Venezia
Sul rio di San Zanipolo
avanza lenta una barca
nella calura soffocante
di un agosto di guerra
Un vecchio gondoliere
spinge gentile il remo
a tramutare urti in carezze
per il suo carico di vita
Più non giungono fuochi e bagliori
nè grida insanguinate
da quella terraferma di dolore
Dita magre di fame hanno smesso
di raschiare una madia ingrata
Oggi è un giorno di pane e di sole
e tutto intorno ridono al tuo cuore
anche gli opachi umori
di questa serenissima città
Rilucono le muffe smorte
ed anche gli angeli scrostati
di questi antichi capitelli
sembrano vivi di nuova luce
nell’aria di un sogno sospeso
tra il cielo incerto dei tempi
e questo verde smisurato mare
Oggi è un giorno di dolce timore
e tu difendi il grembo e tremi
come in bilico trema questo Novecento
sulle palafitte di una storia amara
Stasera poserai lo sguardo
sul mite frutto del tuo amore
stanca di una felicità raggiunta
dimentica di lotte e di tormenti
Sarai madre di una speranza
e avrai donato un uomo al mondo
Non ti faranno più paura
i malanni gli odii e le maree
perché non sarai sola
ad affrontare questo lungo viaggio
Io già lo vedo quel bambino nuovo
mentre lo culla eterna
l’onda della laguna d’oro
Splende brillante il cielo del Leone
fiera sembra che innalzi per lui
questa città la sua bandiera
Bologna
Ci sono porti intravisti dal mare
e città sorvolate di fretta
dove arriva il tuo viaggio distratto
Bologna invece ti abbraccia
è visione emersa dal cuore
che sale da bassa pianura
e rossa di terra e di umore
innalza il tuo sguardo
e due dita a indicarti il suo cielo
Mi ricordo ero giovane un giorno
dei giorni padrone e dei sogni
Un sogno era là a portata di mano
ed io giocavo a pensarmi una vita
scegliendola nuova e diversa
nel grembo di madre benevola e opìma
scrigno turrito di amore e buon tempo
aperto al mondo e a tutte le strade
Ma gli anni passano e i sogni invecchiano
chissà mai se una Dotta insegnante
uno sbaglio di troppo mi avrebbe evitato?
Ora che imbianco vorrei chiederlo a lei
ma la trovo nebbiosa e distante
E’ una donna violata e percossa
la bella che perse un dì l’innocenza
tra un nero di sangue e di macchine bianche
e più allegra non danza sull’aia
ormai tutta sommersa di neve
Ma io con giovani occhi la guardo
come fanno in eterno gli amanti
e mi immagino scendere un giorno
sul sagrato di quella stazione:
ad accogliermi vedo già i musici
cantastorie sapienti e poeti
che il mio tempo hanno allietato
Loro sì che il mestiere conoscono
di scacciare quei neri fantasmi
e tra un sorso un accordo e un sorriso
torneranno a narrarmi gioiosa
di Bologna la sua favola antica.
Milano
Milano è un regalo da conquistare:
nasconde tesori nelle chiese
e verdi giardini nei suoi palazzi
ma le speranze di ogni cammino
le tiene chiuse in cassaforte
per chi conosce la combinazione
Milano è duro sudore
di notti bianche e giorni neri
sciacquati in poca acqua di Naviglio
Tutti hanno fretta di andare
e suggere vita da ogni suo istante
c'è chi si gode un'estate d'oro
mentre ai più tocca un autunno infinito
Milano è la culla di tutti gli eccessi
ti entra piano e ti prende alla gola
ogni viaggio è alla tua portata
anima e corpo pronti contanti
ti senti più forte più ricco più tutto
col tuo biglietto di prima fila
Milano è il sogno di luce
sbucato a un dicembre di nebbia
a quel buffo bambino
che dormiva sul sedile di dietro
Oggi lui può toccarlo davvero
quel presepe proibito di un tempo
senza stupore nè meraviglia
e cammina con passo distratto
tra le strade del Parco o di Brera
Perché questa è città di miracoli
come quei due nell'umido viale
passeggiavano stretti li ho visti
mi sembrava di conoscerli quasi
lei e lui incontrati per caso
innamorati anche loro a Milano
Torino
Torino seria e regale
il tuo mestiere
è mantenere promesse
senza sconti o illusioni
Hai la pazienza dei monti
e la tenacia del fiume che ti scava
e doni senza mai chiedere
alla tua Italia ingrata
Torino di lumi e parrucche
di devoti e miscredenti
scettica maestra di virtù
Torino in tuta o in marsina
città di fratelli e protestanti
che resisti al vento del sopruso
ti vedo con la tonaca o il talled
occhiali posati per pensare
e mani febbrili al tornio della storia
Sei oasi sottile di ironica misura
e palestra di carità silenziosa
Torino scacchiera perfetta
dove lottano santi e negromanti
tempio di incensi e demoni
sento la tua magia nascosta
lambire lenta gli umidi ponti
Tante volte ti hanno oltraggiata
in lingue e ferite diverse
ma in seno alla tua Gran Madre
modesta rimani e fanciulla da marito
Con mani fiere unte di fatica
o femmine dita di violetta e zabaione
Torino mio sogno antico
offri giorni cortesi
nel tuo servizio buono
da sorseggiare piano
per non far male.
La farfalla
Esci piano
libera e dolce farfalla
che hai vinto
i cancelli del dolore
Lascia la tua stretta crisalide
e a noi i giorni del rimpianto
Sali piano
e mostra le tue ali
in livrea di stelle
perché anche gli angeli
hanno bisogno
di sognare poesia
Ciao Marbe
Le montagne
Ho provato a scavarle,
a risalirne le ruvide chine,
a carpirne il mistero
in fitte ombre di boschi.
Sempre giravo intorno
a quelle solide cime,
montagne aspre e lontane,
padrone di tutti i miei giorni
e delle mie notti regine altère.
Grandi passioni per gesti avari
e fuoco in pietra racchiuso;
muto il loro segreto, e rara fonte
lo scaturire di indulgenti risa.
Non trovai quel sentiero
che vince le nebbie e i venti doma
e scopre in scintille di ghiaccio
le limpide vette da sempre amate.
Ora in questo vago imbrunire
preparo tra morte foglie e rovi
il mio freddo giaciglio d'autunno,
e abbraccio l'amara terra
che è donna sincera e pietosa madre.
Ormai pago di stanche domande
in un tempo che conta i suoi giorni
mi abbandono a un fedele presente
ed al miele di un ricordo antico,
perché all'ombra delle mie montagne
no, non conosco un altro rifugio.
Sorriso
Ovunque lei lo porterà
sarà grano da mietere
e acqua di sorgiva
Sarà calda parola
e dolce vento di libertà
Nell'ostile boscaglia
come nella fitta foresta
fino agli asciutti deserti
sarà mansueta carezza
e mano forte
costruttrice d'avvenire
Intorno tanti occhi
a correrle incontro
grandi come un abbraccio
Ovunque lei lo porterà
il suo sorriso avrà ali
per chi non può volare
Io ne sono sicuro
perchè quel sorriso
un giorno rese felice
un bambino.
La tela
Amo il tuo ingrato tacere,
e quella tua distanza lenta
come un cerchio nell'acqua
che lascia la riva lontana.
Anche ora intingo il pennello
in ogni mio deluso ieri,
per dare al mio finto fondale
il colore del tuo ricordo
e dipingere una celeste bugia
su questa enorme tela di silenzio.
Il ricordo
Io so che verrà
quel vento di promesse mancate
a bussare al mio spesso portone,
porterà il richiamo del gufo
e un agitare di fitta foresta,
battendo forte sui vetri
il suo crudele martello d'autunno.
Sarà una notte di echi e sospiri,
di cigolìi e latrati lontani
che raggiungerà improvvisa
il mio secco giaciglio,
posandomi fredda la mano
su questi increduli occhi.
E nel silenzio di questa stanza oscura
giungerà dolce come una luce,
lento a trafiggermi il cuore
quel ricordo di un'altra vita,
così bella da sembrare vera.
Giovinezza
Nei tuoi occhi di perla
vedo danzare il mattino
al canto di una nuova stagione.
Senza fretta di attese
si muove leggero con ali intatte
sulla via sconosciuta dei sogni.
Giovinezza, come vorrei tornare
a perdermi nel tuo abbraccio,
e a passo lieve di danza
seguirla azzurra anch'io
quell'alba senza mai fine!
La lacrima
Riempie il tempo
il liquido scorrere delle sue ore,
un lento e perenne colmarsi
di calici vuoti ed uguali.
