Ma che giorno è ?
(Memoria degli Ultimi Istanti)
Ma che giorno è ?
È il giorno dei perché
Il giorno dei se…
Il primo giorno senza te
Ma che giorno è ?
È il giorno che si contano le ore
Un giorno incolore
È il giorno del dolore
Ma che giorno è ?
È un giorno senza sole
Un giorno in cui appassiscono le viole
È il giorno che più duole
Ma che giorno è ?
È un giorno di maggio sereno
Un giorno di pioggia senza arcobaleno
È il giorno che versa in gola amaro veleno
Ma che giorno è ?
È un giorno senza gloria
Un giorno che vibra di memoria
È il giorno che racconta la fine della storia
Ma che giorno è ?
È un giorno di lutto e rancore
Un giorno che s'arrende insieme ad un cuore
È il giorno che seppellisce ogni traccia d'amore
Ma che giorno è ?
È un giorno che spira col sorgere di Aurora
Un giorno che testimonia il cambio di dimora
È il giorno dell'abbraccio della Nera Signora.
Ma che giorno è ?
È il giorno dell'addio
Il giorno l'ultimo (giorno) in cui ci son io
Il giorno del giudizio di Dio.
Viltà e virtú
Ripudia le Viltà Abbraccia le Virtù.
Libera il capo dalla Corona della Superbia
e Ornati col Diadema dell'Umiltà
Sfilati la Veste di Lussuria
e Avvolgiti nella bianca Tunica di Castità
Slacciati il nero Manto dell'Invidia
e Appuntati il Tabarro dell'Onore
Deponi il Nerbo dell'Ira
e Impugna lo Scettro della Pace
Abdica dal Podio dell'Avarizia
e Collocati sul Trono della Longanimità
Abbandona il Regno dell'Accidia
e Conquista il Reame dell'Operosità
Stringi le ingorde Fauci
del tuo pago e adiposo Addome
e Sazia la digiuna Bocca della Fame:
Dissetala coi Frutti della tua ricca Opulenza.
Migra dalla larga Strada delle meschine Viltà
sii Paladino della Giustizia
Percorri il nobile Sentiero delle mistiche Virtù.
Ingoia le Tenebre della Menzogna
e Sprigiona la Luce della Speranza
sii l'Angelo della Verità e Cavaliere del Rispetto
in questo Mondo di Violenza.
Sii lo Spirito dell'Amore nell'Animo dei Cuori.
Soffoca le Viltà nell'Ombra dell'Oscurità
e sii artefice del Trionfo delle Virtù
nello Splendore della Salvezza.
La vita è…
La Vita è un'insalata condita.
È seducente come una torta candita
Dolce come una dama irretita
Rinnovabile come una storia scritta a matita
Preziosa come una bionda pepita
Magnetica come una ferrosa calamita
Pregiata come una preda ghermita
Imprevedibile come una vincita riuscita
Universale come un cosmopolita
Prudente come un salvavita
Saggia come un'ascia di guerra seppellita
Umile come una suora dell'abito vestita
Semplice come una mano di gioielli sguarnita
Indipendente come una donna disinibita
Impeccabile come una ragazza compita
Ardita come un'amazzone agguerrita
Determinata come una meta conseguita
Accettabile come una parente acquisita
Rosea come una guancia colorita
Nera come la belligeranza vietnamita
Ambigua come il sesso di un sodomita
Losca come una cosca della malavita
Passiva come un verme parassita
Incallita come una ladra arricchita
Pomposa come una cortigiana di fronzoli abbellita
Assurda come un'oca erudita
Fragile come il cuore dell'acclamata Evita
Evanescente come una foto sbiadita
Labile come i petali di una rosa appassita
Vuota come una stanza ripulita
Insignificante come una cassaforte incustodita
Futile come una camicia sdrucita
Succube come una fanciulla inibita
Fiacca come un'atleta sfinita
Flemmatica come una lumaca insonnolita
Spenta come una carica esaurita
Sterile come una landa inaridita
Negata come una strega dal regno bandita
Ripudiata come una regina destituita
Straziante come un'angoscia patita
Morbosa come una vendetta accanita
Cinica come una scultura scolpita
Infida come un'innamorata indispettita
Austera come un cenobita
Fredda come una granita
Corrotta come una mela marcita
Solitaria come un eremita
Nostalgica come una pena lenita
più Antica di un troglodita.
È racchiusa nelle prelibatezze di una tavola imbandita
nei sapori di una pietanza servita
nel profumo di una pallida margherita
nelle piume variopinte di una allegra cocorita
nei saltelli della piccola Cita
nella vittoria di una sfida in differita
nell'attesa di una sorpresa gradita
nella mercede di un'operaia retribuita
nei risultati di una pista seguita
nell'utopia di una promessa svanita
nella fobia della bellezza sfiorita
nei sogni infranti di un'amante tradita
nei flashback di una storia fallita
nei rimpianti di un'amicizia finita
nei rimorsi di un'anima pentita
nella rabbia di una violenza impunita
nello sdegno di un'ingiustizia subita
nell'omertà di una bocca cucita
nella rassegnazione di una malattia regredita
nella fede di una Chiesa gremita
in una preghiera rivolta a Santa Rita
nel giubilo di una grazia esaudita.
È una romantica gita
la favola infinita della giovane Lolita.
A volte ti porta in salita
fino a toccare il cielo con le dita.
È una strana partita
giocata contro le avversità di questa ipocrita pervertita
e a volte ti senti come una pecorella smarrita.
È dalla morte rapita
e finisce con la dipartita.
Non ti da la smentita
e lascia una profonda ferita.
Dalla Nera Signora fu stordita e intorpidita
ma dopo tre giorni da essa è fuggita
e da temuta ora è ambita
e da mortale Eterna Vita!
L'onda della mia
vita
L'Onda della mia vita non è impetuosa.
Cresce piano piano
come il lento incedere di una lumaca
raccogliendo i frutti dolci e acerbi
nell'Eden dei sogni
amari e maturi dall'albero delle delusioni.
Inarrestabile scala gli agevoli e indi affannosi fianchi
della collina del tempo.
