, ricordanze che imbrigliano il cuore e la fantasia. Sapori di sale In avvallamenti scoscesi il grano maturo rosseggia di papaveri. Un venticello birichino porta, da luoghi remoti, sapori di sale e lascia cadere, a tratti, della sabbia sui monti. Dalle alture dell'Abruzzo parte una mirabile tensione che allontana i sottofondi delle colline, dilata le piante in pennacchi fumosi e illumina la sommità di forche spiritate, nell'aria iridata. Calanchi Al di fuori di strepiti appenninici e di cinture di selve svaniscono i pensieri coerenti, fusi in fievoli ombre di colline. Aspri sentieri, venuzze di bronzo, selci celesti, si sciolgono in turgidi calanchi e affiorano, come da un caleidoscopio, in filettature verdazzurre, nella buccia rutilante di fichi e mandorle. Chiarore lunare Il cielo, sopra di me, stagna in una cupa immutevolezza. Al di là delle chiome di ulivi il chiarore lunare ruota su costoni renosi e su formazioni argillose, rotti da dossoni di zolle. Torrenti d'acqua chiara Strane ombre mi vengono incontro d'ogni parte. Vacuità di fenomeni senza senso. Nella notte inquieta stempero le idee affastagliate trascinando negli occhi boschi sconfinati e doviziosi torrenti d'acqua chiara. Caleidoscopio Il verde ciarliero delle colline si mescola con i prati fioriti in un caleidoscopio di colori iridescenti. Giovani spighe di avena si piegano blandamente sotto le carezze dello scirocco. Oltre il sentiero ombre profonde di ulivi lasciano il posto a ginestre, faggi, ontani. Grandi querce punteggiano, leggiadre, campi di frumento. Borgo antico Il sole aureola le nuvole di una luce diffusa e la chiarezza del giorno soverchia ulivi e perastri dirupati. Le colline affondano in una polvere azzurrigna che ne sfuma i profili. Il borgo sonnecchiante affiora dalla sua eterea stanchezza e s'immerge nella campitura del cielo giallastro, come un intonaco vecchio e sfinito dalle piogge, sovrastando campi di mais e grano, gelsi e pioppi, quasi soffocati nelle prime foschie. Sommossa popolare Arrivò la notte buia e l'estremo anelito si spense negli angoli tenebrosi del piazzale desolato, oltre il circolo di luce della luna piena, alta e gagliarda nel cielo. Il mare scatenato nella tempesta, nella fosca oscurità, non consentì più di pensare che la vita, la felicità, la speranza, la luce, potessero splendere nuovamente sulla sinistra devastazione di quella piazza. I mutamenti accaduti a seguito della sommossa popolare portarono in quel remoto paese sorprese e illusioni; ma, per finire, pure quell'anno arrivò il caldo estivo, mutarono ciclicamente le stagioni, piovve e nevicò, come tutti gli altri anni, e i poveri rimasero poveri. Nella solitudine della stanza assaporai l'aria ilare della libertà, respirai con voracità il profumo intenso del glicine, sperimentai la quieta malinconia della notte agiata; e l'agrezza nottivaga dell'impeto percettivo entrò nel nido iridescente del mio cuore, attraverso un'indefinibile breccia dell'anima. Ero io stesso la notte. Ombre al crepuscolo Un'alluvione di gente insofferente avanza come una torma di randagi, uno stormo di cavallette. Un popolo, taciturno e lapidario, vissuto sempre nella miseria, eternamente prevaricato e sopraffatto, lontanissimo dal Paradiso, emarginato anche dalle anticamere del Purgatorio. E' l'ora del crepuscolo, nel cielo volano i corvi e nella piazza il tumulto sfocia in guerriglia. La Capitanata è piena d'ombre e le ombre avvolgono i monti viola e neri che serrano l'orizzonte. Brillano, oltre le colline, le prime stelle; scintillano, di là dal Fortore, le luci di Serracapriola e più lontano, appena visibili, quelle di Lucera e San Severo. Il corso d'acqua, i monti e le colline hanno un'aria cupa e cattiva che fa stringere il cuore. Scarcatagliole (1) Gente fiacca e, d'ordinario, vile. Gente servizievole verso i potenti, a patto d'immunità nelle cattiverie contro i poveri. Gente senza scrupoli. Gente senza famiglia, senza onore, senza fede. Gente infida, poveri ma nemici dei poveri. Di stare tutti insieme hanno bisogno per darsi coraggio e fare gruppo, branco, come un gregge. Puzzano di vino già al mattino e se li guardi negli occhi non osano sostenere lo sguardo. Gente povera, pure loro, senza terra e senza mestieri, o con molti mestieri, e ribelli alle attività pesanti. Troppo deboli e meschini per ribellarsi ai ricchi e alle autorità: preferiscono servirli per avere il permesso di rubare e opprimere gli altri poveri, i cafoni, i villani, i fittavoli, i braccianti. Incontrandoli per strada, da soli, sono, abitualmente, umili e ossequiosi; a stuolo o in piccoli crocchi cattivi, malvagi, traditori e bastardi. Sono sempre al servizio di chi comanda e sempre lo saranno. (1) Scansafatiche. Nobiltà Quando siedono ai tavoli del bar centrale poggiano le mani sulle cosce, con l'inforcatura dei pantaloni allargata, il cui panno lucido brilla più del cuoio delle grosse scarpe. Hanno panciotti di velluto con larghi risvolti e orologi con sigilli ovali di corniola. I loro visi scialbi, un po' bruciati dal sole, riverberano il colore del rosolio dolce e le guance abbondanti vengono fuori dai favoriti che si adagiano su grandi colletti duri, sostenuti da cravatte bianche con le trine ben stirate. I volti farisaici del potere e il colorito della ricchezza risaltano nel pallore delle porcellane, nel lucido cangiante delle sete, nei fazzoletti con orli ricamati emananti un odore soave. Negli sguardi indifferenti e profanatori vaga la calma delle passioni quotidianamente soddisfatte. Dalle maniere gentili trapela una particolare brutalità, derivante dal dominio di cose non troppo difficili, nelle quali esercitano la forza e compiacciono la vanità, come nel maneggio dei cavalli di razza e nella compagnia di donne perdute. Virilità Sensualità rattenuta nella tumefazione di gesti arcani. Uomini imbrattati di virilità, rozza e umbratile. Pazienza e rassegnazione scritte sui loro volti, foschi e grifagni, e nella desolazione del paesaggio. Desiderio di evasione nell'aria, disilluso nel miraggio bolso, nell'eterna speranza. Cicale Catapecchie sbilenche, accumulate una sull'altra, una di fianco all'altra, perdono il loro umidore, si fanno aride e scottano come forni. Campagne infestate di biancospini e ginestre. Aria piena di odori. Cicale grattano l'etere e le foglie degli alberi. Dietro i muri calcinati delle masserie, sotto le piante di noci e fichi, s'intuisce il calpestio iroso di cinghiali affamati. In paese c'è gente sulle scale e sui ballaturi, chi a cicalare, chi a sferruzzare, chi a filare, chi a ricamare a cerchio. Il sole taglia le case, i muri affumicati, e i ragazzi vociano a schiere dietro nuvole di rondini. Dal davanzale Il vallone di Santa Maria si è inaridito da un po' di giorni e vedo biancheggiare il letto sassoso in un luccichio accecante. Un ballatoio scarnamente rialzato mi nasconde la brughiera che, arida e dorata, s' allunga attorno al paese. Osservo la cresta dei colli dauni, uguali, senza asperità, pieni di campi seminati a frumento, intervallati, a tratti, da forre cosparse di ulivi. Nell'immobile elegia di giorni quieti e inconsapevoli, con i gomiti poggiati sul davanzale, seguo, con lo sguardo assorto, il corso vuoto del torrente perdersi in una valletta piena di ciclamini e cardi polverosi. Indovino la mia immagine nel riflesso di un bicchiere, nella chioma degli alberi, nei fiori che spuntano lievi dalla terra verde, nel vento che trema e agita appena le fronde del glicine. Granello di polvere Ombra errante in foresta impossibile: gli alberi sono case, idee, religioni, filosofie. Granello di polvere che il vento solleva e fa ricadere, cautamente, sulla collina. L'ora è sempre incerta, il cielo sempre lontano, la vita sempre estranea, il gesto sempre assurdo. Silenzio Il silenzio è nelle cose e negli uomini. Il silenzio si riempie di un brulichio di pensieri. Il silenzio accompagna il pianto, difende una lenta agonia, e penetra, dimesso, nelle gioie. Il silenzio circoscrive la solitudine e la morte dell'anima, divenendone condizione e misura. Stille di silenzio, scabre e difformi, come umili emblemi, tenui e reietti. Aspro contegno Nelle sere brune di giugno il cielo cupo s'incurva sul monte Crocella in uno scintillio di stelle, basse come nuvole bianche. Nel silenzio delle tenebre odo il fruscio delle frasche d'ulivi, profondo e complesso come il brusio ansioso di una folla. La felicità si riverbera nello scorrere lento del tempo e nei voli liberi della fantasia. Il contegno aspro di gente povera sopravvive spavaldo, tra ombre sfuggenti, nel nitore sublime di un'evasiva elegia. Oltre le