Il vecchio errante
Immutata la sera sorge indisturbata,
simile a una specie perenne
di quieta e limpida armonia favolosa,
dipinta dalle ore severe che instancabili scorrono
e rifulgono negli occhi dei viandanti.
Nelle vesti d’una incantatrice accorta e leggiadra,
solenne, sembra sfiorare la bellezza di ogni essere pensante,
ma nella crudezza di un’impagabile tiranna
taluni ne scorgono a volte i segni e vien loro di comprendere
l’amaro approdo di tutti gli ardori che il giorno ha trascurato.
L’incantatrice strinse a sé tutte le cose come guidata dal destino
e tale, ad oncia ad oncia, la si vide avvolgere,
d’ un etereo manto di nebbia cristallina
che poco si discosta dalle umide pietre,
le stradicciole d’un antico borgo male illuminato,
dove ogni corpo appariva immutato e indistinto
sotto un alone fioco e gelido
e se percorrendo un lato o l’altro della via
il piede s’arrestava incuriosito,
di subito da un’altra parte, smorzato,
si distingueva solitario lo scalpiccìo ignoto.
Dietro l’angolo, che ancora teneva l’oscurità,
si trascinava un vecchio curvo e fiacco,
malconcio il viso rugoso e irsuto
come un antico sapiente dimenticato
e di tratto in tratto afflitto avanzava peregrino e lento
confuso nei flussi dell’universo fra gli stracci dei miserabili;
il malandato senza parole, vagabondo perduto
si tirava dietro un amaro cartoccio infangato,
anch’esso invecchiato intorpidito dagli anni distrutti
deformato dagli inutili ciarpami ch’erano tutta l’esistenza.
Tirava l’errante sul lastrico notturno,
poi si fermava, distratto,
studiando l’ultimo spezzo di un sigaro antichissimo,
poi tirava e si fermava.
Laggiù tra la nebbia dove la stradina deserta s’incrociava
inghiottita dai centenari edifici silenziosi,
gettò uno sguardo indagatore e proseguì.
Il rumore dello strascico che gli abitanti di quel luogo
già conoscevano, fu l’ultimo suo compagno.
Il vagabondo infreddolito dalla oscurità,
riconobbe il suo posto carico di stracci e si accasciò stremato.
La sera lo avvolse in una quiete
limpida e armoniosa quasi favolosa.
Non sentì null’altro che un vivo venticello del tramonto.
L’indomani il sole portò il calore in tutto il borgo,
ma l’illusione di un altro giorno scomparve;
dormirà il sonno eterno dei poveri, disse qualcuno,
o forse si è ripreso la libertà.
Il Silenzio
Quanto, quell’occhio umano incerto che adorna
l’inevitabile insidioso sorriso,
quanto proficuo alla nobile esistenza
e percepito come fondamento inebriante
e forma sensibile capace di conquistare i cuori,
ecco, quell’essere che simile a un estraneo messaggero
accorda menzogne e parole in un tumulto appassionato,
quell’uomo, artigiano delle inezie e fiero
imbonitore di falsi intelletti, temibile e sollecito
manipolatore di ingegnose retoriche,
ecco, il virtuoso, schiavo e tessitore di trame inutili,
misero mago, corrotto dalla sua stessa parola,
schermo alle tristi disillusioni, quanto lo sia
chi potrà dirlo se non la sua stessa anima
che gli si oppone nel silenzio dell’inganno,
chi potrà intuirlo se non Dio.
Nell’enfasi della battaglia suprema
l’ingannatore confuso è già caduto senza averne comprensione,
si dimenerà senza respiro
di fronte all’immancabile essenza
della imperscrutabile sapienza
e diverrà vuoto senza vuoto
nulla senza nulla
parola senza parola,
vittima funerea del Silenzio onnipotente.