Quando avrà ingrossato il suo ventre dei doni
inviati dall'invisibile astro del destino
s'infrangerà insinuando il seme
nel grembo della madre che un dì la partorì
ritornando goccia di cenere
della opulenta donna fatta di gleba intenerita
e nutrita dall'acqua che il cielo elargisce
pigiando le nubi di pioggia e da essa rinascerà
embrione di una vacua memoria.
Sospinta dal soffio di vento
depositerà poi l'anima immortale
sulla riva del giardino celeste
sua antica e legittima dimora.
E un'anima infante sarà già pronta
a gonfiare l'onda della sua vita
con l'alito gagliardo dei suoi giovani polmoni.
Anche l'amore vuole essere libero
Una foto di gruppo, una preghiera,
un souvenir tra le dita
e nel velo opaco di una lacrima nostalgica,
nelle lucciole caliginose del miraggio
cade Alice nel Paese delle Meraviglie.
Destandosi nel clima del passato lo spettro
della coscienza si rigenera nei sorrisi perpetui
si plasma nei colori eterni.
Batti, oh spirito del tempo, sull'ago dell'inciso
dei passi già segnati nelle orme ormai cancellate.
Scorri sulla traccia di quelle ore remote
rinnovando a queste labbra il sapore puro di quell'aura
antica intrisa del profumo dei sentimenti
che regala un brivido ai sensi.
Concedi ai pensieri di vagare nel giardino tra i sentieri.
Lascia che riposino all'ombra
delle verdeggianti foglie che bisbigliano giulive
in coro nella fresca brezza stagionale.
Sole raggiante nel cielo terso di maggio
sereno nel cuore roseo di primavera.
Eco di note solitarie modulate con voce soave
risuonano nella divina notte di veglia
fra i santi protettori alloggiati nelle sacre mura
della sobria e accogliente cappella.
Anime nutrite dal pio canto religioso
come api dal nettare di un fiore.
Firme nere impresse su un foglio bianco
ma scolpiti i nostri nomi a caratteri d'oro
nella Mano di Dio.
Rinverdiscon le memorie al crepitar del fuoco vivo
che scoppietta vermiglio sulla spiaggia
e sui volti di tutti noi.
Scintilla d'amicizia guizza nel cerchio di mani
strette nella recita del Padre Nostro
calde nell'unione fraterna.
Il falò arde e, bruciando, muore lento
nella pacata e indifferente apparenza
poi, come araba fenice,
rinasce furioso dalla cenere delle sue fiamme
non del tutto sopite
nel legno secolare della nostra imperitura fede.
E diffondendo la sua luce cremisi
e soffocando l'aria nel suo calore
innalza la sua anima scarlatta.
Il mare sussurra calmo schiumando sugli scogli
della riva, il vento soffia dolcemente sulle onde
sotto lo sguardo gaio della candida luna
riflessa nelle acque vespertine del crepuscolo
e l'azzurro chiarore dell'Orsa Maggiore
testimoni, con le vicine costellazioni boreali,
dell'ultimo incontro.
Quei saggi occhi luminosi li abbiamo forse persi
perché li volevamo rivolti solo su di noi?
Rievoca!
Dio non è in un pugno chiuso giacché scivola via
come sabbia se cerchi di stringerlo
Apri il palmo: anche l'Amore vuole essere Libero.
Pensieri sciolti
Denso è il buio delle tenebre
Rade stelle lassù
pulsano nel firmamento
Ubriachi barcollanti
stornellano quaggiù
Tremando vagabondi infreddoliti
si adagiano al lume fioco dei lampioni
respirando tenue calore dai soli artificiali
Vuota come le tasche di un pezzente
Solitaria e schiva
come quel passero che canta
finché non muore il giorno
Pietra inerte
avvolta dai sussurri della notte
Nell'ora delle foschie oniriche
scorrono lacrime
dagli argini dell'iride
Impietoso vento irrita il mare
e solleva onde procellose
Sciolti i pensieri
dalle catene dell'oblio
i segugi inseguono le prede
che li hanno morsicati e feriti
Il branco trascina nell'agonia
il sogno fanciullo
galoppando tra i neri arcobaleni
nella valle dell'Eden
Davanti alle rose mai sbocciate
s'arresta la fuga
legando ancora gli esuli
all'ombra della luce ormai flebile
di quella stella che brillava
dell'amore che l'aveva generata
riflesso nei febbrili raggi scarlatti
Caduti dalle rose i boccioli
del sogno giovanile
lacerati dagli aghi dell'inganno
bruciati dalla fiamma dell'odio
sradico steli dal capo reciso.
Pensieri spenti trasportati alla deriva
annegati nella corrente del fiume
ingrossato dalle fluide pene dell'anima
Morto il sogno ormai maturo
trafitto dall'addio di una scelta
come il petto di un samurai
da lama di spada
Ma quando il tramonto arrossa le nubi
e i vespri attendono rosee aurore
accogliendo solenni avemarie
tornano a galla i cadaveri esangui
delle rose mai dischiuse
alla luce del chiaro di luna
I pensieri in frack riaprono le danze
nella sala delle note romantiche
tracciando il suicidio del sogno bambino
in una girandola di struggenti déjà-vu.
Il fiore dell'eterno amore
Rosa di maggio elitario fiore
del giardino del cuore
hai donato il tuo nettare dolce
e poi, al preludio della settembrina alba,
seguendo il sottile canto di una sirena
che ieri ti ha sorriso sei migrata senza avviso
verso gli esotici lidi d'Africa
come la giovane rondine che librando le sue ali
corvine abbandona la grondaia natia.
Avvinta nella brezza del tradimento
hai mischiato con le rossastre foglie
i tuoi petali scoloriti.
Si risveglia la ridente stagione e festosa al nido
natale ritorna la rondine peregrina.
Ovunque risplende la radiosa stella d'Oriente
tutto si tinge d'aurora nella luce dell'est
ma nel mio giardino un nugolo di mestizia
fa da scudo ai suoi raggi.
Indugia la solitudine dell'inverno
con la scrosciante densa pioggia di lacrime
il lento adagiarsi di gelidi fiocchi alpini
il turbinio dei flebili e sospirosi lai
e di urli strazianti la violenta eco.