fronde di platani Oltre le fronde di platani, stormi d'uccelli affollano la luce cinerea. Folate di piume e garriti, chiazze nere che oscillano, si sfiorano senza ferirsi, si aprono, si disperdono, prima di tornare a serrarsi in un altro volo. Lento scorrere di attimi Lento scorrere di attimi, giorni carichi di tensioni e fatiche, di scalate alla sussistenza grama, alla sopraffazione e all'impotenza. Canto di cicale e un po' di polvere lasciata da un cavallo in fuga. Ai confini della sera Sul versante opposto del pendio il tramonto arde in decine di finestre, in un alto riverbero di fuoco freddo. Nella soavità del giorno morente, dai confini della sera, una brezza leggera si alza colorandosi di scorci fiammanti. Incoerenze del visibile Una lievissima nuvola indugia vaga sopra la luna come un nascondiglio. Nel chiarore lunare della notte lenta il vento agita cose che creano ombre in movimento. Il mistero del mondo s'illumina algidamente di luce malevola, falsi intervalli, dislivelli assurdi, incoerenze del visibile. Profumi di campagna Contemplo le stelle per leggerne i segreti. Aria fresca della notte, silenzi e profumi di campagna. Paura di fruscii, rumori del bosco mi tengono alle corde. Nel buio ogni albero sembra animarsi e la collina si popola di figure enormi e orrende, nere stagliantisi, nel blu profondo del cielo. Ambizioni Le ambizioni, come certi detriti, si posano sul fondo della coscienza. Una stretta di mano, un abbraccio, un'intensa emozione. Lunghi anni trascorsi senza vedersi divengono una pausa insignificante, un attimo sfuggito al controllo dei sensi. Conto finale Non arriva mai da sola la morte. Segni, tempi, storie, l'annunciano. Stanchezza, disperazione, rinuncia, esaurimento, tenacia, si scontrano e poi un giorno la storia chiede il conto finale. Tormento e tribolazione. Porto il carico di mille pensieri. Trasporto l'anima e la solitudine dell'esistenza, nel silenzio interrotto dal fischio dei merli e da un lontano scampanare di mucche. Una nube mi raggiunge e mi frena con la sua presenza ingombrante. Viaggio lungo e impervio, tormento e tribolazione, quotidiano assillo. Briganti Fame, freddo, solitudine, rabbia, sopravvivenza, girovagare sui monti come famigerati briganti. Timori di servile monotonia, sapore di sconfitta. Speranze Odori di fieno tagliato e di erba greca. L'alba si preannuncia con la luce dorata di un giorno ventoso. Eccitato fiuto gli odori. Sento il fresco delle sorgenti sul volto e il fiato di un cavallo sulle mani. Dimentico tutto e la vita si allunga, prendendo viottoli conosciuti, bevendo in fresche fonti, cavalcando puledri arzilli, cogliendo ciliegie, fichi e uva. E i ricordi si trasformano in speranze. Silenzi Silenzi esasperanti e lenti, parole come ringhi. Silenzi amari, permeati dalla mestizia dei pensieri. Scende la sera e la violenza delle emozioni si trasfigura in esausta serenità. Amore Come un grimaldello squarcia porte saldate da ruggini di tempo, scardina finestre incollate da paure e moralismi, spiana montagne di timori e titubanze. Corre senza freni su prati verdi e danza nei roseti. Apre strade e sentieri l'Amore. Rende possibile l'assurdo, facile l'arduo, semplice il complicato, glabro il ruvido. E smussa l'acuminato: l'Amore. Parole Un mormorio cicaleggia nelle orecchie, voci che vibrano come corde metalliche. E le parole si snodano sciolte, veloci, intercalate da brevi risate. Parole sferzanti che sfidano il silenzio, la prudenza, il buon senso. Lupo mannaro Ruderi intristiti, coperti d'erba maligna e di lucertole guizzanti. Case a un solo piano, senza intonaco, di pietra grezza e dura e tagliente come la gente che le abita. In certe sere di luna crescente il lupo mannaro, col suo tormento, si ferma fino all'alba e calma la sua arsura nell'acqua freschissima dell'abbeveratoio. Odori di libertà Odori d'allegria, di libertà, di macchia mediterranea. Odori di mirto e agavi, di rosmarini, aloe ed eucalipti, cedri e ginestre spinose, mentuccia e finocchio selvatico. Odori di mille giorni sotto il sole e sapori di foglie macerate. Odori di mille notti sotto il silenzio della luna. Odori di cardi e ciclamini, ginepri e gelsomini. Pruriti d'avventura e voglia di perdersi in arabeschi amorosi. Nuvola di fumo Rumoreggiare di storie tra anime perse e cupe gole. Gusto terrigno di lava e polvere. Consistenza effimera del sogno. Nuvola di fumo si dissolve nell'aria come nebbia. Fantasie primitive Terra affascinante, di bellezza aspra come le sue uve, e amara come le sue mandorle acerbe. Terra ricca di leggende, di storie, di fantasie primitive. Testardaggine Odore di boschi resinosi, di faggi ed eucalipti. Odore di piogge autunnali dal suolo che fuma come un vecchio con la pipa. Guardo le piante oscillare sotto la spinta del vento. Ascolto il canto degli uccelli e lo scroscio del torrente. Nel grigiore della campagna scopro le curve sinuose dei frassini, le venature armoniche degli abeti, le striature e le gobbe nodose dei carpini, come la mia testardaggine. Vita trascorsa Erosione del tempo, malattie, fiacchezza senile. E' scritta negli occhi di un vecchio la vita trascorsa, con tutto il suo peso di dolore. Rassegnazione e attesa dell'ultimo passo. Eternità Cammino con le mani nelle tasche e sento il sole sulla pelle. Respiro tempo libero e aria di vita sui crinali della contraddizione. L'ombra dei tigli pare risucchiata dalla terra, coperta di ristoppie, in parte nere e bruciate, con gli ulivi dardeggiati dalla calura. D'un tratto una barriera di rovi nelle pieghe sotterranee dell'esistenza. Voci non chiare come strozzate da imbuti nei sonnolenti meandri della storia. Dal clivio arriva un'aura soave, un soffio caldo che viene da occidente. E' il vento del destino che muove le cose. E' un fluire di brezze lontane che fa danzare gli uomini e li porta via. Li porta altrove sui sentieri dell'eternità. Emozioni Cielo basso, nero come fondo di culo e le stelle che dilagano in fumosi precipizi. Scorci di tetti consunti che ogni notte raccontano antiche storie d'amore e di gloria. Un tappeto d'emozioni, soffice come i ricordi del tempo incantato. Terra mia Terra di borghi antichi, con vecchi selciati e torri merlate. Terra di boschi secolari, di silenzi incantati, di suoni naturali. Terra di monti solenni, di garruli torrenti e prati percorsi da gioiosi cavalli. Terra di cinguettii e di campane, di panchine di pietra e variopinti roseti. Terra di pane fresco con la crosta che crocca e la mollica che s'intenerisce in rilevate mollezze. Terra di dolci colline e di ulivi ancestrali le cui foglie tremano appena in tenui sbuffi di brezza. Terra di antiche civiltà, di arcaiche vestigia, di profonda spiritualità. Esistenza Provò a sfiorare la levigatezza di un foglio di carta, provò a distinguere le nervature di una foglia d'albero, provò ad abbracciare il calore della cenere del camino, provò ad accarezzare la morbidezza della pelle del viso, provò a gustare la sofficità di una mollica di pane, provò a calpestare la ruvidezza di una pietra di strada, provò a saggiare la fluidità dell'acqua di ruscello. Provò a leggere il buio, una notte. Alzò le mani e andò tastando lo spessore scuro intorno al letto. E la notte, impigliata tra le sue dita, si addormentò silenziosamente fino all'alba. Notte di San Lorenzo Animali luminosi e misteriosi pascolano nel grande campo scuro della notte. Cuccioli, vogliosi di tornare sulla terra, si staccano, talvolta, dal cielo nelle notti infuocate d'agosto. Luci si arrampicano per le finestre, su altane e ringhiere, e i treni piangono lontano, prima di entrare nelle campagne. Desideri si accendono e si spengono come stelle cadenti. Urli di maestrale Le tenebre, d'un rosso polveroso, scendono prestissimo; le serate accanto al fuoco che stride e sfrigge, soffia e fuma, sono lunghe e tristi. Si apre il mio orecchio agli urli struggenti del maestrale e al richiamo lontano dei lupi. Suoni e pensieri Frinio di grilli starnazzare di fagiani, gracidio di rane. Nell'aria profumo muschioso di tigli e sottili volute di fumo azzurrastro dall'aroma pungente. La calura svuota i sentieri di suoni e di pensieri, snodando la brullità del terreno in ritorti passaggi. Un alone di luce diafana come un velo di nebbia argentata mi avvolge nel fruscio lieve della brezza nascente. Una siepe di prugnole chiude l'orizzonte, e all'orizzonte s'intravedono nuvole e cose lontane. Chimere di sera Calmo il respiro come il lago dietro la collina, nel rimpianto cristallizzato, cupo e silente. Sogni esaltanti sfumano in morigerate passionalità, nel vicolo cieco bagnato di brina. Sbasire di chimere nella