Tramonto sul lago
Candidi,ancora fieri e
altezzosi,scivolano in fila
serrata sul lago cigni migratori;
non alla ricerca di cibo
e di canneti,ma di quiete,
agognata per l'ultima tappa.
Non si alzeranno
in volo,proseguendo
nel cammino.
Cespugli nascosti
accoglieranno i loro corpi
esanimi,mentre i bagliori
del sole calante,coloreranno
la vita che se ne va .
Anniversario
Nuvole d'organza,
dal sole di giugno
irradiate,s'insinuano,
leggere,nella memoria,
offuscata e intrisa di
di mesti rimpianti.
Sposa ieri,colomba
bianca dalle ali
tarpate oggi,
che lascia cadere dal
becco il ramoscello
d'ulivo benedetto.
Note di un organo
lontano rapiscono,
struggenti,l'animo
che varca il tempo e
lo spazio,accogliendo
con placido ardore
il nuovo anniversario.
Il perdono
Perdonami,fratello,
se nel tuo volto
non ho scorto il suo;
se nei tuoi occhi,
accecati dall'odio,
non ho visto balenare
sprazzi di luce riflessa;
se nel cavo delle tue mani
non ho scorto i fori
della sofferenza;
se non ho sentito palpitare
d'amore il tuo cuore di pietra,
trafitto dalla lancia
dell'indifferenza.
Perdonami,
perché tu sei mio fratello e
fratello del nostro Dio.
Il teatro dei burattini
Maschere meste
sfilano sul palco.
Volti di cartapesta,
senza alito di vita,
corpi di burattini,
sagacemente
manovrati.
Dietro le quinte,
copioni ammonticchiati,
suggeritori attenti.
Attonito e compenetrato,
il pubblico in sala.
Ha inizio lo spettacolo!
Applausi scroscianti
per il monologo del
triste Pierrot.
Sorrisi e frizzi
all'apparir dello
scaltro Arlecchino.
Sospiri languidi
per la bella Colombina.
Tra smorfie e piroette
s'inchina Pulcinella,
servitor cortese.
Coriandoli piovono
sulla scena.
Cala il sipario,ma
domani sarà ancora
Carnevale.
Il volo degli angeli
Nella mente,
imperituri: corpi ignari
e inerti, travolti
dal mare tempestoso
che, ferocemente urlando,
si chiudeva su di loro,
come una bara.
Ingenui infanti, fiduciosi,
spazzati via da onde
gigantesche, che con occhi attoniti,
protendevano le braccia
verso un cielo, troppo lontano.
Vecchi,che con flebil voce,
imploravano aiuto, nello sforzo
di aggrapparsi ad un tronco
divelto, recitando l’ultima prece.
Attimi di terrificante
apocalisse,
nel veder galleggiare,
senza distinzione,
esseri e cose,
stroncati, l’indomani
del Natale.
Ultimi respiri ansanti,
dolore struggente
di sopravvissuti,
pianto di madri,
solitudine di orfani,
ossequioso silenzio di vivi.
Solo una candela… Solo una candela, in questa notte di silenzio e di speranza. Solo una candela, per rischiarare i volti ed infiammare i cuori degli abitanti della Terra. Solo una candela, per salutare il nuovo anno e migliaia di angeli, che sono volati via.