È il cuore infreddolito che vomita cristalli di brina
che sprigiona i taciti ed affannosi gemiti
come un tamburo percosso che scioglie le nubi
di malinconia in diafane gocce che annegano
nell'opaco lago di amarezza e vuote come bolle
d'aria e nere come fumo di camino risalgono su
adornando il cuore con una lunga plumbea barba
ed un cappello cinerino che lo incoronano
sovrano di un regno desolato.
Non c'è tregua d'arcobaleno perpetua la tempesta
ché perenne è il tuo esilio.
Rosa che di passione eri scarlatta
giaci inaridita nel fango dell'odio sepolta
tra semi di dolore ed ombre senza luna.
E perché dunque l'invisibile dardo di Cupido
con inciso il tuo nome palpita ancora
annidato come un clandestino impavido
ed ingravida l'animo inerme del folle veleno
del dio alato che sgorga dall'affilata punta
e come un virus contagia la mente
culla dei pensieri che sbocciano infetti del suo sapore?
Perché non scocchi una seconda tua infallibile freccia
tu che accendi e spegni i sentimenti
che ti trastulli con i sensibili cuori umani
come il burattinaio con le sue marionette
rigidi fantocci inanimati pupazzi di legno
oh perfida divinità dell'Olimpo?
Trafiggimi di rinnovato Eros
poiché non è concesso a mani mortali
estrarre i divini strali
ed il lacrimoso diluvio domare non può
l'ardente fiamma.
Mio beffardo e vile amore
perché non hai portato via con te
il luttuoso fardello della memoria piena
dei petali della tua corolla turgidi e sanguigni
delle brucianti tue parole immutate
di sussurrate e immote promesse
del soave suono della tua voce
del gentile tuo viso liscio al tatto e vellutato?
Fedeli quei momenti si riproducono
come musica di carillon che diffonde le note
dell'unica sola amata melodia.
Respira intensamente generoso vento d'oblio
sgombra l'affollata dimora.
Sgonfia i petali e derubali della loro linfa
purpurea e depositali nelle profonde segrete
fauci del silenzio.
Nell'inviolato grembo straniero
della vergine amante essi rifioriranno
vermigli e rigogliosi al bacio dei fasci
luminosi del nuovo sole.
Un gambo spinoso reduce vessillo
della primavera che fu.
Ma su questa radice sempreverde
deposta nell'utero d'ogni cuore
germoglierà il fiore dell'eterno amore
e nessun angelo o demonio terrestre
potrà estirparlo con la sua falce impietosa
dal giardino del cuore.
Il re è nudo!
No! Non domandarmi di questo e di quello...
Non mi interrogare più!
Ti prego, No! Lo sai non ho più l'età
per poter gridare insieme a te: il re è nudo!
Lo sai, Non sono io l'Uomo morto per amore
crocefisso in nome della rosa
Sono uno che insieme all'altra gente
ha gridato: A Morte!
Quello che ha tradito per denaro
che ha venduto senza gloria il suo Maestro
che ha dato un bacio con inganno
Uno che ha lasciato se ne occupassero quegli altri
ché sa dire solo non è compito suo
Un tempo nello specchio la stessa anima riflessa
e il nome, il viso ed i pensieri
un'unica entità facevano di noi
Poi un giorno io, esule, ti ho lasciato
per salire i gradini con le scarpe nuove
ed ho perso le ali come Lucifero
che abbracciò le tenebre
e le governò nel nome di Satana,
ed abbandonai emigrante l'isola felice,
dove il giallo diveniva rosso e l'azzurro blu
Ora ogni cosa volge al grigio lassù
nuvole e pioggia su terre aride quaggiù
Tu sei come eri e come io ero
Il tempo sull'isola che non c'è non batte le ore
sei ancora il fanciullino
che vedeva in un tramonto il mattino
luminoso e senza macchia
e nel blu di una notte novembrina
l'azzurro cristallino della più ridente primavera
Non si fabbricano scarpe né orologi
e non si stampano necrologi
Hai ancora le tue ali trasparenti
per adagiarti sulle fronde a riposare
all'ombra di quel sole che filtra tra le foglie
col mento sempre in su a rimirare il cielo
intonando canti di speranza
Giochi ancora coi delfini nella scia della luna
No, Peter, non piangere, caro fanciullino
non versare le tue lacrime calde
in questi occhi asciutti
Tu conservi il potere della libertà di potere
Sei fiore di loto
radici immerse nel fango e spirito puro di giglio
Io ormai sono perduto dal silenzio corrotto
non posso urlare: il re è nudo!
Nato nel fango e dal fango sommerso:
la melma anche le orecchie ha sigillato
Su quest'isola dove le stelle danno forfait
declinando l'invito degli amanti
è il Capitano Uncino a mangiare il coccodrillo
nessuna lancia di prode cavaliere
è più scagliata contro i mulini a vento
l'hidalgo non sfida più temibili cavalieri e giganti
il Don Chisciotte è ritornato nella Mancia
col fardello di legnate che l'hanno rinsavito
Afflitto da catene
che imprigionano pensieri di lotta proibita
cammino a passi lenti e cadenzati
mani in tasca pugni chiusi e denti stretti
capo chino e occhiali scuri
Protendo il volto alle carezze del vento
per cacciare il fumo che ho aspirato
sospiro ad occhi chiusi e penso che
non posso urlare insieme a te: È nudo il re!
E di nuovo capo chino a contare i miei passi
a soffocare questo grido in gola
e intanto il pescatore di asterischi
conta il carico di stelle rubate al firmamento
svalutate l'indomani al mercato dell'usato
Se puntassi il dito contro il re
non potrei più vagare per il mondo, fanciullino,
in cerca di quell'Uomo che divide il pane e il vino
e scandisce a viva voce rischiando anche la croce
pace amore e libertà per la Sacra Volontà
Starei dietro alle sbarre a veder moltiplicare
i seggi di quei Giuda che son bravi solo a dire:
vota me e farò tanto per te!
e cancellano il sorriso, calpestano l'onore e non c'è di che!