sera: le cerco nel riverbero poroso di acque lacustri, azzurre e d'alabastro. Amicizia Scrigno di emozioni, complicità e ricchezza. Scrigno di affetti, gioie e rinunce, fedeltà e attenzioni, ascolto e silenzio, disponibilità e condivisione. E' un sentimento nobile e gratuito e non conosce il linguaggio del prezzo. E' un rapporto che lega due persone come il manico alla scure, come il neonato alla mamma, come l'albero ai rami, come il lampo al tuono, come la rondine al nido. E' un cesto di bontà e accomuna gli uomini, irrefrenabilmente, come la neve all'inverno, come l'afa all'estate, come la malinconia alla solitudine, come l'inquietudine alla pazzia, come il dubbio alla verità, come la verità all'amore, come l'infinito al colle, come l'eclissi alla luna, come il crepuscolo alla sera, come l'aurora al mattino. E' un intreccio indissolubile che stringe le pareti del cuore, mette profonde radici nell'anima, e vincola il ricordo alla bellezza, il mito alla chimera, la tristezza all'abbandono, la libertà al vento di tramontana, l'orgoglio al pregiudizio, il diritto al dovere, il vizio all'assurdo, il mestiere di vivere al lavoro che stanca, il sintomo al dolore, il suggello al patto, l'autunno alla caduta delle foglie, la primavera al risveglio della natura, la fame al pane, la sete all'acqua, la tenerezza all'amore, la speranza al rosso di sera, la felicità all'arcobaleno. E' un grillo parlante che urla nella quiete delle coscienze, tempestando il castello dei sogni, di favole e racconti, di fantasie e libertà, di pianti e singhiozzi. Escursione in collina E' una giornata piena di sole, fresca, pungente, odorosa di viole, di fiori di tiglio e di nuove foglie di eucalipto. Parliamo poco, io e il mio amico, e stiamo chini a guardare la terra brulla. In lui la curiosità s'impasta con la fierezza e spesso non è l'una o l'altra a prevalere, ma piuttosto entrambe, in una bizzarra mescolanza. La mulattiera s'insinua tra colli e boschi, nel silenzio rotto solo dal vento e dagli uccelli, e s'affaccia sull'ocra degli appezzamenti ondulati e sulle rare chiazze di pini e perastri. Camminiamo per la campagna che lunghe piogge di aprile hanno nutrito; steli d'erba hanno succhiato fino all'ultima stilla di umore per verdeggiare i prati meravigliosi. Attorno a noi c'è una barriera di rovi e di là si vedono gli ulivi del piano le cui foglie tremano appena per un po' di brezza che si è levata. E' un soffio caldo che viene da occidente. E' un fluire di venti lontani. Ci sdraiamo un po' sull'erba del prato, lasciando scorrere nelle orecchie il rumore del vento e dell'acqua che sfrigola sulle pietre del ruscello e fissiamo il cielo azzurro tra i rami, mentre luce e ombra giocano magie da fiaba nordica nei boschi di faggi e di ontani. Chiuso da ulivi secolari, sempre più fitti, adesso il sentiero si snoda e sale in ritorti passaggi, vere gole in cui procediamo piegati. Più avanti il viottolo s'allarga e s'imbianca in schisti anfrattuosi che nascondono un dirupo. Agavi alla nostra destra, alte, con le foglie dure e puntute. Poi la salita si fa più ripida e bisogna aggrapparsi alle sporgenze; soltanto sul versante di sinistra la terra si addolcisce, giù giù, in un largo costone da cui arriva un rodìo inesorabile di grilli. Infine il viottolo diviene meno erto e meno pietroso, liberandosi anche delle fronzute siepi di rosmarini, in un montare d'aria più fina che arriva da fondovalle. Camminiamo da ore con passo da tranquillo vagabondaggio, per salite e discese di poggi. Caliamo nelle vallette, rimontiamo nelle serre del monte Crocella, attraversando macchie di rovi e lentisco. I raggi del sole, rotti dalle rocce, illuminano un breve tratto del cielo di luce folgorante, lasciando il paese e il suo agro nell'ombra. Nel primo pomeriggio risaliamo un pezzo del crinale che affaccia sul lago e sulla fontana di Mattice, quando il sole già basso sulla pianura la riempie tutta di pulviscolo e le gaggie cominciano a tremolare alla brezza. Procediamo taciturni, con il vento nelle maniche e il sole nei capelli, fermandoci ogni tanto a dare un'occhiata alla pianura. A tratti, ci sembra di scorgere, nella voragine della caligine pomeridiana, le casupole del paese sottostante, mentre un refolo, tra i cespugli, emette piccoli sbuffi che accarezzano i nostri visi. Sera d'autunno La sera scende veloce e i tetti delle case, digradanti sul pendio accidentato, si fanno cupi, con i coppi sospesi entro la nuvolaglia irrequieta. Villani tornano dalla campagna per viottoli tortuosi pieni di sassi e di sole morente. Si leva, a tratti, una tramontana fine e batte i vicoli del borgo che si oscurano mentre lontano, verso i colli turgescenti della Daunia, nascono cumuli biancastri di nubi che salgono e mandano un bagliore sanguigno sulle distese, infinite, del Tavoliere e della Capitanata. I ragazzi si arrampicano per le scalinatelle erte del colle dove le donne chiamano le galline che, a gruppi, corrono verso le stalle, chioccolando. L'orologio del Purgatorio lancia e dissolve le ore nell'aria brumosa, scandendo il brillio del crepuscolo nel riverbero dei monti violacei che chiudono il cielo. Il campanile della chiesa del monastero si staglia enorme nella rossedine nebbiosa e manda un'ombra gigantesca che oscilla, al muoversi di pochi e sperduti lampioni, sulle case, nella china scoscesa e lungo la scalinata che mena in piazza. La notte, con rapide incombenze, soffoca il teatro di luci e un'oscurità monsonica e tiepida avvolge tutto, inghiottendo nel suo vortice l'ultimo arcobaleno e l'orizzonte infuocato di mango e di arancio. E vado a dormire con voglia di freddo, di vero e duro freddo dell'inverno imminente. In chiesa Chiesa del monastero, domenica mattina, messa cantata. Il prete inizia lentamente a litaniare con una vocetta acuta di testa cui risponde il mareggiare folto del coro riveniente dalla folla sprofondata nell'ombra di piccole navate. Una lunga lama di sole filtra dal rosone e attraversa la parte centrale della chiesa, rendendo ancor più cupi i passaggi laterali e gli angoli. In fondo al transetto l'altare sorge dalle tenebre, illuminato da una lampada di rame piena d'olio d'oliva su cui naviga un lumino che naufraga e, di tanto in tanto, riaffiora, come per sortilegio, con appena un sospiro di luce. Satana passeggia per le vie del mondo, abita in tutte le case, si annida come un predace avvoltoio in tutti i cuori, predica don Carlo, nel cerimoniale liturgico. Il mondo si ricarica di peccati lussuriosi, di pensieri lubrichi, di immagini spudorate, di desideri sfrenati e inverecondi. Il demonio soffia nelle menti i suoi perversi disegni e le donne, le fanciulle, le spose, le vedove hanno le carni infuocate dalle fiamme fervide dell'inferno. Al termine del rito religioso la voce del sacerdote diviene tenue, accasciata, cavernosa e si spegne, tra nuvole d'incenso, in una specie di borbottio doloroso. I corpi dei fedeli, stretti l'uno all'altro, fermentano nel calore di fiati roventi. E le donne si sentono invase da un feculento turgore demoniaco. Le mani del prelato, al postutto, non indicano più il cielo tenebroso dell'abside, ma si stendono affrante sui fianchi. Lucciole Notti frastornate dal canto ossessivo di cicale. Aria densa di odori di rose, di tigli, eucalipti e frassini. Nelle viuzze infestate ancora dall'aroma amarognolo dei lampascioni soffritti nelle nere sartaine, sui tetti consunti dall'acqua piovana e dall'incuria umana, nei cespugli frastagliati di more e intorno ai rododendri rischiarati dalla luna, bivaccano, a stormi, le lucciole. Le notti estive sono placide, le stelle ammiccano indifferenti e le lucciole, con il loro sfavillìo, piroettano a migliaia negli angoli bui. Avanzano ondeggiando prima da una parte e poi dall'altra, si sparpagliano, girano, sembra che giochino. Vanno su a gruppi, qualcuna resta indietro, altre si affollano intorno agli arbusti di rosmarini. Danzano nell'aria un ballo antico come l'uomo, una piccola, incantevole magìa notturna che riporta ai sogni dell'infanzia e ai sbalordimenti strazianti dell'adolescenza. Forse per comprendere meglio le ansie degli uomini potremmo provare a volare come le lucciole o quantomeno a sollevarci da terra, come San Giuseppe da Copertino, levitando sopra le miserie, le inquietudini, le violenze, il mondo senza grazia, la storia orfana dei miracoli. Come le lucciole potremmo regalare più luce ai paesi e alle campagne, agli uomini pigri, a quelli con la fregola, a coloro che, inconsciamente, anelano al delirante progresso universale. Come le lucciole potremmo partecipare anche noi al grande ballo sotto le