Essere e non vivere
Si soffermava sovente,
allor che l'ultimo raggio svaniva
dietro il monte
a scrutare
i treni di passaggio.
Appoggiato alle sbarre
chinate sulla sua solitudine,
perso nell'illusione
di cogliere riflesso un viso
sbirciar curioso da dietro
un finestrino,
indugiava in silenzio.
Unica compagnia una valigia
colma di inutili sogni
scevri di pretese
che più scorreva il tempo
più si facea leggera,
Una sera scomparve .
nessuno se ne accorse.
si rinvenne,
così si narra,
ma passò tempo,
una logora valigia vuota ,
lungo un binario
banalmente…morto.Notturno
La luna, civetta,
s'infratta
dietro nubi fluttuanti.
Il cuore
La segue incantato
Uscendo dall'ombra.
Fronde nascoste
Ripetono al vento
La canzone del ricordo
E dai camini,
sale come incenso
il nastro odoroso.
Luna, luna,
sfrontata e impura.
Portatrice sana di sogni malati,
cerca il vento,
raccontagli di me.
Fai che mi innalzi
Fino a raggiungerti:
voglio riversarmi in te.
Pentirsi?
Dovrei forse pentirmi
degli errori del cuore,
dei voli della mente,
dei sussulti dell'anima,
degli odi improvvisi e molesti,
degli intricati sentieri
che il cuore ha scelto
quando ha amato?
Dovrei forse pentirmi
d'aver osato volare
nel mondo contorto
Dei sentimenti.
D'aver abusato della fantasia
Per ferire e ferirmi.
D'aver usato l'amore
come arma
Per ricevere amore?
Di essermi annullata
In chi ho deluso.
Di aver deluso chi ho annullato?
Dimmi: come pentirsi
Di aver vissuto.
La voce del vento
Il vento ha mille dita sottili
Che accarezzano la mia pelle
(come sai far tu, amore mio).
Il vento ha mille aghi puntuti
Che s'infiltrano
fino all'essenza dell'essere
(come sai far tu, amore mio).
Il vento non mente,
Quando ruba il fiato
E fa lacrimare gli occhi del cuore
(come so fare io, amore mio)
In cerca del personaggio
Scena prima:
Sopra tutto e tutti
Si accende la luna e
negli occhi si rispecchia.
.Si illuminano a poco a poco
le stelle splendendo
come uno scrigno
di diamanti
nel cielo.
Pensieri di gioia sui volti.
Scena seconda:
Le tue mani,
(fiori di loto dischiusi),
profumano
ed avvolgono la mia anima
con spirali di petali
colmi di promesse .
Nel noto tumulto del cuore
Ti accolgo
Come sconosciuto
Ed ancor desiderato frutto.
Pensieri di gioia sui nostri volti.
Scena terza:
La luna, ora ,
ora ne vedo il declino,
fiaccola ormai spenta,
Rispecchia un candore umido
Sui corpi
Sazi, ma non paghi.
Pensieri di gioia sui nostri volti.
Epilogo:
Il nulla avvolge la scena,.
Una stanchezza cosmica,
un ulular di note discordanti:
il sonno avvolge la luna
e la rende diafana, impura.
Pensieri di abbandono sui nostri volti
L'abbandono
Ancora e sempre
Si concretizza
Nella realtà
Del sipario che scende
Sulla scena.
Autunno
Il sole è malato.
Fasciato in una ragnatela
di nubi
è grigio e triste.
Già la luna,
vecchia comare curiosa
occhieggiante, maligna,
l'aveva notato.
L'hanno confermato le stelle
passandosi parola:
chiacchierone e distratte.
Il sole è malato.
Dalle colline
ingrigite di nebbia
già si annuncia la pioggia.
Sui prati, gli ultimi steli
ancora vivi e verdi,
si abbandonano al loro destino,
malinconici sotto
un cielo lacrimoso.
le foglie dagli alberi
fino a ieri vestite di verde,
vergognose del loro
abito sgargiante,
si lasciano andare in un breve volo:
ultimo respiro colorato;
trasformandosi in opaca poltiglia.
Fra le mura
scolorite da innumerevoli soli
e innumerevoli venti
e innumerevoli morti,
si espande il calore del fuoco.
Mani intirizzite
si protendono per esorcizzare
l'alito malato dell'autunno.
Malato come il sole.
Savana . Canto del leone Cos’è quel singhiozzo silenzioso: il mio cercarti, anima mia. E quel respiro dolce e pur doloroso: il mio desiderio di te, gioia mia. E quel lontano sfumare di stelle: i tuoi occhi nei miei, cuore mio. E quell’albero immutabile nel tempo ? Il nostro sicomoro, mio dolce pensiero. Restiamo, allora, abbracciati A granelli di sabbia intrecciati ai capelli arruffati A contemplare l’impalpabile verità Di un sentire comune.