No, Peter, non disperarti vola fino al cuore
e toccalo con le tue ali trasparenti
scuotilo forte con la tua innocenza
sii il carburante dell'anima nostra
e brilleranno ancora i colori dell'arcobaleno
nella quiete dopo la tempesta
E se non posso urlare insieme a te:
il re è nudo! il cuore si consola
sapendo che tutti gli altri me
sanno grazie a te
che non ha scettro né corona il re
È privo di abiti e mantello
e forse non tornerà più al castello.
Leggero bacio di morte abbraccio di
vita eterna
Mia diletta fragile vita
inesorabile gli artigli del tempo
come fili che penetrano una marionetta
affondando le radici nel tuo cuore
ti trascinano alla fine del tuo cammino.
Quando avrai in autunno esaurito
la tua verde linfa ti staccherai dai suoi rami
come foglia scarnita.
La cenere dei tuoi vissuti ricordi
mischiata alla polvere del mondo
e rapita dalle spire ventose
verrà condotta e depositata fra le lapidi
arenose del biondo e infecondo mare.
Allora Morte, temuto demone senza volto
soggiungerà col macabro ghigno
per cingerti con la lugubre falce
e renderti sua sposa eterna
sull'altare del silenzio.
E non ti è concesso ribellarti
al sibillino e forzato rito nuziale
sancito prima ancor del tuo vagito
da chi ti ha generata: il divino Cielo e la fertile Terra.
Figli devoti come salici piangenti si piegano
all'immutabile Fato sommo arbitro
e implacabile boia di ogni vivente creatura.
E quante volte hai respinto la sua spietata corte?
i suoi languidi "I Love You"?
Quante volte hai declinato i suoi copiosi inviti
quando oltre le nubi all'orizzonte
della cupa mestizia e della violenta solitudine
la Nera Signora cambiava pelle
e nella veste d'iride t'ingannava anche nel nome?
Nel delirio dei sensi un profumo d'oblio
sprigionano i suoi fiori letali:
salvezza per l'infelice Romeo il mellifluo veleno
rifugio il pugnale per l'inconsolabile Giulietta.
Ma sciocca e vana è la tua fuga: eccola immobile
minacciosa e sì corporea rifulgere come il sole
che cancella la notte col chiarore levantino.
Al tramonto d'ogni alba tu, petalo di rosa,
appassisci nel riflesso di un capello bianco
e di un'altra ruga e Lei
rubando il vigore dei tuoi anni
muta nel volto nutrendosi di Te.
Quando stanca offrirai il tuo estremo alito
cedendo sconfitta al suo fatidico bacio
il suo manto corvino t'avvolgerà nel tenebroso ventre.
Né prima né ultima amante tu schiava giacerai
nel luttuoso harem della sua tetra dimora.
Ma tu, bella addormentata, dal mortal Sonno
sarai risvegliata dal Principe della Resurrezione:
l'Angelo di Gesù e di Lazzaro spezzerà i suoi saldi artigli
e soffierà in te il respiro della Vita eterna!
Verità nell'anima
Anima divina esiliata dall'Eliso
angelica perla immacolata.
Sigillato nell'universo del tuo illibato cuore
naviga il germe della suprema verità
taciuta alla coscienza allorché annidata
in sagomato guscio d'argilla.
E tu cultore del mistico dogma
perché ti angusti in una ricerca vana?
Nelle indorate pagine del memoriale
di filosofiche dottrine nero inchiostro incide
il nome ancorato alle vestigia dei discendenti di Socrate
simulacri alla futura progenie dei figli dell'assoluto.
All'alba di una nuova era
prima che l'erba di rugiada imperlata
si asciughi ai raggi della stella d'Oriente
ogni tesi assurta da umano intelletto
è già tramontata nell'eco di un lampo
che inaugura la stirpe di nuovi elementi
demolendo i castelli di sabbia
nelle fondamenta di strutture in vetro
destinata all'abbandono in nell'ibernato riflesso
storico dell'epoca crepuscolare.
Le smunte gote di un infermo di rosa possono rifiorire
e la perpetua smorfia di dolore
sbocciare in un giulivo sorriso
giacché della scienza la cultura si sgravò il fiore.
Tu invece testimone di quale evento
o quale vivente creatura si ergerà a giudice
clemente scandendo le parole vittoriose
che da sempre attendi?
La tua inesorabile fanatica e sterile indagine
ma avrà epilogo di sorte favorevole o avversa.
Mai fuochi d'artificio esploderanno
in variopinti arabeschi e giammai inni di gloria
e giubilo in tuo onore s'innalzeranno
mute senza speranza le bocche di mortaretti e ugole.
Ti accanisci ad esplorare i labirintici giardini
delle tue viscere come un investigatore
sulle tracce del colpevole
e come l'affamato felino bracchi l'agognata preda.
Se Arianna il suo filo ti donasse
in Nasso ti condurrebbe senza conforto il suo dipanarsi
e se le prodigiose ali del padre suo
Icaro ti concedesse un uccello non diverresti
e due colpi d'ala non ascendono in Paradiso.
Piume non furono strappate agli angeli
e del tuo derma il rorido calore
come fiamma di candela ne scioglierebbe la cera
che in molli e tiepide gocce colerebbe
come dalle nuvole lacrimano stille di pioggia.
Più sentirai aride le tue labbra più le tue pupille
si disseteranno di immaginarie oasi
che sfumano all'orizzonte tremando
in ingannevoli utopie.
Puoi sfaldare le dune
alleggerendo la carovana dei tuoi dubbi
e archiviare nel ricordo la sabbiosa landa
ma niuna parola fatata ridurrà in frantumi
la barriera che ti separa dalla sfera di cristallo
ché opaca rende la lastra la tua umana scorza.
Presbite ti rende quando la verità
è riversata nella retina dei tuoi occhi
e miope quando il palmo supera delle nari.
Ma la verità indugia nella memoria
dell'anima dove non avrai accesso
finché sarà l'oblò di un telescopio a mostrarti le stelle.
Se verdeggiante oasi minuscolo frammento
di verità alla visione ti si presenta
e uno di più ne conterai nell'intimo pellegrinaggio
i granelli filtrati nello strato subalterno
della tua clessidra sono quelli che formeranno la cima
della lapide del tuo tempo esaurito.