stelle, accoppiandoci in mezzo ai cespugli di more e lavanda: un godimento estremo e poi la morte a suggellare l'incanto. Inno alla luna Il sole non c'è più ma la sua luminosità permane. Cipressi, pini, querce, sono soltanto sagome scure e il cielo assume tutti i colori del cambiamento: un filo dorato sull'orizzonte e poi l'azzurro trasparente, l'azzurro più intenso, il blu chiaro, il blu indaco della notte, le stelle che s'accendono a una a una e la luna che, ancora pallida, sovrasta ogni cosa. Dall'alto della collina contemplo la sua brillanza luminosa; con i bordi rossicci sale lenta sul paese, sfiora il campanile della chiesa, accarezza il monastero e il suo luccicore, come una cupola di vetro, si struscia, irriverente, sui tetti delle case. E' grande e bianca, senza una macchia e la sua luce è bassa sulle strade vuote, dove si vedono solo i lampioni che perdono i contorni, sfumando, lentamente, entro una polvere azzurrigna densa di chiarore. Ritorno a casa, percorrendo il sentiero illuminato dai bagliori lividi della luna; la malinconia degli alberi si riverbera nello scintillìo incupito dei miei passi affrettati e ogni cosa appare bianca, anche i monti del Matese, nascenti da un lontano candore come a festa. Camminiamo in silenzio Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. Camminiamo nella tranquillità incontrastata di un bosco di cedri, misto a pini d'Aleppo, che urla messaggi di pace nelle nostre orecchie. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. Camminiamo su antichi selciati, in angusti vicoletti, e, alla fine, rimaniamo storditi dalla quiete circostante. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. L'incedere è una metafora centrale del pensiero e della parola, una semplice azione che va a braccetto con filosofia, letteratura e religione, ma anche con quotidianità, tradizione, cultura e meditazione. E racchiude in sé mille e nessuna motivazione. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. Camminando apprendiamo la vita, avanzando conosciamo gli aspetti delle cose, spostandoci saniamo le ferite del giorno prima. Non riusciamo a meditare se non camminando; appena ci fermiamo non pensiamo più e il nostro intelletto si mette in sincronia con i piedi. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. Il camminare è la cosa più ovvia e più oscura del mondo, è l'antidoto contro la vulnerabilità che deriva dalla complessità della vita, è un'attività poetica che può guarire la società dai suoi mali. Camminando superiamo la paura della fatica e la mente diviene più lucida e aperta. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. E i nostri passi smarriscono facilmente nella religione, in politica, nella storia, nel suono aulico di un pianoforte, nel paesaggio, nell'anatomia, lungo i dirupi e sulle colline, nell'allegoria e nel crepacuore. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. E non sono solo gli occhi a cogliere la bellezza dei luoghi. I sassi delle strade sono briciole, la polvere dei sentieri è nebbia di cristallo, giallo è il colore dei campi e giallo è il colore di una masseria risistemata da poco, bianca è la luce che arriva dritta nelle pupille, mentre nel cielo avulso si dimenano mandrie di nuvole. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. E il cammino è una terapia antidepressiva che realizziamo, lentamente, a contatto con la natura e nel cammino ritroviamo noi stessi e l'essenza briosa della vita. Così l'incedere diventa un caleidoscopio, un fine, una sintesi, un'alba luminosa, un tramonto incantevole, una connessione, quasi dimenticata, tra corpo e mente, tra gambe pesanti e testa leggera. Insieme al mio amico camminiamo in silenzio. E dopo il cammino portiamo a casa i canti, i suoni del silenzio, le parole non dette, le risate con i viandanti: tutti miti dell'amore per il lento incedere. E portiamo a casa, soprattutto, la voglia di camminare ancora. Presenza di Dio La neve cade abbondante turbinando nel vento alacre di grecale. Nelle sere cupe si posa sui cuori della gente e, contrita, sgattaiola nell'anima dei derelitti, originando ansie e paure. Nevica ormai da alcuni giorni: come fiati stanchi i fumi dei comignoli salgono a confondersi con i fiocchi di neve, subito assorbiti e cancellati dall'immenso grigiore del cielo. Il paese affonda in un silenzio querulo, inquietante. Appare triste e disumano e sembra aver spento il suo respiro più profondo. Va a pezzi e gira senza amore. E' diventato come una palla sgonfia che si accartoccia, soffocando le bellezze della natura, distruggendo l'armonia tra le persone e spegnendo i sogni dei bambini. Ma Dio non abbandona il borgo e assicura la sua paterna presenza: abita nei tuguri dei contadini, si corica nei loro letti rozzi, li accompagna nei lavori dei campi, li chiama confidenzialmente per nome, s'impegna con loro per fare più bello e più giusto il villaggio, gioisce e soffre con essi e non li lascia mai soli, neanche quando il male e la morte fanno loro paura. Tramonto Il sole sornione si appoggia stanco sui pioppi e l'odore della paglia secca stringe la gola. Bruciano nel tramonto, fosco e polveroso, le cime rutilanti delle colline, con il rosso cocciniglia dardeggiante nell'aria come il lamento di un mondo stregato. La luce rossastra tinge il ciglio della strada, i tetti spioventi, i muri delle case, colorando bizzarramente, nel riverbero, i capelli delle persone. Nelle sere, chiare e serene, si cena all'aperto sotto il pergolato d'uva fragola, non lontano dai tigli e dal glicine che emanano le loro dolci fragranze, con il cielo turchino e bluastro del Molise che sfavilla di stelle e di lucciole. Di fronte la sommità di Monte Calvo, con la sua severa brullità, si confina nel remoto orizzonte. Stella cadente Andò via una sera di maggio attaccata alla coda di una cometa. Forse ad agosto tornerà sulla terra sotto forma di stella cadente. Un bambino Vedo il risveglio e il mattino negli occhi dolci di un bambino. Vedo virgulti e grandi alberi nel sorriso innocente di un bambino. Vedo prati verdi e flessuose colline nei sogni fantastici di un bambino. Vedo pampini arrossati e brume serali nelle claustrali paure di un bambino. Vedo ombre sfuggenti e castelli fatati nelle pieghe dell'anima di un bambino. Vedo il sole e luccicanti riverberi di luce negli occhi dolci di un bambino. Vedo profumi di fiori e uzzoli di frutta fresca nel sorriso innocente di un bambino. Vedo aironi e aquiloni nei sogni fantastici di un bambino. Vedo cupi groppi e turgori notturni nelle claustrali paure di un bambino. Vedo fiabe mirabili e sempiterne chimere nelle pieghe dell'anima di un bambino. Vedo lacrime e dolori negli occhi dolci di un bambino. Vedo albe algide e azzurrati crepuscoli nel sorriso innocente di un bambino. Vedo emozioni e palpiti salmastri nei sogni fantastici di un bambino. Vedo lupi mannari e voli di pipistrelli nelle claustrali paure di un bambino. Vedo gesti inconsapevoli e torrenti d'acqua chiara nelle pieghe dell'anima di un bambino. Un bambino apre e sfoglia il libro dei giorni, scoprendo pulviscoli effimeri e chiarori lunari sul sagrato delle confessioni. Un bambino apre e sfoglia il libro dei giorni e scova assurde finzioni, rose d'inverno, profumi e sapori d'eternità. Provvidenti, agosto 2011. Paura Distruggo tutto dentro di me: amore, odio e fede, perfino il dubbio. Rimane la paura. Sottile, indistruttibile e terribile la paura pervade il mio essere, permea i pensieri, sta in agguato nel mio cuore e spia sulle labbra la lotta dell'ultimo respiro. Stimoli di vita Camminiamo commossi, uno vicino all'altro, e sorridiamo e parliamo di lavoro e di progetti. Intorno a noi il mormorio del vento e il profumo stuzzicoso della terra nera infondono stimoli di vita, carezze che aprono l'animo alla speranza. Palpiti Nel vaso delle emozioni affluiscono dolcezza e amore, spavento e agitazione. Palpiti violenti di cuori liberi. Toni di voci provocatori e canzonatori, mascherati da sfrenata allegria. Una pesante ironia aleggia su eccessi d'ira, muti rimbrotti, speranze perdute. Vento di grecale Il vento di grecale, a grandi strisce nere, si dirama su strade e tetti, e solleva, di tanto in tanto, dei mulinelli di terriccio asciutto che oscurano l'aria. Parla a bisbigli con gli usci, cupi e granati, delle case e s'insinua sibilante, come qualcosa di acquoso, fra le imposte verde-malva socchiuse. Danza con le foglie, arrossate e incupite, e cerca, fiuta e smania, trasformando il borgo in una palla grande e scura librata sul vertice della collina. Il fragore del silenzio Alcuni alberelli mascherano il rudere di un