Il perdono
La domanda: si può perdonare?
Che delirio.
Sento notizie terribili e vedo un giornalista,
al padre cui l'assassino ha ucciso il figlio:
potrà perdonare?
Si parlerebbe poi a lungo se
quel padre sfogasse l'impotenza dell'esistenza
su quella bocca blasfema.
Non c'è rispetto per il silenzio e l'idiozia incombe.
Si può perdonare?
Conosco il modo per redimere chi
mi ha offeso nel nome di mia madre?
Passerà la vergogna, stupida e malata,
perché un uomo mi ha sottratto
i beni nel nome di io e mio?
Posso perdonare il mio assassino?
Io posso perdonare solo me stesso.
Quando rinuncerò ai sentimenti
odio e vendetta.
Se questo vuoto, immenso e repentino,
ultima visione di membra sparse
sulla strada e di folli pensieri
sull'unico istante del bambino che cullai,
sarà riempito da altra ignoranza
e accetterò, sia vero o illusorio,
ciò che il vivere ha portato a morte,
allora
ci sarà il perdono.
Veglia
Questa notte ho letto un libro, tutto,
ascoltando attento il tuo respiro, lento.
Tante pagine e parole, tante ore
passate insieme, quasi una vita.
I ricordi spesso interrotti dal vicino
di letto, che intanto, gorgogliando,
sputa nel catino pezzi di stomaco
cascate di frammenti, piagati, vinti.
Ritorno a te nel pensiero e nel gesto,
ti accarezzo osando un sorriso mentre
fili d'oro trapassano la tua pelle sottile.
Anche oggi il sole ha il coraggio
di filtrare e illuminare vite pietose
che bramano la penombra se non la notte.
Nonno
Un refolo di vento
abbattè il soldato.
Una piombata falce
non potè radere
il grano.
Cannoni e buoi
nuotare ancora
nel fango.
E dietro tu nonno
che già distruggi
il tuo futuro.
Insegnamento
Il piede sicuro marchia la terra.
La tua presenza certa al mio fianco.
Il suono di te, la tua voce mi svela
tutto ciò che è palese al saggio.
Colori graziosi sprigionano innati.
Scorre il fiume senza chiedersi.
Striscia il vento su ogni pelle
parla ad un me stesso indifferente
assorto nella tua melodia.
Cosa imparerò oggi
steso all'erba, nell'odore verde,
nell'umida fessura, madre dolorosa?
Aria passa tra le meningi, vuote.
Abbagli di sè appaiono insolenti
mai addestrati al rispetto del Nulla.
Cosa chiedere a te, Maestro
ora, adesso?
Ti prego, insegnami
ad imparare.
Eri tu
Non eri in quei capelli
accarezzanti la guancia
e nemmeno le labbra
tinte di rosa perenne.
Gli occhi poi sottili e furbi
pronti all'intesa
svelavano somiglianza
e null'altro.
Ma quel gesto confidente
di chinare il capo verso di me
eri tu nell'altra vita.
Falò
Belli i falò e
le chitarre stonate.
Sulla spiaggia
pochi nostalgici, illusi
che giovinezza ritorni.
Lungo il Niger i giovani
pagano con la vita
la gioia dell'Europa.
Azionisti ladri
perdono la refurtiva
dai loro sacchi bucati:
sulla terra, nell'acqua,
nell'aria spargono veleni
a svezzare bambini.
Bambini nudi, neri
come il petrolio
che li uccide.
Intanto i fuochi bruciano
e impediscono la notte.
Non vale un titolo
Un uomo passeggia
sui nostri marciapiedi.
Poi, un attimo,
bello dritto,
solo la testa si gira
e invola uno sputo.
Non ha espettorato
davanti a sè, così
non si pesterà.
Apre abilmente il pacchetto
e la carta fa volar nell'aria
fino a terra.
Non ha gettato davanti a sè
quel cencio inutile:
L'avrebbe ritrovato
nel suo futuro.
Accende la cicca
e passeggia.
L'aspetto esteriore non conta,
ma i suoi occhi
divorano.
Di certo ha divorato
il mio intento.
Finestre
Vapore sul vetro
La mano passa
E ritrovo
In trasparenza
Altre vite
Ho visto un uomo
E una donna
C'era un bacio tra loro
Ho provato amore
Nomi di donna
Passavano lesti
Le ho chiamate
Angelo mio
Ho visto bambini
Baciarsi e sorridere
A cuore aperto
Ho provato amore
Dalla finestra
Ho spiato per ore
Nella casa degli angeli
Ho udito i loro pensieri
Ho trovato amore
Nel coraggio di chiedere:
Posso guardare
Mentre lo salvi?
Ho visto snodarsi il tempo
Seduto ad aspettare
Che un soffio
Spegnesse la candela
Ho sentito il cuore
Gonfiarsi e spremere
Lacrime dagli occhi
Al tuo passaggio, amore.