E presto verrà il dì in cui sarai pronto a pagare
il biglietto che ti consente il risveglio
nell'essenza e varcherai la soglia del mistero
lasciando in pegno la pesante zavorra
del tuo scheletro d'ossa e carne rivestito
dalla corteccia di pelle che schiava rese la tua anima
quando desta si trovò nella buccia di carne
come il marmo nasconde la statua
fino a che l'abile scultore non ne delinea i contorni
smembrando la prigione di materia superflua
con la punta del suo scalpello.
È la corporale disfatta la chiave che schiude
il sacro scrigno ove è riposto il venerato tesoro.
Coltiva il seme della verità mentre marchi il sentiero
del tuo destino cospargendolo col pianto affranto
della tua schietta pena e pazienta che germogli
ed espanda il suo denso e afrodisiaco profumo
quando sarai in grado di percepirlo
nella leggerezza e nel candore della tua virtù
scissa dal peccato e la verità che albergava in te
si rivelerà limpida come lo specchio
che ti mostrava le tue umane sembianze
per svelarti il tuo divino volto.
C'è di nuovo silenzio!
È ora di aprire le finestre
entri in scena l'attore
l'acerba ruota del pensile e tondo circo equestre:
c'è già una dimora arredata per lui con amore.
Resti sul palco
finché di lui non resterà che una lapide ed un fiore
ed un freddo necrologio su un popolare rotocalco.
Seppur mai ha imparato la parte
giacché non ha memoria
seppur non ha coscienza dell'arte
è pronto a rappresentare la sua storia
come il più consumato degli artisti
che il premio riceve alla carriera
per le stagioni calde e gli inverni tristi
della sua fruttuosa primavera
e non si adagia sugli allori
ma ambisce e posa per nuovi scatti di esperte polaroid
e danza sotto le luci dei riflettori
per apparire sui tabloid.
È il suo volto ancor celato ma egli è impaziente
il capo ha mosso ma ancor tace
e indistinto è percepibile il mormorio della gente.
Egli s'agita non ha pace.
C'è trepidante attesa
è ora di tirar le tende
ma egli indugia chiuso in difesa.
È ora di togliere le bende
ritardare più non si può
e così il celebre pianto
finalmente si levò
intonato come un solenne canto.
Come un fulmine improvviso tuona
quel prodigioso vagito.
In tutta la sala risuona
antico come un mito
e fragoroso esplode
senza incontrare ostacolo.
A lungo s'ode
dando inizio allo spettacolo.
Come per incanto e alquanto stanco
ma senza trucco e malanno
è uscito dal cilindro il coniglio bianco
e si avvia a sorridere ai flash del suo primo compleanno.
Dalle premature membra è il sangue lavato:
il distacco è avvenuto.
Ora ha una forma ed un volto il nuovo nato
il primo atto è compiuto.
È placato l'urlo.
Come un'onda in crescendo
si leva l'applauso decretando il successo.
Con l'acqua benedetta e della Croce il Segno
è liberata l'anima sua dal pegno
e nel nome del Signore è battezzato.
C'è di nuovo silenzio!
Si riprende con gioia.
L'entusiasmo sui volti è dipinto.
La seconda battuta nella mente sconosciuta
è dalla bocca più volte ripetuta.
È un richiamo carnale:
due braccia sottili ti sollevano rapide
ti poggiano sul morbido seno.
Due labbra rosse scoccano
sulle gonfie e molli tue guance
piccoli baci teneri e sinceri.
Due braccia virili ti stringono salde
come catene di ferro e ti librano in aria.
E tu Peter Pan privo di piume
voli sorridente nel tuo cielo azzurro.
La pausa dei giochi è terminata.
L'intervallo delle favole è cessato.
Dai, muoviti! Il sole ormai è alto.
Monta sulla carovana dei sogni
sfodera la spada del coraggio
innalza lo scudo della gioventù.
È tempo di partire!
Non ti sorreggono più le braccia genitrici.
Nei prati verdi dell'infanzia, puledro,
hai imparato a camminare
percorri or dunque sulle tue gambe
le strade del tuo sentiero contemplate
nel copione che nessuno ti ha porto.
Vai, Adamo, alla ricerca della costola
che, senza dolore né torto,
un tempo ti fu tolta
e costruisci insieme alla tua Eva
L'Eden ai tuoi posteri.
Lo so, viandante, il tuo viaggio è faticoso.
Resta a galla, marinaio,
ti hanno insegnato a nuotare.
Non perdere la rotta, Colombo,
naviga impavido nelle tue acque
come il delfino tra le profondità del suo mare.
Non perderti, Ulisse, fra le reti
dei nemici e le sirene degli inganni.
Ascolta la sola eco delle profezie di Cassandra.
Entra, gladiatore, nell'arena della corrotta società
e affronta i lupi dei vizi con l'orgoglio di un eroe.
Anche quando le stelle sono oscure
e il faro argenteo del crepuscolo non vigila le tue notti
sali, viaggiatore, sui treni della speranza
che marciano correndo nelle lande del futuro.
Non bussare, cannoniere, alle porte del potere
segna i goals dei tuoi rigori coi calci del sudore.
Irrompi, Fred Astaire,
coi valzer dell'amore nei teatri di guerra.
Mieti, contadino, i grani del perdono
nei campi dell'odio.
Scaglia, Robin Hood, dardi d'amicizia
nei cuori di militi ignoti.
Diffondi, musicista, note di requiem
sui cimiteri dell'orrore
pizzicando le corde di strumenti di pace.
Recita, poeta, parole di saggezza
tra la gente d'ogni pelle.
Stringi, ambasciatore, le mani bianche con le nere
e intreccia le rosse con le gialle.
Inventa, pittore, lo stendardo della Terra
intingendo il pennello in ogni cerchio
della tua tavolozza.
E tu, pacifista, agita nel vento i colori
dell'unico vessillo e scrivi Peace and Love sui muri
grigi dell'indifferenza coi riflessi dell'arcobaleno.
Trionfa, giocatore, nelle partite dei compromessi
scartando il seme dell'invidia
e dai scacco matto alla cattiva sorte.
Mira, cacciatore, ai tuoi desideri e spara
i colpi della fortuna
impugnando l'arma del sacrificio.
Scavalca, alpinista, le giogaie dell'incertezza
e arriva in cima ai dubbi.