Fiumicino: ore 08,30 Dondolano i battelli ancorati al molo, sfiorati da una pioggerella leggera, che annuncia la fine dell’estate. Attendono un caffè fumante i pescatori, seduti ai tavolini dei bar di Via Torre Clementina, e intanto osannano alla squadra del cuore. Raggiungono le loro postazioni randagi d’ogni sorta, sicuri di accattare un tozzo di pane e una carezza. In testa é Dado, baldanzoso e schietto. Un’atmosfera rarefatta imprigiona i passanti,che sbirciano i nuovi arrivi nelle vetrine, e poi affrettano il passo sui marciapiedi bagnati. Alle fermate, mesti turisti, in partenza, sono in attesa di un mezzo, che li riporterà alla quotidiana routine Fiumicino: ore 08,30. Come “Jonathan Livingston” (Dedicata a Luca) Seduti sul bordo della scogliera, immersi in sovrumani silenzi, interrotti solo dallo sciabordio delle onde sulla spiaggia; ammaliati, seguivamo i tuoi voli. Tu, impavido gabbiano, planavi lento sul mare; poi chiudevi gli occhi, prendevi velocità e, a qualche metro dalla spiaggia, aprivi le forti ali e risalivi verso il blu del cielo. Ti innalzavi con le tue penne remiganti nel vento, trascinandoci in una esilarante avventura di volo, di aria pura, di libertà. Ti sollevavi dalle tenebre dell’ignoranza, dalla rabbia, dalla paura, dalla noia. Eri libero. Attendevamo per ore il tuo ritorno al nostro stormo. Eri il nostro “Jonathan Livingston”; eri per noi un simbolo, una guida. Ma, come il “Grande Gabbiano”, un giorno spiccasti il tuo ultimo volo. Salisti ancora più in alto, nell’alto dei cieli, dove tutto è verità, armonia e amore infinito… Noi, miseri gabbiani, ancora cautamente, sfioriamo la superficie del mare, per acciuffare il cibo; ma con il cuore traboccante d’amore: l’amore che tu ci hai trasmesso PER SEMPRE… Pagine di vita Ad una ad una sfoglio queste pagine scompigliate dal vento. La mia penna le ha scritte nelle ricorrenti stagioni. L’inchiostro muta colore: il blu rievoca i caldi giorni d’estate; il nero fissa nel tempo le caduche foglie; il rosso immortala il tepore del focolare; colori brillanti rimandano alla bella stagione. Sono pagine ingiallite che parlano di sogni e tristezze ormai lontani; di ricordi ancora vivi e palpiti recenti. E’ rivestito d’azzurro questo libro che un giorno chiuderò, sospirando… Quanto freddo stasera! Rintocchi di campane echeggianti nella città assopita sotto una coltre di neve. Aria di festa nelle calde dimore scintillanti nell’attesa del magico evento. Grida argentine di bimbi stupiti ai piedi di un abete che si staglia al centro di una piazza. Ma…quanto freddo stasera! Si attende il Salvatore del mondo, che ancora una volta porrà la sua dimora in mezzo a noi. Nascerà per te che dalla vita hai avuto tutto; per te che sei ancorato all’ultima speranza; per te che esali l’ultimo respiro in un campo nomade o sui gelidi cartoni. Quanto freddo…stasera! L’angelo azzurro Tendimi ancora la mano nelle gelide notti d’inverno, mamma. Irradiami con il tuo sorriso quando la speranza s’infrange come un’onda contro la scogliera. Apri le tue ali, angelo azzurro, e fammi respirare il profumo dell’eterno. Tracciami ancora un cammino ed io ti seguirò. La tua immagine aleggia nei meandri del mio cuore,da quando non ci sei più. Viale d’autunno Ancora insieme. Corpi stanchi e distanti; sguardi spenti ed eloquenti silenzi; mani che non si intrecciano più; passi lenti e schivi, in questo viale d’autunno. Calpestio di foglie accartocciate,che crepitano sotto i nostri piedi: memorie frantumate di un stagione ormai finita. Panchine vuote, baciate dal riverbero del sole. Ancora insieme: io e te. Vite parallele ad un incrocio, per raggiungere la meta finale. Randagio Corri, randagio, verso mete ignote, seguendo le orme di chi ti ha abbandonato. Prati verdi e sconfinati si aprono al tuo passaggio; lidi deserti ti accolgono durante il tragitto; profili di case si susseguono, mentre ti allontani per sempre dalla tua dimora. Volti sconosciuti non ti degnano di uno sguardo, né mani pietose di una carezza. Corri, randagio. Presto, anche tu, verserai il sangue sui tuoi passi, travolto da un’auto in corsa. E’ questo l’uomo! Il mio mare Flussi e riflussi di un mare incontaminato, solcato da barche solinghe, che svaniscono all’orizzonte. Lameggio di onde, che abbaglia lo sguardo del fuggiasco, che ritorna al suo porto, o dell’emigrante, che lascia