Nello stanco ripetersi
di tanta perfetta misura,
come goccia eccessiva
uscita da un orlo incapiente
versata da ignoto e sbadato coppiere,
talvolta una lacrima scende
inattesa, bruciante di sale.
Momenti
Catturo ancora momenti
come diafani voli di falene
rubati a questa notte clandestina.
Agosto
Di tanto in tanto
sento salire dal fondo
un chiacchiericcio confuso
come un ronzìo senza posa
che mi girovaga in testa.
Sono i miei pensieri in esilio
che incuranti si affollano
sfidando la noia
e la meridiana calura.
Silenziosi li sento arrivare
si accalcano piano
e lenti mi spingono indietro.
Sopraffatto io subito cedo
in questo molle abbandono
e sento invincibile un vortice
condurmi a ritroso in un viaggio
a seguire la spirale del tempo.
Mi circondano tenui fantasmi
suoni vaghi all'ascolto
e disegni dai bordi sfocati:
vecchie strade e cortili
ed anni veloci che fuggono
lasciando più corti i vestiti.
Avverto nell'aria l'estate
e uno strano profumo di buono,
sento onde calme e infinite
che adagio portano in dono
carezze alla sabbia ed al cuore.
Ecco, ora riesco a vedere,
non sento più pesi né ombre
ma affretto il mio passo bambino
lasciando sicuro la riva:
mi sorprende l'abbraccio del mare
e un mormorìo fresco di schiuma
che sale togliendomi il fiato.
Quel brivido intenso è magìa,
è la vita cercata che giunge
e inattesa mi scuote le ossa:
io seguo e risalgo quell'onda
più forte di ogni vano resistere
e sempre più a largo mi spingo
solcando la dolce marea.
Mi fermo e mi volto ad un tratto
cullato da un verde silenzio:
l'agosto ride nel cielo
e la spiaggia è un mondo lontano.
Ormai libero solo e felice
gli occhi stanchi ho già chiuso,
e il mio sogno può cominciare.
Madre
Pensavi che bastasse amore,
quando hai chiuso l'orizzonte
in tre stanze e cucina,
tra i limoni di Goethe
e il sorriso di un uomo.
E hai portato brume di lago
a nasconderti, mentre negli occhi
invano cercavo pensieri,
e cicatrici sulla fronte
da baciare la sera.
Pensavi che bastasse amore,
e indicare la strada
di ogni cieco dovere,
e insegnare con fede di moglie
il nome del padre.
I tuoi silenzi li ho amati,
quelli che mi hanno cresciuto
e ora mi crescono dentro.
Pensavi che bastasse un sorriso
ma ora, in quella vecchia cornice
il tuo non mi basta.
Questo mondo
Questo mondo da conquistare
lo misura il passo lento delle donne,
orme di fatica che recintano il domani.
Questo mondo da scoprire
lo vedi attraverso i loro sguardi,
occhi di dignità, lacrime di nascosti deserti.
Tutto questo mondo da amare,
scavato di orgoglio e dolore
gridato al vento dei secoli,
lasciato ai figli in pegno
frutto del ventre e della speranza,
pianta da crescere, bimbo da cullare,
questo mondo violato e tradito,
rifiorito quando era sterile,
riconsacrato quando era maledetto,
risanato quando era sordido e marcio,
questo mondo lo devi al gesto antico
di chi porta un fardello di offese
e in cambio dona il silenzio
e un grembo di germogli.
Il mondo dell'uomo è un duro cuore
che si cela dietro chiusi portoni,
e la sola chiave è una mano di donna.
Giochi
Da questa finestra curiosa
affacciata sull'anno che passa
io vedo un azzurro cantiere
ed ospiti cuori fanciulli
ad animare intenti
la nostra operosa officina
che fabbrica sogni e parole:
uno ne forgia e ne inventa di nuove
che mostrano rari colori
e ridenti scintillano al sole.
Uno le incatena in preziose collane
di rare gemme d'Oriente,
degne di ornare il sorriso
e i più profumati seni di donna.
Un altro le lava, le appretta,
le stira con docile cura di madre
e le culla con tenero gesto
come si fa coi ricordi più cari,
o compone impalpabili trame
e veli sontuosi guarnisce
sottili di trine e merletti;
chi ne fa corda di equilibrista
per reggere il peso del mondo
su spalle di cieco profeta,
chi ne offre serti ad Apollo
o ne fa grani per cento rosari
e trepidi inni al creato e agli dei.
Ognuno ha il suo modo di tessere i fili
che uniscono i sogni alla vita,
ognuno ha il suo ceppo da aggiungere
perché arda il camino del cuore.
Anch'io nell'azzurro cortile
scesi un giorno felice a giocare
con le mie timide antiche parole:
la voce sorella di anime nuove
accolse quel vecchio bambino
e riempì le sue ore vuote e ferite.
Ora dall'alto di questa finestra
io vi guardo e a mente vi conto,
vi cerco impaziente e mi sporgo,
ma è soltanto per dirvi più forte
ciò che il cuore nel petto bisbiglia:
grazie a voi tutti, amici e poeti,
i miei buoni compagni di giochi.
Versi liberi
Smetto il giocar da poeta stasera:
celarmi non posso dietro le rime,
devo decidere forma e maniera
che ben si adatti al mio interno regime.
E' giunta l'ora di scegliere un metro,
il modo giusto e lo stile migliore,
un limpido ritmo, un plettro di vetro
per far vibrare le corde del cuore.
Il repertorio provai tutto intero,
odi, sonetti e perfin sirventese,
forse il mio canto non era sincero.
Le mie misure ogni volta le ho prese:
furono sempre costretti e legati
tutti i miei versi, e l'amore che sento.
Soltanto liberi un dì li ho lasciati,
e da quel giorno ancor me ne pento.
Novembre
Tempo di magro raccolto:
sono questi i miei giorni
che molli e indolenti
adagio su un piano inclinato;
la notte svogliata li spinge
e gli occhi non seguono più
il loro lento infinito cadere.
Napoli
Ho visto guglie, e altari, e sepolcri,
strati di pietre dai dolori antichi,
mille statue di santi che pregano
per quelli che ormai non possono più.
Qui ogni alba è scommessa col tempo
eppure promette un giorno di sole:
vaga la mente sorpresa e incalzata,
stordita perde il senso d'Oriente
tra dolci effluvi di fiori e vaniglia
e fetidi umori d'anime sfatte.
Mentre il tuo passo sedotto e straniato
scansa distratto le umane macerie
e i resti preziosi d'alte vestigia,
s'apre inatteso un palco o una quinta
e in scena vanno, attori del giorno,
voci e richiami, sorrisi e litigi.
Allor ti chiedi cos'è che è più vero,
se la tua maschera che porti greve
oppur quest'angolo di carnevale:
qual è la luce che inferno illumina,
qual è quel sole che l'ombra trapassa?
Quante domande da fare domani,
ma non c'è chi mi risponda davvero:
dignità dorme e l'orgoglio riposa
come quei cani assopiti per strada.
Lievita soffice, pasta di rabbia,
dal forno uscirà un capolavoro:
porterà il rosso di un livido sangue
o il caldo vermiglio del pomodoro?
Gira e rigira nei vicoli bui
forse ti perdi, o per caso ti trovi,
ma se speranza ancora ti guida
all'improvviso in fondo alla strada
scoprirai dolce il canto del mare.
Rosazzurra
Non ha il profumo del mare
o i colori di questo autunno
che un vile destino ha rubato
ai tuoi giovani giorni di madre;
non può asciugare il dolore
di lacrime e vane domande,
o recare conforto a chi resta
nel tuo incalcolabile vuoto.
Porta solo la voce sommessa
dei nostri cento invisibili cuori,
flebile fiato di amici poeti
che fragile rima sussurrano al vento:
ti accarezzi quel canto di pace
che ti giunge da questo giardino,
vegli piano il tuo sonno leggero
come dolce bisbiglio di nenia
a cullarti, l'azzurra mia rosa.
Soffio
Quest'oggi la nostra marina
è uno stagno d'azzurra tristezza.
Stentano le prue dei poeti,
al largo non vogliono andare.
C'è calma di vento qui intorno,
nemmeno una brezza discreta
a donarci un segno o una via.
Poi guardo quel cielo di vetro
che mai ci sembrò più lontano,
e scorgo una nuvola dolce
che piano s'innalza e si muove.
Conosco quel soffio di vita,
è un respiro che viene dall'alto:
quel tuo generoso cantare
rallegrò i nostri giorni sottili;
sei tu che a sospingere torni
le nostre logore vele
e mandi la voce del vento
a guidare la rotta del cuore;
sei tu quell'anima amica
che guarda e sorride dicendo:
coraggio, possiamo salpare.