Esplora, astronauta, gli universi delle menti.
Costruisci, falegname, tavole rotonde.
E tu, sacerdote, invita tutti alla tua mensa.
Scocca, Cupido, frecce di passione
nelle anime gemelle raminghe e solitarie
divise a metà.
E così…
Tra sorrisi e tempeste
serenità e lacrime
preghiere e bestemmie
ritornelli polverosi e inediti accordi
naufragi e miracoli
lutti e cicogne
affanni e lunghe attese
riflessioni e folli azioni
ideali e delusioni
curve e pianure
asfalto e nuvole
fili d'erba e deserti
fiori di pesco e foglie d'autunno
neve e fuoco
liti e abbracci
il primo bacio e l'addio
i si e i mai
i chissà e i no
aurore e vespri
i chi e i perché
carillon di ricordi e illusioni…
il sole sta concludendo il suo giro.
Fatti forza vecchio.
Vomita il tuo estremo do di petto.
Infondi il tuo saluto in quel respiro disperato.
È tardi anche per te, soldato.
Il sole è tramontato: è ora di chiuder le finestre.
Perdi con dignità la tua battaglia, lottatore
non hai più armi.
Arrenditi all'invisibile inchiostro del destino
non puoi vincere con le rughe e con l'affanno.
Spegni la luce, guerriero,
poggia il capo sul cuscino del riposo.
Di' addio, burattino, al corpo di legno
svelati a te stesso uomo:
il lungo naso di menzogne è crollato, Pinocchio.
Denudati delle maschere e degli abiti di scena
liberati della pesante zavorra di carne ed ossa
e abbandonati a Morfeo.
Spalanca le ali piccola rondinella:
è tempo di migrare.
È tempo di ritornare a casa, pellegrino.
Il sipario è calato, la recita è finita:
un debole e breve applauso ti accompagna
mani rinsecchite e stanche
ridiscendono lungo i fianchi.
C'è di nuovo silenzio!
Sole di luglio
Sagome mobili arredano l'arenile randagio
Canovacci spugnosi coprono il litorale
come ghirlande floreali
formando un mosaico di immagini caotiche
Affondano tra i sassolini roventi
le bislacche calzature legnose
come gemme preziose
incastonate in un diadema regale
Laggiù nel profondo blu barche semi-immerse
ciondolate dai disarmonici capricci
dell'acqua cheta e scosse da onde artificiali
sembrano dipinte su tele di pittori
di panoramiche visioni marinaresche
A bordo i pescatori, immobili, sotto i raggi del sole
Ore di eterni minuti in attesa di innalzare
come un trofeo la loro agognata preda
abboccata all'amo viva e ribelle
si scuote per sottrarsi invano alla cattura
coi rivoli di sangue espulso dalle ferite
Bambini indugiano sulla riva
lasciando coi loro saltelli orme infantili
poi s'immergono goffamente nell'acqua
verdognola che cancella con cicliche ondate
di spruzzi schiumosi
i marcati segni di polveroso transito.
Sul terreno sterile sorgono privi di fondamenta
vulcani in piena eruzione castelli con antiche torri
fossati e segreti passaggi di sabbia granulosa
plasmata dalle dita ingegnose di acerbi architetti.
Mani d'olio lucide si strofinano creme abbronzanti
sulla pelle che umida di saline gocce
si nutre di luce apollinea.
Un gabbiano solitario volteggia silenzioso
Vermiglia brilla la cenere di una sigaretta
animata dalla fiamma cobalta di un cerino sfregato
che muore nell'aromatico flusso di zolfo
Occhi bassi di chi assorto nella lettura
viaggia in favoleschi luoghi
Dialoghi intimi di chi si confida
con chi ha daccanto si perdono nelle sporadiche brezze
Ricorrente come un refrain il canto stridulo
del solito gabbiano che scalda le sue piume
nei raggi del sole di luglio.
Quando la verità
Quando la verità squarcia il silenzio
è occhio di ciclope che rivela
gli orli del molo ai naviganti
torcia nell'antro oscuro
cometa sulla stalla dell'agnello.
Quando confida nella profezia
del messianico Avvento
è corteo di palme
Osanna al Figlio di Davide
giubilo dei dodici che, allattandosi
al calice sacro della divina fonte
come della Lupa ai seni i romani cuccioli imperiali,
col rito del cenacolo suggellarono il patto eterno
dell'alleanza nuova nella mensa di commiato.
Quando soccombe al bacio del traditore annunciato
che con fede ferisce e per argento perisce
è Abele dal fraterno odio trucidato.
Quando d'umiltà vestita del popolo si proclama re
è bestemmia condannata alla Via della Croce
issata sul Golgota.
Quando col ripudio Pietro tre volte la rinnega
è araba fenice che, incendiandosi le purpuree ali
sul Calvario della pira,
rinasce del canto nelle ceneri soffocato.
Quando tradita dall'indifferenza
che se ne lava le mani
e dalla beffa è inchiodata
è lama di samurai che affonda
nella passione del cuore che batte per l'uomo
con la pena di Elì lemà sabactanì.
E come il sangue ricama di rosso
il petto del mortale trafitto
così essa sgorga dalle paludi fangose
priva di nodi come giunco flessibile e tenace
pura come acqua di sorgente e,
ad una ad una, cadono le spine dell'anarchica rosa
intrecciate nell'ingiuriosa corona selvatica.
Quando sfida la morte
e china il capo nel grido estremo
è tenebrosa eclissi: Polifemo accecato da Nessuno.
Quando evade dallo scrigno dei segreti
racchiusa come perla custodita
in ostrica marina da labbra sigillate
è spada estratta dalla roccia
flusso di fiume che precipita
in scrosciante cascata
rabbiosa come lingue di fuoco
che s'innalzano da cretere di vulcano
è tuono e lampo che scatenano tempeste
nel brusìo del vento
eco di fanfara tra le valli montuose
pioggia che bagna i deserti.
Quando, dipinta sui muri di quartiere
incisa nella pietra di antichi templi
intonata nelle melodie popolari
per le strade tra i vicoli, avanza imponente
compatta come cemento e leggera come piuma
tra il coro greve dei trilli ingannevoli
è guerriero corazzato su destriero infuriato
valanga nella sua discesa.
