Dove va il mondo
Prefazione
La poetica di Milone è identificabile con nome e cognome. Per nome fa
“Scoperta dell'Io” e per
cognome “Mantenimento dell'Io in una situazione di soddisfacente benessere”.
Se poi volessi
trovare anche un soprannome, questo potrebbe essere “Compassionevole
osservazione del
mondo con ricerca del distacco interiore a preservare il proprio benessere”.
Milone è un autore che è passato tra diverse epoche nella ricerca della
giusta presa di coscienza
delle cose. Si è trovato a vivere una vita in contrasto con gli spot
cammuffati dagli ideali che la
nostra società cerca d'inculcarci, con l'assillo psicadelico di valori
ectoplasmici, con idee odierne
non più compatibili con la ricerca della felicità e adagiate su una base di
nebbia, con i pericolanti
malesseri del nostro mondo che insegnamo come necessari senza che spesso ci
si accorga della
loro melliflua e viscida attrazione.
Milone è passato attraverso il suo inferno nel momento in cui è riuscito a
smascherare il grande
bluff. Il suo agitarsi interiore l'ha portato pericolosamente vicino ad un
rifiuto estremo, anche
fisico. Ma poi, quando è riuscito a trovare il necessario equilibrio
psicologico che giustificasse lo
sforzo profuso all'inevitabile cambiamento, anche la sua poetica n'è uscita
purgata, rafforzata,
smettendo abiti appariscenti e bugiardi e togliendosi il costume per
indossare l'abito della verità.
Ha respinto l'inganno e si è salvato.
Oggi la poetica di Milone è altamente introspettiva, concentrata sul “sé” ed
il mondo che gli ruota
attorno, ha imparato ad interagire col suo “io”. Non è una poetica
semplicemente basata su un
rifiuto di valori riconosciuti come biechi ed insufficienti ma, con occhi
diversi, ha saputo adattarsi
per sopravvivere senza farsi troppo condizionare dall'esterno e allo stesso
tempo senza rischiare
un altrettanto pericoloso e fasullo isolamento. Pericoloso perché la sola
alienazione senza un
nuovo adattamento è inutile e fasullo perché dal mondo non si può e non si
deve scappare.
Guardare il mondo con la lirica di Milone significa trovare un intelligente
compromesso tra il
rifiutare senza mettersi in gioco ed il condividere i valori del nostro
tempo senza farsi travolgere e
uniformare; significa razionalizzare con serenità anche le situazioni più
difficili, i sentimenti più
destabilizzanti mediando fino a se stessi tramite un percorso di studio del
proprio essere per
offrire una soluzione spoglia da falsi idoli ma reale ed accettabile, una
soluzione che possa
essere offerta agli altri. Ed è questo che fa Milone: prendendo spunto dal
suo percorso, offre al
lettore una valida proposta alternativa per guardare il mondo coi suoi
occhi, occhi che poi
diverranno i vostri. Senza presunzione, senza arroganza.
Per quanto riguarda la forma, i versi di Milone sono brevi, come piace a chi
vi scrive, a volte
sferzanti, incisivi come coltellate, con poco spazio per le interpretazioni
e conditi da diversi moniti.
Milone coniuga con sapienza parole di questo mondo per mostrarne un altro,
il suo, quello che
potrebbe essere anche il vostro, quello che sicuramente ritiene migliore.
Per tutto questo e molto altro ancora, sono felice che oggi Marco Milone sia
qui a raccontarcelo.
Marco Mezzetti
Interrotto, ma goduto, lo sguardo
di scimmia. L'occhio di legno
è fisso, e trasuda sale. L'oceano
sprofonda, e affonda in tutto, eretto
nella schiuma. Sono due, due valvole. Stabilire
chi sia il corpo - esclamazioni, fiati
e scoppi di risa - è vano rispondere
Comparsa. Le immagini
sono sempre vissute. Nel cuore
del mare, nelle tele delle incertezze. Questioni
irrisolte. Vola il pensiero. Oggi
è l'ultimo giorno, oggi non ha più
niente, oggi si scava.
Numerare i ponti, tagliarne
una parte. Decidere
dove stare ottimamente. Tutto parte
in un fiato di gelo, tutto
parte tra blocchi di pietre pomici,
e fossili di lava. Non così
convulso. Via, sotto l'ombra
più profonda del mare
In attesa di uno scoppio vien giù
la grandine, si disperde in fiume
lento, e oblio. Anche qui, si estingue
un poco, la nebbia che fa velo. L'aria
fuma dai ghiacciai, e brucia le ragioni
del vivere. E tra la nemesi, e l'oscuro, si vive
un diluvio, e si ricomincia a vivere
Sono poveri i monumenti. Ognuno
vede quello che ha dentro. Mai dimenticare
la patria. I nomi, non i luoghi
e il tempo. Il clima incerto, la luce
che affligge. Vengano, vengano i nomi
nel mercato delle voci
Sotto, non interessa più
nessuno. I sacri resti, la cifra
degli analfabeti ben valgono. La gente
fa ressa. Ecco la gioventù, ecco
la vecchiaia. E il giorno fa testamento
Dove va il mondo, lo senti. Dentro
si prova in silenzio, e le ultime luci
spengono la volontà. Per capire
com'è, non è mai pronta
I primi uomini, andavano
lenti, con fame di sonno. Sì, avanti,
certamente. La parola la lasciavano
indietro, là si percepiva
meno. Non moriva, nè lasciava
eredità, che macera o che va
in fumo. Ogni cosa
fa il suo tempo
La gente è sempre quella. Immobile
duole vederla. Solo chi sta in disparte. La vita
è lotta, è aggressività, è contesa
leale. Il metodo
è sempre il confronto
Un po' cupa, un po' rozza. Scava
sotto il muro del suono. Tutto gratis,
senza tromba e senza tamburi. Non ha
niente da confessare. E per ogni passo
compiuto, c'è sempre una crepa
Sto imparando a sudare
Non sono mai stato
tanto basso, eppure conosco
l'arte della memoria. A mie spese, nel buio.
Macché! Tanto vale approffitarne
Avvenne ieri
la forza dell'incontro. Domani
lo sforzo di essere compreso. Saranno
sonanti bandiere, le parole d'uso. La fatica
del dire, del parlare, per chi ricerca
qualcosa di più violento che dare
via libera alla navigazione. Le parole
non dette costano
una vita sola |