Metrò Nel ventre di squallide, maleodoranti caverne, Bruchi umani si rincorrono. Si scontrano, si sorpassano, senza riconoscersi nella loro opaca mediocrità e solitudine. Ognuno chiuso, al riparo della sua pelle come inviolabile custodia di solitudini estreme. Inesprimibile, nevrotica negazione Di una solitaria fretta simulata, di una individualità non cercata e non amata. L’io è una prigione le cui sbarre Invisibili sono state create A propria misura Ed infelicità. L’incapacità di esprimersi È sorretta da una muta, timida, involuta ricerca. Nel vuoto collettivo Due bocche si incontrano. Corpi non più anonimi, in un abbraccio convulso che corre lungo il buco nero dei binari, inghiottito, digerito, sputato, perché vero. Grigi i capelli, le mani rugose, realtà di tanti passati gesti. Essi hanno imparato che nel ventre delle Moderne caverne si può ancora Amare. Forse null’altro rimane Nel fetido abbraccio del buio E della fretta: Che la fretta di vivere Prima di morire.
Performance Pausa, Il pubblico invisibile applaude e ride! Riflettori, ancora una pausa. Il pagliaccio, nella vita Tace e piange nell’ombra. Il pubblico, ora, è lui.
Inutilità Questo oggi, così inutile, così molesto. Così insensato, così senza presente. Senza futuro. Non c’è pioggia d’amore che abbeveri, non luce lunare per i sogni. Non realtà sognata per sognare. Non parola umana Che asciughi il pianto silenzioso della Demente ricerca di parole. Eppure ricordi l’alba che ci vide Intrecciare le nostre vite. Era un domani infinito. Una infinita illusione. La grande piazza vuota Nel sole colma dei nostri respiri. L’intensità del riconoscersi, il richiamo e la risposta. Piove rimpianto Sull’albero delle nostre vite. Pioggia acida di rancore. Nel limbo dei desideri umani Cresce il senso di colpa Per non aver raccolto E protetto ed amato Quel seme che prometteva frutti perpetui. Il passato: un errore Il presente: altro errore. Il futuro: speriamo nel dolce tormento dell’oblio.
Donna caraibica Avanza lenta. I grandi piedi umidi di mare Brillano di rena dorata. I fianchi larghi e forti Seguono il ritmo che vive Nella sua mente. Eretto il capo sul quale ondeggia, Corona i suoi capelli di lana. Corona anch’esso, il cesto. Fiera donna nera Dall’anima candida. Donna caraibica che Lungo spiagge dorate Rigurgitanti corpi seminudi E bianchicci, come una regina, porgi piccole cose. Le tue giornate sono intrise del ritmo Che vive nella tua carne. Perché non mi vendi Solo un poco della tua semplice regalità.
Estremadura Terra dolorosamente aspra, profumata di rosmarino e zagare. Sole che si insinua nella mente, fata morgana Canto, gioia, piangono solo le chitarre. Estremadura in primavera. Già torrenti di sole Si riversano fra i lamenti delle note. Merletti di singhiozzi, Pazzie di cascate che rubano l’anima. Terra di Estremadura in primavera. Visi tagliati, occhi d’aquila, cuori fieri, labbra passionali. Sole che brucia. Sole che è musica; musica che è lamento; lamento che è vita; vita che è sangue; sangue che già assapora la morte. Nei pascoli, tori dolorosi Attendono l’immutabile destino. Estremadura in primavera.
Madre Sono mani lievi, le mani di mia madre. Mani carezzevoli Che asciugano lagrime Con tocchi di magia amorosa le mani di mia madre. Mani di polvere Tra le mie mani, le mani di mia madre. Il suo cuore si è fatto terra. Il cuore di mia madre, nel quale cammino, mentre di giorno in giorno raggiungo nuovamente il suo grembo.
Flamenco Corpi tesi divengono fuoco Nell’intrecciarsi rapido dei movimenti, Segnati dalla sensualità Palpabile dei gesti. Fierezza nel continuo alternarsi e Proporsi con dirompenti segnali Intrisi di grazia seducente. Si muovono sinuosi i fianchi. Farfalle vibranti. L’alzarsi ardito di vesti colorate Scandiscono il ritmo ossessivo le nacchere. Ed il canto, dà voce al lamento Di chi comprende e cede, Alla fatalità dell’amore.
Il gioco infinito Ho giocato con la vita, La morte voleva giocare con me. Quando ho vinto non so . Ora, guardo nel ventre del tempo E scopro la libertà di vivere A dispetto della falce. La libertà di decidere spetta a lei. Ma io, ora, mi sento libera. Libera di accettarla o di combatterla. Sarà la futura rivincita sul passato! |