È mano consolatrice che t'accarezza
floreali ali di farfalla che vibrano
nella calda brezza primaverile
su ponte d'arcobaleno.
È canto del cigno
morso di cobra
vaso di Pandora
ali di primavera ibernate dal gelido manto
voce sommessa se è quella che temevi.
Quando risorge nell'aurora di ogni dì
cacciando negli alvei sotterranei le ombre lunari
rinnova la promessa nei raggi solari
che fendono l'aria
scaldando le chiome e filtrando nell'anima
dei cuori aperti al suo richiamo.
La fuga
È una notte brada: incalza la tormenta.
E come un trapano tu avanzi sull'asfalto metropolitano.
Piedi nudi fendono il sottile letto d'acqua
fulmini squarciano il cielo nell'ombra dei baleni.
Isola immersa nelle tenebre
sui muri corre la tua ombra cinese
di gentil sinuosa forma di più ricca e folta chioma.
Binari paralleli di scrigni d'emozioni
sagome nella pioggia come insegne luminose.
Il mare è la tua meta fuggiasco disperato.
Eco di urla bucate di lacrime
parole atroci come spari di sicari
penetrano nei pori col gelo invernale.
Crollato è il ponte che convogliava il tuo sangue
alla sua devota passione:
avviluppato da melma fangosa mista a velenose impurità.
Marea di pensieri inonda la caotica gabbia
neri cavalli senza briglie come remi di barca vuota
galleggianti tra i riflessi corvini
galoppano senza freno in un carillon di note acute
miste al suono delle folgori nell'assolo del vento
tra il battito delle onde nel coro della pioggia.
Frustano raffiche di vento abbagliano luci di lampo
gravitano angosce di nuvole gonfie
sul capo irrigato come campo di grano.
Brucia la guancia vibra come tamburo percosso
alla memoria del tocco indelicato di quel palmo
fonte prescelta di carezze d'oriente.
Lucenti, feroci occhi
ti fissano sospesi nell'immensità
come due stelle palpitanti.
Occhi di felino
romiti soli notturni nel firmamento luttuoso
schegge di fuoco
ti scrutano minacciose come onde marine
che sferzano i tuoi arti immobili
sepolti nella sabbia.
Occhi di Medusa inchiodano lì il tuo corpo
rigido come statua in pietra
su piedistallo marmoreo.
Calco organico senza respiro,
sguardo senza visione: né dolore né pena.
Lavi la colpa con l'acqua del primo sacramento
infedele traviato fiore che esotiche ali di farfalla
hai accolto nella tua antèra a saziarsi del tuo polline.
In quella fuga selvaggia la sventurata preda
con veste fantasma correva affranta.
È accanto a te, lei, scalza e senza affanno.
La sua corsa s'è arrestata e il suo abbraccio t'avvolge
nel biancore di una luna morente
che spegne la notte nelle pieghe dell'aurora.
Il suo bacio accende i sensi assopiti
nel crepuscolo del mattino.
Ponte d'arcobaleno sorge sul rivo d'argento
E rosso sangue ne sgorga:
riempie e nutre il grembo del vero amore.
Il volto mutevole delle emozioni
Il buio si tinge nell'aurora
Il sole d'agosto si arrossa nei tramonti settembrini
L'autunno inciampa sul ventre immacolato
Il gelo evapora in brezza tropicale
Aromatica fragranza di rose di maggio
aleggia sul sonno faunesco
Sbocciano i colori floreali nel risveglio gaio
Cieli azzurri indugiano nei chiarori lunari
Nubi si addensano dopo il volo delle rondini
Grumi di nebbia s'annidano nelle strade
Spirali di vento trasportano vagoni di foglie morte
Una nave perde la rotta in acque tempestose
e cerca il faro dei naviganti tra onde placide
Pioggia lieve scroscio intenso
L'ape trasloca di fiore in fiore
Il girasole è fedele alla sua stella
Cadendo di testa l'antica moneta mostrava la sua croce
Ombre cinesi sui muri della fantasia
mutano come nuvole dipinte dagli amanti
Mercenari difendono il nemico di domani
Lacrime innocenti impastano sorrisi di miele
Nel funerale di un'amicizia le rughe del tempo
Nella promessa infranta il ricordo di un legame
Dottor Jekill e Mr. Hyde: in due nomi un solo cuore
Volti mutevoli di un carnevale burlone
Tu, io, la Luna e le maree
trasformisti di una scena.
I.N.R.I.: Preludio alla preghiera
Questa è la Storia di Colui che assurse alla Gloria!
Con l'Arcangelo dell'Annunciazione
ebbe inizio l'Immacolata Concezione.
Fu dunque Gabriele ad annunciar l'Emmanuele
il nuovo Re d'Israele dal Destino crudele.
È venuto al mondo in una misera capanna
e subì una severa condanna!
La vergine pia partorì il Messia e il suo nome è Maria:
Il Signore è con Te e sarai la Madre del Cristo Re
Le rivelò il Messaggero con dire sincero.
Ella del Signore dichiarò d'esser la serva
e di sì rispose senza riserva.
"Si compia in me la Sua Volontà"
profferì la Benedetta con infinita bontà.
E anche San Giuseppe
d'esser padre da un Angelo lo seppe.
Rallegrato che la piena di Grazia non l'avea tradito
di buon grado divenne suo marito.
Si narra che sotto l'Impero d'Augusto
nacque il nostro sovrano buono e giusto
in Betlemme città della storica Gerusalemme.
Uno Spirito Divino guidava Gesù Bambino
ché sarebbe diventato il nostro Pane e il nostro Vino.
Tre saggi lasciarono l'Oriente per adorare l'Onnipotente.
Portarono con se i propri tesori per servirlo con tutti gli onori.
Indossarono i mantelli e viaggiaron coi cammelli.
Seguendo la luminosa cometa vennero ad adorare il Profeta.
La leggendaria stella svelò ai tre sapienti la Buona Novella.
Provarono profonda gioia
quando salutarono l'Infante nella mangiatoia
e omaggiarono il Verbo ancora acerbo.
Nella stalla il bue e l'asinell
col loro fiato riscaldavan l'Agnell!