casolare. Angoli pieni di tempo stagnante, di polle d'ombra nel gaio tepore del mattino. Il guaito di un cane spezza la pace solenne che regna nella romita valle del Fortore, immobile come un respiro trattenuto nella quiete castigata di una clausura. Vaga una volpe affamata nella monastica clandestinità di anfratti e dirupi. Dietro il vigneto si leva in volo un fagiano. Tra macchie di acacie e ontani assaporo il fragore del silenzio. Passioni sdrucite Emozioni arruffano la memoria nell'assurdità di passioni sdrucite e di gesti inconsapevoli. Nell'incanto del vespro fasci di chiarore evanescente lambiscono la collina, accarezzando prati e fronde di alberi; e la campagna sembra gioire di questa benevolenza porporina, come un finimento prezioso. Risplendono comignoli e pietre, di luce propria, interna, non comunicata. Una grande luna esile, trasparente, irreale, falcata, s'affaccia, incredula, dai colli dauni, sopra gli ulivi grigi e le case fatiscenti, nell'aria rosata del crepuscolo, come un osso di seppia corroso dal sale sulla riva del mare. Gesti inconsapevoli Come acque fresche di fiume la vita scorre. Giorni e mesi fluiscono lenti, raggrumandosi in anni carichi di vicende umane. Pigro macinare di gesti inconsapevoli. Il tempo mitiga paure, impeti di commozione, lacrime di tenerezza. Ragnatele Un profondo respiro, sguardo gettato lontano, sorriso languido nelle pupille, impercettibile movimento di labbra. Inquietudine sulla porta dei segreti. Spiragli di luce a rianimare spazi d'incertezza e ragnatele in agguato. Solitudine Paura e incanto, ispirazione e prodigio mitigano l'inquietudine. Un lamentevole mormorio penetra la solitudine e l'indifferenza sublime. Suoni esitanti e vaghi fluttuano nell'aria: una forza religiosa, una specie di orazione, una somiglianza di clamore. Un sorso di quiete Anima sottomessa al destino quotidiano, al sogno inutile, alla speranza senza fondamento. Anima estranea alla solennità del mondo, indifferente al divino, sprezzante delle umane passioni. Attraverso gli occhi imbevo l'anima di colori: un raggio di sole, un prato di papaveri, un sorso di quiete. Maschere Nei volti della gente, sul finire dell'estate, leggo sempre una grande, allappata malinconia. All'ora del vespro cammino da solo per le stradine del paese, arrossate dal sole declinante, e osservo i volti, le espressioni della gente, scruto i loro corpi, i movimenti, gli sguardi bassi. E più li guardo e più mi chiedo: "Dove sono le persone?" Più che esseri umani vedo maschere: maschere di tristezza, maschere di risentimento, maschere assatanate di disperazione che vagano rutilanti nella sera. Con le narici protese captano l'odore forte e stallatico dello strame, riveniente dai vicoli della taverna; con lo sguardo evanescente inseguono fumi di comignoli che azzurreggiano, svogliatamente, il cielo grigiastro di settembre; con il cuore affranto rincorrono il vento negli sbuffi sublimi di giorni perduti. Anche la luce dei lampioni sembra morire nei gorghi dell'anima, nell'ombra incerta di un sussulto. La collina, invece, quasi intimidita dagli eventi, avvampa, come un bisonte, nel cavernoso orizzonte e nei fiori cremisi del crepuscolo. La voce dell'Eterno Gocce di sudore scendono sul viso bluastro immerso nell'esalazione di un vapore metallico. Un urlo rauco, un confuso crepuscolo invade il cervello. Il lamento del suo povero cuore, dolce e indistinto, come l'ultima eco di una sinfonia, si dilegua nell'aria vuota. E si lascia scivolare nei meandri degli arcobaleni primaverili; e presta orecchio alle arpe sui laghi, ai canti dei cigni morenti, a ogni caduta di foglie, al vento soffice che sbuffa nelle valli romite, agli Angeli che librano le candide ali nel cielo infinito e alla voce dell'Eterno che parla, tenebrosa, nelle brughiere. Le membra contratte, il corpo cosparso di macchie scure e il polso che scivola sotto le dita come un filo teso, come la corda di un'arpa in procinto di spezzarsi. Mento abbassato sul petto, palpebre enormemente spalancate, mentre le povere mani annaspano nel caleidoscopio ingrigito. Negli occhi l'espressione di serenità s'immerge nel misticismo del curato che recita il miserere. Poi una grossa lacrima solca il viso e la sua testa ricade sul guanciale. Un marezzare di increspature cangianti sulle lenzuola ricamate. Tutto si perde, confusamente, nel silenzio e nelle ore che passano lente, nel vento soffice che muove le tende, nei sentori umidi che salgono dall'anima. Querule preghiere si forgiano nei fiori vermigli e nell'ipocondria feculenta del tramonto. Ora il corpo riposa davanti al tabernacolo, tra il nitore soffuso di pareti monastiche e vaghi nugoli di incenso fumante. E il giovane arbusto, solo rimasto, cerca di suscitare in sé la devozione, di abbandonarsi alla speranza di una vita futura, dove poter rivedere suo padre. E lo immagina partito per un viaggio, molto lontano, distante nel tempo. E si raffigura paesaggi nordici irrorati dalla luce dell'alba, baite avvolte nei tenui colori autunnali e nelle brume vespertine. E si raffigura diafani diademi rivestiti di fiori e di diamanti, buie e claustrali miniere del Belgio come malinconie impietrite in notti senza luna. E si raffigura nubi vaganti su darsene sublimi, effimere clandestinità, pittoresche elegie, vele nivee, nella solitudine di un lago immobile. Cupola di grandi ombre Cupola di grandi ombre sovrasta miti e leggende. Collere, profezie, racconti, indignazioni: infinita ripetizione di eterno archetipo nell'effimero senso umano. La follia è una parola, cartello delirante che affiora dalla nebbia, lettere fumose senza significato. Il respiro dell'anima La vita è una sonnolenza che non arriva al cervello. Vago indefinitamente per strade silenziose e blindo lo spirito per vivere dentro i sogni. Il silenzio totale dell'anima si riconosce incapace di agire e come un attento scrupolo sceglie i modi per poltrire. Un disprezzo che dorme nel mantello del mio avvilimento. Passare dai fantasmi della fede agli spettri della ragione è solamente un cambiar di cella. Occorre dare personalità a ogni emozione, occorre trasformare in sentimento ogni stato d'animo. Il tedio esiste nei paesaggi inesistenti e nei libri non letti. Al suono di un violino la mia anima si quieta. Frammenti di canzoni Cupi e tremendi rumori, urla repentine, frammenti di canzoni provengono dal manicomio. Dardeggiano striduli e acuti in getti di suoni discordanti e sembrano slanciarsi oltre il muro a cacciare ogni pace sotto le stelle. Inquietudine Da un angolo indefinito della memoria strappo angosciosi segreti. Animo crudo, labbra serrate, occhi rimpiccioliti dal sole estivo. Solchi profondi si sbriciolano freneticamente nell'inquietudine. Disperazione e sofferenza, ricchezza e povertà: infinite verità di pace. Gesti inutili Scandaglio gli abissi dell'orrore e della disperazione. Trovo riposo nel convincimento che la vita non ha più segreti. Vecchi pensieri, odi e amori, gesti inutili e incomprensioni come vizi assurdi, rispetto e trasgressione, hanno una nuova luce. Ostinata lucidità fra disadorne follie. I colori della mente Nel silenzio della notte arrivano lamenti, sorde imprecazioni, suoni di bestiale disperazione, aspirazioni al vizio assurdo e al gesto inutile. I matti sono come fiumi in piena e qualche volta straripano. Essi non fingono mai e i loro pensieri sono liberi di andare oltre i corpi, oltre ogni legge, al di là di tutte le bugie del mondo. Connessioni sentimentali e poetiche crescono nei loro cuori e si sviluppano liberamente, come la lupinella e le erbacce selvatiche che infestano i terreni incolti. Come l'edera si arrampicano sulle pareti murate e sulle umane debolezze, senza alcun senso. Smanie di speranza, frenesie irraggiungibili, fervori di felicità assurdi come temporali estivi, come chimere incartate nelle brume rossigne della sera. Frantumi di parole stellate, seta sbriciolata tra raggi di sole. Scavando nei meandri dell'imponderabile ritrovo steli ghiacciati, parole senza sangue, volti senza religione, tensioni e pulsioni, sarcasmi e furori, sussurri e deliri, inconsapevolezza assoluta, generosità claustrale, candore infantile, inattesa nobiltà. Nella Casa di cura non ci sono luci che irradiano gli occhi dei pazienti e la putredine quotidiana insanguina i crepuscoli vermigli. Il respiro dell'anima corre lontano e i cuori danzano su prati verdi, come piedi nudi di un evaso sull'asfalto rovente. Sentieri dell'anima Dalla finestra osservo strisce di vigne e il respiro assurdo dei solchi nei campi, della terra aperta a maggese. La terra, ondulata e ampia, come la schiena di un