cadere qualche lacrima amara nelle azzurre acque. Vite incrociate, destini distinti. Mare Nostrum, mare mio. Messina muore Risorgerai ancora dalle tue ceneri, splendida Fenice? Le tue acque sono limpide, il cielo è terso ed il sole splende ancora; ma le strade aggrovigliate; i viali spogli, solcati dai binari del tram; le insegne spente di antichi ritrovi, offuscano il tuo volto. Tu, tenera madre, ti spegni lentamente, tra l’indifferenza dei tuoi figli e lo stupore dei turisti che, incantati, ammirano ancora la tua bellezza. Una mano, laggiù, ti benedice: è quella della Madre Celeste che ancora una volta, dopo due millenni, rinnova la sua promessa “Vos et ipsam civitatem benedicimus”. Sogno d’estate Immergersi nelle tiepide acque, con gli occhi socchiusi, e fermare il tempo. Lasciarsi cullare dalle onde che si infrangono contro gli scogli. Farsi rapire dall’oblio e navigare verso porti sicuri. Fingersi ninfa degli antri marini, per divenire immortale. Inseguire i sogni di una vita, naufragati. Magica estate Stoffe arabescate, svolazzanti, come vele issate, su corpi assolati e sfiorati dalla brezza marina. Chincaglie, allegramente sfoggiate. Un’altra estate. Stessi brividi, stesse emozioni, tra le struggenti note di una bachata. Incedere lieve, a passi di danza, sulla sabbia,infuocata dalla canicola. Rinascere ogni giorno, al levar del sole, e sognare,sulla battigia, cullati dalle onde, al suo calare. Magica estate! Solo tu riesci a sottrarmi alla prosaica esistenza delle altre stagioni. Sulla via del Calvario Quando impervi sentieri mi impediscono il cammino, e mi fanno indietreggiare. Quando gli strali pungenti dell’incomprensione umana trapassano il mio cuore. Quando il peso della croce si fa insostenibile, e cado, soltanto allora sono sicura di seguirti, mio Signore. L’inganno Tessi le tue trame, impavido ragno delle notti oscure. Fili sottili si intrecciano e attendono l’incauta preda. Io non cadrò nel tuo tranello; attenderai invano, mistificatore solitario. Il mondo che sogniamo Mi sveglio un mattino con la pace nel cuore, la luce negli occhi e la certezza di un futuro migliore. Ho visto bandiere ondeggianti nel sole, di un solo colore: quello rosso dell’amore. Un intrecciarsi di mani in un giorno senza tempo, un incrociarsi di sguardi verso comuni traguardi. Mi accorgo che il sogno non é solo mio, perché siamo tutti nel mondo figli di Dio. E’il mondo che sogniamo, senza frontiere, odio e povertà. Un mondo più giusto in cui lo spettro della fame si dissolverà. Accendiamo i nostri cuori, rinsaldiamo la volontà, uniamo le nostre forze ed il sogno diverrà realtà. La magia del Natale Si riaccendono fantasmagoriche luci, che guizzano da un ramo all’altro dell’abete, in uno sfarfallio di colori. Si rinnova la magia di un evento, che è sempre unico: il Natale. Nati liberi Vi rivedo, ad un ad uno, amici di ieri, acciambellati su morbidi sofà, spiando, sornioni, ogni mossa, ogni sospiro. Chicco, Benny, Giulia… e poi… tanti… troppi… per una civile abitazione. Sottratti alla strada, all’indifferenza, alla grettezza umana. Palle di pelo, aggrovigliate, in un’unica matassa. Soffici peluches, dagli occhi lampeggianti e dai corpi, ripetutamente arcuati, alla ricerca di una carezza. Amici mici, bramosi di evadere e scorazzare pei campi, oppure distendersi al sole di primavera. La libertà vi ho concesso, affidandovi a mani sicure, e preferendo alla vostra infelicità, la mia solitudine… - Dedicata a Stefano Cona - La voce del mondo Arresta la tua corsa frenetica, uomo del terzo millennio, e ascolta la voce del mondo. Dai quattro punti della terra, idiomi si mescolano, divenendo un’unica lingua. Implora pace, giustizia, uguaglianza, solidarietà, condivisione. Ascolta il lamento dell’Africa, che languisce per la fame e la sete. Ascolta gli urli disperati delle madri dell’India, allo spegnersi di nuove vite. Ascolta il pianto silenzioso dei soldati, in missione di pace, in Iraq. Ascolta i sospiri dei clandestini, che avvistano nuove terre. Ascolta la voce stanca di questo vecchio mondo, che,ormai, non spera più. Il filo della vita Un filo sottile, che guida nei labirinti, è la vita. Un filo, che si spezza, allorché si trova, finalmente, la via d’uscita. Il gigante Batte un cuore di bambino nel tuo corpo di gigante. Tu:miracolo vivente, scampato per ben tre volte alla morte, per