Conosciuti come i Tre Magi essi erano re non malvagi
giacché non obbedirono al Grande Erode
che aveva già in mente la frode!
Troppi genitori piansero impotenti alla strage degli Innocenti!
Gesù scampò all'eccidio percorrendo il tragitto
che lo condusse in terra d'Egitto.
Ricevette il Battesimo verso i trent'anni
per mano del Battista San Giovanni.
Si ritirò 40 Giorni in meditazione
per prepararsi alla Sua missione:
restò digiuno e in compagnia di nessuno.
Avendo l'animo incerto qui nel deserto
subì la prima seconda e terza tentazione
per opera del Principe della Seduzione.
Ma Gesù non cedette ad un solo insulto
ché a Dio Padre prestò culto!
Dalla Giudea alla Galilea
compì miracoli senza incontrare ostacoli.
Con lacrime d'afflizione
predisse di Gerusalemme la distruzione.
Gli scribi, gli anziani e i Farisei
tentarono di cogliere in fallo il Re degli Ebrei.
Fu Giuda a fare la spia col bacio dell'ipocrisia.
Per trenta monete d'argento si macchiò di tradimento!
E nell'orto di Getsemani al Liberatore legarono le mani.
Egli mai sedette sul trono
ma ci offrì Se Stesso in dono insieme al suo perdono!
Pur convinto della sua innocenza
Pilato non intercedé per la clemenza.
Gesù disse: "Sono Io il Cristo Figlio di Dio"!
ma non ascoltammo la Sua Voce
e Lo immolammo sulla Croce!
Spine chiodi e flagello in cambio al Prodigo Fratello!
Quando la Sua Salma fu avvolta nel Sudario
era cessato ormai il Suo Calvario.
Visse la Passione nell'attesa della Resurrezione:
infatti della Morte Egli fu più forte
e com'era in principio deciso ascese al Paradiso!
Ridestati i soldati da un terremoto
trovarono quei guardiani il sepolcro vuoto
e spalancato ché Gesù dal Creatore se n'era già volato.
"..E il suo Regno splenderà nei Cieli" recitano i Vangeli!
A palmi giunti da quaggiù preghiamo Cristo Gesù!
E le Grazie sono tre che imploriamo al Re dei Re:
Liberté Egalité et Fraternité!
In cambio dell'oro casa e lavoro
Per la mirra colme le brocche di acqua e di birra
e per l'incenso calici di amore immenso.
Oh Signore! che conosci il peccatore
infondici un pò di tranquillità
per salvaguardare l'altrui serenità.
Oh Salvatore! che proteggi il peccatore
guariscici presto da ogni malanno
per poi evitare agli altri qualunque danno.
Oh Redentore! che non castighi il peccatore
se saremo impertinenti oppure strafottenti
e non avremo indulgenza nella breve esistenza
facci fare penitenza con sottile consistenza
ma della Tua benevolenza non farci viver senza.
Con la giusta punizione ci darà l'assoluzione!
E per gentile concessione anche la benedizione!
Padre Figlio e Spirito Santo
nel riso e nel pianto resta(te)mi accanto.
(Il) riflesso d'amore
Nell'oblò dell'iride il blu dei fondali marini
Nelle ombre dello sguardo
le pene dello sgomento
Nel mistero dei dubbi
scanditi da punti di domanda
il volto enigmatico della Sfinge
Sulle gote la luce del tramonto
Nei sorrisi dedicati il saluto di un angelo
Nella bocca la porpora di Venere
la linfa della rosa
il pendolo della comunione
la sella dell'odio
i destrieri della gelosia
le redini del giudizio
Nell'incedere il passo del felino
Nell'eloquenza il verbo della verità
Nei silenzi il martirio della croce
Nei battiti l'urlo della savana
Nei capelli il canto del vento
Nelle linee curve della mano
i chiodi del tuo calvario
Nel cuore le radici della fede
Tra i riflessi cristallini del lago
affiorano azzurri pensieri
Tra i riflessi bianchi della neve
l'anima pura aleggia sul suo manto alpestre
Nel risveglio del gallo rugiada si riversa
dalla culla del pianto
lacrime empiree sì calde ai raggi del Sole
crepuscolari al nimbo della Luna
salmastre tra le gocce dell'oceano
vaghe nel firmamento delle stelle
policrome sotto il ponte etereo della quiete
scivolose sulla corolla dallo stelo spinoso
innocenti come la pietra scagliata dalla fionda
bramose come scintille di fuoco
furtive nei deflussi del dolore
Tra i riflessi delle chimere danzanti
Tu l'utopia incarnata
il miraggio che non si polverizza
in granelli di sabbia
verde palma tra le dune del deserto
il burattino senza i fili della marionetta
e i versi improvvisati di Cyrano
percosso da fremiti spirituali
dalla corrente di rivi plasmici
dove il cuore è la barca che naviga
sul fiume delle pulsioni del suo respiro
e salpa a vele spiegate dal porto del primo seno
Nell'abbraccio notturno Tu la felicità riflessa
l'emozione sugli zigomi
che acquistano i contorni nella genesi crepuscolare
e Tu sei la brina sciolta del mattino
il riverbero nelle pieghe dell'aurora
filtrato nello spirito assopito
rinnovato nelle rinascite primaverili
nei sudori estivi nei colori autunnali
e si illumina come faro tra le bufere polari
gelidi doni dell'inverno più tonico
E proseguono questi dolci momenti
nei sogni di speranze riflessi
sulla linea meridiana d'occidente
I nostri attimi di passione densi
fotografati dai flash in standby della memoria
sulla pellicola dei ricordi
incisi sul muro della storia
archiviati nei diari custoditi da chiavi d'argento
riposti nella tasca del tempo
riflessi sui graffi della morte
tra le rughe dell'attesa
E Tu non sei il riflesso di un'illusione
ma il vangelo da pronunciare
con la saggezza di chi chinando il capo
si arrende e trema di fronte al più forte
e con la gloria del vincitore
che reclama la vittoria col cappio della sua forza
Sei il mare di terra smeraldina
in cui si versa il fiume screziato da schegge di stelle
la foce che raccoglie il riflesso d'amore
nel bacio delle nostre labbra.
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