cavallo, fuma generosa nel sole germogliante del mattino. All'interno della stanza l'immenso lago del nulla, l'opacità dei sentimenti, il cielo plumbeo della psiche e un sottile sorriso di pietà umana. Nella Casa di cura il lassismo della vita, la mancanza di sussulti nei gorghi dell'anima, fa appassire le gemme di felicità ancor prima che le falene s'impadroniscano del buio della sera. Minuti, ore, anni, scivolano lenti lungo il fiume della vita, quasi a voler levigare il marmo duro del cuore, quasi a voler stemperare la disillusione che, a tratti, s'incrosta nell'ardito sentiero, diluendosi poi nel livore tenue di una felicità impossibile. Nei cameroni e lungo i corridoi pazienti sventurati, non si lamentano, non palesano le stille di malinconia, non esternano i loro deliri vespertini. Piangono di notte negli antri oscuri, lontano da sguardi indiscreti e indagatori. Piangono con dignità e orgoglio e non chiedono affetto, non si lasciano amare. La malinconia accompagna la loro fierezza e punge, gelosa, l'intelligenza, il sentimento, le azioni. La malinconia crea in essi il dubbio sulla vita. La malinconia chiede informazioni su tutti i 'perché' e nessuna parola cancella il dubbio. E allora mi accorgo che le ombre sono più importanti delle luci, il silenzio delle parole, la solitudine del rumore. Ogni parola diventa un inganno, ogni azione naviga nel tarlo dell'inutilità. E allora cerco di vedere al di là delle parole, degli eventi, per scoprire la compostezza dell'ombra, per scandagliare il mistero. Deserto La potenza dell'amore supera la dispersione e l'irretisce sull'uscio della mia fortezza. Nella frescura di un convento e in clausure ideali mi perdo tra indefinite meditazioni. Incontro il deserto in un vagone ferroviario, nelle strade del mio paese, e in metropolitana. Incontro il deserto in una grande città e vedo tutte le cose con occhio nuovo, le tocco con spirito nuovo, le amo con sentimento rinnovato, le abbraccio con un cuore casto. Scovo il deserto in una nicchia di solitudine e nella frenesia quotidiana. Oggetto misterioso, e fonte inesauribile. Luogo di silenzi e d' inquietudini. Come un ponte sospeso, gettato dall'anima sull'abisso tenebroso del mio spirito, vacillo sui profondi crepacci della tentazione e sui precipizi insondabili delle mie paure. Come una dimensione fondamentale della mia esistenza trovo il luogo idoneo per riprendere coraggio e pronunciare parole di verità. Come un'oasi di purificazione piena di carboni ardenti m'imbatto in un desiderio di felicità vasto quanto l'oceano, bello più della luce, caldo più del fuoco di un vulcano. E ricerco il mistero nel silenzio della notte. Radici di quercia Radici di quercia forgiano il carattere come i boschi dei dintorni. Radici centenarie coperte di terra e di speranze. Cumuli di amarezze e di ricordi radicati nelle zolle dure da coltivare. L'agitazione cede il posto alla fredda determinazione, lo sguardo diviene specchio dell'anima e i pensieri zampillano in racconti e descrizioni come dopo un viaggio. Nel vago orizzonte miseria e frustrazione e un brusìo d'insetti che fascia i pensieri come un lamento familiare. Turbinio di pensieri Come uno spasimo metafisico irrompe la mia vita passata. Gesti sicuri, idee chiare, propositi logici. Ubriacatura innata, follia naturale, immensa ignoranza. Depongo sui mosaici delle anticamere tutti i miei giorni trionfali, nel sogno e nel tedio, e salgo la scalinata della memoria in un turbinio di pensieri. Estrema elemosina della mia desolazione. Nugoli di speranze Scende nel cervello, tra pensieri e immagini, una certa nebbiolina che turba la quiete e mi costringe a sognare. Nugoli di speranze scivolano come valanghe in precipizio e franano sulla ragione. Occhi luminosi e dolci penetrano nel fondo della coscienza in un delirio d'angoscia e rassegnazione. Panico sarcastico della vita e sfiducia che oltrepassa i confini della mia individualità. Acquerugiola Come polvere d'argento un'acquerugiola insistente si posa sui vestiti della gente, bagna i volti, rende lucidi i lastroni del selciato, scurisce i muri, scivola dagli ombrelli. Come polvere d'argento un'acquerugiola insistente gorgoglia nei canali, singhiozza su tetti e comignoli, schizza sopra gli alberi spogli e mormora la sua solitudine alla lussuria dei gatti vaganti nella notte buia. Come polvere d'argento un'acquerugiola insistente scroscia attraverso gli ombrinali, si adagia sui cuori degli uomini, accarezza la loro anima e lava le coscienze. Luna falcata Voci lontane, soffici ombre, ricordi svolazzanti avvolti nel buio dell'esistenza. La solitudine taglia i pensieri come una falce di luna. Testa china e occhi senza speranza. Nell'aria odore di lacrime e singhiozzi bloccati in gola. Percuote l'orizzonte e rimbomba sulle acque tranquille del lago una malinconia incupita. Stagno d'indifferenza Piove da un cielo invisibile oscurato di nebbia come fosse notte perenne. Nelle strade fango attaccaticcio. Pensieri si rincorrono rapidi come fulmini. Impulsi d'uggia e d'affetto, di rammarico e dispetto nel rimbombo di voci cavernose e remote. Occhi cosparsi di melma invernale, ombre del viso percorse da lampi d'ira. Il diavolo digrigna i denti e incendia le coscienze. Il tempo, come tornio, lima sussurri e infedeltà, consuma i ricordi e modella figure inanimate. Uragano di dolore, sisma d'afflizioni, stagno d'indifferenza. Pianto di libertà Notte della vita e dell'anima, silenzio del pensiero e dello spirito. La libertà piange in silenzio come la luce che entra dalla finestra. Nella quiete parlano il sole e la pioggia, alberi e prati, pietre e ruscelli. Il silenzio, come una tomba, mi avvolge con fremiti notturni. E nel silenzio della natura mi difendo dalla vita. Gatti innamorati L'erba secca, sospinta dal vento, s'impiglia nei capelli e graffia il viso, mentre le chiome degli alberi mormorano parole sconnesse. Gatti innamorati miagolano alla luna. Sdraiato sulla nuda terra ascolto il frinire dei grilli, il canto roco di uccelli notturni e l'ululare di cani in lontananza. Sipario di tenebre Aria raggrumata di pigrizia. Strade imburrate di quiete s'indorano di voci umane. Canto di grilli dispersi nel buio, stormi di lucciole in brulichio tra i cespugli. Guizzi di luce si posano su case e persone smantellando angoli bui e croste opache di sonnolenza. Magica veste di ombre e silenzi, ultimi respiri della strada in un sipario di tenebre. Fuoco dell'anima Rumore di torrenti, sole scherzoso tra le nuvole e pietre che danzano nei sentieri di campagna. Alito di cavalli, freddo di montagna e odori di erbe secche rassegnate al proprio destino. Brontolio di tuoni lontani, gemiti di vento e stormire di foglie nella putredine del bosco. Striature cariche di tensione solcano il cielo e nascondono il fuoco dell'anima dietro mandrie di nuvole nere. Frammenti di parole Incaprettata tra due cirri famelici la luna falcata libera il suo ghigno nel riverbero assurdo delle falene. Un fulmine caldo percorre la mente, lampi improvvisi serpeggiano fragorosamente nel cuore, un tuono assordante sconquassa l'anima. Occhi rappresi nell'incendio di sogni, ricordi, dubbi corrodenti. Frammenti di parole articolate con spasimo in suoni gutturali. Senilità Viso segnato da un intrico di rughe profonde e nere come culo di tegame. Stecchino incastrato tra i pochi denti superstiti. Sguardo marchiato da privazioni e angustie, patimenti e umiliazioni lungo i selciati dell'indifferenza. Voce spenta e tremula, accartocciata come foglia infreddolita in una mulattiera dell'anima. Fedeltà Sentieri, pause, fatica e frescura di acqua bevuta nell'incavo delle mani. Ombra di grandi alberi per riprendere fiato in salita. Falò per accompagnare interminabili notti e bivacchi sotto le stelle. La vita si perpetua nel viso dolce di un agnellino appena nato, nella fedeltà di un cane da gregge, in una foglia strapazzata dalla tempesta. Un raggio di sole Nella stanza priva di luce lo spazio sfuggente mi riempie d'angustia. Movimento silenzioso di labbra, vaga indecisione degli occhi, lieve mutare della voce e vacua inclinazione verso la guerra inutile di un esercito senza stendardi. Mi volto indietro ad osservare le schiene dei poveri vinti. Immensa vile sconfitta. Tra il fango e i giunchi affiorano vaghi pensieri e il sogno si smorza in un raggio di sole che indora il letame. Negli occhi trascino la miseria di tutte le incongruenze e porto con me il futuro nel passato. Attraverso una ripida scala a spirale scendo pensoso nella mia anima. Pulviscolo floreale Mi crogiolo al sole come un lago ghiacciato circondato di fiori e lascio