Ciao Daniela
Bugie
Sono messaggere scalze
che attraversano le notti del cuore,
sono pietose viandanti
che offrono ciotole d'acqua
ai caduti in battaglia nell'ultima ora.
Sono le bugie, effetti collaterali della vita:
nascondono il volto per amore
e vanno a morire lontano.
- luglio 2008
Corale
Ci siamo trovati vicini.
Fu il caso o la mia gioventù,
due strumenti bene accordati
che rubano al tempo la sua melodia.
A fianco ci siamo trovati
a cercare le note sul rigo
e le tante pagine sparse
di quel prologo di nostra vita.
Tutti vi vedo come eravamo:
chi si aggiusta la voce un po'roca,
chi tossisce le prime fatiche,
chi sorride alle fresche promesse
di una languida giovane sera.
Tutti cercano quell'intonazione,
la chiave del canto e del proprio futuro,
il cenno, la guida, la mano sicura
e gli occhi attenti di quel direttore;
lui scalda lo spirito e i cuori carezza,
con gesto d'amore e parola di fede
aiuta chi stenta, chi teme incoraggia,
e dopo un inciampo mai indietro si resta.
E' il nostro tempo sospeso,
tra gioie nuove e adolescenti misteri
l'anima vola felice a raccogliere
l'irripetibile dono del Cielo
che a noi dispensa in un solo scrigno
gli amici, la musica e gli anni migliori.
Ma con il canto maturano i giorni,
la vita è sala di più dure prove,
si spengono echi di laudi e mottetti,
ciascuno accorda il proprio destino:
chi armoniche ha unito le sorti,
chi indietro stavolta si attarda,
e c'è anche chi prima del tempo
ha già chiuso il suo breve spartito.
Ovunque siano quelle note fuggite
mi pare ancor di poterle sentire,
abbracci, scherzi, risa e preghiere,
foto ricordo del mondo che fu.
Se oggi riprovo a intonare quei canti
la nota si spezza, s'incrina la voce,
un'onda umida annebbia i miei occhi
e dietro le spesse lenti del tempo
è un buffo danzare di macchie e di crome.
Allora lascio il ricordo cantare,
e ascolto del coro l'attacco preciso:
soavi ondeggiano le antiche note
mentre le voci vibrano ancora
al ritmo giusto che batte d'istinto
con il metronomo del mio cuore.
In memoria di Don Pietro Squartini,
sacerdote, musicista, padre in spirito.
- aprile 2008
Isola
Figlia di un perenne miraggio
incerta appare oltre la prua
la sua silenziosa figura,
memoria di lidi ancestrali.
Aspro è il tuo approdare
al suo mistero inviolato,
racchiuso nel soffio del tempo
e immerso nel bianco maestrale.
La tua anima senti selvatica
mentre cerchi l'antica sorgente
su quella preistorica altura
perduta tra Cartagine e il vento.
Ti senti straniero al suo cuore
eppur pellegrino ti inchini
come su un santo sagrato
a pietre di scoglio e di umani
che i millenni lasciarono vive.
Non farti domande,
non farle richieste importune,
ma osserva dell'isola muta
la sua solitaria preghiera:
sorreggono il cielo le sùghere
porgendo le braccia alla terra
tra i mirti e le basse ginestre,
e pare che invochino grazia
e riparo a quegli uomini puri
che mai l'offesa del vento
nei secoli ha osato piegare.
- aprile 2008
Il canto del gallo
E' un amore caduto per strada
che hai raccolto nel freddo novembre:
l'hai portato nella tua stanza
ed hai tolto con magico soffio
quel suo velo di polvere grigia.
Questo ospite ha messo radici
dove mai passò l'orma straniera;
questo amore cullato, difeso,
lo hai cresciuto all'ombra di roccia
annaffiando con acqua sorgiva;
è rimasto a presidio del cuore
contro il tempo e le sue ragnatele.
Ora è lì che dolce ti guarda
e tue cure preziose ringrazia,
perchè il merito è delle tue mani
se al traditore canto del gallo
da quell'orizzonte non spuntò mai
l'ingrata alba della sua fuga.
- marzo 2008
L'aprile
Pensieri stesi ad asciugare
su questo balcone d'aprile.
Nel mio catino di pioggia
scivolano le ultime gocce
cadute dagli occhi del cielo,
mentre filtra una debole luce
che ricama tele di ragno
sull'umida trave maestra.
C'è un tetto da riparare, domani.
-aprile 2008
Il mare
Presto, partiamo.
Lasciamo il giaciglio alla notte
che ingoia i perduti pensieri;
lasciamo le tetre caverne,
le buie sorgenti di pianto
che tenaci stillano errori.
Calziamo scarpe veloci
che traccino il nuovo cammino
a seguire l'onda del vento;
voglio sentire ancora carezze
e giovane alitar di maestrale,
fuori dalle divelte catene
voglio tornare a bagnare
sciolti e felici i miei passi.
Io lo so, per averlo sognato,
io lo so, per averlo cercato:
non è poi così lontano il mare.
- marzo 2008
Laurea
In questo largo universo di errori,
teatro di cose fatte per caso,
il mio punto sulla sfera del tempo
per sempre un giorno volli fermare.
E' già roccia quel primo granello
e fiore in rigoglio quel boccio di allora.
Gira sempre la ruota degli anni
che pene e gioie lenta dispensa,
ma il mio punto fermo rimane qui.
Il frutto gentile dell'anima mia
intenso ha il medesimo sguardo
che gli recò la sua indocile madre
e il generoso slancio di un cuore puro;
nè invidie conosce, o rancori,
nè compromessi di sorta.
Profondo e chiaro è il lago
del suo intelletto sincero,
e caparbia costanza il suo fuoco;
d'ironia conserva il dono sottile
in mente sensibile e accesa,
ma parole di bimbo conosce
e aquiloni sa far volare.
Io son sicuro che il tempo mantiene
le ricche promesse del suo mattino:
questa laurea è un azzurro gabbiano
che verso lidi stranieri
forse me lo porta lontano.
Ma lui merita cieli puliti
ed alti sentieri per ali d'argento:
che navighi intrepidi viaggi,
che conosca del mondo le strade
e tutto il bene che vi troverà!
Perchè è lui che i sogni possiede,
ed è forza di luce e di spada,
di ogni pena sicuro conforto,
di ogni giornata motore e sorriso;
perchè è lui il mio futuro,
la parte migliore di me.
A Jacopo, mio figlio, nel giorno della sua laurea
23-4-2008
Il voyeur
I versi come asce affilate
dilaniavano le carni sue pure,
e il calamo mio tremante
intingevo nelle fresche piaghe.
Ora amore comanda silenzio,
l'unico unguento che sana
tutte le ingiurie brucianti
e spegne le false mie brame,
le ombre dei sogni allontana
e scioglie le ingannevoli spire
di quell'abbraccio senza risposta.
Silenzio: deposto ho le lame
che portavano parole di strazio.
Ma il silenzio dissecca la fonte,
e con l'eco del freddo rancore
l'alito soffoca della poesia.
Per strada non colgo più accenti,
i miei pensieri sono ali chiuse.
Amici, tra i canti vostri mi aggiro
senza più assenzio né miele:
vuoto è il mio sacco di vano parlare.
Dove è più quel finto poeta
che giocava con cetre ed allori
a ingannarvi e a tradire il suo amore?
Come un laido guardone mi sento
a mirar di lontano i Cupìdi,
i vostri tramonti, gli incubi e i sogni.
Ha il diritto di darvi parole
chi non ha più del cuore la voce?
Poche briciole ancora mi restano,
ai passeri e al vento potrò far piacere.
Nell'onda tremula di un miraggio
anche l'oasi azzurra scompare;
si alzerà il canto dell'ultima ora,
poi il tempo verrà del crudo tacere.
- aprile 2008
Il morbo
Chiusa ho lasciato alle spalle la porta di casa;
ho dimenticato le chiavi, pensavo:
mi sono fermato a frugare le tasche
per cercare non so più che cosa.
Chiuso ho lasciato il portone del mondo;
dei miei pensieri ho scordato la chiave:
mi sono fermato a piangere lacrime
e più non mi ricordo per chi.
Poeta dalle ali di vento, ti prego,
vola all'ufficio dei sogni smarriti
e ruba un ricordo di luce anche per me:
stretto lo terrò tra esili dita
e artiglio di notte mai non lo avrà.
Dedicato ai pazienti affetti da malattia di Alzheimer
ed ai loro familiari
- febbraio 2008
Due abbracci
Sul letto degli uniti destini
ieri un sogno di notte agitata
ha turbato quelle ore di pace
che precedono l'arrivo del sole.