Ho dipinto d'alito, di nuovo
Sospirando al vetro
Ripassando poi la mano
Per cercare amore
Piccolo paese
Vorrei vivere in un piccolo paese
E dar senso al passo dei miei giorni
Non chiedo terra ricca di sorprese
Nemmanco lune o umori di saturni.
Soccorso sin dal primo sole
Da profumi tigliosi e pineggianti
Proclamerei affetto in fresche isole
Schiarendo ‘l cuore al’ vista di piangenti.
Oltre i longevi e profumati padri alberosi
Guarderei rosso di tegole a difesa
Di famiglia, amanti ed omertosi,
A riposar lavoro, seduta o stesa.
Passerei così le ore, rimanenti al tempo,
A questo battere incessante e silenzioso
Mi dorrò, forse, nell’ultimo momento
Per qualche scempiaggine di vita o contenzioso.
Io spero proprio no, mio piccolo paese,
Accolto or ora nella mente aperta,
Che non sia tu, semplice, a farne spese
Ma fai di me, io tuo, umile coperta.
O nudo concime per una vita differente
Finalmente utile, concretamente.
Il dono
Una casa
In cui ospitare
Un bimbo
È un dono
Del cielo
Benvenuto
Nascere è
Una guerra
E finisce sempre
Con la pace
Occhi
Occhi che guardano.
Occhi che cercano.
Occhi che chiedono:
Stai un po' con me?
L'uomo anziano
Una chiara immagine
ho trattenuto di te,
uomo anziano,
impressa nel ricordo:
Un labirinto di sentieri
su cui hai camminato
spellandoti i calcagni.
Letti, di antichi torrenti,
a far da cornice alla bocca
in perenne piega
sorridente.
Un naso, monte adunco,
che sorse dal fondo
di una valle ventosa
compressa da terremoti.
S'erge, dritta, sfrontata,
rocciosa parete,
segnata dal passaggio
di spavaldi rocciatori.
Infissero a memoria
di vissuti, i loro chiodi,
che, ere ed esperienza
hanno rugginato.
A dar luce, a tal
atarassico paesaggio,
i tuoi occhi a fondo scuro,
specchi allagati
da piogge dirotte.
Dedichi lo sguardo
e disponi al pensiero:
"Io ti rispetto, uomo anziano,
tu hai vissuto quando
ancora io non ero.
Tu hai vissuto,
vissuto davvero".
Amica
(una sola rima)
Trovo perché ho qualcuno
Che parla un po’ con me
Io non ho mai cercato
E ho sempre mentito
Scopri ora cos’è la luce
Fondi te nell’amore
Non serve spiegazione
Basta trovare il mondo
Dove c’è davvero
Parole che non escono
Restano mute nel cervello
Battono forte e ancor non vivono
Lascia fare a me
Ci riuscirò col tempo
Nessun timore e strani pensieri
Vorrei farti una confidenza
Posso aprirmi e donare
Devo un poco cambiare aspetto
Cambio pettinatura e umore
Vivo perché la vita è amore.
|
Tramonto
Mentre l'aria,
intorno a noi,
si tinge dei colori
dell'amore,
ricordo che
i tuoi occhi
sono d'identico
colore.
I fiori del mio giardino
Chi è questo fiore?
Sei tu?
Sono io?
O è Dio?
Riflessi
Tra gli occhi e il cielo
sceglierei la luce
riflessa nei miei occhi
dalla nuvola sospesa.
Il mio cervello,
illuso di verità scontate,
dipanerei per farne
matasse di concetti.
Manualmente, con arte,
acquisita in secoli
di umana esperienza,
cucirei freschi vestiti
per illudermi ancora
che tu reale, esisti
e non sei soltanto
la creatura specchiata,
l’eco riflesso del mio
perpetuo desiderio.
Stiletti taglienti mi si ficcavano
e le pupille manco reagivano
ai fulmini dolorosi
che le accoltellavano.
La scossa scendeva dritta
nel petto ansioso solo
di rivederti.
Il naso, avido
di nascondersi sotto
le glabre ascelle rugose
motivo, strano, di grande
eccitazione per me.
Le mie mani, palmate
di luce avevano occhi minuti
e profondi che scrutavano
i tuoi seni gonfi e lattei.
Il mio cervello indagava
false verità e bisogni magnificati
condotti da dipendenza,
cronica assuefazione
al corpo tuo.
Mai contento del mio.
E se tu, davvero
altro non fossi che
riflesso nella mente
di ciò che creo fuori
di me continuamente
dentro questa bolla
impalpabile ed eterna.
Così, tanto per impazzire
un tanto al giorno e bermi
da me stesso, frottole
ed inganni.