nell'ombra la fierezza nobile dell'individualità. Vita di passioni ai margini del tedio, vita lontana dalle emozioni e dai pensieri. Nell'anima disattenta si snodano paesaggi di abdicazioni, aiuole di sogni e gesti incoerenti, come muri di bossolo che separano cammini vuoti. Tutto s'ingarbuglia e appare povero nel triste disordine delle mie sensazioni confuse come vecchie fontane senza zampillo vivo. Un vento sconosciuto solleva tracce di vita come pulviscolo floreale nella brezza della sera. E il torpore dell'imbrunire si perde nella musica del mendicante affamato e nella reliquia di un pellegrino. Tristezza da crepuscolo, spossatezze e false rinunce, dolore come di singhiozzo soffocato o di verità ottenute. Dal pozzo delle emozioni contemplo astri infiniti e l'azzurro scuro dell'orizzonte. Vita estranea Vuota immensità dell'universo entra nella mia coscienza come malinconia di sera inutile. Tranquilla insoddisfazione, lucida emozione, sentimento del vacuo e del tedio. Grande oblio del cielo e del cosmo scende lieve e leggero come naufragio esistenziale. Fragile speranza inonda la terra fredda come foschia senza nebbia. Fradicia illusione irradia le foreste e muove le foglie arrossate come un quadro esteriore, spettacolo senza trama, balletto senza senso. Nello specchio del pozzo profondo contemplo il mio volto e scopro il tedio senza torpore che scivola dalla collina come cenere invisibile su vecchie strade tracciate casualmente in punti insoliti della città. Felicità dell'incoscienza brandisce il mio cuore come onda di luce esausta su spettri timidi e furtivi. E l'inquietudine dell'anima assapora l'amarezza sostanziale di una vita estranea come dolente monotonia. Naufragio dell'anima La pioggia è cessata, l'allegria dell'aria è troppo fresca sulla pelle. Il giorno sta finendo non nel grigiore ma in un pallido azzurro, un vago azzurro che si riflette sul selciato delle strade. Fulmini di razionalità evidenziano il nerume dell'esistenza. Inerzia e falsità, inutilità laboriosa di giorni uguali. Trascino la mia vita, assurda come un orologio fermo, nel privilegio della mia penombra. M'invade un sentimento peggiore del tedio, un sentimento di desolazione, di naufragio dell'anima intera. Tutto diventa niente nella luce ancora calda delle ultime nuvole colorate. E il mio tedio assume tratti di orrore, la mia noia è paura. Il mio sudore non è freddo ma è fredda la mia coscienza del sudore. Il malessere dell'anima penetra nei pori del corpo e lo inonda. Sono come uno scaffale vuoto. Funerale della speranza nel silenzio dorato di cieli inerti e di grandi pianure biancastre. Giaccio sotto la vacuità precipitata dell'universo intero. Lacrime senza pianto Tristi giunchi sulle rive di un fiume senza barche nereggiano nitidamente fra i margini distanti come indefinito pallore di sera acquatica. Sentimenti irrazionali, emozioni intense, ansia di cose impossibili, nostalgia di ciò che non è stato desiderio di ciò che sarebbe potuto essere, tristezza di non essere altro, insoddisfazione dell'esistenza. Lenta follia dello sconforto, reminiscenze di un altro mondo, reminiscenze intrecciate e mescolate, come viste in sogno, assurde nell'immagine ma non nell'origine. Lacrime senza pianto ardono nei miei occhi induriti. La finzione mi accompagna come la mia ombra. Una sorta di angoscia inesistente si rigonfia nella gola secca. Cado addosso alle speranze e alle certezze come il tramonto sulla collina. Anagramma del grigiore Afferro ombre di uccelli, ghermisco spettri d'erba nel vento, come in un gioco di bimbo al crepuscolo. Metafisica di sagome autonome, poesia della rimembranza e della disillusione, tra diplomazie di sorde battaglie. Analisi lenta di vibrazioni, scienza atomica dell'anima, musica della volontà, fragile anagramma del grigiore. Parole oziose, perdute in sciolte metafore, incatenano le mie ombre in vaghe angosce. Cornici che inquadrano sensazioni, rilegature di ciò che pensiamo. Paesaggi colorati di case e comignoli, di prati e foreste, di speranze e felicità. Paesaggi scialbi di anime monotone che salgono in superficie con parole antiche e gesti logori. Fondamentale stupidità dell'espressione umana. Ghirlande di astri Nuvole atone insaponano di grigio il cielo, nuvole che soffocano la luce con coperte di lentezza. Come un raggio smorto di sole fosco che si adagia sul verde scuro degli alberi trascino per strada i miei piedi e la mia spossatezza. Come una matassa aggrovigliata trascino per strada la mia anima. Come ghirlande di astri nella notte, tra unzioni di quiete e viali di solitudine, faccio naufragare il mio deambulare. In vaghe ombre di luce assaporo, senza pensare, il piacere di errare per la città e cammino come se nulla avesse una soluzione. Libro di pietra Sensazioni come elastici si tendono in una flaccida continuità. Mero riflesso dell'esistenza. Ho la bocca chiusa come se le labbra si dovessero incollare. Una tristezza diffusa mi accompagna. Tra nuvole desolate, leggere e monotone, vago e sfoglio la mia coscienza come un libro di pietra. Le cose morbide su cui mi adagio hanno spigoli per la mia razionalità. Aspetti fluttuanti, macchie di movimenti, voci d'incertezza, cose che passano e non accadono. Grandi fruscii di alberi intorno a me. Da isole lontane osservo la pianura della mia meditazione. Finzione e turbamento, disordine e fredda pietra tombale. L'anima ricorda e piange. Sogni di gloria Truppe di un esercito in ritirata si perdono nel fango di paludi e nei sogni di gloria. Riempiono fessure del fare quotidiano come la polvere gli interstizi dei mobili non puliti a dovere. Nella luce incolore di un giorno qualunque brillano come tarli grigiastri sul mogano rossiccio. Si possono estrarre con un piccolo chiodo ma nessuno ha la pazienza di farlo. Resta solo la nozione di grandezza, la coscienza di essere appartenuti all'esercito e un silente vuoto di memoria. Nel fango di fossi e canali salutano la vittoria che non hanno potuto ottenere e di cui rimangono false briciole tra le macchie della tovaglia che qualcuno ha dimenticato di scuotere. Nuvole nel vento Volontà di non pensare, desiderio del nulla, disperazione cosciente mi brucia dentro. Come un fantasma informe il mistero della vita s'incarna in verità di profondissimo orrore. Ambizioni squarciano la coscienza del mondo come nuvole nel vento. Il respiro dell'anima diviene cenere di nebbia, straccio di ciò che non è. E dietro la sconfitta sorge la solitudine, nera e implacabile, del cielo deserto e stellato. Torpori di follia Rumori di pioggia si diffondono nel silenzio e sulla grigia monotonia di un vicolo cieco. Voglio abbandonare i miei doveri, ripudiare il focolare domestico e vivere di indeterminatezze tra grandi torpori di follia. Come una filigrana in movimento abbandono falsi merletti di maestà sognate, come amarezza d'intima vacuità trascino l'uggia della pioggia esterna. Un soffio lieve di vento squarcia in dislivelli aerei la caduta rettilinea degli scrosci rischiarando una parte di cielo. Dopo il piovasco resta un pulviscolo di diamanti piccolissimi come nello scuotere di briciole da una grande tovaglia azzurrata. Come memoria d'infanzia chiusa nella soffitta polverosa di casa altrui vago senz'anima e pensiero per strade che contornano montagne. Inconsciamente sgambetto per valli nascoste tra impervi pendii, perdendomi nel paesaggio come in un quadro. Non c'è quiete in fondo al mio cuore e non c'è neppure desiderio di averla come in un vecchio pozzo al confine del podere venduto. Danze scaramantiche Volgo lo sguardo al cielo con aria di sfida e disperata follia. Spinto da una voce interiore raccolgo freneticamente rami spezzati, pezzi di tavole tarlate e foglie secche accatastate sul selciato. Il mio animo turbato si acquieta dietro fiamme crepitanti di scintille. Nell'opacità della notte bagliori intermittenti penetrano l'etere come lame incandescenti e annientano le tenebre. E mentre l'odore acre del fumo riempie le narici un dio amico trascina sorrisi di bimbi in un girotondo di antica memoria. Trovo stimoli di vita in sogni bui e nei suggerimenti del maligno. Trovo serenità in danze scaramantiche. Impulso di vita Mi perdo in un vuoto d'aria, in uno stordimento allucinante che trasporta il pensiero oltre le fragili pareti della coscienza, oltre le sponde dell'ignoto. La stanchezza sfibra l'anima, gli incubi l'assottigliano e l'istinto di sopravvivenza si rifugia in un pianto di solitudine. Discorsi strani, scatti d'ira stringono il cuore. La mia razionalità trova conforto nell'essenza del tempo e nel contatto diretto con l'Eterno. Un'impercettibile corrente