Ero tra due abbracci conteso
sul limite dei miei insonni pensieri:
uno pareva sollievo implorare
da landa di amaritudine giunto
a cercare un sicuro riparo
a una muta e indicibile angoscia;
l'altro era dolce tenaglia d'amore
e stringeva il mio petto in travaglio
come a voler trattenere
la fuga notturna del cuore.
Io soffocato nel mezzo
a lama di rasoio avvinghiato
giacevo anelando una tregua.
Poi la sua ferma e tenera mano
lievemente dal petto ho staccato,
e tornando a girarmi su un fianco
la notte ho invocato leggera
che coprisse i suoi affanni ed i miei.
- febbraio 2008
Everest
Partorì un popolo di uomini
la bianca Madre dell'Universo,
scuri viandanti dell'anima
che portano lampade d'oro
lungo i sentieri del tempo.
Lassù nel puro mistero
non si odono i tristi schiamazzi
e la furia del rosso mercato.
Là non danza il feroce dragone
alitando l'omicida fetore:
non vi è ala di morte che giunga
a ferire dei ghiacci il silenzio.
Ma sotto nevi sante e incorrotte
sgorga quel rivo di sangue
che scorre con lente volute
giù verso la piana di nebbie,
bagnando di un fremito caldo
gli incolti campi d'occidente,
aride zolle della nostra coscienza.
Dedicata ai martiri tibetani
di questo secolo e di quello precedente
- marzo 2008
Il primo bacio
Calavano tardi le ombre d'estate
sul viale del mio giovane tempo;
soffi di vento salmastro sentivo,
e d'arance amare il profumo.
Voci bambine animavano il borgo
e allegri compagni di gioco
sciamavano verso la sera
tra palme, oleandri e promesse rubate.
Ti ho portato dove la strada finisce
e il mare mormora frasi discrete.
Là, in un silenzio di umida sabbia,
tra rocce cadute e nascoste paure,
il tuo mite rossore ho sfiorato
con labbra di stupore ricolme,
suggendo il tuo lieve sospiro
con sete di ignota avventura.
Attinto abbiamo a lungo
alla sognata calda sorgente,
tra battiti d'onde e di cuore.
Hai scostato poi il viso gentile
confessando con un muto sorriso
che ancor sazia di baci non eri.
Con occhi dolci e sgranati
"tes lunettes" hai raccolto felice,
e quasi te ne stavi scordando.
Ti ho guardata e ti ho visto brillare,
come nuvola alzarti e volare
sui tuoi piccoli passi leggeri.
Tramontava il sole in quel mare:
erano i muti miei complici,
testimoni della prima bugia.
- marzo 2008
Conchiglie
Sulla tomba di mia gioventù
oggi porto mimose
e petali spargo di serene parole.
Vengo a rendere grazie
per ogni mia cicatrice,
per ogni irridente destino,
per le piccole o grandi lezioni
che le sagge giovani donne
in amore son solite dare.
E penso ai sogni di ieri
sul davanzale di vita rimasti,
penso ad antichi dolci supplizi,
quando baleno d'occhi nocciola
l'alba dei miei incerti passi
trasformò in giorno pieno,
o quando in verdi paludi
ostaggio mi fece di sciolte chiome
la maestrina che aggrotta le ciglia,
o quando ancora sulla mia strada
per caso incontrai quella sera
un sorriso che non fa prigionieri.
Quanto ferire sapevano
tutte quelle piccole mani!
Ma il mar di Ponente mi è testimone,
anch'io qualche colpo lo infersi:
come onda sul lido è la vita,
prima ti bagna poi si ritrae.
Qui restano, donate conchiglie
sulla riva del mio tempo perduto,
frasi mozzate e dolci pensieri
da spuma di mare relitti.
Tempo non è di farne raccolta:
è già ora di fare ritorno
al caro domestico fuoco
dove m'aspetta lucente
l'unica perla all'oceano strappata.
- marzo 2008
Il testimone
Erano felici quei giorni,
quiete danzavano le ore del canto
e sempreverdi promesse
pendevano da ombrosi sentieri;
insieme eravamo saliti
con la nostra curiosa allegria
su quel muro che il tempo innalza
e ai sogni fa da confine.
Poi per la strada dei giorni
su rotta d'amicizia sicura
c'incamminammo lenti:
come diurne ombre fedeli
a passo di viandante affiancate
ogni sosta si divideva, e ogni partenza,
uno era il dolore ed uno il conforto,
con la stessa bisaccia attraversammo
uniti tutte le stagioni del cuore.
Adesso che stanco mi chiedo
se quei tempi ho davvero vissuto,
se quell'attimo rubato alla vita
fu realtà o l'inganno di un giorno,
non c'è chi per me giuri il vero,
quel testimone mi viene a mancare.
Nei solchi del dubbio invano ho cercato,
ho battuto anche la via del rancore,
son tutte vuote le strade percorse
cercando l'amico fuggito
che scomparve al calar della sera.
Oggi colpito da un agro destino
in che notte giaccia rinchiuso
ancora non m'è dato sapere:
non vale il segreto negato
nemmeno un abbraccio sincero.
Ma al pari di chi non s'arrende
io non mi sento dal sole tradito,
io continuo ad attendere e spero,
perchè non v'è ombra da notte nascosta
che non torni nel chiaro mattino.
Dedicata a Paolo, amico che si è
momentaneamente allontanato
- febbraio 2008
Per lei
Lei che l'illusione incarna
di fermare il sipario del tramonto,
dose inebriante di bramata autostima
e ultima scena del mio debutto
da comparsa dell'impossibile impresa.
Lei sfuggente musa di un giorno,
che con scia di sorriso mi invita
all'arcano mistero che svela
di un'altra pelle il profumo
e d'altra bocca voce e respiro.
Lei ombra ambigua che popola
notturne veglie di rimorso
a rincorrere altrui congetture
e la mia presunzione di salvifico eroe
nell'oscura foresta del male.
Lei muta presenza che incombe
sull'ora di quiete e d'amore
che della casa sostiene i muri maestri.
Per lei, e per lei sola avrei scelto l'inferno?
- marzo 2008
Per te
La tua presa è salda
sulla mia friabile anima d'autunno.
Con faticosa urgenza d'affetto
riempi i miei vuoti di concreti motivi
e sopporti di due vite i macigni.
Con unghie di madre e denti di tigre
difendi l'amore, e con sorriso di tenero angelo
dall'ombra dell'abitudine uscito.
Nel fondo della notte trovi ogni mio respiro
e con mantice di antica brama gioiosa
tieni alta questa breve fiammella di marzo.
Nomi e fantasmi allontani con potenza di mago
e terra prepari per nuovi giardini.
In questo viale di spogli alberi grigi
per te, e per te sola porto gemme di melo.
- marzo 2008
La città senza nebbia
Un abbraccio di bianche montagne
ha protetto il mio primo sonno
quando la china scendeva
del secolo scorso il cammino.
Ricordo profumo di aria pulita
e operosi tetti fumanti
affacciati su chiusi cortili.
Castagne bruciavano allegre
nelle capienti mie tasche
da riempire di sogni fanciulli.
Il mio mondo era quella città,
fronte alta e orgogliosa
a dominare pianura di nebbie,
diritte vie per gente quadrata
che insegna la gentile pazienza,
corse in bici sotto platani freschi
e dolci aromi in bisbiglianti caffè.
In quell'angolo di tempo passato
giovani ripenso i volti più amati,
ma voci odo sempre più fioche
nella penombra di stanze vuote.
Solo distinto mi par risentire
quel quieto rumore d'alba invernale:
fervide pale nel bianco silenzio
ammucchiano ai lati di strada,
come tempo di lenta clessidra,
copiosa e leggera la neve caduta.
- marzo 2008
Aria
Al negozio di quest'epoca sorda
bolle d'aria si insinuano spinte
nei prodotti dei buoni mercanti:
così mangi aria ogni giorno,
l'aria bevi ad avidi sorsi,
e anche i denti con aria ti lavi.
Tutti quei soffi dentro al carrello
della bilancia spostano l'ago
e i conti tornano, per chi li governa.
Sottile è la mente del genio,
quasi degna di un alchimista:
come oro vendere il niente,
un grammo, un etto o un chilo,
un vero inconsistente tesoro.
Ma l'aria la vendono a sacchi,
in cartoni, balle e pacchetti
tutti i talenti del secolo nuovo.
Qualità regna e zavorra fa prezzo
se cresce il peso del nulla
e si gonfiano vuote parole.