Che sia tu, che sia Dio,
io ti creo e ti proietto
nella mia magica sfera
che mi nutre oggi
d’affanni.
Antidoto e inibitore
del tuo stupefacente aroma,
unica salvezza consapevole
è rendere immensamente enorme
la mia forma pensiero,
da non essere mai più contenuta
nella bolla che il sapone,
l’illusione che condisce
ogni bel fenomeno del mondo,
ha creato come una
più estranea pelle.
La gonfierò fino a spaccarsi.
Voglio vedere poi, se voi,
riflessi eterni di una
eterna idiozia,
vivrete ancora qui
di casa.
Questa casa è mia.
Luna
Non c'è poeta
Cui tu Luna
Non abbia stracciato
L'anima
Cosa sono sennò
Quelle rade
Nuvole
Che ti donano
Personalità.
Non c'è pittore
Cui tu Luna
Luna
Non abbia lusingato
L'anima
Con speranze colorate
Di amarti
Inutilmente illuso
Di fermare il tuo
Viaggio celeste.
Non c'è amante
Cui tu Luna
Luna
Non abbia strappato
Il cuore,
Due volte ciascuno:
La prima
Bella,
in braccio l'amata
L'ultima poi
In solitaria
Agonia
Del ben lasciato.
Ciò che più
Di te Luna
Sconvolge la mente
È l'amore
Che infondi
Allo scienziato che
Con occhi lentigginosi
Ti osserva
Ogni notte
Luna,
E ti carpisce
Nuda
Ogni anfratto
Forse un dì
Umido,
E che tale
Non artista
Colga di te
La vera essenza:
Monti valli
Fiumi e mari
Per darti
Luna,
I più bei nomi
Dell'amore.
Naturalmente, piove
Poco fa ho gettato del pane,
in giardino,
ed ora posso osservare i passeri,
andare e venire,
con timore,
a piluccare quel bendiddio.
Piove, naturalmente.
Sento delle note musicali.
Un pianoforte,
suona una melodia ticchettante,
composta di fonemi malinconici
che, pure, cadono, decisi.
Chi ha esperienza della vita sa!
Nell’uomo che conosce rimane, perenne,
un sentimento di muta
ma consapevole tristezza.
Essa permane costante in fondo al cuore
a monito ed insegnamento.
Piove, naturalmente.
I passeri, così belli, guardo
imitanti il costante bisogno dell’uomo,
di nutrirsi, di crescere,
e non per volere naturale,
ma per azione curiosa.
Deve assecondare lo scopo divino
e ampliare la propria mente,
innalzare il proprio motivato intento.
Anche oggi guardo il tempo, e i passeri
andare e venire sotto la mia finestra,
e anche oggi
naturalmente, piove.
Le ore perdute
Le ore state,
prive di te.
Le ore perdute
ad aspettarti.
Le ore bagnate
guardandoti andar via.
Le ore notturne, fumate,
per non attendere il giorno.
Le ore levate
e tornavi poi
inondata di pioggia.
Le ore serene
ben poche.
Le ore sudate
facendo l'amore.
Le ore di coppia:
mia necessità.
Le ore maledette
ti portarono via.
Le ore d'estate
sfilate negli occhi.
In ore più belle
ti lascio toccarmi.
Le ore e le ore.
Son nato una volta
ma morto cento.
Le ore a cui tengo
son quasi due dita.
Le ore bambine
rimpiante per sempre.
Dopo tutto
Vecchio amore di sempre dove sei stato?
Io ti ho cercato
Ti trovo e mi perdi in un mondo fatato.
Mi costi una vita, perché ti seguo?
Tu mi hai stregato
Almeno l’avessi vissuta
Passavo il mio tempo solo a cercare
Qualcuno da amare
Tu sola mi avevi capito
Così mi era sembrato
Ti ho legata abbastanza alle mie braccia
Alle mie vene sfasciate
Avere la forza di dire basta
Vorrei ma è troppo difficile
Vorrei svegliarmi oggi e sempre
Ogni mattina
Come non fosse accaduto niente
Come se un treno veloce fosse passato
Senza fermarsi
Davanti a questa stazione
Tutto il bisogno che avevo di te
Per volare
Ti odio, non lo voglio più fare
Devo provare a camminare
Con le mie gambe incontro alla vita
Io tento, ti lascio non mi fermare
Sei bella ma fai morire
Dopo tutta una vita son riuscito a capire
Che ben altri valori ci sono.
Dopo tutto anch’io ho dovuto soffrire
Per arrivare a cambiare, avere ma dare.
Dopo tutto anche il mondo può cominciare
Ad amare al vita.
Qualunque sia, comunque vada
Così non sarà mai finita.
Si potrà parlare anche per le strade
Si potrà vedere attraverso i muri
Si potrà sentire la musica con note nuove
E ogni donna potrà piangere ancora. |