volontà del Padre. Caparbio, come un macigno, irruente, come un fiume in piena, vitale, come le gemme di primavera, tenero, come un cucciolo sperduto. Tu:figlio, tanto desiderato e, tra lacrime e tormenti, tirato su a stenti. Procedi sicuro sulle strade della vita, come se niente fosse mai accaduto. Il tuo passo è veloce, la mente agile; le mani protese verso gli altri; l’animo sensibile ad ogni nuovo incanto; l’orecchio teso, pronto a cogliere l’armonia del canto, il cinguettio degli uccelli, la voce di Dio. Sorreggerai tu un giorno, gigante, questa piccola madre, allorquando le membra, spossate, cercheranno riposo, e la voce stanca ti parlerà di quando eri bambino. Risveglio L’inebriante profumo di zagara si espande da un cortile all’altro, annunciando l’arrivo festoso della novella stagione. Gerani, dagli smaglianti colori, fanno capolino dai balconi, ostentando la loro sfolgorante bellezza. E’ primavera! Tripudio di luci, di suoni, di colori; susseguirsi di voci argentine, inneggianti al risveglio miracoloso della natura, che si rinnova dopo il sopore invernale, e si veste a festa, come una giovane sposa. La maschera e il volto Un’immagine, riflessa nello specchio, rivendica la propria identità. Scivola lentamente la maschera giù dal volto, scoprendolo alfine. Piccole rughe lo solcano, riportando alla luce antichi dissidi, rancori mai spenti, solitudini cercate. Labbra, serrate da interminabili silenzi, incapaci ormai di sussurrare o bisbigliare parole soavi. Occhi di ghiaccio, lucidamente assenti, come due strali pungenti, pronti a colpire il bersaglio. L’identità è svelata, ma la maschera, repentinamente, ricopre il volto, inducendo a ricalcare le scene. Ai piedi di un altare Inginocchiata, ai piedi di un altare, una madre prega, fissando gli occhi dell’Addolorata. Anch’ella, pochi minuti prima, ha stretto tra le braccia il figlio, che ora giace, ignaro e assopito, in una sala operatoria. Forse sogna gli angeli, forse un’altra vita. Un corpicino esile, avvinto da un male incurabile. “Alza la tua mano e opera Tu, Signore!” urla dentro di sé la donna, nel silenzio della cappella. Ore interminabili, dolore immenso, solitudine profonda. La madre spera. Le note di un organo, che non c’è, si diffondono nell’aria all’improvviso. La grazia è fatta. Qualcuno giunge e annuncia che è tutto finito. La madre terge le lacrime e sorride, poi chiede al cappellano la comunione. Per madre e figlio sarà l’inizio di una nuova vita. La voce del silenzio E’ suadente, soave, mellifera, la voce del silenzio. Penetra nell’animo, segretamente, rispolverando vetuste sembianze; disseppellendo remoti ricordi; facendo vibrare l’aria di arcane melodie di un’età, fatta di fiabe e ninnenanne, nelle notti stellate. Ferisce dolcemente il cuore; incanta sempre, e ovunque conducano i passi della vita. Culla amorevolmente i figli dei sogni, padre silenzio, rapendoli con repentino slancio ed ineffabile ardore. Mago dell’oblio, lenisce le pene, e fa assopire tra le sue amorose braccia. Vorrei… Vorrei costruire ali per chi non sa volare, dipingere i muri della città per chi non sa sognare, erigere castelli per principi barboni, divenire clown per strappare un sorriso all’infelice, invocare la manna per chi patisce la fame, trasformarmi in pioggia per dissetare, spargere semi magici in tutti i campi per far germogliare l’amore. Vorrei… Profumi d’estate Esotiche fragranze, esalanti da corpi, dal solleone arroventati, che si immergono nelle acque cristalline di un mare incontaminato. Profumi d’estate. Volti paonazzi, di creme odorose e inebrianti cosparsi, che si ostinano a lasciarsi baciare ancora dal sole. Essenze di cocco, che trascinano lontano, al passaggio di venditori di sogni e di illusioni,che ostentano mercanzie d’altri tempi e d’altri luoghi. Vecchio diario Ti ritrovo, vecchio diario, tra classici latini e greci,sepolto, inseparabile compagno di scuola e di vita. Testimone esemplare di scampate interrogazioni, di sussulti e lacrime d’amore. Sfoglio pagine ingiallite, annuso petali di rose, avvizziti, cercando di riscoprire e rivivere antiche emozioni, e avvertire il profumo del tempo. Incomunicabilità Monadi siamo, sparse nell’universo dell’indifferenza e dell’ipocrisia. Isole, che giganteggiano nel mare dell’oblio. Granelli di sabbia, roventi, che si ammassano nel deserto dell’incomunicabilità.