Anche tu sei sul carro con gli altri,
ossigeno e azoto li liquidi a saldo,
già ti stanno col fiato sul collo:
mestierante in cravatta di seta
quanta aria hai venduto stasera?
Poi non dico di colti, politici,
e comici di pensiero maestri,
padroni e servi di quest'etere nuovo:
d'aria un fritto cucinano e di idee semiserie
sempre pronte per proni acquirenti.
Io vorrei un giorno di questi
tutta l'aria far loro ingoiare,
e riempire come otri le pance
fino a più non poter trattenere;
grande spettacolo sarebbe allora
per piccoli e grandi, e popoli interi:
sì, all'aria anche i loro progetti,
un esplodere di palloni gonfiati,
uno scoppio di ridicoli rospi!
E dai quattro canti del globo
tutti sentano come deflagrano
truffe, scandali ed imposture:
così che quando tutto si cheta
tu potrai nel beato silenzio
respirare a pieni polmoni
ripulita finalmente quell'aria.
- febbraio 2008
Mimose
Luce diversa in occhi di donna:
questo vuole il creato per dare
anime agli uomini al posto di pietre.
Forse è il frutto paziente
di affinato intelletto in ere servili,
forse è la forza di chi la vita accoglie,
sovrumana sublime fatica.
Quella luce sorprende ogni giorno
e ogni gesto fa sacro o geniale:
un caldo abbraccio di madre,
un cenno di severa maestra,
uno sguardo di lampo
o un seducente sospiro
che ogni pensiero ti agguanta.
Lei ama il nocciolo delle tue idee,
delle vane elucubrazioni
getta via ogni inutile scorza
e in simultanea traduce
ogni palpito dell'anima tua.
Lei sa camminare sottobraccio al mistero
ma delicata ti prende la mano
sfogliando con te il libro del cuore;
e se ti trascina in vortici folli
solo un suo innocente sorriso,
quando viene l'ora del pianto
lei conosce tutte le strade,
e scioglie la vergogna in perdono.
Se brami col fiato sospeso
un senso, una meta, o un approdo sicuro
sappi guardare al tuo fianco,
perché in un battito di ciglia di donna
c'è tutto il respiro del mondo.
- febbraio 2008
Steve
Ciao Steve, poeta d'America,
artista libero e libero cuore.
Te ne sei andato dal borgo
per scoprire il tuo mondo,
e il tuo mondo a colori ora ride
da pagine accese di luce.
Ricordi la primavera lontana?
Insieme dividemmo i sogni
ed una stessa dolce ragazza:
beninteso a me i sogni lasciavi,
ma geloso di salire sul podio
non fui mai davvero, tu lo sapevi.
Ti invidiavo ben altro,
quel coraggio di esser te stesso
in quest'empio teatro di guitti,
il tuo riso di candida sfida
che spianava le ardue salite,
e il tuo genio profondo e sottile
che ora oltre oceano stupisce.
Qui come allora la pietra e la via,
parenti del tuo etrusco profilo,
aspettano il tuo dì del ritorno.
Non mi curo del lungo silenzio:
io sento, dal mio nascondiglio
che si chiama ancor nostalgia,
che in quel giorno lanciato nel tempo
troverò sempre accanto un amico.
Dedicata a Stefano, amico di un tempo,
oggi pittore, illustratore, vignettista, scrittore e
regista (www.arscomica.com)
- febbraio 2008
Rosa di gennaio
Ti offro la rosa di gennaio,
quella schiantata dall'urlo del vento,
quella che in sonni di ghiaccio dormiva,
che giacque racchiusa in guscio di pietra
e fu calpestata da un muto silenzio.
La colgo di vermiglio bagnata,
offesa e bruciata di lacrime e sale,
e ad una ad una le spine dei giorni
strappo con mano nuda e sincera.
Viva l'asciugo tra le mie dita,
e fresca te l'offro come era allora
rugiada di bosco nel nostro mattino,
l'ora in cui senti il profumo del sole.
E ancor questo ti offro, con quell'esile fiore:
la musica e la quieta risacca del mare,
un'alba di stelle e di timida luna,
ti offro il giorno e ti offro la notte,
con fremiti, giochi e caldi sospiri,
ti offro il canto delle stagioni
e con l'autunno i suoi frutti migliori.
Tutto ciò che il cuor mi contiene
è per te, mia compagna di viaggio:
ti offro il mio amore, ed il tempo che resta.
-Febbraio 2008-
La giostra
Passava un giorno un filosofo a Leida
e chiese al mercante -Hai bisogno di Dio-?
- Mio buon signore, io non mi privo
del migliore tra i miei cambiavalute!
Forse lo voglio un po'meno esigente,
un po'più lontano, che non disturbi
pubblici affari e privati commerci -
- Ho quello che cerchi - disse il profeta
- Dio è natura e natura non mente;
seguire è lecito ciò che conviene,
dice il Tedesco e lo Svizzero afferma:
nel vil denaro non c'è alcuna colpa,
povero è il diavolo e il ricco un salvo,
ai papi l'oro vorrai mica lasciar?-
Vennero in tanti, scrollato il fardello,
a far man bassa di merci opulente,
scafi fiamminghi e britanniche vele
gli affari di Dio lasciarono ai preti,
e un po' più liberi quelli di stato:
se oro d'America preda l'Ispano
con l'abile scusa di Santa Croce,
qual mai peccato sarà per coloro
che sono liberi in libero suolo
schiavi oltremare in catene portare?
Là dove idolo è il mercimonio
l'utile è santo e Dio sta in cantina,
natura è forza e il più forte ha la legge,
si lasci al chierico il suo salmodiare.
Ma troppo è il sangue, ed i metodi rozzi:
sempre è fastidio per il puritano
voce di Dio che tuona lontano.
Ci vogliono idee, un colpo di genio,
se la corona ci fa concorrenza
più libero è il mondo senza più troni:
se la ragione mettiam sull'altare
tutti fratelli possiamo tornare,
se chiese e preti facciamo sparire
sangue e ingiustizia ricordi saranno,
taccian per sempre le voci divine
ai nostri sordi timpani vane.
State tranquilli voi uguali e fratelli
ci pensa tosto un banchiere francese
o qualcuno più Fratello degli altri,
già si prepara un oscuro mattino
di sangue di guerre e di ghigliottine,
ma l'importante è che sia rischiarato
dal puro lumine della ragione!
Ed in tre secoli ovunque mi giro
che cosa vedon gli aperti miei occhi?
Cambian gli dei ma non cessa il massacro,
che sia la storia o il proletariato
la razza, il Corano o l'economia,
ovunque vedo degli idoli vuoti
e schiavi marciare in libere vesti
che liberi credono d'essere ancora,
ma fili muovono il loro cammino;
sempre lo stesso è il motore del gioco,
giostra di vane promesse e di orrori,
utile lucro e incensato profitto
misura del mondo e di civiltà,
potere del lecito e del permesso
che sfida la legge e che legge si fa.
Posso capir che da sempre si ignori
chi dice da sempre scomode cose,
ma se ancor oggi noi i lutti piangiamo
di questa povera storia del mondo
quel povero Cristo che colpa ne ha?
Ho giurato
Il desiderio fuggì invano.
Intrappolato in gabbia di versi
ora non accetta rinunce
il mio testardo compagno:
persino il dolore lo scalda
nelle umide strade del cuore.
Tu che m'ami hai timore del sempre,
un fantasma che infesta la casa
e in mezzo a noi la presa non lascia;
io invece ho paura del mai,
che con il ricordo di un volto
si porta dietro il mai più.
Ho giurato, e pronto a giurare
ancora adesso mi sento;
ma come è duro lottare
se la meta è a portata di un soffio,
e sembra quasi toccarla
la voce della mia poesia.
Sfido il caso se il caso mi tenta,
ancora ho in tasca, lo so,
un biglietto di solo ritorno,
il passaporto per la viltà.
Ma ho giurato, e sono sincero.
Vorrei aver spazio nell'anima
per dare ogni amore che sento
e a ciascuno la parte che vale,
amicizia, rispetto, finanche pietà:
ma il tuo amore, compagna di sempre,
colma intera la mia misura
e i miei giorni riempie di eterno,
non c'è luogo per altra bandiera.
Così rimangono in gabbia rinchiuse
le rime e i miei notturni pensieri,
finchè il raggio del caldo tuo sole
verrà all'alba e li giustizierà.
- gennaio 2008
Extrasistole
Regolare è la ruota degli anni,
questo flebile fiato di vita,
ritmico battito del tempo tuo amico:
anche se a volte accelera il passo
per seguire veloce gli affanni,
o più spesso come ansa di fiume
placida guida il corso dei giorni,
sempre prosegue il suo metro costante
la musica antica del cuore
che segna il passar di stagione.