Themis
Spoglia del suo drappo, l’ombra disse:
ti dico che non così prodigo è il tempo,
col suo crescere inesorabile mentre
spazza via ogni respiro ogni ricordo
ogni soffio retto o immorale
e congegna vittime ignare per le Moire invisibili
che ingegnose intrecciano immobili l’oscuro labirinto,
ma nè tace gratitudine in ciò che mostra,
e presto il buio alleato scioglierà i suoi lacci
per farne preziose stole di seta
e arricchire i tuoi pensieri
di infiniti sogni e divine verità,
perfette e predilette
che non vi son di eguali,
ma a te sconosciute
fin dal primo giorno della Terra,
e sarai di una preda
nella misera condizione,
la forma indebolita dai lamenti,
confuso dall’Amore e dall’arcano Poeta,
soffocato e placato,
scosso dalle loro armi, luccicanti di lacrime
mentre assediate tra i sentieri della tua anima…
Ed ecco, l’ombra si sfuma mentre s’accosta:
Mira, Io non posseggo natura
né potere per l’animo umano,
ma ancor consigliera nel travaglio sorgo e
m’infiammo ineluttabile laggiù nell’ignoto,
ove le onde buie s’affannano imponenti,
e al mio fianco stolta compagna
la pena più gravosa porto
ostile agli elisi della pace,
e nemica eterna della libertà…
Non t’aiuta dunque, quando il mio pié s’appresta?
Risonò lieve la preghiera
ma forte e salda come avvincente melodia;
triste il mendico vide la notte
e chino il capo, visse cortigiano
innanzi al dio dell’onde galeotte
e dai rimpianti il cuor cavò invano.
L’ultimo sussurro nel silenzio del tempo
discese tra la polvere del suo marmo:
contempla l’immane forza
perché divino è il suo tocco
Alla dea
Gran signora e astro de' pensieri,
co 'l suo scettro, e aureo 'l sorriso,
e l'alba e il giorno e 'l tiepido inverno
essa governerà, e se pur serva divina,
come dea assiste al giusto dramma
senza che vento nè fiato o sussurro
possan mutarla
e di gran tripudio che sia
o penoso il cuor dell'uomo
complice di noi la vedremo,
fino alla fine dell'eternità.
La Riflessione
Quell'occhio umano, ora,
rifinito da tanto acerbo dolore,
appesantito
dalla incantevolezza dei giorni
che passano inesorabili,
vaneggiante freddo e terso,
quell'occhio umano,
che di tanto in tanto sbircia
nella oscurità dello spirito
per poi accontentarsi
delle ultime parole d'illusione,
quell'occhio umano ch'a malincuore
varcherà la soglia fragile della morte,
un giorno che non significa nulla,
quell'occhio umano ora, dico,
appartiene a me.
Il Firmamento
Sorvegliando i monti
tra gli odori dei freschi ruscelli
mi sovviene la sua forza
Esso m'appare lontano e misterioso,
forse un miraggio,
o un solco nell'infinita arena
ma ineguagliabile
corrotto da i secoli amari
indefinibile elemento
che sovrasta tutta la terra
fattore d'istorie e di favole allegre
di cavalieri eroi ed eroiche armi
d'incerti destini
e inesorabili drammi
così, una maschera divina pensai!
.......
lì nasce il lento peregrinare
un milione di anni fa
quando cominciò a costruire i nostri pensieri
L'intelletto
Seppellito dall'arida polvere dei secoli,
trovai,
durante una sera cupa e minacciosa,
dentro uno scrigno rovinato,
un tal dono, sorprendente,
che un improvviso immenso stupore
m'assaliva,
mentre fuori
le nubi severe oscuravano il firmamento.
Il vecchio dominatore, dubbio incorruttibile
imperturbabile tiranno dell'esistenza
si dileguò
e l'equilibrio si distese su ogni cosa.
Nel silenzio di un attimo...
cominciò a piovere...
...chiusi il libercolo
e insieme ad esso il suo infinito segreto.
.....poi scesi a bere il mio tè e m'addormentai.
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