Mamma Sorriso
Riluceva come una stella
sulle labbra il tuo sorriso,
allorché i nostri volti
scorgevi sulla soglia.
Dal trono della sofferenza,
immobile regina,
effondevi copiosamente amore.
Un profumo di viole
si espandeva
nella stanza e rapiva noi,tuoi figli:
presenze impalpabili, inebriate e
dimentiche, per pochi istanti,
del tuo martirio.
Mamma Sorriso,
quel trono adesso è vuoto,
ma riecheggia ancora
nella regale dimora la tua voce,
pacata e soave, per poi svanire
e raggiungere il Cielo.
In fondo all’anima
I miei drammi
vivo
nel silenzio dell’anima.
Reconditi aneliti
di pace,
soffi leggeri
di vita,
per una nuova alba.
La luce,
contemplo,estasiante
e vaga.
Respira,
anima mia,
e inebriati d’Eterno.
Il silenzio di Dio Dov'eri, Dio, quando il mare tempestoso, ferocemente urlando, travolgeva corpi ignari e inerti, chiudendosi su di loro, come una bara? ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Dov'eri, Dio, mentre ingenui infanti, fiduciosi, venivano spazzati via dalle onde gigantesche e, con occhi attoniti, protendevano le braccia verso un cielo, troppo lontano; o vecchi, con flebil voce, imploravano aiuto, tentando di aggrapparsi ad un tronco divelto, recitando l'ultima prece? ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Dov'eri, Dio mio, negli attimi di terrificante apocalisse, vedendo galleggiare, dall'alto dei cieli, senza distinzione, esseri e cose, stroncati, l'indomani del tuo Natale? ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Eri nell'ultimo respiro ansante, nel dolore dei sopravvissuti, nel pianto delle madri, nella solitudine degli orfani, nel silenzio dei vivi, nei luoghi di culto, risparmiati, e non per caso, ad indicare ancora una volta la diritta via
Lo Spirito del Natale E’ dentro l’anima il fervore, che misteriosamente t’assale e delicatamente t’invade, sprigionando inusitate sensazioni di antiche certezze. Ogni anno ritorni bambino: con occhi innocenti e stupiti, ti smarrisci, accodandoti ai pastori, che vanno alla grotta. Tenero viandante, segui la cometa e dalla sua luce ti lasci abbagliare. Vai a ritroso nel tempo, divenendo partecipe dell’evento straordinario della storia. Ora sei lì,dinanzi al Bambinello! Il cuore esulta di gioia nella Notte Santa. Anche tu rinasci e rivivi il miracolo, che annualmente si rinnova. Al di là della vita Mi rivedrete nei tenui bagliori di un languido tramonto; nelle gocce di rugiada; in un raggio di sole che filtra dalle persiane; nel volto di ogni donna che accoglie con un sorriso anche lo sgarbo,l’insulto, l’indifferenza di chi ha messo al mondo. Udirete la mia voce nel silenzio di una chiesa; nel vento di marzo; nello sciabordio delle onde. Avvertirete il mio profumo, quando la zagara fiorirà ancora nel cortile di casa. Stringerete le mie mani, incontrando persone sole, incomprese e prigioniere di un destino. Assaporerete le delizie della vita ogni qualvolta berrete un sorso d’ acqua fresca nella calura estiva o mangerete pane caldo nelle gelide sere d’inverno. Scorgerete in quell’acqua la mia immagine tremolante e nel calore, che emana dal pane, l’amore di una madre che va oltre la vita, figli miei. La danza dei ricordi Nella nebbia dei ricordi immagini evanescenti, sagome impalpabili, effimere presenze, danzano in cerchio, . come satiri e ninfe in una selva lussureggiante. Poi si dissolvono, dileguandosi nel nulla. . Percepisco il profumo del tempo, scandito dal susseguirsi delle stagioni; una brezza leggera . che s’insinua nell’anima e rapisce le presenti emozioni, catapultandole nella sfera dei