Ma ecco che un giorno lo senti
quel frullo tra i battiti, come un sobbalzo,
una scossa che dal fondo ti sale.
Ti accorgi che il ritmo è cambiato,
qualcosa di nuovo e di incerto
il tempo ha interrotto e il respiro fermato.
Ti chiedi che cosa, ti domandi perché:
un palpito strano, forse un inciampo,
o l'età che fa scherzi e si burla
della tua voglia d'amore sopita.
Quel tempo bloccato ti turba e ti scuote,
la vita si arresta, è un istante di eterno,
nel cuore sospeso alberga stupore.
Poi, come spinto da un arcano congegno
lo stanco orologio riprende il suo via,
il battito quieto ritrova la norma
e lenta riparte la giostra del cuore.
Da illusionista e medico scaltro
il tempo dice che ogni cosa è al suo posto,
ricomincia il ritmo dei giorni
e tutto come prima ritorna.
Ma del tempo non puoi più fidarti,
e neanche del tuo servo malato:
mentono tutti, e di pietosa bugia.
Allora il tuo battito ascolti
e ad ogni sospiro trasali,
perché nel profondo tu senti
che nulla sarà più come prima.
- febbraio 2008-
Ultimo metrò
Il fiato è corto, sotto suole di piombo
risuonano vuote le ripide scale;
il mio sguardo scavato da un triste sorriso
fissa quell'unica lancetta di quadrante
a pensilina di ruggine appeso:
passa con un gemito sordo
l'ultimo treno della notte.
- febbraio 2008-
Palloncini
Leggeri salgono
in balìa di un vento bugiardo,
come palloncini da mano di bimbo
sfuggiti, tutti i miei anni:
di roseo colore o in tinta sbiadita
nell'aria si librano alti
dal soffio del ricordo sospinti:
lassù quel giorno di neve gioiosa,
più sopra un vociar di cortile,
là i vent'anni miei cari
con il canto delle anime amiche.
Tutti i volti, i pensieri e gli errori
si innalzano ondeggiando nel cielo
facendosi sempre più radi,
in culla di nubi adagiati.
Allora mi pare di esser lì,
ad un passo da poterli toccare,
attaccarmi a quegli esili fili
e da loro farmi portare
ai confini del mondo e del tempo,
nell'azzurro rarefatto mistero
dove ai sensi è proibito arrivare,
e né il dopo né il prima hanno quartiere;
fermarmi nel punto più estremo
a guardare leggera la vita,
proprio là, dove vola poesia.
- febbraio 2008-
Padre
Conoscevo un uomo:
naso lungo intenditore di anime,
occhi umidi di cervo e severe parole;
come scoppio di temporale
nella mia alba azzurra
le sua urla fugaci e le risate piene,
poi caldo sole da guardare di lontano.
Marinaio spavaldo cavalcò il deserto,
l'Africa conquistò e l'Africa riperse;
cento sguardi di donna a seguirlo
come magnete di bussola:
a molte la rotta concesse
ma da una sola fu catturato.
Re della casa e re della foresta
una saggia regina lo vegliava,
Dorothea, dono di Dio, a lui donata
come è Donata la mia paziente sposa.
Gli anni leggeri scesero piano
ad imbiancargli la fronte china;
sciolta la neve in lacrime
nell'ultima fatica d'amore
restituì quel dono alla regina muta.
Se ascolto bene nel mio stanco viaggio
oggi di tanto in tanto posso sentire
tra il salso odor dell'Adriatico
quella voce ancor sonora e gaia
che il vento porta a consolarmi il cuore.
-febbraio 2008-
Lo scrigno
Ci stiamo guardando negli occhi
come da tempo più non accade;
cosa è successo in quell'ora fuggita?
Abbiamo frugato con avide mani
quello scrigno di insoddisfatto desiare:
collane di baci non dati,
gemme fulgenti di sguardi diversi,
perle rare, come parole d'amore mai dette
per ospiti nuovi alla mensa del cuore.
Tu cercavi soffocando in silenzio
la smania, la colpa e il rimpianto;
io maldestro tuffavo le braccia
fino al fondo dello scuro forziere,
all'aria gettando i ricordi e gli affetti.
Ma più cercavamo nel buio
e più tornavamo delusi a scavare.
Solo spine di rovo abbiamo trovato,
e sassi taglienti di duro rimorso.
Più oltre lo scrigno non abbiamo scrutato,
di fronte all'illusa passione
in tempo ci siamo fermati.
Tu sposa hai taciuto e continui la strada,
io ti seguo arrancando per l'ardua salita;
so quello che mi impone ragione,
ma ancor più mi comanda il tuo bene:
riprendiamo il nostro usato bagaglio
che è già carico di ben altri tesori.
-gennaio 2008-
Il tempo del capodoglio
Siamo in tanti, siamo sempre di più:
usati un tempo per il nostro valore
ora nessuna moneta ci stima.
Messi da parte come logore pezze
nel cassetto degli ordinati ricordi
scoloriamo ogni giorno che passa.
Noi siamo i dividendi umani
di una stirpe di aggiotatori e bari,
i secchi rami di un'economia malata
che mai non conosce vergogna.
Siamo vagoni di arrugginita ferraglia
su binari morti addossati,
schiere di soldati di piombo
in attesa di un ordine che non verrà.
Come capodogli spiaggiati
spersi ansimiamo le onde anelando,
la fresca brezza e il sale della vita.
Forse di là dal mare qualcosa ci attende:
un motivo, una ragione, uno scopo.
Ma ora manichini pazienti ci tocca restare.
Piazza dell'Annunziata
Settanta or sono gli anni,
prima che in terra l'inferno scendesse:
giovane donna straniera
sei venuta a incontrare il tuo grato destino;
in questa piazza il bagaglio hai posato,
salendo curiosa le scale
hai aperto il tuo cuore al futuro.
Da quale di quelle finestre
salutasti il primo sole italiano,
madre mia, non so.
Io ti immagino lieta
respirare i nuovi profumi
e i sapori del tempo gustare,
mentre un compunto sorriso
fioriva sul volto pensoso
a correggere un inedito accento,
e grigi i tuoi occhi come le albe
nei laghi di Meclemburgo specchiate
scrutavano già il tuo domani.
Ancora non avevi parole di bimbo
né tristi attese di guerra,
ma già speravi il tuo sereno cammino
accanto all'uomo da lontano agognato.
Quante volte stanca e felice
hai percorso quel vicolo scuro,
quanti fiori di maggio hai portato con te?
Ora i vecchi miei passi
s'incrociano coi giovani tuoi
su queste pietre da mille anni consunte,
ma le tue invisibili orme non trovo.
Che ci faccio ora qui, mi domando,
in questo crocicchio smarrito?
Oggi che sento del mirto
non il profumo ma i graffi sul cuore,
e da occhi di laguna sommerso
sordo mi giunge il richiamo d'amore,
oggi che il peso di errori mi schianta
e bruciano presto gli anni rimasti,
quanto mi sarebbe sollievo
sentir la tua voce nel calmo silenzio,
dolce energia che scuote e conforta,
farmaco raro, cantilena preziosa,
voce pensata con la lingua del cuore
che non chiede di esser tradotta
ma solo ascoltata e rimpianta:
Bubilein, mach dir keine Sorge…….
Non compro
Non contate su di me,
mercanti di effimera schiuma:
io non compro la cresta dell'onda
che viene dal maremoto della mia coscienza.
Il drago
Tramontò l'aprile, più il sole non ride.
Dio era il tuo Sabato, la tua perfezione:
ora sale il cammino di donna
la tua strada di ragazza, interrotta.
Volevo conoscere il malefico drago
che violò il tempio dei tuoi pensieri
e in campo aperto affrontare
chi ti rubò l'innocenza.
Non parlo di quella del corpo,
che è fragile fiore di un giorno,
ma l'armonia della mente,
che è chiave e custode del cuore.
Io però di sogni mi bardo,
e le spuntate mie armi
sono vane domande al vento gridate.
Dove alberga il tuo spirito lieve?
Nè tetto nè grembo hai conosciuto,
e nemmeno so se amore sincero;
chissà se hai fiamma di legna
per questo freddo inverno che viene...
Ora un'umbratile bestia ti segue
e ti spinge su piste di ignoto.
Uccellino che all'alba cantavi,
io non so se hai potuto fuggire,
se hai spiccato in tempo il tuo volo
o ghermito da artigli rapaci
giaci costretto in un pozzo di affanni.
