Poesie di Marco Saya
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nostre pazienze tiro a caso uno dei tanti indovinelli conditi nella mescola di carte scrostate rivolte in barba a Lune e Soli (ci sei in quel letto rettangolo o ring degli accadimenti distratti infilati per ricomporre nostre pazienze la notte sogna con i saiwa del mattino) e soli come pale di quel mulino un po’ d’acqua solleviamo fradici faticati delle domande curvi come il punto coloriamo pagine isole sole tra bianchi disciolti invadendo terre promesse (ci sei in un posto vale l’altro seguendo lo sciame di trame all’unisono cadiamo su quelle bucce bastava guardare dall’altra parte dove la neve alta disegna come spezzate sinusoidi) lente corrosioni di contorni visi in rifacimento del mai stato perché guardare è non guardarsi logorroiche prestazioni saltuarie pur tuttavia random il contatore lancia il game over prima di svuotare la clessidra sfinita da breve brezza come arcobaleno arcuata. (ci sei nel compendio del magma compagno di un tempo ascritto dal malvagio verbo tra palazzi di vetri vitree riflessioni come carie incise) nell’incontinenza delle parti residuati bellici frammisti a petali di rosa devolvono scorie di mal incerto storie sciroppate tra quattro olive nere con calici levati nell’angusto luogo stie di incuranti umanità un sorso qua e là prima del rientro nella favola fredda luce a perpendicolo sul modello Gidea Ikea (ci sei quando non ci sei percezione dell’assenza chè giocare a nascondino conta sino al numero non scelto e le pause disperdono l’amore sino a esaurimento della pila)
Breve amore
Romanzo
Perché mai?
Il tempo
Fine
Ora so
Talvolta penso alle periferie
Notte Goccia Marea Chissà come mai... E tutti dicono
Cade per caso
Finzione
Interrogativo
Futuro
La fine del viaggio
Tra il silenzio degli ulivi Sintesi
Attesa
Precarietà
la storia inizia indietro Rotta di collisione Poetastri Flash |
Mi ricordo di quando gli occhiali Erano un lontano ricordo e la vista Già sfocata dalle pellicole della vita Rendeva meno amaro il contorno e L’incipiente cecità mi rendeva felice Semplicemente il tempo precipita Da quella carrozzella in cui adagiato Guardavo il girotondo di farfalle e Un carillon anticipava il metronomo Che a 250 all’ora come un cuore impazzito Scoppiava semplicemente... Ho ancora la voglia di riflettere in un
Vorrei cambiare luogo
E’ proprio vero! Non vi dovete stupire se affermo che
Il dettaglio non conta! Tra poco Comunico senza tanti fronzoli
Da bambino non mi ricordo di
Sento che sono tempi difficili
Mi piace improvvisare quel poco A cinquant’anni ti rendono la vita complicata
La depressione non guarda in faccia
Che schifo la mia strada apro il cancello Ho sentito dire che il senso dell’onnipotenza |
Perché pensare troppo? Ora non ho in testa niente, una zucca vuota e la strada mi guarda dal balcone Forse… sono io che guardo la strada dal balcone Che differenza fa? Mi piace ricordare un po’ di tutto in questo stato confusionale Intermittenze di tempo e la lampadina s’accende ma si fulmina, talvolta, e il chip swiccia in off kè, ma xkè mi metto a scrivere così, ora mi riaccendo, passa la giornata, quella via è cambiata, io cambio la moquette e il gatto la morde, ho appena rimesso a nuovo il bagno. Prima c’era il caos della solitudine che ordinava a suo piacere e il vino mi piace rosso (quello che fa sangue) E continuo a recitare, intanto ingrasso, sento i miei…, raramente, in ufficio sento una canzone dei Pink e poi ritorno alla Statale con la testa, Capanna, Cafiero & company, l’avventura del corteo infinito che si scioglie come burro fuso e le radio private, il sonno perso nei locali e il cellulare vent’anni dopo non squilla e la compagna del liceo chissà che fine ha fatto e questo flusso mi snerva, nulla cambia, il tempo si, passa in fretta, banalità della routine che uccide l’inizio della passione, poi torno a osservare la strada dallo stesso punto in cui anche mia nonna si affacciava e guardo giù, sempre i soliti bipedi che , ogni tanto, alzano su la testa , che sguardi!, amico Clint tira fuori la Colt, il manifesto di Marilyn che sorride, Harry ti presento Sally in DVD (visto 200 volte per ammazzare la noia di una pasta in bianco), Hendrix che cambio con Jovannotti per poi tornare ai Dik dik e Guccini insegna che al cesso dobbiamo trovare la pace E parliamo un po’ di questa pace! Guardo il TG e poi canale5 , tutti insieme appassionatamente un bollettino di morti! Pazzi che riammazzano perché essere assistenti sociali gli ha fatto perdere le buone maniere…, madri che non ricordano il bastone con cui hanno ucciso i propri figli e poi Vespa che analizza i dati coadiuvato dagli statistici, gli strateghi della morte e l’audience sale e sale e sale, il grattacielo graffiato da un aeroplanino che si schianta e il settembre 2001 , un contatore che incrementa morti su morti in giro per il mondo, onnivori all’assalto perché i frigo sono vuoti e le patatine fritte hanno un gusto diverso dal kebab Perché pensare troppo? Ora ci sono, mi sporgo e i bipedi corrono, cosa ricavano da questa fretta? Niente!, accumulano la scusa per non vergognarsi di questa vita imposta! Tanto la solfa non cambia! Potrebbe mutare? Si, con il contrario di tutto Agire al contrario, no invece di si, si invece di no Facile l’equazione Corri alla metropolitana Corri in bagno Corri per il panino Corri per timbrare Corri per ubbidire Corri per tornare a casa Corri per un veloce happy hour Corri per schiantarti su una qualsiasi strada Corri, corri,corri,corri… Rallenta, rallenta, rallenta,rallenta… Fermati, fermati, fermati, fermati, Ora! Guardati attorno! Sei finalmente solo Ricomponi i tuoi frammenti Assaggiali come se fossi quel bambino che pensava che sarebbe stato diverso il dopo… Torna al passato… Cancella dalla lavagna lo sporco del gessetto Quanta polvere in casa! Ogni giovedì viene la filippina Ma la polvere rimane S’accumula, si deposita, s’intrufola ,riappiccica alla pelle tutta la città è inquinata, ci confondiamo con le polveri delle fabbriche, crepiamo con lo stesso odore, gli occhi bruciano, sempre più rossi accecati da troppa luce, la metropoli è un solarium (altro che i lampioni dei giardini di Versailles) e il verde è grigio o grigio-verde Tutto si confonde, ricapitolando Frettapolverilucimorti Non era poi così fuori l’imbrattatore di tele e i girasoli non lo guardano più perché c’è sempre Questa maledetta polvere che offusca E come fa la filippina a pulire? Questa è poesia, una lirica che pulsa il ritmo del caos E poi ti ritrovi alla fine, un soffio e sei vecchio vecchio,vecchio,vecchio, e i giovani sono già vecchi perché accettano di aspettare il proprio turno al GS , aspettano le promesse di un lavoro che non esiste, la pensione che dovranno pagare alla cupola del domani e le valige non sono più di cartone ma le migrazioni continuano e non si divertono, l’ansia della città non aspetta nessuno, riempiono come stie i bar, come luoghi di lavoro, timbrano il piacere del chi sei? Del cosa fai? Vivono, viviamo tutti ora, la sintesi del nulla, e che cosa rimane? No Martini,no party! Perché pensare troppo? Rozzano |