ricordi. Invisibili Li chiamano invisibili, ma sono angeli che volano in basso, per stendere le loro ali sui nostri destini. Li puoi vedere girando l’angolo, in un vicolo cieco. Il loro respiro si confonde con quello di chi li vede e sarà fedele per sempre. Sì,c’è sempre un cane al loro fianco che con loro divide il pasto. Li puoi incontrare sulla panchina di una stazione, con gli occhi sconfinanti nel nulla e la mano protesa nel vuoto. Attendono un sorriso; coi loro sguardi raccontano una storia. Quando li vedrai, chiedi riparo alle loro ali e… conoscerai il Paradiso. Frammenti Attimi fugaci di un giorno senza tempo. Immagini sbiadite di un passato mai trascorso. Frammenti di memoria, che varcano lo spazio, e si annullano nell’eterno. Marianna Una figura scivola tra l’indifferenza e lo scherno dei passanti. Occhi trincerati dietro spesse lenti ed un vecchio bastone: fragile baluardo. Un capo canuto, coperto da uno sbiadito foulard, ed un corpo minuto chiuso in un lacero paltò. Marianna. Bussa alle porte annunciando: “Sono la signora”. Qualche centesimo cade nelle mani tremanti e poi via verso casa, ad affrontare il nuovo giorno. Marianna. Al di qua della cattedra “Ciao, professoressa!” Una voce infrange il silenzio in aula all’inizio del nuovo anno. E’ quella di Tharsan. Il suo volto bruno spicca sullo sfondo di recente imbiancato. Altri visi luminosi si incrociano e attendono un sorriso. Distolgo il mio sguardo dal registro di classe, su cui ho apposto la mia prima firma. Scambio di saluti, teneri abbracci, segni di affetto imperituro. Di nuovo insieme. Io, al di qua della cattedra, col mio bagaglio di esperienze vissute; loro, al di là di essa, con i loro sogni, le loro speranze, i loro ideali. Aquiloni variopinti che si innalzano verso il blu del cielo, ondeggiando dolcemente, certi di essere retti da mano sicura. I silenzi del cuore Padre, ho tanto appreso dai tuoi silenzi… L’ardire pacato nelle tempeste della vita. L’attesa di un giorno nuovo al tramonto di un ideale. La luce che si accendeva sul tuo volto di fronte alle nostre paure. La dedizione ad una donna che amerai per sempre. La fede in Chi ha racchiuso nel tuo cuore i suoi silenzi. Musetto rosa Ammaliato, segui con lo sguardo le volute di fumo che s’innalzano al soffitto, mentre l’aroma del caffè si diffonde nella stanza in una gelida mattina di febbraio. Poi ti acciambelli morbidamente nella cesta e fai le fusa, anelando a una carezza. Riempi le mie giornate musetto rosa, senza pretendere nulla. Ai bambini mai nati A voi che giacete sepolti nel grembo materno. A voi che non vedrete mai il sole. A voi che non avete il diritto di esistere. A voi, piccoli angeli, giunga il mio grido di dolore e la mia preghiera. La mia poesia Versi, liberi di decollare, verso cieli infiniti, e poi, improvvisamente atterrare, per catturare immagini, trasfigurate da metafore, Dipinti ad acquerello, che nascono dall’acqua, dai colori della terra, dalla luce e dalla mano di chi li crea. Struggenti melodie zigane, al chiaro di luna. Segreti dell’anima, estratti da uno scrigno d’oro, da magiche emozioni, o da ineffabili impressioni, e immortalati su una pagina bianca. La mia poesia : una colomba, messaggera di pace e d’Amore, quell’Amore, di cui, talora, riesce ad essere pallido riflesso. Un battito d’ali Dura solo pochi istanti la felicità raggiunta: il tempo di riaprire gli occhi e sussultare. Un battito d’ali di farfalla che si posa su un candido fiore. Dark ange Danza, regina della notte, sospesa tra cielo e terra. Volteggia, leggera, nell’aere