Mentre lento il mio piede trascino
su questo incerto autunnale sentiero
d'improvviso mi volto, una vita è passata;
mi accorgo distratto che non ci sei più.
Ai miei interrogati tormenti
rispondono solo le mute presenze
di un cancelletto aperto, e di una gabbia vuota.
Città
Limpida mi appari nell'alba
sotto un'etrusca falce di luna,
aggrappata al colle
con unghie di rapace
e radici di muto cipresso.
Le tue pietre sono color di rimpianto,
un grigio e rosa saliscendi
che il sole sorgendo bacia d'invidia.
Si rincorrono le tua mura tra varchi e porte,
e salgono amare le antiche scale,
mèmori di corse, risa e sudati mattini.
Ad ogni svolta, ad ogni angolo
stupisci il pittore e il regista,
infinite tele mostri, e siparii,
sotto pergole e androni
furtivi abbracci regali agli amanti.
Nel più buio dei vicoli
fai trovare la luce accecante,
in tutti gli anfratti un giardino,
una speranza al prossimo bivio,
per ogni ascesa un traguardo.
Discrete si aprono con i loro silenzi
le tue cento superstiti chiese,
sentinelle di un passato perduto;
pare che veglino pigre
sul tuo inarrestato declino.
Mentre ascolto il vociare di esotici accenti
scorgo opachi fantasmi,
ombre silenti e frettolose
che calpestano il tuo selciato:
chissà se il tuo volto conoscono…
Io straniero ti vidi un giorno,
ed ora, pur carico di anni
come vuoti pacchetti scartati,
straniero non parto.
Aspetto ancora il tuo manto d'aprile,
verde promessa della dormiente stagione;
come la fortezza di Paolo tenace
sfido da solo il tuo inverno,
quando il tempo si accorcia
e simile a un martellante destino
indifferente soffia il feroce grecale.
L'amore ripara
L'amore cementa i muri sbrecciati,
riempie le crepe del tempo
e colma le fenditure dell'odio,
incolla i frammenti di un'esistenza
che incuria e rabbia sparsero al suolo.
L'amore ricompone le tessere del mosaico perduto,
rifonde le schegge e i frantumi di una notte crudele;
l'amore restaura i pezzi della rotta scacchiera,
riedifica la torre caduta
e ripara al bimbo il suo orso di pezza;
l'amore risalda rottami e gioielli,
stagna le perdite del cuore
e calàfata i navigli per nuovi viaggi;
l'amore cauterizza le piaghe e con gocce di vita
innesta linfa al secco arbusto.
L'amore cuce, riunisce i lembi
e rinaccia gli strappi; rammenda l'anima lacera
con i fili d'argento di una preghiera.
Notte di Epifania
Notte insonne,
notte di cuori e di picche,
notte di rovine.
Nulla è rimasto in piedi
del mio colpevole castello di carte.
Da sotto il mazzo riverso sul tavolo
occhieggia beffarda la Matta.
Addio
Tempo di bilanci, tempo di saldi.
Al mercato vendono amori fuori stagione.
L'età si dilegua in una mattina di gennaio,
ed io vivo distillando lentamente
l'amaro succo dell'addio.
Cometa
Oggi mi scopro a parlare col tempo
come fa un amico tradito,
mentre osservo impotente
del tuo corso la scia.
Sei passata di nuovo nel momento
previsto dalla scienza degli astri,
non dal mio cuore avvizzito:
trent'anni di vita, fuochi e sorrisi,
rumore di festa che poco a poco si spegne.
Dal perduto deserto ti ho vista, lontana,
scendere piano sull'orizzonte
a mostrarmi un diverso sentiero.
C'è chi ha scorto un nefasto presagio,
chi lo scherzo di un giocoso destino;
io ho visto soltanto quel volto
di giovinezza trascorsa, la mia.
Un brivido, una carezza, un sussulto,
un pianto nel disperato silenzio:
forse di questo rimarrà solo un'eco
quando non mi sarà più compagno
nemmeno il tuo sbiadito ricordo.
Fiore di luce
Perduta è la rotta, stanco il nocchiero
al suo timone si appoggia.
Questo mare d'Occidente promette burrasca;
tumultuose parole salgono a galla come bianca schiuma
e spruzzi di lacrime ti sferzano il viso.
Tu guardi un cielo di nuvole e notte
e invochi un segno, una guida sicura.
Ritorna, fiore di luce, stella del cammino,
perché insieme a te possa andare incontro alla sera.
Io ti conosco
Io ti conosco,
tu che nascondi gli anni agli specchi
e rubi il tempo ai calendari ingialliti;
ti conosco
quando con falsi tepori
scaldi l'inverno dei sensi
e l'anima riempi con coppe di orgoglio;
e quando accorci i passi o allunghi dei vicoli il corso,
o sbarri la strada al viandante
perché si perda tra le spire del dubbio.
Io ti conosco
quando fai scender la notte
sui volti più amati
e accendi la luna su stranieri sorrisi.
Mille volte cercai la pace
e tu pace non dai, ma pianto e illusione.
Ti conosco,
ma se mi fa scudo l'amico consiglio
non temo il tuo freddo deserto
e questa primavera d'inganno.
Ora spegni il malefico ghigno
e abbassa l'immonda tua cresta
perché ti assicuro gridando
che ancor vinto non hai.
Canto segreto (My long and winding road)
Nei giorni del tedio e dello spreco
cerco un pensiero lieve su cui posarmi stanco.
Che male c'è?
Non è nostalgia né un cupo rimpianto,
ma la stessa fragile ossessione
che mi portava allora sulla tortuosa strada.
Tu che senza saperlo disegnasti il mio destino,
come lampo al tramonto sei tornata
a colorare ancora un ottobre.
La tua luce di sempre ho intravisto nel volto
che ha sfidato l'oltraggio del tempo,
ma dalle profondità dei tuoi occhi
sembrava provenire uno smarrito richiamo,
eco di solitudine persa in uno scuro fondale.
Ora che sei tre volte quella di ieri
triplice è il mio sottile tormento.
Queste le pene che porto:
non potermi tuffare a salvarti,
e non sapere da che mostro d'abisso;
duro è del tempo il verdetto,
non poter più tornare ai giorni dei miei passi leggeri,
quando era gioia il canto, ed ogni illusione poesia;
più freddo è però il nascondiglio
di chi non sopporta la colpa del reo, traditore e baro
nel quotidiano scambio d'amore.
Questa dolce tristezza che sento
ha il sapore di un ingiusto peccato:
finirà un giorno di premermi il cuore, mi dico,
ingannando persino me stesso.
Intanto tu sfuggi come rapida ombra
lasciando il mistero di un vuoto silenzio.
A troppe domande non ci sarà una risposta:
tu che implori la grazia agli oppressi
da quale prigione invochi l'uscita?
E se hai vissuto tre vite qual era quella sbagliata?
Quale l'antica ferita, quale il fantasma notturno
che ti fa ostaggio di un ignoto presente?
Io taccio: neppur l'eco avranno i miei dubbi.
Posso solo pregare in silenzio
il tuo Spirito delle grandi pianure,
che fermi per sempre quel vento malvagio
che confonde le menti e i giardini devasta.
Io taccio: un altro passo soltanto è un confine violato,
una sfida insensata ricercare il tuo sguardo.
Nei giorni del tedio e del languore
la fragile ossessione si nasconde mentendo:
meglio non conoscerne il nome.
Forse ancora non cerco la quiete
che sopisce i pensieri e rimargina il cuore,
ma se solo questo potesse servire,
se solo questo è il prezzo che salva,
io spero nel sacrificio non vano, e in un Dio che l'apprezzi.
La strada tortuosa qui mi ha portato,
ma alla tua porta mi fermo, e più non canto:
tornare devo con passo sicuro
a colei che dorme fedele al mio fianco.
Arcobaleno
Pura e forte come pietra
sottratta alle profondità della terra,
hai un cuore di arcobaleno
che illumina i miei giorni,
e per sempre, amore,
io ti custodirò.
Sole notturno
Non uscire da questa avventura, non farlo,
perché c'è tanto da vivere ancora
e troppo di noi da scoprire
usciti dagli scuri portoni.
Mi piace il tuo sorriso di sera
anche se il mondo durasse due settimane;
al canto di un nuovo concerto
potrò ritrovare le vie smarrite dei boschi
dai tappeti fruscianti
e lo strano sole notturno
che comincia ad illuminarti
nella mia mente, nel mio domani,
sempre.
Partire
Partire con le valigie vuote
per riempirle del bisogno di te.
Grandi occhi (1975)
Grandi occhi mi dice ciò che vuole,
veramente lo vuole.