d'aria mi offre un impulso di vita. Ombre del passato Come sbuffi di vento caldo le ombre del passato si scontrano in un banco di nebbia. Come cervoni a primavera le ombre del passato sgusciano nell'erba dello stradone perdendosi tra le siepi e gli ispidi cardi del vasto tratturo. Mi rifugio nei ricordi e in un flusso di sangue fresco che scorre lento nelle vene indurite. La luce degli occhi illanguidisce e lo spirito annaspa in una coltre di vapore, caracollando come una nave tra i marosi. Soffro in silenzio e mi mordo le labbra sfogando la rabbia nel desiderio di sopravvivenza. Come un relitto avvinghiato in una morsa d'acciaio diffondo il mio respiro asmatico in ogni angolo della casa. Voglia di paternità Rumore d'acqua tra gli alberi, risacca di grandi fiumi, fresco di pomeriggi tristi e lento respiro in petto. Dormo senza avere sonno nel crepuscolo di me stesso come un'indolenza infantile sul clivio della contemplazione. Cecità dell'anima e nullità separata come in un sogno futile. Orrore della vita interiore, nausea fisica per i misticismi e le meditazioni. Rocce del trascendente e dell'occulto come in una sublime aspirazione. Vaga inquietudine di lontananza si attenua nel piacere incerto e nell'orgoglio soave dell'esilio. Nella cenere di un focolare si stempera la banalità. In una nicchia di felicità si riverbera il desiderio d'infinito e la voglia di paternità. Mendicante Spengo la mia sete di sogni in case inespressive, volti inespressivi, gesti inespressivi. Pietre, corpi, idee, tutto è inanimato. Nella mia anima, vedova e claustrale, visioni di fuga, un dolore intenso e invisibile, una tristezza come il lamento di chi piange in una stanza buia. Nel mio cuore si spalanca un abisso e un soffio freddo mi sfiora il volto livido. Come un mendicante piango il silenzio chiuso di tutte le porte. Una voce, un canto, un profumo occasionale alza il sipario dei miei ricordi. Pretendo Molti parlano di fame nel mondo ma pochi offrono ristoro: pretendo pane per gli affamati. Molti parlano di speranza ma pochi infondono fiducia: pretendo speranza per i rassegnati. Molti parlano di giustizia ma pochi si comportano con equità: pretendo giustizia per i diseredati. Molti parlano di carità ma pochi danno briciole di bontà: pretendo misericordia per gli indigenti. Molti parlano dei poveri ma pochi parlano con i bisognosi: pretendo dignità per i poveri. Molti parlano di felicità ma pochi regalano gioia: pretendo felicità per le anime assopite. Ingredienti dell'anima Guardo la luce che si diffonde sui tetti delle case e trascino nei miei occhi il lieve agitarsi degli alberi alti sul declivio. Ingredienti dell'anima, erbe raccolte nei recessi delle rovine dei sogni, papaveri neri accanto alle tombe dei propositi, lunghe foglie di alberi osceni agitano i rami su rivoli inascoltati della coscienza. Inizio il quadro della consapevolezza perché non ho la forza di pensare, termino la tela della razionalità perché non ho il coraggio di interrompere. Confusione di vari intervalli getta sterminati silenzi nella mia conversazione interiore e nella dissimulazione irreale della coscienza. Mi perdo nel vaneggiamento di un sentimento sincero, mi ritrovo in un'emozione trasognata e in vacue tenebre di vita. Il mio cuore si svuota, senza volerlo, come un secchio rotto. Nuvole del sud Esistono metafore più reali delle persone che camminano per strada. Immagini nelle pieghe nascoste di un libro. Falsi sorrisi, inganni di tenerezze, astuzia di carezze. Vestigia di ore migliori vissute lungo viali alberati. Lampada spenta il cui oro brilla nell'oscurità attraverso il ricordo della luce estinta. Parole affidate al vento e alla terra, fatte scivolare sulle dita senza presa, come foglie secche. Nostalgia di fontane situate in ville altrui, razionalità di ciò che non accade mai. Ore d'ansia nella mia azzurra tranquillità. Tra le nuvole del sud perdo la mia anima. Stalagmiti La mia vita inquieta piange in ogni goccia di pioggia e la malinconia spegne i desideri negli acquazzoni notturni. Come la mia tristezza il temporale rovescia inutilmente i suoi strali sulla terra. Le grondaie vomitano torrenti d'acqua, la mia anima è umida, la mia carne è liquida. La pioggia batte contro la vetrata e scende sulla mia coscienza con un rumore molesto come di acqua su stalagmiti. Un freddo smanioso cinge con gelide mani il mio povero cuore. Ore grigie si allungano, si fanno pianura nel tempo e trascinano oscurati momenti. Romantico Non mi indigno perché l'indignazione è dei forti, non mi rassegno perché la rassegnazione è dei nobili, non taccio perché il silenzio è dei grandi. Soffro e sogno. Mi lamento perché sono debole e romantico. Mi diverto a rendere musicali i miei lamenti e ad arrangiare i miei sogni. Mi spiace solo di non essere bambino per continuare a credere ai miei sogni, di non essere pazzo per potermi uniformare all'anima di tutti coloro che mi circondano. Porto con me la coscienza della sconfitta come uno stendardo di vittoria. Il mondo piange Il mondo piange su sguardi distratti e su ansie di vita, su sorrisi ondulati d'aria inquieta, su volti immersi nella putredine di un ghetto, su labirinti di cunicoli senza via d'uscita. Il mondo piange la sordida monotonia di voci piatte e rauche, di urla sprezzanti e ghigni felini, di facce purpuree nello sforzo di gridare, di strepiti clandestini riflessi in dolorose afflizioni. Il mondo piange su guance scavate, su occhi infossati, su visi esaltati e tetri, su sussulti spasmodici e crisi di paura, su movimenti imbrigliati nell'essenza del tempo e nella giustizia del cuore. Il mondo piange nei santuari della coscienza, in grigi riverberi d'isteria, in opachi scandagli morali, nel sospiro profondo di uno spirito vagante alla ricerca di un raggio di luce. Il mondo piange su schegge di pietra, su argini di tempo perduto, su plumbei sepolcri di nuvole, su fragili dignità umane e sulla rassegnata solitudine di una fermata d'autobus. Una nebbia triste mi entra nell'anima spegnendola. Grumi di verità Viso rugoso come guscio di noce, zigomi sporgenti e bocca infossata. Capelli crespi e baffi che coprono, come una fettuccia di neve, tutto il labbro. Grandi mani callose radicate in zolle di terra, temprate in austera fierezza e nella dignità di aspre briciole. Fragili parole artigliano la coscienza in grumi di verità. Sguardo assente e incupito nel tormento dell'esistenza. Languida come il cielo al crepuscolo la luce degli occhi assorbe l'infinito col tremore di un groppo in gola. La forza dei ricordi Rimorsi e rimpianti come rovi intralciano il sentiero. Se non li spezzi t'intrigheranno sempre. Ma i rovi ricrescono e i sentimenti smarriti ritornano. E allora occorre un nitore incessante per spazzolare i dolori e renderli levigati come ciottoli di torrenti. E allora occorre un nitore incessante per ridare serenità ai sentieri della coscienza. Come una falce la forza dei ricordi taglia i tristi fieni dell'oblio. Chimera Appoggio la testa al tronco di un albero, alle pietre, alle rocce e ascolto la voce delle foglie, il racconto del ruscello. Appoggio la testa sul dorso della collina e odo le musiche tradizionali, le fiabe autentiche, i discorsi folcloristici del popolo. Nel riverbero soffuso di una chimera rivedo l'alba algida, il tramonto rutilante, il sorgere della luna sulla solitudine delle campagne molisane. Accordo musicale Nelle orecchie il respiro leggero degli ulivi e un accordo musicale basso come la luna nel cielo. Negli occhi le ombre quiete dei monti molisani che si stagliano ingrugnate, nel remoto orizzonte, simili a bisonti addormentati. Nelle orecchie il fruscio di un richiamo sommesso, indefinibile, come un vento carico incuneato nel folto del bosco. Negli occhi la calotta azzurrigna che trabocca di stelle, un buio pieno di luce scordata come dopo uno spettacolo pirotecnico. Bozzolo di quiete Case di pietra raggrumate su un colle, gente povera. Una piazza, una chiesa, un ritaglio di storia. La masseria dei nonni, un ciuffo di basilico, un cespuglio di rosmarino, l'androne delle scale. Un odore, un ricordo, un colore, un'amore. Il naso dentro le pagine di un libro nuovo, non ancora sfogliato. Belle visioni nel cuore e un bozzolo di quiete. Una vita volgare Le pareti della stanza generano nel mio spirito la nausea quotidiana della vita volgare. Desidero fuggire per non vedere più questi volti, queste abitudini e questi giorni. Voglio riposare, estraniandomi da questa assurda monotonia. Voglio sentire arrivare il sonno come vita e non come riposo. Una capanna in riva al mare, un pagliaio sul terrazzo ruvido della montagna. |