tenebroso, come fiocco di neve. Stendi un velo d’amore sui corpi assopiti, sulle menti sognanti. Libera da sguardi indiscreti, scevra da falsi giudizi e ipocrisie, canti la tua canzone. Musiche arcane accompagnano i tuoi passi lievi, nell’oscurità profonda. Echi lontani, le voci note del giorno trascorso. Socchiudi i cerulei occhi e sogna. Sei padrona della notte, mentre le ombre, che calano più fitte, ti avvolgono come un manto. Tutto è silenzio, mistero,pace infinita, verità. Danza, regina della notte, e non fermarti mai… In punta di piedi Mi affacciai alla vita, sorretta da forti braccia e illuminata da ineffabili sorrisi. Titubante, mi incamminai verso sentieri baciati dal sole ed incontrai l’amore. Bevvi a fresche fonti e sciolsi i capelli al dolce vento. Soave incantesimo che presto svanì. In punta di piedi, allora, varcai la soglia dell’esistenza e il dolore mi avvolse col suo manto. Lacrime, angosce, sospiri, visioni di volti sofferenti, mi condussero a Lui. In punta di piedi me ne andrò, sussurrando:”Padre, grazie!” Martino Ti ho portato in grembo solo per qualche mese, poi… la tua vita si è spezzata. Di te non so nulla. Non conosco il tuo volto, i tuoi occhi, il tuo sorriso. Io ti ho chiamato “Martino”, tu non mi chiamerai mai “mamma”. I colori dell’arcobaleno I colori dell’iride ornano,a festa, le due sorelle dirimpettaie, nel Lunedì dell’angelo. L’arco dell’alleanza, unisce le due sponde dello Stretto, squarciando la foschia. La nebbiolina si dirada, lieve, per lasciare spazio ai riflessi cangianti del ponte variopinto. Gitanti festosi, che profumano di arsa legna, di ginestra. o di salsedine, fanno ritorno alle amate dimore, canticchiando un vecchio ritornello. Progenie di cantori e di inconsolabili poeti, che perpetua costumanze antiche, rendendo omaggio agli avi e rincuorando le madri affrante, vittime di un destino inesorabile. - Dedicata a Salvatore Armando Santoro - Anni ‘60 Cravatte fiorate su camicie rigate e distintivi, inneggianti alla libertà. Allegre corse su una vespa, elettrizzati dalle frizzanti note di un motivetto, primo nella hit parade, da un mangiadischi stonatamene urlato. Feste,allestite su terrazze, sotto gli occhi vigili di mamma e papà. Libertà condizionata, di cui si andava, assurdamente,fieri. Mitici anni ’60! Passeggiate chilometriche, sul lungomare, tra risa smodate e incontenibile allegria. Sospiri innocenti, alla vista di un “lui” o di una “lei”, che, passando accanto, lanciava, con lo sguardo schivo, messaggi misteriosi. Albori di una giovinezza, trascorsi tra sogno e realtà. Favolosi anni ’60! Fiumi di parole, sussurrate al vento ed echeggianti, nelle notti insonni, per un amore disperato. Così la storia continuava il suo corso, così sfrecciavano gli anni più belli della nostra vita. Noi,giovani di ieri, capaci ancora di sognare, in un’epoca, che ai sogni tarpa le ali. Con gli occhi di un bambino Vorrei guardare il mondo con gli occhi di un bambino. Smarrirmi nel verde di un prato, inseguendo con lo sguardo un aquilone che s’innalza, sinuosamente ondeggiando. Correre a perdifiato, cadendo, poi, pesantemente sull’erba umida di rugiada. Stupirmi dinanzi ai miracoli della natura: un fiore che sboccia; un cucciolo che nasce; un fiocco di neve, che sfiora il viso, e poi si posa dolcemente sulla candida coltre; la voce del mare, che giunge dalla cavità di una conchiglia. Bearmi di un sorriso che rassicura, di una stretta di mano, del tepore del focolare domestico. Costruire castelli di sabbia, in riva al mare, illudendomi che rimarranno