Grandi occhi mi segue
ed io ridendo la seguo.
Mi appare allora
vetro che traspare e non mente,
né illusa né predicatrice,
e chiari i suoi pensieri
come la luce lunare
nelle cento notti senza di lei.
Grandi occhi pensa a me,
tutta presa dalla mia confusione,
e si perde dolcemente
nei miei sogni futuri.
Conquisterà ogni giorno del nostro forse,
e a caccia di fantasmi
ucciderà il passato che dorme ancora
nella mia valigia mai così pronta.
Dedicata a Donatella, oggi neurologa instancabile,
madre orgogliosa e moglie pazientissima (la mia).
Colui che mantiene
Ora hai nella mente qualche domani.
E giudica tu.
Davanti hai le promesse di un Dio,
Colui che mantiene.
Cercati un angolo e prega
pare che dicano i passanti
di quel muto giardino.
Nel loro novembre neanche un raggio di sole,
nel tuo tanti domani,
con tutto ciò che sognavi
quando al tramonto ti accarezzava
come le note di un canto,
lontana, vicina, ostinata
malinconia.
Piazza vuota
Griderai
nella piazza vuota di tristezze
che l'universo si coglie come un fiore,
e si offre alla donna che ti ha scoperto
mentre eri uno specchio
e non mentiva una tua sola parola.
Piano si può sussurrare quel canto
che ancora non abbiamo imparato.
Sera
Ecco il volto di ogni attesa
nell'aria tra goccioline sospese
sui cerchi ripetuti dal sasso lanciato
con i battiti delle tempie rosse;
i granelli di polvere
uno sull'altro uguali ed antichi,
e la terra ricoperta,
mille volte bagnata e poi secca la mia stagione;
arcobaleni mai giunti all'orizzonte
tra case fiorite di lumi notturni,
e stagliate a poco a poco ombre vicine
sul freddo indaco mare;
umidi i cammini frettolosi
di chi ha perso l'ultimo autobus
nell'ora battuta dagli orologi,
coro di lancette e soprabiti in corsa.
Ecco il saluto di una nuova sera
senza l'invito del dubbio
alla sua squallida mensa.
Ossessione
Cerco il dono della mia ossessione:
là dove scomparì c'è il vuoto.
Le occasioni perdute
Fra quante occasioni perdute
tuffo lo sguardo a lungo
non trovando ad esse un senso,
non trovando più un perché!
In quanti momenti vorrei
che quel che è sia stato
e quel che fu di nuovo sia!
Ma il tempo passa ciecamente
lungo il buio corridoio
delle mie intenzioni;
e non c'è uscita, e non realtà.
Mi volto, qualcuno mi chiama:
è l'immagine piatta di un sogno
che di quando in quando
mi ricorda con parole di pietra
le tante occasioni perdute.
Sogno d'inverno
Giaccio sepolto dalle mie idee
grandinate in un sogno d'inverno.
La canzone di Laura (1970)
Se il mondo cantar più non potesse,
e non avesser voce vento e mare,
e l'usignolo muto se ne stesse;
se il fiume mio finisse di vociare,
quand'anche al tuono mancasse la forza
di farsi udire nella buia tempesta,
ed un silenzio tetro che tutto smorza
cessar facesse ogni aria di festa,
onde l'amore verrebbe a perire
senza di dolce musica il conforto,
e ancora quello, ultimo, di udire
le dolci campane suonare a morto,
io griderei però con la mia voce
"Laggiù amai un ricordo ancora!"
verso del placido fiume la foce,
dove, anche se oggi lo si ignora,
esisteva la musica del cuore,
quella che mai a udir rinuncerei
armonica e splendente di colore,
perché mi dona l'immagine di lei.
Dedicata a Laura, oggi apprezzata manager universitaria
Viale delle Ginestre (1972)
La sedia è già vuota;
non mi risponderà.
Si è alzato anche l'ultimo fantasma
per dirmi: guarda che è finita.
E' finita dietro la collina
la luce del sole che mi dava fastidio,
e tra le dita ho le solite frasi
appassite di sempre.
E' finita quella canzone che risentirò domani,
e non mi dirà più niente.
E' finita, e sono affogato in un oceano verde,
forse alberi, forse prati, forse occhi.
Non mi sono salvato,
nulla ho fatto, né chiedevo aiuto.
E' finita anche l'ultima fatica del volto
che sembrava sorriso.
E riprendo il viaggio perché so quello che vivrò domani,
e riprendo la paura perché so quello che sarò domani.
Solo un poco di stanchezza.
Solo un poco appiccicose le frasi che ho in mano.
Gli umori che ho chiamato lacrime
ora non servono che a travolgere
schiere di moscerini sconfitti.
Dedicata a Simona, oggi affermata docente di Filosofia del Linguaggio
Uccellino (1975)
Abbiamo incontrato
le armi deposte di un'età passata
sul cammino scricchiolante di frasche.
Hai ancora l'aspetto che avevi
quando il sole cambiava colore
ai tuoi occhi e ai tuoi pensieri,
e nessun vento ti portava via dalla mia strada.
Ma tu ti chiami mattina d'aprile,
giorno di festa, uccellino che non vola.
Quello che non capisci oggi
a festa conclusa non te lo dirò io.
Io trascino i miei giorni
e non so più chi tu sia veramente.
Forse sei solo una voce che canta
finchè avrà le ali, il sole e l'aprile,
e una gabbia per non fuggire.
Dedicata ad Elisabetta, oggi combattente per le libertà civili
e la dignità dei popoli
Ballata
Imparo l'ultima ballata
per scaldare queste prossime sere;
distratto il giorno si è addormentato
ed io canto senza dimenticare,
riunendo i fili d'erba delle mie idee.
E gli amici dove sono finiti?
E la speranza dov'è finita?
Mi torna in mente l'ultima goccia,
quella che mi separò da lei.
Ero troppo bagnato per sentirla;
ma tornerà anche senza di noi
il trentunesimo giorno di settembre
che canto senza dimenticare,
riunendo i fili d'erba delle mie idee.
Immagine seconda
Assenza.
Si dividono le quattro parti del cuore.
Orgoglio
I deserti creati da nostre frasi
e i crepacci aperti da sguardi
troppo lunghi per essere gli ultimi;
aspro paesaggio per il mio ritorno.
Ritorno d'ottobre:
so che non ci crederanno,
e di me rideranno.
Ma alla fine tu sai che
l'orgoglio è una mosca fastidiosa,
un numero telefonico dimenticato,
un sacchetto d'immondizia
davanti alla tua porta;
il primo di una lunga serie
di giorni di pioggia,
che si porta la voce delle nostre ferite,
e batte piano sui vetri
con le parole di una canzone notturna.
Viola
Ma lei si vestì di viola,
profumata di illusione
sulla sponda del rivo strappata
L'era dell'Acquario
Sul piano si formerà un lago;
nel lago nuoteremo felici.
L'oracolo sarà legge, l'unione poesia;
racconteremo agli animali le favole degli uomini,
splenderemo nel cielo come diamanti
di un diadema antico di millenni.
Vivremo in Dio.
Attesa
Dimoro nel buio scantinato dell'attesa
sospirando verso un cielo costellato di silenzi
Amala
Se mai crudele o sublime quel giorno verrà
non tentare di capire, non dire di aver capito.
Amala come donna,
perché l'ordine regni, ed il completarsi avvenga,
e l'unione dei segni sia come in principio.
Amala aleutride od etera,
perché solo il falso è sempre peccato
e ti hanno fatto uomo su questa terra.
Amala come padrona,
perché devi servirla, seguirla, adorarla,
e morirle fedele in qualunque destino.
Amala come sorella,
perché l'affetto sincero sia grande e mansueto,
e lenita la sofferenza, e alleviati i tormenti.
Amala come amica,
perché dubbio infido mai si annidi,
e sua sia ogni tua cosa, nel bene e nel male.
Amala come madre,
perché è tua casa, rifugio ed ostello,
e un solo suo gesto smuove montagne.
Ed amala come il Dio vero,
il Dio che ha dato respiro al mondo che brami,
perché senza di lei polvere torni nel vento serale.
Pesce spada
Pesce spada sdraiato su un fianco;
e dalla bocca escono preghiere rosse
Sospiro
Impaziente chinato
a l'aura dolce sentire
sulla veranda di sempre,
sui fiori odorosi di passato,
mentre autunno corre
tingendo di buio l'amara città
e limpide note combattono l'attesa,
mentre il ricordo giunge
dal monte freddo e lontano,
e sogno e fuoco e calore
bastano a chetarmi;
io sono, e sospiro. |