lì, per sempre… A Maria Fragile e mirabile creatura, rapita alla vita, in un tiepido meriggio di primavera. Donna di eccelse virtù, capace d’ infondere allo sguardo e all’udito calma, dolcezza, serenità. Figura evanescente, scivolata via, mentre la natura rinasce. La bandiera della pace Lacera, sventola, al mio balcone, la bandiera della pace, dalle intemperie oltraggiata, dal tempo logorata. Si alternano le stagioni, si avvicendano le ore, sbiadiscono i colori, ma essa ondeggia e sfida l’inarrestabile corso della storia. Pagine di sangue, orrori e stragi, si affastellano e si aggiungono a quelle già scritte, in tempi remoti o recenti, per dimostrare all’umana gente che la storia é maestra di niente. Brandelli colorati si agiteranno ancora al sole e al vento, perpetuando l’effimera parola “pace”. 18 maggio 1920 Tu, candida rosa, all’imbrunire di un fatidico giorno del maggio odoroso, sbocciavi, per inebriare con il tuo profumo il mondo. Litanie cadenzate di una chiesetta vicina, miste a teneri vagiti, diffondevano nell’aria una mistica armonia. Il primo nome che udisti fu quello di Maria La Madre ti prese per mano e ti tracciò un cammino: per quei sentieri ti aggiri ancora, Papa pellegrino. Curvo sotto la croce, ma forte nello spirito, abbracci il vessillo di pace e infuochi i nostri animi d’Amore. Tu, padre di tutti noi, instancabile viandante, ci indichi la via, così come fece con te Madre Maria. Rondini senza nido Spiccammo un giorno il volo, insieme, festosamente, alla ricerca di un nido. Dopo qualche volteggio, andammo a posarci sulla cima di una quercia. Con un mirabile gioco d’ali, arrestammo il nostro volo, in quel solstizio d’estate. Dall’alto, volgemmo lo sguardo all’intorno, tranquilli e sicuri. I nostri rondinini allietarono, poi, con i loro garriti, il nido d’amore. Sfidammo arditamente le intemperie, anno dopo anno, finché un dì, una tempesta fece piegare la cima e si fece tutto buio attorno. Dispiegammo le ali nel vuoto, remigando nel vento. La prole spiccò allora il suo primo, difficile volo. Non potemmo seguirli. Ancor oggi, dubbiosi e incerti, siamo alla ricerca di un nido sicuro. La casa del sole Filtrano appena i raggi dalle persiane semichiuse, nella casa del sole, un tempo infuocata da impetuose passioni e rischiarata da irrefrenabili emozioni. Ritratti, sfumati dalla luce fioca, che, di sbieco, ferisce volti e sagome del tempo che fu. Gingilli, dalle tinte indecise, che si ergono a testimoniare che la felicità, un giorno, albergò nella casa del sole. La casa di Barbi Leggiadra, danzava, la tua Barbie, vestita di tulle rosa, con la bionda chioma fluente, adorna di luccicanti stelline, nella sua casa in miniatura. In punta di piedi, vi penetravamo: tu, con la grazia di una bambola di porcellana, dagli occhi azzurri, io, con la leggerezza di una fata, pronta per un nuovo incantesimo. Immerse, in quella fiabesca atmosfera, stavamo per ore. T’imboccavo, come un passero, spezzando, di volta in volta, dolcemente, la tua voce argentina, che echeggiava tra le pareti colorate di quella minuscola dimora. Ore d’incanto e d’allegria, che sono fuggite col tempo, bambola mia. Cuore gitano Ubriaco di stelle, palpiti, cuore gitano, dinanzi a un falò, mentre il cielo versa le sue lacrime. Danzano intorno al fuoco corpi, senza volto e senza età, al suono di chitarre e marranzani Ancestrali tarantelle che si perpetuano nell'anima, in questa terra di nessuno. Un solo istante fermati, cuore stanco, e perditi, annullandoti, nella polvere di stelle, di questa splendida notte d'agosto. |